2010-02-26

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La Nuova Diodati 1991 xxx ZefToOsis 1.0.0 2009-01-20 1991 La Nuova Diodati Feb. 1995 ================================================================ The 1991 La Nuova Diodati is copyrighted and used by permission. Copyright (c) 1991, La Buona Novella s.c.r.l. Contrada Restinco - Casella Postale 27 - 72001 Brindisi, Italy The La Nuova Diodati was prepared by Antonio Consorte Tel: (514) 626-9388 4979 Ave. Blaignier Fax: (514) 626-8962 Pierrefonds. P.Q, Canada H9J 3T8 Please report any errors in the Italian text to him for correction. All this material may be freely copied and shared with your friends. If you wish to use this material for other purposes, please contact us to obtain the latest accurate copy. FREE BIBLE SOFTWARE GROUP Bible LND_1991 Internet it provide the Bible to the nations of the world Combined with the 1991 La Nuova Diodati Copyright (c) 1991, La Buona Novella s.c.r.l. Contrada Restinco - Casella Postale 27 - 72001 Brindisi, Italy All rights reserved. Used by permission. PLEASE MAKE COPIES FOR YOUR FRIENDS, NO ROYALTY DUE. Bible
Nel principio DIO creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso; e lo Spirito di DIO aleggiava sulla superficie delle acque. Poi DIO disse: »Sia la luce!«. E la luce fu. E DIO vide che la luce era buona; e DIO separò la luce dalle tenebre. E DIO chiamò la luce »giorno« e chiamò le tenebre »notte«. Così fu sera. Poi fu mattina: il primo giorno. Poi DIO disse: »Vi sia un firmamento tra le acque che separi le acque dalle acque«. E DIO fece il firmamento e separò le acque che erano sotto il firmamento dalle acque che erano sopra il firmamento. E così fu. E DIO chiamò il firmamento »cielo«. Così fu sera, poi fu mattina: il secondo giorno. Poi Dio disse: »le acque che sono sotto il cielo siano raccolte in un unico luogo, e appaia l’asciutto«. E così fu. E DIO chiamò l’asciutto »terra«, e chiamò la raccolta delle acque »mari«. E DIO vide che questo era buono. Poi DIO disse: Faccia la terra germogliare la verdura, le erbe che facciano seme e gli alberi da frutto che portino sulla terra un frutto contenente il proprio seme, ciascuno secondo la propria specie«. E così fu. E la terra produsse verdura, erbe che facevano seme secondo la loro specie e alberi che portavano frutto contenente il proprio seme, ciascuno secondo la propria specie. E DIO vide che questo era buono. Così fu sera, poi fu mattina: il terzo giorno. Poi DIO disse: Vi siano dei luminari nel firmamento dei cieli per separare il giorno dalla notte; e siano per segni e per stagioni e per giorni e per anni; e servano da luminari nel firmamento dei cieli per far luce sulla terra. E così fu. DIO fece quindi i due grandi luminari: il luminare maggiore per il governo del giorno e il luminare minore per il governo della notte; e fece pure le stelle. E DIO li mise nel firmamento dei cieli per far luce sulla terra. per governare il giorno e la notte, e separare la luce dalle tenebre. E DIO vide che questo era buono. Così fu sera, e fu mattina: il quarto giorno. Poi DIO disse: »Brulichino le acque di moltitudini di esseri viventi, e volino gli uccelli sopra la terra per l’ampio firmamento del cielo«. Così DIO creò i grandi animali acquatici e tutti gli esseri viventi che si muovono, di cui brulicano le acque, ciascuno secondo la propria specie, ed ogni volatile secondo la sua specie. E DIO vide che questo era buono. E Dio li benedisse dicendo: »Siate fruttiferi, moltiplicate e riempite le acque dei mari, e gli uccelli si moltiplichino sulla terra«. Così fu sera, poi fu mattina: il quinto giorno. Poi DIO disse: »Produca la terra esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e fiere della terra, secondo la loro specie«. E così fu. E DIO fece le fiere della terra secondo la loro specie, il bestiame secondo la propria specie, e tutti i rettili della terra secondo la loro specie. E DIO vide che questo era buono. Poi DIO disse: »Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza, ed abbia dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame e su tutta la terra, e su tutti i rettili che strisciano sulla terra«. Così DIO creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di DIO; li creò maschio e femmina. E DIO li benedisse e DIO disse loro »Siate fruttiferi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, e dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra«. E DIO disse: »Ecco io vi do ogni erba che fa seme sulla superficie di tutta la terra e ogni albero che abbia frutti portatori di seme; questo vi servirà di nutrimento. E a ogni animale della terra, a ogni uccello dei cieli e a tutto ciò che si muove sulla terra ed ha in sé un soffio di vita, io do ogni erba verde per nutrimento«. E così fu. Allora DIO vide tutto ciò che aveva fatto, ed ecco, era molto buono. Così fu sera poi fu mattina: il sesto giorno. Così furono terminati i cieli e la terra e tutto il loro esercito. Pertanto il settimo giorno, DIO terminò l’opera che aveva fatto, e nel settimo giorno si riposò da tutta l’opera che aveva fatto. E DIO benedisse il settimo giorno e lo santificò, perché in esso DIO si riposò da tutta l’opera che aveva creato e fatto. Queste sono le origini dei cieli e della terra quando furono creati, nel giorno che l’Eterno DIO fece la terra e i cieli. Non vi era ancora sulla terra alcun arbusto della campagna e nessuna erba della campagna era ancora spuntata, perché l’Eterno DIO non aveva fatto piovere sulla terra e non vi era l’uomo che coltivasse il suolo. Ma dalla terra saliva un vapore che irrigava tutta la superficie del suolo, Allora l’Eterno Dio formò l’uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito di vita, e l’uomo divenne un essere vivente. Poi l’Eterno DIO piantò un giardino in Eden, ad oriente, e vi pose l’uomo che aveva formato. E l’Eterno DIO fece spuntare dal suolo ogni sorta di alberi piacevoli a vedersi e i cui frutti erano buoni da mangiare; in mezzo al giardino vi erano anche l’albero della vita e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino e di là si divideva per divenire quattro corsi d’acqua. Il nome del primo è Pishon; è quello che circonda tutto il paese di Havilah, dov’è l’oro; e l’oro di quel paese è buono; là si trovano pure il bdellio e la pietra d’ònice. Il nome del secondo fiume è Ghihon, ed è quello che circonda tutto il paese di Cush. Il nome del terzo fiume che è il Tigri, ed è quello che scorre a est dell’Assiria. E il quarto fiume è l’Eufrate. L’Eterno DIO prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino dell’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse. E l’Eterno DIO comandò l’uomo dicendo: »Mangia pure liberamente di ogni albero del giardino; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare, perché nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai«. Poi l’Eterno DIO disse: »Non è bene che l’uomo sia solo; io gli farò un aiuto conveniente a lui«. E l’Eterno DIO formò dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli dei cieli e li condusse dall’uomo per vedere come li avrebbe chiamati; e in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ogni essere vivente, quello doveva essere il suo nome. E l’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l’uomo non si trovò alcun aiuto conveniente per lui. Allora l’Eterno DIO fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; e prese una delle sue costole, e rinchiuse la carne al suo posto. Poi l’Eterno DIO con la costola che aveva tolta all’uomo ne formò una donna e la condusse all’uomo. E l’uomo disse: »Questa finalmente è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Lei sarà chiamata donna perché è stata tratta dall’uomo«. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una sola carne. E l’uomo e sua moglie erano ambedue nudi e non ne avevano vergogna. Ora il serpente era il piú astuto di tutte le fiere dei campi che l’Eterno DIO aveva fatto, e disse alla donna: »Ha DIO veramente detto: »Non mangiate di tutti gli alberi del giardino?«. E la donna rispose al serpente: »Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino DIO ha detto: »Non ne mangiate e non lo toccate, altrimenti morirete«. Allora il serpente disse alla donna: »voi non morrete affatto; ma DIO sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri si apriranno e sarete come DIO, conoscendo il bene e il male«. E la donna vide che l’albero era buono da mangiare, che era piacevole agli occhi e che l’albero era desiderabile per rendere uno intelligente; ed ella prese del suo frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito che era con lei, ed egli ne mangiò. Allora si apersero gli occhi di ambedue e si accorsero di essere nudi; cosi cucirono delle foglie di fico e fecero delle cinture per coprirsi. Poi udirono la voce dell’Eterno DIO che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno; e l’uomo e sua moglie si nascosero dalla presenza dell’Eterno DIO fra gli alberi del giardino. Allora l’Eterno DIO chiamò l’uomo e gli disse: »Dove sei?«. Egli rispose: »Ho udito la tua voce nel giardino, e ho avuto paura perché ero nudo, e mi sono nascosto«. E DIO disse: »Chi ti ha mostrato che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero del quale io ti avevo comandato di non mangiare?«. L’uomo rispose: »La donna che tu mi hai messo accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato«. E l’Eterno DIO disse alla donna: »Perché hai fatto questo?«. La donna rispose: »Il serpente mi ha sedotta, e io ne ho mangiato«. Allora l’Eterno DIO disse al serpente: »Poiché hai fatto questo, sii maledetto fra tutto il bestiame e fra tutte le fiere dei campi! Tu camminerai sul tuo ventre e mangerai polvere tutti i giorni della tua vita. E io porrò inimicizia fra te e la donna e fra il tuo seme e il seme di lei; esso ti schiaccerà il capo, e tu ferirai il suo calcagno«. Alla donna disse: »Io moltiplicherò grandemente le tue sofferenze e le tue gravidanze; con doglie partorirai figli: i tuoi desideri si volgeranno verso il tuo marito, ed egli dominerà su di te«. Poi disse ad Adamo: »Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero circa il quale io ti avevo comandato dicendo: »Non ne mangiare«, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con fatica tutti i giorni della tua vita. Esso ti produrrà spine e triboli, e tu mangerai l’erba dei campi; mangerai il pane col sudore del tuo volto, finché tu ritorni alla terra perché da essa fosti tratto; poiché tu sei polvere, e in polvere ritornerai«. E l’uomo diede a sua moglie il nome di Eva, perché lei fu la madre di tutti i viventi. Poi l’Eterno DIO fece ad Adamo e a sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì. E l’Eterno DIO disse: »Ecco, l’uomo è divenuto come uno di noi, perché conosce il bene e il male. Ed ora non bisogna permettergli i stendere la sua mano per prendere anche dell’albero della vita perché mangiandone, viva per sempre«. Perciò l’Eterno DIO mandò via l’uomo dal giardino di Eden perché lavorasse la terra da cui era stato tratto Così egli scacciò l’uomo; e pose ad est del giardino di Eden i cherubini, che roteavano da tutt’intorno una spada fiammeggiante, per custodire la via dell’albero della vita. Ora Adamo conobbe Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino, e disse: »Ho acquistato un uomo, dall’Eterno«. Poi partorì ancora Abele, suo fratello. E Abele divenne pastore di greggi; mentre Caino divenne lavoratore della terra. Col passare del tempo, avvenne che Caino fece un’offerta di frutti della terra all’Eterno; Ora Abele offerse anch’egli dei primogeniti del suo gregge e il loro grasso. E l’Eterno riguardò Abele e la sua offerta, ma non riguardò Caino e la sua offerta. Così Caino ne fu molto irritato, e il suo viso ne fu abbattuto. Allora l’Eterno disse a Caino: »Perché sei tu irritato e perché è il tuo volto abbattuto? Se fai bene non sarai tu accettato? Ma se fai male, il peccato sta spiandoti alla porta e i suoi desideri sono volti a te; ma tu lo devi dominare«. E Caino parlò con suo fratello Abele; quando furono nei campi, Caino si levò contro suo fratello Abele e lo uccise. Allora l’Eterno disse a Caino: Dov’è tuo fratello Abele?«. Egli rispose: Non lo so; sono io forse il custode di mio fratello?«. L’Eterno disse: »Che hai tu fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra. E ora tu sei piú maledetto della terra che ha aperto la sua bocca per ricevere il sangue di tuo fratello dalla tua mano. Quando coltiverai il suolo, esso non ti darà piú i suoi prodotti, e tu sarai vagabondo e fuggiasco sulla terra«. Allora Caino disse all’Eterno: Il mio castigo è troppo grande perché io lo possa sopportare. Ecco, tu mi scacci oggi dalla faccia di questo suolo e sarò nascosto dalla tua faccia; e sarò vagabondo e fuggiasco per la terra, e avverrà che chiunque mi troverà mi ucciderà«. L’Eterno gli disse: Perciò, chiunque ucciderà Caino, egli sarà punito sette volte«. E l’Eterno mise un segno su Caino affinché nessuno trovandolo, lo uccidesse. Allora Caino si allontanò dalla presenza dell’Eterno e dimorò nel paese di Nod, ad est di Eden. E Caino conobbe sua moglie, ed ella concepì e partorì Enok. Poi Caino costruì una città, a cui diede nome Enok, dal nome di suo figlio. E a Enok nacque Irad; Irad generò Mehujael; Mehujael generò Methusael; e Methusael generò Lamek. E Lamek si prese due mogli: il nome di una era Ada, e il nome dell’altra Tsillah. E Ada partorì Jabal, che fu il padre di quelli che abitano sotto le tende e allevano il bestiame. Ora il nome di suo fratello era Jubal, che fu il padre di tutti quelli che suonano la cetra e il flauto. Tsillah partorì anch’essa Tubalcain, l’artefice di ogni sorta di strumenti di bronzo e di ferro; e la sorella di Tubal-cain fu Naama. Poi Lamek disse alle sue mogli: »Ada e Tsillah ascoltate la mia voce; mogli di Lamek, fate attenzione alle mie parole! Si, io ho ucciso un uomo perché mi ha ferito, e un giovane per avermi causato una lividura. Se Caino sarà vendicato sette volte, Lamek lo sarà settanta volte sette«. Quindi Adamo conobbe ancora la sua moglie, che partorì un figlio e lo chiamò Seth, perché ella disse: »Dio mi ha dato un altro discendente al posto di Abele, che Caino ha ucciso«. Anche a Seth nacque un figlio, e lo chiamò Enosh. Allora si cominciò a invocare il nome dell’Eterno. Questo è il libro della discendenza di Adamo. Nel giorno in cui DIO creò l’uomo lo fece a somiglianza di DIO. Li creò maschio e Femmina, li benedisse e diede loro il nome di uomo, nel giorno in cui furono creati. Adamo visse centotrent’anni e generò un figlio a sua somiglianza, conforme alla sua immagine, e lo chiamò Seth. Dopo aver generato Seth, Adamo visse ottocento anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Adamo visse fu di novecentotrent’anni; poi morì. Seth visse centocinque anni, e generò Enosh. Dopo aver generato Enosh. Seth visse ottocentosette anni. e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Seth visse fu di novecentododici anni; poi morì. Enosh visse novant’anni e generò Kenan. Dopo aver generato Kenan Enosh visse ottocentoquindici anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Enosh visse fu di novecentocinque anni; poi morì. Kenan visse settant’anni. e generò Mahalaleel. Dopo aver generato Mahalaleel, Kenan visse ottocentoquarant’anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Kenan visse fu di novecentodieci anni; poi morì. Mahalaleel visse sessantacinque anni e generò Jared. Dopo aver generato Jared, Mahalaleel visse ottocentotrent’anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Mahalaleel visse fu di ottocentonovantacinque anni; poi morì. Jared visse centosessantadue anni e generò Enok. Dopo aver generato Enok, Jared visse ottocento anni e generò figli e figlie. Così, tutto il tempo che Jared visse fu di novecentosessantadue anni; poi morì. Enok visse sessantacinque anni e generò Methuselah. Dopo aver generato Methuselah, Enok camminò con DIO trecento anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Enok visse fu di trecentosessantacinque anni. Ora Enok camminò con DIO; poi non fu più trovato, perché DIO lo prese. Methuselah visse centottantasette anni e generò Lamek. Dopo aver generato Lamek, Methuselah visse settecentottantadue anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Methuselah visse fu di novecentosessantanove anni; poi morì. Lamek visse centottantadue anni e generò un figlio; e gli pose nome Noè, dicendo: Questi ci consolerà del nostro lavoro e della fatica delle nostre mani, a motivo del suolo che l’Eterno ha maledetto«. Dopo aver generato Noè, Lamek visse cinquecentonovantacinque anni e generò figli e figlie. Così tutto il tempo che Lamek visse fu di settecentosettantasette anni; poi morì. Noè, all’eta’ di cinquecento anni, generò Sem, Cam e Jafet. Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla Faccia della terra e nacquero loro delle figlie, avvenne che i figli di DIO videro che le figlie degli uomini erano belle, e presero per loro mogli tutte quelle che essi scelsero. E l’Eterno disse: »Lo Spirito mio non contenderà per sempre con l’uomo, perché nel suo traviamento egli non è che carne; i suoi giorni saranno quindi cetovent’anni«. Vi erano dei giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di DIO si accostarono alle figlie degli uomini e queste partorirono loro dei figli. Essi sono gli eroi che esistettero nei tempi antichi, sono gli uomini famosi di quei tempi. Ora l’Eterno vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che tutti i disegni dei pensieri del loro cuore non erano altro che male in ogni tempo. E l’Eterno si pentì di aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò in cuor suo. Così l’Eterno disse: »lo sterminerò dalla faccia della terra l’uomo che ho creato, dall’uomo al bestiame, ai rettili, agli uccelli del cielo, perché mi pento di averli fatti«. Ma Noè trovò grazia agli occhi dell’Eterno. Questa è la discendenza di Noè. Noè fu uomo giusto e irreprensibile tra i suoi contemporanei. Noè camminò con DIO. Noè generò tre figli: Sem. Cam e Jafet. Ora la terra era corrotta davanti a DIO. e la terra era ripiena di violenza. Ora DIO guardò sulla terra ed ecco, era corrotta. perché ogni carne sulla terra aveva corrotto la sua condotta. DIO disse a Noè: »Ho deciso di por fine ad ogni carne. perché la terra a motivo degli uomini è piena di violenza; ecco, io li distruggerò insieme alla terra. Fatti un’arca di legno di gofer; Fa’ l’arca a stanze. e spalmala di bitume di dentro e di fuori. Ora tu la farai in questo modo: la lunghezza dell’arca sarà di trecento cubiti. La larghezza di cinquanta cubiti e l’altezza di trenta cubiti. Farai all’arca una finestra e la finirai con un cubito di copertura di sopra; di fianco all’arca metterai la porta, e la farai a tre piani, inferiore, medio e superiore. Ed ecco, io stesso sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra, per distruggere sotto i cieli ogni carne in cui è alito di vita; tutto quello che è sulla terra morirà. Ma io stabilirò il mio patto con te e tu entrerai nell’arca: tu, i tuoi figli, la tua moglie e le mogli dei tuoi figli con te. E di tutto ciò che vive di ogni carne fanne entrare nell’arca due di ogni specie. per conservarli in vita con te; e siano maschio e femmina. Degli uccelli secondo la loro specie, del bestiame secondo la loro specie e di tutti i rettili della terra secondo la loro specie. due di ogni specie verranno a te, perché siano conservati in vita. E prendi per te di ogni cibo che si mangia, radunalo e conservalo, perché serva di nutrimento a te e a loro«. E Noè fece così, fece esattamente tutto ciò che DIO gli aveva comandato. Allora l’Eterno disse a Noè: »Entra nell’arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto davanti a me, in questa generazione. Di ogni specie di animali puri prendine sette coppie, maschio e femmina; e degli animali impuri una coppia, maschio e femmina; anche degli uccelli del cielo prendine sette coppie, maschio e femmina, per conservarne in vita il seme sulla faccia di tutta la terra; poiché fra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti, e sterminerò dalla faccia della terra tutti gli esseri viventi che ho fatto«. Noè fece esattamente tutto ciò che l’Eterno gli aveva comandato. Noè aveva seicento anni quando venne sulla terra il diluvio delle acque. Così Noè entrò nell’arca con i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, a motivo delle acque del diluvio. Degli animali puri e degli animali impuri, degli uccelli e di tutto quello che striscia sulla terra, vennero a due a due da Noè, nell’arca. maschio e femmina, come DIO aveva comandato a Noè. Al termine dei sette giorni, avvenne che le acque del diluvio furono sopra la terra. Nell’anno seicentesimo della vita di Noè nel secondo mese, nel diciassettesimo giorno del mese, in quel giorno, tutte le Fonti del grande abisso scoppiarono e le cateratte del cielo si aprirono. E piovve sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti. In quello stesso giorno entrarono nell’arca Noè e i figli di Noè, Sem, Cam e Jafet, e la moglie di Noè e le tre mogli dei suoi figli con loro; essi e tutte le fiere secondo la loro specie, e tutto il bestiame secondo la loro specie, e tutti i rettili che strisciano sulla terra secondo la loro specie, e tutti gli uccelli secondo la loro specie, tutti gli uccelli di ogni sorta. Questi vennero da Noè, nell’arca, a due a due, di ogni carne in cui vi è alito di vita; entrarono maschio e femmina di ogni carne, come DIO aveva comandato a Noè; poi l’Eterno li chiuse dentro. E il diluvio venne sopra la terra per quaranta giorni; e le acque crebbero e sollevarono l’arca, che si alzò in alto sopra la terra. Le acque ingrossarono e crebbero grandemente sopra la terra e l’arca galleggiava sulla superficie delle acque. E le acque ingrossarono con grande forza sopra la terra; e tutte le alte montagne che erano sotto tutto il cielo furono coperte. Le acque si alzarono quindici cubiti al di sopra di esse; e le montagne furono coperte. Così perì ogni carne che si muoveva sulla terra: uccelli, bestiame, fiere, rettili di ogni sorta striscianti sulla terra e tutti gli uomini. Tutto quello che era sulla terra asciutta ed aveva alito di vita nelle sue narici morì. E tutti gli esseri viventi che erano sulla faccia della terra furono sterminati: dall’uomo fino al bestiame ai rettili e agli uccelli del cielo; essi furono sterminati dalla terra e non scampò che Noè con quelli che erano con lui nell’arca. E le acque copersero la terra per centocinquanta giorni. Poi DIO si ricordò di Noè, di tutti gli esseri viventi e di tutto il bestiame che era con lui nell’orca; e DIO fece passare un vento sulla terra, e le acque si abbassarono. Le fonti dell’abisso e le cateratte del cielo furono chiuse e la pioggia dal cielo cessò. E le acque andarono del continuo ritirandosi dalla terra; e alla fine di centocinquanta giorni erano diminuite. Nel settimo mese, il diciassettesimo giorno del mese, l’arca si fermò sulle montagne di Ararat. E le acque andarono diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese il primo giorno del mese, apparvero le vette dei monti. Così, in capo a quaranta giorni, avvenne che Noè aperse la finestra che aveva fatto nell’arca, e mandò fuori il corvo, che continuò ad andare avanti e indietro, finché le acque furono asciugate sulla terra. Poi mandò fuori la colomba, per vedere se le acque fossero diminuite sulla superficie della terra. Ma la colomba non trovò dove posare la pianta del suo piede, e tornò a lui nell’arca, perché c’erano ancora acque sulla superficie di tutta la terra; ed egli stese la mano, la prese e la trasse a sé nell’arca. Aspettò così altri sette giorni, poi mandò di nuovo la colomba fuori dell’arca. E la colomba tornò a lui verso sera; ed ecco, essa aveva nel becco una foglia d’ulivo strappata di fresco; cosi Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Allora aspettò altri sette giorni, poi mandò fuori la colomba; ma essa non ritornò piú da lui. Nell’anno seicentouno di Noè, nel primo mese, nel primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; e Noè scoperchiò l’arca, guardò, ed ecco che la superficie del suolo era asciutta. Così nel secondo mese nel ventisettesimo giorno del mese, la terra era asciutta. Allora DIO parlò a Noè, dicendo: »Esci dall’arca tu, tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te. Fa’ uscire con te tutti gli animali che sono con te, di ogni carne: uccelli, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, perché crescano grandemente sulla terra, e siano fecondi e si moltiplichino sulla terra«. Così Noè usci con i suoi figli, con sua moglie e con le mogli dei suoi figli. Tutti gli animali, tutti i rettili, tutti gli uccelli, tutto quello che si muove sulla terra, secondo le loro famiglie, uscirono dall’arca. Allora Noè edificò un altare all’Eterno, e prese di ogni specie di animali puri e di ogni specie di uccelli puri e offrì olocausti sull’altare. E l’Eterno sentì un odore soave; così l’Eterno disse in cuor suo: »Io non maledirò piú la terra a motivo dell’uomo, perché i disegni del cuore dell’uomo sono malvagi fin dalla sua fanciullezza; e non colpirò più ogni cosa vivente, come ho fatto. Finché la terra durerà, semina e raccolta, freddo e caldo, estate e inverno, giorno e notte non cesseranno mai«. Poi DIO benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro: »Siate fruttiferi, moltiplicate e riempite la terra. La paura di voi e il terrore di voi sarà su tutti gli animali della terra, su tutti gli uccelli del cielo, su tutto quello che si muove sulla terra; e su tutti i pesci del mare. Essi sono dati in vostro potere. Tutto ciò che si muove ed ha vita vi servirà di cibo; io vi do tutte queste cose; vi do anche l’erba verde; ma non mangerete carne con la sua vita, cioè il suo sangue. Io chiederò certamente conto del sangue delle vostre vite; ne chiederò conto ad ogni animale e all’uomo. Chiederò conto della vita dell’uomo alla mano di ogni fratello dell’uomo. Chiunque spargerà il sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso per mezzo di un uomo, perché DIO ha fatto l’uomo a sua immagine. Voi dunque siate fruttiferi e moltiplicatevi; crescete grandemente sulla terra e moltiplicate in essa«. Poi DIO parlò a Noè e ai suoi figli con lui, dicendo: »Quanto a me, ecco io stabilisco il mio patto con voi e con la vostra progenie dopo di voi, e con tutti gli esseri viventi che sono con voi: uccelli, bestiame e tutti gli animali della terra con voi, da tutti quelli che sono usciti dall’arca a tutti gli animali della terra. Io stabilisco il mio patto con voi: nessuna carne sarà piú sterminata dalle acque del diluvio, e non ci sarà piú diluvio per distruggere la terra«. Poi DIO disse: »Questo è il segno del patto che io faccio tra me e voi, e tutti gli esseri viventi che sono con voi, per tutte le generazioni future. Io pongo il mio arcobaleno nella nuvola, e servirà di segno del patto fra me e la terra. E avverrà che, quando farò venire delle nuvole sulla terra, l’arco apparirà nelle nuvole; e io mi ricorderò del mio patto fra me e voi ed ogni essere vivente di ogni carne, e le acque non diventeranno piú un diluvio per distruggere ogni carne. L’arco dunque sarà nelle nuvole e io lo guarderò per ricordarmi del patto eterno fra DIO e ogni essere vivente di qualunque carne che è sulla terra«. E DIO disse a Noè: »Questo è il segno del patto che io ho stabilito fra me e ogni carne che è sulla terra«. Ora figli di Noè che uscirono dall’arca furono: Sem, Cam e Jafet; e Cam è il padre di Canaan. Questi sono i tre figli di Noè, e da loro fu popolata tutta la terra. Poi Noè, che era agricoltore, cominciò a piantare una vigna; e bevve del vino e si ubriacò, e si scoperse in mezzo alla sua tenda. E Cam, padre di Canaan, vide la nudità di suo padre e andò a dirlo ai suoi due fratelli di fuori. Ma Sem e Jafet presero un mantello, se lo misero sulle loro spalle e, camminando all’indietro coprirono la nudità del loro padre; e, siccome avevano le loro facce rivolte dalla parte opposta, non videro la nudità del loro padre. Quando Noè si svegliò dalla sua ebbrezza, seppe quello che gli aveva fatto il figlio minore, e disse: »Maledetto sia Canaan! Egli sia il servo dei servi dei suoi fratelli!«. Poi disse: »Benedetto sia l’Eterno, il DIO di Sem, e sia Canaan suo servo. DIO ingrandisca Jafet e dimori nelle tende di Sem e sia Canaan suo servo!«. Dopo il diluvio, Noè visse trecentocinquant’anni. Così tutto il tempo che Noè visse fu di novecentocinquant’anni; poi morì. Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sam, Cam e Jafet; dopo il diluvio a loro nacquero dei figli. I figli di Jafet furono: Gomer, Magog, Madai, Javan, Tubal, Mescek e Tiras. I figli di Gomer: Ashkenaz, Rifath e Togarmah. I figli di Javan: Elisham, Tarshish, Kittim e Dodanim. Da essi vennero i popoli sparsi nelle isole delle nazioni, nei loro diversi paesi, ciascuno secondo la propria lingua, secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni. I figli di Cam furono: Kush, Mitsraim, Put e Canaan. I figli di Kush: Seba, Havilah, Sabtah, Raamah e Sabtekah; e i figli di Raamah: Sceba e Dedan. Kush generò Nimrod, che cominciò a essere un uomo potente sulla terra. Egli fu un potente cacciatore davanti all’Eterno; perciò si dice: »Come Nimrod, il potente cacciatore davanti all’Eterno«. E l’inizio del suo regno fu Babel, Erek, Akkad e Kalmeh nel paese di Scinar. Da quel paese andò in Assiria e costruì Ninive, Rehoboth-Ir e Kalah; fra Ninive e Kalah costruì Resen (che è la grande città). Mitsraim generò i Ludim, gli Ananim, i Lehabim, i Nuftuhim, i Pathrusim, i Casluhim (da cui uscirono i Filistei) e i Caftorim. Canaan generò Sidon, suo primogenito, e Het, e i Gebusei, gli Amorei, i Ghirgasei, gli Hivvei, gli Archei, i Sinei, gli Arvadei, i Tsemarei e gli Hamathei. Poi le famiglie dei Cananei si dispersero. E i confini dei Cananei andarono da Sidon, in direzione di Gherar, fino a Gaza; e in direzione di Sodoma, Gomorra, Adma e Tseboim, fino a Lesha. Questi sono i figli di Cam, secondo le loro famiglie, secondo le loro lingue, nei loro paesi, nelle loro nazioni. Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber e fratello di Jafet, il maggiore, nacquero dei figli. I figli di Sem furono: Elam, Assur, Arpakshad, Lud e Aram. I figli di Aram: Uz, Hul, Ghether e Mash. Arpakshad generò Scelah, e Scelah generò Eber. Ad Eber nacquero due figli; il nome dell’uno fu Peleg, perché ai suoi giorni la terra fu divisa, e il nome di suo fratello fu Joktan. Joktan generò Almodad, Scelef, Hatsarmaveth, Jerah, Hadoram, Uzal, Diklah, Obal, Abimael, Sceba, Ofir, Havilah e Jobab. Tutti questi furono figli di Joktan. E la loro dimora fu la montagna orientale, da Mesha, fin verso Sefar. Questi sono i figli di Sem, secondo le loro famiglie, secondo le loro lingue, nei loro paesi, secondo le loro nazioni. Queste sono le famiglie dei figli di Noè, secondo le loro generazioni nelle loro nazioni; e da essi uscirono le nazioni che si sparsero per la terra dopo il diluvio. Ora tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole. E avvenne che, mentre si spostavano verso sud, essi trovarono una pianura nel paese di Scinar, e vi si stabilirono. E si dissero l’un l’altro: »Orsù, facciamo dei mattoni e cuociamoli col fuoco!«. E usarono mattoni invece di pietre e bitume invece di malta. E dissero: »Orsù, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo, e facciamoci un nome, per non essere dispersi sulla faccia di tutta la terra«. Ma l’Eterno discese per vedere la città e la torre che i figli degli uomini stavano costruendo. E l’Eterno disse: »Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti la medesima lingua; e questo è quanto essi hanno cominciato a fare; ora nulla impedirà loro di condurre a termine ciò che intendono fare. Orsú, scendiamo laggiú e confondiamo la loro lingua, affinché l’uno non comprenda piú il parlare dell’altro«. Così l’Eterno li disperse di là sulla faccia di tutta la terra, ed essi cessarono di costruire la città. Perciò a questa fu dato il nome di Babele, perché l’Eterno colà confuse la lingua di tutta la terra, e di là l’Eterno li disperse sulla faccia di tutta la terra. Questa è la discendenza di Sem. Sem, all’età di cent’anni generò Arpakshad, due anni dopo il diluvio. Dopo aver generato Arpakshad, Sem visse cinquecento anni e generò figli e figlie. Arpakshad visse trentacinque anni e generò Scelah. Dopo aver generato Scelah, Arpakshad visse quattrocentotre anni e generò figli e figlie. Scelah visse trent’anni e generò Eber. Dopo aver generato Eber, Scelah visse quattrocentotre anni e generò figli e figlie. Eber visse trentaquattro anni e generò Peleg. Dopo aver generato Peleg, Eber visse quattrocentotrent’anni e generò figli e figlie. Peleg visse trent’anni e generò Reu. Dopo aver generato Reu, Peleg visse duecentonove anni e generò figli e figlie. Reu visse trentadue anni e generò Serug. Dopo aver generato Serug, Reu visse duecentosette anni e generò figli e figlie. Serug visse trent’anni e generò Nahor; dopo aver generato Nahor, Serug visse duecento anni e generò figli e figlie. Nahor visse ventinove anni e generò Terah; dopo aver generato Terah, Nahor visse centodiciannove anni e generò figli e figlie. Terah visse settant’anni e generò Abramo, Nahor e Haran. Questa è la discendenza di Terah. Terah generò Abramo, Nahor e Haran; e Haran generò Lot. Haran morì alla presenza di Terah suo padre, nel suo paese nativo, in Ur dei Caldei. E Abramo e Nahor si presero delle mogli; il nome della moglie di Abramo era Sarai, e il nome della moglie di Nahor, Milkah, figlia di Haran, padre di Milkah e padre di Iskah. Ma Sarai era sterile, non aveva figli. Poi Terah prese suo figlio Abramo e Lot, figlio di Haran, cioè il figlio di suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abramo suo figlio, e uscirono insieme da Ur dei Caldei per andare nel paese di Canaan; ma giunti a Haran, vi si stabilirono. E il tempo che Terah visse fu di duecentocinque anni; poi Terah morì in Haran. Ora l’Eterno disse ad Abramo: »Vattene dal tuo paese, dal tuo parentado e dalla casa di tuo padre, nel paese che io ti mostrerò. Io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai una benedizione. E benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà; e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra. Allora Abramo partì come l’Eterno gli aveva detto, e Lot andò con lui. Abramo aveva settantacinque anni quando partì da Haran. E Abramo prese Sarai sua moglie e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i beni che avevano accumulato e le persone che avevano acquistate in Haran, e partirono per andarsene nel paese di Canaan. Così essi giunsero nel paese di Canaan. Abramo attraversò il paese fino alla località di Sichem, fino alla quercia di Moreh. A quel tempo si trovavano nel paese i Cananei. Allora l’Eterno apparve ad Abramo e disse: »Io darò questo paese alla tua discendenza«. Allora Abramo vi costruì un altare all’Eterno che gli era apparso. Di là si spostò verso la montagna a est di Bethel, e piantò le sue tende, avendo Bethel a ovest e Ai a est; e là costruì un altare all’Eterno e invocò il nome dell’Eterno. Poi Abramo si mise in viaggio, continuando a spostarsi verso Neghev. Abramo in Egitto Ora venne nel paese una carestia e Abramo scese in Egitto per dimorarvi, perché nel paese vi era una grande carestia. Ora avvenne che, come stava per entrare in Egitto, disse a Sarai sua moglie: »Ecco, io so che tu sei una donna di bell’aspetto; così avverrà che, quando gli Egiziani ti vedranno, diranno: »Costei è sua moglie«; e uccideranno me, ma lasceranno te in vita. Ti prego, dì che sei mia sorella, perché io sia trattato bene a motivo di te, e la mia vita sia salva per amor tuo«. Quando infatti Abramo giunse in Egitto, gli Egiziani videro che la donna era molto bella. La videro anche gli ufficiali del Faraone e la lodarono davanti al Faraone e la donna fu portata in casa del Faraone. Ed egli trattò bene Abramo a motivo di lei. Così Abramo ebbe pecore, buoi, asini, servi, serve, asine e cammelli. Ma l’Eterno colpì Faraone e la sua casa con grandi calamità, a motivo di Sarai, moglie di Abramo. Allora il Faraone chiamò Abramo e disse: »Che cosa mi hai fatto? Perché non mi hai detto che era tua moglie? Perché hai detto: "E’ mia sorella"? Così io la presi per essere mia moglie. Ora dunque eccoti tua moglie; prendila e vattene!«. Poi il Faraone diede alla sua gente ordini riguardo ad Abramo, ed essi fecero partire lui, sua moglie e tutto quello che aveva. Abramo dunque risalì dall’Egitto verso il Neghev con sua moglie e con tutto quel che possedeva. E Lot era con lui. Abramo era molto ricco di bestiame, di argento e di oro. Dal Neghev egli continuò il suo viaggio fino a Bethel, al luogo dove da principio era stata la sua tenda, fra Bethel e Ai, al luogo dell’altare che aveva fatto inizialmente; e là Abramo invocò il nome dell’Eterno. Anche Lot, che viaggiava con Abramo aveva greggi, armenti e tende. E il paese non era in grado di sostenerli, se essi abitavano assieme, perché i loro beni erano così grandi che non potevano stare assieme. Sorse perciò una contesa fra i pastori del bestiame di Abramo e i pastori del bestiame di Lot. I Cananei e i Perezei abitavano a quel tempo nel paese. Così Abramo disse a Lot: »Deh, non ci sia contesa fra me e te, né fra i miei pastori e i tuoi pastori, perché siamo fratelli. Non sta forse tutto il paese davanti a te? Separati da me! Se tu vai a sinistra, io andrò a destra; e se tu vai a destra, io andrò a sinistra«. Allora Lot alzò gli occhi e vide l’intera pianura del Giordano. Prima che l’Eterno avesse distrutto Sodoma e Gomorra, essa era tutta quanta irrigata fino a Tsoar, come il giardino dell’Eterno, come il paese d’Egitto. Così Lot scelse per sé tutta la pianura del Giordano e cominciò a spostare le sue tende verso oriente. Così si separarono l’uno dall’altro. Abramo dimorò nel paese di Canaan, e Lot abitò nelle città della pianura e giunse a piantare le sue tende fino a Sodoma. Ora la gente di Sodoma era grandemente depravata e peccatrice contro l’Eterno. E l’Eterno disse ad Abramo, dopo che Lot si Fu separato da lui: »Alza ora i tuoi occhi e mira dal luogo dove sei a nord a sud; a est e a ovest. Tutto il paese che tu vedi, io lo darò a te e alla tua discendenza, per sempre. E renderò la tua discendenza come la polvere della terra; per cui, se qualcuno può contare la polvere della terra, si potrà contare anche la tua discendenza. Levati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te«. Allora Abramo levò le sue tende e venne ad abitare alle querce di Mamre, che sono a Hebron; e là costruì un altare all’Eterno. Ora avvenne al tempo di Amrafel re di Scinar di Ariok re di Ellasar di kedorlaomer re di Elam e di Tideal re delle nazioni, che essi mossero guerra a Bera re di Sodoma, a Birsha re di Gomorra, a Scinab re d Admah, a Scemeber re di Tseboim e al re di Bela, (che è Tsoar). Tutti questi ultimi si radunarono nella valle di Siddim, (che è il Mar Salato). Per dodici anni erano stati soggetti a Kedorlaomer, ma al tredicesimo anno si ribellarono. Nell’anno quattordicesimo, Kedorlaomer e i re che erano con lui vennero e sbaragliarono i giganti ad Ashterotkarnaim, gli Zuzim a Ham, gli Emim a Shaveh-Kiriathaim e gli Horei nella loro montagna di Seir fino a El-Paran, che è presso il deserto. Poi tornarono indietro e vennero a En-Mishpat (che è adesh) e saccheggiarono l’intero territorio degli Amalekiti e anche degli Amorei, che abitavano ad Hatsatson-Tamar. Allora il re di Sodoma, il re di Gomorra, il re di Admah, il re di Tseboim e il re di Bela, (che è Tsoar), uscirono e si schierarono in battaglia contro di loro, nella valle di Siddim; contro Kedorlaomer re di Elam, Tideal re delle nazioni, Amrafel re di Scinar e Ariok re di Ellasar: quattro re contro cinque. Ora la valle di Siddim era piena di pozzi di bitume; e i re di Sodoma e di Gomorra si diedero alla fuga e vi caddero dentro; e quelli che scamparono fuggirono al monte. Così i vincitori presero tutte le ricchezze di Sodoma e di Gomorra e tutti i loro viveri, e se ne andarono. Presero anche Lot, figlio del fratello di Abramo, con i suoi averi, e se ne andarono. Lot abitava in Sodoma. Ma uno degli scampati venne a dirlo ad Abramo l’Ebreo, che abitava alle querce di Mamre, l’Amoreo, fratello di Eshkol e fratello di Aner, i quali avevano fatto alleanza con Abramo. Quando Abramo seppe che suo fratello era stato fatto prigioniero, armò gli uomini addestrati, servi nati in casa sua, in numero di trecentodiciotto, e inseguì i re fino a Dan. Egli divise le sue forze contro di loro di notte, e coi suoi servi li attaccò e li inseguì fino a Hobah, che è a sinistra di Damasco. Così ricuperò tutti i beni e riportò indietro anche Lot suo fratello e i suoi beni, come pure le donne e il popolo. Dopo il suo ritorno dalla sconfitta di Kedorlaomer e dei re che erano con lui, il re di Sodoma gli andò incontro nella valle di Shaveh, (che è la Valle del re). Allora Melchisedek, re di Salem, portò pane e vino. Egli era sacerdote del Dio Altissimo. E benedisse Abramo, dicendo: »Benedetto sia Abramo dal Dio Altissimo, padrone dei cieli e della terra! E benedetto sia il Dio Altissimo, che ti ha dato nelle mani i tuoi nemici!«. E Abramo gli diede la decima di ogni cosa. Poi il re di Sodoma disse ad Abramo: »Dammi le persone, e prendi i beni per te«. Ma Abramo rispose al re di Sodoma: »Ho alzato la mia mano all’Eterno, il Dio Altissimo, padrone dei cieli e della terra, che non avrei preso niente di ciò che ti appartiene, neppure un filo o un legaccio dei calzari, perché tu non abbia a dire: »Io ho arricchito Abramo«. Non prenderò nulla per me ad eccezione di ciò che hanno mangiato i giovani e la parte che spetta agli uomini che sono venuti con me: Aner, Eshkol e Mamre; lascia che essi prendano la loro parte«. Dopo queste cose, la parola dell’Eterno fu rivolta in visione ad Abramo, dicendo: »Non temere o Abramo, io sono il tuo scudo, e la tua ricompensa sarà grandissima«. Ma Abramo disse: Signore, Eterno, che mi darai, perché sono senza figli e l’erede della mia casa è Eliezer di Damasco?«. Poi Abramo soggiunse: »tu non mi hai dato alcuna discendenza; Ora ecco, uno nato in casa mia sarà mio erede«. Allora la parola dell’Eterno gli fu rivolta, dicendo: Questi non sarà tuo erede; ma colui che uscirà dalle tue viscere sarà tuo erede«. Poi lo condusse fuori e gli disse: »Mira il cielo e conta le stelle, se le puoi contare«, quindi aggiunse: »Così sarà la tua discendenza«. Ed egli credette all’Eterno, che glielo mise in conto di giustizia. Poi l’Eterno gli disse: »Io sono l’Eterno che ti ho fatto uscire da Ur dei Caldei, per darti questo paese in eredità«. E Abramo chiese: »Signore, Eterno da che cosa posso io sapere che l’avrò in eredità?«. Allora l’Eterno gli disse: »Portami una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, una tortora e un piccione giovane«. Allora Abramo gli portò tutti questi animali, li divise in due e pose ciascuna metà di fronte all’altra; ma non divise gli uccelli. Ora alcuni uccelli rapaci calarono sulle bestie morte ma Abramo li scacciò. Verso il tramontare del sole, un profondo sonno cadde su Abramo; ed ecco, uno spavento una oscurità profonda caddero su di lui. Allora l’Eterno disse ad Abramo: »Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno come stranieri in un paese che non sarà loro, e vi saranno schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni. Ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi; dopo questo, essi usciranno con grandi ricchezze. Quanto a te, te ne andrai in pace presso i tuoi padri, e sarai sepolto dopo una bella vecchiaia. Ma alla quarta generazione essi torneranno qui, perché l’iniquità degli Amorei non è ancora giunta al colmo«. Ora come il sole si fu coricato e scesero le tenebre, ecco una fornace fumante ed una torcia di fuoco passare in mezzo agli animali divisi. In quel giorno l’Eterno fece un patto con Abramo dicendo: »Io do alla tua discendenza questo paese, dal torrente d’Egitto al grande fiume, il fiume Eufrate: i Kenei i Kenizei, i Kadmonei, gli Hittei, i Perezei, i Refei, gli Amorei, i Cananei, i Ghirgasei e i Gebusei«. Ora Sarai, moglie di Abrahamo, non gli aveva dato alcun figlio. Ella aveva una serva egiziana di nome Agar. Così Sarai disse ad Abramo: »ecco, l’Eterno mi ha impedito di avere figli; deh, entra dalla mia serva; forse potrò avere figli da lei«. E Abramo diede ascolto alla voce di Sarai. Sarai dunque, moglie di Abramo, dopo che Abramo aveva dimorato dieci anni nel paese di Canaan, prese la sua serva Agar, l’Egiziana, e la diede in moglie ad Abramo suo marito. Ed egli entrò da Agar, che rimase incinta; ma quando si accorse di essere incinta, guardó la sua padrona con disprezzo. Allora Sarai disse ad Abramo: »La responsabilità per l’offesa fattami ricada su di te. Sono stata io a darti nelle braccia la mia serva; ma da quando si è accorta di essere incinta mi guarda con disprezzo. L’Eterno sia giudice fra me e te«. Abramo rispose a Sarai: »Ecco, la tua serva è in tuo potere; fa’ di lei ciò che ti pare«. Sarai allora la trattó duramente, ed ella fuggì dalla sua presenza. Ora l’Angelo dell’Eterno la trovò presso una sorgente d’acqua nel deserto, presso la sorgente sulla strada di Shur, e le disse: »Agar, serva di Sarai, da dove vieni e dove vai?«. Ella rispose: »Me ne fuggo dalla presenza della mia padrona Sarai«. Allora l’Angelo dell’Eterno le disse: »Torna dalla tua padrona, e sottomettiti alla sua autorità«. Poi l’Angelo dell’Eterno soggiunse: »Io moltiplicheró grandemente la tua discendenza tanto che non la si potrà contare, a motivo del suo gran numero«. L’Angelo dell’Eterno le disse ancora: »Ecco, tu sei incinta e partorirai un figlio, e lo chiamerai Ismaele, perché l’Eterno ha dato ascolto alla tua afflizione; egli sarà tra gli uomini come un asino selvatico; la sua mano sarà contro tutti e la mano di tutti contro di lui; e abiterà nella presenza di tutti i suoi fratelli«. Allora Agar chiamó il nome dell’Eterno che le aveva parlato: »Tu sei El-Roi«, perché disse: »Ho veramente io veduto colui che mi vede?«. Perciò quel pozzo fu chiamato "Il pozzo di Lahai-Roi. ecco, esso è fra Kadesh e Bered. Così Agar partorì un figlio ad Abramo; e Abramo chiamò il figlio, che Agar gli aveva partorito, col nome di Ismaele. Abramo aveva ottantasei anni, quando Agor partorì Ismaele ad Abramo. Quando Abramo ebbe novantanove anni, l’Eterno gli apparve e gli disse: »Io sono il Dio onnipotente; cammina alla mia presenza, e sii integro; e io stabilirò il mio patto fra me e te e ti moltiplicherò grandemente«. Allora Abramo si prostrò con la faccia a terra e DIO gli parlò, dicendo: »Quanto a me, ecco io faccio con te un patto: tu diventerai padre di una moltitudine di nazioni. E non sarai piú chiamato Abramo, ma il tuo nome sarà Abrahamo, poiché io ti faccio padre di una moltitudine di nazioni. Ti renderò grandemente fruttifero. Quindi ti farò divenire nazioni e da te usciranno dei re. E stabilirò il mio patto fra me e te, e i tuoi discendenti dopo di te, di generazione in generazione; sarà un patto eterno, impegnandomi ad essere il DIO tuo e della tua discendenza dopo di te. E a te, e alla tua discendenza dopo di te, darò il paese dove abiti come straniero: tutto il paese di Canaan, in proprietà per sempre; e sarò il loro DIO«. Poi DIO disse ad Abrahamo: »Da parte tua, tu osserverai il mio patto, tu e la tua discendenza dopo di te, di generazione in generazione. Questo è il mio patto che voi osserverete, fra me e voi, e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio fra voi sarà circonciso. E sarete circoncisi nella carne del vostro prepuzio; e questo sarà un segno del patto fra me e voi. All’età di otto giorni, ogni maschio fra voi sarà circonciso, di generazione in generazione, tanto quello nato in casa, come quello comprato con denaro da qualunque straniero che non sia della tua discendenza. Sì, tanto chi è nato in casa tua come chi è comprato con denaro dovrà essere circonciso; e il mio patto nella vostra carne sarà un patto eterno. E il maschio incirconciso, che non è stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tagliato fuori dal suo popolo, perché ha violato il mio patto«. Poi DIO disse ad Abrahamo: »Quanto a Sarai tua moglie non la chiamare piú Sarai, ma il suo nome, sarà Sara. E io la benedirò e da lei ti darò pure un figlio; sì, io la benedirò ed ella diventerà nazioni; re di popoli usciranno da lei«. Allora Abrahamo si prostrò con la faccia a terra e rise; e disse in cuor suo: »Nascerà forse un figlio a un uomo di cento anni? E partorirà Sara che ha novant’anni?«. Quindi Abrahamo disse a DIO: »Deh, possa Ismaele vivere davanti a te!«. Ma DIO rispose: »No, ma Sara tua moglie ti partorirà un figlio, e tu lo chiamerai Isacco; e io stabilirò il mio patto con lui, come un patto eterno con la sua discendenza dopo di lui. Quanto a Ismaele, io ti ho esaudito. Ecco io lo benedirò, lo renderò fruttifero e lo moltiplicherò grandemente. Egli diventerà padre di dodici principi, e io farò di lui una grande nazione. Ma il mio patto lo stabilirò con Isacco che Sara ti partorirà in questo tempo, l’anno prossimo«. Quando ebbe finito di parlare con lui, DIO lasciò Abrahamo, levandosi in alto. Allora Abrahamo prese Ismaele suo figlio, tutti quelli nati in casa sua e tutti quelli comprati col suo denaro, tutti i maschi fra la gente della casa di Abrahamo e, in quello stesso giorno, circoncise la carnee del loro prepuzio, come DIO gli aveva detto di fare. Ora Abrahamo aveva novantanove anni quando fu circonciso nella carne del suo prepuzio. E Ismaele suo figlio aveva tredici anni quando fu circonciso nella carne del so prepuzio. In quello stesso giorno Furono circoncisi Abrahamo e Ismaele suo figlio. E tutti gli uomini della sua casa, tanto quelli nati in casa come quelli comprati con denaro dagli stranieri, furono circoncisi con lui. L’Eterno apparve ad Abrahamo alle querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda durante il caldo del giorno. Abrahamo alzò gli occhi ed ecco, tre uomini stavano in piedi accanto a lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda, si prostrò fino a terra e disse: »Signor mio, se ho trovato grazia davanti a te, ti prego non passar senza fermarti dal tuo servo! Deh, lasciate che si porti un po’ d’acqua, affinché possiate lavarvi i piedi, e riposatevi sotto questo albero. Io andrò a prendere un pezzo di pane, così potrete rinfrancare il vostro cuore; poi proseguirete il vostro cammino perché per questo siete passati dal vostro servo«. Quelli dissero: »Fa’ come hai detto«. Allora Abrahamo andò in fretta nella tenda, da Sara, e le disse: »Presto prendi tre misure di fior di farina, impastala e fanne delle focacce«. Poi Abrahamo corse all’armento, scelse un vitello tenero e buono, lo diede a un servo, e si affrettò a prepararlo. Prese poi della cagliata, del latte e il vitello che aveva preparato, e li pose davanti a loro; mentre essi mangiavano, egli rimase in piedi accanto a loro, sotto l’albero. Poi essi gli dissero: »Dov’è Sara tua moglie?«. Abrahamo rispose: »E là nella tenda«. Ed egli disse: »Tornerò certamente da te l’anno prossimo a questo tempo; ed ecco, Sara tua moglie avrà un figlio«. E Sara ascoltava all’ingresso della tenda, che era dietro di lui. Ora Abrahamo e Sara erano vecchi, di età avanzata, e Sara non aveva piú i ricorsi ordinari delle donne. Perciò Sara rise dentro di sé, dicendo: »Vecchia come sono, avrei io tali piaceri, dato che il mio stesso signore è vecchio?«. E l’Eterno disse ad Abrahamo: »Perché mai ha riso Sara dicendo: »Partorirò io per davvero, vecchia come sono?«. Vi è forse qualcosa che sia troppo difficile per l’Eterno? Al tempo fissato, fra un anno, ritornerò da te, e Sara avrà un figlio«. Allora Sara negò, dicendo: »Non ho riso«, perché ebbe paura. Ma egli disse: »Invece hai riso!«. Poi quegli uomini si alzarono di là e volsero gli sguardi verso Sodoma; e Abrahamo camminava con loro per accomiatarli. E l’Eterno disse: »Celerò io ad Abrahamo quello che sto per fare poiché Abrahamo deve diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra? Io infatti l’ho scelto, perché ordini ai suoi figli e alla sua casa dopo di lui di seguire la via dell’Eterno, mettendo in pratica la giustizia e l’equità, perché l’Eterno possa compiere per Abrahamo ciò che gli ha promesso«. E l’Eterno disse: »Siccome il grido che sale da Sodoma e Gomorra è grande e siccome il loro peccato è molto grave, io scenderò per vedere se hanno veramente fatto secondo il grido che è giunto a me; in caso contrario, lo saprò«. Poi quegli uomini si allontanarono di là e si avviarono verso Sodoma; ma Abrahamo rimase ancora davanti all’Eterno. Allora Abrahamo si avvicinò e disse: »Farai perire il giusto insieme con l’empio? Ammesso che ci siano cinquanta giusti nella città. distruggeresti tu il luogo e non lo risparmieresti per amore dei cinquanta giusti che si trovano nel suo mezzo? Lungi da te il fare tale cosa: far morire il giusto con l’empio, cosicché il giusto sia trattato come l’empio; lungi da te! Il giudice di tutta la terra non farà egli giustizia?«. L’Eterno disse: »Se trovo nella città di Sodoma cinquanta giusti, io risparmierò l’intero luogo per amor loro«. Allora Abrahamo riprese e disse: »Ecco, prendo l’ardire di parlare al Signore, benché io non sia che polvere e cenere. Ammesso che a quei cinquanta giusti ne manchino cinque. distruggeresti tu l’intera città per cinque di meno?«. l’Eterno rispose: »Se ve ne trovo quarantacinque, non la distruggerò«. Abrahamo continuò a parlargli e disse: »Ammesso che in città se ne trovino quaranta?«. E l’Eterno: »Non lo farò, per amor dei quaranta«. Allora Abrahamo disse: »Deh, non si adiri il Signore, ed io parlerò. Ammesso che in città se ne trovino trenta?«. L’Eterno rispose: »Non lo Farò se ve ne trovo trenta«. E Abrahamo disse: »Ecco, prendo l’ardire di parlare al Signore. Ammesso che in città se ne trovino venti?«. L’Eterno rispose: »Non la distruggerò, per amor dei venti«. E Abrahamo disse: »Deh, non si adiri il Signore e io parlerò ancora questa volta soltanto. Ammesso che in città se ne trovino dieci?«. L’Eterno rispose: »Non la distruggeró per amore dei dieci«. Come l’Eterno ebbe finito di parlare ad Abrahamo. se ne andò. E Abrahamo tornò alla sua dimora. Ora i due angeli giunsero a Sodoma verso sera, mentre Lot era seduto alla porta di Sodoma; come li vide egli si alzó per andar loro incontro e si prostrò con la faccia a terra, e disse: »Miei signori, vi prego, venite in casa del vostro servo, passatevi la notte e lavatevi i piedi; poi domattina potrete alzarvi presto e continuare il vostro cammino«. Essi risposero: »No; passeremo la notte sulla piazza«. Ma egli insistette così tanto che vennero da lui ed entrarono in casa sua. Quindi egli preparò loro un banchetto e cosse dei pani senza lievito, ed essi mangiarono. Ma prima che andassero a coricarsi, gli uomini della città, gli uomini di Sodoma, circondarono la casa, giovani e vecchi l’intera popolazione venuta da ogni dove; chiamarono Lot e gli dissero: »Dove sono gli uomini che sono venuti da te questa notte? Portaceli fuori. affinché li possiamo conoscere!«. Lot uscì verso di loro davanti alla porta di casa, chiuse la porta dietro di sé e disse: »Deh fratelli miei, non comportatevi in modo così malvagio! Sentite, io ho due figlie che non hanno conosciuto uomo; deh, lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi pare; ma non fate nulla a questi uomini, perché essi sono entrati sotto la protezione del mio tetto«. Ma essi dissero: »fatti in là!«. Poi continuarono: »Costui è venuto qui come straniero, e vuol far da giudice! Ora faremo a te peggio che a quelli!«. E spingendo Lot con violenza si avvicinarono per sfondare la porta. Ma quegli uomini allungarono le loro mani e tirarono Lot in casa con loro, e chiusero la porta. colpirono quindi di cecità la gente che era alla porta della casa, dal piú piccolo al piú grande, cosicché si stancarono nel tentativo i trovare la porta. Allora quegli uomini dissero a Lot: »Chi altro hai tu qui? Fa’ uscire da questo luogo i tuoi generi, i tuoi figli e le tue figlie, e chiunque tu abbia in città, poiché noi stiamo per distruggere questo luogo, perché il grido dei suoi abitanti è grande davanti all’Eterno e l’Eterno ci ha mandati a distruggerlo«. Allora Lot uscì e parlò ai suoi generi che avevano sposato le sue figlie, e disse: »Levatevi, uscite da questo luogo, perché l’Eterno sta per distruggere la città«. Ma ai generi parve che egli volesse scherzare. Come spuntò l’alba, gli angeli sollecitarono Lot, dicendo: »Levati, prendi tua moglie e le tue figlie che si trovano qui, affinché tu non perisca nel castigo di questa città«. Ma siccome egli si indugiava, quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, perché l’Eterno aveva avuto misericordia di lui, lo fecero uscire e lo condussero in salvo fuori della città. Come essi li conducevano fuori uno di loro disse: »Fuggi per salvare la tua vita! Non guardare indietro e non ti fermare in alcun luogo della pianura; salvati al monte che tu non abbia a perire!«. Ma Lot rispose loro: »No, mio signore! Ecco, il tuo servo ha trovato grazia agli occhi tuoi e tu hai usato grande misericordia verso di me, salvandomi la vita; ma io non riuscirò a raggiungere il monte prima che il disastro mi sopraggiunga ed io perisca. Ecco, questa città è abbastanza vicina per potervi arrivare, ed è piccola. Deh, lascia che io fugga là (non è essa piccola?), e così avrò salva la vita«. L’angelo gli disse: »Ecco, io ti concedo anche questa richiesta: di non distruggere la città, di cui hai parlato. Affrettati, fuggi là, perché io non posso fare nulla finché tu vi sia giunto«. Perciò quella città fu chiamata Tsoar. Il sole si levava sulla terra quando Lot arrivò a Tsoar. Allora l’Eterno fece piovere dal cielo su Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte dell’Eterno. Così egli distrusse quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti della città e quanto cresceva sul suolo. Ma la moglie di Lot si volse a guardare indietro e diventò una statua di sale. Abrahamo si levò al mattino presto e andò al luogo dove si era fermato davanti all’Eterno; poi guardò verso Sodoma e Gomorra e verso tutta la regione della pianura, ed ecco vide un fumo che si levava dalla terra, come il fumo di una fornace Così avvenne che, quando DIO distrusse la città della pianura, DIO si ricordò di Abrahamo e fece allontanare Lot di mezzo al disastro, quando distrusse le città dove Lot aveva dimorato. Poi lot uscì da Tsoar e andò ad abitare sul monte insieme con le sue due figlie, perché aveva paura di stare a Tsoar; e si stabilì in una caverna con le sue due figlie. Ora la maggiore disse alla minore: »Nostro padre è vecchio, e non vi è piú alcun uomo nel paese che possa unirsi a noi, come si usa su tutta la terra. vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e corichiamoci con lui; così potremo assicurare una discendenza a nostro padre«. Così quella stessa notte fecero bere del vino al loro padre; e la maggiore entrò e si coricò con suo padre: ed egli non si accorse né quando ella si coricò né quando si levò. All’indomani la maggiore disse alla minore: »ecco, la notte scorsa io mi sono coricata con mio padre; Facciamogli bere del vino anche questa notte; poi tu entra e coricati con lui, affinché possiamo assicurare una discendenza a nostro padre«. Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre, e la minore andò a coricarsi con lui; ed egli non si accorse né quando ella si coricò né quando si levò. Così le due figlie di Lot rimasero incinte per mezzo del loro padre. La maggiore diede alla luce un figlio, al quale pose nome Moab. Questi è il padre dei Moabiti, che sussistono fino al giorno d’oggi. Anche la minore partorì un figlio, al quale pose nome Ben-Ammi. Questi è il padre degli Ammoniti, ce sussistono fino al giorno d’oggi. Abrahamo si spostò di là andando verso il Neghev, e dimorò fra Kadesh e Shur, poi si stabilì a Gherar. Ora Abrahamo diceva di Sara sua moglie: »E’ mia sorella«. Così Abimelek re di Gherar, mandò a prendere Sara. Ma DIO venne da Abimelek in un sogno di notte, e gli disse: »ecco, tu stai per morire, a motivo della donna che hai preso, perché ella è sposata«. Abimelek però non si era accostato a lei, e disse: »Signore, faresti tu perire una nazione, anche quando fosse giusta? Non mi ha egli detto: »E’ mia sorella«, e lei stessa ha detto: »E’ mio fratello«? Ho fatto questo nell’integrità del mio cuore e con mani innocenti«. DIO gli disse nel sogno: »Si, lo so che hai fatto questo nell’integrità del tuo cuore e ti ho quindi impedito dal peccare contro di me; per questo non ti ho permesso di toccarla. Ora dunque restituisci la moglie di quest’uomo, perché è un profeta; ed egli pregherà per te e tu vivrai. Ma se non la restituisci, sappi per certo che tu morrai, tu e tutti i tuoi«. Così Abimelek si alzò il mattino presto, chiamó tutti i suoi servi e raccontó loro tutte queste cose, quegli uomini furono presi da grande paura. Poi Abimelek chiamò Abrahamo e gli disse: »Che ci hai fatto? E che cosa ho io fatto contro di te, per aver fatto venire su di me e sul mio regno un peccato così grande? Tu mi hai fatto cose che non si dovevano fare«. Poi Abimelek disse ad Abrahamo: »Che cosa pensavi di fare agendo in questo modo?«. Abrahamo rispose: »L’ho fatto, perché dicevo fra me: »Certo, in questo luogo non c’è timore di DIO; e mi uccideranno a causa di mia moglie«. Inoltre ella è veramente mia sorella, figlia di mio padre, ma non figlia di mia madre; ed è poi divenuta mia moglie. Ora quando DIO mi fece errare lontano dalla casa di mio padre, io le dissi: »Questo è il favore che mi farai; dovunque andremo, dirai di me: E’ mio fratello«. Allora Abimelek prese pecore, buoi, servi e serve, e li diede ad Abrahamo; e gli restituì sua moglie Sara. Poi Abimelek disse: »Ecco, il mio paese ti sta davanti; dimora dovunque ti piace«. E a Sara disse: »Ecco, io ho dato a tuo fratello mille pezzi d’argento; questo servirà per coprire l’offesa fatta a te davanti a tutti quelli che sono con te; così sei giustificata davanti a tutti«. Allora Abrahamo pregò DIO, e DIO guarì Abimelek, sua moglie e le sue serve, ed esse poterono partorire. Poiché l’Eterno aveva del tutto resa sterile l’intera casa di Abimelek, a motivo di Sara moglie di Abrahamo. L’Eterno visitò Sara come aveva detto; e l’Eterno fece a Sara come aveva promesso. E Sara concepì e partorì un figlio ad Abrahamo nella sua vecchiaia, al tempo stabilito, che DIO gli aveva detto. E Abrahamo pose nome Isacco al figlio che gli era nato, e che Sara gli aveva partorito. Poi Abrahamo circoncise suo figlio Isacco all’età di otto giorni, come DIO gli aveva comandato. Ora Abrahamo aveva cento anni, quando gli nacque suo figlio Isacco. E Sara disse: »DIO mi ha dato di che ridere; chiunque lo udrà riderà con me«. E disse pure: »Chi avrebbe mai detto ad Abrahamo che Sara allatterebbe figli? Poiché io gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia«. Il bambino dunque crebbe e fu svezzato; e nel giorno che Isacco fu svezzato Abrahamo fece un gran convito. Ora Sara vide che il figlio partorito ad Abrahamo da Agar, l’egiziana, rideva. Allora ella disse ad Abrahamo: »Scaccia questa serva e suo figlio, perché il figlio di questa serva non dev’essere erede con mio figlio, con Isacco«. La cosa dispiacque grandemente ad Abrahamo, a motivo di suo figlio. Ma DIO disse ad Abrahamo: »Non essere addolorato a motivo del ragazzo e della tua serva; dà ascolto a tutto quello che Sara ti dice, perché uscirà da Isacco la discendenza che porterà il tuo nome. Ma anche del figlio di questa serva io farò una nazione, perché è tua discendenza«. Abrahamo si levò al mattino presto, prese del pane e un otre d’acqua e li diede ad Agar; mise tutto sulle sue spalle e la mandò via assieme al fanciullo. Così ella partì e andò errando per il deserto di Beer-Sceba. Quando l’acqua dell’otre finì, ella mise il fanciullo sotto un cespuglio. E andò a sedersi di fronte a lui, alla distanza di un tiro d’arco, perché diceva: »Non voglio vedere il fanciullo morire!«. Così ella si sedette di fronte a lui e alzò la voce e pianse. E DIO udì la voce del ragazzo; e l’angelo di DIO chiamò Agar dal cielo e le disse: »Che hai, Agar? Non temere, perché DIO ha udito la voce del ragazzo là dove si trova. Levati, solleva il ragazzo e tienilo forte con la tua mano, perché io farò di lui una grande nazione«. Allora DIO le aperse gli occhi ed ella vide un pozzo d’acqua; così andò a riempire d’acqua l’otre e diede da bere al ragazzo. E DIO fu col ragazzo; ed egli crebbe, abitò nel deserto e divenne un tiratore d’arco. Egli abitò nel deserto di Paran e sua madre gli prese una moglie dal paese d’Egitto. In quel tempo Abimelek, assieme a Pikol, capo del suo esercito, parlò ad Abrahamo, dicendo: »DIO è con te in tutto quello che fai; Ora dunque giurami qui nel nome i Dio, che tu non ingannerai né me né i miei figli né i miei nipoti, ma che userai verso di me e verso il paese dove hai soggiornato come forestiero la stessa benevolenza che io ho usato verso di te«. Abrahamo rispose: »Lo giuro« Poi Abrahamo rimproverò Abimelek a motivo di un pozzo d’acqua, di cui i servi di Abimelek si erano impadroniti. Abimelek disse: »io non so chi abbia fatto questo; tu stesso non me lo hai fatto sapere e io non ne ho sentito parlare che oggi«. Allora Abrahamo prese pecore e buoi e li diede ad Abimelek; e i due fecero alleanza. Poi Abrahamo mise da parte sette agnelle del gregge. E Abimelek disse ad Abrahamo: »Che vogliono dire queste sette agnelle che tu hai messo da parte?«. Abrahamo rispose: »Tu accetterai dalla mia mano queste sette agnelle, perché ciò mi serva da testimonianza che io ho scavato questo pozzo«. Perciò egli chiamò quel luogo Beer-Sceba, perché là avevano fatto ambedue giuramento. Così fecero alleanza a Beer-Sceba. Poi Abimelek e Pikol, capo del suo esercito, si alzarono e se ne tornarono nel paese dei Filistei. Poi Abrahamo piantò un tamarisco a Beer-Sceba e là invocò il nome dell’Eterno, il Dio d’eternità. Abrahamo soggiornò come forestiero molto tempo nel paese dei Filistei. Dopo queste cose DIO mise alla prova Abrahamo e gli disse: »Abrahamo!«. Egli rispose: »Eccomi«. E DIO disse: »Prendi ora tuo figlio, il tuo unico figlio, colui che tu ami, Isacco, va’ nel paese di Moriah e là offrilo in olocausto sopra uno dei monti che io ti dirò«. Così Abrahamo si alzò al mattino presto, mise il basto al suo asino, prese con sé due dei suoi servi e Isacco suo figlio e spaccò della legna per l’olocausto; poi partì per andare al luogo che DIO gli aveva detto. Il terzo giorno Abrahamo alzò gli occhi e vide da lontano il luogo. Allora Abrahamo disse ai suoi servi: »Rimanete qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin là e adoreremo; poi ritorneremo da voi«. Così Abrahamo prese la legna per l’olocausto e la caricò su Isacco suo figlio; poi prese in mano sua il fuoco e il coltello e s’incamminarono tutt’e due insieme. E Isacco parlò a suo padre Abrahamo e disse: »Padre mio!«. Abrahamo rispose: »Eccomi, figlio mio«. E Isacco disse: »Ecco il fuoco e la legna; ma dov’è l’agnello per l’olocausto?«. Abrahamo rispose: »Figlio mio, DIO provvederà egli stesso l’agnello per l’olocausto«. E proseguirono tutt’e due insieme. Così giunsero al luogo che DIO gli aveva indicato, e là Abrahamo edificò l’altare e vi accomodò la legna; poi legò Isacco suo figlio e lo depose sull’altare sopra la legna. Abrahamo quindi stese la mano e prese il coltello per uccidere suo figlio. Ma l’Angelo dell’Eterno lo chiamò dal cielo e disse: »Abrahamo, Abrahamo!«. Egli rispose: »Eccomi«. L’Angelo disse: »Non stendere la tua mano contro il ragazzo e non gli fare alcun male; ora infatti so che tu temi Dio, poiché non mi hai rifiutato tuo figlio, l’unico tuo figliuolo«. Allora Abrahamo alzò gli occhi e guardò; ed ecco dietro di lui un montone, preso per le corna in un cespuglio. Così Abrahamo andò, prese il montone e l’offerse in olocausto invece di suo figlio. E Abrahamo chiamò quel luogo Jehovah Jireh. Per questo si dice fino al giorno d’oggi: »Al monte dell’Eterno sarà provveduto«. L’Angelo dell’Eterno chiamò dal cielo Abrahamo una seconda volta e disse: »Io giuro per me stesso, dice l’Eterno, poiché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, l’unico tuo figlio, io certo ti benedirò grandemente e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; e la tua discendenza possederà la porta dei suoi nemici. E tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, perché tu hai ubbidito alla mia voce«. Poi Abrahamo tornò dai suoi servi; essi si alzarono e andarono insieme a Beer-Sceba. E Abrahamo dimorò a Beer-Sceba. Dopo queste cose fu riferito ad Abrahamo questo: »Ecco, Milkaha ha partorito anch’ella dei figli a Nahor, tuo fratello: Uz, suo primogenito, Buz suo fratello, Kemuel padre di Aram, Kesed, Hazo, Pildash, Jidlaf e Bethuel«. E Bethuel generò Rebecca. Questi otto figli Milkah partorì a Nahor, fratello di Abrahamo. La sua concubina, che si chiamava Reumah, partorì anch’ella Tebah, Gaham, Tahash e Maakah. Ora Sara visse centoventisette anni. Questi furono gli anni della vita di Sara. E Sara morì a Kirjath-Arba, (che è Hebron), nel paese di Canaan; e Abrahamo entrò a far lutto per Sara e a piangerla. Poi Abrahamo si alzò dalla presenza del suo morto e parlò ai figli di Heth, dicendo: »io sono straniero e avventizio fra voi; datemi la proprietà di un sepolcro fra voi, affinché possa seppellire il mio morto e togliermelo davanti agli occhi«. E i figli di Heth risposero ad Abrahamo dicendogli: Ascoltaci, o mio signore! Tu sei fra noi un principe di DIO; seppellisci il tuo morto nel migliore dei nostri sepolcri; nessuno di noi ti rifiuterà il suo sepolcro perché tu vi possa seppellire il tuo morto«. Allora Abrahamo si alzò, s’inchinò davanti al popolo del paese, davanti ai figli di Heth, e parlò loro dicendo: »Se piace a voi che io seppellisca il mio morto togliendolo davanti ai miei occhi, ascoltatemi. Intercedete per me presso Efron figlio di Zohar, perché mi ceda la sua caverna di Makpelah, che gli appartiene e che è all’estremità del suo campo; me la ceda in proprietà per l’intero suo prezzo, come luogo di sepoltura fra voi«. Ora Efron si trovava in mezzo ai figli di Heth; ed Efron, lo Hitteo, rispose ad Abrahamo in presenza dei figli di Heth, di tutti quelli che entravano per la porta della sua città, dicendo: »No, mio signore, ascoltami! Io ti dono il campo e ti dono la spelonca che vi si trova; te la dono in presenza dei figli del mio popolo; te ne faccio un dono. Seppellisci il tuo morto«. Allora Abrahamo s’inchinò davanti al popolo del paese, e parlò a Efron in presenza del popolo del paese dicendo: »Ascoltami, ti prego! Io ti darò il prezzo del campo; accettalo da me, così io vi potrò seppellire il mio morto«. Efron rispose ad Abrahamo, dicendogli: »Signor mio, ascoltami! Il terreno vale quattrocento sicli d’argento. Che cos’è questo fra me e te? Seppellisci dunque il tuo morto«. Allora Abrahamo diede ascolto a Efron; e Abrahamo pesò a Efron il prezzo che egli aveva detto in presenza dei figli di Heth: quattrocento sicli d’argento, moneta corrente tra i mercanti. Così il campo di Efron che si trovava a Makpelah di fronte a Mamre, il campo con la caverna che vi era e tutti gli alberi che erano nel campo e in tutti i confini all’intorno, passarono in proprietà di Abrahamo, alla presenza dei figli di Heth e di tutti quelli che entravano per la porta della città di Efron. Dopo questo, Abrahamo seppellì Sara sua moglie nella caverna del campo di Makpelah di fronte a Mamre, (che è Hebron), nel paese di Canaan. Così il campo e la caverna che vi si trova furono trasferiti dai figli di Heth in proprietà ad Abrahamo, come luogo di sepoltura. Abrahamo era ormai vecchio e di età avanzata; e l’Eterno aveva benedetto Abrahamo in ogni cosa. E Abrahamo disse al servo piú anziano di casa sua che aveva il governo su tutti i suoi beni: »Deh, metti la tua mano sotto la mia coscia; e io ti farò giurare per l’Eterno, il DIO dei cieli e il DIO della terra, che tu non prenderai per moglie a mio figlio alcuna delle figlie dei Cananei, in mezzo ai quali io dimoro; ma andrai al mio paese e al mio parentado a prendere una moglie per mio figlio, per Isacco«. Il servo gli rispose: »Forse quella donna non sarà disposta a seguirmi in questo paese; dovrò io allora riportare tuo figlio nel paese da cui tu sei uscito?«. Allora Abrahamo gli disse: »Guardati dal riportare là mio figlio! L’Eterno, il DIO dei cieli, che mi trasse dalla casa di mio padre e dal mio paese natio, e mi parlò e mi giurò dicendo: »Io darò questo paese alla tua discendenza, egli manderà il suo angelo davanti a te, e tu prenderai di là una moglie per mio figlio. E se la donna non sarà disposta a seguirti, allora sarai sciolto da questo giuramento a me fatto; soltanto non riportare là mio figlio«. Così il servo pose la mano sotto la coscia di Abrahamo suo signore e fece a lui giuramento in merito a questo problema. Poi il servo prese dieci cammelli fra i cammelli del suo signore e partì, parlando con sé ogni sorta di beni del suo signore. Egli si mise in viaggio e andò in Mesopotamia, alla città di Nahor. E fece inginocchiare i cammelli fuori della città presso un pozzo d’acqua, verso sera, all’ora in cui le donne escono ad attingere l’acqua, e disse: »O Eterno, DIO del mio signore Abrahamo, ti prego, fa’ che quest’oggi possa fare un felice incontro, e usa benignità verso Abrahamo mio signore! Ecco, io sto presso questa fonte d’acqua, mentre le figlie degli abitanti della città escono ad attingere acqua. Fa’ che la fanciulla alla quale dirò: »Deh, abbassa la tua brocca perché io beva«, e che mi risponderà: »Bevi, e darò da bere anche ai tuoi cammelli«, sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco. Da questo comprenderò che tu hai usato benignità verso il mio signore«. Egli non aveva ancora finito di parlare, quando ecco uscire con la sua brocca sulla spalla Rebecca, figlia di Bethuel, figlio di Milkah, moglie di Nahor, fratello di Abrahamo. La Fanciulla era molto bella d’aspetto, vergine, e nessun uomo l’aveva mai conosciuta. Ella scese alla fonte, riempì la sua brocca, e risalì. Allora il servo le corse incontro e le disse: »Deh, lasciami bere un po’ d’acqua dalla tua brocca«. Ella rispose: »Bevi, signor mio«; poi si affrettò a calare la brocca sulla mano, e gli diede da bere. Come ebbe finito di dargli da bere, disse: »Attingerò acqua anche per i tuoi cammelli, finché abbiano bevuto a sufficienza«. In fretta vuotò la sua brocca nell’abbeveratoio, corse di nuovo alla fonte ad attingere acqua e ne attinse per tutti i cammelli di lui. Intanto quell’uomo la contemplava in silenzio, per sapere se l’Eterno avesse o no fatto prosperare il suo viaggio. Quando i cammelli ebbero finito di bere, l’uomo prese un anello d’oro per il naso del peso di mezzo siclo e due braccialetti del peso di dieci sicli d’oro per i polsi di lei, e disse: Di chi sei figlia? Dimmelo, per favore. C’è posto per noi in casa di tuo padre per passare la notte?«. Ella rispose: »Io sono figlia di Bethuel figlio di Milkah, che ella partorì a Nahor«. E aggiunse: »Da noi c’è strame e foraggio in quantità e anche posto per passare la notte«. Allora l’uomo s’inchinò, adorò l’Eterno e disse: »Benedetto l’Eterno, il DIO di Abrahamo mio signore, che non ha cessato di usare la sua benignità e fedeltà verso il mio signore! Quanto a me, nel viaggio, l’Eterno mi ha guidato alla casa dei fratelli del mio signore«. E la fanciulla corse a raccontare queste cose a casa di sua madre. Or Rebecca aveva un fratello chiamato Labano. E Labano corse fuori da quell’uomo alla fonte. Come egli vide l’anello al naso e i braccialetti ai polsi di sua sorella e udì le parole di Rebecca sua sorella che diceva: »Così mi ha parlato quell’uomo«, venne da quell’uomo, ed ecco che se ne stava presso ai cammelli, vicino alla fonte. E disse: »Entra, benedetto dall’Eterno! Perché stai fuori? Io ho preparato la casa e un luogo per i cammelli«. L’uomo entrò in casa, e Labano scaricò i cammelli diede strame e foraggio ai cammelli e portò acqua per lavare i piedi di lui e i piedi degli uomini che erano con lui. Poi gli fu posto davanti da mangiare; ma egli disse: »Non mangerò finché non abbia fatto la mia ambasciata«. L’altro disse: »Parla«. Allora egli disse: »Io sono servo di Abrahamo. L’Eterno ha benedetto abbondantemente il mio signore, che è divenuto grande; gli ha dato pecore e buoi, argento e oro, servi e serve, cammelli e asini. Or Sara, moglie del mio signore, ha partorito nella sua vecchiaia un figlio al mio padrone, che ha dato a lui tutto ciò che possiede. E il mio signore mi ha fatto giurare, dicendo: »Non prenderai per mio figlio una moglie tra i figli dei Cananei, nel paese dei quali dimoro; ma andrai alla casa di mio padre e al mio parentado e là prenderai una moglie per mio figlio". Allora io dissi al mio padrone: »Può darsi che la donna non mi voglia seguire«. Ma egli rispose: »L’Eterno, davanti al quale ho camminato, manderà il suo angelo con te e farà prosperare il tuo viaggio, e tu prenderai per mio figlio una moglie dal mio parentado e dalla casa di mio padre. Sarai sciolto dal giuramento, fattomi, quando sarai andato dal mio parentado; se poi non vorranno dartela, allora sarai sciolto dal giuramento fattomi". Oggi sono arrivato alla fonte e ho detto: »O Eterno, DIO del mio signore Abrahamo, se così ti piace, ti prego di far prosperare il viaggio che ho intrapreso; ecco, io mi fermo presso la fonte d’acqua; fa’ che la fanciulla che uscirà ad attingere acqua e alla quale dirò: »Deh, lasciami bere un po’ d’acqua dalla tua brocca«, e che mi dirà: »Bevi pure e ne attingerò anche per i tuoi cammelli«, sia la moglie che l’Eterno ha destinato al figlio del mio signore. Prima che io avessi finito di parlare in cuor mio, ecco uscir fuori Rebecca con la sua brocca sulla spalla; ella scese alla fonte e attinse acqua. Allora io le dissi: "Deh, lasciami bere!". Ed ella si affrettò a calare la brocca dalla spalla e rispose: »Bevi, e darò da bere anche ai tuoi cammelli«. Così bevvi io, ed ella diede pure da bere ai cammelli. Allora la interrogai e le dissi: »Di chi sei figlia?«. Ella rispose: »Sono figlia di Bethuel, figlio di Nahor, che Milkah gli partorì«. Così io le misi l’anello al naso e i braccialetti ai polsi. Poi mi inchinai, adorai l’Eterno e benedissi l’Eterno, il DIO di Abrahamo mio signore, che mi ha condotto per la giusta via a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio signore. E ora, se volete usare benevolenza e fedeltà verso il mio signore, ditemelo; se no, ditemelo lo stesso e io mi volgerò a destra o a sinistra«. Allora Labano e Bethuel risposero e dissero: »La cosa procede dall’Eterno; noi non possiamo parlarti né in bene né in male. Ecco, Rebecca è qui davanti a te, prendila, va’, e divenga ella la moglie del figlio del tuo signore, come l’Eterno ha detto«. Quando il servo di Abrahamo udì le loro parole, si prostrò a terra davanti all’Eterno. Il servo trasse fuori oggetti d’argento e oggetti d’oro e vesti e li diede a Rebecca; e donò pure delle cose preziose al fratello e alla madre di lei. Poi mangiarono e bevvero, egli e gli uomini che erano con lui, e si fermarono per la notte. Alzatisi al mattino, il servo disse: »Lasciatemi tornare dal mio signore«. Il fratello e la madre di Rebecca dissero: »Lascia che la fanciulla rimanga alcuni giorni con noi, almeno una diecina; poi se ne può andare«. Ma egli rispose loro: »Non mi trattenete, perché l’Eterno ha fatto prosperare il mio viaggio; lasciatemi partire, affinché io me ne torni dal mio signore«. Allora essi dissero: »Chiamiamo la fanciulla e chiediamo a lei stessa«. Allora chiamarono Rebecca e le dissero: »Vuoi andare con quest’uomo?«. Ella rispose: »Si, andrò«. Così lasciarono andare Rebecca loro sorella e la sua balia col servo di Abrahamo e i suoi uomini. E benedissero Rebecca e le dissero: »Sorella nostra, possa tu divenire madre di migliaia di miriadi e possa la tua discendenza possedere la porta dei suoi nemici«. Allora Rebecca e le sue serve si levarono, montarono sui cammelli e seguirono quell’uomo. Così il servo prese Rebecca e se ne andò. Or Isacco era tornato dal pozzo di Lahai-Roi, perché abitava nella regione del Neghev. Isacco era uscito, sul far della sera, per meditare nella campagna; ed egli alzò gli occhi e guardò, ed ecco venire dei cammelli. Anche Rebecca alzò gli occhi e vide Isacco; allora ella smontò in fretta dal cammello, e disse al servo: »Chi è quell’uomo che viene nel campo incontro a noi?«. Il servo rispose: »E’ il mio signore«. Allora ella, preso il velo, si coprì. Poi il servo raccontò a Isacco tutte le cose che aveva fatto. Isacco introdusse Rebecca nella tenda di Sara sua madre e la prese con sé; ella divenne sua moglie ed egli l’amò. Così Isacco fu consolato dopo la morte di sua madre. Poi Abrahamo prese un’altra moglie, di nome Keturah. E questa gli partorì Zimran, Jokshan, Medan, Madian, Ishbak e Shuah. Jokshan generò Sceba e Dedan. I figli di Dedan furono gli Asshurim, i Letuscim e i Leummim. I figli di Madian furono Efah, Efer, Hanok, Abidah ed Eldaah. Tutti questi furono i figli di Keturah. Abrahamo diede tutto ció che possedeva a Isacco; ma ai figli che Abrahamo aveva avuto dalle concubine fece dei doni e Mentre era ancora in vita, li mandò lontano da suo figlio Isacco, verso est in un paese d’oriente. Or questi sono gli anni della vita di Abrahamo che egli visse: centosettantacinque anni. Poi Abrahamo spirò e morì in prospera vecchiaia, attempato e sazio di giorni, e fu riunito al suo popolo. E i suoi figli Isacco e Ismaele lo seppellirono nella spelonca di Makpelah nel campo di Efron, figlio di Zohar lo Hitteo, che è di fronte a Mamre, il campo che Abrahamo aveva comprato dai figli di Heth. Là furono sepolti Abrahamo e Sara sua moglie. Dopo la morte di Abrahamo, DIO benedisse suo figlio Isacco; e Isacco dimorò presso il pozzo di Lahai-Roi. Ora questi sono i discendenti di Ismaele, figlio di Abrahamo, che Agar l’egiziana, serva di Sara, aveva partorito ad Abrahamo. Questi sono i nomi dei figli di Ismaele, secondo i nomi delle loro generazioni: Nebajoth, il primogenito di Ismaele; poi Kedar, Adbeel, Mibsam, Mishma, Dumah, Massa, Hadar, Tema, Jetur, Nafish e Kedemah. Questi. sono i figli di Ismaele e questi i loro nomi, secondo i loro villaggio e i loro accampamenti. Essi furono i dodici principi delle loro rispettive nazioni. Or questi sono gli anni della vita di Ismaele: centotrentasette anni; poi egli spirò e morì, e fu riunito al suo popolo. (E i suoi figli abitarono da Havilah fino a Shur, che è ad est dell’Egitto, in direzione dell’Assiria). Egli si stabilì in presenza di tutti e suoi fratelli. questi sono i discendenti di Isacco figlio di Abrahamo. Abrahamo generò Isacco; e Isacco aveva quarant’anni quando prese in moglie Rebecca, figlia di Bethuel, l’Arameo di Paddan-Aran sorella di Labano l’Arameo. Isacco supplicò l’Eterno per sua moglie, perché ella era sterile. L’Eterno lo esaudì, e Rebecca, sua moglie, concepì. Ma i bambini si spingevano l’un l’altro nel suo grembo; ed ella disse: »Se è così (che l’Eterno ha risposto), perché mi trovo io in queste condizioni?«. Così andò a consultare l’Eterno. E l’Eterno le disse: »Due nazioni sono nel tuo grembo, e due popoli separati usciranno dalle tue viscere. Uno dei due popoli sarà piú forte dell’altro, e il maggiore servirà il minore«. Quando venne per lei il tempo di partorire, ecco che ella aveva in grembo due gemelli. E il primo che uscì fuori era rosso; egli era tutto quanto come un mantello peloso; così lo chiamarono Esaú. Dopo uscì suo Fratello, che con la mano teneva il calcagno di Esaú; così lo chiamarono Giacobbe. Or Isacco aveva settant’anni quando Rebecca li partorì. I due fanciulli crebbero ed Esaú divenne un esperto cacciatore, un uomo di campagna, mentre Giacobbe era un uomo tranquillo, che viveva nelle tende. Or Isacco amava Esaú, perché la cacciagione era di suo gusto; Rebecca invece amava Giacobbe. Una volta che Giacobbe si cucinò una zuppa, Esaú giunse dai campi tutto stanco. Ed Esaú disse a Giacobbe: »Per favore, lasciami mangiare un po’ di questa zuppa rossa, perché sono stanco«. Per questo fu chiamato Edom. Ma Giacobbe gli rispose: »Vendimi prima la tua primogenitura«. Esaú disse: »Ecco io sto per morire; che mi giova la primogenitura?«. Allora Giacobbe disse: »Prima, giuramelo«. Ed Esaù glielo giurò e vendette la sua primogenitura Giacobbe. Quindi Giacobbe diede a Esaú del pane e della zuppa di lenticchie. Ed egli mangiò e bevve; poi si alzò e se ne andò. Così Esaú disprezzò la sa primogenitura. Or ci fu una carestia nel paese, oltre la precedente carestia che c’era stata ai tempi di Abrahamo. Poi Isacco andò da Abimelek, re dei Filistei a Gherar. Allora l’Eterno gli apparve e gli disse: »Non scendere in Egitto; rimani nel paese che io ti dirò. Soggiorna in questo paese e io sarò con te e ti benedirò, perché io darò a te e alla tua discendenza tutti questi paesi, e manterrò il giuramento che feci ad Abrahamo tuo padre, e moltiplicherò la tua discendenza come le stelle "del cielo; darò alla tua discendenza tutti questi paesi, e tutte le nazioni della terra saranno benedette nella tua discendenza, Perché Abrahamo ubbidì alla mia voce e osservó i miei ordini, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi«. Così Isacco dimorò in Gherar. Quando la gente del luogo gli faceva domande intorno a sua moglie, egli rispondeva: »E’ mia sorella«, perché aveva paura di dire: »E’ mia moglie«, poiché pensava: »Gli uomini del luogo potrebbero uccidermi a motivo di Rebecca, perché ella è di bell’aspetto«. Quando aveva già trascorso parecchio tempo in quel luogo, ad Abimelek, re dei Filistei, capitò di guardare dalla finestra e vide Isacco che accarezzava Rebecca sua moglie. Allora Abimelek chiamò Isacco e gli disse: »Certamente costei è tua moglie; come mai hai tu detto: »E’ mia sorella"?«. Isacco rispose: »Perché dicevo: »Non vorrei morire a motivo di lei««. Abimelek disse: »Che cos’è questo che ci hai fatto? Qualcuno del popolo avrebbe potuto facilmente coricarsi con tua moglie, e tu ci avresti tirato addosso una gran colpa«. Così Abimelek diede quest’ordine a tutto il popolo: »Chiunque tocca quest’uomo o sua moglie sarà senz’altro messo a morte«. Isacco seminò in quel paese e in quell’anno raccolse il centuplo; e l’Eterno lo benedisse. Quest’uomo divenne grande e continuò a crescere fino a divenire straordinariamente grande. Egli venne a possedere greggi di pecore, mandrie di buoi e un gran numero di servi. Così i Filistei lo invidiarono, perciò i Filistei turarono, riempiendoli di terra, tutti i pozzi che i servi di suo padre avevano scavati, al tempo di Abrahamo suo padre. Allora Abimelek disse a Isacco: »Vattene da noi, poiché tu sei molto piú potente di noi«. Così Isacco se ne andò di là e si accampò nella valle di Gherar, e là dimorò. E Isacco scavò di nuovo i pozzi di acqua che erano stati scavati al tempo di Abrahamo suo padre, e che i Filistei avevano turati dopo la morte di Abrahamo; e pose loro gli stessi nomi che aveva loro posto suo padre. Poi i servi di Isacco scavarono nella valle e vi trovarono un pozzo di acqua viva. Ma i pastori di Gherar altercarono coi pastori d’Isacco, dicendo: »L’acqua è nostra«. Ed egli chiamò il pozzo Esek, perché quelli avevano conteso con lui. I servi scavarono quindi un altro pozzo, ma quelli altercarono anche per questo. E Isacco lo chiamò Sitnah. Allora egli se ne andò di là e scavò un altro pozzo per il quale quelli non altercarono. Ed egli lo chiamò Rehoboth, perché egli disse: »Ora l’Eterno ci ha messi al largo, e noi prospereremo nel paese«. Poi di là Isacco salì a Beer-Sceba. E l’Eterno gli apparve quella stessa notte, e gli disse: »Io sono il DIO di Abrahamo tuo padre; non temere, perché io sono con te; ti benedirò e moltiplicherò la tua discendenza per amore di Abrahamo mio servo«. Allora egli costruì in quel luogo un altare e invocò il nome dell’Eterno, e vi piantò la sua tenda. La i servi di Isacco scavarono un pozzo. Poi Abimelek da Gherar andò da lui con Ahuzzath, suo amico e con Pikol, capo del suo esercito. E Isacco disse loro: »Perché siete venuti da me, dal momento che mi odiate e mi avete allontanato da voi«. Allora essi risposero: »Noi abbiamo chiaramente visto che l’Eterno è con te. Così abbiamo detto: »Si faccia ora un giuramento fra di noi, fra noi e te, e facciamo un’alleanza con te«: e cioè, che tu non ci farai alcun male, così come noi non ti abbiamo toccato e non ti abbiamo fatto altro che del bene, e ti abbiamo lasciato andare in pace. Tu sei ora il benedetto dell’Eterno«. Così Isacco imbandì per loro un convito ed essi mangiarono e bevvero. La mattina dopo si alzarono presto e si scambiarono un giuramento. Poi Isacco li accomiatò e quelli se ne andarono da lui in pace. Or avvenne che, in quello stesso giorno, i servi di Isacco gli vennero a dar notizia del pozzo che avevano scavato dicendogli: »Abbiamo trovato dell’acqua«. Ed egli lo chiamò Scibah. Per questo la città porta il nome di Beer-Sceba, fino al giorno d’oggi. Quando Esaú ebbe quarant’anni, prese per moglie Judith, figlia di Beeri, lo Hitteo e Basemath, figlia di Elon, lo Hitteo. Esse furono causa di profonda amarezza a Isacco e Rebecca. Quando Isacco era divento vecchio e i suoi occhi erano così deboli che non vedeva piú, egli chiese Esaú, suo figlio maggiore, e gli disse: »Figlio mio!«. Egli disse: »Eccomi!«. Allora Isacco disse: Ecco, io sono vecchio e non conosco il giorno della mia morte. Deh, prendi ora le tue armi, il tuo turcasso e il tuo arco, esci fuori nei campi e prendi per me della selvaggina; poi preparami una pietanza saporita di quelle che mi piacciono, e portamela, perché io ne mangi e l’anima mia ti benedica prima che io muoia«. Ora Rebecca stava ad ascoltare, mentre Isacco parlava a Esaú suo figlio. Così Esaú andò nei campi a cacciare selvaggina per portarla a suo padre. Allora Rebecca parló a Giacobbe suo figlio e gli disse: Ecco, io ho udito tuo padre che parlava a Esaú tuo fratello egli diceva: »portami della selvaggina e preparami una pietanza saporita, perché io ne mangi e ti benedica alla presenza dell’Eterno, prima che io muoia«. Or dunque, figlio mio, ubbudisci alla mia voce e fa’ quello che io ti comando. Va’ ora al gregge e portami due bei capretti; e io ne faró una pietanza saporita per tuo padre, di quelle che gli piacciono. Poi tu la porterai a tuo padre, perché la mangi, e così ti benedica prima di morire«. Giacobbe disse a Rebecca sua madre: »Ecco, Esaú mio fratello é peloso, mentre io ho la pelle liscia. Può darsi che mio padre mi tasti; sembrerò a lui un ingannatore, e mi trarró addosso una maledizione invece di una benedizione«. Ma sua madre gli rispose: »Questa maledizione ricada su di me, figlio mio! Ubbidisci soltanto a ciò che ho detto e va’ a prendere i capretti«. Egli dunque andò a prenderli e li portò da sua madre; e sua madre ne preparò una pietanza saporita, di quelle che piacevano a suo padre. Poi Rebecca prese il piú bel vestito di Esaú, suo figlio maggiore, che teneva in casa presso di sé, e lo fece indossare a Giacobbe suo figlio minore; e con le pelli dei capretti rivestì le sue mani e la parte liscia del suo collo. Quindi mise in mano a Giacobbe suo figlio la pietanza saporita e il pane che aveva preparato. Allora egli andò da suo padre e gli disse: »Padre mio!«. Isacco rispose: »Eccomi; chi sei tu, figlio mio?«. Allora Giacobbe disse a suo padre: »Sono Esaú, il tuo primogenito. Ho fatto come tu mi hai detto. Deh, alzati mettiti a sedere e mangia della mia cacciagione, affinché l’anima tua mi benedica«. Ma Isacco disse a suo figlio: »Come hai fatto a trovarne così presto, figlio mio?«. Egli rispose: »Perché l’Eterno, il tuo DIO, l’ha fatta venire a me«. Allora Isacco disse a Giacobbe: »Avvicinati e lascia che ti palpi, figlio mio, per sapere se sei proprio mio figlio Esaú, o no«. Giacobbe dunque si avvicinò a Isacco suo padre; e, come questi lo ebbe palpato disse: »La voce è la voce di Giacobbe, ma le mani sono le mani di Esaú«. Così non lo riconobbe, perché le mani di lui erano pelose come le mani di Esaú suo fratello; e lo benedisse. E disse: »Sei tu veramente mio figlio Esaú?«. Egli rispose: »Si«. Allora Isacco gli disse: »Servimi affinché io mangi della cacciagione di mio figlio e l’anima mia ti benedica«. Così Giacobbe lo servì e Isacco mangiò. Giacobbe gli portò anche del vino ed egli bevve. Poi suo padre Isacco gli disse: »Ora avvicinati e baciami, figlio mio«. Ed egli si avvicinò e lo baciò. E Isacco sentì l’odore dei suoi vestiti e lo benedisse dicendo: »ecco, l’odore di mio figlio è come l’odore di un campo, che l’Eterno ha benedetto. DIO ti dia la rugiada dei cieli e la fertilità della terra e abbondanza di frumento e di vino. Ti servano i popoli e le nazioni si inchinino davanti a te. Sii padrone dei tuoi fratelli e i figli di tua madre si inchinino davanti a te. Maledetto sia chiunque ti maledice, benedetto sia chiunque ti benedice!«. E avvenne che, come Isacco ebbe finito di benedire Giacobbe e Giacobbe si era appena allontanato dalla presenza di suo padre Isacco, Esaú suo fratello rientrò dalla caccia. Anch’egli preparò una pietanza saporita, la portò a suo padre e gli disse: »Si alzi mio padre e mangi della caccia di suo figlio, affinché l’anima tua mi benedica«. Isacco suo padre gli disse: »Chi sei tu?«. Egli rispose: Sono Esaú, il tuo figlio primogenito«. Allora Isacco fu preso da un tremito fortissimo e disse: »Chi è dunque colui che ha cacciato della selvaggina e me l’ha portata? Io ho mangiato tutto prima che tu venissi e l’ho benedetto; benedetto egli resterà«. All’udire le parole di suo padre, Esaú diede un grido forte ed amarissimo. Poi disse a suo padre: »Benedici anche me, padre mio!«. Ma Isacco rispose: »Tuo fratello è venuto con inganno e si è presa la tua benedizione«. Esaú disse: »Non è a ragione chiamato Giacobbe? Egli mi ha soppiantato già due volte: mi tolse la primogenitura, ed ecco ora si è presa la mia benedizione«. Poi aggiunse: Non hai tu riservato una benedizione per me?«. Allora Isacco rispose e disse a Esaú: »Ecco, io l’ho costituito tuo padrone e gli ho dato tutti i suoi fratelli per servi, e l’ho provvisto di frumento e di vino; che potrò fare per te, figlio mio?«. Esaú disse a suo padre: »Non hai tu che questa benedizione, padre mio? Benedici anche me, o padre mio!«. Ed Esaú alzò la voce e pianse. Isacco suo padre rispose e gli disse: »Ecco, la tua dimora sarà priva della fertilità della terra e della rugiada che scenderà dall’alto dei cieli. Tu vivrai della tua spada e sarai servo di tuo fratello; ma avverrà che, quando combatterai, spezzerai il suo giogo dal tuo collo«. Così Esaú prese a odiare Giacobbe a motivo della benedizione datagli da suo padre, e disse in cuor suo: »I giorni del lutto per mio padre si avvicinano; allora ucciderò mio fratello Giacobbe« Quando le parole di Esaú, suo figlio maggiore, furono riferite a Rebecca, ella mandò a chiamare Giacobbe, suo figlio minore, e gli disse: »Ecco, Esaú, tuo fratello, si consola nei tuoi riguardi, pensando di ucciderti. Or dunque, figlio mio, ubbidisci fai ciò che ti dico: Alzati e fuggi a Haran da Labano mio fratello; e rimani con lui un po’ di tempo, finché la collera di tuo fratello sia passata, finché l’ira di tuo fratello sia distolta da te ed egli abbia dimenticato quello che tu gli hai fatto; allora io manderò a prenderti di là. Perché dovrei io essere privata di voi due in un sol giorno«. Poi Rebecca disse ad Isacco: »Io sono disgustata della vita a motivo di queste figlie di Heth. Se Giacobbe prende in moglie una tra le figlie di Heth, una donna come quelle del paese, a che mi servirà la vita?«. Allora Isacco chiamò Giacobbe, lo benedisse, gli diede quest’ordine e gli disse: Non prender moglie tra le donne di Canaan. Alzati, va’ in Paddan-Aram, alla casa di Bethuel, padre di tua madre, e prenditi di là in moglie una delle figlie di Labano, fratello di tua madre. Dio onnipotente ti benedica, ti renda fruttifero e ti moltiplichi, si che tu divenga un’assemblea di popoli, e ti dia la benedizione di Abrahamo, a te e alla tua discendenza con te, affinché tu possegga il paese dove vivi come uno straniero e che DIO donò ad Abrahamo«. Così Isacco fece partire Giacobbe, che andò in Paddan-Aram da Labano, figlio di Betbuel, l’Arameo fratello di Rebecca, madre di Giacobbe e di Esaú. Or Esaú vide che Isacco aveva benedetto Giacobbe e lo aveva mandato in Paddan-Aram per prendersi di là una moglie e, nel benedirlo, gli aveva dato quest’ordine dicendo: »Non prender moglie tra le figlie di Canaan«; e Giacobbe aveva ubbidito a suo padre e a sua madre e se ne era andato in Paddan-Aram. Quando Esaú si rese conto che le figlie di Canaan erano mal viste da Isacco suo padre, andò da Ismaele e prese Mahalath, figlia di Ismaele, figlio di Abrahamo, sorella di Nebajoth, perché fosse sua moglie oltre le mogli che già aveva. Or Giacobbe partì da Beer-Sceba e se ne andò verso Haran. Giunse in un certo luogo e vi passó la notte, perché il sole era già tramontato. Allora prese una delle pietre del luogo, la pose sotto la sua testa e in quel luogo si coricò. E sognò di vedere una scala appoggiata sulla terra, la cui cima toccava il cielo; ed ecco, gli angeli di DIO salivano e scendevano su di essa. Ed ecco l’Eterno stava in cima ad essa e gli disse: »Io sono l’Eterno, il DIO di Abrahamo tuo padre e il DIO di Isacco; la terra sulla quale tu sei coricato la darò a te e alla tua discendenza; e la tua discendenza sarà come la polvere della terra, e tu ti estenderai a ovest e a est a nord e a sud; e tutte le famiglie della terra saranno benedette in te e nella tua discendenza. Ed ecco, io sono con te e ti proteggerò dovunque andrai, e ti ricondurrò in questo paese; poiché non ti abbandonerò prima di aver fatto quello che ti ho detto«. Allora Giacobbe si svegliò dal suo sonno e disse: »Certamente l’Eterno è in questo luogo, e io non lo sapevo«. Ed ebbe paura e disse: »Come è tremendo questo luogo! Questa non è altro che la casa di DIO, e questa è la porta del cielo!«. Così Giacobbe si alzò al mattino presto prese la pietra che aveva posta sotto la sua testa, la eresse come stele e versò dell’olio sulla sua sommità. E chiamò quel luogo Bethel, mentre prima il nome della città era Luz. Poi Giacobbe fece un voto dicendo: »Se DIO sarà con me e mi proteggerà durante questo viaggio che faccio, se mi darà pane da mangiare e vesti da coprirmi, e ritornerò alla casa di mio padre in pace, allora l’Eterno sarà il mio DIO; e questa pietra che ho eretta come stele, sarà la casa di DIO; e di tutto quello che tu mi darai io ti darò la decima«. Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli Orientali. Guardò, e vide un pozzo in un campo, e là vicino tre greggi di pecore accovacciate, perché da quel pozzo abbeveravano le greggi; e la pietra sulla bocca del pozzo era grande. Là si radunavano solitamente tutte le greggi; allora i pastori rotolavano via la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano le pecore; poi rimettevano la pietra al suo posto, sulla bocca del pozzo. E Giacobbe disse loro: »Fratelli miei, di dove siete?«. Essi risposero: »Siamo di Haran«. Allora egli disse loro: »Conoscete voi Labano, figlio di Nahor?«. Essi risposero: »Lo conosciamo«. Egli disse loro: »Sta egli bene?«. Essi risposero: »Sta bene; ed ecco sua figlia Rachele che viene con le pecore«. Egli disse: »Ecco, è ancora pieno giorno e non è tempo di radunare il bestiame; abbeverate le pecore e poi andate a pascolarle«. Ma essi risposero: »Non possiamo, finché tutte le greggi siano raunate, e abbiano rotolata via la pietra dalla bocca del pozzo; allora faremo bere le pecore«. Egli stava ancora parlando con loro quando giunse Rachele con le pecore di suo padre, perché ella era una pastora. Quando Giacobbe vide Rachele figlia di Labano, fratello di sua madre, e le pecore di Labano fratello di sua madre, si avvicinò, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo, e abbeverò il gregge di Labano, fratello di sua madre. Allora Giacobbe baciò Rachele, alzò la sua voce e pianse. Quindi Giacobbe fece sapere a Rachele che egli era parente di suo padre e che era figlio di Rebecca. Ed ella corse a dirlo a suo padre. Appena Labano udì le notizie di Giacobbe figlio di sua sorella, gli corse incontro, l’abbracciò, lo baciò e lo condusse a casa sua. E Giacobbe raccontò a Labano tutte queste cose. Allora Labano gli disse: »Tu sei veramente mia carne e sangue!«. Ed egli rimase con lui per un mese. Poi Labano disse a Giacobbe: »Perché sei mio parente dovrai tu servirmi per nulla? Dimmi quale dev’essere il tuo salario«. Ora Labano aveva due figlie: la maggiore si chiamava Lea e la minore Rachele. Lea aveva gli occhi languidi, ma Rachele era avvenente e di bell’aspetto. Perciò Giacobbe amava Rachele e disse a Labano: »Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore«. Labano rispose: »meglio che la dia a te piuttosto che darla a un altro uomo; rimani con me«. Così Giacobbe servì sette anni per Rachele; e gli parvero pochi giorni, per l’amore che le portava. Poi Giacobbe disse a Labano: »Dammi mia moglie, poiché il mio tempo è compiuto e lascia che mi accosti a lei«. Allora Labano radunò tutti gli uomini del luogo e fece un convito. Ma, quando fu sera, egli prese sua figlia Lea e la condusse da Giacobbe, che entrò da lei. Labano diede inoltre la sua serva Zilpah per serva a Lea, sua figlia. L’indomani mattina, ecco che era Lea. Allora Giacobbe disse a Labano: »Cosa mi hai fatto? Non è forse per Rachele che ti ho servito? Perché dunque mi hai ingannato?«. Labano rispose: »Non si usa far così nel nostro paese, dare cioè la minore prima della maggiore. Finisci la settimana di questa e ti daremo anche l’altra, per il servizio che presterai da me per altri sette anni. Allora Giacobbe fece così, e finì la settimana di Lea; poi Labano gli diede in moglie la figlia Rachele. Inoltre Labano diede la sua serva Bilhah per serva a Rachele, sua figlia. E Giacobbe entrò pure da Rachele ed amò Rachele piú di Lea; e servì da Labano altri sette anni. L’Eterno, vedendo che Lea non era amata, aperse il suo grembo; ma Rachele era sterile. Così Lea concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: »L’Eterno ha visto la mia maledizione; perciò ora mio marito mi amerà. Poi concepì nuovamente e partorì un figlio e disse: »L’Eterno ha udito che io non ero amata, e perciò mi ha dato anche questo figlio«. E lo chiamò Simeone. Ella concepì nuovamente e partorì un figlio, e disse: »Questa volta mio marito sia affezionerà a me, perché gli ho partorito tre figli«. Per questo fu chiamato Levi. Ella concepì nuovamente e partorì un figlio, e disse: »Questa volta celebrerò l’Eterno«. Perciò lo chiamo Giuda. Poi cessò di avere figli. Quando Rachele vide che non dava figli a Giacobbe, diventò invidiosa di sua sorella e disse a Giacobbe: »Dammi dei figli altrimenti io muoio«. Giacobbe si accese d’ira contro Rachele e disse: »Sto io forse al posto di DIO, che ti ha negato di avere figli?«. Ella rispose: »Ecco la mia serva Bilhah; entra da lei, affinché ella partorisca sulle mie ginocchia; così per mezzo di lei potrò avere dei figli«. Così ella gli diede per moglie la propria serva Bilhah, e Giacobbe entrò da lei. E Bilhah concepì e partorì un figlio a Giacobbe. Allora Rachele disse: »DIO mi ha fatto giustizia; egli ha pure ascoltato la mia voce e mi ha dato un figlio«. Perciò gli pose nome Dan. Poi Bilhah, serva di Rachele, concepì nuovamente e partorì a Giacobbe un secondo figlio. Rachele allora disse: »Ho combattuto grandi lotte con mia sorella e ho vinto. Perciò lo chiamò Neftali. Or Lea, vedendo che aveva cessato di avere figli, prese la sua serva Zilpah e la diede in moglie a Giacobbe. Così Zilpah, serva di Lea, partorì un figlio a Giacobbe. E Lea disse: »Che fortuna!«. E lo chiamò Gad. Poi Zilpah, serva di Lea, partorì a Giacobbe un secondo figlio. E Lea disse: »Quanto sono felice! Poiché le donne mi chiameranno beata«. Perciò gli pose nome Ascer. Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò nei campi delle mandragore, e le portò a Lea sua madre. Allora Rachele disse a Lea: »Deh, dammi delle mandragore di tuo figlio!«. Ella le rispose: »Ti pare poca cosa l’aver preso mio marito, che ora vuoi prendere anche le mandragore di mio figlio?«. Rachele disse: »Ebbene, in compenso delle mandragore di tuo figlio, questa notte egli si coricherà con te«. Quando alla sera Giacobbe rientrò dai campi, Lea uscì a incontrarlo e gli disse: »Devi entrare da me, perché io ti ho accaparrato con le mandragore di mio figlio«. Così, quella notte, egli si coricò con lei. Così DIO esaudì Lea, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. Ed ella disse: »DIO mi ha dato la mia ricompensa, perché ho dato la mia serva a mio marito«. E lo chiamò Issacar. Poi Lea concepì nuovamente, e partorì a Giacobbe un sesto figlio. Allora Lea disse: »DIO mi ha dotata di una buona dote; questa volta mio marito abiterà con me, perché gli ho partorito sei figli«. E gli pose nome Zabulon. Poi partorì una figlia e la chiamò Dina. DIO si ricordò anche di Rachele; e DIO la esaudì e la rese fruttifera; così ella concepì e partorì un figlio, e disse: »DIO ha rimosso il mio disonore«. E lo chiamò Giuseppe. dicendo: »L’Eterno mi aggiunga un altro figlio«. Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Labano: »Permettimi di partire, perché me ne vada a casa mia, nel mio paese. Dammi le mie mogli e i miei figli, per cui ti ho servito e lasciami andare; poiché tu ben conosci il servizio che ti ho prestato«. Ma Labano gli disse: »Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, rimani, perché ho toccato con mano che l’Eterno mi ha benedetto per causa tua«. Poi disse: »Fissami il tuo salario e te lo darò«. Giacobbe gli rispose: »Tu sai in che modo ti ho servito, e cosa sia accaduto al tuo bestiame nelle mie mani. Poiché quel che avevi prima che io venissi era poco. ma ora si è grandemente accresciuto; e l’Eterno ti ha benedetto dovunque io sono stato. Ma ora quando lavorerò anche per la mia casa?«. Labano disse: »Che cosa ti devo dare«. Giacobbe rispose: »Non mi devi dare niente; se farai ciò che sto per dirti, rimarrò a pascolare le tue greggi e a prenderne cura. Passerò quest’oggi in mezzo a tutte le tue greggi e metterò da parte tutti gli animali chiazzati e punteggiati e tutti quelli neri fra gli agnelli, e i capi chiazzati e punteggiati fra le capre. E questi animali saranno il mio salario. Così d’ora in avanti sarà la mia onestà a rispondere davanti a te per me quando verrai a controllare il mio salario: ogni capo che non sarà chiazzato o punteggiato fra le capre e nero fra gli agnelli sarà considerato rubato, se si troverà presso di me«. Labano disse: »Bene, sia come tu dici!«. E quello stesso giorno mise da parte i capri striati e punteggiati e tutte le capre chiazzate e punteggiate, ogni capo in cui c’era del bianco e ogni capo nero fra le pecore e li affidò ai suoi figli. Labano frappose la distanza di tre giornate di cammino fra sé e Giacobbe; e Giacobbe pascolava il rimanente delle greggi di Labano. Or Giacobbe prese delle verghe verdi di pioppo, di mandorlo e di platano; vi fece delle scortecciature bianche, mettendo allo scoperto il bianco delle verghe. Poi collocò le verghe che aveva scortecciate, in vista delle pecore nei trogoli, cioè negli abbeveratoi, dove le greggi venivano a bere; e gli animali entravano in calore quando venivano a bere. Così gli animali entravano in calore davanti alle verghe e figliavano agnelli striati, chiazzati e punteggiati. Poi Giacobbe metteva da parte questi agnelli e faceva volgere gli occhi delle greggi verso gli animali striati e tutti quelli di colore nero nel gregge di Labano. Egli si formò così delle greggi a parte, che non mise con le greggi di Labano. Or avveniva che tutte le volte che gli animali vigorosi del gregge entravano in calore, Giacobbe metteva le verghe nei trogoli in vista delle pecore, perché le pecore entrassero in calore vicino alle verghe; ma quando gli animali del gregge erano deboli, non ve le metteva; così gli agnelli deboli erano di Labano e i vigorosi di Giacobbe. In questo modo egli diventò grandemente ricco ed ebbe un gran numero di greggi, serve, servi, cammelli e asini. Or Giacobbe udì le parole dei figli di Labano, che dicevano: »Giacobbe si è preso tutto ciò che era di nostro padre; e con quello che era di nostro padre si è fatto tutta questa ricchezza«. Giacobbe notò pure il volto di Labano; ed ecco, verso di lui non era piú quello di prima. Poi l’Eterno disse a Giacobbe: »Torna al paese dei tuoi padri e al tuo parentado, e io sarò con te. Allora Giacobbe mandò a chiamare Rachele e Lea, perché venissero nei campi, presso il suo gregge, e disse loro: Io vedo che il volto di vostro padre verso di me non è piú quello di prima; ma il DIO di mio padre è stato con me. E voi sapete che io ho servito il padre vostro con tutta la mia forza, mentre vostro padre mi ha ingannato e ha mutato il mio salario dieci volte; ma DIO non gli ha permesso di farmi del male. Se egli diceva: »I capi chiazzati saranno il tuo salario«, tutto il gregge figliava agnelli chiazzati; e se diceva: »I capi striati saranno il tuo salario«, tutto il gregge figliava agnelli striati. Così DIO ha tolto il bestiame a vostro padre e lo ha dato a me. Una volta, al tempo che le greggi entravano in calore, io alzai gli occhi e vidi in sogno che i capri che montavano le femmine erano striati, chiazzati e screziati. E l’angelo di DIO mi disse in sogno: »Giacobbe!«. Io risposi: »Eccomi!«. Egli allora disse: »Alza ora gli occhi e guarda; tutti i montoni che montano le femmine sono striati, chiazzati e screziati, perché ho veduto tutto quello che Labano ti fa. Io sono il DIO di Bethel, dove tu ungesti una stele e mi facesti un voto. Ora alzati, lascia questo paese e torna al tuo paese natio"«. Rachele e Lea risposero e gli dissero: »Abbiamo noi forse ancora una parte e un’eredità in casa di nostro padre? Non ci ha egli trattate come straniere, per il fatto che egli ci ha vendute e ha inoltre mangiato il nostro denaro? Tutte le ricchezze che DIO ha tolto a nostro padre sono nostre e dei nostri figli or dunque fa’ tutto ciò che DIO ti ha detto«. Allora Giacobbe si alzò e mise i suoi figli e le sue mogli sui cammelli, e condusse via tutto il suo bestiame, prendendo con sé tutte le sostanze che aveva acquistato, il bestiame che gli apparteneva e che aveva acquistato in Paddan-Aram, per andare da Isacco suo padre, nel paese di Canaan. Mentre Labano era andato a tosare le sue pecore, Rachele rubò gl’idoli di suo padre. E Giacobbe si allontanò furtivamente da Labano, l’Arameo, senza dirgli che intendeva fuggire. Così egli fuggì con tutto ciò che aveva; si levò, passò il fiume e si diresse verso il monte di Galaad. Al terzo giorno fu riferito a Labano che Giacobbe era fuggito. Allora egli prese con sé i suoi fratelli, lo insegui per sette giornate di cammino e lo raggiunse al monte di Galaad. Ma DIO venne da Labano, L’Arameo, in un sogno della notte, e gli disse: »Guardati dal parlare a Giacobbe, né in bene né in male«. Labano raggiunse dunque Giacobbe. Ora Giacobbe aveva piantato la sua tenda sul monte; e anche Labano e i suoi fratelli avevano piantato le loro sul monte di Galaad. Allora Labano disse a Giacobbe: »Che cosa hai fatto ingannandomi in questo modo e conducendo via le mie figlie come prigioniere di guerra? Perché sei fuggito di nascosto e ti sei allontanato da me furtivamente, senza neppure avvertirmi? Io ti avrei accomiatato con gioia e con canti, a suon di tamburello e di cetra. E non mi hai permesso di baciare i miei figli e le mie figlie! Tu hai agito stoltamente. Ora è in mio potere di farvi del male; ma il DIO di tuo padre mi parlò la notte scorsa, dicendo: »Guardati dal parlare a Giacobbe né in bene né in male«. Certamente te ne sei andato, perché desideravi ardentemente di ritornare alla casa di tuo padre; ma perché hai rubato i miei dei?«. Allora Giacobbe rispose a Labano: »Io avevo paura, perché pensavo che tu mi avresti potuto togliere con la Forza le tue figlie. Ma chiunque sia colui presso il quale troverai i tuoi dei, egli deve morire in presenza dei nostri fratelli; ricerca tu stesso ciò che ti appartiene presso di me e prenditelo!«. Giacobbe non sapeva che li aveva rubati Rachele. Labano dunque entrò nella tenda di Giacobbe, nella tenda di Lea e nella tenda delle due serve, ma non trovò nulla. Uscì poi dalla tenda di Lea ed entrò nella tenda di Rachele. Or Rachele aveva preso gl’idoli e li aveva messi nel basto del cammello, poi vi si era seduta sopra. Labano frugò tutta la tenda, ma non trovò nulla. Ed ella disse a suo padre: »Non si adiri il mio signore, se io non posso alzarmi davanti a te, perché ho i soliti ricorsi delle donne«. Così egli cercò ma non trovò gl’idoli. Allora Giacobbe si adirò e contese con Labano; e Giacobbe rispose e disse a Labano: »Qual è la mia colpa, qual è il mio peccato, perché tu mi abbia inseguito con tanta rabbia?« Tu hai frugato in tutte le mie cose. Che cosa hai trovato di tutto ciò che appartiene alla tua casa? Mettilo qui davanti ai miei fratelli e ai tuoi fratelli e siano essi a decidere fra noi due! Sono stato con te vent’anni; le tue pecore e le tue capre non hanno abortito e io non ho mangiato i montoni del tuo gregge. Io non ti ho mai portato gli animali lacerati dalle fiere; ne ho subita la perdita io stesso; tu reclamavi da me ciò che era stato rubato di giorno o rubato di notte. Questa era la mia sorte: di giorno mi consumava il caldo e il freddo intenso di notte, e il sonno fuggiva dai miei occhi. Sono stato vent’anni in casa tua; ti ho servito quattordici anni per le tue due figlie e sei anni per il tuo gregge, tu hai mutato il mio salario dieci volte. Se il DIO di mio padre, il DIO di Abrahamo e il Terrore di Isacco non fosse stato a mio favore tu mi avresti certamente rimandato via a mani vuote DIO ha veduto la mia afflizione e la fatica delle mie mani e la notte scorsa ha pronunziato la sua sentenza«. Allora Labano rispose e disse: »Queste figlie sono mie figlie, questi figli sono miei figli, queste greggi sono mie greggi, e tutto quel che vedi è mio. Ma che posso io fare oggi a queste mie figlie o ai loro figli che esse hanno partorito? Or dunque vieni, facciamo un patto fra me e te, e serva esso di testimonianza fra me e te«. Allora Giacobbe prese una pietra e la eresse come una stele. Poi Giacobbe disse ai suoi fratelli: »Raccogliete delle pietre«. Ed essi presero delle pietre e ne fecero un mucchio, e presso il mucchio mangiarono. Labano chiamò quel mucchio Jegar-Sahadutha, mentre Giacobbe lo chiamò Galed. E Labano disse: »Oggi questo mucchio è una testimonianza fra me e te«. Perciò fu chiamato Galed, e anche Mitspah, perché Labano disse: »L’Eterno tenga l’occhio su me e su te quando saremo nell’impossibilità di vederci l’un l’altro. Se tu maltratti le mie figlie o se prendi altre mogli oltre le mie figlie, anche se non c’è alcun uomo con noi, ricordati che DIO è testimone fra me e te«. Labano disse ancora a Giacobbe: »Ecco questo mucchio di pietre, ed ecco la stele che io ho eretto fra me e te. Sia questo mucchio un testimone e sia questa stele un testimone che io non oltrepasserò questo mucchio per venire a far del male a te, e che tu non oltrepasserai questo mucchio e questa stele per far del male a me. Il DIO di Abrahamo e il DIO di Nahor, il DIO del loro padre, sia giudice fra noi!«. E Giacobbe giurò per il Terrore di Isacco suo padre. Poi Giacobbe offrì un sacrificio sul monte e invitò i suoi fratelli a mangiare del pane. Ed essi mangiarono del pane e passarono la notte sul monte. Labano si alzò al mattino presto, baciò i suoi figli e le sue figlie e li benedisse. Poi Labano partì e tornò a casa sua. Mentre Giacobbe continuava il suo cammino, gli si fecero incontro degli angeli di DIO. Come Giacobbe li vide, disse: »Questo è l’accampamento di DIO«; e pose nome a quel luogo Mahanaim. Poi Giacobbe mandò davanti a sé alcuni messaggeri al fratello Esaú, nel paese di Seir, nella campagna di Edom. E diede loro quest’ordine dicendo: »Direte così ad Esaú, mio signore: »Così dice il tuo servo Giacobbe: »Io ho soggiornato presso Labano e vi sono rimasto finora; ho buoi, asini, greggi, servi e serve; e lo mando a dire al mio signore, per trovare grazia ai tuoi occhi"«. I messaggeri tornarono quindi da Giacobbe, dicendo: »Siamo andati da tuo fratello Esaú; ed ora sta venendo egli stesso ad incontrarti e ha con lui quattrocento uomini«. Allora Giacobbe fu preso da una grande paura ed angoscia e divise in due schiere la gente che era con lui, le greggi, gli armenti e i cammelli, e disse: Se Esaú viene contro una delle schiere e l’attacca, la schiera che rimane potrà mettersi in salvo«. Poi Giacobbe disse: O DIO di mio padre Abrahamo, DIO di mio padre Isacco, o Eterno, che mi dicesti: »Torna al tuo paese e al tuo parentado e ti farò del bene«, io non sono degno di tutte le benignità e di tutta la fedeltà che hai usato col tuo servo, poiché io passai questo Giordano solamente col mio bastone e ora son divenuto due schiere. Liberami, ti prego, dalle mani di mio fratello, dalle mani di Esaú, perché io ho paura di lui e temo che egli venga ad attaccarmi, non risparmiando né madri né bambini. E tu dicesti: »Certo, io ti farò del bene e farò diventare la tua discendenza come la sabbia del mare, che non si può contare tanto è numerosa««. Così Giacobbe passò in quel luogo la notte; e da ciò che gli veniva sottomano egli scelse un dono per suo fratello Esaú: duecento capre e venti becchi, duecento pecore e venti montoni, trenta cammelle allattanti con i loro piccoli, quaranta mucche e dieci tori, venti asine e dieci puledri. Poi li consegnò ai suoi servi, ogni gregge per conto suo, e disse ai suoi servi: »Passate davanti a me e lasciate un certo spazio fra un gregge e l’altro«. E ordinò al primo: »Quando mio fratello Esaú ti incontrerà e ti chiederà: »Di chi sei tu e dove vai? A chi appartengono questi animali davanti a te?«, tu risponderai: »Appartengono al tuo servo Giacobbe; è un dono inviato al mio signore Esaú; ed ecco, egli stesso viene dietro di noi««. Egli diede lo stesso ordine al secondo, al terzo e a tutti quelli che seguivano le greggi, dicendo: »In questo modo parlerete a Esaú quando lo incontrerete; e direte: »Ecco, il tuo servo Giacobbe sta venendo egli stesso dietro di noi««. Perché diceva: »Io lo placherò col dono che mi precede e dopo vedrò la sua faccia; forse mi farà buona accoglienza«. Così il dono andò davanti a lui, ma egli passò la notte nell’accampamento. Or quella notte si alzò, prese le sue due mogli, le sue due serve, i suoi undici figli, e attraversò il guado di Jabbok. Li prese e fece loro passare il torrente, e lo fece passare a tutto quello che possedeva. Così Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino allo spuntar dell’alba. Quando quest’uomo vide che non lo poteva vincere, gli toccò la cavità dell’anca; e la cavità dell’anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. E quegli disse: »Lasciami andare, perché sta spuntando l’alba«. Ma Giacobbe disse: »Non ti lascerò andare, se non mi avrai prima benedetto!«. L’altro gli disse: »Qual è il tuo nome?«. Egli rispose: »Giacobbe«. Allora quegli disse: »Il tuo nome non sarà piú Giacobbe, ma Israele, poiché tu hai lottato con DIO e con gli uomini, ed hai vinto«. Giacobbe gli disse: »Ti prego, dimmi il tuo nome«. Ma quello rispose: »Perché chiedi il mio nome?«. E qui lo benedisse. Allora Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: »Ho visto Dio faccia a faccia, e la mia vita è stata risparmiata«. Come egli ebbe passato Peniel, il sole si levava; e Giacobbe zoppicava all’anca. Per questo, fino al giorno d’oggi, i figli d’Israele non mangiano il tendine della coscia che passa per la cavità dell’anca, perché quell’uomo aveva toccato la cavità dell’anca di Giacobbe, al punto del tendine della coscia. Giacobbe alzò gli occhi, guardò e vide arrivare Esaú, che aveva con sé quattrocento uomini. Allora divise i figli fra Lea, Rachele e le due serve. In testa mise le serve e i loro figli, poi Lea e i suoi figli, e da ultimo Rachele e Giuseppe. Egli stesso passò davanti a loro e s’inchinò fino a terra sette volte, finché giunse vicino a suo fratello. Allora Esaú gli corse incontro, l’abbracciò, gli si gettò al collo e lo baciò; e piansero. Poi Esaú alzò gli occhi e vide le donne e i fanciulli, e disse: »Chi sono questi con te?«. Giacobbe rispose: »Sono i figli che DIO si è compiaciuto di dare al tuo servo«. Allora si avvicinarono le serve, esse e i loro figli, e s’inchinarono. Si avvicinarono anche Lea e i suoi figli, e s’inchinarono. Poi si avvicinarono Giuseppe e Rachele, e s’inchinarono. Esaú disse: »Che vuoi fare di tutta quella schiera che ho incontrato?«. Giacobbe rispose: »E’ per trovare grazia agli occhi del mio signore«. Allora Esaú disse: »Ne ho già abbastanza, fratello mio; tieni per te ciò che è tuo«. Ma Giacobbe disse: No, ti prego; se ho trovato grazia ai tuoi occhi, accetta il mio dono dalla mia mano, perché vedere la tua faccia, per me è stato come vedere la faccia di DIO, e tu mi hai fatto una buona accoglienza. Deh, accetta il mio dono che ti è stato recato, perché DIO mi ha usato grande bontà, e perché ho tutto«. E insisté tanto, che Esaú accettò. Poi Esaú disse: »Partiamo, incamminiamoci e io andrò davanti a te«. Ma Giacobbe rispose: »Il mio signore sa che i fanciulli sono di tenera età e che ho con me delle pecore e delle mucche che allattano; se le fanno strapazzare anche un solo giorno, tutte le bestie moriranno. Deh, passi il mio signore prima del suo servo, e io me ne verrò pian piano, al passo del bestiame che mi precede e al passo dei fanciulli, finché arrivi presso al mio signore, a Seir«. Esaú allora disse: »Permetti almeno che io lasci con te un po’ della gente che ho con me«. Ma Giacobbe rispose: »Perché fare ciò? Basta che io trovi grazia agli occhi del mio signore«. Così, in quel giorno stesso, Esaú ritornò sul suo cammino verso Seir. Giacobbe partì alla volta di Sukkoth, costruì una casa per sé e fece delle capanne per il suo bestiame; perciò quel luogo fu chiamato Sukkoth. Poi Giacobbe, tornando da Paddan-Aram, arrivò sano e salvo alla città di Sichem, nel paese di Canaan, e piantò le tende di fronte alla città. E comprò dai figli di Hamor, padre di Sichem, per cento pezzi di denaro, la parte del campo dove aveva piantato le sue tende. Poi là eresse un altare e lo chiamò El-Elohey-Israel. Or Dina, la figlia che Lea aveva partorito a Giacobbe, uscì per vedere le figlie del paese. Sichem, figlio di Hamor lo Hivveo, principe del paese, vedutala la rapì, si coricò con lei e la violentò. E la sua anima si legò a Dina, figlia di Giacobbe; egli amò la fanciulla e parlò al cuore della ragazza. Poi disse ad Hamor suo padre: »Dammi questa fanciulla per moglie«. Or Giacobbe udì che egli aveva disonorato sua figlia Dina; ma i suoi figli erano nei campi col suo bestiame, per cui Giacobbe tacque finché non furono tornati. Allora Hamor, padre di Sichem, si recò da Giacobbe per parlargli. Appena sentirono dell’accaduto, i figli di Giacobbe tornarono dai campi; essi erano addolorati e fortemente adirati, perché costui aveva commesso una cosa ignominiosa in Israele, coricandosi con la figlia di Giacobbe, cosa che non era da farsi. Ma Hamor parlò loro, dicendo: »L’anima di mio figlio Sichem si è legata a vostra figlia; deh, dategliela in moglie; e imparentatevi con noi: dateci le vostre figlie e prendetevi le nostre figlie. Così voi abiterete con noi e il paese sarà a vostra disposizione; dimoratevi, commerciate e acquistate in esso delle proprietà«. Poi Sichem disse al padre e ai fratelli di Dia: »Fate che io trovi grazia agli occhi vostri e vi darò qualunque cosa mi chiederete. imponetemi pure una grande dote e un dono, e io vi darò quanto chiederete, ma datemi la fanciulla in moglie«. Allora i figli di Giacobbe risposero a Sichem e a Hamor suo padre e parlarono loro con astuzia, perché Sichem aveva disonorato Dina loro sorella, e dissero loro: »Non possiamo fare questa cosa, cioè dare la nostra sorella a uno che non è circonciso, perché questo sarebbe per noi un disonore. Soltanto a questa condizione acconsentiremo alla vostra richiesta: se voi diventerete come noi, facendo circoncidere ogni maschio tra voi. Allora noi vi daremo le nostre figlie e ci prenderemo le vostre figlie, abiteremo con voi e diventeremo un sol popolo. Ma se non ci volete ascoltare e non vi volete far circoncidere, noi prenderemo la nostra figlia e ce ne andremo«. Le loro parole piacquero ad Hamor e a Sichem, figlio di Hamor. E il giovane non indugiò a fare la cosa, perché voleva bene alla figlia di Giacobbe ed era l’uomo piú onorato in tutta la casa di suo padre. Hamor e Sichem, suo figlio, vennero alla porta della loro città e parlarono agli uomini della loro città, dicendo: »Questi uomini intendono stare in pace con noi; rimangano pure nel paese e vi commercino, perché il paese è grande abbastanza per loro. Noi prenderemo le loro figlie per mogli e daremo le nostre figlie a loro. Ma questi uomini acconsentiranno ad abitare con noi per formare un sol popolo, unicamente a questa condizione: che ogni maschio fra noi sia circonciso, come sono circoncisi loro. Il loro bestiame, la loro ricchezza e i loro animali non saranno, forse nostri? Acconsentiamo alla loro richiesta ed essi abiteranno con noi«. E tutti quelli che uscivano dalla porta della città diedero ascolto ad Hamor e a suo figlio Sichem; e ogni maschio fu circonciso, tutti quelli che uscivano dalla porta della città. Or avvenne che il terzo giorno, mentre essi erano sofferenti, due dei figli di Giacobbe, Simeone e Levi, fratelli di Dina, presero ciascuno la propria spada, piombarono sulla città che se ne stava al sicuro, e uccisero tutti i maschi. Passarono a fil di spada anche Hamor e suo figlio Sichem; poi presero Dina dalla casa di Sichem e se ne andarono. I figli di Giacobbe piombarono sugli uccisi e saccheggiarono la città, perché la loro sorella era stata disonorata. Così essi presero i loro greggi, i loro armenti, i loro asini, tutto ciò che era in città e tutto ciò che era nei campi, e portarono via come bottino tutte le loro ricchezze, tutti i loro piccoli, le loro mogli e tutto ciò che si trovava nelle case. Allora Giacobbe disse a Simeone e a Levi: »Voi mi avete messo nei guai rendendomi odioso agli abitanti del paese, ai Cananei e ai Perezei. Siccome noi siamo in pochi, essi si raduneranno contro di me e mi daranno addosso, e io e la casa mia saremo sterminati«. Ma essi risposero: »Doveva egli trattare nostra sorella come una prostituta?«. DIO disse a Giacobbe: »Levati, sali a Bethel e dimora là; e fa’ in quel luogo un altare al Dio che ti apparve, quando fuggivi davanti a tuo fratello Esaú«. Allora Giacobbe disse alla sua famiglia e a tutti quelli che erano con lui: »Rimuovete dal vostro mezzo gli dèi stranieri, purificatevi e cambiate le vostre vesti; Poi leviamoci e andiamo a Bethel, e io farò là un altare al Dio che mi esaudì nel giorno della mia avversità e che è stato con me nel viaggio che ho fatto« Allora essi diedero a Giacobbe tutti gli dèi stranieri che avevano e gli orecchini che portavano agli orecchi; e Giacobbe li nascose sotto la quercia che si trova vicino a Sichem. Poi essi partirono e il terrore di DIO cadde su tutte le città intorno a loro, così che non inseguirono i figli di Giacobbe. Così Giacobbe giunse a Luz, cioè Bethel, che è nel paese di Canaan, egli con tutta la gente che era con lui. E là egli costruì un altare e chiamò quel luogo El-Bethel, perché là DIO gli era apparso, quando egli fuggiva davanti a suo fratello. Allora morì Debora, bàlia di Rebecca, e fu sepolta al di sotto di Bethel, ai piedi della quercia, che fu chiamata Allon-Bakuth. DIO apparve ancora a Giacobbe, quando questi veniva da Paddan-Aram, e lo benedisse. E DIO gli disse: »Il tuo nome è Giacobbe; tu non sarai piú chiamato Giacobbe, ma il tuo nome sarà Israele«. E gli mise nome Israele. Quindi DIO gli disse: »Io sono il Dio onnipotente; sii fruttifero e moltiplica; una nazione, anzi un insieme di nazioni discenderà da te, e dei re usciranno dai tuoi lombi; e darò a te, e alla tua discendenza dopo di te, il paese che diedi ad Abrahamo e a Isacco«. Poi DIO salì in alto da lui, dal luogo dove gli aveva parlato. Allora Giacobbe eresse una stele, una stele di pietra, nel luogo dove Dio gli aveva parlato; e su di essa fece una libazione e vi sparse sopra dell’olio. E Giacobbe chiamò, il luogo dove DIO gli aveva parlato, Bethel. Poi partirono da Bethel; mancava ancora un tratto di strada per arrivare ad Efrata, quando Rachele partorì. Ella ebbe un travaglio difficile; e durante il difficile travaglio per partorire la levatrice le disse: »Non temere, perché anche questa volta hai un figlio«. E mentre l’anima la lasciava (perché morì), gli pose nome Ben-Oni, ma il padre lo chiamò Beniamino. Così Rachele morì; e fu sepolta sulla via di Efrata, (cioè di Betlemme). E Giacobbe eresse sulla sua tomba una stele. la stele sulla tomba di Rachele che esiste ancora oggi. Poi Israele partì e piantò la tenda al di là di Migdal-Eder. E avvenne che, mentre Israele abitava in quel paese, Ruben andò e si coricò con Bilhah, concubina di suo padre. E Israele lo seppe. Or i figli di Giacobbe erano dodici. I figli di Lea: Ruben, primogenito di Giacobbe, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zabulon. I figli di Rachele: Giuseppe e Beniamino. I figli di Bilhah, serva di Rachele: Dan e Neftali. I figli di Zilpah, serva di Lea: Gad e Ascer. Questi sono i figli di Giacobbe che gli nacquero in Paddan-Aram. Poi Giacobbe venne da Isacco suo padre a Mamre, a Kirjath-Arba, (cioè Hebron), dove Abrahamo e Isacco avevano soggiornato. Or Isacco visse centottant’anni. Così Isacco spirò, morì e fu riunito al suo popolo, vecchio e sazio di giorni; ed Esaú e Giacobbe, suoi figli, lo seppellirono. Questa è la discendenza di Esaú, che è Edom. Esaú prese le sue mogli tra le figlie dei Cananei: Ada, figlia di Elon, lo Hitteo, e Oholibamah, figlia di Anah, figlia di Tsibeon, lo Hivveo; e Basemath, figlia di Ismaele, sorella di Nebajoth. Ada partorì ad Esaú, Elifaz; Basemath partorì Reuel; e Oholibamah partorì Jeush, Jalam e Korah. Questi sono i figli di Esaú che gli nacquero nel paese di Canaan. Poi Esaú prese le sue mogli, i suoi figli, le sue figlie, tutte le persone della sua casa, le sue greggi, tutto il suo bestiame e tutti i suoi beni che aveva acquistato nel paese di Canaan, e se ne andò in un paese, lontano da Giacobbe suo fratello, poiché i loro possedimenti erano troppo grandi perché essi potessero dimorare assieme; il paese nel quale soggiornavano non era in grado di sostenerli, a motivo del loro bestiame. Così Esaú si stabilì sulla montagna di Seir; Esaú a Edom. Questa è la discendenza di Esaú, padre degli Edomiti, sul monte Seir. Questi sono i nomi dei figli di Esaú: Elifaz, figlio di Ada, moglie di Esaú; Reuel, figlio di Basemath, moglie di Esaú. I figli di Elifaz furono: Teman, Omar, Tsefo, Gatam e Kenaz. Or Timna era la concubina di Elifaz, figlio di Esaú; ella partorì ad Elifaz, Amalek. Questi furono i figli di Ada, moglie di Esaú. Questi furono i figli di Reuel: Nahath e Zerah, Shammah e Mizzah. Questi furono i figli di Basemath, moglie di Esaú. Questi furono i figli di Oholibamah, figlia di Anah, figlia di Tsibeon, moglie di Esaú; ella partorì a Esaú: Jeush, Jalam e Korah. Questi furono i capi dei figli di Esaú: i figli di Elifaz, primogenito di Esaú: il capo Teman, il capo Omar, il capo Tsefo, il capo Kenaz, il capo Korah, il capo Gatam e il capo Amalek; questi furono i capi discesi da Elifaz, nel paese di Edom; essi furono i figli di Ada. Questi furono i figli di Reuel, figlio di Esaú: il capo Nahath, il capo Zerah, il capo Shammah e il capo Mizzah; questi furono i capi discesi da Reuel, nel paese di Edom; essi furono i figli di Basemath, moglie di Esaú. Questi furono i figli di Oholibamah, moglie di Esaú; il capo Jeush, il capo Jalam e il capo Korah; essi furono i capi discesi da Oholibamah, figlia di Anah, moglie di Esaú. Questi furono i figli di Esaú, che è Edom, e questi furono i loro capi. Questi furono i figli di Seir, lo Horeo, che abitavano il paese: Lotan, Shobal, Tsibeon, Anah, Dishon, Etser e Dishan. Questi, furono i capi degli Horei, figli di Seir, nel paese di Edom. I figli di Lotan furono: Hori e Hemam; e la sorella di Lotan fu Timna. Questi furono i figli di Shobal: Alvan, Manahath, Ebal, Scefo e Onam. Questi furono i figli di Tsibeon: Aja e Anah. Questo è l’Anah che trovò le acque calde nel deserto, mentre pascolava gli asini di Tsibeon suo padre. Questi furono i figli di Anah: Dishon e Oholibamah, figlia di Anah. Questi furono i figli di Dishon: Hemdan, Eshban, Ithran e keran. Questi furono i figli di Etser; Bilhan, Zaavan e Akan. Questi furono i figli di Dishan; Uts e Aran. Questi furono i capi degli Horei: il capo Lothan, il capo Shobal, il capo Tsibeon, il capo Anah, il capo Dishon, il capo Etser, il capo Dishan. Questi furono i capi degli Horei, i capi che essi ebbero nel paese di Seir. Questi furono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che alcun re regnasse sui figli d’Israele: Bela, figlio di Beor, regnò in Edom, e il nome della sua città fu Dinhabah. Bela morì, e al suo posto regnò Jobab, figlio di Zerah, da Botsrah. Jobab morì, e al suo posto regnò Husham, del paese dei Temaniti. Husham morì, e al suo posto regnò Hadad, figlio di Bedad, che sconfisse i Madianiti nei campi di Moab; e il nome della sua città fu Avith. Hadad morì, e al suo posto regnò Samlah, da Masrekah. Samlah morì, e al suo posto regnò Saul di Rehoboth sul Fiume. Saul morì, e al suo posto regnò Baal-Hanan, figlio di Akbor. Baal-Hanan, figlio di Akbor, morì e al suo posto regnò Hadar. Il nome della sua città fu Pau, e il nome di sua moglie, Mehetabel, figlia di Matred, figlia di Mezahab. Questi furono i nomi dei capi di Esaú, secondo le loro famiglie, secondo i loro territori, coi loro nomi: il capo Timnah, il capo Alvah, il capo Jetheth, Il capo Oholibamah, il capo Elah, il capo Pinon, il capo Kenaz, il capo Teman, il capo Mibtsar, il capo Magdiel e il capo Iram. Questi furono i capi di Edom secondo le loro dimore, nel paese che possedevano. Questi fu Esaú, il padre degli Edomiti. Or Giacobbe dimorò nel paese dove suo padre aveva soggiornato, nel paese di Canaan. Questa è la discendenza di Giacobbe. Giuseppe, all’età di diciassette anni, pascolava il gregge coi suoi fratelli; il giovinetto stava con i figli di Bilhah e con i figli di Zilpah mogli di suo padre. Or Giuseppe riferì al loro padre la mala fama che circolava sul loro conto. Or Israele amava Giuseppe piú di tutti i suoi figli, perché era il figlio della sua vecchiaia; e gli fece una veste lunga fino ai piedi. Ma i suoi fratelli, vedendo che il loro padre lo amava piú di tutti gli altri fratelli, presero ad odiarlo e non gli potevano parlare in modo amichevole. Or Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai suoi fratelli; e questi lo odiarono ancora di piú. Egli disse loro: »Udite, vi prego, il sogno che ho fatto. Noi stavamo legando dei covoni in mezzo al campo, quand’ecco il mio covone si drizzò e rimase dritto, mentre i vostri covoni si raccolsero e si inchinarono davanti al mio covone«. Allora i suoi fratelli gli dissero: »Dovrai tu regnare su di noi, o dovrai tu veramente dominarci?«. E lo odiarono ancor di piú, a motivo dei suoi sogni e delle sue parole. Egli fece ancora un altro sogno e lo raccontò ai suoi fratelli, dicendo: »Ho fatto un altro sogno! Ed ecco il sole, la luna e undici stelle si inchinavano davanti a me«. Egli lo raccontò a suo padre e ai suoi fratelli; e suo padre lo rimproverò e gli disse: »Cosa significa questo sogno che hai fatto? Dovremo proprio io, tua madre e i tuoi fratelli venire a inchinarci a terra davanti a te?«. E i suoi fratelli gli portavano invidia ma suo padre serbava la cosa dentro di sé, Or i fratelli di Giuseppe erano a pascolare il gregge del padre a Sichem. E Israele disse a Giuseppe: »I tuoi fratelli non stanno forse pascolando il gregge a Sichem? Vieni, che ti manderò da loro«. Egli rispose: »Eccomi«. Israele gli disse: »Va’ a vedere se i tuoi fratelli stanno bene e se il gregge va bene, e poi torna a riferirmelo«. Così lo mandò dalla valle di Hebron, ed egli arrivò a Sichem. Mentre egli vagava per la campagna, un uomo lo trovò e gli chiese: »Che cerchi?«. Egli rispose: »Sto cercando i miei fratelli; per favore, dimmi dove si trovano a pascolare«. Quell’uomo gli disse: »Son partiti di qui, perché li ho sentiti dire: »Andiamo a Dothan««. Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli, e li trovò a Dothan. Essi lo scorsero da lontano e, prima che fosse loro vicino, complottarono contro di lui per ucciderlo. E dissero l’un l’altro: »Ecco che arriva il sognatore! Ora dunque venite, uccidiamolo e gettiamolo in un pozzo; diremo poi che una bestia feroce lo ha divorato; così vedremo che ne sarà dei suoi sogni«. Ruben udì questo e decise di liberarlo dalle loro mani, e disse: »Non gli togliamo la vita«. Poi Ruben aggiunse: »Non spargete sangue, ma gettatelo in questo pozzo nel deserto e non colpitelo di vostra mano«. Diceva così, per liberarlo dalle loro mani e riportarlo a suo padre. Quando Giuseppe fu giunto presso i suoi fratelli, lo spogliarono della sua veste, della lunga veste fino ai piedi che indossava; poi lo presero e lo gettarono nel pozzo. Or il pozzo era vuoto, senz’acqua dentro. Poi si misero a sedere per prendere cibo; ma, alzando gli occhi, ecco videro una carovana di Ismaeliti, che veniva da Galaad coi loro cammelli carichi di spezie, di balsamo e di mirra, in viaggio per portarli in Egitto. Allora Giuda disse ai suoi fratelli: Che guadagno avremo a uccidere nostro fratello e a nascondere il suo sangue? Venite, vendiamolo agli Ismaeliti e non lo colpisca la nostra mano, perché è nostro fratello, nostra carne«. E i suoi fratelli gli diedero ascolto. Come quei mercanti Madianiti passavano, essi sollevarono e tirarono Giuseppe fuori dal pozzo e lo vendettero agli Ismaeliti per venti sicli d’argento. E questi condussero Giuseppe in Egitto. Or Ruben tornò al pozzo, ed ecco, Giuseppe non era piú nel pozzo. Allora egli si stracciò le vesti. Poi tornò dai suoi fratelli e disse: Il fanciullo non c’è piú; e io, dove andrò io?«. Così essi presero la lunga veste di Giuseppe, uccisero un capro e immersero la veste nel sangue. Poi portarono la lunga veste dal padre e dissero: »Abbiamo trovato questo; vedi un po’ se è la veste di tuo figlio«. Ed egli la riconobbe e disse: »la veste di mio figlio; lo ha divorato una bestia feroce; certamente Giuseppe è stato sbranato«. Giacobbe allora si stracciò le vesti, si mise un cilicio ai fianchi e fece cordoglio di suo figlio per molti giorni. E tutti i suoi figli e tutte le sue figlie vennero a consolarlo; ma egli rifiutò di essere consolato e disse: »Io scenderò nello Sceol da mio figlio facendo cordoglio«. Così suo padre lo pianse. Intanto i Madianiti vendettero Giuseppe in Egitto a Potifar, ufficiale del Faraone e capitano delle guardie. Or in quel tempo avvenne che Giuda lasciò i suoi fratelli per andare a stare con un uomo di Adullam, di nome Hirah. Qui Giuda vide la figlia di un uomo Cananeo, chiamato Shua; la prese in moglie e si unì a lei. Ed ella concepì e partorì un figlio, che egli chiamò Er. Poi ella concepì nuovamente e partorì un figlio, che egli chiamò Onan. Ella concepì ancora e partorì un figlio, che chiamò Scelah. Or Giuda era a Kezib, quando ella lo partorì. Poi Giuda prese per Er, suo primogenito, una moglie di nome Tamar. Ma Er, primogenito di Giuda, era malvagio agli occhi dell’Eterno, e l’Eterno lo fece morire. Allora Giuda disse a Onan: »Va’ dalla moglie di tuo fratello, sposala e suscita una discendenza a tuo fratello«. Ma Onan, sapendo che quella discendenza non sarebbe stata sua, quando si univa alla moglie di suo fratello, disperdeva il suo seme per terra, per non dare discendenza al fratello. Ciò che egli faceva dispiacque agli occhi dell’Eterno, che fece morire anche lui. Allora Giuda disse a Tamar sua nuora: »Rimani come vedova in casa di tuo padre, finché mio figlio Scelah sia cresciuto«. Perché pensava: »Temo che muoia anch’egli come i suoi fratelli«. Cosi Tamar se ne andò e dimorò in casa di suo padre. Dopo parecchio tempo, la moglie di Giuda, la figlia di Shua, morì; quando ebbe terminato il cordoglio, Giuda salì da quelli che tosavano le sue pecore a Timnah, egli col suo amico Hirah, l’Adullamita. Di questo fu informata Tamar, e le fu detto: »ecco, tuo suocero sale a Timnah a tosare le sue pecore«. Allora ella si tolse le vesti da vedova, si coperse con un velo e si avvolse tutta; poi si pose a sedere alla porta di Enaim, che è sulla strada verso Timnah; aveva infatti visto che Scelah era ormai cresciuto. ma lei non gli era stata data in moglie. Come Giuda la vide. pensò che ella fosse una prostituta, perché aveva il viso coperto. Quindi egli si accostò a lei sulla strada e le disse: »Lasciami entrare da te«. Non sapeva infatti che ella fosse sua nuora. Lei rispose: »Che mi darai per entrare da me?«. Allora egli disse: »Ti manderò un capretto del mio gregge«. Ella chiese: »Mi dai un pegno finché me lo manderai?«. Egli disse: »Che pegno ti devo dare?«. Quella rispose: »Il tuo sigillo, il tuo cordone e il bastone che hai in mano«. Egli glieli diede, entrò da lei, ed ella concepì da lui. Poi ella si levò e se ne andò; si tolse il velo e si rimise le sue vesti da vedova. Or Giuda mandò il capretto per mezzo del suo amico, l’Adullamita, per poter ritirare il pegno dalle mani di quella donna; ma egli non la trovò. Allora domandò agli uomini del luogo dicendo: »Dov’è quella prostituta che stava a Enaim, sulla strada?«. Essi risposero: »Non c’era alcuna prostituta qui«. Così egli ritornò da Giuda e gli disse: »Non l’ho trovata; inoltre gli uomini del luogo mi hanno detto: »Non c’era alcuna prostituta qui«. Allora Giuda disse: »Si tenga pure il pegno, che non abbiamo a incorrere nel disprezzo. Ecco, io ho mandato questo capretto e tu non l’hai trovata«. Ora circa tre mesi dopo vennero a dire a Giuda: »Tamar tua nuora si è prostituita; e, a motivo della sua prostituzione, ella è pure incinta«. Allora Giuda disse: »Conducetela fuori e sia arsa!«. Come la conducevano fuori, ella mandò a dire al suocero: »E’ l’uomo a cui appartengono queste cose che mi ha resa incinta«. E disse: »Vedi se puoi riconoscere di chi siano queste cose: il Sigillo, il cordone e il bastone«. Giuda li riconobbe e disse: »Ella é piú giusta di me, perché io non l’ho data a Scelah mio figlio«. Ed egli non ebbe piú rapporti con lei. Quando venne il tempo in cui doveva partorire, ecco che le aveva in grembo due gemelli. Mentre partoriva, uno di essi mise fuori una mano, e la levatrice la prese e vi legò un filo scarlatto, dicendo: »Questo è uscito per primo«. Ma egli ritirò la sua mano, ed uscì fuori suo fratello. Allora la levatrice disse: »Come ti sei aperto una breccia Per questo motivo Fu chiamato Perets. Poi uscì suo fratello, che aveva attorno alla mano il filo scarlatto; e fu chiamato Zerah. Or Giuseppe fu portato in Egitto; e Potifar, ufficiale del Faraone, capitano delle guardie, un Egiziano, lo compró dagli Ismaeliti che lo avevano portato laggiú. l’Eterno fu con Giuseppe; ed egli prosperava e stava nella casa del suo padrone, l’Egiziano. E il suo padrone vide che l’Eterno era con lui, e che l’Eterno faceva prosperare nelle sue mani tutto ciò che faceva. Così Giuseppe trovó grazia agli occhi di lui ed entró al servizio personale di Potifar, che lo fece soprintendente della sua casa e mise nelle sue mani tutto quanto possedeva. Dal momento che l’ebbe fatto soprintendente della sua casa e di tutto quanto possedeva, l’Eterno benedisse la casa dell’Egiziano a motivo di Giuseppe; e la benedizione dell’Eterno fu su tutto quanto egli aveva, in casa e in campagna. Così Potifar lasciò tutto quanto aveva nelle mani di Giuseppe e non si preoccupava piú di cosa alcuna, tranne del suo proprio cibo. Or Giuseppe era bello di forma e di bell’aspetto. Dopo queste cose. avvenne che la moglie del suo padrone mise gli occhi su Giuseppe e gli disse: »Coricati con me«. Ma egli rifiutò e disse alla moglie del suo padrone: »Ecco, il mio padrone non si preoccupa di quanto ha lasciato in casa con me e ha messo nelle mie mani tutto quanto ha. Non c’è alcuno piú grande di me in questa casa; egli non mi ha proibito nulla tranne te perché sei sua moglie. Come dunque potrei io fare questo grande male e peccare contro Dio?«. Nonostante il fatto che lei ne parlasse a Giuseppe ogni giorno. egli non acconsentì a coricarsi con lei né a darsi a lei. Un giorno avvenne che egli entrò in casa per fare il suo lavoro, e non vi era in casa nessuno dei domestici. Allora ella lo afferrò per la veste, e gli disse: »Coricati con me«. Ma egli le lasciò in mano la sua veste. fuggì e corse fuori. Quando ella vide che egli le aveva lasciato in mano la sua veste e che era fuggito fuori. Chiamò i suoi domestici, e disse loro: »Vedete, egli ci ha portato in casa un Ebreo per prendersi giuoco di noi; egli è venuto da me per coricarsi con me, ma io ho gridato a gran voce. Come egli mi ha udito alzare la voce, gridare, ha lasciato la sua veste vicino a me, è fuggito ed è corso fuori«. Così ella tenne accanto a sé la veste di lui, finché il suo padrone non fu tornato a casa. Allora ella gli parlò in questa maniera: »Quel servo Ebreo, che tu ci hai portato, è venuto da me per prendersi giuoco di me. Ma come io ho alzato la voce e ho gridato egli ha lasciato la sua veste vicino a me ed è fuggito fuori«. Così, quando il suo padrone udì le parole di sua moglie che gli parlava in questo modo dicendo: »Il tuo servo mi ha fatto questo!«, si accese d’ira. Allora il padrone di Giuseppe lo prese e lo mise in prigione nel luogo dove erano rinchiusi i carcerati del re. Egli rimase quindi in quella prigione. Ma l’Eterno fu con Giuseppe e usò verso di lui benevolenza, cattivandogli le grazie del direttore della prigione. Così il direttore della prigione affidò a Giuseppe tutti i detenuti che erano nel carcere; ed egli era responsabile di tutto quanto si faceva là dentro. Il direttore della prigione non controllava piú nulla di quanto era affidato a Giuseppe, perché l’Eterno era con lui, e l’Eterno faceva prosperare tutto quanto egli faceva. Dopo queste cose, avvenne che il coppiere e il panettiere del re di Egitto offesero il loro signore, il re d’Egitto. E il Faraone si adirò con i suoi due ufficiali, con il capocoppiere e il capopanettiere, E li fece mettere in carcere, nella casa del capo delle guardie, nella stessa prigione dove era rinchiuso Giuseppe. E il capitano delle guardie li affidò alla sorveglianza di Giuseppe il quale li assisteva. Così essi rimasero in prigione per un certo tempo. Nella stessa notte, il coppiere e il panettiere del re d’Egitto, che erano rinchiusi nella prigione, fecero entrambi un sogno, ciascuno il suo sogno, col suo particolare significato. Il mattino seguente, Giuseppe venne da loro, e vide che erano preoccupati. Allora egli interrogò gli ufficiali del Faraone che erano con lui in prigione nella casa del suo padrone e disse: »Perché avete oggi il viso così mesto?«. Essi gli risposero: »Abbiamo fatto un sogno e non vi è alcuno che lo possa interpretare«. Allora Giuseppe disse loro: »Le interpretazioni non appartengono a DIO? Raccontatemi i sogni, vi prego«. Così il capocoppiere raccontò il suo sogno a Giuseppe e gli disse: »Nel mio sogno, ecco mi stava davanti una vite; e in quella vite vi erano tre tralci; appena ebbe messo i germogli, fiorì e diede dei grappoli di uva matura. Ora io avevo in mano la coppa del Faraone; presi l’uva, la spremetti nella coppa del Faraone e misi la coppa in mano del Faraone«. Giuseppe gli disse: »Questa è l’interpretazione del sogno: i tre tralci sono tre giorni; in capo a tre giorni il Faraone ti farà rialzare il capo, ti ristabilirà nel tuo ufficio e tu darai in mano al Faraone la coppa, come facevi prima, quando eri suo coppiere. Ma ricordati di me quando sarai felice; ti prego, usa benevolenza nei miei confronti, parlando di me al Faraone, e fammi uscire da questa casa; perché io fui portato via di nascosto dal paese degli Ebrei, e anche qui non ho fatto nulla da essere messo in questa prigione sotterranea«. Il capopanettiere, vedendo che la interpretazione era favorevole, disse a Giuseppe: »Anch’io nel mio sogno, ecco, avevo tre canestri di pane bianco sul capo; e nel canestro piú alto vi era ogni sorta di vivande cotte al forno per il Faraone; e gli uccelli le mangiavano dal canestro che avevo sul capo«. Allora Giuseppe rispose e disse: »Questa è l’interpretazione del sogno: i tre canestri sono tre giorni; in capo a tre giorni il Faraone ti asporterà la testa dalle spalle, ti farà impiccare a un albero, e gli uccelli ti mangeranno le carni addosso«. Ora il terzo giorno, il giorno del compleanno del Faraone, avvenne che egli fece un banchetto per tutti i suoi servi; e fece alzare il capo al capocoppiere e alzare il capo al capopanettiere in mezzo ai suoi servi. Così ristabilì il capocoppiere nel suo ufficio di coppiere, perché mettesse la coppa in mano del Faraone, ma fece impiccare il capopanettiere secondo la interpretazione che Giuseppe aveva loro data. Il capocoppiere però non si ricordò di Giuseppe, ma lo dimenticò. Or avvenne, in capo a due interi anni, che il Faraone fece un sogno. Egli stava presso il fiume, ed ecco salire dal fiume sette vacche, di bell’aspetto e grasse, e mettersi a pascolare tra i giunchi. Dopo quelle, ecco salire dal fiume altre sette vacche brutte di aspetto e scarne, e fermarsi accanto alle prime sulla riva del fiume. Ora le vacche brutte di aspetto e scarne divorarono le sette vacche di bell’aspetto e grasse. Quindi il Faraone si svegliò. Poi si riaddormentò e sognò una seconda volta; ed ecco, sette spighe grosse e belle, venir su da un unico stelo. Poi ecco, sette spighe sottili e arse dal vento orientale, germogliare dopo di quelle. E le spighe sottili inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Allora il Faraone si svegliò, ed ecco, era un sogno. Al mattino il suo spirito era turbato, e mandò a chiamare tutti i maghi e tutti i savi d’Egitto; quindi il Faraone raccontò loro i suoi sogni, ma non ci fu alcuno che li potesse interpretare al Faraone. Allora il capocoppiere parlò al Faraone, dicendo: Ricordo oggi i miei falli. Il Faraone si era adirato con i suoi servi e mi aveva fatto mettere in prigione in casa del capo delle guardie: me e il capopanettiere. Entrambi facemmo un sogno nella stessa notte, io e lui; ciascuno fece un sogno con il suo proprio significato. Ora con noi vi era un giovane ebreo servo del capo delle guardie; a lui raccontammo i nostri sogni, ed egli ce li interpretò dando a ciascuno l’interpretazione del suo sogno. E le cose avvennero esattamente secondo l’interpretazione da lui dataci: il Faraone ristabilì me nel suo ufficio e fece impiccare l’altro«. Allora il Faraone mandò a chiamare Giuseppe che fu subito tratto fuori dalla prigione sotterranea. Così egli si rase si cambiò le vesti e venne dal Faraone. E il Faraone disse a Giuseppe: »Ho fatto un sogno e non vi è alcuno che lo possa interpretare; ma ho sentito dire di te che, quando hai udito un sogno tu lo puoi interpretare«. Giuseppe rispose al Faraone, dicendo: »Non sono io; ma sarà DIO a dare una risposta per il bene del Faraone«. Allora il Faraone disse a Giuseppe: »Ecco nel mio sogno io stavo sulla riva del fiume, quand’ecco salire dal fiume sette vacche grasse e di bell’aspetto e mettersi a pascolare tra i giunchi. Dopo quelle ecco salire altre sette vacche magre, bruttissime di aspetto e scarne, tali che non ne vidi mai di così brutte in tutto il paese d’Egitto. E le vacche magre e brutte divorarono le prime sette vacche grasse; ma anche dopo che le ebbero divorate, nessuno poteva riconoscere che le avevano divorate, perché esse erano di brutto aspetto come prima. Così mi svegliai. Poi vidi nel mio sogno sette spighe venir su da un unico stelo, piene e belle; ed ecco altre sette spighe avvizzite, sottili e arse dal vento orientale, germogliare dopo quelle. Quindi le spighe sottili inghiottirono le sette spighe belle. Io ho raccontato questo ai maghi, ma non vi è stato alcuno capace di darmi una spiegazione«. Allora Giuseppe disse al Faraone: »I sogni del Faraone sono uno stesso sogno. DIO ha mostrato al Faraone quello che sta per fare. Le sette vacche belle sono sette anni, e le sette spighe belle sono sette anni; è uno stesso sogno. Anche le sette vacche magre e brutte, che salivano dopo di quelle, sono sette anni; come pure le sette spighe vuote e arse dal vento orientale sono sette anni di carestia. Questo è quello che ho detto al Faraone: DIO ha mostrato al Faraone quello che sta per fare. Ecco, stanno per venire sette anni di grande abbondanza in tutto il paese di Egitto; ma dopo questi verranno sette anni di carestia, e tutta quell’abbondanza sarà dimenticata nel paese d’Egitto; e la carestia consumerà il paese. E nel paese non si ricorderà piú la precedete abbondanza, a motivo della carestia che seguirà, perché questa sarà molto dura. Il fatto poi che il sogno sia stato dato al Faraone due volte vuol dire che la cosa è decretata da DIO, e DIO la farà accadere presto. Or dunque cerchi il Faraone un uomo intelligente e savio e lo stabilisca sul paese d’Egitto. Il Faraone faccia così: costituisca sul paese dei soprintendenti per prelevare il quinto dei prodotti del paese d’Egitto, durante i sette anni di abbondanza. Radunino essi tutti i viveri di queste annate buone che stanno per venire e ammassino il grano sotto l’autorità del Faraone, e lo conservino per l’approvvigionamento delle città. Questi viveri saranno una riserva per il paese, in vista dei sette anni di carestia che verranno nel paese d’Egitto; così il paese non perirà per la carestia«. La cosa piacque al Faraone e a tutti i suoi funzionari. E il Faraone disse ai suoi funzionari: »Potremmo noi trovare un uomo come questi, in cui ci sia lo Spirito di DIO?«. Allora il Faraone disse a Giuseppe: »Poiché DIO ti ha fatto conoscere tutto questo, non vi è alcuno che sia intelligente e savio come te. Tu sarai sopra la mia casa e tutto il mio popolo obbedirà ai tuoi ordini; per il trono soltanto io sarò piú grande di te«. Il Faraone disse a Giuseppe: »Vedi io ti stabilisco su tutto il paese d’Egitto«. Poi il Faraone si tolse l’anello dalla propria mano e lo mise alla mano di Giuseppe; lo fece vestire di abiti di lino fino e gli mise al collo una collana d’oro. Lo fece quindi montare sul suo secondo carro e davanti a lui si gridava: »Inginocchio!«. Così il Faraone lo costituì su tutto il paese d’Egitto. Inoltre il Faraone disse a Giuseppe: »Il Faraone sono io ma, senza di te, nessuno alzerà la mano o il piede in tutto il paese d’Egitto«. E il Faraone chiamó Giuseppe col nome di Tsofnath-Paneah, e gli diede in moglie Asenath figlia di Potiferah, sacerdote di On. E Giuseppe partì per visitare il paese d’Egitto. Ora Giuseppe aveva trent’anni quando si presentò davanti a Faraone, re d’Egitto. Quindi Giuseppe lasciò la presenza del Faraone e percorse tutto il paese d’Egitto. Durante i sette anni di abbondanza, la terra produsse copiosamente; e Giuseppe radunò tutti i viveri di quei sette anni prodotti nel paese d’Egitto e ripose i viveri nelle città; in ogni città ripose i viveri del territorio circonvicino. Così Giuseppe ammassò grano come la sabbia del mare, in così gran quantità, che si smise di tenere i conti perché era incalcolabile. prima che venisse l’anno della carestia, nacquero a Giuseppe due figli che Asenath, figlia di Potiferah, sacerdote di On, gli partorì. Giuseppe chiamò il primogenito Manasse perché disse: »DIO mi ha fatto dimenticare ogni mio affanno e tutta la casa di mio padre«. Al secondo invece pose nome Efraim, perché disse: »DIO mi ha reso fruttifero nel paese della mia afflizione«. I sette anni di abbondanza che vi furono nel paese d’Egitto finirono, e cominciarono a venire i sette anni di carestia, come Giuseppe aveva detto. Ci fu carestia in tutti i paesi, ma in tutto il paese d’Egitto vi era del pane. Poi tutto il paese d’Egitto cominciò ad aver fame, e il popolo gridò al Faraone per aver del pane. Allora il Faraone disse a tutti gli Egiziani: »Andate da Giuseppe, e fate quello che vi dirà«. La carestia si era sparsa sulla superficie di tutto il paese, e Giuseppe aperse tutti i depositi e vendé grano agli Egiziani. Ma la carestia si aggravò nel paese d’Egitto. Così la gente di tutti i paesi veniva in Egitto da Giuseppe per comprare del grano, perché la carestia era grave in tutta la terra. Or Giacobbe, venendo a sapere che vi era del grano in Egitto, disse ai suoi figli: »Perché vi state a guardare l’un l’altro?«. Poi disse: »Ecco, ho sentito dire che vi è del grano in Egitto; andate laggiú a comprare del grano per noi, affinché possiamo vivere e non abbiamo a morire«. Così i dieci fratelli di Giuseppe scesero in Egitto per comprarvi del grano. Ma Giacobbe non mandò Beniamino, fratello di Giuseppe, con i suoi fratelli, perché diceva: »Che non gli succeda qualche disgrazia«. I figli di Israele giunsero dunque per comprare del grano, in mezzo agli altri arrivati, perché nel paese di Canaan vi era la carestia. Or Giuseppe era il governatore del paese; era lui che vendeva il grano a tutta la gente del paese; e i fratelli di Giuseppe vennero e si prostrarono davanti a lui con la faccia a terra. Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma si comportò come un forestiero con loro e usò parole dure con loro, e disse loro: »Da dove venite?«. Essi risposero: »Dal paese di Canaan per comperare viveri«. Così Giuseppe riconobbe i suoi fratelli, ma essi non riconobbero lui. Giuseppe allora si ricordò dei sogni che aveva fatto intorno a loro e disse: »Voi siete delle spie! Siete venuti per vedere i punti indifesi del paese!«. Essi gli risposero: »No, signor mio; i tuoi servi son venuti a comperare dei viveri. Siamo tutti figli di uno stesso uomo; siamo gente onesta; i tuoi servi non sono delle spie«. Ma egli disse loro: No, voi siete venuti per vedere i punti indifesi del paese!«. Allora essi dissero: Noi, tuoi servi, siamo dodici fratelli, figli di uno stesso uomo nel paese di Canaan. Ed ecco, il piú giovane è oggi con nostro padre, e uno non è piú«. Ma Giuseppe disse loro: »La cosa è come vi ho detto; siete delle spie! Ecco come sarete messi alla prova: Com’è vero che il Faraone vive, non uscirete di qui prima che il vostro fratello piú giovane sia venuto qui. Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; e voi resterete qui in carcere, perché le vostre parole siano messe alla prova, e si veda se c’è del vero in voi; altrimenti com’è vero che il Faraone vive, siete delle spie!«. Così li mise assieme in prigione per tre giorni. Il terzo giorno, Giuseppe disse loro: »Fate questo e vivrete; io temo DIO! Se siete gente onesta, uno di voi fratelli resti qui incatenato nella nostra prigione, e voi andate a portare il grano per la vostra famiglia che muore di Fame; Poi conducetemi Il vostro fratello piú giovane; così le vostre parole saranno verificate e voi non morrete«. Ed essi fecero così. Allora si dicevano l’un l’altro: Noi siamo veramente colpevoli nei confronti di nostro fratello, perché vedemmo l’angoscia dell’anima sua quando egli ci supplicava, ma non gli demmo ascolto! Ecco perché ci è venuta addosso questa sventura«. Ruben rispose loro, dicendo: Non ve lo dicevo io: »Non commettete questo peccato contro il fanciullo!«? Ma non mi deste ascolto. Perciò ecco, ora ci si chiede conto del suo sangue«. Essi non sapevano che Giuseppe li capiva, perché fra lui e loro vi era un interprete. Allora egli si allontanò da loro e pianse. Poi ritornò presso di loro e parlò loro; e prese fra loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi. Poi Giuseppe ordinò di riempire di grano i loro sacchi e di rimettere il denaro di ciascuno nel suo sacco, e di dare loro provviste per il viaggio. E così fu fatto. Essi caricarono quindi il loro grano sui loro asini e se ne andarono. Ora, nel luogo dove pernottavano uno di essi aperse il suo sacco per dare del foraggio al suo asino e vide il proprio denaro; ed ecco che stava alla bocca del suo sacco; così disse ai suoi fratelli: »Il mio denaro mi è stato restituito; eccolo qui nel mio sacco«. Allora il cuore venne loro meno e, tutti spaventati, dicevano l’un l’altro: »Che è mai questo che DIO ci ha fatto?«. Così giunsero da Giacobbe, loro padre nel paese di Canaan e gli raccontarono tutto quanto era loro accaduto, dicendo: »L’uomo, che è il signore del paese, ci ha parlato aspramente e ci ha trattato come spie del paese. E noi abbiamo detto: »Siamo gente onesta; non siamo delle spie; siamo dodici fratelli, figli di nostro padre; uno non è piú, e il piú giovane è oggi con nostro padre nel paese di Canaan". Ma quell’uomo, signore del paese, ci ha detto: »Da questo conoscerò se siete gente onesta: lasciate presso di me uno dei vostri fratelli, prendete dei viveri per la vostra famiglia che muore di fame e andate; Poi portatemi il vostro fratello piú giovane. Così conoscerò che non siete delle spie ma gente onesta; io vi renderò il vostro fratello, e voi potrete commerciare nel paese"«. Or come essi vuotavano i loro sacchi, ecco che l’involto del denaro di ciascuno era nel suo sacco; così essi e il loro padre videro gli involti del loro denaro e furono presi da paura. Allora Giacobbe loro padre disse: »Voi mi avete privato dei miei figli! Giuseppe non è piú, Simeone non è piú, e mi volete togliere anche Beniamino! Tutto questo ricade su di me!«. Ruben disse a suo padre: »Se non te lo riporto, fa’ morire i miei due Figli. Affidalo a me, io te lo ricondurrò«. Ma Giacobbe rispose: »Il mio figlio non scenderà con voi, perché il suo fratello è morto e questi solo è rimasto: se gli succedesse qualche disgrazia durante il viaggio fareste scendere nel dolore la mia canizie alla tomba«. Or la carestia era grave nel paese; e quando ebbero finito di mangiare il grano che avevano portato dall’Egitto, il padre disse loro: »Ritornate a comprarci un po’ di viveri«. Ma Giuda gli rispose dicendo: »Quell’uomo ci ha formalmente messi in guardia dicendo: »Non vedrete la mia faccia, se il vostro fratello non sarà con voi«. Se tu mandi il nostro fratello con noi, noi scenderemo e ti compreremo dei viveri; ma se non lo mandi non scenderemo, perché quell’uomo ci ha detto: »Non vedrete la mia faccia, a meno che il vostro fratello non sarà con voi««. Allora Israele disse: »Perché mi avete dato questo dolore di dire a quell’uomo che avevate ancora un fratello?«. Quelli risposero: »Quell’uomo ci interrogò con molta accuratezza intorno a noi e al nostro parentado, dicendo: »Vostro padre è ancora vivo? Avete qualche altro fratello?«. E noi gli rispondemmo in base a queste sue domande. Potevamo noi mai sapere che ci avrebbe detto: »Portate quaggiú il vostro fratello«?«. Poi Giuda disse a Israele suo padre: »Lascia venire il fanciullo con me e ci leveremo e andremo perché possiamo vivere e non morire, sia noi che tu e i nostri piccoli. Io mi rendo garante di lui; ne domanderai conto alla mia mano. Se non te lo riconduco e non te lo rimetto davanti, ne porterò la colpa davanti a te per sempre. Se non ci fossimo indugiati, a quest’ora saremmo già tornati per la seconda volta«. Allora Israele, loro padre, disse loro: »Se è così, fate questo: prendete nei vostri sacchi alcuni dei prodotti migliori del paese, e portate a quell’uomo un dono: un po’ di balsamo, un po’ di miele degli aromi e della mirra, dei pistacchi e delle mandorle. Prendete con voi doppio denaro e riportate il denaro che fu rimesso alla bocca dei vostri sacchi; forse è stato uno sbaglio. Prendete anche vostro fratello, e levatevi, tornate da quell’uomo; e il Dio onnipotente vi faccia trovare grazia davanti a quell’uomo, così che egli vi rilasci l’altro vostro fratello e Beniamino. Quanto a me, se devo essere privato dei miei figli, che lo sia!«. Essi dunque presero il dono, e presero con sé il doppio del denaro e Beniamino; quindi si levarono e scesero in Egitto, e si presentarono davanti a Giuseppe. Quando Giuseppe vide Beniamino con loro, disse al maggiordomo di casa sua: »Conduci questi uomini in casa, uccidi un animale e prepara un banchetto, perché questi uomini mangeranno con me a mezzogiorno«. Or l’uomo fece come Giuseppe gli aveva ordinato e li condusse in casa di Giuseppe. Ma essi ebbero paura, perché erano condotti in casa di Giuseppe, e dissero: »Siamo condotti qui a motivo di quel denaro che ci fu rimesso nei sacchi la prima volta, per trovare un’occasione contro di noi, piombarci addosso e prenderci come schiavi coi nostri asini«. E accostatisi al maggiordomo della casa di Giuseppe parlarono con lui sulla porta di casa e dissero: »Mio signore, noi scendemmo in realtà una prima volta a comperare viveri; e avvenne che, quando fummo giunti al luogo dove pernottammo, aprimmo i sacchi, ed ecco il denaro di ciascuno stava alla bocca del suo sacco; il nostro denaro col suo peso esatto; ora lo abbiamo riportato con noi. E abbiamo portato con noi dell’altro denaro per comperare viveri; noi non sappiamo chi possa aver messo il nostro denaro nei nostri sacchi«. Ma egli disse: Datevi pace, non temete; il DIO vostro e il DIO di vostro padre ha messo un tesoro nei vostri sacchi. Io ebbi il vostro denaro«. Poi condusse loro Simeone. Quell’uomo li fece entrare in casa di Giuseppe. diede loro dell’acqua affinché si lavassero i piedi e diede del foraggio ai loro asini. Allora essi prepararono il regalo, aspettando che Giuseppe venisse a mezzogiorno, perché avevano inteso che sarebbero rimasti a mangiare in quel luogo. Quando Giuseppe arrivò a casa. essi gli presentarono il dono che avevano portato con sé in casa, e si inchinarono fino a terra davanti a lui. Egli domandò loro come stessero e disse: Vostro padre, il vecchio di cui mi parlaste. sta bene? E’ ancora in vita?«. Essi risposero: »Il tuo servo. nostro padre, sta bene; è ancora in vita«. E si inchinarono per rendergli riverenza. Poi Giuseppe alzò gli occhi, vide suo fratello Beniamino, figlio di sua madre, e disse: »E’ questi il vostro fratello piú giovane di cui mi parlaste?«. E aggiunse: DIO ti sia propizio, figlio mio!«. Allora Giuseppe si affrettò ad uscire, perché si era profondamente commosso a motivo di suo fratello, e cercava un luogo dove piangere. Entrò così nella sua camera e lì pianse. Poi si lavò la faccia ed uscì; e, facendosi forza, disse: Servite il pranzo«. Fu dunque servito per lui a parte, per loro a parte e per gli Egiziani che mangiavano con lui a parte, perché gli Egiziani non possono mangiare con gli Ebrei; ciò sarebbe cosa abominevole per gli Egiziani. Così essi si misero a sedere davanti a lui: il primogenito secondo il suo diritto di primogenitura e il piú giovane secondo la sua età; e si guardavano l’un l’altro con meraviglia. E Giuseppe fece loro portare delle porzioni dalla sua stessa tavola; ma la porzione di Beniamino era cinque volte maggiore di quella di ogni altro di loro. E bevvero e stettero allegri con lui. Giuseppe diede quest’ordine al maggiordomo di casa sua dicendo: Riempi i sacchi di questi uomini di tanti viveri quanti ne possono portare e metti il denaro di ciascuno alla bocca del suo sacco. Inoltre metti la mia coppa, la coppa d’argento, alla bocca del sacco del piú giovane, assieme al denaro del suo grano«. Ed egli fece come Giuseppe aveva detto. La mattina, non appena fu giorno, quegli uomini furono fatti partire coi loro asini. Erano appena usciti dalla città e non erano ancora lontani, quando Giuseppe disse al maggiordomo di casa sua: Levati, insegui quegli uomini e, quando li avrai raggiunti, di’ loro: »Perché avete reso male per bene? Non è quella la coppa in cui il mio signore beve, e della quale si serve per indovinare? Avete fatto male a fare così"«. Egli li raggiunse e disse loro queste parole. Essi allora gli risposero: Perché il mio signore ci rivolge parole come queste? Lungi dai tuoi servi il fare una tale cosa! Ecco, noi ti abbiamo riportato dal paese di Canaan il denaro che avevamo trovato alla bocca dei nostri sacchi; come avremmo potuto rubare dell’argento o dell’oro dalla casa del tuo signore? Quello dei tuoi servi presso il quale si troverà la coppa, sia messo a morte; e noi pure diventeremo schiavi del tuo signore«. Egli disse: »Ebbene, sia fatto come dite: colui presso il quale la coppa si troverà sarà mio schiavo; e voi sarete innocenti«. Così ciascuno di loro si affrettò a mettere a terra il suo sacco, e ciascuno aprì il suo. Il maggiordomo li frugò, cominciando col maggiore, per finire col piú giovane; e la coppa fu trovata nel sacco di Beniamino. Allora essi si stracciarono le vesti ricaricarono ciascuno il suo asino e tornarono nella città. Giuda e i suoi fratelli arrivarono alla casa di Giuseppe, che si trovava ancora là, e si gettarono a terra davanti a lui. E Giuseppe disse loro: »Che azione è questa che avete fatto? Non lo sapete che un uomo come me è in grado di indovinare?«. Giuda rispose: »Che diremo al mio signore? Quali parole useremo, o come ci potremo giustificare? DIO ha ritrovato l’iniquità dei tuoi servi. Ecco, siamo schiavi del mio signore, tanto noi quanto colui in mano del quale è stata trovata la coppa«. Ma Giuseppe disse: »Lungi da me il fare questo! L’uomo, in mano del quale è stata trovata la coppa, sarà mio schiavo; quanto a voi, ritornate in pace da vostro padre«. Allora Giuda si accostò a Giuseppe e disse: »Di grazia, signor mio, permetti al tuo servo di far udire una parola al mio signore, e non si accenda l’ira tua contro il tuo servo, perché tu sei come il Faraone. Il mio signore interrogò i suoi servi, dicendo: »Avete voi padre o fratello?«. E noi rispondemmo al mio signore: »Abbiamo un padre che è vecchio con un giovane figlio, natogli nella vecchiaia; suo fratello è morto, così egli è rimasto l’unico figlio di sua madre; e suo padre l’ama«. Allora tu dicesti ai tuoi servi: »Portatemelo, perché lo possa vedere coi miei occhi«. E noi dicemmo al mio signore: »Il fanciullo non può lasciare suo padre, perché se lo dovesse lasciare, suo padre morrebbe«. Ma tu dicesti ai tuoi servi: »Se il vostro fratello piú giovane non scende con voi, voi non vedrete piú la mia faccia«. Così quando fummo risaliti dal tuo servo, mio padre, gli riferimmo le parole del mio signore. Allora nostro padre disse: »Tornate a comperarci un po’ di viveri«. Noi rispondemmo: »Non possiamo scendere laggiù; solo se il nostro fratello piú giovane verrà con noi, scenderemo; perché non possiamo vedere la faccia di quell’uomo, se il nostro fratello piú giovane non è con noi«. E il tuo servo, mio padre, ci rispose: »Voi sapete che mia moglie mi partorì due figli; uno di essi mi lasciò, e io dissi: Certo, egli è stato sbranato; e non l’ho più rivisto da allora; or se mi togliete anche questi e se gli avviene qualche disgrazia voi farete scendere nel dolore la mia canizie nella tomba". Or dunque quando giungerò dal tuo servo mio padre se il fanciullo non è con noi, poiché la sua vita è legata a quella del fanciullo, avverrà che appena avrà visto che il fanciullo non è con noi, egli morirà; e i tuoi servi avranno fatto scendere nel dolore la canizie del tuo servo, nostro padre, nella tomba. Ora, siccome il tuo servo si è reso garante del fanciullo presso mio padre e gli ha detto: »Se non te lo riconduco sarò per sempre colpevole verso mio padre« deh, permetti ora che il tuo servo rimanga schiavo del mio signore al posto del fanciullo, e che il fanciullo se ne torni con i suoi fratelli. Perché, come potrei ritornare da mio padre, se il fanciullo non è con me? Ah, che io non veda il dolore che coglierebbe mio padre!«. Allora Giuseppe non poté piú contenersi di fronte a tutti gli astanti e gridò: »Fate uscire tutti dalla mia presenza!«. Così nessuno rimase con Giuseppe quando egli si fece conoscere ai suoi fratelli. E pianse così forte che gli Egiziani stessi lo udirono, e lo venne a sapere anche la casa del Faraone. Quindi Giuseppe disse ai suoi fratelli: »Io sono Giuseppe; è mio padre ancora in vita?«. Ma i suoi fratelli non gli potevano rispondere perché erano sgomenti alla sua presenza. Allora Giuseppe disse ai suoi fratelli: Deh, avvicinatevi a me!«. Quelli si avvicinarono, ed egli disse: Io sono Giuseppe, vostro fratello, che voi vendeste perché fosse condotto in Egitto. Ma ora non vi contristate e non vi dispiaccia di avermi venduto perché io fossi condotto quaggiú, poiché DIO mi ha mandato davanti a voi per conservarvi la vita. Infatti è già due anni che vi è carestia nel paese; e ci saranno altri cinque anni, durante i quali non vi sarà né aratura né messe. Ma DIO mi ha mandato davanti a voi perché sia conservato per voi un residuo sulla terra, e per salvarvi la vita con una grande liberazione. Non siete dunque voi che mi avete mandato qui, ma è DIO; egli mi ha stabilito come padre del Faraone, come signore di tutta la sua casa e governatore di tutto il paese d’Egitto. Affrettatevi a ritornare da mio padre e ditegli: »Così dice tuo figlio Giuseppe: DIO mi ha stabilito come signore di tutto l’Egitto; scendi da me, non tardare; tu dimorerai nel paese d Goscen e sarai vicino a me: tu e i tuoi figli, i figli dei tuoi figli, le tue greggi, i tuoi armenti e tutto quello che possiedi. E là io ti sostenterò, perché ci saranno ancora cinque anni di carestia, affinché tu non sia ridotto in miseria: tu, la tua famiglia e tutto quello che possiedi". Ed ecco, i vostri occhi e gli occhi di mio fratello Beniamino vedono che é la mia bocca quella che vi parla. Raccontate dunque a mio padre tutta la mia gloria in Egitto e tutto quello che avete visto, e affrettatevi a condurre mio padre quaggiú«. Poi si gettò al collo di suo fratello Beniamino e pianse, e Beniamino pianse stretto al suo collo. Egli baciò pure tutti i suoi fratelli e pianse stretto a loro. Dopo questo, i suoi fratelli si misero a parlare con lui. Il rumore della cosa si sparse nella casa del Faraone, e si disse: »Sono arrivati i fratelli di Giuseppe«. Questo fece piacere al Faraone e ai suoi servi. Allora il Faraone disse a Giuseppe: »Di’ ai tuoi fratelli: »Fate questo: Caricate le vostre bestie e andate; tornate nel paese di Canaan. Poi prendete vostro padre e le vostre famiglie, e venite da me; io vi darò il meglio del paese d’Egitto e mangerete i prodotti migliori del paese". Tu hai l’ordine di dir loro: »Fate questo: Prendete con voi dal paese di Egitto dei carri per i vostri piccoli e per le vostre mogli; prendete vostro padre e venite. E non preoccupatevi per le vostre masserizie, perché il meglio di tutto il paese d’Egitto sarà vostro"«. I figli di Israele fecero così, e Giuseppe diede loro dei carri, secondo l’ordine del Faraone, e diede loro delle provviste per il viaggio. A tutti diede un abito di ricambio per ciascuno; ma a Beniamino diede trecento sicli d’argento e cinque mute di vestiti; e a suo padre mandò questo: dieci asini carichi delle migliori cose d’Egitto, dieci asine cariche di grano, di pane e di viveri per suo padre durante il viaggio. Così congedò i suoi fratelli e, mentre essi partivano, disse loro: »Non fate litigi per la strada«. Allora essi risalirono dall’Egitto e arrivarono nel paese di Canaan da Giacobbe, loro padre. E gli riferirono ogni cosa, dicendo: »Giuseppe è ancora in vita, ed è il governatore di tutto il paese d’Egitto«. Ma il suo cuore rimase freddo, perché egli non credeva loro. Quando però essi gli riferirono tutte le parole che Giuseppe aveva loro detto ed egli vide i carri che Giuseppe aveva mandato per condurlo via, allora lo spirito di Giacobbe loro padre si ravvivò, e Israele disse: »Basta; il mio figlio Giuseppe è ancora in vita; io andrò a vederlo prima di morire«. Israele dunque partì con tutto quello che aveva e, giunto a Beer-Sceba, offrì sacrifici al DIO di suo padre Isacco. E DIO parlò a Israele in visioni notturne e disse: »Giacobbe, Giacobbe!«. Egli rispose: »Eccomi«. Dio allora disse: »Io sono Dio, il DIO di tuo padre; non temere di scendere in Egitto, perché là ti farò diventare una grande nazione. Io scenderò con te in Egitto e ti farò anche sicuramente risalire; e Giuseppe ti chiuderà gli occhi«. Allora Giacobbe partì da Beer-Sceba, e i figli di Israele fecero salire Giacobbe loro padre, i loro piccoli e le loro mogli sui carri che il Faraone aveva mandato per trasportarlo. Così essi presero il loro bestiame e i beni che avevano acquistato nel paese di Canaan e vennero in Egitto, Giacobbe e tutti i suoi discendenti con lui. Egli condusse con sé in Egitto i suoi figli, i figli dei suoi figli, le sue figlie, le figlie dei suoi figli e tutti i suoi discendenti. Questi sono i nomi dei figli di Israele che vennero in Egitto: Giacobbe e i suoi figli. Il primogenito di Giacobbe: Ruben. I figli di Ruben: Hanok, Pallu, Hetsron e Karmi. I figli di Simeone: Jemuel, Jamin, Ohad, Jakin, Tsohar e Saul, figlio di una Cananea. I figli di Levi: Ghershom, Kehath e Merari. I figli di Giuda: Er, Onan, Scelah, Perets e Zerah; (ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan). I figli di Perets furono: Hetsron e Hamul. I figli di Issacar: Tola, Puvah, Job e Scimron. I figli di Zabulon: Sered, Elon e Jahleel. Codesti furono i figli che Lea partorì a Giacobbe a Paddan-Aram, oltre sua figlia Dina. I suoi figli e le sue figlie erano in tutto trentatré persone. I figli di Gad: Tsifion, Haggi, Shuni, Etsbon, Eri, Arodi e Areli. I figli di Ascer Jmna, Jshua, Jshni, Beriah e Serah loro sorella. E i figli di Beriah: Heber e Malkiel. Codesti furono i figli di Zilpah che Labano aveva dato a Lea sua figlia; ed essa li partorì a Giacobbe: in tutto sedici persone. I figli di Rachele moglie di Giacobbe: Giuseppe e Beniamino. E a Giuseppe, nel paese d’Egitto, nacquero Manasse ed Efraim, che gli partorì Asenath, figlia di Potiferah, sacerdote di On. I figli di Beniamino: Belah, Beker, Ashbel, Ghera, Naaman, Ehi, Rosh, Muppim, Huppim e Ard. Questi furono i figli di Rachele che nacquero a Giacobbe: in tutto quattordici persone. Il figlio di Dan: Huscim. I figli di Neftali: Jahtseel, Guni, Jetser e Scillem. Questi furono i figli di Bilhah che Labano aveva dato a Rachele sua figlia, ed essa li partorì a Giacobbe: in tutto sette persone. Le persone che vennero con Giacobbe in Egitto, discendenti da lui, senza contare le mogli dei figli di Giacobbe, erano in tutto sessantasei. I figli di Giuseppe, che gli nacquero in Egitto, erano due. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe che vennero in Egitto erano in totale settanta. Or Giacobbe mandò Giuda davanti a sé da Giuseppe, perché lo introducesse nel paese di Goscen. Così essi giunsero nel paese di Goscen. Allora Giuseppe fece attaccare il suo carro e salì a Goscen incontro a Israele, suo padre; appena lo vide, gli si gettò al collo e pianse lungamente stretto al suo collo. E Israele disse a Giuseppe: »Ora lascia pure che io muoia, poiché ho visto la tua faccia, e tu sei ancora in vita«. Allora Giuseppe disse ai suoi fratelli e alla famiglia di suo padre: »Io salirò a informare il Faraone e gli dirò: »I miei fratelli e la famiglia di mio padre, che erano nel paese di Canaan, sono venuti da me. Essi sono pastori, perché sono sempre stati allevatori di bestiame, e hanno portato con sé le loro greggi, i loro armenti e tutto quello che posseggono". Quando il Faraone vi farà chiamare e vi dirà: »Qual è la vostra occupazione?«, voi risponderete: "I tuoi servi sono stati allevatori di bestiame dalla loro fanciullezza fino ad ora, tanto noi che i nostri padri," perché possiate abitare nel paese di Goscen. Poiché gli Egiziani hanno in abominio tutti i pastori«. Giuseppe andò quindi a informare il Faraone e gli disse: »Mio padre e i miei fratelli con le loro greggi, con i loro armenti e con tutto quello che hanno, sono venuti dal paese di Canaan; ed ecco, sono nel paese di Goscen«. Quindi prese cinque uomini tra i suoi fratelli e li presentò al Faraone. Allora il Faraone disse ai fratelli di Giuseppe: »Qual è la vostra occupazione?«. Essi risposero al Faraone: »I tuoi servi sono pastori, tanto noi che i nostri padri«. Poi dissero al Faraone: »Siamo venuti per dimorare in questo paese, perché non vi era più pastura per le greggi dei tuoi servi, poiché vi è una grande carestia nel paese di Canaan. Deh, permetti ora che i tuoi servi dimorino nel paese di Goscen«. Allora il Faraone parlò a Giuseppe, dicendo: »Tuo padre e i tuoi fratelli sono venuti da te; il paese d’Egitto è a tua disposizione; fa’ abitare tuo padre e tuoi fratelli nella parte migliore del paese; dimorino pure nel paese d Goscen. E se tu sai che fra loro ci sono degli uomini capaci, falli soprintendenti del mio bestiame«. Poi Giuseppe condusse Giacobbe suo padre dal Faraone e glielo presentò. E Giacobbe benedisse il Faraone. Il Faraone allora disse a Giacobbe: »Quanti sono gli anni della tua vita?«. Giacobbe rispose al Faraone: »gli anni del mio pellegrinare sono centotrent’anni; gli anni della mia vita sono stati pochi e cattivi, e non hanno raggiunto il numero degli anni della vita dei miei padri, nei giorni del loro pellegrinare« Giacobbe benedisse ancora il Faraone e si ritirò dalla presenza del Faraone. Così Giuseppe stabilì suo padre e i suoi fratelli e diede loro una proprietà nel paese di Egitto, nella parte migliore del paese, nella contrada di Ramses come Il Faraone aveva ordinato. E Giuseppe sostentò suo padre, i suoi fratelli e tutta la famiglia di suo padre, rifornendoli di pane, secondo il numero de figli. Or in tutto il paese non c’era pane, perché la carestia era gravissima; il paese d’Egitto e il paese di Canaan languivano a motivo della carestia. Giuseppe ammassò tutto il denaro che si trovava nel paese d’Egitto e nel paese di Canaan in cambio del grano che essi compravano; e Giuseppe portò questo denaro nella casa del Faraone. Or quando nel paese d’ Egitto e nel paese di Canaan venne a mancare Il denaro, tutti gli Egiziani vennero da Giuseppe e dissero: »Dacci del pane! Perché dovremmo morire sotto i tuoi occhi? Poiché il nostro denaro è finito«. Giuseppe disse: »Date il vostro bestiame; e io vi darò del pane in cambio del vostro bestiame, se è finito il denaro«. Allora essi portarono a Giuseppe il loro bestiame; e Giuseppe diede loro del pane in cambio dei loro cavalli, delle loro greggi di pecore, delle loro mandrie di buoi e dei loro asini. Così fornì loro del pane per quell’anno, in cambio di tutto il loro bestiame. Passato quell’anno, tornarono da lui l’anno seguente e gli dissero: »Non possiamo nascondere al mio signore che, siccome il denaro è finito e le mandrie del nostro bestiame sono passate in proprietà del mio signore, nulla piú resta che il mio signore possa prendere tranne i nostri corpi e le nostre terre. Perché dovremmo perire sotto i tuoi occhi, noi e le nostre terre? Compra noi e le nostre terre in cambio di pane, e noi con le nostre terre saremo schiavi del Faraone; e dacci da seminare affinché possiamo vivere e non morire, e il suolo non diventi un deserto«. Così Giuseppe acquistò per il Faraone tutte le terre d’Egitto, perché gli Egiziani vendettero ciascuno il proprio campo, poiché la carestia li colpiva gravemente. Così il paese diventò proprietà del Faraone. Quanto al popolo, lo spostò nelle città, da un capo all’altro dell’Egitto; solo le terre dei sacerdoti non acquistò, perché i sacerdoti ricevevano una provvigione assegnata loro dal Faraone e vivevano della provvigione che il Faraone dava loro; per questo essi non vendettero le loro terre. Poi Giuseppe disse al popolo: »Ecco, oggi ho acquistato voi e le vostre terre per il Faraone; eccovi del seme; seminate la terra; al tempo del raccolto, ne darete il quinto al Faraone, e quattro parti saranno vostre per la semente dei campi, per il nutrimento vostro e di quelli di casa vostra, e per il nutrimento dei vostri bambini«. E quelli dissero: »Tu ci hai salvato la vita! Ci sia dato di trovar grazia agli occhi del mio signore, e saremo schiavi del Faraone«. Giuseppe fece di questo una legge nel paese d’Egitto, che dura fino al giorno d’oggi, secondo la quale si deve dare la quinta parte del raccolto al Faraone. Soltanto le terre dei sacerdoti non diventarono proprietà del Faraone. Così Israele abitò nel paese d’Egitto, nel paese di Goscen; là essi ebbero dei possedimenti, furono fruttiferi e si moltiplicarono grandemente. Or Giacobbe visse nel paese d’Egitto diciassette anni; e la durata della vita di Giacobbe fu di centoquarantasette anni. Quando il tempo della morte per Israele fu vicino, egli chiamò suo figlio Giuseppe e gli disse: »Deh, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, metti la tua mano sotto la mia coscia e usa con me benignità e fedeltà; di grazia, non seppellirmi in Egitto! Ma, quando mi riposerò coi miei padri, portami fuori d’Egitto e seppelliscimi nel loro sepolcro!«. Egli rispose: »Farò come tu dici«. Allora Giacobbe disse: »Giuramelo«. E Giuseppe glielo giurò. Quindi Israele, appoggiandosi al capo del letto, adorò. Dopo queste cose, avvenne che fu detto a Giuseppe: »Ecco, tuo padre è ammalato«. Così egli prese con sé i suoi due figli, Manasse ed Efraim. Quando fu riferito a Giacobbe: »Ecco, tuo figlio Giuseppe viene da te«, Israele raccolse le sue forze e si mise a sedere sul letto. Allora Giacobbe disse a Giuseppe: »Dio onnipotente mi apparve a Luz nel paese di Canaan, mi benedisse e mi disse: »Ecco, io ti renderò fruttifero, ti moltiplicherò, ti farò diventare una moltitudine di popoli e darò questo paese alla tua discendenza dopo di te, come una proprietà a perpetua«. Ora i tuoi due figli, che ti sono nati nel paese d’Egitto prima che io venissi da te in Egitto, sono miei. Efraim e Manasse sono miei, come Ruben, e Simeone. Ma i figli che hai generato dopo di loro saranno tuoi; nel territorio della loro eredità saranno chiamati col nome dei loro fratelli. Quanto a me, mentre tornavo da Paddan, Rachele morì vicino a me durante il viaggio, nel paese di Canaan, a breve distanza da Efrata; e l’ho sepolta là, sulla via di Efrata, che è Betlemme«. Quando Israele vide i figli di Giuseppe, disse: »Chi sono questi?«. Giuseppe rispose a suo padre: »Sono i miei figli, che DIO mi ha dato qui«. Allora egli disse: »Deh, falli avvicinare a me, e io li benedirò«. Ora gli occhi di Israele erano offuscati a motivo dell’età, e non ci vedeva piú. Giuseppe li fece avvicinare a lui, ed egli li baciò e li abbracciò. Quindi Israele disse a Giuseppe: »Io non pensavo piú di rivedere la tua faccia, ma ora DIO mi ha dato di vedere anche la tua discendenza«. Giuseppe li ritirò dalle ginocchia di suo padre e si prostrò con la faccia a terra. Poi Giuseppe li prese ambedue: Efraim alla sua destra, alla sinistra di Israele, e Manasse alla sua sinistra, alla destra di Israele, e li fece avvicinare a lui. Allora Israele stese la sua mano destra e la posò sul capo di Efraim che era il piú giovane, e posò la sua mano sinistra sul capo di Manasse incrociando le mani, benché Manasse fosse il primogenito. Così benedisse Giuseppe e disse: »Il DIO, davanti al quale camminarono i miei padri Abrahamo e Isacco, il DIO che mi ha pasturato da quando esisto fino a questo giorno, l’Angelo che mi ha liberato da ogni male, benedica questi fanciulli! Siano chiamati col mio nome e col nome dei miei padri Abrahamo e Isacco, e moltiplichino grandemente sulla terra!«. Or quando Giuseppe vide che suo padre posava la sua mano destra sul capo di Efraim, ciò gli dispiacque; prese quindi la mano di suo padre per levarla dal capo di Efraim e metterla sul capo di Manasse. Giuseppe disse quindi a suo padre: »Non così, padre mio, perché il primogenito è questo; metti la tua mano destra sul suo capo«. Ma suo padre si rifiutò; e disse: »Lo so, figlio mio, lo so; anche lui diventerà un popolo, e anche lui sarà grande; tuttavia il suo fratello piú giovane sarà piú grande di lui, e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni«. E in quel giorno li benedisse, dicendo: »Per te Israele benedirà, dicendo: »DIO ti faccia come Efraim e come Manasse!««. Così egli pose Efraim prima di Manasse. Poi Israele disse a Giuseppe: »Ecco, io sto per morire, ma DIO sarà con voi e vi ricondurrà nel paese dei vostri padri. Inoltre io do a te una porzione in piú che ai tuoi fratelli: quella che conquistai dalle mani degli Amorei, con la mia spada e col mio arco«. Poi Giacobbe chiamò i suoi figli e disse: »Radunatevi perché io vi annunci ciò che vi accadrà nei giorni a venire. Radunatevi e ascoltate, o figli di Giacobbe! Date ascolto a Israele, vostro padre! Ruben, tu sei il mio primogenito, la mia forza, la primizia del mio vigore, eminente in dignità ed eminente in forza. Impetuoso come l’acqua, tu non avrai la preminenza, perché sei salito sul letto di tuo padre e l’hai profanato. Egli è salito sul mio letto. Simeone e Levi sono fratelli: le loro spade sono strumenti di violenza. Non entri l’anima mia nel loro consiglio, non si unisca la mia gloria alla loro adunanza! Poiché nella loro ira hanno ucciso degli uomini, e nella loro caparbietà hanno tagliato i garretti ai tori. Maledetta la loro ira, perché è stata violenta, e il loro furore perché è stato crudele! Io li dividerò in Giacobbe e li disperderò in Israele. Giuda, i tuoi fratelli ti loderanno; la tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici; i figli di tuo padre si inchineranno davanti a te. Giuda è un giovane leone; tu risali dalla preda, figlio mio; egli si china, si accovaccia come un leone, come una leonessa; chi osa destarlo Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né il bastone del comando di fra i suoi piedi, finché venga Sciloh’; e a lui ubbidiranno i popoli. Egli lega il suo asinello alla vite e il puledro della sua asina alla vite migliore; lava la sua veste nel vino e il suo manto nel sangue dell’uva. Egli ha gli occhi lucenti per il vino e i denti bianchi per il latte. Zabulon abiterà sulla costa dei mari e sarà un rifugio per le navi; il suo confine si estenderà verso Sidone. Issacar è un asino robusto, sdraiato fra gli ovili. Egli ha visto che il riposo è buono e che il paese è gradevole; ha curvato la spalla per portare il peso ed è divenuto un servo del lavoro forzato. Dan giudicherà il suo popolo, come una delle tribú d’Israele. Dan sarà un serpente sulla strada, un aspide sul sentiero, che morde i talloni del cavallo, si che il cavaliere cade all’indietro. Io aspetto la tua salvezza, o Eterno! Gad, una banda di razziatori lo assalirà, ma egli a sua volta li assalirà alle calcagna. Da Ascer verrà il pane saporito ed egli fornirà delizie reali. Neftali è una cerva messa in libertà; egli dice delle belle parole. Giuseppe è un ramo d’albero fruttifero; un ramo d’albero fruttifero vicino a una sorgente; i suoi rami corrono sopra il muro. Gli arcieri l’hanno provocato, gli hanno lanciato dardi, l’hanno perseguitato; ma l’arco suo è rimasto saldo; le sue braccia e le sue mani sono state rinforzate dalle mani del Potente di Giacobbe. (da colui che è il pastore e la roccia d’Israele). dal Dio di tuo padre che ti aiuterà, e dall’Altissimo che ti benedirà con benedizioni del cielo di sopra, con benedizioni dell’abisso che giace di sotto, con benedizioni delle mammelle del grembo materno. Le benedizioni di tuo padre sorpassano le benedizioni dei miei antenati, fino alle cime dei colli eterni. Esse saranno sul capo di Giuseppe e sulla corona di colui che fu separato dai suoi fratelli. Beniamino è un lupo rapace; al mattino divora la preda, e la sera spartisce le spoglie«. Tutti questi sono le dodici tribú d’Israele; e questo è ciò che il loro padre disse loro, quando li benedisse. Li benedisse, dando a ciascuno la sua benedizione particolare. Poi Giacobbe ordinò loro e disse: »Io sto per essere riunito al mio popolo; seppellitemi coi miei padri nella spelonca che è nel campo di Efron l’Hitteo. nella caverna che è nel campo di Makpelah di fronte a Mamre, nel paese di Canaan. quella che Abrahamo comperò col campo da Efron l’Hitteo, come sepolcro di sua proprietà. Là furono sepolti Abrahamo e Sara sua moglie; là furono sepolti Isacco e Rebecca sua moglie, e là io seppellii Lea. Il campo e la caverna che vi si trova furono comperati dai figli di Heth«. Quando Giacobbe ebbe finito di dare questi ordini ai suoi figli, ritirò i suo piedi nel letto e spirò, e fu riunito al suo popolo. Allora Giuseppe si gettò sulla faccia di suo padre e pianse su di lui, e lo baciò. Poi Giuseppe ordinò ai medici che erano al suo servizio di imbalsamare suo padre; e i medici imbalsamarono Israele. Ci vollero quaranta giorni perché tale è il tempo necessario per l’imbalsamazione; e gli Egiziani lo piansero settanta giorni. Quando i giorni del lutto fatto per lui furono passati, Giuseppe parlò alla casa del Faraone, dicendo: »Deh, se ho trovato grazia ai vostri occhi, riferite al Faraone queste parole: Mio padre mi ha fatto giurare e mi ha detto: »Ecco, io sto per morire; seppelliscimi nel sepolcro che ho scavato per me nel paese di Canaan«. Ora dunque permetti che io salga a seppellire mio padre; poi tornerò«. Il Faraone rispose: »Sali e seppellisci tuo padre come egli ti ha fatto giurare«. Allora Giuseppe salì a seppellire suo padre; e con lui salirono tutti i servi del Faraone, gli anziani della sua casa e tutti gli anziani del paese d’Egitto, e tutta la casa di Giuseppe, i suoi fratelli e la casa di suo padre. Nel paese di Goscen lasciarono soltanto i loro bambini, le loro greggi e i loro armenti. Con lui salirono pure carri e cavalieri, così da formare un enorme corteo di gente. Come furono giunti all’aia di Atad, che è oltre il Giordano, vi fecero grandi e solenni lamenti; e Giuseppe osservò per suo padre un lutto di sette giorni. Or quando gli abitanti del paese, i Cananei, videro il lutto dell’aia di Atad, dissero: »Questo è un grave lutto per gli Egiziani!«. Perciò quel luogo fu chiamato Abel-Mitsraim che è oltre il Giordano. suoi figli fecero per lui quello che egli aveva ordinato loro. I suoi figli lo trasportarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella spelonca del campo di Makpelah, di fronte a Mamre, che Abrahamo aveva comperato col campo da Efron l’Hitteo, come sepolcro di sua proprietà. Dopo aver sepolto suo padre, Giuseppe tornò in Egitto con i suoi fratelli e con tutti quelli che erano saliti con lui a seppellire suo padre. I fratelli di Giuseppe, quando videro che il loro padre era morto, dissero: »Chissà se Giuseppe non nutra rancore verso di noi, e non ci renda tutto il male che gli abbiamo fatto?«. Allora mandarono a dire a Giuseppe: »Tuo padre prima di morire diede quest’ordine dicendo: "Così direte a Giuseppe: Deh, perdona ora ai tuoi fratelli il loro misfatto e il loro peccato, perché ti hanno fatto del male". Deh, perdona dunque ora il misfatto de servi del DIO di tuo padre!«. Giuseppe, quando gli parlarono così, pianse. Poi vennero anche i suoi fratelli e si gettarono davanti a lui, e dissero: »Ecco, siamo tuoi servi«. Giuseppe disse loro: »Non temete; sono io forse al posto di DIO? Voi avete macchinato del male contro di me; ma DIO ha voluto farlo servire al bene, per compiere quello che oggi avviene: conservare in vita un popolo numeroso. Ora dunque non temete; io provvederò il nutrimento per voi e per i vostri figli«. Così li confortò e parlò al cuore loro con dolcezza. Così Giuseppe dimorò in Egitto, egli e la casa di suo padre, e visse centodieci anni. Giuseppe vide figli di Efraim, fino alla terza generazione; anche i figli di Makir, figlio di Manasse, nacquero sulle sue ginocchia. Poi Giuseppe disse ai suoi fratelli: »Io sto per morire; ma DIO per certo vi visiterà e vi farà salire da questo paese nel paese che promise con giuramento ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe«. Giuseppe fece quindi giurare i figli d’Israele, dicendo: »DIO per certo vi visiterà; allora voi porterete via da qui le mie ossa«. Poi Giuseppe morì, in età di centodieci anni; lo imbalsamarono e lo posero in una bara in Egitto.
Or questi sono i nomi dei figli d’Israele che vennero in Egitto con Giacobbe. Ciascuno di loro venne con la sua famiglia: Ruben, Simeone, Levi e Giuda, Issacar, Zabulon e Beniamino, Dan e Neftali, Gad e Ascer. Tutte le persone che erano uscite dai lombi di Giacobbe ammontavano a settanta (Giuseppe era già in Egitto). Quindi Giuseppe morì, e così morirono tutti i suoi fratelli e tutta quella generazione. E i figli d’Israele furono fruttiferi, moltiplicarono copiosamente e divennero numerosi e si fecero straordinariamente forti; e il paese ne fu ripieno. Or sorse sopra l’Egitto un nuovo re, che non aveva conosciuto Giuseppe. Egli disse al suo popolo: Ecco, il popolo dei figli d’Israele è piú numeroso e piú forte di noi. Orsù, usiamo astuzia nei loro confronti, perché non si moltiplichino e, in caso di guerra non abbiano a unirsi ai nostri nemici e combattere contro di noi, e poi andarsene dal paese«. Stabilirono dunque su di loro dei sovrintendenti ai lavori, che li opprimessero con le loro angherie. Così essi costruirono al Faraone le città-deposito, Pithom e Raamses. Ma piú li opprimevano, piú essi moltiplicavano e si estendevano; per questo gli Egiziani giunsero a temere grandemente i figli d’Israele, e gli Egiziani costrinsero i figli d’Israele a servire con asprezza, e amareggiarono la loro vita con una dura schiavitú, nei lavori d’argilla e di mattoni e in ogni sorta di lavori nei campi. Li obbligavano a fare tutti questi lavori con asprezza. Il re d’Egitto parlò anche alle levatrici ebree, delle quali una si chiamava Scifrah e l’altra si chiamava Puah, e disse: »Quando assisterete le donne ebree partorienti, e le vedrete sul sedile del parto, se è un maschio, uccidetelo; ma se è una femmina, lasciatela vivere«. Ma le levatrici ebbero timore di DIO e non fecero come il re d’Egitto aveva loro comandato, e lasciarono in vita i bambini maschi. Allora il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: »Perché avete fatto questo e avete lasciato in vita i bambini maschi?«. Le levatrici risposero al Faraone: »Perché le donne ebree non sono come le egiziane, ma sono vigorose e, prima che la levatrice arrivi da loro, hanno già partorito«. Or DIO fece del bene a quelle levatrici; e il popolo moltiplicò e divenne straordinariamente forte. Così, perché quelle levatrici temevano DIO, egli diede loro famiglie in proprio. Allora il Faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo dicendo: »Ogni maschio che nasce, gettatelo nel fiume; ma lasciate in vita tutte le femmine«. Or un uomo della casa di Levi andò e prese in moglie una figlia di Levi. La donna concepì e partorì un figlio; e, vedendo che era bello, lo tenne nascosto per tre mesi. Ma, quando non poté piú tenerlo nascosto, prese un canestro di giunchi, lo spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro il bambino e lo pose nel canneto sulla riva del fiume. La sorella del bambino se ne stava a una certa distanza, per sapere quel che gli sarebbe successo. Or la figlia del Faraone scese per fare il bagno al fiume, mentre le sue ancelle passeggiavano lungo il fiume. Ella vide il canestro nel canneto e mandò la sua serva a prenderlo. Lo aprì e vide il bambino; ed ecco il piccolo piangeva; ella ne ebbe compassione e disse: »Questo è un bambino ebreo«. Allora la sorella del bambino disse alla figlia del Faraone: »Devo andare a chiamarti una balia tra le donne ebree che allatti questo bambino per te?«. La figlia del Faraone le rispose: »Va’«. E la fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. E la figlia del Faraone le disse: »Porta via questo bambino, allattalo per me e ti darò il tuo salario«. Così la donna prese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto ella lo portò alla figlia del Faraone; egli divenne suo figlio ed ella lo chiamò Mosè, dicendo: »Perché io l’ho tratto dall’acqua«. In quei giorni, quando Mosè si era fatto grande, avvenne che egli uscì a trovare i suoi fratelli e notò i loro duri lavori; e vide un Egiziano che percuoteva un uomo ebreo, uno dei suoi fratelli. Egli guardó di qua e di là e, visto che non c’era nessuno, uccise l’Egiziano e lo nascose poi nella sabbia. Il giorno seguente uscì e vide due uomini ebrei che litigavano; egli disse a quello che aveva torto: »Perché percuoti il tuo compagno?«. Ma quegli rispose: »Chi ti ha costituito principe e giudice su di noi? Vuoi uccidermi come hai ucciso l’Egiziano?«. Allora Mosè ebbe paura, e disse: »Certamente la cosa è risaputa«. Quando il Faraone sentì parlare dell’accaduto, cercò di uccidere Mosè; ma Mosè fuggì dalla presenza del Faraone e si stabilì nel paese di Madian; e si pose a sedere presso un pozzo. Or il sacerdote di Madian aveva sette figlie; ed esse vennero ad attingere acqua e a riempire gli abbeveratoi per abbeverare il gregge del padre. Ma sopraggiunsero dei pastori e le scacciarono. Allora Mosè si levò e venne in loro aiuto e abbeverò il loro gregge. Quando giunsero da Reuel loro padre, questi disse: »Come mai siete tornate così presto oggi?«. Esse risposero: »Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori; inoltre ha attinto l’acqua per noi ed ha abbeverato il gregge«. Egli allora disse alle sue figlie: »dov’ è? Perché avete lasciato quest’ uomo? Chiamatelo, perché venga a mangiare«. Mosè accosentì a stare da quell’uomo; ed egli diede a Mosè Sefora, sua figlia. Poi ella partorì un figlio che egli chiamò Ghershom, perché disse: »Io sono ospite in terra straniera«. Or avvenne che dopo molto tempo il re d’Egitto morì, e i figli d’Israele gemevano a motivo della schiavitú; essi gridarono, e il loro grido a motivo della schiavitú salì fino a DIO. Così DIO udì il loro gemito, e DIO si ricordò del suo patto con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe. E DIO guardò sui figli d’Israele, e DIO si prese cura di loro. Or Mosè pascolava il gregge di Jethro suo suocero, sacerdote di Madian; egli portò il gregge oltre il deserto e giunse alla montagna di DIO, all’Horeb. E l’Angelo dell’Eterno gli apparve in una Fiamma di fuoco, di mezzo a un roveto. Mosè guardò ed ecco il roveto bruciava col fuoco, ma il roveto non si consumava. Allora Mosè disse: »Ora mi sposterò per vedere questo grandioso spettacolo: perché mai il roveto non si consuma!«. Or l’Eterno vide che egli si era spostato per vedere, e DIO lo chiamò di mezzo al roveto e disse: »Mosè, Mosè!«. Egli rispose: »Eccomi«. Dio disse: »Non avvicinarti qui; togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale stai è suolo santo. Poi aggiunse: »Io sono il DIO di tuo padre, il DIO di Abrahamo, il DIO di Isacco e il DIO di Giacobbe«. E Mosè si nascose la faccia, perché aveva paura di guardare DIO. Poi l’Eterno disse: »Ho certamente visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il suo grido a motivo dei suoi oppressori, poiché conosco le sue sofferenze. Così sono sceso per liberarlo dalla mano degli Egiziani e per farlo salire da quel paese in un paese buono e spazioso, in un paese dove scorre latte e miele, nel luogo dove sono i Cananei, gli Hittei gli Amorei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei. Ed ora, ecco il grido dei figli d’Israele è giunto fino a me, ed ho pure visto l’oppressione con cui gli Egiziani li opprimono. Or dunque vieni e io ti manderò dal Faraone perché tu faccia uscire il mio popolo, i figli d’Israele, dall’Egitto«. Ma Mosè disse a DIO: »Chi sono io per andare dal Faraone e per far uscire i figli d’Israele dall’Egitto?«. DIO disse: »Io sarò con te, e questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: Quando avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, voi servirete DIO su questo monte«. Allora Mosè disse a DIO: »Ecco, quando andrò dai figli d’Israele e dirò loro: »Il DIO dei vostri padri mi ha mandato da voi«, se essi mi dicono »Qual’ è il suo nome?«, che risponderò loro?«. DIO disse a Mosè: »IO SONO COLUI CHE SONO«. Poi disse: »Dirai così ai figli d’Israele: »L’IO SONO mi ha mandato da voi««. DIO disse ancora a Mosè: »Dirai così ai figli d’Israele: »L’Eterno. il DIO dei vostri padri, il DIO di Abrahamo, il DIO d’Isacco e il DIO di Giacobbe mi ha mandato da voi. Questo è il mio nome in perpetuo. Questo sarà sempre il mio nome col quale sarò ricordato per tutte le generazioni«. Va’ e raduna gli anziani d’Israele e di’ loro: »L’Eterno, il DIO dei vostri padri, il DIO di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe mi è apparso, dicendo: »Io vi ho certamente visitato e ho visto quello che vi fanno in Egitto; e ho detto: Io vi farò salire dall’oppressione d’Egitto al paese dei Cananei, degli Hittei, degli Amorei, dei Perezei degli Hivvei e dei Gebusei, in un paese dove scorre latte e miele". Ed essi ubbidiranno alla tua voce; e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: »L’Eterno, il DIO degli Ebrei ci è venuto incontro; ed ora lanciai andare per il cammino di tre giorni nel deserto, perché possiamo sacrificare all’Eterno, il nostro DIO«. Ma io so che il re d’Egitto non vi lascerà andare, se non costretto da una potente mano. Allora io stenderò la mia mano e percuoterò l’Egitto con tutti i prodigi che io farò in mezzo ad esso; dopo di che vi lascerà andare. E concederò a questo popolo favore agli occhi degli Egiziani; e avverrà che, quando ve ne andrete, non ve ne andrete a mani vuote; ma ogni donna chiederà alla sua vicina e alla donna che abita in casa sua oggetti d’argento, oggetti d’oro e vestiti; e voi li metterete addosso ai vostri figli e alle vostre figlie; così spoglierete gli Egiziani«. Mosè rispose e disse: »Ma ecco, essi non mi crederanno e non ubbidiranno alla mia voce, perché diranno: »"L’Eterno non ti è apparso"«. L’Eterno quindi gli disse: »Che cos’è quello che hai in mano?«. Egli rispose: »Un bastone«. L’Eterno disse: »Gettalo a terra«. Egli lo gettò a terra, ed esso diventò un serpente, davanti al quale Mosè fuggì. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Stendi la tua mano e prendilo per la coda«. (Egli stese la mano e lo prese, e nella sua mano esso divenne un bastone). »Questo, farai«, disse l’Eterno, »affinché credano che l’Eterno, il DIO dei loro padri, il DIO di Abrahamo, il DIO di Isacco e il DIO di Giacobbe ti è apparso«. L’Eterno gli disse ancora: »Ora metti la tua mano nel tuo seno«. Ed egli mise la sua mano in seno e poi la ritrasse, ed ecco che la mano era lebbrosa, bianca come neve. L’Eterno gli disse ancora: »Rimetti la tua mano nel tuo seno«. Egli rimise la sua mano in seno e poi la ritrasse dal seno, ed ecco che era ritornata come la sua carne. »Or avverrà che, e non ti crederanno e non daranno ascolto alla voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo segno. Ma, se essi non crederanno neppure a questi due segni e non ubbidiranno alla tua voce, tu allora prenderai dell’acqua del fiume e la verserai sull’asciutto; e l’acqua che avrai preso dal fiume diventerà sangue sull’asciutto«. Allora Mosè disse all’Eterno: »Ahimè, Signore, io non sono un parlatore; non lo ero in passato e non lo sono da quando tu hai parlato al tuo servo, poiché sono tardo di parola e di lingua«. L’Eterno gli disse: »Chi ha fatto la bocca dell’uomo, o chi rende uno muto, sordo, vedente o cieco? Non sono, forse io, l’Eterno? Or dunque va’, e io sarò con la tua bocca e ti insegnerò ciò che dovrai dire, Ma Mosè disse: »Deh! Signore manda il tuo messaggio per mezzo di chi vorrai!«. Allora l’ira dell’Eterno si accese contro Mosè, ed egli disse: »Non c’ è forse Aaronne tuo fratello, il Levita? Io so che parla bene. Or ecco. egli esce a incontrarti; come ti vedrà. si rallegrerà in cuor suo. Tu gli parlerai e metterai le parole nella sua bocca, e io sarò con la tua bocca e con la sua bocca e vi insegnerò quello che dovrete fare. Egli sarà il tuo portavoce al popolo; così egli sarà per te la bocca e tu sarai per lui come Dio. Or prendi in mano questo bastone col quale farai i prodigi«. Allora Mosè se ne andò, tornò da Jethro suo suocero e gli disse: »Deh, lascia che io me ne vada e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi«. E Jethro disse a Mosè: »Va’in pace«. L’Eterno disse a Mosè in Madian: »Va’, tornatene in Egitto perché tutti quelli che cercavano la tua vita sono morti«. Così Mosè prese la sua moglie e i suoi figli, li pose su un asino e tornò nel paese d’Egitto. E Mosè prese nella sua mano il bastone di Dio. L’Eterno disse quindi a Mosè: »Quando sarai tornato in Egitto, avrai cura di fare davanti al Faraone tutti i prodigi che ti ho dato potere di compiere; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il popolo. E tu dirai al Faraone: »Così dice l’Eterno: Israele è il mio figlio, il mio primogenito«. Perciò io ti dico: Lascia andare il mio figlio, affinché mi serva; ma se tu rifiuti di lasciarlo andare, ecco io ucciderò il tuo figlio, il tuo primogenito«. Or avvenne che durante il viaggio nel luogo dov’erano accampati, l’Eterno andò incontro a Mosè e cercò di farlo morire. Allora Sefora prese una selce tagliente, recise il prepuzio di suo figlio e lo gettò ai piedi di Mosè, dicendo: »Tu sei per me uno sposo di sangue!«. Così l’Eterno lo lasciò. Allora ella disse: »Tu sei uno sposo di sangue«, a motivo della circoncisione. L’Eterno disse ad Aaronne: »Va’ nel deserto ad incontrare Mosè«. Ed egli andò, lo incontrò al monte di DIO e lo baciò. Così Mosè riferì ad Aaronne tutte le parole che l’Eterno gli aveva ordinato di dire, e tutti i segni portentosi che gli aveva comandato di fare. Allora Mosè ed Aaronne andarono e radunarono tutti gli anziani dei figli d’Israele. E Aaronne riferì tutte le parole che l’Eterno aveva detto a Mosè e fece i prodigi in presenza del popolo. Così il popolo credette. Essi compresero che l’Eterno aveva visitato i figli d’Israele e aveva veduto la loro afflizione; e si inchinarono e adorarono. Dopo questo, Mosè ed Aaronne andarono dal Faraone e gli dissero: »Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »Lascia andare il mio popolo, perché mi celebri una festa nel deserto««. Ma il Faraone rispose: »Chi è l’Eterno che io debba ubbidire alla sua voce e lasciar andare Israele Io non conosco l’Eterno e non lascerò andare Israele«. Allora essi dissero: »Il DIO degli Ebrei ci è venuto incontro; ora lasciaci andare per un cammino di tre giorni nel deserto perché possiamo sacrificare all’Eterno, che è il nostro DIO, affinché egli non ci colpisca con la peste o con la spada«. Il re d’Egitto disse loro: »Perché mai Mosè e Aaronne, distogliete il popolo dal suo lavoro? Ritornate alle vostre fatiche!«. Il Faraone disse nuovamente: »Ecco, il popolo del paese è ora numeroso, e voi vorreste fargli interrompere le sue fatiche«. Così quello stesso giorno il Faraone ordinò agli oppressori del popolo e ai suoi sovrintendenti dicendo: »Non date piú paglia al popolo per fare i mattoni, come prima; e vadano essi stessi a raccogliere la paglia! Ma imponete loro la stessa quantità di mattoni che facevano prima, senza diminuzione alcuna; poiché sono dei pigri; e per questo essi gridano, dicendo: »Andiamo a sacrificare al nostro DIO!«. Sovraccaricate questi uomini di duro lavoro, ed essi lo facciano senza dar retta a parole d’inganno«. Allora gli oppressori del popolo e i suoi sovrintendenti uscirono e dissero al popolo: »Così dice il Faraone: »Io non vi darò piú paglia. Andate voi stessi a procurarvi della paglia dovunque ne potete trovare, perché il vostro lavoro non sarà per nulla diminuito"«. Così il popolo si sparse per tutto il paese d’Egitto, per raccogliere stoppia al posto della paglia. E i sorveglianti li sollecitavano dicendo: »Ultimate il vostro lavoro giorno per giorno come quando c’era la paglia!«. E i capi-squadra dei figli d’Israele, stabiliti su di loro dai sorveglianti del Faraone, furono battuti e fu loro chiesto: »Perché non avete ultimato, ieri e oggi come prima, la quantità di mattoni prescritta?«. Allora i capi-squadra dei figli d’Israele vennero a protestare dal Faraone, dicendo: »Perché ti comporti così coi tuoi servi? Non si dà piú paglia ai tuoi servi, e ci viene detto: »Fate dei mattoni!« Ed ecco, i tuoi servi sono battuti, ma la colpa è del tuo popolo«. Allora egli rispose: »Siete pigri, molto pigri! Per questo dite: »Andiamo a sacrificare all’Eterno«. Or dunque andate a lavorare! Non vi sarà data paglia, ma consegnerete la stessa quantità di mattoni«. I capi-squadra dei figli d’Israele si resero conto di trovarsi nei guai, perché veniva loro detto: »Non diminuite per nulla il numero dei mattoni prescritto giorno per giorno«. Poi, come uscivano dal Faraone, incontrarono Mosè e Aaronne, che stavano ad aspettarli, e dissero loro: »L’Eterno volga lo sguardo su di voi e giudichi, poiché ci avete resi odiosi agli occhi del Faraone e agli occhi dei suoi servi nel mettere nelle loro mani la spada per ucciderci«. Allora Mosè tornò dall’Eterno e disse: »Signore, perché hai messo questo popolo nei guai? Perché dunque mi hai mandato? Poiché, da quando sono andato dal Faraone, a parlare in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo e tu non hai affatto liberato il tuo popolo«. L’Eterno disse a Mosè: »Ora vedrai che cosa farò al Faraone; poiché costretto da una mano potente li lascerà andare; sì, costretto da una mano potente li caccerà dal suo paese«. DIO parlò quindi a Mosè e gli disse: »Io sono l’Eterno, e sono apparso ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, come Dio onnipotente; ma non mi ero mai fatto conoscere da loro con il mio nome di Eterno. Ho pure stabilito con loro il mio patto, promettendo di dar loro il paese di Canaan, il paese dove soggiornarono come stranieri. Ho pure udito il lamento dei figli d’Israele che gli Egiziani tengono in schiavitú e mi sono ricordato del mio patto. Perciò di’ ai figli d’Israele: »Io sono l’Eterno; vi sottrarrò dai duri lavori imposti su di voi dagli Egiziani, vi libererò dalla loro schiavitú e vi riscatterò con braccio steso e con grandi castighi. Vi prenderò per mio popolo, e sarò il vostro DIO; e voi conoscerete che io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi sottrae ai duri lavori impostivi dagli Egiziani. E vi farò entrare nel paese, che giurai di dare ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe; e ve lo darò in eredità. Io sono l’Eterno"«. Così parlò Mosè ai figli d’Israele; ma essi non diedero ascolto a Mosè, per l’angoscia di spirito e per la dura schiavitú. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Va’, parla al Faraone, re d’Egitto, perché lasci uscire i figli d’Israele dal suo paese«. Ma Mosè parlò davanti all’Eterno e disse: »Ecco, i figli d’Israele non mi hanno dato ascolto; come dunque potrebbe Faraone ascoltare me, che sono incirconciso di labbra?«. Ma l’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne e comandò loro di andare dai figli d’Israele e dal Faraone re d’Egitto, per far uscire i figli d’Israele dal paese d’Egitto. Questi sono i capi delle loro famiglie. I figli di Ruben, il primogenito d’Israele furono: Hanok e Pallu, Hetsron e Karmi. Queste furono le famiglie di Ruben. I figli di Simeone furono: Jemuel, Jamin, Ohad, Jakin, Tsohar e Saul, figlio della Cananea. Queste furono le famiglie di Simeone. Questi sono i nomi dei figli di Levi, secondo le loro generazioni: Ghershom, Kehath e Merari. E gli anni della vita di Levi furono centotrentasette. I figli di Ghershom furono: Libni e Scimei. con le loro famiglie. I figli di Kehath furono: Amram, Jitshar, Hebron e Uzziel. E gli anni della vita di Kehath furono centotrentatre. I figli di Merari furono: Mahli e Musci. Queste furono le famiglie dei Leviti secondo le loro generazioni. Or Amram prese in moglie Jokebeda, sorella di suo padre; ed ella gli partorì Aaronne e Mosè. E gli anni della vita di Amram furono centotrentasette. I figli di Itshar furono: Kore, Nefeg e Zicri. I figli di Uziel furono: Mishael, Eltsafan e Sitri. Aaronne prese in moglie Elisceba, figlia di Amminadab, sorella di Nahashon; ed ella gli partorì Nadab, Abihu, Eleazar e Ithamar. I figli di Kore furono: Assir, Elkanah e Abiasaf. Queste furono le famiglie di Kore. Eleazar, figlio di Aaronne, prese in moglie una delle figlie di Putiel; ed ella gli partorì Fineas. Questi furono i capi dei padri dei Leviti nelle loro famiglie. E questi sono lo stesso Aaronne e Mosè, ai quali l’Eterno disse: »Fate uscire i figli d’Israele dal paese d’Egitto, secondo le loro schiere«. Essi sono quelli che parlarono al Faraone re d’Egitto per far uscire i figli d’Israele dall’Egitto; essi sono o stesso Mosè ed Aaronne. Or avvenne nel giorno in cui l’Eterno parlò a Mosè nel paese d’Egitto, che l’Eterno parlò a Mosè e disse: »Io sono l’Eterno! Di’ al Faraone, re d’Egitto, tutto quello che io ti dico«. Mosè allora rispose davanti all’Eterno: »Ecco, io sono incirconciso di labbra; come potrà quindi il Faraone ascoltarmi«. L’Eterno disse a Mosè: »Vedi io ti faccio come dio per il Faraone, e tuo fratello Aaronne sarà il tuo profeta. Tu dirai tutto quello che ti ordinerò e tuo fratello Aaronne parlerà al Faraone perché lasci partire i figli d’Israele dal suo paese. Ma io indurirò il cuore del Faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d’Egitto. Perciò il Faraone non vi darà ascolto, e così io stenderò la mia mano sull’Egitto e farò uscire dal paese d’Egitto le mie schiere, il mio popolo, i figli d’Israele, mediante grandi castighi. Gli Egiziani conosceranno allora che io sono l’Eterno, quando distenderò la mia mano sull’Egitto e farò uscire di mezzo a loro i figli d’Israele«. E Mosè e Aaronne fecero così; essi fecero esattamente come l’Eterno aveva loro ordinato. Quando parlarono al Faraone, Mosè aveva ottant’anni e Aaronne ottantatre. L’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Quando il Faraone vi parlerà e vi dirà: »Fate un prodigio«. tu dirai ad Aaronne: »Prendi i tuo bastone e gettalo davanti a Faraone. perché divenga un serpente««. Mosè ed Aaronne andarono dunque da Faraone e fecero così, esattamente come l’Eterno aveva ordinato. Aaronne gettò il suo bastone davanti al Faraone e davanti ai suoi servitori. ed esso diventò un serpente. Allora anche il Faraone chiamò i savi e gli incantatori; e i maghi d’Egitto con le loro arti occulte fecero anch’essi la stessa cosa. Ognuno di essi gettò i suo bastone, e i bastoni diventarono serpenti; ma il bastone di Aaronne ingoiò i loro bastoni. Ma il cuore del Faraone s’indurì ed egli non diede loro ascolto, come l’Eterno aveva detto. L’Eterno disse a Mosè: »Il cuore del Faraone è ostinato; egli rifiuta di lasciare andare il popolo. Va’ da Faraone domani mattina, quando uscirà per andare verso l’acqua. Ti fermerai ad aspettarlo sulla riva del fiume e prenderai in mano il bastone che è stato mutato in serpente. gli dirai: »L’Eterno, il DIO degli Ebrei, mi ha mandato da te per dirti: lascia andare il mio popolo perché mi serva nel deserto; ma ecco, finora tu non hai ascoltato«. Così dice l’Eterno: »Da questo conoscerai che io sono l’Eterno; ecco, col bastone che ho nella mia mano io percuoterò le acque che sono nel fiume, ed esse saranno cambiate in sangue. E i pesci che sono nel fiume moriranno, e il fiume puzzerà, e gli Egiziani avranno schifo a bere l’acqua del fiume"«. E l’Eterno disse a Mosè: »Di’ ad Aaronne: »Prendi il tuo bastone e stendi la tua mano sulle acque dell’Egitto, sui loro fiumi, sui loro canali, sui loro stagni e su tutti i loro depositi d’acqua; così essi diventeranno sangue. E vi sarà sangue per tutto il paese d’Egitto, tanto nei recipienti di legno che nei recipienti di pietra««. Mosè ed Aaronne Fecero così, esattamente come l’Eterno aveva loro ordinato. Così egli alzò il bastone e percosse le acque che erano nel fiume, davanti agli occhi del Faraone e davanti agli occhi dei suoi servitori; e tutte le acque che erano nel fiume furono cambiate in sangue. E i pesci che erano nel fiume morirono; e il fiume divenne puzzolente, si che gli Egiziani non potevano più bere l’acqua del fiume. Così vi fu sangue per tutto il paese d’Egitto. Ma i maghi d’Egitto fecero la stessa cosa con le loro arti occulte; e il cuore del Faraone si indurì ed egli non diede loro ascolto, come l’Eterno aveva detto. Il Faraone quindi si voltò e se ne andò a casa sua; e non fece caso neppure a questo. tutti gli Egiziani scavarono nei dintorni del fiume in cerca d’acqua da bere, perché non potevano bere l’acqua del fiume. Passarono così sette giorni, dopo che l’Eterno aveva percosso il fiume. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Va’dal Faraone e digli: »Così dice l’Eterno: Lascia andare il mio popolo perché mi serva. se rifiuti di lasciarlo andare, ecco, io colpirò l’intero tuo paese col flagello delle rane. Così il fiume brulicherà di rane, ed esse saliranno ed entreranno nella tua casa, nella camera dove dormi, sul tuo letto, nelle case dei tuoi servi e fra il tuo popolo, nei tuoi forni e nelle tue madie. E le rane verranno contro di te, contro il tuo popolo e contro tutti i tuoi servi"«. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Di’ ad Aaronne: »Stendi la tua mano col tuo bastone sui fiumi. sui canali e sugli stagni e fa’ salire le rane sul paese d’Egitto««. Così Aaronne stese la sua mano sulle acque d’Egitto, e le rane salirono e coprirono il paese d’Egitto. Ma i maghi fecero la stessa cosa con le loro arti occulte e fecero salire le rane sul paese d’Egitto. Allora il Faraone chiamò Mosè e Aaronne e disse loro: »Pregate l’Eterno che allontani le rane da me e dal mio popolo, e io lascerò andare il popolo, perché sacrifichi all’Eterno«. Mosè disse al Faraone: »Fammi l’onore di dirmi quando devo intercedere per te, per i tuoi servi e per il tuo popolo, che l’Eterno distrugga le rane intorno a te e alle tue case. e rimangano solo nel fiume«. Egli rispose: »Domani«. E Mosè disse: »Sarà, fatto come tu dici, affinché tu sappia che non vi è alcuno come l’Eterno, il nostro DIO. E le rane si allontaneranno da te, dalle tue case, dai tuoi servi e dal tuo popolo; esse rimarranno solamente nel fiume«. Mosè ed Aaronne uscirono dal Faraone; e Mosè implorò l’Eterno riguardo alle rane che aveva mandato contro il Faraone. E l’Eterno fece secondo la parola di Mosè, e le rane morirono nelle case, nei cortili e nei campi. Le radunarono quindi a mucchi e il paese divenne maleodorante. Ma quando il Faraone vide che vi era un po’ di sollievo, indurì il suo cuore e non diede loro ascolto, come l’Eterno aveva detto. L’Eterno disse quindi a Mosè’ Di’ad Aaronne: »Stendi il tuo bastone e percuoti la polvere della terra, ed essa diventerà zanzare per tutto il paese d’Egitto««. Ed essi fecero così, Aaronne stese la sua mano col suo bastone, percosse la polvere della terra e vi furono zanzare sugli uomini e sugli animali; tutta la polvere della terra diventò zanzare in tutto il paese d’Egitto. Ora i maghi cercarono di fare lo stesso con le loro arti occulte per produrre le zanzare, ma non poterono. Le zanzare furono dunque sugli uomini e sugli animali. Allora i maghi dissero al Faraone: »Questo è il dito di DIO«. Ma il cuore del Faraone si indurì ed egli non diede loro ascolto, come l’Eterno aveva loro detto. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Alzati di buon mattino e presentati al Faraone, come egli esce per andare verso l’acqua; e digli: »Così dice l’Eterno: Lascia il mio popolo, perché mi possa servire. Ma se non lasci andare il mio popolo ecco io manderò su di te, sui tuoi servi, sul tuo popolo e nelle tue case sciami di mosche; le case degli Egiziani saranno piene di sciami di mosche, e così sarà la terra su cui stanno. Ma in quel giorno io separerò il paese di Goscen, dove abita il mio popolo; e li non ci saranno sciami di mosche, affinché tu sappia che io sono l’Eterno in mezzo al paese. lo farò una distinzione fra il mio popolo e il tuo popolo. Domani avverrà questo miracolo"«. E l’Eterno fece così; vennero folti sciami di mosche in casa del Faraone e nelle case dei suoi servi, e in tutto il paese d’Egitto la terra fu devastata dagli sciami di mosche. Allora il Faraone chiamò Mosè ed Aaronne e disse: »Andate. sacrificate al vostro DIO nel paese«. Ma Mosè rispose: »Non si può fare questo, poiché faremmo all’Eterno, il nostro DIO, sacrifici che sono un abominio per gli Egiziani. Ecco, facendo sotto i loro occhi dei sacrifici che sono un abominio per gli Egiziani non ci lapideranno? Andremo nel deserto per un cammino di tre giorni e sacrificheremo all’Eterno, il nostro DIO, come egli ci ordinerà«. Il Faraone disse: »Io vi lascerò andare perché sacrifichiate all’Eterno, il vostro DIO, nel deserto; soltanto, non andate troppo lontano; pregate per me« Mosè disse: »Ecco, io esco da te e pregherò l’Eterno e domani gli sciami di mosche si allontaneranno dal Faraone, dai suoi servi e dal suo popolo; basta però che il Faraone non ci prenda piú in giro, impedendo al popolo di andare a sacrificare all’Eterno«. Mosè uscì quindi dalla presenza del Faraone e pregò l’Eterno. E l’Eterno fece secondo la parola di Mosè e allontanò gli sciami di mosche da Faraone, dai suoi servi e dal suo popolo; non ne rimase neppure una. Ma anche questa volta il Faraone indurì il suo cuore e non lasciò andare il popolo. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Va’ da Faraone e digli: »Così dice l’Eterno, il DIO degli Ebrei: lascia andare il mio popolo, perché mi possa servire. Ma se rifiuti di lasciarlo andare e lo trattieni ancora, ecco, la mano dell’Eterno sarà sul tuo bestiame che è nei campi, sui cavalli, sugli asini, sui cammelli, sulle mandrie e sulle greggi, vi sarà una grande calamità. Ma l’Eterno farà una distinzione fra il bestiame d’Israele ed il bestiame d’Egitto; così nulla morirà di tutto quello che appartiene ai figli d’Israele"«. Quindi l’Eterno fissò un tempo, dicendo: »Domani l’Eterno farà questo nel paese«. E l’Eterno fece questo il giorno seguente, e tutto il bestiame d’Egitto morì; ma del bestiame dei figli d’Israele non ne morì neppure un capo. Il Faraone mandò a vedere, ed ecco che neppure un capo del bestiame degli Israeliti era morto, Ma il cuore del Faraone si indurì, ed egli non lasciò andare il popolo. Poi l’Eterno disse a Mosè e ad Aaronne: »Prendete delle manciate di cenere di fornace, e la sparga Mosè verso il cielo sotto gli occhi del Faraone. Essa diventerà una polvere minuta su tutto il paese d’Egitto, e causerà delle ulceri che produrranno pustole sulle persone e sugli animali per tutto il paese d’Egitto«. Allora essi presero della cenere di fornace e si presentarono davanti al Faraone; e Mosè la sparse verso il cielo, ed essa causò delle ulceri che produssero pustole sulle persone e sugli animali. E i maghi non poterono stare davanti a Mosè a motivo delle ulceri, perché i maghi e tutti gli Egiziani erano stati colpiti da ulceri. Ma l’Eterno indurì il cuore del Faraone, ed egli non diede loro ascolto, come l’Eterno aveva detto a Mosè. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Levati al mattino presto, presentati davanti al Faraone e digli: »Così dice l’Eterno, il DIO degli Ebrei: Lascia andare il mio popolo, perché mi possa servire. Poiché questa volta manderò tutte le mie piaghe proprio su di te, sui tuoi servi e sul tuo popolo, affinché tu conosca che non e’è nessuno simile a me su tutta la terra. Infatti se io ora avessi steso la mia mano e avessi percosso di peste te e il tuo popolo, tu saresti stato cancellato dalla terra. Ma, proprio per questa ragione, ti ho risparmiato, per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato su tutta la terra. E tu ti opponi ancora al mio popolo per non lasciarlo andare? Ecco, domani verso quest’ora, io farò cadere una grandine così forte, quale non ce fu in Egitto dal giorno della sua fondazione fino ad ora. E adesso manda a far mettere al sicuro il tuo bestiame e tutto quello che hai per i campi. Perché tutti gli uomini ed animali, che si trovano nei campi e non sono stati portati in casa, saranno colpiti dalla grandine e moriranno"«. Fra i servi del Faraone, coloro che temettero la parola dell’Eterno fecero rifugiare nelle case i loro servi e il loro bestiame; ma coloro che non fecero conto della parola dell’Eterno lasciarono i loro servi e il loro bestiame nei campi. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Stendi la tua mano verso il cielo, perché cada grandine in tutto il paese d’Egitto, sulla gente, sugli animali e sopra ogni sorte di vegetazione dei campi nel paese d’Egitto«. E Mosè stese il suo bastone verso il cielo; e l’Eterno mandò tuoni e grandine, e il fuoco cadde saettando sulla terra; e l’Eterno fece piovere grandine sul paese d’Egitto. Così ci fu grandine e fuoco guizzante misto a grandine; e fu così forte, quale non ce n’era stata in tutto il paese d’Egitto, da quando era diventato nazione. E la grandine percosse in tutto il paese d’Egitto tutto quello che era nei campi, tanto uomini che animali; e la grandine percosse ogni sorta di vegetazione dei campi e fece a pezzi ogni albero della campagna. Solamente nel paese di Goscen, dov’erano i figli d’Israele non cadde grandine. Allora il Faraone mandò a chiamare Mosè ed Aaronne e disse loro: »Questa volta io ho peccato; l’Eterno è giusto, mentre io e il mio popolo siamo malvagi. Pregate l’Eterno perché cessino i tuoni di DIO e la grandine; io vi lascerò andare e non dovrete piú rimanere«. Mosè gli disse: »Come sarò uscito dalla città, protenderò le mie mani all’Eterno; i tuoni cesseranno e non ci sarà piú grandine, affinché tu sappia che la terra appartiene all’Eterno. Ma quanto a te e ai tuoi servi, io so che non temerete ancora l’Eterno DIO«. Ora il lino e l’orzo furono colpiti, perché l’orzo era in spiga e il lino in fiore; ma il grano e il farro non furono colpiti, perché sono tardivi. Mosè dunque, lasciato i Faraone, uscì dalla città e protese le mani all’Eterno; allora i tuoni e la grandine cessarono e non cadde piú pioggia sulla terra. Quando il Faraone vide che la pioggia, la grandine e i tuoni erano cessati, continuò a peccare e indurì il suo cuore, lui e i suoi servi. Così il cuore de Faraone s’indurì ed egli non lasciò andare i figli d’Israele, come l’Eterno aveva detto per mezzo di Mosè. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Va’ da Faraone; poiché io ho indurito il suo cuore e il cuore dei suoi servi, perché possa mostrare questi miei segni in mezzo a loro, e affinché tu possa raccontare ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli le grandi cose che ho fatto, prendendomi gioco degli Egiziani, e i miei segni che ho fatto in mezzo a loro, perché sappiate che io sono l’Eterno«. Mosè ed Aaronne andarono dunque dal Faraone e gli dissero: »Così dice l’Eterno, il DIO degli Ebrei: »Fino a quando ti rifiuterai di umiliarti davanti a me? lascia andare il mio popolo perché mi possa servire. Poiché se ti rifiuti di lasciare andare il mio popolo, ecco domani farò venire delle locuste nel tuo territorio. Esse copriranno la faccia della terra, così che nessuno potrà vedere i suolo; ed esse divoreranno anche ciò che è rimasto, quello che vi è stato lasciato dalla grandine, e divoreranno ogni albero che cresce per voi nei campi. E riempiranno le tue case, le case di tutti i tuoi servi e le case di tutti gli Egiziani, qualcosa che né i tuoi padri né i padri dei tuoi padri videro mai, dal giorno che furono sulla terra fino a questo giorno"«. Detto questo voltò le spalle e uscì dalla presenza del Faraone. Poi i servi del Faraone gli dissero: »Fino a quando quest’uomo sarà un laccio per noi? Lascia andare questa gente, perché possa servire l’Eterno, il suo DIO! Non hai ancora capito che l’Egitto è rovinato?«. Così Mosè ed Aaronne furono riportati dal Faraone; ed egli disse loro: »Andate, servite l’Eterno, il vostro DIO. Ma chi sono quelli che andranno?«. Mosè disse: »Noi andremo coi nostri fanciulli e coi nostri vecchi, coi nostri figli e con le nostre figlie; andremo con le nostre greggi e coi nostri armenti, perché dobbiamo celebrare una festa all’Eterno«. Il Faraone disse loro: »Possa l’Eterno essere con voi, quando io lascerò andare voi e i vostri bambini! Ma state attenti a non avere delle cattive intenzioni! No, no! Andate voi, uomini, a servire l’Eterno; poiché questo è quel che cercate«. E furono cacciati via dalla presenza del Faraone. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Stendi la tua mano sul paese d’Egitto per le locuste, perché salgano a coprire il paese d’Egitto e divorino tutta la vegetazione del paese, tutto quello che la grandine ha lasciato«. Allora Mosè stese il suo bastone sul paese d’Egitto; e l’Eterno fece levare un vento orientale sul paese tutto quel giorno e tutta la notte; come venne la mattina, il vento orientale portò le locuste. E le locuste salirono su tutto il paese d’Egitto e si posarono su tutto il territorio d’Egitto in gran quantità. Non c’era mai stato un simile flagello di locuste prima e non ce ne sarà piú un altro. Esse coprirono la faccia di tutto il paese, tanto da oscurare la terra; e divorarono tutta la vegetazione del paese e tutti i frutti degli alberi che la grandine aveva lasciato; e non rimase piú nulla di verde sugli alberi e sugli arbusti della campagna, per tutto il paese d’Egitto. Allora il Faraone chiamò in fretta Mosè e Aaronne e disse: »Io ho peccato contro l’Eterno, il vostro DIO, e contro voi. Ma ora ti prego, perdona il mio peccato ancora una volta; e supplicate l’Eterno, il vostro DIO, perché soltanto allontani da me questo flagello mortale«. E Mosè uscì dal Faraone, e pregò l’Eterno. Quindi l’Eterno fece alzare un vento contrario, un vento di ponente molto forte, che portò via le locuste e le precipitò nel Mar Rosso. Non rimase piú neppure una locusta in tutto il territorio d’Egitto. Ma l’Eterno indurì il cuore del Faraone ed egli non lasciò andare i figli d’Israele. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Stendi la tua mano verso il cielo, perché vi siano tenebre nel paese d’Egitto, delle tenebre che si possano palpare«. E Mosè stese a sua mano verso il cielo, e vi furono dense tenebre in tutto il paese d’Egitto per tre giorni. Uno non vedeva l’altro e nessuno si mosse da dove si trovava per tre giorni; ma per tutti i figli d’Israele c’era luce nelle loro dimore. Allora il Faraone chiamò Mosè e disse: »Andate, servite l’Eterno, rimangano soltanto le vostre greggi e i vostri armenti; anche i vostri bambini potranno andare con voi«. Mosè disse: »Tu ci devi anche permettere di prendere dei sacrifici e degli olocausti, perché li possiamo offrire all’Eterno, il nostro DIO. Anche il nostro bestiame verrà con noi; non le lasceremo qui neppure un’unghia, poiché da esso dobbiamo prendere alcuni capi per servire l’Eterno, i nostro DIO; e non sappiamo con che cosa dovremo servire l’Eterno, finché saremo giunti laggiú«. Ma l’Eterno indurì il cuore del Faraone ed egli non volle lasciarli andare. Allora il Faraone disse a Mosè: »Vattene via da me! Guardati bene da comparire ancora alla mia presenza, perché il giorno che comparirai alla mia presenza morirai!«. Mosè rispose: »Hai detto bene; io non comparirò piú alla tua presenza«. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Io farò venire ancora una piaga sul Faraone e sull’Egitto; dopo questa egli vi lascerà partire di qui. Quando vi lascerà partire, egli vi caccerà definitivamente da qui. Ora parla al popolo di modo che ogni uomo chieda al suo vicino e ogni donna alla sua vicina degli oggetti d’argento e degli oggetti d’oro«. E l’Eterno fece entrare il popolo nelle grazie agli occhi degli Egiziani; anche l’uomo Mosè era tenuto in grande considerazione nel paese d’Egitto, agli occhi dei servi del Faraone e agli occhi del popolo. Poi Mosè disse: »Così dice l’Eterno: »Verso mezzanotte, io passerò in mezzo all’Egitto; e ogni primogenito nel paese d’Egitto morirà, dal primogenito del Faraone che siede sul suo trono, al primogenito della serva che sta dietro la macina, e ogni primogenito del bestiame. Allora in tutto il paese d’Egitto vi sarà un grande grido, quale non ci fu mai prima, né mai piú ci sarà. Ma contro nessuno dei figli d’Israele, siano essi uomini o animali, neppure un cane muoverà la lingua, affinché sappiate che l’Eterno fa distinzione fra gli Egiziani e Israele. E tutti questi tuoi servi scenderanno da me e si inchineranno davanti a me, dicendo: »Parti, tu e tutto il popolo che è al tuo seguito!«. Dopo questo, io partirò"«. E Mosè uscì dalla presenza del Faraone, acceso d’ira. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Il Faraone non vi darà ascolto, affinché i miei prodigi si moltiplichino nel paese d’Egitto«. E Mosè ed Aaronne fecero tutti questi prodigi davanti al Faraone; ma l’Eterno indurì il cuore del Faraone ed egli non lasciò uscire i figli d’Israele dal suo paese. L’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne nel paese d’Egitto dicendo: »Questo mese sarà per voi il mese piú importante, sarà per voi il primo dei mesi dell’anno. Parlate a tutta l’assemblea d’Israele e dite: »Il decimo giorno di questo mese, ogni uomo prenda per se stesso un agnello, secondo la grandezza della famiglia del padre, un agnello per casa. Se poi la casa è troppo piccola per un agnello, ne prenda uno in comune col piú vicino di casa, tenendo conto del numero delle persone; voi determinerete la quantità dell’agnello necessario, in base a ciò che ognuno può mangiare. Il vostro agnello sia senza difetto, maschio, dell’anno; potrete prendere un agnello o un capretto. Lo conserverete fino al quattordicesimo giorno di questo mese, e tutta l’assemblea del popolo d’Israele lo ucciderà sull’imbrunire. Prenderanno quindi del sangue e lo metteranno sui due stipiti e sull’architrave delle case dove lo mangeranno. Ne mangeranno la carne arrostita al fuoco, quella stessa notte, la mangeranno con pane senza lievito e con erbe amare. Non ne mangerete niente di crudo o di lessato nell’acqua, ma sia arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le interiora. Non ne lascerete alcun avanzo fino al mattino; e quel che sarà rimasto fino al mattino, lo brucerete col fuoco. Lo mangerete in questa maniera: coi vostri lombi cinti, coi vostri sandali ai piedi e col vostro bastone in mano; lo mangerete in fretta: è la Pasqua dell’Eterno. In quella notte io passerò per il paese d’Egitto e colpirò ogni primogenito nel paese d’Egitto, tanto uomo che bestia, e farò giustizia di tutti gli dei d’Egitto. Io sono l’Eterno. E il sangue sarà un segno per voi sulle case dove siete; quando io vedrò il sangue passerò oltre e non vi sarà piaga su di voi per distruggervi, quando colpirò il paese d’Egitto. Quel giorno sarà per voi un giorno da ricordare e lo celebrerete come una festa all’Eterno; lo celebrerete d’età in età come una legge perpetua. Per sette giorni mangerete pani azzimi. Nel primo giorno provvederete a muovere ogni lievito dalle vostre case, poiché chiunque mangerà pane lievitato, dal primo al settimo giorno, sarà reciso da Israele. Nel primo giorno avrete una santa convocazione, e una santa convocazione anche il settimo giorno. Non si faccia alcun lavoro in quei giorni; si prepari soltanto ciò che ognuno deve mangiare, e non altro. Osserverete dunque la festa degli azzimi, poiché proprio in questo giorno ho fatto uscire le vostre schiere dal paese d’Egitto; osserverete dunque questo giorno d’età in età, come legge perpetua. Nel primo mese, dal quattordicesimo giorno del mese, alla sera, fino al ventunesimo giorno, alla sera, mangerete pani azzimi. Per sette giorni non si trovi lievito nelle vostre case, perché chiunque mangerà qualcosa di lievitato, quel tale sarà reciso dall’assemblea d’Israele, sia egli forestiero o nativo del paese. Non mangerete nulla di lievitato; in tutte le vostre dimore mangerete pani azzimi"«. Mosè dunque chiamò tutti gli anziani d’Israele e disse loro: »andate e prendete degli agnelli per voi e per le vostre famiglie, e immolate la Pasqua. Poi prenderete un mazzetto d’issopo, lo intingerete nel sangue che è nel catino, e con il sangue che è nel catino spruzzerete l’architrave e i due stipiti delle porte; e nessuno di voi uscirà dalla porta di casa sua fino al mattino. Poiché l’Eterno passerà per colpire gli Egiziani; quando però vedrà il sangue sull’architrave e sui due stipiti, l’Eterno passerà oltre la porta e non permetterà al distruttore di entrare nelle vostre case per colpirvi. Osservate dunque questo come una prescrizione perpetua per voi e per i vostri figli. Quando sarete entrati nel paese che l’Eterno vi darà, come egli ha detto, osserverete questo rito. Quando i vostri figli vi chiederanno »Che significa per voi questo rito?«. risponderete: »Questo è il sacrificio della Pasqua dell’Eterno, che passò oltre le case dei figli d’Israele in Egitto, quando colpì gli Egiziani e risparmiò le nostre case«. E il popolo si inchinò e adorò. Allora i figli d’Israele andarono e fecero così; essi fecero come l’Eterno aveva ordinato a Mosè e ad Aaronne. Perciò avvenne che a mezzanotte l’Eterno colpì tutti i primogeniti nel paese di Egitto. dal primogenito del Faraone che sedeva sul suo trono, al primogenito del prigioniero che era in carcere, e tutti i primogeniti del bestiame. Così il Faraone si alzò di notte, lui con tutti i suoi servi e tutti gi Egiziani; e vi fu un grande grido in Egitto, perché non c’era casa dove non vi fosse un morto. Allora egli chiamò Mosè ed Aaronne di notte e disse: »Alzatevi e partite di mezzo al mio popolo, voi e i figli d’Israele; e andate a servire l’Eterno. come avete detto. Prendete le vostre greggi e i vostri armenti, come avete detto, e andate; e benedite anche me!. E gli Egiziani sollecitavano il popolo per affrettarne la partenza dal paese, perché dicevano: »Moriremo tutti quanti«. Il popolo portò via la sua pasta prima che fosse lievitata; avvolse le sue madie nei suoi vestiti e se le mise sulle spalle. Or i figli d’Israele fecero come aveva detto Mosè e chiesero agli Egiziani degli oggetti d’argento, degli oggetti d’oro e dei vestiti; e l’Eterno fece entrare i popolo nelle grazie agli occhi degli Egiziani, che diedero loro quel che chiedevano, così spogliarono gli Egiziani. I figli d’Israele partirono da Ramses per Sukkoth, in numero di circa seicentomila uomini a piedi, senza contare i fanciulli. E con loro salì pure un gran miscuglio di gente, assieme ai greggi ed armenti, una grande quantità di bestiame. fecero cuocere la pasta che avevano portata dall’Egitto, facendone delle focacce azzime; la pasta infatti non era lievitata, perché essi furono cacciati dall’Egitto e non poterono attardarsi, né poterono prepararsi provviste per il viaggio. Or il tempo che i figli d’Israele trascorsero in Egitto fu di quattrocentotrent’anni. Alla fine dei quattrocentotrent’anni, proprio in quel giorno, avvenne che tutte le schiere dell’Eterno uscirono dal paese dell’Egitto. Questa è una notte da celebrarsi in onore dell’Eterno, perché egli li fece uscire dal paese d’Egitto; questa notte sarà una solenne celebrazione all’Eterno, per tutti i figli d’Israele di generazione in generazione. Quindi l’Eterno disse a Mosè e ad Aaronne: »Questa la prescrizione della Pasqua: nessuno straniero ne mangerà; ma qualunque schiavo, comprato con denaro, dopo averlo circonciso, potrà mangiarne. L’avventizio e il mercenario non ne mangeranno. L’agnello si mangerà in una sola casa; non porterete nulla della sua carne fuori di casa e non ne spezzerete alcun osso. Tutta l’assemblea d’Israele la celebrerà. E quando uno straniero risiederà con te vorrà fare la Pasqua in onore dell’Eterno, siano circoncisi prima tutti i maschi della sua famiglia e poi si avvicini pure a celebrare, egli sarà come un nativo del paese; ma nessun incirconciso ne mangerà. Vi sarà un’unica legge per i nativo del paese e per lo straniero che risiede tra di voi«. Tutti i figli d’Israele fecero così; essi fecero esattamente come l’Eterno aveva ordinato a Mosè e ad Aaronne. Così avvenne che proprio in quel giorno l’Eterno fece uscire i figli d’Israele dal paese d’Egitto, secondo le loro schiere. L’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Consacrami ogni primogenito, quello che apre il grembo tra i figli d’Israele, tanto di uomini che di animali; esso mi appartiene«. Quindi Mosè disse a popolo: »Ricordatevi di questo giorno, ne quale siete usciti dall’Egitto, dalla casa di schiavitú; poiché l’Eterno vi ha fatto uscire da questo luogo con mano potente; non si mangerà pane lievitato. Voi uscite oggi, nel mese di Abib. Quando dunque l’Eterno ti avrà fatto entrare nel paese dei Cananei, degli Hittei, degli Amorei, degli Hivvei e dei Gebusei che ha giurato ai tuoi padri di darti, paese dove scorre latte e miele, osserverai questo rito in questo mese. Per sette giorni mangerai pane senza lievito; e il settimo giorno si farà una festa all’Eterno. Si mangerà pane senza lievito per sette giorni; e non si vedrà pane lievitato presso di te, né si vedrà lievito presso di te, entro tutti i tuoi confini. In quel giorno tu spiegherai la cosa a tuo figlio, dicendo: »Si fa così a motivo di quello che l’Eterno fece per me quando uscii dall’Egitto«. E sarà per te come un segno sulla tua mano e come un ricordo fra i tuoi occhi, affinché la legge dell’Eterno sia nella tua bocca; poiché l’Eterno ti ha fatto uscire dall’Egitto con mano potente. Osserva dunque questa prescrizione nel tempo stabilito, di anno in anno. Quando l’Eterno ti avrà fatto entrare nel paese dei Cananei, come giurò a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato, consacrerai all’Eterno tutti quelli che aprono il grembo e ogni primo parto del bestiame che ti appartiene: i maschi apparterranno all’Eterno. Ma riscatterai ogni primo parto dell’asino con un agnello; se però non lo vuoi riscattare, gli spezzerai il collo; così riscatterai ogni primogenito dell’uomo fra i tuoi figli. Quando in avvenire tuo figlio ti interrogherà dicendo: »Che significa questo?«, gli risponderai: »L’Eterno ci fece uscire dall’Egitto, dalla casa di schiavitú, con mano potente; e avvenne che, quando il Faraone si ostinò a non lasciarci andare, l’Eterno uccise tutti i primogeniti ne paese d’Egitto tanto i primogeniti degli uomini che i primogeniti degli animali. Per questo io sacrifico all’Eterno tutti i maschi che aprono il grembo, ma riscatto ogni primogenito dei miei figli". Ciò sarà come un segno sulla tua mano e come un frontale fra i tuoi occhi, poiché l’Eterno ci ha fatto uscire dall’Egitto con mano potente«. Quando il Faraone lasciò andare il popolo DIO non lo condusse per la via del paese dei Filistei, benché fosse la più breve poiché DIO disse: »Perché il popolo non si penta quando vedrà la guerra e non ritorni in Egitto«. Ma DIO fece fare al popolo un giro, per la via del deserto, verso il Mar Rosso. E i figli d’Israele salirono armati dal paese d’Egitto. Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi aveva espressamente fatto giurare i figli d’Israele, dicendo: »Certamente DIO vi visterà; allora trasportate di qui le mie ossa con voi«. Così essi partirono da Sukkoth e si accamparono a Etham, ai margini del deserto. E l’Eterno andava davanti a loro, di giorno in una colonna di nuvola per guidarli nella via, e di notte in una colonna di Fuoco per Far loro luce, affinché potessero camminare giorno e notte. La colona di nuvola non si ritirava mai davanti al popolo di giorno, né la colonna di fuoco di notte. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Di’ ai figli d’Israele che tornino indietro e si accampino di fronte a Pi-Hahiroth, fra Migdol e i mare, di fronte a Baal-Tsefon; accampatevi davanti a quel luogo presso il mare. Il Faraone dirà allora dei figli d’Israele: »Essi stanno vagando smarriti nel paese; il deserto li tiene rinchiusi«. E io indurirò il cuore del Faraone, ed egli li inseguirà; ma io trarrò gloria dal Faraone e da tutto il suo esercito, e gli Egiziani sapranno che io sono l’Eterno«. Ed essi fecero cosi. Fu quindi riferito al re d’Egitto che il popolo era fuggito; e il cuore del Faraone e dei suoi servi mutò nei confronti del popolo, e dissero: »Che abbiamo fatto a lasciare andare Israele dal nostro servizio?«. Così il Faraone fece preparare il suo carro e prese con sé il suo popolo. Prese anche seicento carri scelti e tutti i carri d’Egitto, con dei guerrieri su ognuno di essi. E l’Eterno indurì il cuore del Faraone, re d’Egitto, ed egli inseguì i figli d’Israele, che uscivano pieni di baldanza. Gli Egiziani li inseguirono; e tutti i cavalli, i carri del Faraone, i suoi cavalieri e il suo esercito li raggiunsero quando erano accampati presso il mare, vicino a Pi-Hahiroth, di fronte a Baal-Tsefon. Mentre il Faraone si avvicinava, i figli d’Israele alzarono gli occhi; ed ecco, gli Egiziani marciavano dietro loro, per cui ebbero una gran paura; e i figli d’Israele gridarono all’Eterno, e dissero a Mosè: »E’ perché non c’erano tombe in Egitto, che ci hai condotti a morire nel deserto? Perché hai fatto questo con noi, di farci uscire dall’Egitto? Non era forse questo che ti parlavamo in Egitto, dicendoti: »lasciaci stare, cosi potremo servire gli Egiziani«? Poiché sarebbe stato meglio per noi servire gli Egiziani che morire nel deserto«. Ma Mosè disse al popolo: »Non temete, state fermi e vedrete la liberazione dell’Eterno, che egli compirà oggi per voi; poiché gli Egiziani che oggi vedete, non li vedrete mai piú. L’Eterno combatterà per voi, e voi ve ne starete tranquilli«. Quindi l’Eterno disse a Mosè: »Perché gridi a me? Di’ ai figli d’Israele di andare avanti. E tu alza il tuo bastone, stendi la tua mano sul mare e dividilo, affinché i figli d’Israele possano passare in mezzo al mare all’asciutto. Quanto a me, io indurirò il cuore degli Egiziani, ed essi l’inseguiranno. Così io trarrò gloria dal Faraone, da tutto il suo esercito, dai suoi carri e dai suoi cavalieri. E gli Egiziani sapranno che io sono l’Eterno, quando trarrò gloria dal Faraone, dai suoi carri e dai suoi cavalieri«. Allora l’Angelo di DIO, che camminava davanti all’accampamento d’Israele, si spostò e andò a mettersi dietro loro; anche la colonna di nuvola si mosse dal davanti e andò a mettersi dietro a loro. Andò così a mettersi tra l’accampamento dell’Egitto e l’accampamento d’Israele; e la nube produceva tenebre per gli uni, mentre faceva luce agli altri di notte. Così per tutta la notte l’uno non si avvicinò all’altro. Allora Mosè stese la sua mano sul mare; e l’Eterno fece ritirare il mare con un forte vento orientale tutta quella notte e cambiò il mare in terra asciutta; e le acque si divisero. Così i figli d’Israele entrarono in mezzo al mare all’asciutto; e le acque formavano come un muro alla loro destra e alla loro sinistra. E gli Egiziani li inseguirono; e tutti i cavalli del Faraone, i suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro a loro in mezzo al mare. Verso la vigilia del mattino avvenne che l’Eterno guardò sull’accampamento degli Egiziani dalla colonna di fuoco e dalla nuvola, e lo mise in rotta. Egli fece staccare le ruote dei loro carri e rese la loro avanzata difficile. Così gli Egiziani dissero: »Fuggiamo davanti a Israele, perché l’Eterno combatte per loro contro gli Egiziani«. Quindi l’Eterno disse a Mosè: »Stendi la tua mano sul mare, perché le acque ritornino sugli Egiziani, sui loro carri e sui loro cavalieri«. Mosè allora stese la sua mano sul mare; così sul far del mattino, il mare ritornò al suo posto consueto; gli Egiziani fuggirono di fronte ad esso; e l’Eterno travolse gli Egiziani in mezzo al mare. Le acque tornarono e coprirono i carri, i cavalieri e tutto l’esercito del Faraone che erano entrati nel mare per inseguire gli Israeliti; e non ne scampò neppure uno di loro. Ma i figli d’Israele camminarono all’asciutto in mezzo al mare, e le acque furono per loro come un muro, alla loro destra e alla loro sinistra. Così, in quel giorno, l’Eterno salvò Israele dalla mano degli Egiziani, e Israele vide sul lido del mare gli Egiziani morti. Israele vide la grande potenza che l’Eterno aveva mostrato contro gli Egiziani, e il popolo temette l’Eterno e credette nell’Eterno e in Mosè suo servo. Allora Mosè e i figli d’Israele cantarono questo cantico all’Eterno e parlarono dicendo: »Io canterò all’Eterno, perché si è grandemente esaltato; ha precipitato in mare cavallo e cavaliere. L’Eterno è la mia forza e il mio cantico, ed è stato la mia salvezza. Questo è il mio Dio, io lo glorificherò; è il DIO di mio padre io lo esalterò. L’Eterno è un guerriero, il suo nome è l’Eterno. Egli ha gettato in mare i carri del Faraone e il suo esercito, e i suoi migliori guerrieri sono stati sommersi nel Mar Rosso. Gli abissi li coprono; sono andati a fondo come una pietra. La tua destra, o Eterno, mirabile nella sua potenza. La tua destra, o Eterno, frantuma i nemici. Con la grandezza della tua maestà, tu rovesci quelli che si levano contro di te; tu mandi fuori la tua ira, essa li consuma come stoppia. Al soffio delle tue narici le acque si sono ammucchiate, le onde si sono alzate come un muro i flutti si sono assodati nel cuore del mare. Il nemico diceva: »Inseguirò, raggiungerò, dividerò le spoglie, la mia brama si sazierà su di loro; sguainerò la mia spada, la mia mano li sterminerà«. Ma tu hai mandato fuori il tuo soffio e il mare li ha ricoperti; sono andati come piombo nelle potenti acque. Chi è pari a te fra gli dei, o Eterno? Chi è pari a te, mirabile nella santità, maestoso nelle lodi, o operatore di prodigi? Tu hai steso la destra, la terra li ha inghiottiti. Nella tua misericordia, hai guidato il popolo che hai riscattato; con la tua forza lo hai condotto verso la tua santa dimora. I popoli l’hanno udito e tremano. L’angoscia ha colto gli abitanti della Filistia. Già sono smarriti i capi di Edom, i potenti di Moab sono presi da tremore, tutti gli abitanti di Canaan si struggono. Spavento e terrore piomberà su di loro. Per la forza del tuo braccio diventeranno immobili come una pietra, finché il tuo popolo, o Eterno, sia passato, finché sia passato il popolo che tu hai acquistato. Tu li introdurrai e li pianterai sul monte della tua eredità, il luogo che hai preparato, o Eterno, per tua dimora, il santuario che le tue mani, o Signore, hanno stabilito. L’Eterno regnerà per sempre, in perpetuo«. Poiché i cavalli del Faraone coi suoi carri e i suoi cavalieri erano entrati nel mare e l’Eterno aveva fatto ritornare su di loro e acque del mare, ma i figli d’Israele avevano camminato in mezzo al mare, all’asciutto. Allora Miriam, la profetessa, sorella di Aaronne, prese in mano il tamburello, e tutte le donne uscirono dietro a lei coi tamburelli e con danze. E Miriam cantava loro: »Cantate all’Eterno perché si è grandemente esaltato; ha precipitato in mare cavallo e cavaliere«. Poi Mosè fece partire gli Israeliti dal Mar Rosso ed essi si diressero verso il deserto di Shur; camminarono tre giorni nel deserto e non trovarono acqua. Quando giunsero a Mara non poterono bere le acque di Mara perché erano amare; perciò quel luogo fu chiamato Mara. Allora il popolo mormorò contro Mosè, dicendo: »Che berremo?«. Così egli gridò all’Eterno; e l’Eterno gli mostrò un segno; egli lo gettò nelle acque, e le acque divennero dolci. Là l’Eterno diede a popolo una legge e un decreto e lo mise alla prova, e disse: »Se tu ascolti attentamente la voce dell’Eterno, il tuo DIO, e fai ciò che è giusto ai suoi occhi e porgi orecchio ai suoi comandamenti e osservi tutte le sue leggi io non ti manderò addosso alcuna delle malattie che ho mandato addosso agli Egiziani perché io sono l’Eterno che ti guarisco«. Giunsero quindi ad Elim, dov’erano dodici sorgenti d’acqua e settanta palme; e vi si accamparono presso le acque. Poi essi partirono da Elim e tutta l’assemblea dei figli d’Israele giunse nel deserto di Sin, che è fra Elim e il Sinai, il quindicesimo giorno del secondo mese dopo la loro partenza dal paese d’Egitto. E tutta l’assemblea dei figli d’Israele mormorò contro Mosè e contro Aaronne nel deserto. I figli d’Israele dissero loro: »Oh, fossimo pur morti per mano dell’Eterno nel paese d’Egitto, quando sedevamo presso le pentole di carne e mangiavamo pane a sazietà! Poiché voi ci avete condotti in questo deserto per far morire di fame tutta questa assemblea«. L’Eterno disse a Mosè: »Ecco, io farò piovere per voi del pane dal cielo; e il popolo uscirà e raccoglierà ogni giorno la provvista del giorno, perché io lo voglio mettere alla prova per vedere se camminerà o no secondo la mia legge. Ma il sesto giorno, quando prepareranno la provvista che devono portare a casa, essa sarà il doppio di quella che raccolgono giornalmente«. Allora Mosè ed Aaronne dissero a tutti i figli d’Israele: »Alla sera voi conoscerete che l’Eterno è colui che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto; e al mattino vedrete la gloria dell’Eterno, poiché egli ha udito le vostre mormorazioni contro l’Eterno; ma noi che cosa siamo perché mormoriate contro di noi?«. Mosè disse ancora: »Questo avverrà quando l’Eterno vi darà carne da mangiare alla sera e pane a sazietà al mattino, poiché l’Eterno ha udito le vostre mormorazioni che avete fatto contro di lui. Ma noi che cosa siamo? Le vostre mormorazioni non sono contro di noi, ma contro l’Eterno«. Poi Mosè disse ad Aaronne: »Di’ a tutta l’assemblea dei figli d’Israele: »Avvicinatevi davanti all’Eterno, perché egli ha udito le vostre mormorazioni««. Come Aaronne parlava a tutta l’assemblea dei figli d’Israele, essi si voltarono verso il deserto; ed ecco che la gloria dell’Eterno apparve nella nuvola. E l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Io ho udito le mormorazioni dei figli d’Israele; parla loro, dicendo: »Sull’imbrunire mangerete della carne e al mattino sarete saziati di pane; e conoscerete che io sono l’Eterno, il vostro DIO««. Così, verso sera avvenne che salirono delle quaglie e ricopersero il campo; e al mattino c’era uno strato di rugiada intorno al campo. Poi lo strato di rugiada scomparve, ed ecco sulla superficie del deserto una cosa fine e tonda, minuta come la brina sulla terra. Quando i figli d’Israele la videro, si dissero l’un l’altro: »Che cos’è?«, perché non sapevano che cosa fosse. E Mosè disse loro: »Questo è il pane che l’Eterno vi ha dato da mangiare. Ecco quel che l’Eterno ha comandato: Ne raccolga ognuno quanto gli basta per il suo nutrimento, un omer a testa, secondo il numero delle persone che siete; ognuno ne pigli per quelli che sono nella sua tenda«. I figli d’Israele fecero così; gli uni ne raccolsero di piú e gli altri di meno. Lo misurarono con l’omer; or chi ne aveva raccolto molto non n’ebbe troppo; e chi ne aveva raccolto poco non ne mancò. Ognuno ne raccolse in base al suo bisogno di cibo. Poi Mosè disse loro: »Nessuno ne avanzi fino al mattino«. Ma essi non ubbidirono a Mosè e alcuni ne avanzarono fino all’indomani; e questo imputridì producendo vermi e mandò fetore; e Mosè si adirò contro costoro. Così lo raccoglievano tutte le mattine: ciascuno in base al suo bisogno di cibo; ma quando il sole si faceva caldo, quello si scioglieva. Così il sesto giorno raccolsero una doppia porzione di pane, due omer per ciascuno. E tutti i capi dell’assemblea vennero a riferirlo a Mosè. Egli allora disse loro: »Questo è ciò che l’Eterno ha detto: Domani è un giorno solenne di riposo, un sabato sacro all’Eterno; fate cuocere oggi quel che dovete cuocere e fate bollire quel che dovete bollire; e tutto quel che vi avanza, riponetelo e conservatelo fino a domani«. Essi dunque lo riposero fino all’indomani, come Mosè aveva ordinato; e quello non mandò fetore e non produsse vermi. Mosè disse: »Mangiatelo oggi, perché oggi è il sabato sacro all’Eterno; oggi non ne troverete per i campi. Raccoglietene durante sei giorni; ma nel settimo giorno, il sabato, non ve ne sarà«. Or nel settimo giorno avvenne che alcuni del popolo uscirono per raccoglierne, ma non ne trovarono. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Fino a quando rifiuterete di osservare i miei comandamenti e le mie leggi? Ricordate che l’Eterno vi ha dato il sabato; per questo nel sesto giorno egli vi dà del pane per due giorni. Rimanga ognuno al suo posto; nessuno esca dalla sua tenda il settimo giorno«. Così il popolo si riposò il settimo giorno. E la casa d’Israele lo chiamò Manna; essa era simile al seme di coriandolo, bianca e con il gusto di schiacciate fatte col miele. Poi Mosè disse: »Questo è ciò che l’Eterno ha ordinato: »Riempi con essa un omer, perché sia conservata per i vostri discendenti, affinché essi vedano il pane che vi ho fatto mangiare nel deserto, quando vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto««. Mosè disse quindi ad Aaronne: »Prendi un vaso, mettici dentro un intero omer di manna e deponilo davanti all’Eterno perché sia conservato per i vostri discendenti«. Come l’Eterno aveva ordinato a Mosè, Aaronne lo depose davanti alla Testimonianza, perché fosse conservato. E i figli d’Israele mangiarono la manna per quarant’anni, finché arrivarono in un paese abitato; mangiarono la manna finché giunsero ai confini del paese di Canaan Or l’omer è la decima parte dell’efa. Poi tutta l’assemblea dei figli d’Israele partì dal deserto di Sin, marciando a tappe secondo gli ordini dell’Eterno, e si accampò a Redifim. Ma non c’era acqua da bere per il popolo. Allora il popolo contese con Mosè e disse: »Dacci dell’acqua da bere«. Mosè rispose loro: »Perché contendete con me? Perché tentate l’Eterno?«. Là il popolo ebbe sete di acqua e mormorò contro Mosè, dicendo: »Perché ci hai fatti salire dall’Egitto per farci morire di sete noi, i nostri figli e il nostro bestiame?«. Così Mosè gridò all’Eterno, dicendo: »Che farò io per questo popolo? Ancora un po’ ed essi mi lapideranno«. L’Eterno disse a Mosè: »Passa davanti al popolo e prendi con te degli anziani d’Israele; prendi anche nella tua mano il tuo bastone col quale percuotesti il fiume, e va’. Ecco, io starò davanti a te, là sulla roccia in Horeb; tu percuoterai la roccia, ne scaturirà dell’acqua e il popolo berrà«. Mosè fece così davanti agli occhi degli anziani d’Israele. Perciò chiamò quel luogo Massa e Meriba a motivo della contesa dei figli d’Israele, e perché avevano tentato l’Eterno, dicendo: »E’ l’Eterno in mezzo a noi, o no?«. Allora venne Amalek a combattere contro Israele a Refidim. E Mosè disse a Giosuè: »Scegli per noi degli uomini ed esci a combattere contro Amalek; domani io starò sulla vetta del colle col bastone di DIO in mano«. Giosuè fece come Mosè gli aveva detto e combattè contro Amalek, mentre Mosè, Aaronne e Hur salirono sulla vetta del colle. Or avvenne che, quando Mosè alzava la sua mano, Israele vinceva; quando invece abbassava la sua mano, vinceva Amalek. Ma le mani di Mosè si erano fatte pesanti, così essi presero una pietra e gliela posero sotto, ed egli vi sedette sopra mentre Aaronne e Hur sostenevano le sue mani, l’uno da una parte, l’altro dall’altra così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole. Perciò Giosué sconfisse Amalek e la sua gente, passandoli a fil di spada. Poi l’Eterno disse a Mosè: Scrivi questo fatto in un libro, perché se ne conservi il ricordo, e fa’ sapere a Giosuè che io cancellerò interamente di sotto al cielo la memoria di Amalek. Mosè costruì quindi un altare, al quale pose nome: L’Eterno è la mia bandiera«; e disse: La mano è stata alzata contro il trono dell’Eterno, e l’Eterno farà guerra ad Amalek di generazione in generazione«. Or Jethro, sacerdote di Madian, suocero di Mosè, udì tutto ciò che DIO aveva fatto per Mosè e per Israele suo popolo: come l’Eterno aveva fatto uscire Israele dall’Egitto. Allora Jethro, suocero di Mosè, prese Sefora, moglie di Mosè, che gli aveva rinviata, e i due figli di lei, di cui uno si chiamava Ghershom, (perché Mosè aveva detto: Sono stato ospite in terra straniera«) e l’atro Eliezer (perché aveva detto: Il DIO di mio padre è stato il mio aiuto e mi ha liberato dalla spada del Faraone«). Jethro dunque, suocero di Mosè, venne da Mosè con i suoi figli e con sua moglie, nel deserto dove era accampato, al monte di Dio. Egli aveva mandato a dire a Mosè: »Io Jethro, tuo suocero, vengo da te con tua moglie e i suoi due figli con lei«. Così Mosè uscì ad incontrare suo suocero, si inchinò e o baciò; si interrogarono a vicenda sulla loro salute, poi entrarono nella tenda. Allora Mosè raccontò a suo suocero tutto ciò che l’Eterno aveva fatto al Faraone e agli Egiziani a motivo d’Israele, tutte le avversità incontrate durante il viaggio, e come l’Eterno li aveva liberati. E Jethro si rallegrò di tutto il bene che l’Eterno aveva fatto a Israele, liberandolo dalla mano degli Egiziani. Quindi Jethro disse: Benedetto sia l’Eterno, che vi ha liberati dalla mano degli Egiziani e dalla mano del Faraone, e ha liberato il popolo dal giogo degli Egiziani! Ora so che l’Eterno è piú grande di tutti gli dei; si, egli lo ha dimostrato loro, quando hanno agito orgogliosamente contro Israele«. Poi Jethro, suocero di Mosè, prese un olocausto e dei sacrifici per offrirli a DIO; e Aaronne e tutti gli anziani d’Israele vennero a mangiare col suocero di Mosè davanti a DIO. Or avvenne che, il giorno seguente, Mosè si assise per giudicare il popolo; e il popolo stette intorno a Mosè dal mattino fino alla sera. Quando il suocero di Mosè vide tutto ciò che egli faceva per il popolo, disse: »Che è questo che tu fai col popolo? Perché siedi solo, e tutto il popolo ti sta attorno dal mattino fino alla sera?«. Mosè rispose a suo suocero: »Perché il popolo viene da me per consultare DIO. Quando essi hanno un problema, vengono da me, e io giudico fra l’uno e l’altro e faccio loro conoscere gli statuti di DIO e le sue leggi«. Ma il suocero di Mosè gli disse: »Ciò che tu fai non va bene. Finirai senz’altro per esaurirti, tu e questo popolo che è con te, perché il compito è troppo arduo. Non puoi farcela da solo. Ora ascoltami; io ti darò un consiglio e DIO sia con te: Rappresenta tu il popolo davanti a DIO e porta a DIO i loro problemi. Insegna loro gli statuti e le leggi e mostra loro la via per la quale devono camminare e ciò che devono fare. Ma scegli fra tutto il popolo degli uomini capaci che temano DIO, degli uomini fidati, che detestino il guadagno ingiusto, e stabiliscili sul popolo come capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di diecine. lascia che siano loro a giudicare il popolo in ogni tempo; essi riporteranno a te ogni problema di grande importanza, ma ogni piccolo problema lo decideranno loro. Così sarà piú facile per te, ed essi porteranno il peso con te. Se tu fai questo, e così DIO ti ordina, potrai durare; e anche tutto questo popolo arriverà felicemente al luogo loro destinato«. Mosè diede ascolto alla voce del suo suocero, e fece tutto ciò che egli aveva detto. Così Mosè scelse fra tutto Israele degli uomini capaci e li stabilì capi del popolo: capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine e capi di diecine. Così essi giudicavano il popolo in ogni tempo; le cause difficili le portavano a Mosè, ma ogni piccolo problema lo decidevano loro. Poi Mosè congedò suo suocero, il quale se ne tornò al suo paese. Nel primo giorno del terzo mese dall’uscita dal paese d’Egitto, in questo giorno, i figli d’Israele giunsero al deserto del Sinai. Essendo partiti da Refidim, giunsero al deserto del Sinai e si accamparono nel deserto; Israele si accampò là, di fronte al monte. Poi Mosè salì verso DIO; e l’Eterno lo chiamò dal monte, dicendo: »Così dirai alla casa di Giacobbe e questo annuncerai ai figli d’Israele: "Voi avete visto ciò che ho fatto agli Egiziani, e come io vi ho portato sulle ali d’aquila e vi ho condotto da me. Or dunque, se darete attentamente ascolto alla mia voce e osserverete il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare, poiché tutta la terra è mia. E sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa. Queste sono le parole che dirai ai figli d’Israele"«. Allora Mosè mandò a chiamare gli anziani del popolo, ed espose loro tutte queste parole che l’Eterno gli aveva ordinato di dire. E tutto il popolo rispose insieme e disse: »Noi faremo tutto ciò che l’Eterno ha detto«. Così Mosè riferì all’Eterno le parole del popolo. E l’Eterno disse a Mosè: »Ecco io verrò a te in una densa nuvola, affinché il popolo oda quando io parlerò con te, e creda a te per sempre«. Mosè riferì quindi all’Eterno le parole del popolo. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Va’ dal popolo, santificalo oggi e domani, e fa’ che si lavi le vesti. E siano pronti per il terzo giorno, perché il terzo giorno l’Eterno scenderà sul monte Sinai agli occhi di tutto il popolo. Tu fisserai tutt’intorno dei limiti al popolo e dirai: Guardatevi dal salire sul monte o dal toccarne l’estremità. Chiunque toccherà il monte sarà messo a morte. Nessuna mano lo toccherà, ma sarà lapidato o trafitto con frecce, tanto uomo che animale; non sarà lasciato in vita. Quando il corno suonerà a distesa allora salgano sul monte«. Così Mosè scese dal monte verso il popolo; santificò il popolo ed essi si lavarono le vesti. Poi disse al popolo: »Siate pronti fra tre giorni; non accostatevi a donna«. Il terzo giorno come fu mattino, ci furono tuoni e lampi; sul monte apparve una densa nuvola e si udì un fortissimo suon di tromba; e tutto il popolo che era nell’accampamento tremò. Quindi Mosè fece uscire il popolo dall’accampamento per condurlo incontro a DIO; e si fermarono ai piedi del monte. Or il monte Sinai era tutto fumante, perché l’Eterno era disceso su di esso nel fuoco; il suo fumo saliva come il fumo di una fornace, e tutto il monte tremava forte. Mentre il suono della tromba andava facendosi sempre piú forte, Mosè parlava, e DIO gli rispondeva con una voce tonante. L’Eterno dunque scese sul monte Sinai, in vetta al monte; poi l’Eterno chiamò Mosè in vetta al monte e Mosè vi salì. l’Eterno disse a Mosè: »Scendi e avverti solennemente il popolo, perché non si precipiti verso l’Eterno per guardare, e molti non abbiano a perire. Anche i sacerdoti che si avvicinano all’Eterno si santifichino, affinché l’Eterno non si avventi contro di loro«. Mosè disse all’Eterno: »Il popolo non può salire sul monte Sinai, poiché tu ci hai ordinato solennemente, dicendo: »Poni dei limiti attorno al monte e santificalo««. Ma l’Eterno gli disse: »Va’, scendi giú; poi sali, tu e Aaronne con te; ma i sacerdoti e il popolo non si precipitino per salire verso l’Eterno, perché egli non si avventi contro di loro«. Così Mosè scese dal popolo e gli parló. Allora DIO pronunziò tutte queste parole, dicendo: »Io sono l’Eterno, il tuo DIO," che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitú. Non avrai altri dei davanti a me. Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassú nei cieli o quaggiú sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisce l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano e uso benignità a migliaia, a quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non userai il nome dell’Eterno, il tuo DIO, invano, perché l’Eterno non lascerà impunito chi usa il suo nome invano. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo. Lavorerai sei giorni e in essi farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è sabato, sacro all’Eterno, il tuo DIO; non farai in esso alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo servo, né la tua serva, né il tuo bestiame, né il forestiero che é dentro alle tue porte; poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, e il settimo giorno si riposò; perciò l’Eterno ha benedetto il giorno di sabato e l’ha santificato. Onorerai tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano lunghi sulla terra che l’Eterno, il tuo DIO ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non farai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo prossimo; non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né cosa alcuna che sia del tuo prossimo«. Ora tutto il popolo udiva i tuoni, il suono della tromba e vedeva i lampi é il monte fumante. A tale vista, il popolo tremava e si teneva a distanza. Perciò essi dissero a Mosè: »Parla tu con noi e noi ti ascolteremo, ma non ci parli DIO perché non abbiamo a morire«. Mosè disse al popolo: »Non temete, perché DIO è venuto per provarvi, e affinché il timore di lui vi sia sempre davanti, e così non pecchiate«. Il popolo si teneva dunque a distanza, ma Mosè si avvicinò alla densa oscurità dov’era DIO. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Dirai così ai figli d’Israele: »Voi stessi avete visto che ho parlato con voi dal cielo. Non farete altri dei accanto a me; non vi farete dei d’argento o dei d’oro. Farai per me un altare di terra e su questo offrirai i tuoi olocausti, i tuoi sacrifici di ringraziamento, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni luogo in cui farò si che il mio nome sia ricordato, verrò a te e ti benedirò. E se farai per me un altare di pietra, non lo costruirai con pietre tagliate; perché alzando su di esse lo scalpello le contamineresti. E non salirai al mio altare per mezzo di gradini, affinché su di esso non si scopra la tua nudità"«. »Ora queste sono le leggi che tu porrai davanti a loro: Se compri uno schiavo ebreo, egli ti servirà per sei anni; ma il settimo se ne andrà libero, senza pagare nulla. Se è venuto solo, se ne andrà solo; se aveva moglie, la moglie se ne andrà con lui. Se il suo padrone gli dà moglie e questa gli partorisce figli e figlie, la moglie e i figli di lei saranno del padrone, ed egli se ne andrà solo. Ma se lo schiavo apertamente dice: »Io amo il mio padrone, mia moglie e i miei figli, e non voglio andarmene libero«, allora il suo padrone lo farà avvicinare a DIO e lo farà accostare alla porta o allo stipite; quindi il suo padrone gli forerà l’orecchio con un punteruolo; ed egli lo servirà per sempre. Se uno vende la propria figlia per essere serva, ella non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi. Se ella non piace al suo padrone, che se l’era presa per sé, egli la lascerà riscattare; ma non avrà il diritto di venderla a gente straniera, perché sarebbe un trattarla con inganno. E se la dà in sposa a suo figlio, la tratterà in base al diritto delle figlie. Se prende un’altra moglie, egli non diminuirà il suo cibo, il suo vestiario e la sua coabitazione. Se non fa per lei queste tre cose, ella se ne andrà per niente, senza pagamento di prezzo. Chi percuote un uomo che, a motivo di questo, muore, sarà messo a morte. Se però non gli ha teso alcun agguato, ma DIO glielo ha fatto cadere in mano, io ti assegnerò un luogo dove egli possa rifugiarsi. Se uno agisce con premeditazione contro il suo prossimo per ucciderlo con inganno, tu lo strapperai anche dal mio altare, per farlo morire. Chi percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte. Chi rapisce un uomo e lo vende, o è trovato nelle sue mani, sarà messo a morte. Chi maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte. Se due uomini vengono a una lite e uno percuote l’altro con una pietra o col pugno e quello non muore ma deve mettersi a letto, se poi si rialza e cammina fuori appoggiato al suo bastone, chi lo ha colpito sarà assolto; lo indennizzerà soltanto del tempo perduto e lo farà curare fino a guarigione compiuta. Se uno percuote il suo schiavo e la sua schiava col bastone, ed egli o essa gli muore fra le mani, il padrone sarà punito; ma se sopravvive un giorno o due, non sarà punito, perché è di sua proprietà. Se alcuni vengono a lite e percuotono una donna incinta così da farla abortire, ma non ne segue altro danno, il percuotitore sarà multato in base a quanto il marito della donna gli imporrà; egli pagherà l’indennizzo come determinano i giudici; ma se ne segue danno, darai vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede, scottatura per scottatura, ferita per ferita, contusione per contusione. Se uno colpisce l’occhio del suo schiavo o l’occhio della sua schiava e glielo fa perdere, li lascerà andare liberi in compenso dell’occhio perduto. E se fa cadere un dente al suo schiavo o un dente alla sua schiava, li lascerà andare liberi in compenso del dente perduto. Se un bue colpisce a morte con le corna un uomo o una donna, il bue dovrà essere lapidato e la sua carne non si mangerà; ma il padrone del bue sarà assolto. Però se il bue era da tempo solito a ferire con le corna e il suo padrone era stato avvertito, ma non l’aveva tenuto rinchiuso, e il bue poi uccide un uomo o una donna, il bue sarà lapidato e il suo padrone sarà pure messo a morte. Se gli è imposto un prezzo di riscatto, egli dovrà dare per il riscatto della propria vita tutto ciò che gli è imposto. Se il bue colpisce un figlio o una figlia, si procederà nei suoi confronti secondo questa stessa legge. Se il bue colpisce uno schiavo o una schiava, il proprietario del bue pagherà al padrone dello schiavo trenta sicli d’argento e il bue sarà lapidato. Se uno apre una fossa, o se uno scava una fossa e non la copre e un bue o un asino vi cade dentro, il proprietario della fossa pagherà l’indennizzo; egli darà in denaro al padrone il valore della bestia e la bestia morta sarà sua. Se il bue di un uomo colpisce a morte il bue di un altro, si venderà il bue vivo e se ne dividerà il prezzo; e anche il bue morto sarà diviso fra loro. Se poi è noto che quel bue era da tempo solito colpire con le corna, e il suo padrone non l’ha tenuto rinchiuso, questi dovrà pagare bue per bue e la bestia morta sarà sua«. »Se uno ruba un bue o una pecora e li ammazza o li vende, restituirà cinque buoi per il bue e quattro pecore per la pecora. Se il ladro, colto nell’atto di fare uno scasso, è percosso e muore, il proprietario non è colpevole di omicidio nei suoi confronti. Se il sole si era già alzato quando avvenne il fatto, egli è colpevole di omicidio. Il ladro dovrà risarcire il danno; se non ha di che risarcirlo, sarà venduto per il furto da lui fatto. Se la cosa rubata bue o asino o pecora che sia, è trovata viva nelle sue mani, restituirà il doppio. Se uno danneggia un campo o una vigna, lasciando andare le sue bestie a pascolare nel campo di un altro, risarcirà il danno col meglio del suo campo e col meglio della sua vigna. Se un fuoco si propaga e si estende alle spine si che viene bruciato il grano in covoni o il grano in piedi o il campo, chi ha acceso il fuoco dovrà risarcire il danno. Se uno affida al suo vicino del denaro o degli oggetti da custodire, e questi sono rubati dalla casa di questo tale, se si trova il ladro, restituirà il doppio. Se il ladro non si trova, il padrone della casa sarà portato davanti a DIO per giurare che non ha messo la sua mano sui beni del suo vicino. Per qualsiasi genere di reato, sia che si tratti di un bue, di un asino, di una pecora, di un vestito o di qualunque oggetto perduto che un altro afferma essere suo, a causa di ambedue le parti verrà davanti a DIO; colui che DIO condannerà, restituirà il doppio al suo vicino. Se uno dà in custodia al suo vicino un asino o un bue o una pecora o qualunque altra bestia, ed essa muore o è ferita o è portata via senza che nessuno veda, ci sarà fra le due parti un giuramento davanti all’Eterno per sapere se il depositario non ha messo la sua mano sui beni del suo vicino. Il padrone della cosa accetterà il giuramento, e l’altro non sarà tenuto al risarcimento di danni. Ma se la cosa gli è stata rubata, egli dovrà risarcire del danno il padrone di essa. Se la bestia è stata sbranata, la porterà come prova, e non sarà tenuto al risarcimento per la bestia sbranata. Se uno prende in prestito dal suo vicino una bestia, e questa si ferisce o muore quando il suo padrone non è presente, egli dovrà risarcire il danno. Se il padrone è presente, non dovrà risarcire i danni; se la bestia è stata presa a nolo, essa è compresa nel prezzo del nolo. Se uno seduce una fanciulla non ancora fidanzata e si corica con lei, dovrà pagare per la sua dote e prenderla per moglie. Se il padre di lei rifiuta assolutamente di dargliela, pagherà la somma richiesta per la dote delle vergini. Non lascerai vivere la strega. Chi si accoppia con un bestia dovrà essere messo a morte. Chi sacrifica a un altro dio, all’infuori del solo Eterno, sarà sterminato. Non maltratterai lo straniero e non l’opprimerai perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Non opprimerai alcuna vedova, né alcun orfano. Se in qualche modo li opprimi ed essi gridano a me, io udrò senza dubbio il loro grido; la mia ira si accenderà e io vi ucciderò con la spada; le vostre mogli diventeranno vedove e i vostri figli orfani. Se tu presti del denaro ad alcuno del mio popolo, al povero che è con te, non lo tratterai da usuraio; non gli imporrai alcun interesse. Se prendi in pegno il vestito del tuo vicino, glielo renderai prima che tramonti il sole, perché esso è l’unica sua coperta e la veste con cui si avvolge il corpo. In cos’altro dormirebbe egli? E se avverrà che egli gridi a me, io lo udrò, perché sono misericordioso. Non bestemmierai DIO e non maledirai il principe del tuo popolo. Non indugerai a offrirmi il tributo del tuo raccolto e di ció che cola dai tuoi strettoi. Mi darai il primogenito dei tuoi figli. Lo stesso farai del tuo bue e della tua pecora: il loro primo parto rimarrà sette giorni presso la madre; l’ottavo giorno me lo darai. Voi mi sarete degli uomini santi; non mangerete carne di alcun animale sbranato nei campi; gettatela ai cani«. »Non spargerai alcuna voce falsa e non darai alcun aiuto all’empio per essere un ingiusto testimone. Non seguirai la maggioranza per fare il male; e non deporrai in una vertenza giudiziaria schierandoti dalla parte della maggioranza per pervertire la giustizia. Non favorirai neppure il povero nel suo processo. Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, glielo riporterai. Se vedi l’asino di colui che ti odia steso a terra sotto il carico, guardati bene dall’abbandonarlo, ma aiuterai il suo padrone a slegarlo. Non distorcerai il diritto del tuo povero nel suo processo. Rifuggirai da ogni falsità; non ucciderai l’innocente e il giusto, perché io non assolverò il malvagio. Non accetterai alcun regalo, perché il regalo acceca chi vede e perverte le parole dei giusti. Non opprimerai lo straniero, poiché voi conoscete l’animo dello straniero, perché siete stati stranieri nel paese d’Egitto. Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno la lascerai riposare e rimarrà incolta, affinché ne godano i poveri del tuo popolo; e le bestie della campagna mangeranno quel che essi lasceranno. Lo stesso farai della tua vigna e dei tuoi ulivi. Per sei giorni farai il tuo lavoro ma il settimo giorno ti riposerai, affinché il tuo bue e il tuo asino possano riposarsi, e il figlio della tua serva e il forestiero possano riprendere energia. Farete attenzione a tutte le cose che vi ho detto e non pronunzierete il nome di altri dei; non lo si oda uscire dalla vostra bocca. Tre volte all’anno mi celebrerai una festa. Osserverai la festa degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane senza lievito. come ti ho ordinato al tempo stabilito nel mese di Abib, perché in quello tu uscisti dall’Egitto; e nessuno comparirà davanti a me a mani vuote. Osserverai anche la festa della mietitura. delle primizie del tuo lavoro, di quello che hai seminato nei campi; e la festa della raccolta. alla fine dell’anno quando raccoglierai dai campi i frutti del tuo lavoro. Tre volte all’anno tutti i tuoi maschi compariranno davanti al Signore, l’Eterno. Non offrirai il sangue della mia vittima col pane lievitato; e il grasso dei sacrifici della mia festa non rimarrà fino al mattino. Porterai alla casa dell’Eterno, il tuo DIO, le primizie dei primi frutti della terra. Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre. Ecco, io mando un Angelo davanti a te per vegliare su di te lungo la via, e per farti entrare nel luogo che ho preparato. Stai attento davanti a lui e ubbidisci alla sua voce; non ribellarti a lui, perché egli non perdonerà le vostre trasgressioni, poiché il mio nome è in lui. Ma se ubbidisci pienamente alla sua voce e fai tutto quello che dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e sarò l’avversario dei tuoi »avversari; poiché il mio Angelo andrà davanti a te e ti farò entrare nel paese degli Amorei, degli Hittei, dei Perezei, dei Cananei, degli Hivvei e dei Gebusei, e li sterminerò. Non ti prostrerai davanti ai loro dei, e non li servirai. Non farai ciò che essi fanno; ma li distruggerai interamente e spezzerai le loro colonne. Servite all’Eterno, il vostro DIO, ed egli benedirà il tuo pane e la tua acqua; ed io allontanerò la malattia di mezzo a te. Nel tuo paese non ci sarà alcuna donna che abortisca, né alcuna donna sterile. Io farò completo il numero dei tuoi giorni. Io manderò davanti a te il mio terrore e metterò in rotta ogni popolo presso il quale arriverai, e farò voltare le spalle davanti a te a tutti i tuoi nemici. E manderò davanti a te i calabroni, che scacceranno gli Hivvei, i Cananei e gli Hittei davanti a te. Non li scaccerò davanti a te in un anno, affinché il paese non diventi un deserto e le bestie dei campi non si moltiplichino contro di te. Li scaccerò davanti a te a poco a poco, affinché tu cresca di numero e prenda possesso del paese. E fisserò i tuoi confini dal Mar Rosso al mare dei Filistei e dal deserto fino al Fiume; poiché io darò nelle tue mani gli abitanti del paese e tu li scaccerai davanti a te Non farai alleanza alcuna con loro, né coi loro dei. Essi non abiteranno nel tuo paese, perché non ti facciano peccare contro di me: tu serviresti ai loro dei e questo ti sarebbe un laccio«. Poi Dio disse a Mosè: »Sali all’Eterno, tu ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d’Israele, e adorate da lontano; poi Mosè si avvicinerà all’Eterno; ma gli altri non si avvicineranno, né salirà il popolo con lui«. Mosè allora venne e riferì al popolo tutte le parole dell’Eterno e tutte le leggi. E tutto il popolo rispose a una sola voce e disse: »Noi faremo tutte le cose che l’Eterno ha detto«. E Mosè scrisse tutte le parole dell’Eterno; poi si alzò al mattino presto ed eresse ai piedi del monte un altare e dodici colonne per le dodici tribú d’Israele. Mandò quindi dei giovani tra i figli d’Israele a offrire olocausti e a immolare torelli come sacrifici di ringraziamento all’Eterno. E Mosè prese la metà del sangue e lo mise in catini; e l’altra metà del sangue la sparse sull’altare. poi prese il libro del patto e lo lesse al popolo il quale disse: »Noi faremo tutto ciò che l’Eterno ha detto, e ubbidiremo«. Mosè prese quindi il sangue, ne asperse il popolo e disse: »Ecco il sangue del patto che l’Eterno ha fatto con voi secondo tutte queste parole«. Poi Mosè ed Aaronne, Nadab e Abihu e settanta degli anziani d’Israele salirono, e videro il DIO d’Israele. Sotto i suoi piedi c’era come un pavimento lavorato di zaffiro, della chiarezza del cielo stesso. Ma egli non stese la sua mano contro i capi dei figli d’Israele; ed essi videro DIO, e mangiarono e bevvero. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Sali da me sul monte e rimani là; e io ti darò delle tavole di pietra, la legge e i comandamenti che ho scritti, perché tu li insegni loro«. Mosè dunque si levò con Giosuè suo ministro; e Mosè salì sul monte di DIO. Ma agli anziani disse: »Aspettateci qui, finché ritorneremo da voi. Ecco, Aaronne e Hur sono con voi; chiunque ha problemi si rivolga a loro«. Mosè dunque salì sul monte e la nuvola ricoperse il monte. Ora la gloria dell’Eterno rimase sul monte Sinai e la nuvola lo coperse per sei giorni; il settimo giorno l’Eterno chiamò Mosè di mezzo alla nuvola. E l’aspetto della gloria dell’Eterno era agli occhi dei figli d’Israele come un fuoco consumante sulla cima del monte. Così Mosè entrò in mezzo alla nuvola e salì sul monte; e Mosè rimase sul monte quaranta giorni e quaranta notti. L’Eterno parlò a Mosè dicendo: »Di’ ai figli d’Israele che mi facciano un’offerta; accetterete l’offerta da ogni uomo che la fa spinto dal proprio cuore. E questa è l’offerta che accetterete da loro: oro, argento e bronzo; stoffe di colore violaceo, porporino, scarlatto; lino fino e pelo di capra; pelli di montone tinte in rosso, pelli di tasso e legno di acacia; olio per la luce del candelabro, aromi per l’olio della unzione e per l’incenso profumato; pietre di onice e pietre da incastonare per l’efod e il pettorale. Mi facciano un santuario, perché io abiti in mezzo a loro. Voi lo farete secondo tutto quello che io ti mostrerò, sia per il modello del tabernacolo che per il modello di tutti i suoi arredi. Faranno dunque un’arca di legno di acacia, lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo e alta un cubito e mezzo. La rivestirai d’oro puro, la rivestirai di dentro e di fuori; e sopra le farai una ghirlanda d’oro, che giri tutt’intorno. Fonderai per essa quattro anelli d’oro e li metterai ai suoi quattro piedi: due anelli da un lato e due anelli dall’altro lato. Farai anche delle stanghe di legno d’acacia e le rivestirai d’oro. Farai quindi passare le stanghe per gli anelli ai lati dell’arca, per portarla. Le stanghe rimarranno negli anelli dell’arca; non saranno rimossi da essa. E nell’arca metterai la Testimonianza che ti darò. Farai anche un propiziatorio d’oro puro; la sua lunghezza sarà di due cubiti e mezzo e la sua larghezza di un cubito e mezzo. Farai quindi due cherubini d’oro; li farai lavorati al martello alle due estremità del propiziatorio; fa’ un cherubino a una delle estremità e un cherubino all’altra estremità; farete i cherubini di un sol pezzo col propiziatorio alle sue estremità. E i cherubini avranno le ali spiegate in alto, in modo da coprire il propiziatorio con le loro ali; saranno rivolti l’uno verso l’altro, mentre le facce dei cherubini saranno volte verso il propiziatorio. Metterai quindi il propiziatorio in alto, sopra l’arca; e nell’arca metterai la Testimonianza che ti darò. Là io ti incontrerò, e da sopra il propiziatorio, fra i due cherubini che sono sull’arca della testimonianza, ti comunicherò tutti gli ordini che avrò da darti per i Figli d’Israele. Farai anche una tavola di legno di acacia, lunga due cubiti, larga un cubito e alta un cubito e mezzo La rivestirai d’oro puro e le Farai tutt’intorno una ghirlanda d’oro. Le farai tutt’intorno un bordo alto un palmo di mano e intorno a questo bordo farai una ghirlanda d’oro. Le farai pure quattro anelli d’oro e metterai gli anelli ai quattro angoli, che sono ai quattro piedi della tavola. Gli anelli saranno vicini al bordo per farvi passare le stanghe destinate a portare la tavola. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro; esse serviranno a portare la tavola. Farai pure i suoi piatti, le sue coppe, i suoi calici e le sue tazze con cui si fanno le libazioni; li farai d’oro puro. E metterai sulla tavola il pane della presentazione, che starà del continuo davanti a me. Farai anche un candelabro d’oro puro; il candelabro, il suo piede e il suo tronco saranno lavorati al martello; i suoi calici, i suoi pomi e i suoi fiori saranno tutti di un sol pezzo. Dai suoi lati usciranno sei braccia: tre braccia del candelabro da un lato e tre braccia del candelabro dall’altro; su un braccio saranno modellati tre calici in forma di mandorla, con un pomo e un fiore, e sull’altro braccio tre calici in forma di mandorla, con un pomo e un fiore. Così sarà fatto per le sei braccia che escono dal candelabro. Nel tronco del candelabro ci saranno quattro calici in forma di mandorla, coi loro pomi e i loro fiori. Ci sarà un pomo sotto le due prime braccia uscenti da esso, un pomo sotto le altre due braccia uscenti da esso, e un pomo sotto le due ultime braccia uscenti da esso: così sarà fatto per le sei braccia uscenti dal candelabro. Questi pomi e queste braccia, formeranno il tutto, sarà d’oro puro lavorato col martello. Farai pure le sue sette lampade, lampade che saranno sistemate in modo tale da far luce sul davanti del candelabro. E i suoi smoccolatoi e i suoi portasmoccolature saranno d’oro puro. Il candelabro sarà fatto con un talento d’oro puro, con tutti questi suoi utensili. E vedi di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte«. »Farai poi il tabernacolo di dieci teli di lino fino ritorto, di filo color violaceo, porporino e scarlatto, con dei cherubini artisticamente lavorati La lunghezza di ogni telo sarà di ventotto cubiti e la larghezza di ogni telo di quattro cubiti; i teli avranno tutti la stessa misura. Cinque teli saranno uniti assieme e gli altri cinque teli saranno pure uniti assieme. Farai degli occhielli di color violaceo sull’orlo del telo esterno della prima serie; e lo stesso farai all’orlo del telo esterno della seconda serie. Farai cinquanta occhielli sul primo telo e farai cinquanta occhielli sull’orlo del telo esterno della seconda serie di teli: gli occhielli si corrisponderanno l’uno all’altro. E farai cinquanta fermagli d’oro e unirai i teli l’uno all’altro mediante i fermagli, perché il tabernacolo formi un tutt’uno. Farai pure dei teli di pelo di capra, per servire da tenda sopra il tabernacolo: di questi teli ne farai undici. La lunghezza di ogni telo sarà di trenta cubiti e la larghezza di ogni telo di quattro cubiti; gli undici teli avranno tutti la stessa misura. Unirai cinque teli tra di loro, e gli altri sei fra di loro; ripiegherai su se stesso il sesto telo sulla parte anteriore della tenda. Farai inoltre cinquanta occhielli sull’orlo del telo esterno della prima serie e cinquanta occhielli all’orlo del telo esterno della seconda serie del telo. Farai pure cinquanta fermagli di bronzo e farai entrare i fermagli negli occhielli e unirai così la tenda in modo che formi un tutt’uno. Della parte che rimane il sovrappiù, dei teli della tenda, la metà del telo in sovrappiú ricadrà sulla parte posteriore del tabernacolo; e il cubito da una parte e il cubito dall’altra parte che sono in sovrappiú nella lunghezza dei teli della tenda, ricadranno sui due lati del tabernacolo, uno da un lato e l’altro dall’altro per coprirlo. Farai pure una copertura per la tenda di pelli di montone tinte di rosso, e sopra questa un’altra copertura di pelli di tasso. Farai per il tabernacolo delle assi in legno d’acacia, messe per ritto. La lunghezza di un’asse sarà di dieci cubiti e la sua larghezza di un cubito e mezzo. Ogni asse avrà due incastri per unire un’asse all’altra; così farai per tutte le assi del tabernacolo. Farai dunque le assi per il tabernacolo venti assi per il lato sud. Metterai quaranta basi d’argento sotto le venti assi: due basi sotto ciascuna asse per i suoi due incastri. Farai pure venti assi per il secondo lato del tabernacolo, per il lato nord, e le loro quaranta basi d’argento, due basi sotto ciascun’asse. per la parte posteriore del tabernacolo, verso ovest, farai sei assi. Farai pure due assi per i due angoli posteriori del tabernacolo. Esse saranno appaiate in basso e saranno unite assieme in alto con un anello. Così sarà per ambedue le assi, che saranno ai due angoli. Vi saranno dunque otto assi con le loro basi d’argento: sedici basi, due basi sotto ciascun’asse. Farai anche delle traverse di legno d’acacia: cinque per le assi di un lato del tabernacolo, cinque traverse per le assi dell’altro lato del tabernacolo e cinque traverse per le assi della parte posteriore del tabernacolo, a ovest. La traversa di centro, in mezzo alle assi, passerà da una parte all’altra. Rivestirai d’oro le assi e farai d’oro i loro anelli per i quali passeranno le traverse, e rivestirai d’oro le traverse. Erigerai il tabernacolo secondo la forma esatta che ti è stata mostrata sul monte. Farai un velo di filo violaceo, porporino, scarlatto e di lino fino ritorto, con dei cherubini artisticamente lavorati. e lo sospenderai a quattro colonne di acacia rivestite d’oro, con i loro uncini d’oro, posate su basi d’argento. Appenderai il velo ai fermagli; e là, all’interno del velo, introdurrai l’arca della testimonianza; il velo servirà per voi da separazione fra il luogo santo e il luogo santissimo. Metterai quindi il propiziatorio sull’arca della testimonianza nel luogo santissimo. Fuori del velo invece metterai la tavola, mentre il candelabro andrà di fronte alla tavola sul lato sud del tabernacolo, e metterai la tavola sul lato nord. Farai pure per l’ingresso della tenda una cortina di filo violaceo, porporino, scarlatto e di lino ritorto, il lavoro di un ricamatore. Inoltre farai cinque colonne di acacia per la cortina e le rivestirai d’oro; i loro uncini saranno d’oro e fonderai per esse cinque basi di bronzo«. Farai anche un altare di legno di acacia, lungo cinque cubiti e largo cinque cubiti; l’altare sarà quadrato e avrà tre cubiti di altezza. Farai ai suoi quattro angoli dei corni, che formeranno un tutt’uno con esso; e lo rivestirai di bronzo. Farai pure i suoi vasi per raccogliere le ceneri, le sue palette, i suoi catini, i suoi forchettoni e i suoi bracieri; tutti i suoi utensili li farai di bronzo. Gli farai pure una griglia di bronzo in forma di rete e sulla rete, ai suoi quattro angoli, farai quattro anelli di bronzo; e la porrai sotto la cornice dell’altare nella parte inferiore, in modo che la rete si trovi a metà dell’altezza dell’altare. Farai anche delle stanghe per l’altare, stanghe di legno di acacia, e le rivestirai di bronzo. Le stanghe si faranno passare per gli anelli; e le stanghe saranno ai due lati dell’altare, quando lo si dovrà portare. Lo farai di tavole e vuoto internamente; dovrà essere fatto, come ti è stato mostrato sul monte. Farai anche il cortile del tabernacolo; dal lato sud, il cortile avrà dei tendaggi di lino fino ritorto di cento cubiti di lunghezza per un lato, e venti colonne con le loro venti basi di bronzo; gli uncini delle colonne e le loro aste saranno d’argento. Così pure per la lunghezza del lato nord, ci saranno dei tendaggi di cento cubiti di lunghezza, con venti colonne e le foro venti basi di bronzo; gli uncini delle colonne saranno d’argento. E per la larghezza del cortile sul lato ovest ci saranno cinquanta cubiti di tendaggi con le loro dieci colonne e le loro dieci basi. La larghezza del cortile, sul lato est, sarà pure di cinquanta cubiti. Da un lato della porta d’ingresso ci saranno quindici cubiti di tendaggi, con le loro tre colonne e le loro tre basi; e dall’altro lato ci saranno pure quindici cubiti di tendaggi con le loro tre colonne e le loro tre basi. per la porta d’ingresso del cortile ci sarà una cortina di venti cubiti, di filo violaceo, porporino, scarlatto e di lino fino ritorto, il lavoro di un ricamatore, con le loro quattro colonne e le loro quattro basi. Tutte le colonne intorno al cortile saranno congiunte con delle aste d’argento; i loro uncini saranno d’argento e le loro basi di bronzo. La lunghezza del cortile sarà di cento cubiti, la larghezza di cinquanta e l’altezza di cinque cubiti, con tendaggi di lino fino ritorto e con le basi di bronzo. Tutti gli utensili destinati al servizio del tabernacolo, tutti i suoi piuoli e tutti i piuoli del cortile saranno di bronzo. Ordinerai ai figli d’Israele che ti portino dell’olio di oliva puro di olive schiacciate, per la luce del candelabro, per tenere le lampade continuamente accese. Nella tenda di convegno, fuori del velo che sta davanti alla testimonianza, Aaronne e i suoi figli terranno le lampade accese, perché ardano dalla sera al mattino davanti all’Eterno. Questo sarà uno statuto perenne tra i figli d’Israele per tutte le future generazioni«. »Poi fa’accostare a te Aaronne tuo fratello e i suoi figli con lui, dal mezzo dei figli d’Israele, perché serva a me come sacerdote: Aaronne, Nadab, Abihu, Eleazar e Ithamar, figli di Aaronne. E farai ad Aaronne, tuo fratello, delle vesti sacre, per conferirgli onore e grazia. parlerai a tutte le persone abili, che ho ripieno di spirito di sapienza, ed esse faranno le vesti di Aaronne per consacrarlo, perché serva a me come sacerdote. E questi sono le vesti che faranno: un pettorale, un efod, un mantello, una tunica lavorata a maglia, un turbante e una cintura. Faranno dunque delle vesti sacre per Aaronne tuo fratello e per i suoi figli, affinché serva a me come sacerdote; essi useranno oro e filo violaceo, porporino, scarlatto e lino fino. Farai l’efod d’oro e di filo violaceo, porporino, scarlatto e di lino fino ritorto, lavorato artisticamente. Alle sue due estremità esso avrà attaccate due spalline, perché sia tenuto insieme. La cintura artisticamente lavorata, che è sull’efod, sarà dello stesso lavoro dell’efod: d’oro e di filo color violaceo, porporino, scarlatto e di lino fino ritorto. Poi prenderai due pietre d’onice e inciderai su di esse i nomi dei figli d’Israele: sei dei loro nomi su una pietra e gli altri sei nomi sull’altra pietra, secondo il loro ordine di nascita. Inciderai su queste due pietre i nomi dei figli d’Israele come fa l’intagliatore di pietra nell’incisione di un sigillo; le farai inserire in castoni d’oro. Metterai le due pietre sulle spalline dell’efod, come pietre di ricordo per i figli d’Israele; e Aaronne porterà i loro nomi davanti all’Eterno sulle sue due spalle, per ricordo. Farai inoltre dei castoni d’oro e due catenelle d’oro puro, intrecciate come una corda, e metterai nei castoni le catenelle così intrecciate. Farai pure il pettorale del giudizio, artisticamente lavorato; lo farai come il lavoro dell’efod: d’oro, di filo violaceo, porporino e scarlatto, e di lino fino ritorto. Sarà quadrato e piegato in due; avrà la lunghezza di una spanna e una spanna di larghezza. E vi incastonerai quattro file di pietre; nella prima fila: un sardonio, un topazio e uno smeraldo; nella seconda fila: un turchese, uno zaffiro e un diamante; nella terza fila: un giacinto, un’agata e un’ametista; nella quarta fila: un grisolito, un onice e un diaspro. Queste pietre saranno inserite nei loro castoni d’oro. E le pietre corrisponderanno ai nomi dei figli d’Israele: dodici, secondo i loro nomi, incisi come dei sigilli, ciascuna col nome delle tribú d’Israele. Farai pure sul pettorale delle catenelle d’oro puro intrecciate come cordoni. Poi farai sul pettorale due anelli d’oro, e metterai i due anelli alle due estremità del pettorale. poi fisserai i due cordoni d’oro ai due anelli alle estremità del pettorale; e attaccherai gli altri due capi dei due cordoni ai due castoni e li metterai sulle due spalline dell’efod, sul davanti. Farai pure due anelli d’oro e li metterai alle due estremità del pettorale, sul suo orlo, che è nella parte interna dell’efod. Farai due altri anelli d’oro e li metterai alle due spalline dell’efod in basso, sul davanti vicino al punto di giuntura, al di sopra della cintura artisticamente lavorata dell’efod. E si fisserà il pettorale mediante i suoi anelli agli anelli dell’efod con un cordone violaceo, perché il pettorale sia sopra la cintura artisticamente lavorata dell’efod e non abbia a staccarsi dall’efod. Così Aaronne porterà i nomi dei figli d’Israele incisi nel pettorale del giudizio sul suo cuore, quando entrerà nel santuario, in ricordo perenne davanti all’Eterno. Metterai sul pettorale del giudizio l’Urim e il Thummim; e staranno sul cuore di Aaronne quando egli si presenterà davanti all’Eterno. Così Aaronne porterà il giudizio dei figli d’Israele sul suo cuore davanti all’Eterno, del continuo. Farai anche il mantello dell’efod, tutto di color violaceo. Nel suo mezzo vi sarà un’apertura per passari il capo; tutt’intorno all’apertura vi sarà un orlo di tessuto lavorato, come l’apertura di una corazza, perché non si strappi. Tutt’intorno all’orlo del mantello farai delle melagrane di color violaceo, porporino e scarlatto, e in mezzo ad esse tutt’intorno, campanelli d’oro: un campanello d’oro e una melagrana un campanello d’oro e una melagrana, tutto intorno, sull’orlo del mantello. Aaronne lo userà per fare il servizio; e il suo suono si sentirà quando entrerà nel luogo santo davanti all’Eterno e quando ne uscirà, perché egli non muoia. Farai anche una piastra d’oro puro e su di essa inciderai, come su di un sigillo: SANTITA’ ALL’ETERNO. Ad essa legherai un nastro violaceo, per attaccarla al turbante; essa deve stare sulla parte anteriore del turbante. Così starà sulla fronte di Aaronne, e Aaronne porterà la colpa associata alle cose sante presentate dai figli d’Israele, in ogni genere di offerte sacre; essa starà continuamente sulla sua fronte, per renderli graditi davanti all’Eterno. Tesserai pure la tunica di lino fino, lavorata a maglia; farai un turbante di lino fino e farai una cintura, un lavoro di un ricamatore. Per i figli di Aaronne farai delle tuniche, farai per loro delle cinture e farai per loro dei copricapo, per conferire loro onore e grazia. Con esse rivestirai quindi tuo fratello Aaronne e i suoi figli con lui; tu li ungerai, li consacrerai e li santificherai, perché mi servano come sacerdoti. Farai pure loro dei calzoni di lino per coprire la loro nudità; essi andranno dai lombi fino alle coscie. Aaronne e i suoi figli li porteranno quando entreranno nella tenda di convegno, o quando si avvicineranno all’altare per fare servizio nel luogo santo, affinché non si rendano colpevoli e non muoiano. Questo è uno statuto perenne per lui e per i suoi discendenti dopo di lui«. Questo è ciò che farai per consacrarli perché mi servano come sacerdoti. Prendi un torello e due montoni senza difetto, dei pani senza lievito, delle focacce senza lievito intrise con olio e delle schiacciate senza Lievito unte d’olio; (le farai con fior di farina di grano). Le metterai in un paniere e le porterai nel paniere insieme al torello e ai due montoni. Farai avvicinare Aaronne e i suoi figli all’ingresso della tenda di convegno e li laverai con acqua. Poi prenderai le vesti e rivestirai Aaronne della tunica, del mantello dell’efod, dell’efod e del pettorale, e lo cingerai della cintura artisticamente lavorata dell’efod. Gli porrai in capo il turbante e metterai sul turbante il diadema sacro. Poi prenderai l’olio dell’unzione, lo verserai sul suo capo e lo ungerai. Farai quindi avvicinare i suoi figli e li rivestirai delle tuniche. Cingerai Aaronne e i suoi figli con delle cinture e metterai su di loro dei copricapo; il sacerdozio apparterrà loro per statuto perenne. Così consacrerai Aaronne e i suoi figli. Poi farai avvicinare il torello davanti alla tenda di convegno; e Aaronne e i suoi figli poseranno le loro mani sulla testa del torello. E scannerai il torello davanti all’Eterno, all’ingresso della tenda di convegno. Prenderai quindi del sangue del torello e lo metterai col tuo dito sui corni dell’altare, e verserai tutto il resto del sangue ai piedi dell’altare. prenderai pure tutto il grasso che copre gli intestini, il lobo attaccato al fegato e i due reni con il grasso che vi è sopra, e li farai fumare sull’altare. Ma la carne del torello, la sua pelle, e i suoi escrementi li brucerai col fuoco fuori del campo: è un sacrificio per il peccato. Poi prenderai uno dei montoni e Aaronne e i suoi figli poseranno le loro mani sulla testa del montone. Scannerai il montone, prenderai il suo sangue e lo spruzzerai tutt’intorno sull’altare. Poi taglierai a pezzi il montone, laverai i suoi intestini e le sue gambe, e le metterai con i suoi pezzi e con la sua testa. Farai quindi fumare tutto il montone sull’altare: è un olocausto all’Eterno; è un profumo gradevole, un sacrificio fatto mediante il fuoco all’Eterno. Poi prenderai l’altro montone, e Aaronne e i suoi figli poseranno le loro mani sulla testa del montone. Scannerai il montone, prenderai del suo sangue e lo metterai sul lobo dell’orecchio destro di Aaronne e sul lobo dell’orecchio destro dei suoi figli, sul pollice della loro mano destra e sul dito grosso del loro piede destro, e spruzzerai tutt’intorno il sangue sull’altare. prenderai quindi del sangue che è sull’altare e dell’olio dell’unzione e ne aspergerai Aaronne e le sue vesti, i suoi figli e le vesti dei suoi figli con lui. Così saranno consacrati lui e le sue vesti, i suoi figli e le loro vesti con lui. Prenderai pure il grasso del montone il grasso della coda, il grasso che copre gli intestini, il lobo del fegato, i due reni e il grasso che vi è sopra e la coscia destra, (perché è un montone di consacrazione); prenderai anche un pane, una focaccia all’olio e una schiacciata dal paniere del pane azzimo, che è davanti all’Eterno, e porrai tutte queste cose nelle mani di Aaronne e nelle mani dei suoi figli, e le agiterai come offerta agitata davanti all’Eterno. Poi le prenderai dalle loro mani e le farai fumare sull’altare, sopra l’olocausto, come un profumo gradevole davanti all’Eterno; è un sacrificio fatto mediante il fuoco all’Eterno. Prenderai quindi il petto del montone usato per la consacrazione di Aaronne e lo agiterai come offerta agitata davanti all’Eterno; e questa sarà la tua parte, E del montone usato per la consacrazione conserverai il petto dell’offerta agitata e la coscia dell’offerta elevata, che spettano ad Aaronne e ai suoi figli. Esso sarà da parte dei figli d’Israele per Aaronne e per i suoi figli in statuto perenne, perché è un’offerta di elevazione. Sarà un’offerta di elevazione da parte dei figli d’Israele presa dai loro sacrifici di ringraziamento, la loro offerta di elevazione all’Eterno. E le vesti sacre di Aaronne passeranno ai suoi figli dopo di lui, perché siano unte in loro e consacrate in loro. Quel figlio che diviene sacerdote al suo posto le indosserà per sette giorni, quando entrerà nella tenda di convegno per fare il servizio nel luogo santo. Poi prenderai il montone della consacrazione e farai cuocere la sua carne in un luogo santo; e Aaronne e i suoi figli mangeranno, all’ingresso della tenda di convegno, la carne del montone e il pane che è nel paniere. Mangeranno le cose che sono servite per fare l’espiazione per consacrarli e santificarli; ma nessun estraneo ne mangerà, perché sono cose sante. E se rimarrà della carne della consacrazione o del pane fino al mattino, brucerai ciò che resta col fuoco; non lo si mangerà, perché è cosa santa. Farai dunque per Aaronne e per i suoi figli tutto ciò che ti ho ordinato: li consacrerai per sette giorni. E ogni giorno offrirai un torello, come sacrificio per il peccato, per fare l’espiazione per esso e lo ungerai per consacrarlo. Per sette giorni farai l’espiazione per l’altare e lo santificherai; l’altare sarà santissimo: tutto ciò che toccherà l’altare sarà santo. Or questo è ciò che offrirai sull’altare: due agnelli di un anno ogni giorno, per sempre. Uno degli agnelli l’offrirai al mattino e l’altro l’offrirai sull’imbrunire. Col primo agnello offrirai un decimo di efa di fior di farina impastata con un quarto di hin di olio vergine, e una libazione di un quarto di hin di vino. Il secondo agnello l’offrirai sull’imbrunire; l’accompagnerai con la stessa oblazione e con la stessa libazione della mattina; è un sacrificio di profumo gradevole offerto mediante il fuoco all’Eterno. Sarà un olocausto perpetuo per tutte le future generazioni, offerto all’ingresso della tenda di convegno, davanti all’Eterno, dove io vi incontrerò per parlarti. E là io mi incontrerò coi figli d’Israele; e la tenda sarà santificata dalla mia gloria. Così santificherò la tenda di convegno e l’altare; santificherò pure Aaronne e i suoi figli, perché mi servano come sacerdoti. Dimorerò in mezzo ai figli d’Israele e sarò il loro DIO. Ed essi conosceranno che io sono l’Eterno, il loro DIO, che li ho fatti uscire dal paese d’Egitto per dimorare tra di loro. Io sono l’Eterno, il loro DIO«. Farai pure un altare per bruciarvi l’incenso; e lo farai di legno di acacia. Sarà di un cubito di lunghezza e di un cubito di larghezza; sarà quadrato e avrà un’altezza di due cubiti; i suoi corni formeranno un sol pezzo con esso. Lo rivestirai d’oro puro: la sua parte superiore, i suoi lati tutt’intorno e i suoi corni; e gli farai una ghirlanda d’oro. Gli farai anche due anelli d’oro sotto la ghirlanda, ai suoi due lati; li metterai ai suoi due lati per passarvi le stanghe, con le quali portarlo. Farai le stanghe di legno di acacia e le rivestirai d’oro. Collocherai l’altare davanti al velo che è davanti all’arca della testimonianza, di fronte al propiziatorio che sta sopra la testimonianza, dove io ti incontrerò. Su di esso Aaronne brucerà dell’incenso profumato; lo brucerà ogni mattina, quando mette in ordine le lampade. Quando Aaronne accende le lampade sull’imbrunire, vi brucerà incenso: un incenso perpetuo davanti all’Eterno, per le future generazioni. Non offrirete su di esso né incenso estraneo, né olocausto, né oblazione; e su di esso non verserete libazioni. E Aaronne farà una volta all’anno l’espiazione sui suoi corni; col sangue del sacrificio di espiazione per il peccato farà su di esso l’espiazione una volta l’anno, di generazione in generazione. Sarà cosa santissima, sacra all’Eterno«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Quando farai il conto dei figli d’Israele, per il loro censimento, ognuno di essi darà all’Eterno il riscatto della propria vita, quando saranno contati, perché non siano colpiti da qualche piaga, quando farai il loro censimento. Questo è ciò che darà ognuno di quelli censiti: mezzo siclo, secondo il siclo del santuario, (il siclo equivale a venti ghere), un mezzo siclo sarà l’offerta da fare all’Eterno. Ognuno che sarà compreso nel censimento, dai venti anni in su, darà questa offerta all’Eterno. Il ricco non darà di piú, né il povero darà meno di mezzo siclo, quando si farà quest’offerta all’Eterno per fare l’espiazione per le vostre vite. Prenderai dunque dai figli d’Israele questo denaro del riscatto e lo adopererai per il servizio della tenda di convegno: sarà per i figli d’Israele un ricordo davanti all’Eterno per fare l’espiazione per le vostre vite«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Farai pure una conca di bronzo, con la sua base di bronzo, per lavarsi; la collocherai fra la tenda di convegno e l’altare e ci metterai dell’acqua. E Aaronne e i suoi figli vi si laveranno le mani e i piedi. Quando entreranno nella tenda di convegno, si laveranno con acqua, perché non abbiano a morire; così pure quando si avvicineranno all’altare per servire, per far fumare un’offerta fatta all’Eterno mediante il fuoco. Si laveranno le loro mani e i loro piedi, perché non abbiano a morire. Questo sarà per loro uno statuto perenne, per lui e per i suoi discendenti, di generazione in generazione«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Procurati anche i migliori aromi: cinquecento sicli di mirra liquida, duecentocinquanta, cioè la metà, di cinnamono aromatico e duecentocinquanta di cannella aromatica, cinquecento sicli, in base al siclo del santuario, di cassia e un hin di olio d’oliva. E ne farai un olio per l’unzione sacra, un profumo composto con arte di profumiere: sarà l’olio per l’unzione sacra. Con esso ungerai la tenda di convegno e l’arca della testimonianza, la tavola e tutti i suoi utensili, il candelabro e i suoi utensili, l’altare dell’incenso, l’altare degli olocausti e tutti i suoi utensili, la conca e la sua base. Consacrerai così queste cose e saranno santissime; tutto quello che le toccherà, sarà santo. Ungerai anche Aaronne e i suoi figli e li consacrerai, perché mi servano come sacerdoti. parlerai quindi ai figli d’Israele, dicendo: »Questo sarà per me un olio di sacra unzione, di generazione in generazione. Non lo si spanderà su carne d’uomo e non ne farete altro di simile, della stessa composizione; esso è santo, e sarà santo per voi. Chiunque ne comporrà di simile, o chiunque ne metterà sopra un estraneo, sarà sterminato dal suo popolo"«. L’Eterno disse ancora a Mosè: »Procurati degli aromi, dello storace, della conchiglia odorosa, del galbano, degli aromi con incenso puro, in dosi uguali; ne farai un profumo composto secondo l’arte del profumiere, salato, puro e santo; ne ridurrai una parte in minutissima polvere e ne porrai un po’ davanti alla testimonianza nella tenda di convegno, dove io ti incontrerò: esso sarà per voi cosa santissima. Ma dell’incenso che farai, non ne farete per voi della stessa composizione; sarà per te una cosa sacra all’Eterno. Chiunque ne farà di simile per odorarlo, sarà sterminato dal suo popolo«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Vedi, io ho chiamato per nome Betsaleel, figlio di Uri, figlio di Hur, della tribú di Giuda; e l’ho riempito dello Spirito di DIO, di sapienza, di intelligenza, di conoscenza e di ogni abilità, per ideare disegni artistici, per lavorare l’oro, l’argento e il bronzo, per scolpire pietre da incastonare, per intagliare il legno e per eseguire ogni sorta di lavori. Ed ecco, gli ho dato per compagno Oholiab, figlio i Ahisamak, della tribú di Dan; e ho messo sapienza nella mente di tutti gli uomini abili, perché possano fare tutto ciò che ti ho ordinato: la tenda di convegno, l’arca della testimonianza e il propiziatorio che vi sta sopra, e tutti gli arredi della tenda, la tavola e i suoi utensili, il candelabro d’oro puro e tutti i suoi utensili, l’altare dell’incenso, l’altare degli olocausti e tutti i suoi utensili, la conca e la sua base, le vesti finemente tessute, e le vesti sacre per il sacerdote Aaronne e le vesti dei suoi figli per servire come sacerdoti, l’olio dell’unzione e l’incenso profumato per il luogo santo. Essi faranno secondo tutto ciò che ti ho ordinato«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »parla anche ai figli d’Israele, dicendo: Badate bene di osservare i miei sabati, perché è un segno fra me e voi per tutte le vostre generazioni, affinché conosciate che io sono l’Eterno che vi santifica. Osserverete dunque il sabato, perché è per voi un giorno santo; chi lo profana sarà messo a morte; chiunque fa in esso qualche lavoro sarà sterminato da mezzo del suo popolo. Si lavorerà sei giorni; ma il settimo giorno è sabato di riposo, sacro all’Eterno; chiunque farà qualche lavoro nel giorno di sabato sarà messo a morte. I figli d’Israele perciò osserveranno il sabato, celebrando il sabato di generazione in generazione, come un patto perpetuo. Esso è un segno perpetuo fra me e i figli d’Israele, poiché in sei giorni l’Eterno fece i cieli e la terra, e il settimo giorno si riposò e fu ristorato«. Quando l’Eterno ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della testimonianza, tavole di pietra, scritte col dito di DIO. Or il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, si radunò intorno ad Aaronne e gli disse: »Orsù, facci un dio che vada davanti a noi, perché quanto a Mosè, l’uomo che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa gli sia accaduto«. Aaronne rispose loro: »Staccate gli anelli d’oro che sono agli orecchi delle vostre mogli, dei vostri figli e delle vostre figlie e portatemeli«. Così tutto i popolo staccò gli anelli d’oro che avevano ai loro orecchi e li portò ad Aaronne, il quale li prese dalle loro mani e, dopo averlo modellato con il cesello, ne fece un vitello di metallo fuso. Allora essi dissero: »O Israele, questo è il tuo dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto!«. Quando Aaronne vide questo, eresse un altare davanti ad esso e fece un bando che diceva: »Domani sarà festa in onore dell’Eterno!«. l’indomani essi si alzarono presto, offrirono olocausti e recarono dei sacrifici di ringraziamento; il popolo si adagiò per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi. l’Eterno disse allora a Mosè: »Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dal paese d’Egitto, si è corrotto; si sono presto sviati dalla strada che io avevo loro ordinato di seguire; si sono fatti un vitello di metallo fuso, si sono prostrati davanti ad esso, gi hanno offerto sacrifici e hanno detto: »O Israele, questo è il tuo dio che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto««. L’Eterno disse ancora a Mosè: »Ho visto questo popolo, ed ecco, è un popolo dal collo duro. Or dunque, lasciami fare, affinché la mia ira si accenda contro di loro e li consumi; ma di te io farò una grande nazione«. Allora Mosè supplicò l’Eterno, il suo DIO, e disse: »Perché, o Eterno, dovrebbe la tua ira accendersi contro il tuo popolo che hai fatto uscire dal paese d’Egitto con grande potenza e con mano forte? Perché dovrebbero gli Egiziani dire: »Egli li ha fatti uscire per fare loro del male, per ucciderli sui monti e per sterminarli dalla faccia della terra«? Desisti dalla tua ira ardente e cambia la tua intenzione di far del male al tuo popolo. Ricordati di Abrahamo, d’Isacco d’Israele, tuoi servi, ai quali giurasti per te stesso, dicendo loro: »Io moltiplicherò la vostra discendenza come le stelle del cielo e darò alla vostra discendenza tutto questo paese di cui ti ho parlato, ed essa lo possederà per sempre««. Così l’Eterno cambiò intenzione circa il male che aveva detto di fare al suo popolo. Allora Mosè si voltò e scese dal monte con le due tavole della testimonianza nelle mani, tavole scritte su entrambi i lati, davanti e di dietro. Le tavole erano opera di DIO e la scrittura era scrittura di DIO, incisa sulle tavole. Or Giosuè, udendo il clamore del popolo che gridava, disse a Mosè: »C’è un rumore di guerra nell’accampamento«. Ma egli rispose: »Questo non né un grido di vittoria, né un grido di sconfitta; il clamore che io odo è di gente che canta«. Come fu vicino all’accampamento, vide il vitello e le danze; allora l’ira di Mosè si accese ed egli gettò dalle mani le tavole e le spezzò ai piedi del monte. Poi prese il vitello che essi avevano fatto, lo bruciò col fuoco e lo ridusse in polvere; e sparse la polvere sull’acqua e la fece bere ai figli d’Israele. Quindi Mosè disse ad Aaronne: »Che ti ha fatto questo popolo, che gli hai tirato addosso un così grande peccato?«. Aaronne rispose: »L’ira del mio signore non si accenda, tu stesso conosci questo popolo e sai che è inclinato al male. Essi mi hanno detto: »Facci un dio che vada davanti a noi, perché Mosè, l’uomo che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto, non sappiamo che cosa sia avvenuto di lui«. Allora io ho detto loro: »Chi ha dell’oro se lo levi di dosso«. Così essi me l’hanno dato, io l’ho gettato nel fuoco, e ne è uscito fuori questo vitello«. Quando Mosè vide che il popolo era senza freno (e che Aaronne lo aveva lasciato sfrenare esponendolo all’obbrobrio dei suoi nemici), si fermò all’ingresso dell’accampamento e disse: »Chiunque è per l’Eterno, venga a me!«. E tutti i figli di Levi si radunarono vicino a lui. Ed egli disse loro: »Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »Ognuno di voi si metta la spada a fianco; passate e ripassate da un’entrata all’atra dell’accampamento, e ciascuno uccida il fratello, ciascuno l’amico, ciascuno il vicino!««. I figli di Levi fecero come aveva detto Mosè, e in quel giorno caddero circa tremila uomini. Poi Mosè disse: »Consacratevi oggi all’Eterno, affinché egli vi dia una benedizione, perché ognuno di voi è stato contro suo figlio e contro suo fratello«. L’indomani Mosè disse al popolo: »Voi avete commesso un grande peccato; ma ora io salirò all’Eterno; forse potrò fare espiazione per il vostro peccato«. Mosè dunque ritornò dall’Eterno e disse: »Ahimè, questo popolo ha commesso un grande peccato e si è fatto un dio d’oro. Ciò nonostante ora, ti prego, perdona il loro peccato; se no deh, cancellami dal tuo libro che hai scritto!«. Ma l’Eterno rispose a Mosè: »Colui che ha peccato contro di me, quello cancellerò dal mio libro! Ora va’ conduci il popolo dove ti ho detto. Ecco, il mio Angelo andrá davanti a te, ma nel giorno che verrò a punire io li punirò del loro peccato«. Così l’Eterno percosse il popolo, perché aveva fatto il vitello che Aaronne aveva modellato L’Eterno disse a Mosè: »Va’, sali di qui, tu col popolo che hai fatto uscire dal paese d’Egitto, verso il paese che promisi con giuramento ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: »Io lo darò alla tua discendenza«. Io manderò un Angelo davanti a te e scaccerò i Cananei, gli Amorei, gli Hittei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei. Sali verso il paese dove scorre latte e miele, poiché io non salirò in mezzo a te, perché sei un popolo di collo duro, e non abbia così a sterminarti per via«. Quando il popolo udì queste funeste parole, fece cordoglio, e nessuno si mise i propri ornamenti. Infatti l’Eterno aveva detto a Mosè: »Di’ai figli d’Israele: »Voi siete un popolo dal collo duro; se io salissi per un solo momento in mezzo a te, ti consumerei Perciò ora togliti i tuoi ornamenti e così saprò ciò ce devo fare con te««. Così i figli d’Israele si spogliarono dei loro ornamenti, dalla partenza del monte Horeb in poi. Quindi Mosè prese la tenda e la piantò fuori dell’accampamento, lontano dall’accampamento, e la chiamò la tenda di convegno; chiunque cercava l’Eterno, usciva verso la tenda di convegno, che era fuori dell’accampamento. Quando Mosè usciva per recarsi alla tenda, tutto il popolo si alzava, e ognuno se ne stava ritto all’ingresso della propria tenda e seguiva con lo sguardo Mosè, finché egli fosse entrato nella tenda Come Mosè entrava nella tenda, la colonna di nuvola scendeva e si fermava all’ingresso della tenda, e l’Eterno parlava con Mosè. Tutto il popolo vedeva la colonna di nuvola ferma all’ingresso della tenda; quindi tutto il popolo si alzava e ciascuno si prostrava all’ingresso della propria tenda. Così l’Eterno parlava con Mosè faccia a faccia, come un uomo parla col proprio amico; poi Mosè tornava all’accampamento. Ma Giosuè, figlio di Nun, suo giovane ministro, non si allontanava dalla tenda. Poi Mosè disse all’Eterno: »Vedi, tu mi dici: »Fa’salire questo popolo«. Ma tu non mi hai fatto sapere chi manderai con me. Eppure hai detto: »Io ti conosco personalmente e hai pure trovato grazia ai miei occhi«. Perciò ora, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, deh, fammi conoscere le tue vie, perché ti conosca e possa trovare grazia ai tuoi occhi. Considera inoltre che questa nazione è tuo popolo«. L’Eterno rispose: »La mia presenza andrà con te, e ti darò riposo«. Mosè allora gli disse: »Se la tua presenza non viene con me, non farci partire di qui. Come si potrà ora conoscere che io e il tuo popolo abbiamo trovato grazia ai tuoi occhi Non è forse perché tu vieni con noi? Così noi saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla faccia della terra«. L’Eterno disse a Mosè: »Farò anche questa cosa che hai chiesto, poiché tu hai trovato grazia ai miei occhi e ti conosco personalmente«. Allora Mosè disse: »De, fammi vedere la tua gloria!«. L’Eterno gli rispose: »Io farò passare davanti a te tutta la mia bontà e proclamerò il nome dell’Eterno davanti a te. Farò grazia a chi farò grazia e avrò pietà di chi avrò pietà«. Disse ancora: »Tu non puoi vedere la mia faccia, perché nessun uomo mi può vedere e vivere«. Quindi l’Eterno disse: »Ecco un luogo vicino a me; tu starai sulla roccia; e mentre passerà la mia gloria, io ti metterò in una fenditura della roccia e ti coprirò con la mia mano, finché io sia passato; poi ritirerò la mano e mi vedrai di spalle; ma la mia faccia non si può vedere«. L’Eterno disse a Mosè: »Tagliati due tavole di pietra come le prime; e io scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime tavole che spezzasti. Così sii pronto al mattino e sali al mattino sul monte Sinai, e rimani là vicino a me in vetta al monte. Nessuno salga con te e non si veda alcuno per tutto il monte; né greggi né armenti pascolino nei dintorni di questo monte«. Mosè dunque tagliò due tavole di pietra, come le prime; si alzò al mattino presto e salì sul monte Sinai come l’Eterno gli aveva comandato, e prese in mano le due tavole di pietra. Allora l’Eterno discese nella nuvola e si fermò là vicino a lui, e proclamò il nome dell’Eterno. E l’Eterno passò davanti a lui e gridò: »L’Eterno, l’Eterno Dio, misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che usa misericordia a migliaia, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non lascia il colpevole impunito, e che visita l’iniquità dei padri sui figli e sui figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione«. E Mosè si affrettò a prostrarsi fino a terra, e adorò. Poi disse: »Deh, Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, venga il Signore in mezzo a noi, perché questo è un popolo dal collo duro; perdona la nostra iniquità e il nostro peccato, e prendici come tua eredità«. L’Eterno rispose: »Ecco, io faccio un patto: Farò davanti a tutto il popolo prodigi, che non sono ma stati fatti su tutta la terra né in alcuna nazione; e tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera dell’Eterno, perché è tremendo ciò che io sto per fare con te. Osserva ciò che oggi ti comando: Ecco io scaccerò davanti a te gli Amorei, i Cananei, gli Hittei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei. Guardati dal fare alcuna alleanza con gli abitanti del paese nel quale stai per andare, perché non sia un laccio in mezzo a te; ma demolite i loro altari, frantumate le loro colonne sacre e abbattete le loro immagini, (perché non ti prostrerai ad altro dio, poiché l’Eterno, il cui nome è »il Geloso«, è un Dio geloso). Non fare alcuna alleanza con gli abitanti del paese perché, quando essi si prostituiscono ai loro dèi ed offrono sacrifici ai loro dèi, qualcuno di essi ti inviti e tu mangi dei loro sacrifici, e prenda delle loro figlie per i tuoi figli, e le loro figlie si prostituiscano ai loro dèi e inducano i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi. Non ti farai dèi di metallo fuso. Osserverai la festa degli azzimi. Per sette giorni mangerai pane senza lievito come ti ho ordinato nel tempo stabilito nel mese di Abib, poiché nel mese di Abib tu sei uscito dall’Egitto. Chiunque apre il grembo è mio; e mio è ogni primo parto maschio di tutto il tuo bestiame, sia bovino che ovino. Ma riscatterai con un agnello il primo nato dell’asino; se non lo vuoi riscattare, gli romperai il collo. Riscatterai pure ogni primogenito dei tuoi figli. Nessuno comparirà davanti a me a mani vuote. Lavorerai sei giorni; ma il settimo giorno ti riposerai: ti riposerai anche al tempo dell’aratura e della mietitura. Celebrerai la festa delle settimane, e cioè, delle primizie della mietitura del grano e la festa della raccolta alla fine dell’anno. Tre volte all’anno comparirà ogni vostro maschio davanti al Signore, l’Eterno, il DIO d’Israele. Poiché io scaccerò nazioni davanti a te e allargherò i tuoi confini, e nessuno desidererà il tuo paese, quando salirai tre volte all’anno, per comparire davanti all’Eterno, il tuo DIO. Non offrirai con pane lievitato il sangue della vittima immolata a me; il sacrificio della festa di Pasqua non sarà lasciato fino al mattino. Porterai alla casa dell’Eterno, il tuo DIO, le primizie dei primi frutti della tua terra. Non cuocerai il capretto nel latte di sua madre«. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Scrivi queste parole, perché sul Fondamento di queste parole io ho contratto alleanza con te e con Israele«. Così Mosè rimase là con l’Eterno quaranta giorni e quaranta notti; non mangiò pane né bevve acqua. E l’Eterno scrisse sulle tavole le parole del patto, i dieci comandamenti. Or Mosè, quando scese dal monte Sinai (scendendo dal monte Mosè aveva in mano le due tavole della testimonianza), non sapeva che la pelle del suo volto era divenuta raggiante, perché era stato a parlare con l’Eterno. Così, quando Aaronne e tutti i figli d’Israele videro Mosè, ecco che la pelle del suo volto era raggiante ed essi avevano paura di avvicinarsi a lui. Ma Mosè li chiamò ed Aaronne e tutti i capi dell’assemblea ritornarono da lui, e Mosè parlò loro. Dopo di che, tutti i figli d’Israele si avvicinarono, ed egli ordinò loro di fare tutto ciò che l’Eterno gli aveva detto sul monte Sinai. Come Mosè ebbe finito di parlare con loro, mise un velo sul suo volto. Quando però Mosè entrava davanti all’Eterno per parlare con lui, si toglieva il velo finché usciva fuori; uscendo fuori, diceva ai figli d’Israele ciò che gli era stato comandato. I figli d’Israele, guardando la faccia di Mosè, vedevano che la pelle di Mosè era raggiante; poi Mosè rimetteva il velo sul suo volto, fino a quando entrava a parlare con l’Eterno. Mosè convocò tutta l’assemblea dei figli d’Israele e disse loro: »Queste sono le cose che l’Eterno ha ordinato di fare. Si lavorerà sei giorni, ma il settimo giorno sarà per voi un giorno santo, un sabato di riposo, consacrato all’Eterno. Chiunque fa qualche lavoro in esso sarà messo a morte. Non accenderete il fuoco in alcuna delle vostre abitazioni il giorno del sabato«. Poi Mosè parlò a tutta l’assemblea dei figli d’Israele e disse: »Questo è ciò che l’Eterno ha ordinato, dicendo: "Prendete tra di voi un’offerta all’Eterno; chiunque è di cuore generoso recherà un’offerta all’Eterno: oro, argento e bronzo, stoffe di colore violaceo, porporino e scarlatto, lino fino e pelo di capra, pelli di montone tinte in rosso, pelli di tasso e legno d’acacia, olio per la luce del candelabro e aromi per l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico, pietre di onice e pietre da incastonare per l’efod e per il pettorale. Chiunque tra di voi ha dell’abilità, venga e faccia tutto ciò che l’Eterno ha ordinato: il tabernacolo, la sua tenda e la copertura, i suoi fermagli, le sue assi, le sue traverse, le sue colonne e le sue basi, l’arca, le sue stanghe, il propiziatorio e il velo di copertura dell’arca, la tavola e le sue stanghe, tutti i suoi utensili e il pane della presentazione; il candelabro per la luce e i suoi utensili, le sue lampade e l’olio per la luce del candelabro; l’altare dell’incenso e le sue stanghe, l’olio dell’unzione, l’incenso aromatico e la cortina d’ingresso all’entrata del tabernacolo, l’altare degli olocausti con la sua griglia di bronzo, le sue stanghe e tutti i suoi utensili, la conca e la sua base, i tendaggi del cortile, le sue colonne e le loro basi, e la cortina all’ingresso del cortile; i piuoli del tabernacolo, i piuoli del cortile e le loro funi; le vesti finemente tessute per fare il servizio nel luogo santo, le vesti sacre per il sacerdote Aaronne e le vesti dei suoi figli per servire come sacerdoti"«. Allora tutta l’assemblea dei figli d’Israele si allontanò dalla presenza di Mosè. Così tutti quelli che erano mossi dal loro cuore e tutti quelli che erano spinti dal loro spirito, vennero a portare l’offerta all’Eterno per l’opera della tenda di convegno, per tutto il suo servizio e per le vesti sacre. Vennero uomini e donne, quelli che erano di cuore generoso, e portarono fermagli, orecchini, anelli da sigillare e braccialetti, ogni sorta di gioielli d’oro; ognuno portò qualche offerta d’oro all’Eterno. E tutti quelli che avevano delle stoffe di color violaceo, porporino, scarlatto, o lino fino, o pelo di capra, o pelli di montone di color rosso, o pelli di tasso, li portarono. Chiunque poteva fare un’offerta d’argento o di bronzo, portò l’offerta consacrata all’Eterno; e chiunque aveva del legno di acacia per qualche lavoro destinato al servizio, lo portò. Tutte le donne abili filarono con le proprie mani e portarono i loro filati di color violaceo, porporino, scarlatto, e del lino fino. E tutte le donne che erano mosse dal loro cuore ed avevano delle abilità, filarono del pelo di capra. I capi del popolo portarono pietre di onice e pietre da incastonare per l’efod e per il pettorale, aromi e olio per la luce del candelabro, per l’olio dell’unzione e per l’incenso aromatico. Tutti i figli d’Israele, uomini e donne, che erano mossi dal cuore a portare qualcosa per tutta l’opera che l’Eterno aveva comandato di fare per mezzo di Mosè, recarono all’Eterno delle offerte volontarie. Mosè disse ai figli d’Israele: »Vedete, l’Eterno ha chiamato per nome Betsaleel, figlio di Uri, figlio di Hur, della tribú di Giuda, e lo ha ripieno dello Spirito di DIO, di sapienza, d’intelligenza e di conoscenza e di ogni abilità, per ideare disegni artistici, per lavorare l’oro, l’argento e il bronzo, per scolpire pietre da incastonare, per intagliare il legno e per eseguire ogni sorta di lavori d’arte. Ha anche messo in cuore l’abilità d’insegnare, a lui e a Oholiab figlio di Ahisamak, della tribú di Dan. Li ha ripieni della sapienza di cuore per eseguire ogni sorta di lavori di intagliatore, di disegnatore, di ricamatore e di tessitore, in color violaceo, porporino, scarlatto, e di lino fino, in grado di eseguire qualunque lavoro e di ideare disegni artistici. Ora Betsaleel e Oholiab e tutti gli uomini abili, nei quali l’Eterno ha messo sapienza e intelligenza per saper eseguire tutti i lavori per il servizio del santuario, faranno secondo tutto ciò che l’Eterno ha ordinato«. Mosè chiamò dunque Betsaleel e Oholiab e tutti gli uomini saggi di cuore nei quali l’Eterno aveva messo sapienza, tutti quelli che erano mossi dal cuore ad applicarsi al lavoro per eseguirlo. Ed essi ricevettero da Mosè tutte le offerte recate dai figli d’Israele per i lavori destinati alla costruzione del santuario, per eseguirli. Ma ogni mattina i figli d’Israele continuavano a portare a Mosè delle offerte volontarie. Allora tutti gli uomini abili che facevano lavori d’ogni genere nel santuario, lasciato ognuno il lavoro che faceva vennero e parlarono a Mosè, dicendo: »Il popolo porta molto piú di quel che necessita per eseguire i lavori che l’Eterno ha comandato di fare«. Allora Mosè diede quest’ordine che fu proclamato per l’accampamento, dicendo: »Nè uomo nè donna faccia piú alcun’altra offerta per il santuario«. Così si impedì al popolo di portare altro. Poiché il materiale che avevano era sufficiente per tutto il lavoro che dovevano fare e ne avanzava. Tutti gli uomini abili, fra quelli che lavoravano alla costruzione del tabernacolo, fecero dieci teli di lino fino ritorto e di filo color violaceo, porporino e scarlatto; egli li fece con dei cherubini artisticamente lavorati. La lunghezza di ogni telo era di ventotto cubiti e la larghezza di quattro cubiti; i teli avevano tutti la stessa misura. Egli unì assieme cinque teli, e unì pure assieme gli altri cinque teli. E fece degli occhielli di color violaceo sull’orlo del telo esterno della prima serie di teli; fece lo stesso all’orlo del telo esterno della seconda serie. Egli fece cinquanta occhielli sul primo telo e fece pure cinquanta occhielli sull’orlo del telo esterno della seconda serie; gli occhielli corrispondevano l’uno all’altro. Fece anche cinquanta fermagli d’oro e unì i teli l’uno all’altro mediante i fermagli; così il tabernacolo formò un tutt’uno. Egli fece inoltre dei teli di pelo di capra, per servire da tenda sopra il tabernacolo; di questi teli ne fece undici. La lunghezza di ogni telo era di trenta cubiti, e la larghezza di quattro cubiti; gli undici teli avevano la stessa misura. Unì cinque teli da una parte e sei teli dall’altra. Fece inoltre cinquanta occhielli sull’orlo del telo esterno della prima serie di teli e cinquanta occhielli sull’orlo del telo esterno della seconda serie. E fece cinquanta fermagli di bronzo per unire assieme la tenda, perché formasse un tutt’uno. Fece pure per la tenda una copertura di pelli di montone tinte di rosso, e sopra questa una copertura di pelli di tasso. Poi fece per il tabernacolo le assi di legno di acacia, messe per ritto. La lunghezza di un’asse era di dieci cubiti e la sua larghezza di un cubito e mezzo. Ogni asse aveva due incastri per unire un’asse all’altra; così fece per tutte le assi del tabernacolo. gli fece quindi le assi per il tabernacolo: venti assi per il lato sud; e fece quaranta basi d’argento sotto le venti assi: due basi sotto ciascun’asse per i suoi due incastri. E per il secondo lato del tabernacolo, il lato nord, fece venti assi, con le loro quaranta basi d’argento, due basi sotto ciascun’asse. Per la parte posteriore del tabernacolo, verso ovest, egli fece sei assi. Fece pure due assi per i due angoli posteriori del tabernacolo. Esse erano appaiate in basso ed erano unite assieme in alto con un anello. Così fece per ambedue le assi, che erano ai due angoli. Vi erano dunque otto assi, con le loro basi d’argento: sedici basi, due basi sotto ciascun’asse. Fece inoltre delle traverse di legno di acacia: cinque per le assi di un lato del tabernacolo, cinque traverse per le assi dell’altro lato del tabernacolo, e cinque traverse per le assi della parte posteriore del tabernacolo, a ovest. Fece quindi passare la traversa di centro in mezzo alle assi, da una parte all’altra. Rivestì poi le assi d’oro e fece d’oro i loro anelli per i quali dovevano passare le traverse, e rivestì le traverse d’oro. Fece pure il velo di filo violaceo, porporino e scarlatto, e di lino fino ritorto con dei cherubini artisticamente lavorati; fece per esso quattro colonne di acacia, con i loro uncini d’oro; e fuse per le colonne quattro basi d’argento. Fece anche per l’ingresso della tenda una cortina di filo violaceo, porporino e scarlatto, e di lino fino ritorto il lavoro di un ricamatore. Fece inoltre le sue cinque colonne coi loro uncini e rivestì d’oro i loro capitelli e le loro assi; ma le loro cinque basi erano di bronzo. Poi Betsaleel fece l’arca di legno di acacia, lunga due cubiti e mezzo, larga un cubito e mezzo e alta un cubito e mezzo. E la rivestì d’oro puro di dentro e di fuori, e le fece una ghirlanda d’oro che le girava tutt’intorno. Fuse quindi per essa quattro anelli d’oro e li mise ai suoi quattro piedi: due anelli da un lato e due anelli dall’altro lato. Fece anche delle stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Poi fece passare le stanghe per gli anelli ai lati dell’arca, per portare l’arca. Fece anche un propiziatorio d’oro puro, lungo due cubiti e mezzo e largo un cubito e mezzo. Fece due cherubini d’oro; li fece lavorati al martello, alle due estremità del propiziatorio: un cherubino a una estremità e un cherubino all’altra estremità; fece i cherubini di un sol pezzo col propiziatorio alle sue estremità. I cherubini avevano le ali spiegate in alto, in modo da coprire il propiziatorio con le ali; erano rivolti l’uno verso l’altro, mentre le facce dei cherubini erano volte verso il propiziatorio. Fece anche la tavola di legno d’acacia lunga due cubiti, larga un cubito e alta un cubito e mezzo. La rivestì d’oro puro e le fece tutt’intorno una ghirlanda d’oro. E le fece tutt’intorno un bordo alto un palmo di mano e intorno a questo bordo fece una ghirlanda d’oro. E fuse per essa quattro anelli d’oro e mise gli anelli ai quattro angoli, che sono ai quattro piedi della tavola. Gli anelli erano vicini al bordo per farvi passare le stanghe destinate a portare la tavola. Fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro; esse dovevano servire a portare la tavola. Fece anche gli utensili da mettere sulla tavola d’oro puro: i suoi piatti le sue coppe, le sue tazze e i suoi calici con cui si fanno le libazioni. Fece anche il candelabro d’oro puro; fece il candelabro lavorato al martello; il suo piede, il suo tronco, i suoi calici, i suoi pomi e i suoi fiori erano tutti di un sol pezzo. Dai suoi lati uscivano sei braccia: tre braccia del candelabro da un lato e tre braccia del candelabro dall’altro; su un braccio c’erano tre calici in forma di mandorla, con un pomo e un fiore; e sull’altro braccio tre calici in forma di mandorla con un pomo e un fiore. Lo stesso era per le sei braccia che uscivano dal candelabro. E nel tronco del candelabro vi erano quattro calici in forma di mandorla, coi loro pomi e i loro fiori. C’era un pomo sotto le due prime braccia uscenti da esso un pomo sotto le altre due braccia uscenti da esso, e un pomo sotto le due ultime braccia uscenti da esso; così per le sei braccia uscenti del candelabro. Questi pomi e queste braccia formavano un sol pezzo col candelabro; il tutto era d’oro puro lavorato col martello. Fece pure le sue sette lampade, i suoi smoccolatoi e i suoi portasmoccolature, d’oro puro. Per fare il candelabro con tutti i suoi utensili impiegò un talento d’oro puro. Poi fece l’altare dell’incenso in legno di acacia; era di un cubito di lunghezza e di un cubito di larghezza; era quadrato e aveva un’altezza di due cubiti; i suoi corni formavano un sol pezzo con esso. E lo rivestì d’oro puro: la sua parte superiore, i suoi lati tutt’intorno e i suoi corni; e gli fece tutt’intorno una ghirlanda d’oro. Gli fece pure due anelli d’oro, sotto la ghirlanda ai suoi due lati; li mise ai suoi due lati per passarvi le stanghe, con le quali portarlo. E fece le stanghe di legno di acacia e le rivestì d’oro. Poi fece l’olio santo per l’unzione e l’incenso profumato, puro, secondo l’arte del profumiere. Poi fece l’altare degli olocausti in legno di acacia, lungo cinque cubiti e largo cinque cubiti; era quadrato e aveva un’altezza di tre cubiti. Ai suoi quattro angoli fece dei corni, che formavano un tutt’uno con esso, e lo rivestì di bronzo. Fece pure tutti gli utensili dell’altare: i vasi per le ceneri, le palette, i catini, i forchettoni e i bracieri; tutti i suoi utensili li fece di bronzo. E fece per l’altare una griglia di bronzo in forma di rete sotto la cornice, nella parte inferiore, in modo che la rete si trovasse a metà dell’altezza dell’altare. Fuse quattro anelli per i quattro angoli della griglia di bronzo, per farvi passare le stanghe. Poi fece le stanghe in legno di acacia e le rivestì di bronzo. Fece poi passare le stanghe per gli anelli ai lati dell’altare, con le quali portarlo: lo fece di tavole e vuoto internamente. Fece quindi la conca di bronzo e la sua base di bronzo, usando specchi di donne che venivano a prestare servizio all’ingresso della tenda di convegno. Poi fece il cortile: sul lato del Neghev, verso sud, i tendaggi del cortile erano di lino fino ritorto e lunghi cento cubiti, avevano le loro venti colonne e le loro venti basi di bronzo; gli uncini delle colonne e le loro aste erano d’argento. Sul lato nord c’erano cento cubiti di tendaggi con le loro venti colonne e le loro venti basi di bronzo; gli uncini delle colonne e le loro aste erano d’argento. Sul lato ovest c’erano cinquanta cubiti di tendaggi con le loro dieci colonne e le loro dieci basi; gli uncini delle colonne e le loro aste erano d’argento. Sul davanti, dal lato est, c’erano cinquanta cubiti: da un lato c’erano quindici cubiti di tendaggi, con le loro tre colonne e le loro tre basi; e dall’altro lato (tanto di qua che di là della porta d’ingresso del cortile) c’erano quindici cubiti di tendaggi con le loro tre colonne e le loro tre basi. Tutti i tendaggi attorno al cortile erano di lino fino ritorto; le basi per le colonne erano di bronzo, gli uncini delle colonne e le loro aste erano d’argento, i capitelli delle colonne erano rivestiti d’argento e tutte le colonne del cortile erano congiunte con delle aste d’argento. La cortina per l’ingresso del cortile era in lavoro di ricamo di filo violaceo porporino e scarlatto, e di lino fino ritorto; aveva una lunghezza di venti cubiti un’altezza di cinque cubiti, corrispondente ai tendaggi del cortile. C’erano quattro colonne con le loro quattro basi di bronzo; i loro uncini erano d’argento e i loro capitelli e le loro aste erano rivestiti d’argento. Tutti i piuoli del tabernacolo e del recinto del cortile erano d bronzo. Questo è l’elenco delle cose del tabernacolo, del tabernacolo della testimonianza che furono elencate per ordine di Mosè, per il servizio dei Leviti, sotto la direzione d’Ithamar figlio del sacerdote Aaronne. Betsaleel, figlio di Uri, figlio di Hur, della tribú di Giuda, fece tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè, avendo con sè Oholiab figlio di Ahisamak, della tribú di Dan, intagliatore, disegnatore e ricamatore di stoffe violacee, porporine, scarlatte e di lino fino. Tutto l’oro impiegato in tutti i lavori per il luogo santo, cioè l’oro delle offerte, fu di ventinove talenti e di settecentotrenta sicli, secondo il siclo del santuario. E l’argento, raccolto in occasione del censimento dell’assemblea, fu di cento talenti e di millesettecentosettantacinque sicli, secondo il siclo del santuario: un beka a testa, (vale a dire un mezzo siclo, secondo il siclo del santuario), per ogni uomo compreso nel censimento, dall’età di venti anni in su, cioè, per seicento tremila cinquecento cinquanta uomini. I cento talenti d’argento servirono a fondere le basi del santuario e le basi del velo: cento basi per i cento talenti, un talento per base. E coi millesettecentosettantacinque sicli egli fece gli uncini per le colonne, rivestì i loro capitelli e fece le aste per le colonne. Il bronzo delle offerte ammontava a settanta talenti e a duemilaquattrocento sicli. E con questo egli fece le basi dell’ingresso della tenda di convegno, l’altare di bronzo con la sua griglia e tutti gli utensili dell’altare, le basi al cortile, le basi dell’ingresso del cortile, tutti i piuoli del tabernacolo e tutti i piuoli del recinto del cortile. Poi, con le stoffe di color violaceo, porporino e scarlatto, fece delle vesti ben lavorate per servire nel santuario, e fecero le vesti sacre per Aaronne, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Egli fece l’efod d’oro e di filo violaceo, porporino e scarlatto, e di lino fino ritorto. E batterono l’oro in lamine e lo tagliarono in fili, per intesserlo nella stoffa violacea, porporina e scarlatta e nel lino fino: il lavoro di un abile artigiano. Gli fecero delle spalline unite insieme; così l’efod era tenuto insieme alle sue due estremità. E la cintura artisticamente lavorata che era sull’efod per fasciarlo era della stessa sua fattura: d’oro, di filo violaceo, porporino, scarlatto, e di lino fino ritorto, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi lavorarono le pietre d’onice, che inserirono in castoni d’oro, e che incisero, come si incidono i sigilli, coi nomi dei figli d’Israele. Egli le mise quindi sulle spalline dell’efod, come pietre in ricordo per i figli d’Israele nel modo che l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi fece il pettorale artisticamente lavorato, come il lavoro dell’efod: d’oro, di filo violaceo, porporino e scarlatto, e di lino fino ritorto. Il pettorale era quadrato; lo fecero piegato in due, lungo una spanna e largo una spanna, quando era piegato in due. E vi incastonarono quattro file di pietre; nella prima fila: un sardonio, un topazio e uno smeraldo; nella seconda fila: un rubino, uno zaffiro e un diamante; nella terza fila: un giacinto, un’agata e un’ametista; nella quarta fila: un grisolito, un onice e un diaspro. Queste pietre erano inserite nei loro castoni d’oro. Le pietre corrispondevano ai nomi dei figli d’Israele: dodici, secondo i loro nomi incisi come dei sigilli, ciascuna col nome di una delle dodici tribú. Sul pettorale fecero pure delle catenelle d’oro puro, intrecciate come cordoni. Fecero inoltre due castoni d’oro e due anelli d’oro, e misero i due anelli alle due estremità del pettorale. Poi fissarono i due cordoni d’oro ai due anelli, alle estremità del pettorale; fissarono quindi i due capi dei due cordoni ai due castoni e li misero sulle due spalline dell’efod, sul davanti. Fecero anche due anelli d’oro e li misero alle due estremità del pettorale, sul suo orlo, che è nella parte interna dell’efod Fecero due altri anelli d’oro e li misero alle due spalline dell’efod in basso, sul davanti, vicino al punto di giuntura, al di sopra della cintura artisticamente lavorata dell’efod. Legarono quindi il pettorale mediante i suoi anelli agli anelli dell’efod con un cordone violaceo, perché il pettorale fosse sopra la cintura artisticamente lavorata dell’efod, e non si staccasse dall’efod, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Egli fece pure il mantello dell’efod, tutto di color violaceo, un lavoro di tessitore. Nel mezzo del mantello c’era un’apertura per passarvi il capo; tutt’intorno all’apertura vi era un orlo di tessuto lavorato, come l’apertura di una corazza, perché non si strappasse. Sull’orlo del mantello fecero delle melagrane di color violaceo, porporino e scarlatto, di filo ritorto. E fecero dei campanelli d’oro puro; e posero i campanelli in mezzo alle melagrane sull’orlo del mantello, tutt’intorno fra le melagrane; un campanello e una melagrana, un campanello e una melagrana, tutt’intorno, sull’orlo del mantello, per fare il servizio, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Essi fecero pure le tuniche di lino fino; un lavoro di tessitore, per Aaronne e per i suoi figli, Il turbante di lino fino, l’ornamento dei copricapo di lino fino e i calzoni di lino fino ritorto, e la cintura di lino fino ritorto, di color violaceo porporino e scarlatto, un lavoro di ricamatore, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi fecero la piastra del sacro diadema d’oro puro e vi incisero come sopra un sigillo: SANTITA’ ALL’ETERNO. E fissarono ad essa un nastro violaceo per attaccarla in cima al turbante, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Così fu finito tutto il lavoro del tabernacolo e della tenda di convegno. I figli d’Israele fecero secondo tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè; essi fecero così. Poi portarono a Mosè il tabernacolo, la tenda e tutti i suoi utensili, i suoi fermagli, le sue tavole, le sue traverse, le sue colonne e le sue basi, la copertura di pelli di montone tinte in rosso, la copertura di pelli di tasso e il velo della cortina, l’arca della testimonianza con le sue stanghe e il propiziatorio, la tavola con tutti i suoi utensili e il pane della presentazione, il candelabro d’oro puro con le sue lampade (le lampade disposte in ordine), tutti i suoi utensili e l’olio per la luce del candelabro, l’altare d’oro, l’olio dell’unzione, l’incenso profumato e la cortina per l’ingresso della tenda, l’altare di bronzo, la sua griglia di bronzo, le sue stanghe e tutti i suoi utensili, la conca con la sua base, i tendaggi del cortile, le sue colonne con le sue basi, la cortina per l’ingresso del cortile, i cordoni del cortile, i suoi piuoli e tutti gli utensili per il servizio del tabernacolo, per la tenda di convegno, le vesti ben lavorate per servire nel santuario, le vesti sacre per il sacerdote Aaronne e le vesti dei suoi figli per servire come sacerdoti. I figli d’Israele eseguirono tutto il lavoro, secondo tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Mosè esaminò quindi tutto il lavoro; ed ecco, essi l’avevano eseguito come l’Eterno aveva ordinato; essi l’avevano fatto così. Così Mosè li benedisse. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Il primo giorno del primo mese erigerai il tabernacolo, la tenda di convegno. Vi collocherai l’arca della testimonianza e nasconderai l’arca con il velo. Vi porterai dentro la tavola e disporrai le cose che vi devono andare sopra; vi porterai pure il candelabro e accenderai le sue lampade. Collocherai l’altare d’oro per l’incenso davanti all’arca della testimonianza, e metterai la cortina all’ingresso del tabernacolo. Metterai l’altare degli olocausti davanti all’ingresso del tabernacolo, della tenda di convegno. Collocherai la conca fra la tenda di convegno e l’altare e vi metterai dentro dell’acqua. Disporrai i tendaggi del cortile tutt’intorno e metterai la cortina all’ingresso del cortile. Poi prenderai l’olio dell’unzione e ungerai il tabernacolo e tutto quello che vi si trova, e lo consacrerai con tutti i suoi utensili; e sarà santo. Ungerai pure l’altare degli olocausti e tutti i suoi utensili; consacrerai così l’altare e l’altare sarà santissimo. Ungerai anche la conca con la sua base e la consacrerai. Poi farai avvicinare Aaronne e i suoi figli all’ingresso della tenda di convegno e li laverai con acqua. Rivestirai Aaronne delle vesti sacre, lo ungerai e lo consacrerai, perché mi serva come sacerdote. Farai pure avvicinare i suoi figli e li rivestirai di tuniche, e li ungerai come avrai unto il loro padre, perché mi servino come sacerdoti; la loro unzione conferirà loro un sacerdozio perpetuo, di generazione in generazione«. Mosè fece così; fece esattamente secondo tutto ciò che l’Eterno gli aveva ordinato. Così il primo giorno del primo mese del secondo anno, il tabernacolo fu eretto. Mosè eresse il tabernacolo, pose le sue basi, collocò le sue assi, mise le sue traverse e rizzò le sue colonne. Sopra il tabernacolo distese la tenda e al di sopra di questa pose la copertura della tenda, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi prese la testimonianza e la pose dentro l’arca, mise le stanghe agli anelli dell’arca, e collocò il propiziatorio sull’arca; portò l’arca nel tabernacolo, sospese il velo della cortina e nascose così l’arca della testimonianza, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Pose pure la tavola nella tenda di convegno, dal lato nord del tabernacolo, al di fuori del velo. Vi dispose sopra in ordine il pane davanti all’Eterno, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi mise il candelabro nella tenda di convegno, di fronte alla tavola, dal lato sud del tabernacolo; e accese le lampade davanti all’Eterno, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi mise l’altare d’oro nella tenda di convegno, davanti al velo, e su di esso bruciò l’incenso profumato, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Mise pure la cortina all’ingresso del tabernacolo. Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso del tabernacolo, della tenda di convegno, e su di esso offrì l’olocausto e l’oblazione, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. pose quindi la conca fra la tenda di convegno e l’altare e vi mise dentro dell’acqua per lavarsi. E con l’acqua di questa, Mosè, Aaronne e i suoi figli si lavarono le mani e i piedi; quando entravano nella tenda di convegno e quando si avvicinavano all’altare, si lavavano, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Eresse pure il cortile attorno al tabernacolo e all’altare e mise la cortina all’ingresso del cortile. Così Mosè terminò il lavoro. Allora la nuvola coprì la tenda di convegno e la gloria dell’Eterno riempì il tabernacolo. E Mosè non potè entrare nella tenda di convegno, perché la nuvola vi si era posata sopra e la gloria dell’Eterno riempiva il tabernacolo. In tutti i loro spostamenti, quando la nuvola si alzava al di sopra del tabernacolo, i figli d’Israele partivano; ma se la nuvola non si alzava, non partivano fino al giorno che non si fosse alzata. poiché la nuvola dell’Eterno stava sul tabernacolo durante il giorno, e di notte su di esso stava un fuoco, davanti agli occhi di tutta la casa d’Israele, durante tutti i loro spostamenti.
L’Eterno chiamò Mosè e gli parlò dalla tenda di convegno, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando uno di voi porta un’offerta all’Eterno, portate come vostra offerta un animale preso dalla mandria o dal gregge. Se la sua offerta è un olocausto di un capo preso dalla mandria, offra un maschio senza difetto; lo porterà all’ingresso della tenda di convegno di sua spontanea volontà davanti all’ Eterno. Poserà quindi la sua mano sulla testa dell’olocausto, che sarà gradito al suo posto, per fare l’espiazione per lui. Poi scannerà il torello davanti all’Eterno; e i sacerdoti, figli di Aaronne, presenteranno il sangue e spargeranno il sangue tutt’intorno sull’altare, che è all’ingresso della tenda di convegno; scuoierà l’olocausto e lo taglierà a pezzi. E i figli del sacerdote Aaronne metteranno del fuoco sull’altare e sistemeranno della legna sul fuoco. Poi i sacerdoti, figli di Aaronne, disporranno i pezzi, la testa e il grasso, sulla legna posta sul fuoco che è sull’altare; ma laveranno con acqua gli intestini e le gambe, e il sacerdote farà fumare ogni cosa sull’altare, come un olocausto, un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. Se la sua offerta è un olocausto del gregge: pecore o capre, offra un maschio senza difetto. Lo scannerà dal lato nord dell’altare, davanti all’Eterno; e i sacerdoti, figli di Aaronne, ne spargeranno il sangue tutt’intorno all’altare. Poi lo taglierà a pezzi con la sua testa e il suo grasso, e il sacerdote li disporrà sulla legna posta sul fuoco che è sull’altare; ma laverà gli intestini e le gambe con acqua, e il sacerdote presenterà ogni cosa e la farà fumare sull’altare. Questo è un olocausto, un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. Se la sua offerta all’Eterno è un olocausto di uccelli, porti delle tortore o dei giovani piccioni. Il sacerdote lo presenterà all’altare, gli strapperà la testa, la farà fumare sull’altare, e il suo sangue sarà fatto scorrere su un lato dell’altare. Poi gli toglierà il gozzo con le sue piume e lo getterà accanto all’altare, verso est, nel luogo delle ceneri. Lo spaccherà quindi tenendolo per le ali, senza però dividerlo in due, e il sacerdote lo farà fumare sull’altare, sulla legna posta sul fuoco. Questo è un olocausto, un sacrificio fatto col fuoco in odore soave all’Eterno«. Quando uno porta come offerta all’Eterno un’oblazione, la sua offerta sia di fior di farina; vi versi sopra dell’olio e vi metta sopra dell’incenso. La porterà ai sacerdoti, figli di Aaronne; il sacerdote prenderà da essa una manciata di fior di farina e olio con tutto l’incenso, e la farà fumare sull’altare come ricordo, un sacrificio fatto col fuoco in odore soave all’Eterno. Ciò che rimarrà dell’oblazione sarà per Aaronne e per i suoi figli; è cosa santissima tra i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. Quando porti come offerta un’oblazione di cibo cotta al forno, sarà di focacce non lievitate di fior di farina mescolata con olio e di schiacciate senza lievito unte d’olio. Ma se la tua offerta è un’oblazione di cibo cotta sulla griglia, sarà di fior di farina mescolata con olio, senza lievito. La dividerai a pezzi e vi verserai sopra dell’olio; è un’oblazione di cibo. Se invece la tua offerta è un’oblazione di cibo cotta in padella, sarà fatta di fior di farina con olio. Porterai all’Eterno l’oblazione di cibo fatta di queste cose; sarà presentata al sacerdote, che la porterà all’altare. Il sacerdote preleverà dall’oblazione la parte che deve servire da ricordo e la farà fumare sull’altare, un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. Ciò che rimane dell’oblazione di cibo sarà per Aaronne e per i suoi figli; è cosa santissima tra i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. Qualunque oblazione di cibo che porterete all’Eterno sarà senza lievito, poiché non farete fumare nulla che contenga lievito o miele, come sacrificio fatto col fuoco all’Eterno. Le potete portare all’Eterno come oblazione di primizie; ma esse non saranno poste sull’altare come offerte di soave odore. Ogni oblazione di cibo che offrirai, la condirai con sale; non lascerai mancare il sale del patto di DIO dalle tue oblazioni. Su tutte le tue offerte offrirai del sale. Se offri all’Eterno un’oblazione di cibo delle tue primizie, offrirai come oblazione di cibo delle tue primizie delle spighe tostate al fuoco, chicchi di grano schiacciati da spighe intere. E vi metterai sopra dell’olio e vi porrai sopra dell’incenso: è un’oblazione di cibo. Poi il sacerdote farà fumare come ricordo una parte del grano e una parte dell’olio, con tutto l’incenso. E’ un sacrificio fatto col fuoco all’Eterno«. »Quando uno offre un sacrificio di ringraziamento, se offre un capo preso dalla mandria, sia maschio o femmina, l’offrirà senza difetto davanti all’Eterno. Poserà la mano sulla testa della sua offerta e la sgozzerà all’ingresso della tenda di convegno; poi i sacerdoti, figli di Aaronne, spargeranno il sangue tutt’intorno sull’altare. Di questo sacrificio di ringraziamento presenterà, come sacrificio fatto col fuoco all’Eterno, il grasso che copre gli intestini e tutto il grasso che aderisce agli intestini, i due reni e il grasso che è su di essi intorno ai lombi, ma staccherà il lobo grasso del fegato sopra i reni. Quindi i figli di Aaronne lo faranno fumare sull’altare sopra l’olocausto, che è sulla legna posta sul fuoco. E’ un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. Se la sua offerta, come sacrificio di ringraziamento all’Eterno, è di un capo preso dal gregge, sia maschio o femmina, l’offrirà senza difetto. Se presenta come sua offerta un agnello, l’offrirà davanti all’Eterno. Poserà la sua mano sulla testa della sua offerta e la sgozzerà all’ingresso della tenda di convegno; poi i figli di Aaronne ne spargeranno i sangue tutt’intorno sull’altare. Del sacrificio di ringraziamento presenterà, come sacrificio fatto col fuoco all’Eterno, il suo grasso; egli staccherà tutta la coda grassa vicina alla spina dorsale, il grasso che copre gli intestini e tutto il grasso che aderisce agli intestini, i due reni e il grasso che è su di essi intorno ai lombi, ma staccherà il lobo grasso del fegato sopra i reni. Quindi il sacerdote lo farà fumare sull’altare come cibo. E’ un’offerta fatta col fuoco all’Eterno. Se la sua offerta è una capra, l’offrirà davanti all’Eterno. Poserà la sua mano sulla sua testa e la sgozzerà all’ingresso della tenda di convegno; poi i figli di Aaronne ne spargeranno il sangue tutt’intorno sull’altare. Di essa presenterà, come sacrifico fatto col fuoco all’Eterno, il grasso che copre gli intestini e tutto il grasso che aderisce agli intestini, i due reni e il grasso che è su di essi intorno ai lombi, ma staccherà il lobo grasso del fegato sopra i reni. Quindi il sacerdote li farà fumare sull’altare come cibo. E’ un’offerta fatta col fuoco di soave odore. Tutto il grasso appartiene all’Eterno. Questa è una legge perpetua per tutte le vostre generazioni, in tutti i luoghi dove abiterete: non mangerete né grasso né sangue«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Se uno commette peccato per ignoranza contro qualsiasi comandamento, facendo qualcosa che non dovrebbe fare, se pecca il sacerdote che è stato unto, rendendo così il popolo colpevole, offra all’Eterno per il peccato commesso un torello senza difetto, come sacrificio per il peccato. Porterà il torello all’ingresso della tenda di convegno davanti all’Eterno; poserà la mano sulla testa del torello e sgozzerà il torello davanti all’Eterno. Poi il sacerdote che è stato unto prenderà del sangue del torello e lo porterà nella tenda di convegno; il sacerdote intingerà il suo dito nel sangue e spruzzerà un po’ di quel sangue sette volte davanti all’Eterno, di fronte al velo del santuario. Il sacerdote quindi metterà un po’ di quel sangue sui corni dell’altare dell’incenso profumato davanti all’Eterno, che è nella tenda di convegno; verserà il resto del sangue del torello alla base dell’altare degli olocausti, che è all’ingresso della tenda di convegno. Da esso preleverà tutto il grasso del sacrificio del peccato del torello: il grasso che copre gli intestini e tutto il grasso che aderisce agli intestini, i due reni e il grasso che è su di essi intorno ai lombi, ma staccherà il lobo grasso del fegato sopra i reni, come si fa per il torello del sacrificio di ringraziamento; quindi il sacerdote li farà fumare sull’altare degli olocausti. Ma la pelle del torello e tutta la sua carne, con la sua testa, le sue gambe, i suoi intestini e i suoi escrementi l’intero torello, lo porterà fuori del campo, in un luogo puro, dove si gettano le ceneri; e lo brucerà sulla legna col fuoco; sarà bruciato dove si gettano le ceneri. Or se tutta l’assemblea d’Israele commette peccato per ignoranza e la cosa rimane nascosta agli occhi dell’assemblea, essa ha fatto qualcosa che l’Eterno ha vietato di fare e si è così resa colpevole; quando il peccato commesso verrà conosciuto, l’assemblea offrirà come sacrificio per il peccato un torello e lo porterà davanti alla tenda di convegno. Gli anziani dell’assemblea poseranno le loro mani sulla testa del torello davanti all’Eterno; il torello sarà quindi sgozzato davanti all’Eterno. Poi il sacerdote che è stato unto porterà un po’ del sangue del torello nella tenda di convegno; quindi il sacerdote intingerà il suo dito nel sangue e lo spruzzerà sette volte davanti all’Eterno, di fronte al velo. Metterà un po’ di quel sangue sui corni dell’altare che è davanti all’Eterno, nella tenda di convegno; e verserà il resto del sangue alla base dell’altare dell’olocausto, che è all’ingresso della tenda di convegno. Da esso preleverà tutto il grasso e lo farà fumare sull’altare. Farà di questo torello come ha fatto de torello offerto per il peccato; con esso farà lo stesso. Così il sacerdote farà l’espiazione per i membri dell’assemblea e sarà loro perdonato. Poi porterà il torello fuori del campo e lo brucerà come ha bruciato il primo torello. Questo è il sacrificio del peccato per l’assemblea. Se uno dei capi ha commesso peccato e ha per ignoranza fatto una delle cose che l’Eterno, il suo DIO, ha vietato di fare, e si è così reso colpevole, quando egli diviene consapevole del peccato che ha commesso, porterà come sua offerta un capro, maschio, senza difetto. Poserà la mano sulla testa del capro e lo scannerà nel luogo dove si scannano gli olocausti davanti all’Eterno. E’ un sacrificio per il peccato. Poi il sacerdote prenderà col suo dito un po’ del sangue del sacrificio per il peccato e lo metterà sui corni dell’altare degli olocausti, e verserà il sangue del capro alla base dell’altare dell’olocausto; quindi farà fumare tutto il suo grasso sull’altare, come il grasso del sacrificio di ringraziamento. Così il sacerdote farà l’espiazione per lui a motivo del suo peccato, ed esso gli sarà perdonato. Se uno del popolo commette peccato per ignoranza contro qualsiasi comandamento dell’Eterno, facendo qualcosa che non dovrebbe fare, e si rende così colpevole, quando egli diviene consapevole del peccato che ha commesso, porterà come sua offerta una capra, femmina, senza difetto, per il peccato che ha commesso. Poserà la mano sulla testa del sacrificio per il peccato e sgozzerà il sacrificio per il peccato nel luogo dell’olocausto. Poi il sacerdote prenderà col suo dito un po’ del suo sangue e lo metterà sui corni dell’altare dell’olocausto, e verserà il resto del suo sangue alla base dell’altare. Preleverà tutto il suo grasso, come ha prelevato il grasso dal sacrificio di ringraziamento; quindi il sacerdote lo farà fumare sull’altare come un odore soave all’Eterno. Così il sacerdote farà l’espiazione per lui, ed esso gli sarà perdonato. Se egli porta un agnello come suo sacrificio per il peccato, dovrà portare una femmina senza difetto. Poserà la mano sulla testa del sacrificio per il peccato e lo sgozzerà come sacrificio per il peccato nel luogo in cui si sgozzano gli olocausti. Poi il sacerdote prenderà col suo dito un po’ del sangue del sacrificio per il peccato e lo metterà sui corni dell’altare dell’olocausto, e verserà il resto del suo sangue alla base dell’altare. Preleverà tutto il grasso, come si preleva il grasso dell’agnello del sacrificio di ringraziamento; quindi il sacerdote lo farà fumare sull’altare, sui sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. Così il sacerdote farà per lui l’espiazione a motivo del peccato che ha commesso, ed esso gli sarà perdonato. »Se uno commette peccato, dopo aver pubblicamente giurato di testimoniare, quando egli è testimone, perché ha visto il fatto o ne è venuto a conoscenza, se non lo riferisce, ne porterà la colpa. O se uno tocca qualcosa d’impuro, anche se non consapevolmente, come il cadavere di una bestia impura o il cadavere di un animale domestico impuro o il cadavere di un rettile impuro, rimarrà egli stesso impuro è colpevole. O se tocca una impurità umana, anche se non consapevolmente, qualunque cosa per mezzo della quale l’uomo diviene impuro quando lo riconosce, è colpevole. O se uno senza rendersi conto, parlando sconsideratamente con le sue labbra, giura di fare del bene o di fare del male, qualunque cosa un uomo possa dire sconsideratamente con un giuramento, quando lo riconosce, è colpevole in ognuna di queste cose. Se dunque uno si è reso colpevole in una di queste cose, confesserà il peccato che ha commesso; porterà quindi all’Eterno, come sacrifico della sua colpa per il peccato che ha commesso, una femmina del gregge, una pecora o una capra, come sacrificio per il peccato; e il sacerdote farà per lui l’espiazione a motivo del suo peccato. Se non ha mezzi per procurarsi una pecora, porterà all’Eterno, come sacrificio del peccato che ha commesso, due tortore o due giovani piccioni: uno come sacrificio per il peccato e l’altro come olocausto. Li porterà al sacerdote, il quale offrirà prima quello per il peccato; gli staccherà la testa vicino alla nuca, ma senza separarla completamente; poi spruzzerà un po’ del sangue del sacrificio per il peccato sulla parete dell’altare, e il resto del sangue sarà fatto defluire alla base dell’altare. Questo è un sacrificio per il peccato. Dell’altro uccello farà un olocausto, secondo le norme stabilite. Così il sacerdote farà per quel tale l’espiazione del peccato che ha commesso, ed esso gli sarà perdonato. Ma se non ha mezzi per procurarsi due tortore o due giovani piccioni, allora chi ha peccato porterà come sua offerta la decima parte di un efa di fior di farina, come sacrificio per il peccato; non metterà su di essa né olio né incenso perché è un sacrificio per il peccato. Porterà la farina al sacerdote e il sacerdote ne prenderà una manciata come ricordo, e la farà fumare sull’altare sopra i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. E’ un sacrificio per il peccato. Così il sacerdote farà per lui l’espiazione del suo peccato che ha commesso in una di queste cose, ed esso gli sarà perdonato. Il resto sarà del sacerdote come nell’oblazione di cibo«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Se uno commette una violazione e pecca per ignoranza contro le cose sante dell’Eterno, allora porterà all’Eterno la sua offerta per la trasgressione, un montone senza difetto preso dal gregge, valutata da te in sicli d’argento, secondo il siclo del santuario, come offerta per la trasgressione. E risarcirà il danno che ha causato nei confronti della cosa santa, aggiungendovi un quinto in piú, e lo darà al sacerdote; così il sacerdote farà per lui l’espiazione col montone dell’offerta per la trasgressione, e la trasgressione gli sarà perdonata. Se uno pecca e, senza rendersene conto, commette qualunque cosa che l’Eterno ha vietato di fare, è ugualmente colpevole e ne porta la pena. Egli porterà al sacerdote, come offerta per la trasgressione, un montone senza difetto, preso dal gregge, secondo la tua valutazione. Così il sacerdote farà per lui l’espiazione per il suo peccato di ignoranza, che ha commesso senza rendersene conto, ed esso gli sarà perdonato. Questa è un’offerta per la trasgressione; egli è certamente colpevole davanti all’Eterno«. L’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Se uno pecca e commette una violazione contro l’Eterno, comportandosi falsamente col suo vicino in merito a un deposito o a un pegno o per un furto, o se ha ingannato il suo vicino, o perché ha trovato una cosa perduta e ha mentito in merito e ha giurato il falso, per qualsiasi cosa l’uomo può peccare nel suo operare, allora se ha peccato ed è colpevole, egli deve restituire ciò che ha rubato, o la cosa estorta con frode o il deposito che gli è stato affidato o l’oggetto perduto che ha trovato, o tutto quello in merito a cui ha giurato il falso. Non solo ne farà piena restituzione, ma vi aggiungerà un quinto e lo consegnerà al proprietario il giorno stesso della sua offerta per la trasgressione. Porterà quindi al sacerdote la sua offerta per la trasgressione all’Eterno: un montone senza difetto, preso dal gregge secondo la tua stima, come offerta per la trasgressione. Così il sacerdote Farà l’espiazione per lui davanti all’Eterno, e gli sarà perdonato qualunque colpa di cui si è reso colpevole«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Da quest’ordine ad Aaronne e ai suoi figli, e di’ loro: Questa è la legge dell’olocausto. L’olocausto rimarrà sul braciere sopra l’altare tutta la notte, fino al mattino; e il fuoco dell’altare sarà tenuto acceso. Il sacerdote si metterà la sua tunica di lino e indosserà sul corpo i calzoni; e raccoglierà le ceneri dell’olocausto che il fuoco ha consumato sull’altare, e le metterà accanto all’altare. Poi si spoglierà delle sue vesti e ne indosserà delle altre, e porterà le ceneri fuori del campo in un luogo puro. Il fuoco sull’altare vi sarà mantenuto acceso e non si lascerà spegnere; il sacerdote su di esso brucerà della legna ogni mattina, vi disporrà sopra l’olocausto e vi farà fumare sopra il grasso dei sacrifici di ringraziamento. Il fuoco deve ardere continuamente sull’altare e non deve spegnersi. Questa è la legge dell’oblazione di cibo. I figli di Aaronne la presenteranno davanti all’Eterno di fronte all’altare. Uno di essi prenderà da questa una manciata di fior di farina con il suo olio e tutto l’incenso che sta sull’oblazione di cibo e la farà fumare sull’altare in odore soave, come un ricordo per l’Eterno. Aaronne e i suoi figli mangeranno ciò che rimarrà di essa; la si mangerà senza lievito in luogo santo; essi la mangeranno nel cortile della tenda di convegno. Non la si cuocia con lievito; è la parte che ho loro dato dei miei sacrifici fatti col fuoco. E’ cosa santissima, come il sacrificio per il peccato e come il sacrificio per la trasgressione. Ogni maschio fra i figli di Aaronne ne potrà mangiare. E’ una legge eterna per tutte le vostre generazioni, che riguarda i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. Chiunque tocca queste cose deve essere santo«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Questa è l’offerta che Aaronne e i suoi figli faranno all’Eterno il giorno in cui sono unti: un decimo d’efa di fior di farina, come consueta oblazione di cibo, metà la mattina e metà la sera. Essa sarà preparata con olio sulla griglia; la porterai ben mescolata e offrirai i pezzi cotti dell’oblazione di cibo, come odore soave all’Eterno. Il sacerdote tra i suoi figli che è unto per succedergli, farà quest’offerta; come legge perpetua, sarà fatta fumare per intero. Ogni oblazione di cibo del sacerdote sarà fatta fumare per intero; non sarà mangiata«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Parla ad Aaronne e ai suoi figli e di’ loro: Questa è la legge del sacrificio per il peccato. Nel luogo dove si sgozza l’olocausto, si sgozzi il sacrifico per il peccato davanti all’Eterno. E’ cosa santissima. Il sacerdote che l’offre per il peccato la mangerà; dovrà essere mangiata in luogo santo, nel cortile della tenda di convegno. Chiunque ne tocca la carne diventa santo; e se un po’ del suo sangue schizza su una veste, ciò su cui è schizzato il sangue sarà lavato in luogo santo. Ma il vaso di terra in cui è stato cotto sarà spezzato; e se è stato cotto in un vaso di bronzo, questo sarà e strofinato e sciacquato con acqua. Ogni maschio fra i sacerdoti ne potrà mangiare; è cosa santissima. Ma non si mangerà alcuna vittima per il peccato, il cui sangue è portato nella tenda di convegno per fare l’espiazione nel santuario. Essa sarà bruciata col fuoco«. »Questa è la legge dell’offerta per la trasgressione; (è cosa santissima). Nel luogo dove si scanna l’olocausto, si scannerà la vittima per la trasgressione; e il suo sangue sarà spruzzato tutt’intorno sull’altare. Di essa presenterà tutto il grasso: rimuoverà la coda grassa, il grasso che copre gli intestini, i due reni, il grasso che è su di essi intorno ai lombi e il lobo grasso del fegato sopra i reni. Quindi il sacerdote li farà fumare sull’altare, come un sacrificio fatto col fuoco all’Eterno. Questo è un sacrificio per la trasgressione. Ogni maschio tra i sacerdoti ne potrà mangiare; lo si mangerà in luogo santo; è cosa santissima. Il sacrificio per la trasgressione è come il sacrificio per il peccato; la stessa legge vale per entrambi; la vittima con la quale il sacerdote fa l’espiazione spetta a lui. E il sacerdote, che offre l’olocausto di qualcuno, prenderà per sé la pelle dell’olocausto che avrà offerto. Così ogni oblazione di cibo cotta al forno, o preparata in padella o sulla griglia, sarà del sacerdote che l’ha offerta. E ogni oblazione di cibo mescolata con olio o asciutta spetta a tutti i figli di Aaronne: per l’uno come per l’altro. Questa è la legge del sacrificio di ringraziamento, che si porterà all’Eterno. Se uno l’offre per rendimento di grazie, offrirà col sacrificio di rendimento di grazie focacce senza lievito intrise con olio, schiacciate senza lievito unte con olio e focacce di fior di farina mescolate con olio. Assieme alle focacce di pane senza lievito, come sua offerta presenterà, col sacrificio di rendimento di grazie, il suo sacrificio di ringraziamento. Di ogni offerta egli offrirà una focaccia come oblazione elevata all’Eterno; essa sarà del sacerdote che avrà spruzzato il sangue del sacrificio di ringraziamento. La carne del sacrificio di rendimento di grazie presentato in ringraziamento sarà mangiata il giorno stesso in cui è offerta; non se ne lascerà nulla fino al mattino. Ma se il sacrificio che uno offre è un voto o un’offerta spontanea, sarà mangiato il giorno in cui il sacrificio è presentato; quel che ne rimane dovrà essere mangiato l’indomani. Ma quel che resta della carne del sacrificio sarà bruciato col fuoco il terzo giorno. Se nel terzo giorno si mangia della carne del suo sacrificio di ringraziamento, esso non sarà accetto e non gli sarà accreditato; sarà una cosa abominevole; e colui che ne mangia, porterà la pena del suo peccato. La carne che tocca una qualsiasi cosa impura non sarà mangiata; sarà bruciata col fuoco. Quanto all’altra carne, chiunque è puro ne potrà mangiare. Ma la persona che, essendo impura, mangia della carne del sacrificio di ringraziamento che appartiene all’Eterno, sarà sterminata dal suo popolo. Inoltre se uno tocca una qualsiasi cosa impura, (una impurità umana, un animale impuro o qualsiasi cosa abominevole e immonda) e mangia della carne del sacrificio di ringraziamento che appartiene all’Eterno, quel tale sarà sterminato dal suo popolo«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Non mangerete alcun grasso di bue o di pecora o di capra. Il grasso di una bestia morta naturalmente e il grasso di una bestia sbranata potrà servire per qualunque altro uso, ma non ne mangerete affatto; perché chiunque infatti mangia del grasso di un animale che viene offerto in sacrifico fatto col fuoco all’Eterno, quel tale che ne mangia sarà sterminato dal suo popolo. Inoltre non mangerete alcun sangue, né di uccelli né di quadrupedi, in nessuna delle vostre abitazioni. Chiunque mangia alcun genere di sangue, sarà sterminato dal suo popolo«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Chi offre all’Eterno il suo sacrificio di ringraziamento porterà la sua offerta all’Eterno, prelevandola dal suo sacrifico di ringraziamento. Porterà con le proprie mani le offerte fatte col fuoco all’Eterno; porterà il grasso insieme col petto, per agitare il petto come offerta agitata davanti all’Eterno. Il sacerdote farà fumare il grasso sull’altare, mentre il petto sarà di Aaronne e dei suoi figli. Darete pure al sacerdote, come offerta elevata, la coscia destra dei vostri sacrifici di ringraziamento. Colui dei figli di Aaronne che offre il sangue e il grasso dei sacrifici di ringraziamento avrà, come sua parte, la coscia destra. Poiché dai sacrifici di ringraziamento offerti dai figli d’Israele io prendo il petto dell’offerta agitata e la coscia dell’offerta elevata, e li do al sacerdote Aaronne e ai suoi figli, come un debito perenne da parte dei figli d’Israele«. Questa è la parte consacrata ad Aaronne e ai suoi figli dei sacrifici fatti col fuoco all’Eterno, nel giorno in cui saranno presentati per servire all’Eterno come sacerdoti. Questo l’Eterno ha ordinato ai figli d’Israele di dare loro nel giorno in cui li ha unti, come una legge perpetua per tutte le loro generazioni. Questa è la legge dell’olocausto, dell’oblazione di cibo, del sacrificio per il peccato, del sacrificio per la trasgressione, della consacrazione e del sacrificio di ringraziamento, legge che l’Eterno diede a Mosè sul monte Sinai, il giorno che ordinò ai figli d’Israele di presentare le loro offerte all’Eterno nel deserto di Sinai. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »prendi Aaronne e i suoi figli con lui, le vesti, l’olio dell’unzione, il torello del sacrificio per il peccato, i due montoni e il paniere dei pani azzimi, e raduna tutta l’assemblea all’ingresso della tenda di convegno«. Allora Mosè fece come l’Eterno gli aveva ordinato, e l’assemblea fu radunata all’ingresso della tenda di convegno. Mosè disse all’assemblea: »Questo è ciò che l’Eterno ha ordinato di fare«. Quindi Mosè fece avvicinare Aaronne e i suoi figli e li lavò con acqua. Poi rivestì Aaronne della tunica, lo cinse con la cintura, gli fece indossare il mantello, gli mise l’efod, e lo cinse con la cintura artisticamente lavorata dell’efod, con la quale gli fissò l’efod addosso. Gli mise pure il pettorale e sul pettorale pose l’Urim e il Thummim. Poi gli mise in capo il turbante e sul davanti del turbante pose la piastra d’oro, il santo diadema, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi Mosè prese l’olio dell’unzione, unse il tabernacolo e tutte le cose che vi si trovavano, e così le consacrò. Con un po’ d’olio asperse sette volte l’altare, unse l’altare e tutti i suoi utensili, e la conca e la sua base, per consacrarli. Versò quindi un po’ dell’olio dell’unzione sul capo di Aaronne e lo unse per consacrarlo. Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aaronne, li vesti di tuniche, li cinse di cinture e mise su di loro dei copricapo come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Fece quindi accostare il torello del sacrificio per il peccato e Aaronne e i suoi figli posarono le loro mani sulla testa del torello del sacrificio per il peccato. Mosè lo scannò, ne prese del sangue, lo mise col dito sui corni dell’altare tutt’intorno e purificò l’altare; poi sparse il sangue alla base dell’altare e lo consacrò per fare su di esso l’espiazione. Prese quindi tutto il grasso che era sugli intestini, il lobo grasso del fegato e i due reni con il loro grasso e Mosè li fece fumare sull’altare. Ma il torello, la sua pelle, la sua carne e i suoi escrementi li bruciò col fuoco fuori del campo, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Presentò quindi il montone dell’olocausto, e Aaronne e i suoi figli posarono le mani sulla testa del montone. Mosè lo scannò e spruzzò il sangue tutt’intorno sull’altare. Poi tagliò il montone a pezzi e Mosè fece fumare la testa, i pezzi e il grasso. Dopo aver lavato gli intestini e le gambe con acqua, Mosè fece fumare tutto il montone sull’altare. Fu un olocausto di odore soave, un sacrificio fatto col fuoco all’Eterno, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi presentò il secondo montone, il montone della consacrazione, e Aaronne e i suoi figli posarono le mani sulla testa del montone. Mosè quindi lo scannò, e prese un po’ del suo sangue e lo mise sull’estremità dell’orecchio destro di Aaronne e sul pollice della sua mano destra e sul dito grosso del suo piede destro. Poi Mosè fece avvicinare i figli di Aaronne e pose un po’ di sangue sull’estremità del loro orecchio destro, sul pollice della loro mano destra e sul dito grosso del loro piede destro; e Mosè spruzzò il reto del sangue tutt’intorno sull’altare. Poi prese il grasso, la coda grassa, tutto il grasso che era sugli intestini, il lobo grasso del fegato, i due reni e il loro grasso, e la coscia destra; e dal paniere dei pani azzimi, che era davanti all’Eterno, prese una focaccia senza lievito, una focaccia di pane all’olio e una schiacciata, e le pose sul grasso e sulla coscia destra. Poi mise tutte queste cose nelle mani di Aaronne e nelle mani dei suoi figli e le agitò come offerta agitata davanti all’Eterno. Mosè quindi le prese dalle loro mani e le fece fumare sull’altare sopra l’olocausto. Fu un sacrificio di consacrazione di odore soave, un sacrificio fatto col fuoco all’Eterno. Poi Mosè prese il petto e lo agitò come offerta agitata davanti all’Eterno; questo fu la parte del montone della consacrazione che toccò a Mosè come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Mosè prese quindi dell’olio dell’unzione e del sangue che era sopra l’altare e lo spruzzò su Aaronne, sulle sue vesti, sui suoi figli e sulle vesti dei suoi figli con lui; così consacrò Aaronne, le sue vesti, i suoi figli e le vesti dei figli con lui. Poi Mosè disse ad Aaronne e ai suoi figli: »Fate cuocere la carne all’ingresso della tenda di convegno e là mangiatela col pane che è nel paniere della consacrazione, come ho ordinato, dicendo: »Aaronne e i suoi figli la mangeranno« Quel che rimane della carne e del pane lo brucerete col fuoco. Per sette giorni non uscirete dall’ingresso della tenda di convegno, finché non siano compiuti i giorni della vostra consacrazione, perché saranno necessari sette giorni per compiere la vostra consacrazione. Come si è fatto in questo giorno, così l’Eterno ha ordinato di fare per compiere l’espiazione per voi. Rimarrete dunque sette giorni all’ingresso della tenda di convegno, giorno e notte, e osserverete il comandamento dell’Eterno, affinché non muoiate; poiché così mi è stato ordinato«. Così Aaronne e i suoi figli fecero tutte le cose che l’Eterno aveva comandato per mezzo di Mosè. Or avvenne nell’ottavo giorno che Mosè chiamò Aaronne, i suoi figli e gli anziani d’Israele, e disse ad Aaronne: »Prendi un vitello per il sacrificio per il peccato e un montone per un olocausto, ambedue senza difetto, e offrili davanti all’Eterno. Parlerai quindi ai figli d’Israele, dicendo: Prendete un capro per un sacrificio per il peccato, un vitello e un agnello, ambedue di un anno, senza difetto, per un olocausto. un torello e un montone per un sacrificio di ringraziamento, per sacrificarli davanti all’Eterno, e un’offerta di cibo, mescolata con olio, perché oggi l’Eterno vi apparirà«. Essi dunque portarono davanti alla tenda di convegno ciò che Mosè aveva comandato; e tutta l’assemblea si avvicinò e rimase in piedi davanti all’Eterno. Allora Mosè disse: Questo è ciò che l’Eterno vi ha comandato; fatelo, e la gloria dell’Eterno vi apparirà«. Poi Mosè disse ad Aaronne: »Avvicinati all’altare; offri il tuo sacrificio per il peccato e il tuo olocausto e fa’ l’espiazione per te e per il popolo; presenta pure l’offerta del popolo e fa’ l’espiazione per loro, come l’Eterno ha comandato«. Così Aaronne si avvicinò all’altare e scannò il vitello del sacrificio per il peccato, che era per sé. Poi i suoi figli gli presentarono il sangue ed egli intinse il suo dito nel sangue e lo mise sui corni dell’altare, e versò il resto del sangue alla base dell’altare; ma il grasso, i reni e il lobo grasso del fegato della vittima per il peccato, li fece fumare sull’altare, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. La carne e la pelle invece le bruci fuori del campo. Poi scannò l’olocausto; i figli di Aaronne gli porsero il sangue ed egli lo spruzzò tutt’intorno sull’altare. Gli porsero quindi l’olocausto fatto a pezzi e la testa; ed egli li fece fumare sull’altare. Lavò gli intestini e le gambe e li fece fumare con l’olocausto sull’altare. Poi presentò l’offerta del popolo. Prese il capro, che era il sacrificio per il peccato del popolo, lo scannò e l’offrì per il peccato, come il primo. Poi presentò l’olocausto e lo offerse secondo la regola stabilita. Presentò quindi l’oblazione di cibo; ne prese una manciata e la fece fumare sull’altare, oltre l’olocausto della mattina. Scannò anche il torello e il montone, come sacrificio di ringraziamento per il popolo. I figli di Aaronne gli porsero il sangue, ed egli lo spruzzò tutt’intorno sull’altare. Gli porsero il grasso del bue, del montone, la coda grassa, il grasso che copre gli intestini, i reni e il lobo grasso del fegato; misero il grasso sui petti, ed egli fece fumare il grasso sull’altare; ma i petti e la coscia destra Aaronne li agitò davanti all’Eterno come offerta agitata nel modo che Mosè aveva ordinato. Poi Aaronne alzò le sue mani verso il popolo e lo benedisse; dopo aver fatto il sacrificio per il peccato, l’olocausto e i sacrifici di ringraziamento discese dall’altare. Quindi Mosè ed Aaronne entrarono nella tenda di convegno; poi uscirono e benedissero il popolo. Allora la gloria dell’Eterno apparve a tutto il popolo. Quindi un fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e consumò sull’altare l’olocausto e il grasso; tutto il popolo lo vide, proruppe in grida di gioia e si prostrò con la faccia a terra. Poi Nadab e Abihu, figli di Aaronne, presero ciascuno il proprio turibolo, vi misero dentro del fuoco, vi posero sopra l’incenso e offrirono davanti all’Eterno un fuoco illecito, che egli non aveva loro comandato. Allora un fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e li divorò; e morirono davanti all’Eterno. Perciò Mosè disse ad Aaronne: »Questo è ciò di cui l’Eterno parlò, dicendo: »Io sarò santificato da coloro che si avvicinano a me, e sarò glorificato davanti a tutto il popolo««. E Aaronne tacque. Mosè quindi chiamò Mishael ed Eltsafan, figli di Uzziel, zio di Aaronne, e disse loro: »Avvicinatevi e portate via i vostri fratelli dal davanti del santuario, fuori del campo«. Così essi si avvicinarono e li portarono via nelle loro tuniche, fuori del campo, come Mosè aveva detto. Poi Mosè disse ad Aaronne, a Eleazar e Ithamar, suoi figli: »Non scoprite il vostro capo e non stracciate le vostre vesti, per non morire, e perché l’Eterno non si adiri contro tutta l’assemblea; ma i vostri fratelli, l’intera casa d’Israele, facciano lutto per il fuoco che l’Eterno ha acceso. Non allontanatevi dall’ingresso della tenda di convegno, perché non abbiate a morire, poiché l’olio dell’unzione dell’Eterno è su di voi«. Ed essi fecero come Mosè aveva detto. L’Eterno parlò ancora ad Aaronne, dicendo: »Non bevete vino né bevande inebrianti, né tu né i tuoi figli, quando entrerete nella tenda di convegno, affinché non abbiate a morire; sarà una legge perpetua per tutte le vostre generazioni, perché possiate distinguere tra il santo e il profano, tra l’impuro e il puro, e possiate insegnare ai figli d’Israele tutte le leggi, che l’Eterno ha dato loro per mezzo di Mosè«. Poi Mosè disse ad Aaronne, e a Eleazar e Ithamar, i figli che restavano ad Aaronne: »Prendete l’oblazione di cibo che rimane dei sacrifici fatti col fuoco all’Eterno e mangiatela senza lievito vicino all’altare, perché è cosa santissima. La mangerete in luogo santo, perché è la parte che spetta a te e ai tuoi figli, dei sacrifici fatti col fuoco all’Eterno, poiché così mi è stato comandato. Il petto dell’offerta agitata e la coscia dell’offerta elevata li mangerete tu, e i tuoi figli e le tue figlie con te, in luogo puro, perché sono la parte che spetta a te e ai tuoi figli, data a voi dai sacrifici di ringraziamento dei figli d’Israele. Assieme alle offerte di grasso fatte col fuoco, si porteranno la coscia dell’offerta elevata e il petto dell’offerta agitata, per offrirli come offerta agitata davanti all’Eterno; anche questo apparterrà a te e ai tuoi figli con te, come uno statuto perpetuo, secondo quanto l’Eterno ha comandato«. Poi Mosè indagò accuratamente circa il capro del sacrificio per il peccato; ed ecco, era stato bruciato; per cui si adirò contro Eleazar e contro Ithamar, i figli di Aaronne che erano rimasti, dicendo: »Perché non avete mangiato il sacrificio per il peccato in luogo santo, poiché è cosa santissima, e l’Eterno ve l’ha dato affinché portiate l’iniquità dell’assemblea, perché facciate l’espiazione per loro davanti all’Eterno? Ecco, il sangue della vittima non è stato portato dentro il luogo santo; voi avreste dovuto mangiarla in luogo santo, come avevo comandato«. Aaronne disse quindi a Mosè: »Ecco, oggi essi hanno offerto il loro sacrificio per il peccato e il loro olocausto davanti all’Eterno, e mi sono accadute simili cose; se oggi avessi mangiato la vittima del sacrificio per il peccato sarebbe ciò piaciuto agli occhi dell’Eterno?«. Quando Mosè udì questo, rimase soddisfatto. Poi l’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne, dicendo loro: »Parlate ai figli d’Israele e dite: Questi sono gli animali che potrete mangiare fra tutte le bestie che sono sulla terra. Potete mangiare di ogni animale che ha lo zoccolo spaccato e il piede diviso e che rumina. Ma fra quelli che ruminano e fra quelli che hanno lo zoccolo spaccato, non mangerete questi: il cammello, perché rumina, ma non ha lo zoccolo spaccato; per voi è impuro; il coniglio, perché rumina, ma non ha lo zoccolo spaccato; per voi è impuro; la lepre, perché rumina, ma non ha lo zoccolo spaccato; per voi è impura; il porco, perché ha lo zoccolo spaccato e il piede diviso, ma non rumina; per voi è impuro. Non mangerete della loro carne e non toccherete i loro corpi morti; per voi essi sono impuri. Questi potete mangiare fra tutti gli animali che sono nell’acqua. Potete mangiare tutti quelli che nell’acqua hanno pinne e squame, tanto nei mari che nei fiumi. Ma tutti quelli che non hanno né pinne né squame, tanto nei mari che nei fiumi, tutti quelli che si muovono nell’acqua e tutti quelli che vivono nell’acqua sono un abominio per voi. Essi saranno un abominio per voi; non mangerete della loro carne e avrete in abominio i loro corpi morti. Tutto ciò che nell’acqua non ha pinne e squame sarà un abominio per voi. Fra gli uccelli avrete in abominio questi; non si devono mangiare, sono un abominio: l’aquila, l’ossifraga e il falco pescatore; Il nibbio e ogni specie di falchi; ogni specie di corvi; lo struzzo, il barbagianni, il gabbiano e ogni specie di sparvieri; il gufo, il cormorano l’ibis; il cigno, il pellicano, l’avvoltoio; la cicogna, ogni specie di aironi, l’upupa e il pipistrello. Vi sarà pure in abominio ogni insetto alato che cammina su quattro zampe. Però, fra tutti gli insetti alati che camminano su quattro piedi, potete mangiare quelli che hanno le gambe sopra i piedi per saltare sulla terra. Di questi potete mangiare: ogni specie di locuste, ogni specie di cavallette, ogni specie di grilli e ogni specie di acridi. Ogni altro insetto alato che ha quattro zampe sarà un abominio per voi. Questi animali vi renderanno impuri; chiunque tocca il loro corpo morto sarà impuro fino alla sera. Chiunque trasporta i loro corpi morti si laverà le vesti, e sarà impuro fino alla sera. Ogni animale che ha lo zoccolo spaccato, ma non ha il piede diviso e che non rumina è impuro per voi; chiunque lo toccherà sarà impuro. Fra tutti gli animali quadrupedi, quelli che camminano sulla pianta dei piedi sono impuri per voi; chiunque tocca il loro corpo morto sarà impuro fino alla sera. Chiunque trasporta il loro corpo morto si laverà le vesti e sarà impuro fino alla sera. Per voi essi sono impuri. Fra gli animali che strisciano sulla terra, questi sono impuri per voi: la talpa, Il topo e ogni specie di lucertola. il geco, il varano, la lucertola, la lumaca e il camaleonte. Questi animali fra tutti quelli che strisciano sono impuri per voi; chiunque li tocca quando sono morti, sarà impuro fino alla sera. Qualsiasi cosa su cui uno di essi cadesse quando sono morti sarà impura; sia essa un utensile di legno o vestito o pelle o sacco o qualsiasi oggetto usato per lavoro, dev’essere messa in acqua, e sarà impura fino alla sera; poi sarà pura. Qualsiasi vaso d’argilla entro cui uno di essi cade, lo romperete; e tutto ciò che si trova in esso sarà impuro. Ogni cibo commestibile su cui cade l’acqua di tale vaso sarà impuro; e ogni sorso che possa essere preso da esso sarà impuro. Qualsiasi cosa su cui cada una parte del loro corpo morto, sia essa il forno o il fornello, sarà spezzato; essi sono impuri e saranno da voi ritenuti impuri. Però una fonte o una cisterna, dove si raccoglie acqua sarà pura, ma qualunque cosa tocca i loro corpi morti sarà impura. E se una parte dei loro corpi morti cade su qualsiasi semente da seminare, questa rimarrà pura; ma se è messa dell’acqua sulla semente e se una parte dei loro corpi morti vi cade sopra è impura per voi. Se muore un animale che vi è permesso mangiare, colui che ne toccherà il corpo morto sarà impuro fino alla sera. Colui che mangia di quel corpo morto laverà le sue vesti e sarà impuro fino alla sera; parimenti colui che trasporta quel corpo morto laverà le sue vesti e sarà impuro fino alla sera. Ogni cosa che striscia sulla terra un abominio; non lo dovete mangiare. Fra tutti gli animali che strisciano sulla terra, non mangerete alcuno di quei che camminano sul ventre, che camminano su quattro zampe, o di quelli che hanno molte zampe, poiché sono un abominio. Non rendetevi abominevoli con alcuno di questi animali che strisciano; non rendetevi impuri con essi, così da divenire contaminati. Poiché io sono l’Eterno, il vostro DIO; santificatevi dunque e siate santi, perché io sono santo; non contaminatevi con alcuno di questi animali che strisciano sulla terra. Poiché io sono l’Eterno che vi ho fatto salire dal paese d’Egitto, per essere il vostro DIO; siate dunque santi, perché io sono santo. Questa è la legge relativa ai quadrupedi, agli uccelli e a ogni essere vivente che si muove nelle acque, e a ogni essere che striscia sulla terra. affinché sappiate distinguere tra l’impuro e il puro, e tra l’animale che si può mangiare e quello che non si deve mangiare«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla così ai figli d’Israele: Se una donna è rimasta incinta e partorisce un maschio, sarà impura per sette giorni, sarà impura come nei giorni delle sue mestruazioni. L’ottavo giorno si circonciderà la carne del prepuzio del bambino. Poi ella resterà ancora trentatrè giorni a purificarsi del sangue; non toccherà alcuna cosa santa e non entrerà nel santuario, finché non siano compiuti i giorni della sua purificazione. Se invece partorisce una bambina, sarà impura due settimane come al tempo delle sue mestruazioni; e resterà sessantasei giorni a purificarsi del sangue. Quando i giorni della sua purificazione sono compiuti, sia che si tratti di un figlio o di una figlia, porterà al sacerdote, all’ingresso della tenda di convegno, un agnello di un anno come olocausto e un giovane piccione o una tortora come sacrificio per il peccato. Poi il sacerdote li offrirà davanti all’Eterno e farà l’espiazione per lei; ed ella sarà purificata dal flusso del suo sangue. Questa è la legge relativa alla donna che partorisce un maschio o una femmina. E se non ha mezzi per offrire un agnello, prenderà due tortore o due giovani piccioni, uno come olocausto e l’altro come sacrificio per il peccato. Il sacerdote farà l’espiazione per lei, ed ella sarà pura«. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: Quando uno ha sulla pelle del suo corpo un gonfiore o una crosta o una macchia lucida, e diventa sulla pelle del suo corpo un indizio di piaga di lebbra, quel tale sarà portato dal sacerdote Aaronne o da uno dei suoi figli sacerdoti. Il sacerdote esaminerà la piaga sulla pelle del corpo; se il pelo nella piaga è diventato bianco e la piaga appare più profonda della pelle del corpo, è piaga di lebbra; il sacerdote, dopo averlo esaminato, lo dichiarerà impuro. Ma se la macchia lucida sulla pelle del corpo è bianca e non appare essere più profonda della pelle, e il suo pelo non è diventato bianco, il sacerdote isolerà per sette giorni colui che ha la piaga. Il settimo giorno, il sacerdote lo esaminerà; e se la piaga sembra essersi fermata e non essersi chiusa sulla pelle, il sacerdote lo isolerà altri sette giorni. Il sacerdote lo esaminerà di nuovo il settimo giorno; e se vedrà che la piaga si è attenuata e non si è chiusa sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà puro: è solo una pustola. Quel tale laverà le sue vesti e sarà puro. Ma se la pustola si è allargata sulla pelle dopo che egli si è mostrato al sacerdote per essere dichiarato puro, si farà nuovamente esaminare dal sacerdote; il sacerdote lo esaminerà; e se vedrà che la pustola si è chiusa sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà impuro; è lebbra. Quando su un uomo appare una piaga di lebbra, sarà portato dal sacerdote. Il sacerdote lo esaminerà; e se il gonfiore sulla pelle è bianco e ha fatto diventar bianco il pelo, e nel gonfiore c’è un po’ di carne viva, è lebbra cronica sulla pelle del suo corpo e il sacerdote lo dichiarerà impuro; lo isolerà, perché è impuro. Se però la lebbra si diffonde ulteriormente sulla pelle in modo da coprire tutta la pelle di colui che ha la piaga, dalla testa ai piedi, dovunque il sacerdote guardi, il sacerdote lo esaminerà; e se la lebbra ha coperto tutto il suo corpo, dichiarerà puro colui che ha la piaga; è diventato tutto bianco, quindi è puro. Ma nel giorno in cui compare su di lui della carne viva, sarà dichiarato impuro. Quando il sacerdote avrà visto la carne viva, lo dichiarerà impuro; la carne viva è impura; è lebbra. Ma se la carne viva cambia nuovamente e diventa bianca, vada egli dal sacerdote; e il sacerdote lo esaminerà; e se la piaga è diventata bianca, il sacerdote dichiarerà puro colui che ha la piaga; è puro. Quando sulla pelle del corpo si è sviluppata un’ulcera, ed è guarita, e sul luogo dell’ulcera si forma un gonfiore bianco o una macchia lucida, bianco-rossastra, sarà fatta vedere al sacerdote. Il sacerdote la esaminerà; se la macchia appare più profonda della pelle e il suo pelo è diventato bianco, il sacerdote lo dichiarerà impuro; è piaga di lebbra che è scoppiata nell’ulcera. Ma se il sacerdote, esaminandola, si rende conto che nella macchia non ci sono peli bianchi e che non è più profonda della pelle e si è attenuata, i sacerdote lo isolerà per sette giorni. Se la macchia si allarga sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà impuro; è piaga di lebbra. Ma se la macchia è rimasta allo stesso posto e non si è diffusa, è la cicatrice dell’ulcera e il sacerdote lo dichiarerà puro. Se uno riceve sulla sua pelle un’ustione causata dal fuoco, e la carne viva dell’ustione diviene una macchia lucida, bianco-rossastra, o bianca, il sacerdote la esaminerà; e se il pelo della macchia è diventato bianco e la macchia appare più profonda della pelle, è lebbra scoppiata nella bruciatura. Il sacerdote lo dichiarerà impuro; è piaga di lebbra. Ma se il sacerdote, esaminandola, vede che non c’è pelo bianco nella macchia e che essa non è più profonda della pelle, ma si è attenuata, il sacerdote lo isolerà per sette giorni. Il settimo giorno, il sacerdote lo esaminerà; e se la macchia si è ulteriormente diffusa sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà impuro; è piaga di lebbra. Se la macchia lucida invece è rimasta nello stesso luogo e non si è diffusa sulla pelle, ma si è attenuata, è il gonfiore dell’ustione; il sacerdote lo dichiarerà puro, perché è la cicatrice dell’ustione. Quando un uomo o una donna avrà una piaga sul capo o nella barba, il sacerdote esaminerà la piaga; se appare più profonda della pelle e in essa vi è del pelo giallastro e sottile, il sacerdote lo dichiarerà impuro; è tigna, cioè lebbra del capo o della barba. Se invece il sacerdote esamina la piaga della tigna, e non appare più profonda della pelle e in essa non vi è pelo nero, il sacerdote isolerà per sette giorni colui che ha la piaga della tigna. Il settimo giorno il sacerdote esaminerà la piaga e, se la tigna non si è diffusa e non vi è in essa pelo giallo, e la tigna non appare più profonda della pelle, quel tale si raderà, ma non raderà la parte interessata dalla tigna; e il sacerdote isolerà altri sette giorni colui che ha la tigna. Il settimo giorno il sacerdote esaminerà la tigna; e se la tigna non si è diffusa sulla pelle e non appare più profonda della pelle, il sacerdote lo dichiarerà puro; egli si laverà le vesti e sarà puro. Ma se, dopo che egli è stato dichiarato puro, la tigna si è diffusa sulla pelle, il sacerdote lo esaminerà; se la tigna si è diffusa sulla pelle, il sacerdote non deve cercare il pelo giallo; egli è impuro. Ma se la tigna sembra essersi fermata e in essa è cresciuto del pelo nero, la tigna è guarita; egli è puro e il sacerdote lo dichiarerà puro. Se un uomo o una donna ha sulla pelle del suo corpo delle macchie lucide, specialmente delle macchie lucide-biancastre, il sacerdote le esaminerà; e se le macchie lucide sulla pelle del loro corpo sono di un bianco pallido, è un’eruzione cutanea; egli è puro. Se un uomo perde i capelli del capo, è calvo, ma è puro. Se perde i capelli sulla fronte, è calvo sulla fronte, ma è puro. Ma se sulla parte calva del capo o della fronte appare una piaga bianco-rossastra, è lebbra, scoppiata sul capo o sulla fronte. Il sacerdote la esaminerà; e se il gonfiore della piaga sulla parte calva del capo o della fronte è bianco-rossastro, simile alla lebbra sulla pelle del corpo, è lebbroso; è impuro, e il sacerdote lo dichiarerà impuro, a motivo della piaga sul suo capo. Il lebbroso, affetto da questa piaga, porterà le vesti strappate e il capo scoperto; si coprirà la barba e griderà: »Impuro, impuro«. Sarà impuro tutto il tempo che avrà la piaga; è impuro; vivrà da solo; abiterà fuori del campo. Se su un vestito c’è una piaga di lebbra, sia un vestito di lana o un vestito di lino, un tessuto o un lavoro a maglia, di lino o di lana, in pelle o in qualsiasi oggetto fatto di pelle, se la piaga è verdastra o rossastra sul vestito o sulla pelle, sul tessuto o sulla maglia, o su qualsiasi oggetto fatto di pelle, è piaga di lebbra, e sarà mostrata al sacerdote. Il sacerdote esaminerà la piaga e isolerà per sette giorni colui che ha la piaga; Il settimo giorno esaminerà la piaga; e se la piaga si è diffusa sulla veste o sul tessuto o sulla maglia o sulla pelle o su qualsiasi oggetto fatto di pelle è una piaga di lebbra maligna; è cosa impura. Egli brucerà quel vestito o il tessuto o la maglia di lana o di lino o qualunque oggetto fatto di pelle su cui è la piaga perché è lebbra maligna; sarà bruciato nel fuoco. Ma se il sacerdote esamina la piaga ed essa non si è diffusa sul vestito o sul tessuto o sulla maglia o su qualunque oggetto di pelle, Il sacerdote ordinerà che si lavi l’oggetto su cui è quella piaga, e lo isolerà per altri sette giorni. Il sacerdote esaminerà la piaga, dopo che è stata lavata; se la piaga non ha cambiato colore, anche se non si è diffusa, è cosa impura; la brucerai nel fuoco; continua a corrodere di dentro o di fuori. Se il sacerdote la esamina e la piaga, dopo essere stata lavata, si è attenuata, la strapperà dal vestito o dalla pelle o dal tessuto o dalla maglia. Ma se appare ancora sul vestito o sul tessuto o sulla maglia o su qualunque oggetto fatto di pelle, è male che si diffonde; brucerai col fuoco l’oggetto su cui è la piaga. Il vestito o il tessuto o la maglia o qualunque oggetto fatto di pelle che hai lavato e dal quale la piaga è scomparsa, si laverà una seconda volta e sarà puro. Questa è la legge per la piaga di lebbra sopra un vestito di lana o di lino, sul tessuto o sulla maglia o su qualunque oggetto fatto di pelle, per dichiararlo puro o per dichiararlo impuro«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Questa è la legge relativa al lebbroso per il giorno della sua purificazione. Egli sarà portato dal sacerdote. Il sacerdote uscirà dal campo e lo esaminerà e se la piaga della lebbra è guarita nel lebbroso, Il sacerdote ordinerà di prendere per colui che dev’essere purificato due uccelli vivi e puri, del legno di cedro, dello scarlatto e dell’issopo. Il sacerdote ordinerà che si sgozzi uno degli uccelli in un vaso d’argilla su acqua corrente. Poi prenderà l’uccello vivo il legno di cedro, lo scarlatto e l’issopo e li immergerà, con l’uccello vivo nel sangue dell’uccello sgozzato sull’acqua corrente. Lo spruzzerà quindi sette volte su colui che deve essere purificato dalla lebbra; lo dichiarerà puro e lascerà andar libero per i campi l’uccello vivo. Colui che deve essere purificato laverà le sue vesti, raderà tutti i suoi peli si laverà nell’acqua e sarà puro. Dopo questo potrà entrare nel campo ma resterà sette giorni fuori della sua tenda. Il settimo giorno raderà tutti i peli del suo capo, della sua barba e delle sue ciglia; raderà insomma tutti i suoi peli. Laverà le sue vesti e laverà il suo corpo nell’acqua e sarà puro. L’ottavo giorno prenderà due agnelli senza difetto, un’agnella di un anno senza difetto, tre decimi i efa di fior di farina, mescolata con olio, come un’offerta di cibo, e un log d’olio; e il sacerdote che compie la purificazione presenterà colui che deve essere purificato e tutte queste cose davanti all’Eterno, all’ingresso della tenda di convegno. Poi il sacerdote prenderà un agnello e lo offrirà come sacrificio di riparazione, con il log d’olio, e li agiterà come offerta agitata davanti all’Eterno. Scannerà quindi l’agnello nel luogo dove si scannano i sacrifici per il peccato e gli olocausti, nel luogo santo, poiché come il sacrificio di riparazione appartiene al sacerdote, così è il sacrificio per il peccato; è cosa santissima. Il sacerdote prenderà un po’ di sangue del sacrificio di riparazione e il sacerdote lo metterà sull’estremità dell’orecchio destro di colui che deve essere purificato, sul pollice della sua mano destra e sul dito grosso del suo piede destro. Poi il sacerdote prenderà un po’ di olio dal log e lo verserà nella palma della sua mano sinistra; quindi il sacerdote intingerà il dito della sua mano destra nell’olio che ha nella sua mano sinistra e col dito spruzzerà sette volte un po’ d’olio davanti all’Eterno. del resto dell’olio che ha in mano, il sacerdote ne metterà un po’ sull’estremità dell’orecchio destro di colui che deve essere purificato sul pollice della sua mano destra e sul dito grosso del suo piede destro sul posto ove ha messo il sangue del sacrificio di riparazione. Il resto dell’olio che ha in mano, il sacerdote lo metterà sul capo di colui che deve essere purificato; così il sacerdote farà per lui l’espiazione’ davanti all’Eterno. Poi il sacerdote offrirà il sacrificio per il peccato e farà l’espiazione per colui che deve essere purificato dalla sua impurità; dopo di ciò scannerà l’olocausto. Il sacerdote offrirà l’olocausto e l’oblazione di cibo sull’altare; così il sacerdote farà per lui l’espiazione, ed egli sarà puro. Se quel tale è povero e non può procurarsi queste cose, prenderà un solo agnello da offrire come sacrificio di trasgressione, per offerta agitata, per fare l’espiazione per lui, e un decimo di efa di fior di farina mescolata con olio come offerta di cibo, un log di olio, e due tortore o due giovani piccioni, secondo le sue disponibilità; uno sarà per il sacrificio per il peccato e l’altro per l’olocausto. L’ottavo giorno porterà, per la sua purificazione, queste cose al sacerdote all’ingresso della tenda di convegno davanti all’Eterno. Il sacerdote prenderà l’agnello del sacrificio per la trasgressione e il log d’olio, e il sacerdote li agiterà come offerta agitata davanti all’Eterno. Poi scannerà l’agnello del sacrificio per la trasgressione. Il sacerdote prenderà un po’ di sangue del sacrificio per la trasgressione e lo metterà sull’estremità dell’orecchio destro di colui che deve essere purificato, sul pollice della sua mano destra e sul dito grosso del suo piede destro. Il sacerdote verserà un po’ di olio sulla palma della sua mano sinistra. E col dito della sua mano destra il sacerdote spruzzerà sette volte un po’ dell’olio che ha nella sua mano sinistra davanti all’Eterno. Poi il sacerdote metterà un po’ dell’olio che ha in mano sull’estremità dell’orecchio destro di colui che deve essere purificato, sul pollice della sua mano destra e sul dito grosso del suo piede destro. nel luogo ove ha messo il sangue del sacrificio della trasgressione. Il resto dell’olio che ha in mano, il sacerdote lo metterà sul capo di colui che deve essere purificato, per fare espiazione per lui davanti all’Eterno. Poi offrirà una delle tortore o uno dei due giovani piccioni, secondo le sue possibilità; Offrirà quello che ha potuto procurarsi uno come sacrificio per il peccato e l’altro come olocausto, insieme con l’oblazione di cibo; così il sacerdote farà l’espiazione davanti all’Eterno per colui che deve essere purificato. Questa è la legge per colui che è affetto da piaga di lebbra e non ha mezzi per procurarsi ciò che è richiesto per la sua purificazione«. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Quando entrerete nel paese di Canaan che io vi do in proprietà, se mando la piaga della lebbra in una casa del paese di vostra proprietà, Il proprietario della casa andrà a dichiararlo al sacerdote, dicendo: »Mi sembra che ci sia una specie di piaga in casa mia«. Allora il sacerdote ordinerà che svuotino la casa prima che egli entri a esaminare la piaga, affinché tutto quello che c’è in casa non diventi impuro. Dopo questo, il sacerdote entrerà a esaminare la casa. Esaminerà quindi la piaga; se la piaga che è sui muri della casa ha delle cavità verdastre o rossastre che appaiono più profonde della superficie della parete, il sacerdote uscirà dalla casa, alla porta, e chiuderà la casa per sette giorni. Il settimo giorno il sacerdote ritornerà ed esaminerà la casa; se la piaga si è chiusa sulle pareti della casa, il sacerdote ordinerà che tirino via le pietre su cui è la piaga e che le gettino in un luogo impuro fuori della città. Farà quindi raschiare l’interno della casa, tutt’intorno, e getteranno l’intonaco che hanno asportato fuori della città, in luogo impuro. Poi prenderanno delle altre pietre e le metteranno al posto delle prime, e prenderanno dell’altra calce per intonacare la casa. Se però la piaga torna ad erompere nella casa, dopo che ne ha tolte via le pietre e dopo che la casa è stata raschiata e rintonacata, il sacerdote entrerà ad esaminare la casa; se la piaga si è chiusa nella casa, vi è lebbra maligna nella casa; essa è impura. Perciò demolirà la casa e porterà le pietre, il legname e l’intonaco fuori della città, in un luogo impuro. Inoltre chiunque entra nella casa durante tutto il tempo in cui è stata chiusa, sarà impuro fino alla sera. Chi dorme nella casa, si laverà le vesti; similmente chi mangia nella casa, si laverà le vesti. Ma se il sacerdote entra nella casa e la esamina, e la piaga non si è chiusa nella casa dopo che la casa è stata intonacata, il sacerdote dichiarerà la casa pura, perché la piaga è guarita. Poi, per purificare la casa, prenderà due uccelli, legno di cedro, scarlatto e issopo; sgozzerà quindi uno degli uccelli in un vaso di argilla su acqua corrente; e prenderà il legno di cedro, l’issopo, lo scarlatto e l’uccello vivo, e li immergerà nel sangue dell’uccello sgozzato e nell’acqua corrente e spruzzerà la casa sette volte. Così purificherà la casa col sangue dell’uccello, con l’acqua corrente, con l’uccello vivo, col legno di cedro con l’issopo e con lo scarlatto; ma lascerà andare libero l’uccello vivo fuori della città, per i campi; farà così l’espiazione, per la casa, ed essa sarà pura. Questa è la legge per ogni piaga di lebbra e per la tigna, per la lebbra delle vesti e della casa, per i gonfiori, le pustole e le macchie lucide, per insegnare quando una cosa è impura e quando è pura. Questa è la legge per la lebbra«. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Parlate ai figli d’Israele e dite loro: Chiunque abbia un flusso dal suo corpo, tale flusso è impuro. La sua impurità è prodotta dal suo flusso: egli è impuro tanto che il flusso de suo corpo è tuttora in atto, come se il flusso nel suo corpo si è fermato. Ogni letto sul quale si corica chi ha il flusso, sarà impuro; e ogni cosa su cui si siede sarà impura. Chiunque tocca il suo letto laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Chi si siede su qualunque cosa su cui si è seduto chi ha il flusso, laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Chi tocca il corpo di chi ha il flusso, laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Se chi ha il flusso sputa su uno che è puro, questi laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Ogni sella su cui monta chi ha il flusso, sarà impura. Chiunque tocca qualunque cosa che è stata sotto di lui, sarà impuro fino alla sera. Chi trasporta tali cose laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Chiunque tocca chi ha il flusso, senza essersi lavato le mani, dovrà lavare le sue vesti e lavarsi nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Il vaso di terra toccato da chi ha il flusso, sarà spezzato; e ogni vaso di legno sarà lavato nell’acqua. Quando chi ha il flusso è purificato dal suo flusso, conterà sette giorni per la sua purificazione; poi laverà le sue vesti e laverà il suo corpo nell’acqua corrente, e sarà puro. L’ottavo giorno prenderà due tortore o due giovani piccioni e verrà davanti all’Eterno all’ingresso della tenda di convegno, e li darà al sacerdote. Il sacerdote li offrirà: uno come sacrificio per il peccato, l’altro come olocausto; così il sacerdote farà l’espiazione per lui davanti all’Eterno, a motivo del suo flusso. Se un uomo ha un’emissione di seme, laverà tutto il suo corpo nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Ogni veste e ogni pelle su cui c’è del seme sarà lavata con acqua, e sarà impura fino alla sera. Se un uomo si corica con una donna e ha un’emissione di seme, si laveranno ambedue nell’acqua e saranno impuri fino alla sera. Se una donna ha un flusso nel suo corpo, e questo è un flusso di sangue, la sua impurità durerà sette giorni; chiunque la tocca sarà impuro fino alla sera. Qualunque cosa su cui si sdraia durante la sua impurità, sarà impura; qualunque cosa su cui si siede, sarà impura. Chiunque tocca il suo letto laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Chiunque tocca qualunque cosa su cui ella si è seduta, laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Se ella si è seduta sul letto o su qualunque altra cosa, quando uno lo tocca, sarà impuro fino alla sera. Se un uomo si corica con lei, la sua impurità passa su di lui, ed egli sarà impuro per sette giorni; e ogni letto su cui egli si sdraia, sarà impuro. Se una donna ha un flusso di sangue di vari giorni fuori del tempo della sua impurità mestruale, o se il flusso continua oltre il tempo dovuto, sarà impura per tutti i giorni del suo flusso impuro, come è nei giorni della sua impurità mestruale. Ogni letto sul quale si sdraia durante tutti i giorni del suo flusso, sarà per lei come il letto delle sue mestruazioni; e qualunque cosa su cui siede sarà impura della stessa impurità delle sue mestruazioni. Chiunque tocca tali cose sarà impuro; laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera. Quando però è purificata del suo flusso, conterà sette giorni e dopo sarà pura. L’ottavo giorno prenderà due tortore o due giovani piccioni e li porterà al sacerdote all’ingresso della tenda di convegno. Il sacerdote ne offrirà uno come sacrificio per il peccato e l’altro come olocausto; il sacerdote farà per lei l’espiazione, davanti all’Eterno, del flusso che la rendeva impura. Così terrete separati i figli d’Israele da ciò che li contamina, affinché non muoiano a motivo della loro impurità, contaminando il mio tabernacolo che è in mezzo a loro. Questa è la legge per chi ha un flusso e per chi ha un’emissione di seme, che lo rende impuro, e per la donna che è sofferente a motivo delle sue periodiche mestruazioni, per l’uomo o per la donna che ha un flusso e per l’uomo che si corica con una donna impura«. L’Eterno parlò a Mosè dopo la morte dei due figli di Aaronne, che morirono quando si presentarono davanti all’Eterno con fuoco illecito. L’Eterno disse a Mosè: »Parla ad Aaronne, tuo fratello, e digli di non entrare in qualsiasi tempo nel santuario, di là dal velo, davanti al propiziatorio che è sull’arca, perché non abbia a morire, poiché io apparirò nella nuvola sul propiziatorio. Aaronne entrerà nel santuario in questo modo: prederà un torello per il sacrificio per il peccato e un montone per l’olocausto. Si metterà la tunica sacra di lino e porterà sul suo corpo i calzoni di lino; si cingerà della cintura di lino e avrà in capo il turbante di lino. Queste sono le vesti sacre; egli le indosserà dopo essersi lavato il corpo nell’acqua. Dall’assemblea dei figli d’Israele prenderà due capri per il sacrificio per il peccato e un montone per l’olocausto. Aaronne offrirà il torello del sacrificio per il peccato, che è per se, e farà l’espiazione per se e per la propria casa. Poi prenderà i due capri e li presenterà davanti all’Eterno all’ingresso della tenda di convegno. Aaronne tirerà quindi a sorte i due capri: uno sarà destinato all’Eterno e l’altro per capro espiatorio. Aaronne farà avvicinare il capro che è stato destinato all’Eterno e l’offrirà come sacrificio per il peccato; ma il capro che è stato destinato ad essere il capro espiatorio, sarà presentato vivo davanti all’Eterno, per fare su di esso l’espiazione e per mandarlo poi nel deserto come capro espiatorio. Aaronne offrirà dunque il torello del sacrificio per il peccato per se e farà l’espiazione per se e per la propria casa; e scannerà il torello del sacrificio per il peccato per se. Poi prenderà un turibolo pieno di carboni accesi tolti dall’altare davanti all’Eterno e avrà le sue mani piene di incenso profumato in polvere, e porterà ogni cosa di là dal velo. Metterà l’incenso sul fuoco davanti all’Eterno perché la nuvola dell’incenso copra il propiziatorio che è sulla testimonianza; così egli non morirà. Poi prenderà del sangue del torello e lo spruzzerà col suo dito sul propiziatorio dal lato est; spruzzerà pure un po’ di sangue col suo dito davanti al propiziatorio sette volte. Poi scannerà il capro del sacrificio per il peccato, che è per il popolo, e ne porterà il sangue di là dal velo; e farà con questo sangue ciò che ha fatto col sangue del torello; lo spruzzerà sul propiziatorio e davanti al propiziatorio. Così farà l’espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figli d’Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda di convegno che rimane fra loro, in mezzo alle loro impurità. Nella tenda di convegno, quando egli entrerà nel santuario per fare l’espiazione, non ci sarà alcuno, finché egli sia uscito ed abbia fatto l’espiazione per sé, per la propria casa e per tutta l’assemblea d’Israele. Egli uscirà verso l’altare che è davanti all’Eterno e farà l’espiazione per esso: prenderà del sangue del torello e del sangue del capro e lo metterà sui corni dell’altare tutt’intorno. Poi spruzzerà del sangue su di esso col suo dito sette volte; così lo purificherà e lo santificherà dalle impurità dei figli d’Israele. Quando avrà finito di fare l’espiazione per il santuario, per la tenda di convegno e per l’altare, farà avvicinare il capro vivo. Aaronne poserà entrambe le sue mani sulla testa del capro vivo e confesserà su di esso tutte le iniquità dei figli d’Israele tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati, e li metterà sulla testa del capro; lo manderà poi nel deserto per mezzo di un uomo appositamente scelto. Il capro porterà su di sé tutte le loro iniquità in terra solitaria; e quell’uomo lo lascerà andare nel deserto. Poi Aaronne entrerà nella tenda di convegno, si spoglierà delle vesti di lino che aveva indossate per entrare nel santuario e le lascerà li. E laverà il suo corpo nell’acqua in un luogo santo, indosserà le sue vesti e uscirà ad offrire il suo olocausto e l’olocausto del popolo, e farà l’espiazione per sé e per il popolo. Farà quindi fumare sull’altare il grasso del sacrificio per il peccato. Colui che ha lasciato andare il capro, scelto come capro espiatorio, laverà le sue vesti e laverà il suo corpo nell’acqua e, dopo questo, potrà rientrare nell’accampamento. Si porterà quindi fuori dell’accampamento il torello del sacrificio per il peccato e il capro del sacrificio per il peccato, il cui sangue è stato portato nel santuario per fare l’espiazione; e bruceranno nel fuoco le loro pelli, la carne e i loro escrementi. Poi colui che li brucia laverà le sue vesti e laverà il suo corpo nell’acqua; dopo questo, egli potrà rientrare nell’accampamento. Questa sarà per voi una legge perpetua: nel settimo mese, il decimo giorno del mese, umilierete le anime vostre e non farete alcun lavoro, né il nativo del paese, né il forestiero che risiede fra voi. Poiché in quel giorno il sacerdote farà l’espiazione per voi, per purificarvi, affinché siate purificati da tutti i vostri peccati davanti all’Eterno. E’ per voi un sabato di riposo solenne e voi umilierete le anime vostre; è una legge perpetua. Il sacerdote, che è stato unto ed è stato consacrato per servire come sacerdote al posto di suo padre, farà l’espiazione e indosserà le vesti di lino, le vesti sacre. Egli farà l’espiazione per il santuario santo; farà l’espiazione per la tenda di convegno e per l’altare, e farà l’espiazione per i sacerdoti e per tutto il popolo dell’assemblea. Questa sarà per voi una legge perpetua, per fare l’espiazione per i figli d’Israele per tutti i loro peccati, una volta all’anno«. E Mosè fece come l’Eterno gli aveva comandato. L’Eterno parlò ancora a Mosè dicendo: »Parla ad Aaronne, ai suoi figli e a tutti i figli d’Israele e di’ loro: Questo è ciò che l’Eterno ha ordinato dicendo: Chiunque della casa d’Israele scanna un bue o un agnello o una capra entro il campo, o fuori del campo e non lo porta all’ingresso della tenda di convegno per presentarlo come offerta all’Eterno davanti al tabernacolo dell’Eterno, sarà ritenuto colpevole di sangue; ha sparso del sangue e tale uomo sarà sterminato di mezzo al suo popolo; e questo affinché i figli d’Israele invece di immolare i loro sacrifici nei campi, li portino all’Eterno all’ingresso della tenda di convegno, al sacerdote, e li offrano all’Eterno come sacrifici di ringraziamento. Il sacerdote spruzzerà il sangue sull’altare dell’Eterno, all’ingresso della tenda di convegno, e farà fumare il grasso come un odore soave all’Eterno. Essi non offriranno più i loro sacrifici ai demoni, dietro i quali essi si sono prostituiti. Questa sarà per loro una legge perpetua, per tutte le loro generazioni. Di’ loro ancora: »Qualsiasi uomo della casa d’Israele o degli stranieri che risiedono fra di voi offra un olocausto o un sacrificio, e non lo porta all’ingresso della tenda di convegno per offrirlo all’Eterno, tale uomo sarà sterminato di mezzo al suo popolo. Se qualcuno della casa d’Israele o degli stranieri che risiedono fra di voi mangia di qualsiasi genere di sangue, io volgerò la mia faccia contro quel tale che mangia del sangue e lo sterminerò di mezzo al suo popolo. Poiché la vita della carne è nel sangue. Per questo vi ho ordinato di porlo sull’altare per fare l’espiazione per le vostre vite, perché è il sangue che fa l’espiazione per la vita. Perciò ho detto ai figli d’Israele: nessuno tra di voi mangerà sangue; neppure lo straniero che risiede fra di voi mangerà sangue". E se qualcuno dei figli d’Israele o degli stranieri che risiedono fra di voi prende alla caccia un animale o un uccello che si può mangiare, ne spargerà il sangue e lo coprirà di terra; perché è la vita di ogni carne; il suo sangue sostiene la sua vita. Perciò ho detto ai figli d’Israele: »Non mangerete il sangue di alcuna carne, poiché la vita di ogni carne è il suo sangue; chiunque ne mangerà sarà sterminato«. E qualunque persona, sia essa nativa del paese o straniera, che mangia una bestia morta naturalmente o sbranata, laverà le sue vesti e si laverà nell’acqua, e sarà impuro fino alla sera; poi sarà puro. Ma se non lava le sue vesti e non lava il suo corpo, porterà la pena della sua iniquità«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Non farete come fanno nel paese d’Egitto dove avete abitato, e non farete come fanno nel paese di Canaan dove io vi conduco; voi non seguirete le loro usanze. Metterete in pratica i miei decreti e osserverete i miei statuti per conformarvi ad essi. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Osserverete i miei statuti e i miei decreti, mediante i quali, chiunque li metterà in pratica, vivrà. Io sono l’Eterno. Nessuno di voi si accosterà ad alcuna sua parente carnale per scoprire la sua nudità. Io sono l’Eterno. Non scoprirai la nudità di tuo padre o la nudità di tua madre; è tua madre; non scoprirai la sua nudità. Non scoprirai la nudità della moglie di tuo padre; è la nudità di tuo padre. Non scoprirai la nudità di tua sorella, la figlia di tuo padre o la figlia di tua madre, sia essa nata in casa o nata fuori. Non scoprirai la nudità della figlia di tuo figlio o della figlia di tua figlia, poiché la loro nudità è la tua stessa nudità. Non scoprirai la nudità della figlia della moglie di tuo padre, generata da tuo padre; è tua sorella; non scoprire la sua nudità. Non scoprirai la nudità della sorella di tuo padre; è parente stretta di tuo padre. Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre, perché è parente stretta di tua madre. Non scoprirai la nudità de fratello di tuo padre; non ti accosterai a sua moglie; è tua zia. Non scoprirai la nudità di tua nuora; è la moglie di tuo figlio; non scoprire la sua nudità. Non scoprirai la nudità della moglie di tuo fratello; è la nudità di tuo fratello. Non scoprirai la nudità di una donna e di sua figlia; non prenderai la figlia del figlio di lei, né la figlia della figlia di lei per scoprirne la nudità; sono parenti stretti di lei; è un incesto. Non prenderai una donna insieme con sua sorella per farne una rivale, scoprendola sua nudità mentre l’atra è ancora in vita. Non ti accosterai a una donna per scoprire la sua nudità durante a sua impurità mestruale. Non avrai relazioni carnali con la moglie del tuo vicino, per contaminarti con lei. Non permetterai che alcuno dei tuoi discendenti sia offerto a Molek; e non profanerai il nome del tuo DIO. Io sono l’Eterno. Non avrai relazioni carnali con un uomo, come si hanno con una donna: è cosa abominevole. Non ti accoppierai con alcuna bestia per contaminarti con essa; né alcuna donna si accosti ad una bestia per accoppiarsi con essa; è una perversione ripugnante. Non vi contaminate con alcuna di queste cose, poiché con tutte queste cose si sono contaminate le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. Il paese è stato contaminato; perciò io lo punirò per la sua iniquità, e il paese vomiterà i suoi abitanti. Voi dunque osserverete i miei statuti e i miei decreti e non commetterete alcuna di queste cose abominevoli, né colui che è nativo del paese, né il forestiero che risiede con voi, (poiché tutte queste cose abominevoli le hanno commesse gli abitanti del paese che erano prima di voi, e il paese è stato contaminato), affinché anche voi, se lo contaminate il paese non vi vomiti come ha vomitato la nazione che era prima di voi. Poiché chiunque commette alcuna di queste cose abominevoli, le persone che le commettono saranno sterminate di mezzo al loro popolo. Osserverete dunque i miei ordini, per non seguire alcuno di quei costumi abominevoli che sono stati seguiti prima di voi, e non vi contaminerete con essi. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla a tutta l’assemblea dei figli d’Israele e di’ loro: Siate santi, perché io, l’Eterno, il vostro DIO, sono santo. Ognuno di voi rispetti sua madre e suo padre e osservate i miei sabati. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Non rivolgetevi a idoli e non fatevi degli dèi di metallo fuso. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Quando offrite un sacrificio di ringraziamento all’Eterno, l’offrirete in modo da essere graditi. Lo si mangerà il giorno stesso che lo offrite e il giorno seguente; e se rimane qualcosa fino al terzo giorno, lo brucerete col fuoco. Se si mangia alcuna parte di esso il terzo giorno è cosa abominevole; il sacrificio non sarà gradito. Chiunque perciò ne mangia porterà la pena della sua iniquità, perché ha profanato ciò che è sacro all’Eterno; quel tale sarà sterminato di mezzo al suo popolo. Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterai fino ai margini del tuo campo e non raccoglierai le spighe lasciate indietro del tuo raccolto; e nella tua vigna non vi ripasserai, né raccoglierai i grappoli rimasti indietro della tua vigna; li lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Non ruberete, non mentirete e non ingannerete l’un l’altro. Non giurerete il falso nel mio nome, né profanerai il nome del tuo DIO. Io sono l’Eterno. Non opprimerai il tuo prossimo e non lo deruberai; il salario dell’operaio non rimanga presso di te fino al mattino seguente. Non maledirai il sordo e non metterai alcun inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo DIO. Io sono l’Eterno. Non farete ingiustizia nel giudicare; non userai parzialità col povero né presterai onore alla persona del potente; ma giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro calunniando fra il tuo popolo, né prenderai posizione contro la vita del tuo prossimo. Io sono l’Eterno. Non odierai il tuo fratello nel tuo cuore; riprendi pure il tuo prossimo, ma non tirarti addosso alcun peccato per causa sua. Non farai vendetta e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono l’Eterno. Osserverete i miei statuti. Non accoppierai bestie di specie diverse; non seminerai il tuo campo con tipi diversi di seme, né indosserai alcun vestito tessuto con materiali diversi. Se uno ha relazioni carnali con una donna che sia schiava promessa a un uomo, ma che non è stata riscattata e non ha ricevuto la libertà, saranno ambedue puniti, ma non saranno messi a morte, perché ella non era libera. L’uomo porterà all’Eterno, all’ingresso della tenda di convegno, come sacrificio per la trasgressione, un montone; col montone del sacrificio per la trasgressione il sacerdote farà per lui l’espiazione davanti all’Eterno per il peccato che egli ha commesso; e il peccato che ha commesso gli sarà perdonato. Quando sarete entrati nel paese e avrete piantato ogni sorta di alberi da frutto, considererete i loro frutti come non circoncisi; per tre anni saranno per voi come non circoncisi; no si dovranno mangiare. Ma il quarto anno tutti i loro frutti saranno santificati; saranno per la lode dell’Eterno. Il quinto anno mangerete i loro frutti, affinché il loro prodotto possa crescere. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Non mangerete nulla che contenga sangue. Non praticherete alcun genere di divinazione o di magia. Non taglierete in tondo i capelli ai lati del capo, né spunterai gli orli della tua barba. Non farete incisioni nella vostra carne per un morto, né farete alcun tatuaggio su di voi. Io sono l’Eterno. Non contaminare la tua figlia, facendola divenire una prostituta, affinché il paese non si dia alla prostituzione e il paese non si riempia di scelleratezze. Osserverete i miei sabati e porterete rispetto al mio santuario. Io sono l’Eterno. Non rivolgetevi ai medium e ai maghi; non consultateli, per non contaminarvi per mezzo loro. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Alzati davanti al capo canuto, onora la persona del vecchio e temi il tuo DIO. Io sono l’Eterno. Quando uno straniero risiede con voi nel vostro paese, non lo maltratterete. Lo straniero che risiede fra voi, lo tratterete come colui che è nato fra voi; tu l’amerai come te stesso, poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Non farete ingiustizia nei giudizi con le misure di lunghezza, di peso e di capacità. Avrete bilance giuste, pesi giusti, efa giusto, hin giusto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto. Osserverete dunque tutti i miei statuti e tutti i miei decreti e li metterete in pratica. Io sono l’Eterno«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Dirai ai figli d’Israele: Chiunque dei figli d’Israele o dei forestieri che risiede in Israele darà alcuno dei suoi discendenti a Molek, sarà messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà con pietre. Io stesso volgerò la mia faccia contro quell’uomo e lo sterminerò di mezzo al suo popolo, perché ha dato dei suoi discendenti a Molek per contaminare il mio santuario e profanare il mio santo nome. E se il popolo del paese chiude gli occhi davanti a quell’uomo, quando egli dà i suoi discendenti a Molek, e non lo mette a morte, sarò io a volgere la mia faccia contro quell’uomo e contro la sua famiglia; sterminerò di mezzo al suo popolo lui e tutti quelli che si prostituiscono con lui, prostituendosi a Molek. E se una persona si rivolge ai medium e ai maghi per prostituirsi dietro di loro, io volgerò la mia faccia contro quella persona e la sterminerò di mezzo al suo popolo. Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono l’Eterno, il vostro DIO. Osservate i miei statuti e metteteli in pratica. Io sono l’Eterno che vi santifico. Chiunque maledice suo padre o sua madre, sarà messo a morte, perché ha maledetto suo padre o sua madre; il suo sangue ricadrà su di lui. Se uno commette adulterio con la moglie di un altro, se commette adulterio con la moglie del suo vicino l’adultero e l’adultera saranno messi a morte. Se uno si corica con la moglie di suo padre egli scopre la nudità di suo padre; ambedue saranno certamente messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno si corica con sua nuora, ambedue saranno messi a morte; hanno commesso una perversione ripugnante; il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno ha relazioni carnali con un uomo come si hanno con una donna, ambedue hanno commesso cosa abominevole; saranno certamente messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno prende in moglie la figlia e la madre è un incesto; si bruceranno col Fuoco tanto lui che loro, affinché non vi sia incesto tra di voi. Se un uomo si accoppia con una bestia, sarà messo a morte; ucciderete anche la bestia. Se una donna si accosta a una bestia per accoppiarsi con essa, ucciderai la donna e la bestia; saranno certamente messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro. Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed ella vede la nudità di lui, è un’ignominia; entrambi saranno sterminati davanti agli occhi dei figli del loro popolo; quel tale ha scoperto la nudità della propria sorella; porterà la pena della sua iniquità. Se uno si corica con una donna durante le sue mestruazioni e ne scopre la nudità, egli ha scoperto il flusso di lei, ed ella ha scoperto il flusso del proprio sangue; entrambi saranno sterminati di mezzo al loro popolo. Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre, perché quel tale scoprirebbe la nudità di una sua stretta parente; ambedue porteranno la pena della loro iniquità. Se uno si corica con la moglie di suo zio scopre la nudità di suo zio; ambedue porteranno la pena del loro peccato; moriranno senza figli. Se uno prende la moglie di suo Fratello, è una cosa impura; egli ha scoperto la nudità di suo fratello; non avranno figli. Osserverete dunque tutti i miei statuti e tutti i miei decreti e li metterete in pratica, affinché il paese dove io vi conduco ad abitare non vi vomiti fuori, E non seguirete le usanze delle nazioni che io sto per scacciare davanti a voi; esse hanno fatto tutte queste cose, e perciò le ho in abominio, Ma a voi ho detto: Voi prenderete possesso del loro paese; ve lo darò come vostra proprietà; è un paese dove scorre latte e miele, Io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi ho separato dagli altri popoli, Farete dunque distinzione fra gli animali puri e quelli impuri, fra gli uccelli impuri e quelli puri, e non vi renderete abominevoli, mangiando animali, uccelli o cosa alcuna che striscia sulla terra e che io ho separato per voi come impuri. E sarete santi per me, poiché io l’Eterno, sono santo, e vi ho separati dagli altri popoli perché foste miei, Se un uomo o una donna è un medium o un mago, saranno sicuramente messi a morte; li lapiderete con pietre; il loro sangue ricadrà su di loro«. L’Eterno disse ancora a Mosè, »Parla ai sacerdoti, i figli di Aaronne, e di’ loro: Nessun sacerdote si contaminerà per un morto in mezzo al suo popolo, a meno che si tratti di un suo parente stretto: di sua madre, di suo padre, di suo figlio, di sua figlia, di suo fratello e di sua sorella ancora vergine che vive con lui, e che non sia ancora maritata; per lei può contaminarsi. Essendo un capo in mezzo al suo popolo, non si contaminerà, profanando se stesso. I sacerdoti non faranno tonsure sul loro capo, non raderanno gli orli della loro barba e non faranno incisioni nella loro carne. Saranno santi al loro DIO e non profaneranno il nome del loro DIO poiché offrono i sacrifici dell’Eterno, fatti col fuoco, il pane del loro DIO; perciò saranno santi. Non prenderanno in moglie una prostituta, né una moglie disonorata; non prenderanno una donna ripudiata da suo marito, perché sono santi al loro DIO. Tu considererai il sacerdote santo, perché egli offre il pane del tuo DIO; egli per te sarà santo, perché io, l’Eterno che vi santifico, sono santo. Se la figlia di un sacerdote si disonora facendo la prostituta, ella disonora suo padre; sarà arsa col fuoco. Ma colui che è sommo sacerdote tra i suoi fratelli, sul capo del quale è stato sparso l’olio dell’unzione e che è stato consacrato per indossare le vesti sacre, non si scoprirà il capo e non si straccerà le vesti. Non si avvicinerà ad alcun cadavere; non si contaminerà neppure per suo padre o per sua madre. Non uscirà dal santuario e non profanerà il santuario del suo DIO, perché la consacrazione dell’unzione del suo DIO è su di lui. Io sono l’Eterno. Prenderà in moglie una vergine. Non prenderà né una vedova, né una divorziata, né una disonorata, né una prostituta; ma prenderà in moglie una vergine del suo popolo. Non disonererà la sua discendenza in mezzo al suo popolo; poiché io sono l’Eterno che vi santifico«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ad Aaronne e digli: Nelle generazioni future nessun uomo della tua stirpe, che abbia qualche deformità potrà accostarsi ad offrire il pane del suo DIO; perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né il cieco né lo zoppo né chi sia sfigurato in viso, o abbia un’arto deforme, una frattura al piede, o alla mano, né un gobbo né un nano né colui che ha una macchia nell’occhio, o ha un eczema o la scabbia o i testicoli schiacciati. Nessun uomo della stirpe del sacerdote Aaronne che abbia qualche difetto, si accosterà per offrire i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. Ha un difetto; non si accosti quindi per offrire il pane del suo DIO. Egli potrà mangiare del pane del suo DIO, delle cose santissime e delle cose sante; ma non si avvicinerà al velo e non si accosterà all’altare, perché ha un difetto. Non profanerà i miei luoghi santi, perché io sono l’Eterno che li santifico«. E Mosè disse queste cose ad Aaronne, ai suoi figli e a tutti i figli d’Israele. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Di’ ad Aaronne e ai suoi figli che si astengano dalle cose sante a me consacrate dai figli d’Israele e non profanino il mio santo nome. Io sono l’Eterno. Di’ loro: »Qualunque uomo della vostra stirpe che nelle future generazioni si avvicinerà in stato di impurità alle cose sante, che i figli d’Israele consacrano all’Eterno, sarà sterminato dalla mia presenza. Io sono l’Eterno. Nessun uomo della stirpe di Aaronne, che sia lebbroso o abbia un flusso, mangerà delle cose sante finché non sia puro. Così pure chi tocca qualsiasi cosa resa impura per contatto con un cadavere, o abbia avuto un’emissione di seme, o chi tocca un rettile che l’ha reso impuro, o un uomo che gli abbia comunicato una impurità di qualsiasi genere, la persona che ha toccato tali cose sarà impura fino alla sera e non mangerà delle cose sante prima di aver lavato il suo corpo nell’acqua; dopo il tramonto del sole sarà pura e potrà poi mangiare delle cose sante, perché sono il suo cibo. Il sacerdote non mangerà carne di bestia morta naturalmente o sbranata, per non rendersi impuro. Io sono l’Eterno. I sacerdoti osserveranno dunque ciò che ho comandato, altrimenti porteranno la pena del loro peccato e moriranno per aver profanato le cose sante. Io sono l’Eterno che li santifico. Nessun estraneo mangerà delle cose sante; né un ospite del sacerdote, né un salariato potrà mangiare le cose sante. Ma se il sacerdote compra una persona con il suo denaro, questa ne potrà mangiare e anche chi è nato in casa sua; questi potranno mangiare del suo cibo. La figlia di un sacerdote maritata a un estraneo non mangerà delle cose sante offerte per elevazione. Ma se la figlia del sacerdote è rimasta vedova, o è stata ripudiata e non ha figli, ed è tornata a stare da suo padre come quando era giovane, potrà mangiare del pane del padre; ma nessun estraneo ne mangerà. Se uno mangia per sbaglio una cosa santa, darà al sacerdote la cosa santa, aggiungendovi un quinto. I sacerdoti non profaneranno dunque le cose sante dei figli d’Israele, che essi offrono per elevazione all’Eterno, e non faranno loro portare la pena del peccato di cui si renderebbero colpevoli, mangiando le loro cose sante; poiché io, l’Eterno, li santifico"«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Parla ad Aaronne, ai suoi figli e a tutti i figli d’Israele e di’ loro: Chiunque della casa d’Israele o dei forestieri in Israele presenti in olocausto all’Eterno un’offerta per qualsiasi voto o qualsiasi dono volontario; per essere gradito, offrirà un maschio, senza difetto, preso dai buoi, dalle pecore o dalle capre. Non offrirete nulla che abbia un difetto, perché non sarebbe gradito. Quando uno offre all’Eterno un sacrificio di ringraziamento, preso dalla mandria o dal gregge, sia per adempiere un voto, sia come offerta volontaria, la vittima per essere gradita dovrà essere perfetta; non dovrà avere alcun difetto. Non offrirete all’Eterno una vittima cieca o storpia o mutilata, o che abbia ulceri o un eczema o la scabbia; e non ne farete sull’altare un sacrificio col fuoco all’Eterno. Potrai presentare come offerta volontaria un bue o una pecora che abbia un arto troppo lungo o troppo corto; ma come voto non sarebbe gradito. Non offrirete all’Eterno alcun animale con i testicoli ammaccati o schiacciati o strappati o tagliati; di questi sacrifici non ne farete nel vostro paese. Né accetterete dallo straniero alcuna di queste vittime per offrirla come pane del vostro DIO, perché in esse ci sono mutilazioni e difetti; non sarebbero gradite per voi«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Quando nascerà un vitello o un agnello o un capretto, starà sette giorni sotto la madre; dall’ottavo giorno in poi sarà gradito come sacrificio fatto col fuoco all’Eterno. Non scannerete una vacca o una pecora con il suo piccolo nello stesso giorno. Quando offrirete all’Eterno un sacrificio di ringraziamento, offritelo in modo che sia gradito. La vittima sarà mangiata il giorno stesso; non ne lascerete nulla fino al mattino. Io sono l’Eterno. Osserverete dunque i miei comandamenti e li metterete in pratica. Io sono l’Eterno. Non profanerete il mio santo nome, ma sarò santificato in mezzo ai figli d’Israele. Io sono l’Eterno che vi santifico, che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto per essere vostro DIO. Io sono l’Eterno«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Ecco le feste dell’Eterno che voi proclamerete come sante convocazioni. Le feste sono queste: Si lavorerà per sei giorni, ma il settimo giorno è un sabato di riposo e di santa convocazione. Non farete in esso lavoro alcuno; è il sabato consacrato all’Eterno in tutti i luoghi dove abiterete. Queste sono le feste dell’Eterno, le sante convocazioni che proclamerete nei loro tempi stabiliti. Nel primo mese, il quattordicesimo giorno del mese, tra le due sere, è la Pasqua dell’Eterno; e il quindicesimo giorno dello stesso mese è la festa dei pani azzimi in onore dell’Eterno; per sette giorni mangerete pane senza lievito. Il primo giorno avrete una santa convocazione; non farete in esso alcun lavoro servile; e per sette giorni offrirete all’Eterno dei sacrifici fatti col fuoco. Il settimo giorno vi sarà una santa convocazione; non farete in esso alcun lavoro servile«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando entrerete nel paese che io vi do e ne mieterete la messe, porterete al sacerdote un covone, come primizia del vostro raccolto; egli agiterà il covone davanti all’Eterno per voi, perché sia gradito; il sacerdote lo agiterà il giorno dopo il sabato. Nel giorno in cui agiterete il covone, offrirete un agnello di un anno, senza difetto, come olocausto all’Eterno. L’oblazione di cibo che l’accompagna sarà di due decimi di efa di fior di farina mescolata con olio, come sacrificio fatto col fuoco, in odore soave all’Eterno; la libazione sarà di un quarto di hin di vino. Non mangerete pane ne grano arrostito né spighe fresche, fino a questo stesso giorno, fino a che non abbiate portato l’offerta del vostro DIO. E’ una legge perpetua per tutte le vostre generazioni, in tutti i luoghi dove abiterete. Dal giorno dopo il sabato, cioè dal giorno che avete portato il covone dell’offerta agitata, conterete sette sabati interi. Conterete cinquanta giorni fino al giorno dopo il settimo sabato, quindi offrirete all’Eterno una nuova oblazione di cibo. Porterete dalle vostre abitazioni due pani per un’offerta agitata di due decimi di efa di fior di farina; essi saranno cotti con del lievito, quali primizie offerte all’Eterno. Assieme a quei pani offrirete sette agnelli dell’anno senza difetto, un torello e due montoni; essi saranno un olocausto all’Eterno assieme alla loro oblazione di cibo e alle loro libazioni; sarà un sacrificio di odore soave fatto col fuoco all’Eterno. Poi offrirete un capro come sacrificio per il peccato e due agnelli dell’anno, come sacrificio di ringraziamento. Il sacerdote li agiterà assieme al pane delle primizie e ai due agnelli, come offerta agitata davanti all’Eterno; essi saranno consacrati all’Eterno apparterranno al sacerdote. In quel medesimo giorno proclamerete una santa convocazione. Non farete in esso alcun lavoro servile. E’ una legge perpetua per tutte le vostre generazioni, in tutti i luoghi dove abiterete. Quando mieterete la messe della vostra terra, non mieterai fino ai margini il tuo campo e non raccoglierai le spighe lasciate indietro del tuo raccolto; le lascerai per il povero e per il forestiero. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Nel settimo mese, il primo giorno del mese avrete un riposo solenne, una celebrazione festiva annunciata a suon di tromba, una santa convocazione. Non farete in essa alcun lavoro servile e offrirete all’Eterno dei sacrifici fatti col fuoco«. L’Eterno parlò ancora a Mosè dicendo: Il decimo giorno di questo settimo mese sarà il giorno dell’espiazione. Ci sarà per voi una santa convocazione; umilierete le anime vostre e offrirete all’Eterno un sacrificio fatto col fuoco. In questo giorno non farete alcun lavoro, perché è il giorno dell’espiazione, per fare espiazione per voi davanti all’Eterno, il vostro DIO. Poiché ogni persona che in questo giorno non si umilia, sarà sterminata di mezzo al suo popolo. E ogni persona che in questo giorno farà un qualsiasi lavoro, io, questa persona, la distruggerò di mezzo al suo popolo. Non farete alcun lavoro. E’ una legge perpetua per tutte le vostre generazioni, in tutti i luoghi dove abiterete. Sarà per voi un sabato di riposo, in cui umilierete le anime vostre; il nono giorno del mese, dalla sera alla sera seguente, celebrerete il vostro sabato«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: parla ai figli d’Israele e di’ loro: Il quindicesimo giorno di questo settimo mese sarà la festa delle capanne per sette giorni, in onore dell’Eterno. Il primo giorno vi sarà una santa convocazione; non farete in esso alcun lavoro servile. Per sette giorni offrirete all’Eterno un sacrificio fatto col fuoco. L’ottavo giorno avrete una santa convocazione e offrirete all’Eterno un sacrificio fatto col fuoco. E’ giorno di assemblea solenne; non farete in esso alcun lavoro servile. Queste sono le feste dell’Eterno che voi proclamerete come sante convocazioni, per offrire all’Eterno un sacrificio fatto col fuoco, un olocausto e un’oblazione di cibo, una vittima e libazioni, ogni cosa nel giorno stabilito, oltre i sabati dell’Eterno, oltre i vostri doni, oltre tutti i vostri voti e tutte le vostre offerte volontarie che presenterete all’Eterno. Inoltre il quindicesimo giorno del settimo mese, quando avrete raccolto i frutti della terra, celebrerete una festa all’Eterno per sette giorni; il primo giorno sarà di riposo, e l’ottavo giorno sarà pure di riposo. Il primo giorno prenderete il frutto di alberi maestosi: rami di palma, rami dal folto fogliame e salici di torrente, e vi rallegrerete davanti all’Eterno, il vostro DIO, per sette giorni. Celebrerete questa festa in onore dell’Eterno per sette giorni, ogni anno. E’ una legge perpetua, per tutte le vostre generazioni. La celebrerete il settimo mese. Dimorerete in capanne per sette giorni; tutti quelli che sono nativi d’Israele dimoreranno in capanne, affinché i vostri discendenti sappiano che io feci dimorare in capanne i figli d’Israele, quando li feci uscire dal paese d’Egitto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO«. Così Mosè rese note ai figli d’Israele le feste dell’Eterno. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Ordina ai figli d’Israele che ti portino olio puro di olive schiacciate per la luce del candelabro, per tenere le lampade continuamente accese. Nella tenda di convegno, fuori del velo che è davanti alla testimonianza, Aaronne se ne prenderà cura dalla sera alla mattina davanti all’Eterno, del continuo. E’ una legge perpetua, per tutte le vostre generazioni. Egli si prenderà cura delle lampade del candelabro d’oro puro davanti all’Eterno, del continuo. Prenderai del fior di farina e con esso farai cuocere dodici focacce; ogni focaccia sarà di due decimi di efa. Le disporrai su due file, sei per fila, sulla tavola d’oro puro davanti all’Eterno. E su ogni fila metterai incenso puro e sarà sul pane come un ricordo, come un sacrificio fatto col fuoco all’Eterno. Ogni giorno di sabato egli disporrà i pani davanti all’Eterno, del continuo; essi saranno presi dai figli d’Israele; è un patto perpetuo. I pani appartengono ad Aaronne e ai suoi figli, ed essi li mangeranno in luogo santo, poiché saranno cosa santissima per lui tra i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno. E’ una legge perpetua«. Or il figlio di una donna israelita e di un egiziano uscì in mezzo ai figli d’Israele; e fra il figlio della donna israelita e un israelita scoppiò una lite. Il figlio della israelita bestemmiò il nome dell’Eterno e lo maledisse; così lo condussero da Mosè. (Sua madre si chiamava Scelomith figlia di Dibri, della tribù di Dan). Lo misero in prigione, finché fosse loro indicata la volontà dell’Eterno. E l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Porta quel bestemmiatore fuori dell’accampamento; tutti quelli che l’hanno udito posino le mani sul suo capo, e tutta l’assemblea lo lapidi. Parla quindi ai figli d’Israele e di’ loro: »Chiunque maledice il suo DIO, porterà la pena del suo peccato. E chi bestemmia il nome dell’Eterno sarà messo a morte; tutta l’assemblea lo lapiderà. Straniero o nativo del paese, quando bestemmia il nome dell’Eterno, sarà messo a morte. Chi toglie la vita ad alcun uomo, sarà messo a morte. Chi percuote a morte un animale, lo pagherà: vita per vita. Quando uno fa una lesione al suo prossimo, si farà a lui ciò che egli ha fatto all’altro: frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; si farà a lui la stessa lesione che egli ha fatto all’altro. Chi percuote a morte un animale, lo pagherà; ma chi toglie la vita a un uomo sarà messo a morte. Avrete una stessa legge per il forestiero e per il nativo del paese; poiché io sono l’Eterno, il vostro DIO"«. Poi Mosè parlò ai figli d’Israele, i quali portarono quel bestemmiatore fuori dell’accampamento e lo lapidarono con pietre. Così i figli d’Israele fecero come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. L’Eterno parlò ancora a Mosè sul monte Sinai, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando entrerete nel paese che io vi do, la terra osserverà un sabato di riposo per l’Eterno. Per sei anni seminerai il tuo campo, per sei anni poterai la tua vigna e ne raccoglierai i frutti; ma il settimo anno sarà un sabato di riposo per la terra, un sabato in onore dell’Eterno; non seminerai il tuo campo ne poterai la tua vigna. Non mieterai ciò che cresce spontaneamente del tuo raccolto e non vendemmierai l’uva della vigna che non hai potata; sarà un anno di riposo per la terra. Ciò che la terra produrrà durante il suo riposo servirà di nutrimento: a te, al tuo servo, alla tua serva, al tuo operaio e al forestiero, a coloro cioè che risiedono con te al tuo bestiame e agli animali che sono nel tuo paese; tutto il suo prodotto servirà loro di nutrimento. Conterai pure per te sette sabati di anni: sette volte sette anni; queste sette settimane di anni faranno per te un periodo di quarantanove anni. Al decimo giorno del settimo mese farai squillare la tromba; nel giorno dell’espiazione farete squillare la tromba per tutto il paese. E santificherete il cinquantesimo anno e proclamerete la libertà nel paese per tutti i suoi abitanti. Sarà per voi un giubileo; ognuno di voi tornerà nella sua proprietà e ognuno di voi tornerà nella sua famiglia. Il cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete e non raccoglierete ciò che cresce spontaneamente, e non vendemmierete le vigne non potate. Poiché è il giubileo; esso sarà sacro per voi; mangerete il prodotto che vi daranno i campi. In quest’anno del giubileo ciascuno tornerà alle sue proprietà. Se vendete qualcosa al vostro prossimo o se comprate qualcosa dal vostro prossimo, non farete alcun torto l’uno all’altro. Comprerai dal tuo vicino in base al numero di anni trascorsi dopo il giubileo, ed egli venderà a te in base al numero degli anni della raccolta. Quanto più anni restano, tanto più alzerai il prezzo; quanto meno anni restano, tanto più abbasserai il prezzo; poiché egli ti vende in base al numero dei raccolti. Nessuno di voi danneggi il suo vicino, ma temerai il tuo DIO; poiché io sono l’Eterno, il vostro DIO. Voi metterete in pratica i miei statuti, e osserverete i miei decreti e li adempirete; così abiterete il paese al sicuro. La terra produrrà i suoi frutti e voi ne mangerete a sazietà, e abiterete in essa al sicuro. Ma se dite: »Che cosa mangeremo il settimo anno, se non semineremo e non raccoglieremo i nostri prodotti?«. Io ho comandato che la mia benedizione venga su di voi il sesto anno, ed esso vi darà un raccolto che basterà per tre anni. Così nell’ottavo anno seminerete e mangerete del vecchio raccolto fino al nono anno; mangerete del vecchio raccolto finché venga il nuovo. Le terre non si venderanno per sempre, perché la terra è mia; poiché voi siete forestieri e affittuari con me. Perciò in tutto il paese di vostra proprietà, concederete il diritto di riscatto del suolo. Se un tuo fratello diventa povero e vende una parte della sua proprietà, colui che ha il diritto di riscatto, il suo parente più stretto, verrà e riscatterà ciò che il suo fratello ha venduto. E se uno non ha chi possa riscattare la sa proprietà, ma giunge a procurarsi da sé la somma necessaria al riscatto, conterà le annate trascorse e rifonderà al compratore l’importo degli anni che ancora rimangono, e rientrerà così nella sua proprietà. Ma se non è in grado di riscattare la sua proprietà, ciò che ha venduto rimarrà nelle mani del compratore fino all’anno del giubileo; al giubileo però sarà svincolata e ritornerà in suo possesso. Se uno vende una casa per abitazione in una città murata, avrà il diritto di riscattarla per un intero anno dopo la sua vendita; il suo diritto di riscatto dura un anno intero. Ma se la casa posta nella città murata non è riscattata prima che sia trascorso un intero anno, rimarrà per sempre proprietà del compratore e dei suoi discendenti; non sarà svincolata al giubileo. Invece le case dei villaggi non attorniati da mura saranno considerate come fondi rurali; possono essere riscattate e al giubileo saranno svincolate. Quanto alle città dei Leviti, i Leviti potranno sempre riscattare le case delle città di loro proprietà. Se poi uno compra una casa dai Leviti, la casa venduta nella città di loro proprietà sarà svincolata nell’anno del giubileo, perché le case delle città dei Leviti sono loro proprietà, in mezzo ai figli d’Israele. Ma i terreni da pascolo delle loro città non si possono vendere, perché sono loro proprietà perpetua. Se un tuo fratello impoverisce e si trova nell’indigenza in mezzo a voi, tu lo sosterrai come un forestiero e un ospite perché possa vivere presso di te. Non trarre da lui alcun interesse o utile; ma temi il tuo DIO, e il tuo fratello vivrà presso di te. Non gli presterai il tuo denaro a interesse, né gli darai i tuoi viveri per ricavarne un utile. Io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto per darvi il paese di Canaan e per essere il vostro DIO. Se il tuo fratello che vive presso di te diviene povero e si vende a te, non l’obbligherai a servire come uno schiavo; ma starà da te come un bracciante e come un ospite; ti servirà fino all’anno del giubileo. Allora se ne andrà da te, lui e i suoi figli, e tornerà nella sua famiglia; così rientrerà nella proprietà dei suoi padri. Poiché essi sono miei servi, che io ho fatto uscire dal paese d’Egitto; non devono quindi essere venduti come si vendono gli schiavi. Non lo dominerai con asprezza, ma temerai il tuo DIO. Quanto allo schiavo e alla schiava che puoi avere, li prenderai dalle nazioni che vi circondano; da queste comprerete lo schiavo e la schiava. Inoltre potrete comprare schiavi tra i figli degli stranieri che vivono tra di voi e tra le loro famiglie che si trovano fra di voi e che hanno generato nel vostro paese; essi saranno vostra proprietà. E li potrete lasciare in eredità ai vostri figli dopo di voi, come loro proprietà; vi potrete servire di loro come schiavi per sempre; ma quanto ai vostri fratelli, i figli d’Israele, nessuno dominerà sull’altro con asprezza. Se un forestiero che vive presso di te arricchisce e un tuo fratello che vive presso di lui impoverisce, e si vende al forestiero o all’ospite che è presso di te, o a qualcuno della famiglia del forestiero, dopo che si è venduto, può essere nuovamente riscattato; lo potrà riscattare uno dei suoi fratelli. Lo potrà riscattare suo zio, o il figlio di suo zio; lo potrà riscattare un parente del suo stesso sangue; o se ne ha i mezzi, potrà riscattarsi da sé. Farà il conto col suo compratore, dall’anno che si è venduto a lui all’anno del giubileo; e il prezzo da pagare sarà calcolato in base al numero degli anni, valutando le sue giornate come quelle di un bracciante. Se vi sono ancora molti anni, pagherà il suo riscatto in base al loro numero e al prezzo col quale fu comprato; se rimangono invece solo pochi anni per arrivare al giubileo, farà il conto col suo compratore e pagherà il prezzo del suo riscatto in base ai pochi anni rimasti. Come bracciante rimanga con il padrone un anno dopo l’altro, il quale non lo dominerà con asprezza sotto i tuoi occhi. E se non è riscattato in alcuno di questi modi, sarà lasciato libero nell’anno del giubileo, lui e i suoi figli. Poiché i figli d’Israele sono servi miei; sono miei servi, che ho fatto uscire dal paese d’Egitto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO«. »Non vi farete idoli, non vi erigerete immagini scolpite o alcuna stele e non collocherete nel vostro paese alcuna pietra ornata di figure, per prostrarvi davanti ad essa; poiché io sono l’Eterno, il vostro DIO. Osserverete i miei sabati e porterete rispetto al mio santuario. Io sono l’Eterno. Se vi comportate secondo i miei statuti osservate i miei comandamenti, e li mettete in pratica, io vi darò le piogge nella loro stagione la terra darà i suoi prodotti e gli alberi della campagna daranno i loro frutti. La trebbiatura durerà fino alla vendemmia e la vendemmia durerà fino alla semina; mangerete a sazietà il vostro pane e abiterete al sicuro nel vostro paese. Io farò regnare la pace nel paese; vi coricherete e nessuno vi spaventerà; farò sparire dal paese le bestie cattive e la spada non passerà per il vostro paese. Voi inseguirete i vostri nemici, ed essi cadranno davanti a voi trafitti dalla spada. Cinque di voi ne inseguiranno cento, cento di voi ne inseguiranno diecimila, e i vostri nemici cadranno davanti a voi trafitti dalla spada. Io mi volgerò verso di voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò, e confermerò il mio patto con voi. Voi mangerete del vecchio raccolto, conservato a lungo e sgombrerete il vecchio per far posto al nuovo. lo stabilirò la mia dimora in mezzo a voi e non vi rigetterò. Camminerò tra di voi e sarò il vostro DIO, e voi sarete il mio popolo. lo sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi ho fatto uscire dal paese d’Egitto, perché non foste più loro schiavi; ho spezzato il vostro giogo e vi ho fatto camminare la testa alta. Ma se non mi date ascolto e se non mettete in pratica tutti questi comandamenti, Se disprezzate i miei statuti e l’anima vostra rigetta i miei decreti, non mettendo in pratica tutti i miei comandamenti e rompendo il mio patto, a mia volta, farò questo a voi: manderò contro di voi il terrore, la consunzione e la febbre, che vi consumerà gli occhi e farà languire la vostra vita; e seminerete invano la vostra semente, perché la mangeranno i vostri nemici. Volgerò la mia faccia contro di voi e voi sarete sconfitti dai vostri nemici; quei che vi odiano vi domineranno, e vi darete alla fuga senza che alcuno vi insegua. E se neppure dopo questo mi darete ascolto, io vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati. Spezzerò l’orgoglio della vostra forza, renderò il vostro cielo come ferro e la vostra terra come rame. La vostra forza si consumerà invano, perché la vostra terra non darà più i suoi prodotti, e gli alberi della campagna non daranno più i loro frutti. E se vi comportate come miei nemici e non volete darmi ascolto io vi colpirò sette volte di più con piaghe secondo i vostri peccati. Manderò contro di voi le fiere della campagna, che rapiranno i vostri figli, stermineranno il vostro bestiame, vi ridurranno a pochi e renderanno le vostre strade deserte. E se nonostante queste cose non vi correggete per tornare a me, ma con la vostra condotta vi comportate come miei nemici, anch’io diventerò nemico vostro, e vi colpirò sette volte di più per i vostri peccati. E farò venire contro di voi la spada che eseguirà la vendetta del mio patto; voi vi raccoglierete nelle vostre città, ma io manderò in mezzo a voi la peste e sarete dati in mano al nemico. Quando vi toglierò il sostentamento del pane, dieci donne cuoceranno il vostro pane in uno stesso forno e razioneranno il vostro pane, distribuendolo a peso; voi mangerete, ma non vi sazierete. E se nonostante tutto questo non mi darete ascolto, ma vi comporterete da miei nemici, anch’io diventerò vostro nemico pieno d’ira e vi castigherò sette volte di più per i vostri peccati. Mangerete la carne dei vostri figli e mangerete la carne delle vostre figlie. Io distruggerò i vostri alti luoghi, abbatterò i vostri idoli e getterò i vostri cadaveri sulle sagome senza vita dei vostri idoli; e vi detesterò. Ridurrò le vostre città in deserti, devasterò i vostri luoghi sacri e non aspirerò più l’odore soave dei vostri profumi. Devasterò il paese; e i vostri nemici che vi abiteranno rimarranno sbalorditi. Disperderò voi fra le nazioni e trarrò fuori la spada contro di voi; il vostro paese sarà desolato e le vostre città saranno deserte. Allora la terra godrà i suoi sabati per tutto il tempo in cui rimarrà desolata e voi sarete nel paese dei vostri nemici; così la terra si riposerà e godrà i suoi sabati. Per tutto il tempo che rimarrà desolata avrà il riposo che non ebbe nei vostri sabati, quando voi l’abitavate. A quelli di voi che scamperanno infonderò nel cuore sgomento nel paese dei loro nemici: il fruscìo di una foglia agitata li metterà in fuga; fuggiranno come si fugge davanti alla spada e cadranno senza che alcuno li insegua. Inciamperanno l’uno nell’altro, come davanti alla spada, senza che alcuno li insegua; e non potrete resistere davanti ai vostri nemici. Perirete fra le nazioni e il paese dei vostri nemici vi divorerà. I superstiti tra di voi si struggeranno a motivo della loro iniquità nel paese dei loro nemici; e si struggeranno pure a motivo delle iniquità dei loro padri. Ma se confesseranno la loro iniquità e l’iniquità dei loro padri, nelle trasgressioni che commisero contro di me e anche per essersi comportati come miei nemici, da indurmi ad essere loro nemico e a portarli nel paese dei loro nemici; se il loro cuore incirconciso si umilierà e accetteranno la punizione della loro iniquità, allora io mi ricorderò del mio patto con Giacobbe, mi ricorderò del mio patto con Isacco e del mio patto con Abrahamo e mi ricorderò del paese; Poiché il paese sarà abbandonato da loro e godrà i suoi sabati, mentre rimarrà desolato senza di loro; così essi accetteranno la punizione della loro iniquità per aver disprezzato i miei decreti e aver avuto in avversione i miei statuti. Nonostante tutto questo, quando saranno nel paese dei loro nemici, io non li disprezzerò e non li detesterò fino al punto di annientarli del tutto e di rompere il mio patto con loro; poiché io sono l’Eterno, il loro DIO; ma per loro amore mi ricorderò del patto stabilito con i loro antenati, che feci uscire dal paese d’Egitto sotto gli occhi delle nazioni, per essere il loro DIO. Io sono l’Eterno«. Tali sono gli statuti, i decreti e le leggi che l’Eterno stabilì fra sé e i figli d’Israele, sul monte Sinai, per mezzo di Mosè. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando uno fa un importante voto per consacrare una persona all’Eterno, e intende dare il valore equivalente, se il tuo estimo riguarda un maschio dai vent’anni in su, fino ai sessant’anni, allora il tuo estimo sarà di cinquanta sicli d’argento, secondo i siclo del santuario. Se si tratta di una donna, il tuo estimo sarà di trenta sicli. Dai cinque anni in su fino ai vent’anni, il tuo estimo sarà di venti sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina. Da un mese in su, fino a cinque anni, il tuo estimo sarà di cinque sicli d’argento per un maschio e di tre sicli d’argento per una femmina. Dai sessant’anni in su, il tuo estimo sarà di quindici sicli per un maschio e di dieci sicli per una femmina. Ma se egli è troppo povero per pagare la somma richiesta dal tuo estimo, allora sarà presentato davanti al sacerdote e il sacerdote ne farà l’estimo. Il sacerdote farà un estimo, in proporzione dei mezzi di colui che ha fatto il voto. Se si tratta di animali che possono essere presentati in offerta all’Eterno, ogni animale offerto all’Eterno sarà cosa santa. Egli non potrà né sostituirlo né scambiarlo, né uno buono con uno cattivo, né uno cattivo con uno buono; e se anche dovesse scambiare un animale con un altro, entrambi saranno cosa sacra. Se però si tratta di un animale impuro di cui non si può fare offerta all’Eterno, allora egli presenterà l’animale davanti al sacerdote; e il sacerdote ne farà l’estimo, sia l’animale buono o cattivo; qualunque estimo il sacerdote fisserà quello sarà. Ma se uno lo vuole riscattare, dovrà aggiungere un quinto all’estimo. Se uno consacra la sua casa per essere cosa santa all’Eterno, il sacerdote ne farà l’estimo, sia essa buona o cattiva; qualunque estimo il sacerdote fisserà quello sarà. E se colui che ha consacrato la sua casa la vuole riscattare, dovrà aggiungere un quinto all’estimo e sarà sua. Se uno consacra all’Eterno un campo di sua proprietà, ne farai l’estimo in base alla semente richiesta per essa: cinquanta sicli d’argento per un homer di seme d’orzo. Se consacra il suo campo dall’anno del giubileo, il prezzo resterà quello fissato dal tuo estimo; ma se consacra il suo campo dopo il giubileo, il sacerdote ne valuterà il prezzo in ragione degli anni che rimangono fino al giubileo, dal tuo estimo. E se colui che ha consacrato il campo lo vuole riscattare, dovrà aggiungere un quinto al tuo estimo, e resterà suo. Ma se non vuole riscattare il campo o se ha venduto il campo ad un altro, non lo si potrà piú riscattare; e il campo, quando viene svincolato al giubileo, sarà santo all’Eterno come un campo destinato a DIO, e diventerà proprietà del sacerdote. Se uno consacra all’Eterno un campo da lui comprato e che non fa parte del suo patrimonio, il sacerdote stabilirà per lui il valore del tuo estimo fino all’anno del giubileo, e quel tale verserà il giorno stesso il prezzo da te fissato, come cosa sacra all’Eterno. Nell’anno del giubileo il campo tornerà a colui da cui fu comprato, e del cui patrimonio faceva parte. Tutti i tuoi estimi si faranno in sicli del santuario; il siclo è di venti ghere. Ma nessuno potrà consacrare i primogeniti del bestiame, perché come primogeniti appartengono già all’Eterno; sia esso un bue o un agnello, appartiene all’Eterno. E se si tratta di un animale impuro, lo riscatterà in base al prezzo fissato dal tuo estimo, aggiungendovi un quinto; se non è riscattato, sarà venduto al prezzo fissato dal tuo estimo. Nondimeno nulla di ciò che è destinato a Dio e che uno ha destinato all’Eterno, fra tutte le cose che gli appartengono, si tratti di una persona, di un animale o di un pezzo di terra del suo patrimonio, potrà essere venduto o riscattato; ogni cosa destinata a Dio è cosa santissima all’Eterno. Nessuna persona votata allo sterminio potrà essere riscattata; dovrà essere messa a morte. Ogni decima della terra, sia dei prodotti del suolo che dei frutti degli alberi, appartiene all’Eterno; è cosa consacrata all’Eterno. Se uno vuole riscattare una parte della sua decima, vi aggiungerà il quinto. E per la decima della mandria e del gregge, il decimo capo di tutto ciò che passa sotto la verga sarà consacrato all’Eterno. Non farà distinzione fra buono e cattivo, né farà scambi; e se scambia uno con un altro, ambedue saranno cosa sacra; non si potranno riscattare«. Questi sono i comandamenti che l’Eterno diede a Mosè per i figli d’Israele sul monte Sinai.
L’Eterno parlò ancora a Mosè nel deserto del Sinai, nella tenda di convegno, il primo giorno del secondo mese, nel secondo anno dalla loro uscita dal paese d’Egitto, e disse: »Fate il censimento di tutta l’assemblea dei figli d’Israele in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, enumerando uno ad uno i nomi di ogni maschio. Dall’età di vent’anni in su, tutti coloro che in Israele possono andare in guerra; tu ed Aaronne ne farete il censimento, schiera per schiera. E con voi sarà un uomo per ogni tribù, uno che sia capo della casa di suo padre. Questi sono i nomi degli uomini che staranno con voi. Di Ruben, Elitsur, figlio di Scedeur; di Simeone, Scelumiel, figlio di Tsurishaddai; di Giuda, Nahshon, figlio di Amminadab; di Issacar, Nethaneel, figlio di Tsuar; di Zabulon, Eliab, figlio di Helon; dei figli di Giuseppe, per Efraim, Elishama, figlio di Ammihud; per Manasse, Gamaliel, figlio di Pedahtsur; di Beniamino, Abidan, figlio di Ghideoni; di Dan, Ahiezer, figlio di Ammishaddai; di Ascer, Paghiel, figlio di Okran; di Gad, Eliasaf, figlio di Deuel; di Neftali, Ahira, figlio di Enan«. Questi sono coloro che furono scelti dall’assemblea, i principi delle tribù dei loro padri, i capi delle divisioni d’Israele Mosè ed Aaronne presero dunque questi uomini che erano stati designati per nome, e convocarono tutta l’assemblea, il primo giorno del secondo mese; essi indicarono il loro lignaggio, in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando il numero delle persone dai vent’anni in su, uno per uno. Come l’Eterno aveva ordinato a Mosè, egli ne fece il censimento nel deserto del Sinai. Dei figli di Ruben, primogenito d’Israele, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi di tutti i maschi, uno per uno, dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Ruben furono quarantaseimilacinquecento. Dei figli di Simeone, i loro discendenti in base alle loro famiglie alle case dei loro padri, quelli recensiti contando i nomi di tutti i maschi, uno per uno dall’età di vent’anni in su, tutti quei che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Simeone furono cinquanta novemila trecento. Dei figli di Gad, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Gad furono quarantacinquemila seicento cinquanta. Dei figli di Giuda, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Giuda furono settanta quattromila seicento. Dei figli di Issacar, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Issacar furono cinquanta quattromila quattrocento. Dei figli di Zabulon, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Zabulon furono cinquanta settemila quattrocento. Tra i figli di Giuseppe: dei figli di Efraim, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli ce erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Efraim furono quarantamila cinquecento. Dei figli di Manasse, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Manasse furono trentaduemila duecento. Dei figli di Beniamino, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Beniamino furono trentacinquemila quattrocento. Dei figli di Dan, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Dan furono sessantaduemila settecento. Dei figli di Ascer, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Ascer furono quarantunomila cinquecento. Dei figli di Neftali, i loro discendenti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, contando i nomi dall’età di vent’anni in su, tutti quelli che erano abili ad andare in guerra: quelli recensiti della tribù di Neftali furono cinquantatremila quattrocento. Questi furono quelli recensiti da Mosè ed Aaronne, assieme ai dodici uomini, principi d’Israele, ognuno di essi rappresentante della casa di suo padre. Così tutti i figli d’Israele che furono recensiti in base alle case dei loro padri, dall’età di vent’anni in su, cioè tutti gli uomini che in Israele erano abili ad andare in guerra, tutti quelli recensiti furono seicentotremila cinquecento cinquanta. Ma i Leviti non furono recensiti assieme agli altri, secondo la tribù dei loro padri, poiché l’Eterno aveva parlato a Mosè, dicendo: »Soltanto della tribù di Levi non farai il censimento e non calcolerai il loro numero tra i figli d’Israele; ma affida ai Leviti la cura del tabernacolo della testimonianza, di tutti i suoi utensili e di tutto ciò che gli appartiene. Essi porteranno il tabernacolo e tutti i suoi utensili, ne faranno il servizio e si accamperanno intorno al tabernacolo. Quando il tabernacolo deve spostarsi, i Leviti lo smonteranno; quando il tabernacolo deve fermarsi, i Leviti lo erigeranno; e l’estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte. I figli d’Israele pianteranno le loro tende ognuno nel suo campo, ognuno vicino alla sua bandiera, secondo le loro schiere. Ma i Leviti pianteranno le loro tende attorno al tabernacolo della testimonianza, affinché la mia ira non cada sull’assemblea dei figli d’Israele; così i Leviti si prenderanno cura del tabernacolo della testimonianza. I figli d’Israele si conformarono a tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè, e così fecero. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »I figli d’Israele si accamperanno ciascuno vicino alla sua bandiera sotto le insegne della casa dei loro padri; si accamperanno tutt’intorno alla tenda di convegno, ma ad una certa distanza. Sul lato est, verso il sol levante, si accamperà la bandiera del campo di Giuda secondo le loro schiere; e il principe dei figli di Giuda è Nahshon, figlio di Amminadab; quelli recensiti della sua divisione erano settantaquattromila seicento. Accanto a lui si accamperà la tribú di Issacar; il principe dei figli di Issacar è Nethaneel, figlio di Tsuar; quelli recensiti della sua divisione erano cinquantaquattromila quattrocento. Poi verrà la tribù di Zabulon; il principe dei figli di Zabulon è Eliab, figlio di Helon; quelli recensiti della sua divisione erano cinquantasettemilaquattrocento. Tutti quelli recensiti del campo di Giuda, secondo le loro divisioni, erano centottantaseimilaquattrocento. Essi si metteranno in marcia per primi. Sul lato sud starà la bandiera del campo di Ruben secondo le sue schiere; e il principe dei figli di Ruben è Elitsur, figlio di Scedeur; quelli recensiti della sua divisione erano quarantaseimilacinquecento. Accanto a lui si accamperà la tribù di Simeone; e il principe dei figli di Simeone è Scelumiel, figlio di Tsurishaddai; quelli recensiti della sua divisione erano cinquantanovemilatrecento. Poi verrà la tribù di Gad; il principe dei figli di Gad è Eliasaf, figlio di Reuel, quelli recensiti della sua divisione erano quarantacinquemila seicentocinquanta. Tutti quelli recensiti del campo di Ruben, secondo le loro divisioni, erano centocinquantunomila quattrocentocinquanta. Essi si metteranno in marcia per secondi. Poi si metterà in marcia la tenda di convegno col campo dei Leviti in mezzo agli altri campi. Si metteranno in marcia nello stesso ordine con cui erano accampati, ciascuno al suo posto, accanto alla sua bandiera. Sul lato ovest starà la bandiera del campo di Efraim secondo le sue schiere; il principe dei figli di Efraim è Elishama, figlio di Ammihud; quelli recensiti della sua divisione erano quarantamilacinquecento. Accanto a lui si accamperà la tribú di Manasse; il principe dei figli di Manasse è Gamaliel, figlio di Pedahtsur; quelli recensiti della sua divisione erano trentaduemiladuecento. Poi verrà la tribù di Beniamino; il principe dei figli di Beniamino è Abidan, figlio di Ghideoni; quelli recensiti della sua divisione erano trentacinquemilaquattrocento. Tutti quelli recensiti del campo di Efraim, secondo le loro divisioni, erano centottomilacento. Essi si metteranno in marcia per terzi. Sul lato nord starà la bandiera del campo di Dan secondo le sue schiere; il principe dei figli di Dan è Ahiezer, figlio di Ammishaddai; quelli recensiti della sua divisione erano sessantaduemilasettecento. Accanto a lui si accamperà la tribù di Ascer; il principe dei figli di Ascer è Paghiel, figlio di Okran; quelli recensiti della sua divisione erano quarantunomilacinquecento. Poi verrà la tribù di Neftali; il principe dei figli di Neftali Ahira, figlio di Enan; quelli recensiti della sua divisione erano cinquantatremilaquattrocento. Tutti quelli recensiti della divisione Dan, erano centocinquantasettemila seicento. Essi si metteranno in marcia per ultimi, accanto alle loro bandiere. Questi sono i figli d’Israele che furono recensiti in base alle case dei loro padri. Tutti quelli recensiti dei vari campi secondo le loro divisioni furono seicentotremila cinquecento cinquanta. Ma i Leviti non furono recensiti tra i figli d’Israele, perché così l’Eterno aveva ordinato a Mosè. I figli d’Israele si conformarono a tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè: così si accampavano accanto alle loro bandiere e così si mettevano in marcia, ciascuno secondo la sua famiglia e secondo la casa dei suoi padri. Or questi sono i discendenti di Aaronne e di Mosè al tempo in cui l’Eterno parlò a Mosè sul monte Sinai. Questi sono i nomi dei figli di Aaronne: Nadab, il primogenito, Abihu, Eleazar e Ithamar. Questi sono i nomi dei figli di Aaronne, unti sacerdoti, che egli consacrò per servire come sacerdoti. Nadab e Abihu morirono davanti all’Eterno, quando offrirono fuoco illecito davanti all’Eterno nel deserto del Sinai; essi non avevano figli. Così Eleazar e Ithamar servirono come sacerdoti alla presenza di Aaronne, loro padre. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Fa’ avvicinare la tribù dei Leviti e presentala davanti al sacerdote Aaronne, perché stia al suo servizio. Essi eseguiranno tutte le sue istruzioni e svolgeranno le mansioni relative a tutta l’assemblea davanti alla tenda di convegno, facendo il servizio del tabernacolo. Avranno cura di tutti gli utensili della tenda di convegno e adempiranno alle obbligazioni dei figli d’Israele, facendo il servizio del tabernacolo. Tu darai i Leviti ad Aaronne e ai suoi figli; essi gli sono interamente dati dal mezzo dei figli d’Israele. Tu stabilirai Aaronne e i suoi figli, perché esercitino le mansioni del loro sacerdozio; ma ogni altro estraneo che si avvicina sarà messo a morte«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Ecco, io ho preso i Leviti dal mezzo dei figli d’Israele al posto di ogni primogenito che apre il grembo materno tra i figli d’Israele; perciò i Leviti saranno miei, poiché ogni primogenito è mio; nel, giorno in cui colpii tutti i primogeniti: nel paese d’Egitto, io consacrai a me stesso tutti i primogeniti in Israele, tanto degli uomini quanto degli animali; essi saranno miei. Io sono l’Eterno«. Poi l’Eterno parlò a Mosè nel deserto del Sinai, dicendo: »Fa’ il censimento dei figli di Levi in base alle case dei loro padri e alle loro famiglie; farai il censimento di tutti i maschi dall’età di un mese in su«. Così Mosè ne fece il censimento secondo l’ordine dell’Eterno, come gli era stato comandato. Questi sono i figli di Levi, secondo i loro nomi: Ghershon, Kehath e Merari. Questi sono i nomi dei figli di Ghershon, secondo le loro famiglie: Libni e Scimei; i figli di Kehath, secondo le loro famiglie: Amram, Itsehar, Hebron e Uzziel; i figli di Merari secondo le loro famiglie: Mahli e Musci. Queste sono le famiglie dei Leviti, in base alle case dei loro padri. Da Ghershon discendono la famiglia dei Libniti e la famiglia degli Scimeiti; queste sono le famiglie dei Ghershoniti. Quelli che furono recensiti, contando tutti i maschi dall’età di un mese in su, furono settemilacinquecento. Le famiglie dei Ghershoniti dovevano accamparsi dietro il tabernacolo, verso ovest. Il capo della casa dei padri dei Ghershoniti era Eliasaf, figlio di Lael. Le mansioni dei figli di Ghershon nella tenda di convegno riguardavano il tabernacolo, la tenda con la sua copertura, la cortina all’ingresso della tenda di convegno, i tendaggi del cortile la cortina all’ingresso del cortile intorno al tabernacolo e all’altare e le sue corde per tutto il servizio che li riguardava. Da Kehath discendono la famiglia degli Amramiti, la famiglia degli Itsehariti, la famiglia degli Hebroniti e la famiglia degli Uzzieliti; queste sono le famiglie dei Kehathiti. Contando tutti i maschi dall’età di un mese in su, c’erano ottomilaseicento che si prendevano cura del santuario. Le famiglie dei figli di Kehath dovevano accamparsi sul lato sud del tabernacolo. Il capo della casa dei padri dei Kehathiti era Elitsafan, figlio di Uzziel. Le loro mansioni riguardavano l’arca, la tavola, il candelabro gli altari e gli utensili del santuario con i quali essi facevano il servizio, il velo e tutto il lavoro che ha a che fare con queste cose. Il principe dei principi dei Leviti era Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne; egli aveva la sorveglianza di quelli che si prendevano cura del santuario. Da Merari discendono la famiglia dei Mahliti e la famiglia dei Musciti; queste sono le famiglie di Merari. Quelli che furono recensiti, contando tutti i maschi dall’età di un mese in su, furono seimiladuecento. Il principe della casa dei padri delle famiglie di Merari era Tsuriel, figlio di Abihail. Essi dovevano accamparsi dal lato nord del tabernacolo. Le mansioni assegnate ai figli di Merari riguardavano le tavole del tabernacolo, le sue traverse, le sue colonne e le loro basi, tutti i suoi utensili e tutto il lavoro che ha a che fare con queste cose, le colonne del cortile tutt’intorno, le loro basi, i loro piuoli e le loro corde. Davanti al tabernacolo, sul lato est, di fronte alla tenda di convegno, verso il sol levante, dovevano accamparsi Mosè Aaronne e i suoi figli; essi avevano la cura del santuario assolvendo le obbligazioni dei figli d’Israele; ma ogni altro estraneo che si fosse avvicinato sarebbe stato messo a morte. Tutti i Leviti recensiti di cui Mosè ed Aaronne fecero il censimento in base alle loro famiglie per ordine dell’Eterno, tutti i maschi dall’età di un mese in su furono ventiduemila. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Fa’ il censimento di tutti i primogeniti maschi tra i figli d’Israele dall’età di un mese in su e fa’ il conto dei loro nomi. Prenderai i Leviti per me, io sono l’Eterno, al posto di tutti i primogeniti tra i figli d’Israele, e il bestiame dei Leviti al posto dei primogeniti tra il bestiame dei figli d’Israele«. Così Mosè fece il censimento di tutti i primogeniti tra i figli d’Israele, come l’Eterno gli aveva ordinato. Tutti i primogeniti maschi di cui si fece il censimento, contando i nomi dall’età di un mese in su, furono ventiduemila duecentosettantatre. Poi l’Eterno parlò a Mosè dicendo: »Prendi i Leviti al posto di tutti i primogeniti dei figli d’Israele, e il bestiame dei Leviti al posto del loro bestiame; i Leviti saranno miei. Io sono l’Eterno. Per il riscatto dei duecentosettantatre primogeniti dei figli d’Israele che oltrepassano il numero dei Leviti. prenderai cinque sicli a testa; li prenderai secondo il siclo del santuario, il siclo è di venti ghere. Darai il denaro ad Aaronne e ai suoi figli per il riscatto di quelli che oltrepassano il loro numero«. Così Mosè prese il denaro del riscatto da quei che oltrepassavano il numero dei primogeniti riscattati dai Leviti; prese il denaro dei primogeniti dei figli d’Israele: milletrecentosessantacinque sicli, secondo il siclo del santuario. Poi Mosè diede il denaro di quelli riscattati ad Aaronne e ai suoi figli, secondo l’ordine dell’Eterno, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Fate il conto dei figli di Kehath, tra i figli di Levi, in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni, di tutti quelli che entrano in servizio per lavorare nella tenda di convegno. Questo è il servizio dei figli di Kehath nella tenda di convegno che riguarda le cose santissime. Quando si deve spostare l’accampamento, Aaronne e i suoi figli verranno a smontare il velo di separazione e copriranno con esso l’arca della testimonianza; poi metteranno su di essa una coperta di pelli di tasso, vi stenderanno sopra un panno tutto violaceo e vi inseriranno le sue stanghe. Stenderanno un panno violaceo sulla tavola dei pani della presentazione e vi metteranno su i piatti, le coppe, le bacinelle e i calici per le libazioni; su di essa ci sarà anche il pane perpetuo. Su queste cose stenderanno un panno scarlatto e sopra questo una coperta di pelli di tasso, e vi inseriranno le sue stanghe. Poi prenderanno un panno violaceo, col quale copriranno il candelabro della luce, le sue lampade, le sue forbici, i suoi smoccolatoi e tutti i suoi vasi dell’olio destinati al suo servizio; metteranno quindi il candelabro con tutti i suoi utensili in una coperta di pelli di tasso e lo poseranno su una portantina. Stenderanno sull’altare d’oro un panno violaceo e sopra questo una coperta di pelli di tasso e vi inseriranno le sue stanghe. Poi prenderanno tutti gli utensili del servizio che si usano nel santuario, li metteranno in un panno violaceo, li avvolgeranno in una coperta di pelli di tasso e li poseranno su una portantina. Toglieranno quindi le ceneri dall’altare e stenderanno su di esso un panno scarlatto; su di esso metteranno tutti gli utensili che si usano nel suo servizio, i bracieri, i forchettoni, le palette, le bacinelle, tutti gli utensili dell’altare; stenderanno su di esso una coperta di pelli di tasso vi inseriranno le sue stanghe. Dopo che Aaronne e i suoi figli avranno terminato di coprire il santuario e tutti gli arredi del santuario, quando l’accampamento è pronto a mettersi in moto, i figli di Kehath verranno per trasportare; ma non toccheranno le cose sante, perché non abbiano a morire. Queste sono le cose che i figli di Kehath nella tenda di convegno devono trasportare. Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, avrà l’incarico dell’olio per il candelabro, dell’incenso aromatico, dell’offerta perpetua di cibo e dell’olio dell’unzione; egli avrà l’incarico di tutto il tabernacolo e di tutto ciò che contiene, del santuario e dei suoi arredi«. Poi l’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Badate che il clan delle famiglie dei Kehathiti non venga sterminato di mezzo ai Leviti; ma fate questo per loro, affinché vivano e non muoiano quando si avvicinano alle cose santissime: Aaronne e i suoi figli entreranno e assegneranno a ciascuno di loro il proprio servizio e il proprio incarico. Ma essi non entreranno a guardare mentre le cose sante vengono coperte, perché non abbiano a morire«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Fa’ il conto anche dei figli di Ghershon, in base alle case dei loro padri e alle loro famiglie. Farai il censimento dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni di tutti quei che entrano a prestare servizio, per lavorare nella tenda di convegno. Questo è il compito delle famiglie dei Ghershoniti, il servizio che devono fare e le cose che devono portare: porteranno i teli de tabernacolo e la tenda di convegno, la sua copertura, la copertura di pelli di tasso che è sopra e la cortina all’ingresso della tenda di convegno, i tendaggi del cortile con la cortina per l’ingresso del cortile, i tendaggi che stanno intorno al tabernacolo e all’altare, le loro corde e tutti gli utensili destinati al loro servizio; tutto ciò che è necessario fare con queste cose, lo faranno. Tutto il servizio dei figli dei Ghershoniti, tutto ciò che devono portare e tutto ciò che devono fare, sarà fatto agli ordini di Aaronne e dei suoi figli; voi affiderete ad essi come loro responsabilità tutto ciò che devono portare. Questo è il servizio delle famiglie dei Ghershoniti nella tenda di convegno; e i loro compiti saranno eseguiti agli ordini di Ithamar, figlio del sacerdote Aaronne. Farai il censimento dei figli di Merari in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri; farai il censimento dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni di tutti quelli che entrano a prestare servizio nella tenda di convegno. Questo è ciò che è affidato alla loro responsabilità da portare, in conformità a tutto il loro servizio nella tenda di convegno: le assi del tabernacolo, le sue traverse, le sue colonne, le sue basi, le colonne che sono intorno al cortile, le loro basi, i loro piuoli, le loro corde, con tutti i loro utensili e tutto il servizio che queste cose comportano; e assegnerete a ciascuno personalmente gli oggetti che deve portare. Questo è il servizio delle famiglie dei figli di Merari, in conformità ai loro compiti nella tenda di convegno, sotto gli ordini di Ithamar, figlio del sacerdote Aaronne«. Mosè, Aaronne e i capi dell’assemblea fecero dunque il censimento dei figli dei Kehathiti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, di tutti quelli che dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni entravano a prestare servizio per lavorare nella tenda di convegno. Quelli recensiti secondo le loro famiglie furono duemilasettecentocinquanta. Questi sono quelli recensiti delle famiglie dei Kehathiti, tutti quelli che prestavano servizio nella tenda di convegno; Mosè ed Aaronne ne fecero il censimento secondo l’ordine che l’Eterno aveva dato per mezzo di Mosè. Quelli recensiti dei figli di Ghershon in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni, tutti quelli che entravano a prestare servizio per lavorare nella tenda di convegno; quelli recensiti in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, furono duemilaseicentotrenta. Questi sono quelli recensiti delle famiglie di Ghershon, tutti quelli che prestavano servizio nella tenda di convegno; Mosè ed Aaronne ne fecero il censimento secondo l’ordine dell’Eterno. Quelli recensiti delle famiglie dei figli di Merari in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni, tutti quelli che entravano a prestare servizio per lavorare nella tenda di convegno; quelli tra loro recensiti secondo le loro famiglie furono tremiladuecento. Questi sono quelli recensiti delle famiglie dei figli di Merari; essi furono recensiti da Mosè ed Aaronne, secondo l’ordine dell’Eterno per mezzo di Mosè. Tutti quelli recensiti dei Leviti, che Mosè, Aaronne e i principi d’Israele recensirono, in base alle loro famiglie e alle case dei loro padri, dall’età di trent’anni in su fino all’età di cinquant’anni, tutti quelli che entravano per fare un lavoro di servizio e per fare il servizio di portare pesi nella tenda di convegno; quelli recensiti furono ottomilacinquecentottanta. Essi furono recensiti, secondo l’ordine dell’Eterno da Mosè, ciascuno in base al servizio che doveva fare e a ciò che doveva portare. Così essi furono da lui recensiti, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Ordina ai figli d’Israele che mandino fuori dell’accampamento ogni lebbroso, chiunque ha un flusso o è impuro per il contatto con un corpo morto. Mandate fuori sia maschi che femmine; li manderete fuori dell’accampamento perché non contaminino il loro accampamento in mezzo al quale io abito«. E i figli d’Israele fecero così e li mandarono fuori del campo. Come l’Eterno aveva parlato a Mosè, così fecero i figli d’Israele. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Di’ ai figli d’Israele: Quando un uomo o una donna commette qualsiasi offesa contro qualcuno, così facendo, commette un peccato contro l’Eterno, e questa persona si rende colpevole; essa confesserà l’offesa commessa e farà piena restituzione del danno fatto, aggiungendovi un quinto e lo darà a colui che ha offeso. Ma se questi non ha alcun parente stretto a cui si possa fare restituzione per l’offesa, la restituzione andrà all’Eterno per il sacerdote, oltre al montone espiatorio, col quale si farà espiazione per lui. Ogni offerta elevata di tutte le cose consacrate che i figli d’Israele presenteranno al sacerdote, apparterrà a lui. Le cose che uno consacrerà saranno del sacerdote; ciò che uno dà al sacerdote apparterrà a lui«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Se una donna si svia dal marito e commette una infedeltà contro di lui, e un uomo ha rapporti sessuali con lei, ma la cosa è nascosta agli occhi di suo marito; quando la sua contaminazione rimane nascosta, perché non c’è alcun testimone contro di lei e non è stata colta sul fatto, se uno spirito di gelosia lo prende ed egli diventa geloso della moglie che si è contaminata; oppure, se uno spirito di gelosia lo prende ed egli diventa geloso della moglie anche se essa non si è contaminata, l’uomo condurrà sua moglie dal sacerdote e porterà un’offerta per lei: un decimo d’efa di farina d’orzo; non vi verserà sopra olio né vi metterà sopra incenso, perché è un’oblazione di cibo per gelosia, un’oblazione commemorativa, destinata a ricordare una colpa. Il sacerdote farà avvicinare la donna e la farà stare in piedi davanti all’Eterno. Poi il sacerdote prenderà dell’acqua santa in un vaso di terra; prenderà pure della polvere che è sul pavimento del tabernacolo e la metterà nell’acqua. Il sacerdote farà quindi stare la donna in piedi davanti all’Eterno, le scoprirà il capo e metterà nelle sue mani l’oblazione commemorativa, che è l’oblazione di cibo per la gelosia, mentre il sacerdote avrà in mano l’acqua amara che porta maledizione. Poi il sacerdote farà giurare la donna e le dirà: »Se nessun uomo si è coricato con te e se non ti sei sviata per contaminarti, mentre eri sposata a tuo marito, sii immune da ogni effetto nocivo di quest’acqua amara che porta maledizione. Ma se tu ti sei sviata, mentre eri sposata a tuo marito, e ti sei contaminata e un uomo che non sia tuo marito ha avuto rapporti sessuali con te" allora il sacerdote farà giurare la donna con un giuramento di maledizione e le dirà: »L’Eterno faccia di te un oggetto di maledizione e di imprecazione fra il tuo popolo, quando farà dimagrire i tuoi fianchi e gonfiare il tuo ventre; e quest’acqua che porta maledizione ti entri nelle viscere e ti faccia gonfiare il ventre e dimagrire i fianchi!". E la donna dirà: »Amen! Amen!«. Poi il sacerdote scriverà queste maledizioni in un rotolo e le farà scomparire nell’acqua amara. Farà quindi bere alla donna dell’acqua amara che porta maledizione e l’acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; poi il sacerdote prenderà dalle mani della donna l’oblazione di cibo per la gelosia, agiterà l’oblazione davanti all’Eterno e l’offrirà sull’altare; il sacerdote prenderà una manciata dell’oblazione di cibo come suo ricordo e la farà fumare sull’altare; quindi farà bere l’acqua alla donna. Dopo che le avrà fatto bere l’acqua, avverrà che se ella si è contaminata e ha commesso una infedeltà contro suo marito, l’acqua che porta maledizione entrerà in lei per produrre amarezza; il suo ventre gonfierà, i suoi fianchi dimagriranno e quella donna diventerà una maledizione in mezzo al suo popolo. Ma se la donna non si è contaminata ed è pura sarà riconosciuta innocente e avrà dei figli. Questa è la legge per la gelosia, nel caso in cui una moglie, mentre è sposata a un uomo, si svia e si contamina, o nel caso in cui lo spirito di gelosia prende un uomo e questi diventa geloso di sua moglie; egli farà comparire sua moglie davanti all’Eterno e il sacerdote applicherà a lei questa legge integralmente. Il marito sarà immune da colpa, ma la donna porterà la pena della sua iniquità«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando un uomo o una donna farà un voto speciale, il voto di nazireato, per consacrarsi all’Eterno si asterrà dal vino e dalle bevande inebrianti; non berrà aceto fatto di vino, né aceto fatto di bevanda inebriante; non berrà alcun succo di uva e non mangerà uva, né fresca né secca. Per tutto il tempo della sua consacrazione non mangerà alcun prodotto della vite, dagli acini alla buccia. Tutto il tempo del voto della sua consacrazione il rasoio non passerà sul suo capo; finché non sono compiuti i giorni per i quali si è consacrato all’Eterno, sarà santo; lascerà che i capelli del suo capo crescano lunghi. Per tutto il tempo che si è consacrato all’Eterno non si accosterà al corpo morto neppure se si trattasse di suo padre o di sua madre, di suo fratello o di sua sorella, egli non si contaminerà per loro quando muoiono, perché porta sul capo il segno della sua consacrazione a DIO. Per tutto il tempo della sua consacrazione egli sarà santo all’Eterno. Se uno muore accanto a lui improvvisamente e il suo capo consacrato rimane contaminato. si raderà il capo il giorno della sua purificazione; se lo raderà il Settimo giorno; l’ottavo giorno porterà due tortore o due giovani piccioni al sacerdote, all’ingresso della tenda di convegno. Il sacerdote ne offrirà uno come sacrificio per il peccato e l’altro come olocausto e farà espiazione per lui, perché ha peccato a motivo del corpo morto; e in quello stesso giorno consacrerà il suo capo. Consacrerà di nuovo all’Eterno il giorno del suo nazireato e porterà un agnello di un anno come sacrificio di riparazione; ma i giorni precedenti non saranno più contati, perché il suo nazireato è stato contaminato. Questa è la legge del nazireato: quando i giorni della sua consacrazione saranno compiuti, lo si farà venire all’ingresso della tenda di convegno; ed egli presenterà la sua offerta all’Eterno: un agnello di un anno senza difetto per l’olocausto, un’agnella di un anno senza difetto per il sacrificio per il peccato e un montone senza difetto per il sacrificio di ringraziamento; un paniere di pani azzimi fatti con fior di farina, di focacce intrise con olio, di schiacciate senza lievito unte di olio, con le loro offerte di cibo e le loro libazioni. Il sacerdote presenterà queste cose davanti all’Eterno e offrirà il suo sacrificio per il peccato e il suo olocausto; offrirà il montone come sacrificio di ringraziamento all’Eterno, col paniere dei pani azzimi; il sacerdote offrirà pure la sua oblazione di cibo e la sua libazione. Il nazireo raderà il suo capo consacrato all’ingresso della tenda di convegno e prenderà i capelli del suo capo consacrato e li metterà sul fuoco che è sotto il sacrificio di ringraziamento. Il sacerdote prenderà la spalla cotta del montone, una focaccia non lievitata da paniere e una schiacciata senza lievito e le metterà nelle mani del nazireo, dopo che questi avrà raso il suo capo consacrato. Il sacerdote le agiterà come offerta agitata davanti all’Eterno; è cosa santa che appartiene al sacerdote, assieme al petto dell’offerta agitata e alla coscia dell’offerta elevata. Dopo questo il nazireo potrà bere vino. Questa è la legge per il nazireo che ha promesso all’Eterno un’offerta per la sua consacrazione, oltre quello che i suoi mezzi gli permetteranno di fare. In base al voto fatto egli dovrà comportarsi in conformità alla legge della sua consacrazione«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »parla ad Aaronne e ai suoi figli, dicendo: Voi benedirete così i figli d’Israele; direte loro: "L’Eterno ti benedica e ti custodisca! L’Eterno faccia risplendere il suo volto su di te e ti sia propizio! L’Eterno rivolga il suo volto su di te e ti dia la pace!". Così metteranno il mio nome sui figli d’Israele e io li benedirò«. Quando Mosè terminò di erigere il tabernacolo, lo unse e lo consacrò con tutti i suoi utensili, e unse pure l’altare e tutti i suoi utensili; così egli li unse e li consacrò. Poi i principi d’Israele, capi delle case dei loro padri, che erano i principi delle tribú e presiedevano su quelli recensiti, presentarono un’offerta e portarono la loro offerta davanti all’Eterno: sei carri coperti e dodici buoi, un carro per ogni due principi e un bue per ognuno di essi; e li offrirono davanti al tabernacolo. Allora l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Accetta queste cose da loro per impiegarle al servizio della tenda di convegno, e le darai ai Leviti, a ciascuno secondo il suo servizio«. Mosè prese dunque i carri e i buoi e li diede ai Leviti. Due carri e quattro buoi li diede ai figli di Ghershon secondo il loro servizio; quattro carri e otto buoi li diede ai figli di Merari secondo il loro servizio, sotto la sorveglianza d’Ithamar, figlio del sacerdote Aaronne; ma ai figli di Kehath non diede niente perché avevano il servizio degli oggetti sacri, che essi portavano sulle spalle. I principi presentarono la loro offerta per la dedicazione dell’altare, il giorno in cui fu unto; così i principi presentarono la loro offerta davanti all’altare. Poi l’Eterno disse a Mosè: »I principi presenteranno la loro offerta uno per giorno, per la dedicazione dell’altare«. Colui che presentò la sua offerta il primo giorno fu Nahshon, figlio di Amminadab, della tribù di Giuda; la sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena di incenso, un torello, un montone, un agnello di un anno come olocausto un capro come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Nahshon, figlio di Amminadab. Il secondo giorno, portò un’offerta Nethaneel, figlio di Tsuar, principe d’Issacar. Egli presentò per sua offerta un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Nethaneel, figlio di Tsuar. Il terzo giorno fu il turno di Eliab, figlio di Helon, principe dei figli di Zabulon. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo; una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un toreo, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Eliab, figlio di Helon. Il quarto giorno fu il turno di Elitsur, figlio di Scedeur, principe dei figli di Ruben. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Elitsur, figlio di Scedeur. Il quinto giorno fu il turno di Scelumiel, figlio di Tsurishaddai, principe dei figli di Simeone. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno, come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Scelumiel figlio di Tsurishaddai. Il sesto giorno fu il turno di Eliasaf, figlio di Deuel, principe dei figli di Gad. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Eliasaf, figlio di Deuel. Il settimo giorno fu il turno di Elishama, figlio di Ammihud, principe dei figli di Efraim. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato, e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. L’ottavo giorno fu il turno i Gamaliel, figlio di Pedahtsur, principe dei figli di Manasse. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Gamaliel, figlio di Pedahtsur. Il nono giorno fu il turno i Abidan, figlio di Ghideoni, principe dei figli di Beniamino. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Abidan, figlio di Ghideoni. Il decimo giorno fu il turno di Ahiezer, figlio di Ammishaddai, principe dei figli di Dan. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Ahiezer, figlio di Ammishaddai. L’undicesimo giorno fu il turno di Paghiel, figlio di Okran, principe dei figli di Ascer. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Paghiel, figlio di Okran. Il dodicesimo giorno fu il turno di Ahira, figlio di Enan, principe dei figli di Neftali. La sua offerta fu un piatto d’argento del peso di centotrenta sicli e una bacinella d’argento di settanta sicli, secondo il siclo del santuario, entrambi pieni di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo, una coppa d’oro di dieci sicli piena d’incenso, un torello, un montone e un agnello di un anno come olocausto, un capretto come sacrificio per il peccato e, come sacrificio di ringraziamento, due buoi, cinque montoni, cinque capri e cinque agnelli di un anno. Questa fu l’offerta di Ahira, Figlio di Enan. Questi furono i doni per la dedicazione dell’altare, da parte dei principi d’Israele, quando esso fu unto: dodici piatti d’argento, dodici bacinelle d’argento, dodici coppe d’oro; ogni piatto d’argento pesava centotrenta sicli e ogni bacinella d’argento settanta sicli; il totale dell’argento dei vasi fu duemilaquattrocento sicli, secondo il siclo del santuario; le dodici coppe d’oro piene di profumo pesavano dieci sicli ognuna, secondo il siclo del santuario; tutto l’oro delle coppe pesava centoventi sicli. Il totale degli animali per l’olocausto era di dodici torelli, dodici montoni, dodici agnelli di un anno con le oblazioni di cibo e dodici capretti come sacrificio per il peccato. Il totale degli animali per il sacrificio di ringraziamento era di ventiquattro torelli, sessanta montoni, sessanta capre sessanta agnelli d’un anno. Questi furono i doni per la dedicazione dell’altare, dopo che fu unto. Or quando Mosè entrava nella tenda di convegno per parlare con l’Eterno, udiva la sua voce che gli parlava dall’alto del propiziatorio che è sull’arca della testimonianza fra i due cherubini; l’Eterno gli parlava così. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »parla ad Aaronne e digli: Quando collocherai le lampade, le sette lampade dovranno far luce sul davanti del candelabro«. E Aaronne fece così: collocò le lampade in modo che facessero luce sul davanti del candelabro, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Or il candelabro era fatto così: era d’oro battuto; dal suo fusto ai suoi fiori era lavorato a martello. Mosè aveva fatto il candelabro secondo il modello che l’Eterno gli aveva mostrato. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Prendi i Leviti tra i figli d’Israele e purificali. Così farai con loro per purificarli: spruzzerai su di essi l’acqua di purificazione; quindi faranno passare il rasoio su tutto il loro corpo, laveranno le loro vesti e si purificheranno. Poi prenderanno un torello con l’oblazione di cibo di fior di farina mescolata con olio, mentre tu prenderai un altro torello come sacrificio per il peccato. Farai avvicinare i Leviti davanti alla tenda di convegno e convocherai tutta l’assemblea dei figli d’Israele. Così farai avvicinare i Leviti davanti all’Eterno e i figli d’Israele poseranno le loro mani sui Leviti; quindi Aaronne presenterà i Leviti come offerta agitata davanti all’Eterno da parte dei figli d’Israele, perché compiano il servizio dell’Eterno. Poi i Leviti poseranno le loro mani sulla testa dei torelli, e tu ne offrirai uno come sacrifico per il peccato e l’altro come olocausto all’Eterno, per fare l’espiazione per i Leviti. Farai stare i Leviti in piedi davanti ad Aaronne e davanti ai suoi figli e li presenterai come un’offerta agitata all’Eterno. Così separerai i Leviti di mezzo ai figli d’Israele, e i Leviti saranno miei. Dopo questo i Leviti entreranno a compiere il servizio nella tenda di convegno; così tu li purificherai e li presenterai come un’offerta agitata, perché mi sono interamente dati di mezzo ai figli d’Israele; io li ho presi per me, al posto di tutti quelli che aprono il grembo materno, al posto dei primogeniti di tutti i figli d’Israele. Poiché tutti i primogeniti dei figli d’Israele, tanto degli uomini quanto degli animali, sono miei; li consacrai per me il giorno che percossi tutti i primogeniti nel paese d’Egitto. Ho preso i Leviti al posto di tutti i primogeniti dei figli d’Israele. E ho dato in dono ad Aaronne e ai suoi figli i Leviti di mezzo ai figli d’Israele, perché compiano il servizio dei figli d’Israele nella tenda di convegno e perché facciano l’espiazione per i figli d’Israele, affinché non vi sia alcuna calamità tra i figli d’Israele per il loro avvicinarsi al santuario«. Così fecero Mosè, Aaronne e tutta l’assemblea dei figli d’Israele rispetto ai Leviti; i figli d’Israele fecero ai Leviti tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè relativamente a loro. E i Leviti si purificarono e lavarono le loro vesti; poi Aaronne li presentò come un’offerta agitata davanti all’Eterno e fece l’espiazione per loro, per purificarli. Dopo questo i Leviti entrarono a compiere il loro servizio nella tenda di convegno in presenza di Aaronne e dei suoi figli. Essi fecero ai Leviti ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè nei loro confronti. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: Questo è ciò che riguarda i Leviti: da venticinque anni in su il Levita entrerà a compiere il lavoro nel servizio della tenda di convegno; e all’età di cinquant’anni smetterà di compiere questo lavoro di servizio e non servirà piú. Potrà assistere i suoi fratelli nella tenda di convegno, mentre svolgono le loro mansioni; ma egli stesso non compirà alcun servizio. Così farai coi Leviti, riguardo ai loro compiti«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, nel deserto del Sinai, il primo mese del secondo anno da quando erano usciti dal paese d’Egitto, dicendo: »I figli d’Israele celebreranno la Pasqua nel tempo stabilito. La celebrerete nel tempo stabilito, il quattordicesimo giorno di questo mese sull’imbrunire; la celebrerete secondo tutti i suoi statuti e tutti i suoi decreti«. Così Mosè parlò ai figli d’Israele perché celebrassero la Pasqua. Ed essi celebrarono la Pasqua il quattordicesimo giorno del primo mese sull’imbrunire, nel deserto del Sinai; i figli d’Israele fecero in base a tutto ciò che l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Ma c’erano alcuni uomini che erano impuri per aver toccato il corpo morto di una persona, e non potevano quindi celebrare la Pasqua in quel giorno. Or questi uomini si presentarono in quello stesso giorno davanti a Mosè e davanti ad Aaronne, dissero a Mosè: »Noi siamo impuri per aver toccato il corpo morto di una persona; perché mai ci è impedito di presentare l’offerta dell’Eterno al tempo stabilito, in mezzo ai figli d’Israele?«. Mosè rispose loro: »Aspettate, e sentirò quel che l’Eterno ordinerà a vostro riguardo«. E l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Se uno di voi o dei vostri discendenti è impuro a motivo di un corpo morto, o si trova lontano in viaggio, celebrerà ugualmente la Pasqua in onore dell’Eterno. La celebreranno il quattordicesimo giorno del secondo mese sull’imbrunire; la mangeranno con pane senza lievito e con erbe amare; non ne lasceranno alcun avanzo fino al mattino e non ne spezzeranno alcun osso. La celebreranno secondo tutti gli statuti della Pasqua. Ma chi è puro e non è in viaggio, se si astiene dal celebrare la Pasqua, quel tale sarà sterminato di mezzo al suo popolo, perché non ha presentato l’offerta all’Eterno nel tempo stabilito; quel tale porterà la pena del suo peccato. Se uno straniero che risiede tra di voi celebra la Pasqua dell’Eterno, egli dovrà farlo secondo gli statuti e i decreti della Pasqua. Voi avrete un unico statuto per lo straniero e per il nativo del paese«. Or il giorno in cui il tabernacolo fu eretto, la nuvola coprì il tabernacolo, la tenda della testimonianza; e dalla sera fino al mattino la nuvola aveva sul tabernacolo come l’aspetto di fuoco. Così avveniva sempre: la nuvola copriva il tabernacolo il giorno, e di notte aveva l’aspetto di fuoco. Tutte le volte che la nuvola si alzava sopra la tenda, dopo ciò i figli d’Israele si mettevano in cammino; e nel luogo dove la nuvola si fermava, là i figli d’Israele si accampavano. All’ordine dell’Eterno i figli d’Israele si mettevano in cammino e all’ordine dell’Eterno si accampavano; rimanevano accampati tutto il tempo che la nuvola restava sul tabernacolo. Quando la nuvola rimaneva per molti giorni sul tabernacolo, i figli d’Israele osservavano il comando dell’Eterno e non si muovevano. Se invece la nuvola rimaneva sul tabernacolo solo pochi giorni, all’ordine dell’Eterno rimanevano accampati e all’ordine dell’Eterno si mettevano in cammino. Se poi la nuvola si fermava solamente dalla sera al mattino, quando al mattino si alzava, essi si mettevano in cammino; tanto di giorno come di notte, quando la nuvola si alzava, si mettevano in cammino. Se la nuvola rimaneva ferma sul tabernacolo due giorni o un mese o un anno, i figli d’Israele rimanevano accampati e non si muovevano; ma quando si alzava, si mettevano in cammino. All’ordine dell’Eterno si accampavano e all’ordine dell’Eterno si mettevano in cammino; osservavano il comando dell’Eterno, secondo ciò che l’Eterno aveva ordinato per mezzo di Mosè. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Fatti due trombe d’argento; le farai d’argento battuto; le userai per convocare l’assemblea e per far muovere gli accampamenti. Al suono di entrambe tutta l’assemblea si radunerà presso di te, all’ingresso della tenda di convegno. Al suono di una sola tromba, i principi, i capi delle divisioni d’Israele si raduneranno presso di te. Quando suonerete l’allarme la prima volta, i campi che sono a est si metteranno in cammino. Quando suonerete l’allarme una seconda volta, i campi che si trovano a sud si metteranno in cammino; si dovrà suonare l’allarme perché si mettano in cammino. Quando si deve radunare l’assemblea suonerete la tromba, ma non suonerete l’allarme. Suoneranno le trombe i figli di Aaronne, i sacerdoti, sarà uno statuto perpetuo per voi e per i vostri discendenti. Quando nel vostro paese andrete alla guerra contro il nemico che vi opprime suonerete l’allarme con le trombe; così sarete ricordati davanti all’Eterno, il vostro DIO, e sarete liberati dai vostri nemici. Così pure nei vostri giorni di gioia, nelle vostre feste stabilite e al principio dei vostri mesi, suonerete le trombe in occasione dei vostri olocausti e dei vostri sacrifici di ringraziamento; ed esse vi faranno ricordare davanti al vostro DIO. lo sono l’Eterno, il vostro DIO«. Or avvenne che nel secondo anno, nel secondo mese, il ventesimo giorno del mese, la nuvola si alzò sopra il tabernacolo della testimonianza. E i figli d’Israele si misero in cammino, abbandonando il deserto del Sinai; poi la nuvola si fermò ne deserto di Paran. Così si misero in cammino la prima volta, secondo l’ordine dell’Eterno dato per mezzo di Mosè. Per prima si mosse la bandiera del campo dei figli di Giuda, diviso secondo le loro schiere. Sopra la divisione di Giuda comandava Nahshon, figlio di Amminadab. Nethaneel, figlio di Tsuar, comandava la divisione della tribú dei figli d’Issacar, mentre Eliab, figlio di Helon comandava la divisione della tribú dei figli di Zabulon. Poi fu smontato il tabernacolo e i figli di Ghershon e i figli di Merari si misero in cammino, portando il tabernacolo. Si mosse quindi la bandiera del campo di Ruben, diviso secondo le sue schiere. Sopra la divisione di Ruben comandava Elitsur, figlio di Scedeur. Scelumiel, figlio di Tsurishaddai, comandava la divisione della tribù dei figli di Simeone, mentre Eliasaf, figlio di Deuel, comandava la divisione della tribú dei figli di Gad. Poi si mossero i Kehathiti, portando gli oggetti sacri; avrebbero eretto il tabernacolo prima del loro arrivo. Si mosse quindi la bandiera del campo dei figli di Efraim, diviso secondo le sue schiere. Sopra la divisione di Efraim comandava Elishama, figlio di Ammihud. Gamaliel, figlio di Pedahtsur, comandava la divisione della tribú dei figli di Manasse, mentre Abidan, figlio di Ghideoni, comandava la divisione della tribú dei figli di Beniamino. Si mosse quindi la bandiera del campo dei figli di Dan, diviso secondo le sue schiere, formando la retroguardia di tutti i campi. Sopra la divisione di Dan comandava Ahiezer, figlio di Ammishaddai. Paghiel, figlio di Okran, comandava la divisione della tribú dei figli di Ascer, mentre Ahira, figlio di Enan, comandava la divisione della tribú dei figli di Neftali. Questo era l’ordine di marcia dei figli d’Israele, secondo le loro divisioni. Così si misero in cammino. Or Mosè disse a Hobab, figlio di Reuel il Madianita, suocero di Mosè: »Noi ci mettiamo in viaggio verso il luogo del quale l’Eterno ha detto: »Io ve lo darò«. Vieni con noi e ti faremo del bene, perché l’Eterno ha promesso buone cose ad Israele«. Hobab gli rispose: »Io non verrò, ma ritornerò al mio paese e dai miei parenti«. Allora Mosè disse: »Deh, non ci lasciare, poiché tu sai dove dobbiamo accamparci nel deserto e tu sarai come gli occhi per noi. Se vieni con noi, qualunque bene l’Eterno farà a noi, noi lo faremo a te«. Così partirono dal monte dell’Eterno e fecero tre giorni di cammino; e l’arca del patto dell’Eterno andò davanti a loro per un cammino di tre giorni, per cercare un luogo di riposo per loro. E la nuvola dell’Eterno era sopra di loro durante il giorno, quando partivano dall’accampamento. Quando l’arca partiva, Mosè diceva: »Levati, o Eterno, siano dispersi i tuoi nemici e fuggano davanti a te quelli che ti odiano!«. E quando si fermava, diceva: »Torna, o Eterno, alle miriadi di migliaia d’Israele!«. Or il popolo si lamentò e questo dispiacque agli orecchi dell’Eterno; come l’Eterno li udì, la sua ira si accese, e il fuoco dell’Eterno divampò fra di loro, e divorò l’estremità dell’accampamento. Allora il popolo gridò a Mosè; Mosè pregò l’Eterno e il fuoco si spense. Così quel luogo fu chiamato Taberah, perché il fuoco dell’Eterno si era acceso fra di loro. E la marmaglia eterogenea che era tra il popolo, fu presa da grande bramosia; e anche i figli d’Israele ripresero a piagnucolare e a dire: Chi ci darà carne da mangiare? Ci ricordiamo dei pesci che in Egitto mangiavamo gratuitamente, dei cetrioli, dei meloni, dei porri, delle cipolle e degli agli. Ma ora, l’intero essere nostro è inaridito; davanti ai nostri occhi non c’è nient’altro che questa manna«. Ora la manna era simile al seme di coriandolo e aveva l’aspetto del bdelio. Il popolo andava attorno a raccoglierla; poi la riduceva in farina con le macine o la pestava nel mortaio, la faceva cuocere in pentola o ne faceva delle focacce e aveva il sapore di focacce all’olio. Quando la rugiada cadeva sul campo di notte, vi cadeva anche la manna. Or Mosè udì il popolo che piagnucolava, in tutte le loro famiglie, ognuno all’ingresso della propria tenda; l’ira dell’Eterno divampò grandemente e la cosa dispiacque anche a Mosè. Allora Mosè disse all’Eterno: »Perché hai trattato così male il tuo servo? Perché non ho io trovato grazia ai tuoi occhi, da porre il peso di tutto questo popolo su di me? Sono forse stato io a concepire tutto questo popolo? O sono forse stato io a darlo alla luce, perché tu mi dica: »Portalo nel tuo grembo, come la balia porta il bambino lattante, fino al paese che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri«? Dove potrei trovare carne da dare a tutto questo popolo? Poiché continua a piagnucolare davanti a me, dicendo: »Dacci carne da mangiare!«. Io non posso da solo portare tutto questo popolo; è un peso troppo grave per me. Se è questo il modo con cui mi vuoi trattare, ti prego, uccidimi subito, se ho trovato grazia ai tuoi occhi; ma non permettere che io veda la mia sventura!« Allora l’Eterno disse a Mosè: »Radunami settanta uomini degli anziani d’Israele, conosciuti da te come anziani del popolo e come suoi funzionari; conducili alla tenda di convegno e là rimangano con te. Io scenderò e là parlerò con te; prenderò quindi dello Spirito che è su di te e lo metterò su di loro, perché portino con te il peso del popolo, e tu non lo porti più da solo. Quindi dirai al popolo: Santificatevi per domani, e mangerete carne, poiché avete pianto agli orecchi dell’Eterno, dicendo: »Chi ci darà carne da mangiare? Stavamo così bene in Egitto!«. Perciò l’Eterno vi darà carne e voi ne mangerete. E ne mangerete, non per un giorno, non per due giorni, non per cinque giorni, non per dieci giorni, non per venti giorni, ma per un mese intero, finché vi esca dalle narici e vi faccia nausea, poiché avete rigettato l’Eterno che è in mezzo a voi e avete pianto davanti a lui, dicendo: »Perché mai siamo usciti dall’Egitto?««. Allora Mosè disse: »Questo popolo, in mezzo al quale mi trovo, conta seicentomila adulti, e tu hai detto: »Io darò loro carne e ne mangeranno per un mese intero!«. Si dovranno scannare per loro greggi e armenti perché ne abbiano abbastanza? O si dovrà radunare per loro tutto il pesce del mare perché ne abbiano abbastanza?«. L’Eterno rispose a Mosè: »Il braccio dell’Eterno è forse raccorciato? Ora vedrai se la mia parola si adempirà o no«. Mosè dunque uscì e riferì al popolo le parole dell’Eterno; radunò quindi settanta uomini degli anziani del popolo e li pose intorno alla tenda. Allora l’Eterno scese nella nuvola e gli parlò, e prese dello Spirito che era su di lui e lo mise sui settanta anziani; or quando lo Spirito si posò su di loro, profetizzarono, anche se in seguito non lo fecero più. Ma due uomini, l’uno chiamato Eldad e l’altro Medad, erano rimasti nell’accampamento; e lo Spirito si posò anche su di loro; essi erano fra gli iscritti, ma non erano usciti per andare alla tenda; ciò nonostante profetizzarono nell’accampamento. Un ragazzo corse a riferire la cosa a Mosè e disse: Eldad e Medad profetizzano nell’accampamento«. Allora Giosuè figlio di Nun servo di Mosè, uno dei suoi giovani, prese a dire: »Mosè, signor mio, falli smettere!«. Ma Mosè gli rispose: »Sei forse geloso per me? Oh, fossero tutti profeti nel popolo dell’Eterno e volesse l’Eterno mettere il suo Spirito su di loro!«. Poi Mosè ritornò nell’accampamento, insieme con gli anziani d’Israele. Allora si levò un vento per ordine dell’Eterno e portò delle quaglie dalla parte del mare, e le lasciò cadere presso l’accampamento per una giornata di cammino da una parte e una giornata di cammino dall’altra tutt’intorno all’accampamento, ad un’altezza di circa due cubiti sulla superficie del suolo. Il popolo rimase in piedi tutto quel giorno, tutta la notte e tutto il giorno seguente e raccolse le quaglie. (Chi ne raccolse meno ne ebbe dieci homer); e le distesero tutt’intorno all’accampamento. Avevano ancora la carne fra i loro denti e non l’avevano ancora masticata, quando l’ira dell’Eterno si accese contro il popolo e l’Eterno percosse il popolo con una gravissima piaga. Così quel luogo fu chiamato Kibro-th-Hattaavah perché là seppellirono la gente che si era lasciata prendere dalla concupiscenza. Da Kibro-th-Hattaavah il popolo partì per Hatseroth, e a Hatseroth si fermò. Miriam ed Aaronne parlarono contro a Mosè a motivo della donna etiope che aveva sposato; infatti egli aveva sposato una donna etiope. E dissero: »L’Eterno ha forse parlato solo per mezzo di Mosè? Non ha egli parlato anche per mezzo nostro?«. E l’Eterno sentì. (Or Mosè era un uomo molto mansueto, più di chiunque altro sulla faccia della terra). L’Eterno disse subito a Mosè, ad Aaronne e a Miriam: »Voi tre uscite e andate alla tenda di convegno«. Così loro tre uscirono. Allora l’Eterno scese in una colonna di nuvola, si fermò all’ingresso della tenda e chiamò Aaronne e Miriam; ambedue si fecero avanti. L’Eterno quindi disse: »Ascoltate ora le mie parole! Se vi è tra di voi un profeta, io, l’Eterno, mi faccio conoscere a lui in visione, parlo con lui in sogno. Ma non così con il mio servo Mosè, che è fedele in tutta la mia casa. Con lui io parlo faccia a faccia, facendomi vedere, e non con detti oscuri; ed egli contempla la sembianza dell’Eterno. Perché dunque non avete temuto di parlare contro il mio servo, contro Mosè?. Così l’ira dell’Eterno si accese contro di loro, poi egli se ne andò. Quando la nuvola si fu ritirata di sopra alla tenda, ecco Miriam era lebbrosa, bianca come neve; Aaronne guardò Miriam, ed ecco era lebbrosa. Aaronne disse a Mosè: »Deh, signor mio, non addossare su di noi la colpa che abbiamo stoltamente commesso e il peccato che abbiamo fatto. Deh non permettere che ella sia come uno morto, la cui carne è già mezza consumata quando esce dal grembo di sua madre!«. Così Mosè grido all’Eterno, dicendo: »Guariscila, o Dio, te ne prego!«. Allora l’Eterno rispose a Mosè: »Se suo padre le avesse sputato in viso, non sarebbe forse nella vergogna per sette giorni Sia dunque isolata fuori dell’accampamento sette giorni; dopo ciò sarà di nuovo ammessa«. Miriam dunque fu isolata fuori dell’accampamento sette giorni; e il popolo non si mise in cammino finché Miriam non fu riammessa nell’accampamento. Poi il popolo partì da Hatseroth e si accampò nel deserto di Paran. L’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Manda degli uomini ad esplorare il paese di Canaan che io do ai figli d’Israele. Ne manderete uno per ogni tribù dei loro padri; siano tutti dei loro principi«. Così Mosè li mandò dal deserto di Paran. secondo l’ordine dell’Eterno; tutti questi erano capi dei figli d’Israele. Questi erano i loro nomi: per la tribù di Ruben. Shammua. figlio di Zakkur; per la tribú di Simeone. Shafat, figlio di Hori; per la tribú di Giuda, Caleb, figlio di Jefunneh; per la tribù d’Issacar, Igal, figlio di Giuseppe, per la tribù di Efraim, Hoscea figlio di Nun; per la tribù di Beniamino, Palti, figlio di Rafu; per la tribù di Zabulon, Gaddiel, figlio di Sodi; per la tribù di Giuseppe, cioè per la tribù di Manasse, Gaddi figlio di Susi; per la tribù di Dan, Ammiel, figlio di Ghemalli; per la tribù di Ascer, Setur, figlio di Mikael; per la tribù di Neftali, Nahbi, figlio di Vofsi; per la tribù di Gad, Gheuel, figlio di Maki. Questi sono i nomi degli uomini che Mosè mandò a esplorare il paese. Or Mosè diede a Hoscea, figlio di Nun, il nome di Giosuè. Mosè dunque li mandò a esplorare il paese di Canaan e disse loro: »Salite di qui nel Neghev, poi salite nella regione montuosa, per vedere come è il paese, se il popolo che l’abita è forte o debole, esiguo o numeroso; come è il paese che abita, se buono o cattivo e come sono le città in cui abita, se siano accampamenti o luoghi fortificati; e come è la terra, se grassa o magra, se vi siano alberi o no. Siate coraggiosi e portate dei frutti del paese«. Era il tempo in cui cominciava a maturare l’uva. Quelli dunque salirono e esplorarono il paese di Tsin fino a Rehob, entrando dalla parte di Hamath. Salirono attraverso il Neghev e andarono fino a Hebron, dov’erano Ahiman, Sceshai e Talmai, discendenti di Anak. (Or Hebron era stata edificata sette anni prima di Tsoan in Egitto). Giunsero quindi fino alla valle di Eshkol, dove tagliarono un tralcio con un grappolo d’uva, che portarono in due con una stanga; e presero anche delle melagrane e dei fichi. Quel luogo fu chiamato valle di Eshkol, a motivo del grappolo d’uva che i figli d’Israele vi tagliarono. Tornarono dall’esplorazione del paese al termine di quaranta giorni, e andarono a trovare Mosè ed Aaronne e tutta l’assemblea dei figli d’Israele nel deserto di Paran, a adesh; davanti a loro e a tutta l’assemblea fecero un resoconto e mostrarono loro i frutti del paese. Così fecero davanti a lui il resoconto, dicendo: »Noi siamo arrivati nel paese dove ci hai mandato; vi scorre veramente latte e miele, e questi sono i suoi frutti. Ma il popolo che abita il paese è forte, le città sono fortificate e grandissime; e là abbiamo pure visto i discendenti di Anak. Gli Amalekiti abitano la regione del Neghev; gli Hittei, i Gebusei e gli Amorei abitano invece la regione montuosa, mentre i Cananei abitano vicino al mare e lungo il Giordano«. Caleb allora calmò il popolo che mormorava contro Mosè e disse: »Saliamo subito e conquistiamo il paese, perché possiamo certamente farlo«. Ma gli uomini che erano andati con lui dissero: »Non possiamo salire contro questo popolo, perché è piú Forte di noi«. Così presentarono ai figli d’Israele un cattivo resoconto del paese che avevano esplorato dicendo: »Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; e tutta la gente che in esso abbiamo visto è gente di alta statura. Inoltre là abbiamo visto i giganti (i discendenti di Anak provengono dai giganti), di fronte ai quali ci sembrava di essere delle cavallette, e così dovevamo sembrare a loro«. Allora tutta l’assemblea alzò la voce e diede in alte grida; e quella notte il popolo pianse. E tutti i figli d’Israele mormorarono contro Mosè e contro Aaronne e tutti l’assemblea disse loro: »Fossimo morti nel paese d’Egitto o fossimo morti in questo deserto! Perché l’Eterno ci conduce in questo paese per farci cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri piccoli saranno preda del nemico. Non sarebbe meglio per noi ritornare in Egitto?«. E si dissero l’un l’altro: »Scegliamo un capo e torniamo in Egitto!«. Allora Mosè ed Aaronne si prostrarono a terra davanti a tutta l’assemblea riunita dei figli d’Israele. Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Jefunneh, che erano tra coloro che avevano esplorato il paese, si stracciarono le vesti, e parlarono così a tutta l’assemblea dei figli d’Israele dicendo: »Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese buono, buonissimo. Se l’Eterno si compiace con noi, ci condurrà in questo paese e ce lo darà, »un paese dove scorre latte e miele«. Soltanto non ribellatevi all’Eterno e non abbiate paura del popolo del paese, perché essi saranno nostro cibo; la loro difesa si è allontanata da loro e l’Eterno è con noi; non abbiate paura di loro«. Allora tutta l’assemblea parlò di lapidarli; ma la gloria dell’Eterno apparve sulla tenda di convegno a tutti i figli d’Israele. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Fino a quando mi disprezzerà questo popolo? E Fino a quando rifiuteranno di credere dopo tutti i miracoli che ho operato in mezzo a loro? Io lo colpirò con la peste e lo distruggerò, ma farò di te una nazione più grande e più potente di lui«. Mosè disse all’Eterno: »Ma lo udranno gli Egiziani, di mezzo ai quali tu hai fatto salire questo popolo per la tua potenza, e lo faranno sapere agli abitanti di questo paese. Essi hanno udito che tu, o Eterno, sei in mezzo a questo popolo, che ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nuvola sta sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nuvola e di notte in una colonna di fuoco. Ora se fai perire questo popolo come un sol uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama parleranno, dicendo: "Poiché l’Eterno non è stato capace di fare entrare questo popolo nel paese che aveva giurato di dargli, li ha uccisi nel deserto". Ma ora, ti prego, sia la potenza del mio Signore manifestata nella sua grandezza, come tu hai parlato dicendo: "L’Eterno è lento all’ira e grande in misericordia; egli perdona l’iniquità e il peccato, ma non lascia impunito il colpevole, punendo l’iniquità dei padri sui figli, fino alla terza e alla quarta generazione". Deh, perdona l’iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua misericordia, come hai perdonato a questo popolo dall’Egitto fin qui«. Allora l’Eterno disse: »Io perdono, come tu hai chiesto; ma, come è vero che io vivo, tutta la terra sarà ripiena della gloria dell’Eterno, e tutti questi uomini che hanno visto la mia gloria e i prodigi che ho fatto in Egitto e nel deserto, e mi hanno già tentato dieci volte e non hanno ubbidito alla mia voce, certo non vedranno il paese che ho giurato di dare ai loro padri. Nessuno di quelli che mi hanno disprezzato lo vedrà; ma il mio servo Caleb, Poiché è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito pienamente, io lo introdurrò nel paese nel quale è andato; e la sua progenie lo possederà. Or gli Amalekiti e i Cananei abitano nella valle, domani tornate indietro e incamminatevi verso il deserto, in direzione del Mar Rosso. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Fino a quando sopporterò io questa malvagia assemblea che mormora contro di me? lo ho udito i mormorii che i figli d’Israele fanno contro di me. Di’ loro: Come è vero che io vivo dice l’Eterno, io vi farò quello che ho sentito dire da voi. I vostri cadaveri cadranno in questo deserto; voi tutti che siete stati recensiti, dall’età di vent’anni in su, e che avete mormorato contro di me, non entrerete di certo nel paese nel quale giurai di farvi abitare, ad eccezione di Caleb, figlio di Jefunneh, e di Giosuè, figlio di Nun. I vostri piccoli invece, che avete detto sarebbero preda di nemici, li farò entrare; ed essi conosceranno il paese che voi avete disprezzato. Ma quanto a voi, i vostri cadaveri cadranno in questo deserto. E i vostri figli pascoleranno le greggi nel deserto per quarant’anni e porteranno la pena delle vostre infedeltà, finche i vostri cadaveri non siano consumati nel deserto. In base al numero dei giorni che avete impiegato ad esplorare il paese, cioè quaranta giorni, per ogni giorno porterete la vostra colpa un anno, per un totale di quarant’anni; e voi conoscerete cosa sia l’essermi ritirato da voi. Io, l’Eterno, ho parlato; certo così farò a tutta questa malvagia assemblea che si è riunita contro di me; in questo deserto saranno consumati e qui moriranno«. Ora gli uomini che Mosè aveva mandato a esplorare il paese e che, tornati, avevano fatto mormorare tutta l’assemblea contro di lui facendo un cattivo resoconto del paese, quegli uomini, che avevano fatto un cattivo resoconto del paese, morirono colpiti da una piaga, davanti all’Eterno. Ma Giosuè, figlio di Nun, e Caleb figlio di Jefunneh, rimasero vivi fra quegli uomini che erano andati ad esplorare il paese. Allora Mosè riferì queste parole a tutti i figli d’Israele, e il popolo fece gran cordoglio. Si alzarono così al mattino presto e salirono sulla cima del monte dicendo: »Eccoci qua; noi saliremo al luogo di cui ha parlato l’Eterno, poiché abbiamo peccato«. Ma Mosè disse: »Perché trasgredite l’ordine dell’Eterno? La cosa non riuscirà. Non salite, perché sareste sconfitti dai vostri nemici, Poiché l’Eterno non è in mezzo a voi. Davanti a voi infatti stanno gli Amalekiti e i Cananei, e voi cadrete per la spada; Poiché vi siete allontanati dal seguire l’Eterno, l’Eterno non sarà con voi«. Ciò nonostante essi ebbero l’ardire di salire sulla cima del monte; ma l’arca del patto dell’Eterno e Mosè non si mossero dal mezzo dell’accampamento. Allora gli Amalekiti e i Cananei che abitavano su quel monte scesero giù, li batterono e li misero in rotta fino a Hormah. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando sarete entrati nel paese che dovete abitare che io vi do, e offrirete all’Eterno un sacrificio fatto col fuoco, un olocausto o un sacrificio, per l’adempimento di un voto o come offerta volontaria o nelle vostre feste stabilite, per fare un odore soave all’Eterno con un animale, preso dalla mandria o dal gregge, colui che presenterà la sua offerta all’Eterno, offrirà come oblazione di cibo un decimo di efa di fior di farina mescolata con un quarto di hin di olio; inoltre porterai una libazione di un quarto di hin di vino con l’olocausto o il sacrificio, per ogni agnello. Se è per un montone, porterai come oblazione di cibo due decimi di efa di fior di farina mescolata con un terzo di hin di olio, e farai una libazione di un terzo di hin di vino come offerta di odore soave all’Eterno. Se invece come olocausto o come sacrificio porti un torello, per l’adempimento di un voto o come sacrificio di ringraziamento all’Eterno, assieme al torello si offrirà, come oblazione di cibo, tre decimi di efa di fior di farina mescolata con mezzo hin di olio; e porterai come libazione mezzo hin di vino; è un sacrificio fatto col fuoco, di odore soave all’Eterno. Così si farà per ogni torello, per ogni montone, per ogni agnello o capretto, secondo il numero che preparate. Farete così per ogni animale che porterete. Tutti quelli che sono nativi del paese faranno le cose così, quando offriranno un sacrificio fatto col fuoco di odore soave all’Eterno. E se uno straniero che risiede con voi, o chiunque si trovi tra di voi nelle generazioni future, desiderasse offrire un sacrificio fatto col fuoco, di odore soave all’Eterno, farà come fate voi. Vi sarà un solo statuto per tutta l’assemblea, per voi e per lo straniero che risiede con voi; sarà uno statuto perpetuo, per tutte le vostre generazioni; come siete voi, così sarà lo straniero davanti all’Eterno. Ci sarà una stessa legge e uno stesso decreto per voi e per lo straniero che risiede con voi«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando sarete arrivati nel paese dove io vi conduco, e mangerete il pane del paese, presenterete all’Eterno un’offerta elevata. Delle primizie della vostra pasta presenterete una focaccia come offerta elevata; la presenterete come un’offerta elevata dell’aia. Delle primizie della vostra pasta darete all’Eterno un’offerta elevata per tutte le vostre generazioni. Se avete peccato per ignoranza e non avete osservato tutti questi comandamenti che l’Eterno ha trasmesso a Mosè, tutto ciò che l’Eterno vi ha comandato per mezzo di Mosè, dal giorno che l’Eterno vi ha dato dei comandi e in seguito per tutte le vostre generazioni, se il peccato è stato commesso per ignoranza, senza che l’assemblea se ne rendesse conto, tutta l’assemblea offrirà un torello come olocausto in odore soave all’Eterno, assieme alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione secondo quanto è decretato, e un capretto come sacrificio per il peccato. Così il sacerdote farà l’espiazione per tutta l’assemblea dei figli d’Israele e sarà loro perdonato, perché è stato un peccato commesso per ignoranza, ed essi hanno portato la loro offerta, un sacrificio fatto all’Eterno col fuoco, e il loro sacrificio per il peccato davanti all’Eterno, per il loro peccato d’ignoranza. Sarà perdonato a tutta l’assemblea dei figli d’Israele e allo straniero che risiede in mezzo a loro, perché tutto il popolo lo ha fatto per ignoranza. Se è una sola persona a peccare per ignoranza, offra una capra di un anno come sacrificio per il peccato. E il sacerdote farà l’espiazione davanti all’Eterno per la persona che ha peccato per ignoranza, quando lo ha fatto senza la dovuta conoscenza; il sacerdote farà l’espiazione per essa e il peccato le sarà perdonato. Si tratti di un nativo del paese tra i figli di Israele o di uno straniero che risiede tra di voi, avrete un’unica legge per colui che pecca per ignoranza. Ma la persona che commette un peccato deliberatamente, sia essa nativa del paese o straniera, oltraggia l’Eterno; quella persona sarà sterminata di mezzo al suo popolo. Poiché ha disprezzato la parola dell’Eterno e ha violato il suo comandamento, quella persona dovrà essere sterminata; porterà il peso della sua iniquità«. Mentre i figli d’Israele erano nel deserto, trovarono un uomo che raccoglieva legna in giorno di sabato. Quelli che l’avevano trovato a raccogliere legna lo portarono a Mosè, ad Aaronne e a tutta l’assemblea. E lo misero in prigione perché non era ancora stato definito che cosa fargli. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Quell’uomo deve essere messo a morte; tutta l’assemblea lo lapiderà fuori del campo«. Così tutta l’assemblea lo portò fuori dell’accampamento e lo lapidò; e quello mori, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. L’Eterno parlò ancora a Mosè dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro che si facciano, di generazione in generazione, delle frange agli angoli delle loro vesti e che mettano alle frange di ogni angolo un cordone violetto. Sarà una frangia alla quale guarderete per ricordarvi di tutti i comandamenti dell’Eterno e metterli in pratica, e per non seguire invece il vostro cuore e i vostri occhi che vi portano alla fornicazione. Così vi ricorderete di tutti i miei comandamenti e li metterete in pratica, e sarete santi per il vostro DIO. Io sono l’Eterno, il vostro DIO, che vi ho fatti uscire dal paese d’Egitto per essere il vostro DIO. Io sono l’Eterno, il vostro DIO«. Or Kore, figlio di Itshar, figlio di Kehath, figlio di Levi, insieme con Dathan e Abiram, figlio di Eliab, e On, figlio di Peleth, figli di Ruben. si levarono davanti a Mosè, assieme ad alcuni altri dei figli d’Israele, duecentocinquanta principi dell’assemblea, membri nominati del consiglio, uomini in vista. Essi si radunarono contro Mosè e contro Aaronne, e dissero loro: »Avete oltrepassato i limiti, perché tutta l’assemblea è santa, ciascuno di essi, e l’Eterno è in mezzo a loro; perché dunque vi innalzate sopra l’assemblea dell’Eterno?«. All’udire questo, Mosè si prostrò con la faccia a terra; poi parlò a Kore e a tutta la sua gente, dicendo: Domani mattina l’Eterno mostrerà chi è suo e chi è santo, e lo farà avvicinare a sè; farà avvicinare a sè colui che egli ha scelto. Fate questo: prendete dei turiboli tu Kore e tutta la tua gente; domani mettetevi dentro del fuoco e ponetevi sopra dell’incenso davanti all’Eterno; e colui che l’Eterno avrà scelto sarà santo. Avete oltrepassato i limiti, figli di Levi!«. Mosè disse poi a Kore: Ora ascoltate, o figli di Levi! E forse poca cosa per voi che il DIO d’Israele vi abbia appartati dall’assemblea d’Israele e vi abbia fatto avvicinare a sè per compiere il servizio del tabernacolo dell’Eterno e per stare davanti all’assemblea e servire loro? Egli ha fatto avvicinare a sè te e tutti i tuoi fratelli, figli di Levi con te. Ma ora vorreste avere anche il sacerdozio? Per questo tu e tutta la tua gente vi siete radunati contro l’Eterno. E chi è Aaronne perché mormoriate contro di lui?«. Allora Mosè mandò a chiamare Dathan e Abiram, figli di Eliab; ma essi dissero: Noi non saliremo. forse poca cosa l’averci fatto uscire da un paese dove scorre latte e miele, per farci morire nel deserto, perché tu voglia dominare su di noi? Inoltre non ci hai condotti in un paese dove scorre latte e miele e non ci hai dato in eredità campi e vigne! Vuoi tu cavare gli occhi a questa gente? Noi non saliremo«. Allora Mosè si adirò forte e disse all’Eterno: Non accettare la loro oblazione; io non ho preso da costoro neppure un asino e non ho fatto torto ad alcuno di loro«. Poi Mosè disse a Kore: Tu e tutta la tua gente trovatevi domani davanti all’Eterno, tu e loro con Aaronne; e ciascuno di voi prenda il suo turibolo, vi metta dentro dell’incenso e porti ciascuno il suo turibolo davanti all’Eterno; saranno duecentocinquanta turiboli. Anche tu ed Aaronne porterete ciascuno il vostro turibolo. Essi dunque presero ciascuno il suo turibolo, vi misero dentro del fuoco, vi posero sopra dell’incenso e si fermarono all’ingresso della tenda di convegno con Mosè e Aaronne. Kore convocò tutta l’assemblea contro di loro all’ingresso della tenda di convegno; e la gloria dell’Eterno apparve a tutta l’assemblea. Allora l’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne, dicendo: Separatevi da questa assemblea e io li consumerò in un attimo. Ma essi si prostrarono con la faccia a terra e dissero: »O Dio, DIO degli spiriti di ogni carne! Poiché un sol uomo ha peccato, dovresti tu adirarti contro tutta l’assemblea?.« Allora l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Parla all’assemblea e di’: »Allontanatevi dalle vicinanze della dimora di Kore, di Dathan e di Abiram««. Mosè quindi si levò e andò da Dathan e da Abiram; e gli anziani d’Israele lo seguirono. Egli quindi parlò all’assemblea, dicendo: Allontanatevi dalle tende di questi uomini malvagi e non toccate nulla di ciò che loro appartiene per non essere consumati in tutti i loro peccati. Così essi si allontanarono dalle vicinanze della dimora di Kore, di Dathan di Abiram. Dathan e Abiram uscirono e si fermarono all’ingresso delle loro tende con le loro mogli, i loro figli e i loro piccoli. Allora Mosè disse: Da questo conoscerete che l’Eterno mi ha mandato per fare tutte queste opere e che non ho agito di mio arbitrio. Se questa gente muore come muoiono tutti gli uomini, se la loro sorte è la sorte comune a tutti gli uomini, l’Eterno non mi ha mandato; ma se l’Eterno fa una cosa nuova, se la terra apre la sua bocca e li ingoia con tutto ciò che loro appartiene, ed essi scendono vivi nello Sceol’, allora riconoscerete che questi uomini hanno disprezzato l’Eterno«. Or, avvenne che, appena ebbe finito di proferire tutte queste parole, il suolo si spaccò sotto di loro, la terra spalancò la sua bocca e li inghiottì con le loro Famiglie, con tutta la gente che parteggiava per Kore, con tutte le loro sostanze. Così scesero vivi nello Sceol; la terra si richiuse su loro ed essi scomparvero di mezzo all’assemblea. Tutto Israele che si trovava intorno a loro, alle loro grida fuggì, perché dicevano: »Che la terra non inghiottisca anche noi!«. E un fuoco uscì dalla presenza dell’Eterno e divorò i duecentocinquanta uomini che offrivano l’incenso. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Di’ a Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, di tirar fuori i turiboli dall’incendio, perché sono sacri, e di buttare il fuoco lontano; e dei turiboli di costoro che hanno peccato a prezzo della loro vita si facciano tante lamine battute per rivestirne l’altare perché li hanno presentati davanti all’Eterno e perciò sono sacri, ed essi saranno un segno di monito per i figli d’Israele«. Così il sacerdote Eleazar prese i turiboli di bronzo presentati da coloro che erano stati arsi, e li ridusse in lamine per ricoprire l’altare, affinché servissero di ricordo ai figli d’Israele, e nessun estraneo che non è della progenie di Aaronne si avvicinasse ad offrire incenso davanti all’Eterno e non subisse la sorte di Kore e della sua gente, come l’Eterno gli aveva detto per mezzo di Mosè. Il giorno seguente, tutta l’assemblea dei figli d’Israele mormorò contro Mosè ed Aaronne, dicendo: »Voi avete fatto morire il popolo dell’Eterno«. Or avvenne che, mentre l’assemblea si radunava contro Mosè e contro Aaronne, essi si volsero verso la tenda di convegno; ed ecco, la nuvola la ricopriva e apparve la gloria dell’Eterno. Allora Mosè e Aaronne si portarono davanti alla tenda di convegno. E l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Allontanatevi da questa assemblea e io li consumerò in un attimo«. Ed essi si prostrarono con la faccia a terra. Così Mosè disse ad Aaronne: »Prendi il turibolo, mettivi dentro del fuoco preso dall’altare, poni sopra dell’incenso e portalo presto in mezzo all’assemblea, e fa’ l’espiazione per essi, Poiché è scoppiata l’ira che viene dall’Eterno, la piaga è già cominciata«. Allora Aaronne prese il turibolo, come Mosè aveva detto, e corse in mezzo all’assemblea; ed ecco, la calamità era già cominciata fra il popolo; così mise l’incenso nel turibolo e fece l’espiazione per il popolo. E si fermò tra i morti e i vivi, e la calamità si arrestò. Or quelli che morirono per la calamità furono quattordicimilasettecento, oltre quelli che erano morti per il fatto di Kore. Così Aaronne tornò da Mosè all’ingresso della tenda di convegno, perché la calamità si era arrestata. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e fatti dare da loro delle verghe, una per ogni casa dei loro padri, cioè dodici verghe da parte di tutti i loro principi secondo le case dei loro padri; scriverai il nome di ognuno sulla sua verga; e scriverai il nome di Aaronne sulla verga di Levi, Poiché ci sarà una verga per ogni capo delle case dei loro padri. Poi le metterai nella tenda di convegno, davanti alla testimonianza, dove io mi incontro con voi. E avverrà che la verga dell’uomo che io scelgo, fiorirà e farò cessare davanti a me i mormorii che i figli d’Israele mormorano contro di voi«. Così Mosè parlò ai figli d’Israele e tutti i loro principi gli diedero una verga ciascuno, secondo le case dei loro padri, cioè dodici verghe; e la verga di Aaronne era in mezzo alle loro verghe. Mosè quindi mise quelle verghe davanti all’Eterno nella tenda della testimonianza. Il giorno seguente, Mosè entrò nella tenda della testimonianza; ed ecco, la verga di Aaronne per la casa di Levi era fiorita: aveva messo fuori dei germogli, aveva fatto sbocciare dei fiori e prodotto delle mandorle. Allora Mosè portò fuori tutte le verghe dalla presenza dell’Eterno davanti a tutti i figli d’Israele; ed essi le videro e presero ciascuno la sua verga. L’Eterno disse quindi a Mosè: »Riporta la verga di Aaronne davanti alla testimonianza, perché sia conservata come un segno di monito per i ribelli, affinché sia messo fine ai loro mormorii contro di me ed essi non muoiano«. Mosè fece così; fece come l’Eterno gli aveva comandato. I figli d’Israele parlarono quindi a Mosè, dicendo: »Ecco, periamo, siamo perduti, siamo tutti perduti! Chiunque si avvicina al tabernacolo dell’Eterno, muore; dovremo perire tutti quanti?«. Poi l’Eterno disse ad Aaronne: »Tu, i tuoi figli e la casa di tuo padre con te, porterete il peso delle iniquità commesse contro il santuario, e tu e i tuoi figli porterete il peso delle iniquità commesse nell’esercizio del vostro sacerdozio. Farai pure avvicinare con te i tuoi fratelli, la tribù di Levi, la tribù di tuo padre, perché si uniscano a te e ti servano, quando tu e i tuoi figli con te sarete davanti alla tenda della testimonianza. Essi presteranno servizio a te e svolgeranno tutte le mansioni della tenda; ma non si avvicineranno agli arredi del santuario e all’altare, altrimenti morirete entrambi, essi con te. Essi si uniranno a te e svolgeranno le mansioni della tenda di convegno per tutto il lavoro della tenda ma nessun estraneo si avvicinerà a voi. Voi svolgerete dunque il servizio del santuario e dell’altare, affinché non vi sia più ira contro i figli d’Israele. Ecco, io stesso ho preso i vostri fratelli, i Leviti, dal mezzo dei figli d’Israele; essi sono dati in dono dall’Eterno a voi per svolgere il servizio della tenda di convegno. Ma tu e i tuoi figli con te eserciterete il vostro sacerdozio in tutto ciò che riguarda l’altare e che è di là dal velo; e presterete il vostro servizio. lo vi do il vostro sacerdozio come un dono per servizio, ma l’estraneo che si avvicinerà sarà messo a morte«. L’Eterno disse ancora ad Aaronne: »Ecco, io vi affido pure la cura delle mie offerte elevate, di tutte le cose consacrate dei Figli d’Israele; le do a te e ai tuoi figli, come uno statuto perpetuo a motivo della vostra unzione. Questo ti apparterrà fra le cose santissime non consumate dal fuoco: tutte le loro offerte e cioè ogni oblazione di cibo, ogni sacrificio per il peccato e ogni sacrificio per la trasgressione che mi presenteranno; sono cose santissime che apparterranno a te e ai tuoi figli. Le mangerai in luogo santissimo; ne mangerà ogni maschio; saranno per te cose sante. Questo ancora ti apparterrà: i doni che i figli d’Israele presenteranno per elevazione e tutte le loro offerte agitate; io le do a te, ai tuoi figli e alle tue figlie con te, come statuto perpetuo. Chiunque è puro in casa tua ne potrà mangiare. Tutto il meglio dell’olio e tutto il meglio del mosto e del grano, le loro primizie che danno all’Eterno le do a te. Le primizie di tutto ciò che produce la loro terra e che essi presentano all’Eterno saranno tue. Chiunque è puro in casa tua ne potrà mangiare. Tutto ciò che è consacrato in Israele sarà tuo. Ogni primo parto di ogni carne che essi offriranno all’Eterno, tanto degli uomini come degli animali, sarà tuo; ma certamente riscatterai il primogenito dell’uomo e riscatterai il primo parto degli animali impuri. E quelli che devono essere riscattati li riscatterai all’età di un mese, secondo il tuo estimo, per cinque sicli d’argento, secondo il siclo del santuario, che è di venti ghere. Ma non riscatterai il primogenito della vacca né il primogenito della pecora né il primogenito della capra; sono cosa sacra; spruzzerai il loro sangue sull’altare e farai fumare il loro grasso come sacrificio fatto col fuoco, in odore soave all’Eterno. La loro carne sarà tua; sarà tua come il petto dell’offerta agitata e come la coscia destra. lo do a te, ai tuoi figli e alle tue figlie con te, come statuto perpetuo, tutte le offerte elevate di cose sante che i figli d’Israele presentano all’Eterno. E un patto di sale e perpetuo davanti all’Eterno, per te e per la tua progenie con te«. L’Eterno disse ancora ad Aaronne: »Tu non avrai alcuna eredità nel loro paese e non ci sarà parte per te in mezzo a loro; io sono la tua parte e la tua eredità in mezzo ai figli d’Israele. Ecco, ai figli di Levi io do come eredità tutte le decime in Israele in cambio del servizio che svolgono, il servizio della tenda di convegno. E i figli d’Israele non si avvicineranno più alla tenda di convegno, altrimenti si caricherebbero di un peccato e morirebbero. Ma il servizio della tenda di convegno lo faranno soltanto i Leviti; ed essi porteranno il peso delle proprie iniquità; sarà uno statuto perpetuo per tutte le vostre generazioni; e non avranno alcuna eredità tra i figli d’Israele; Poiché io do come eredità ai Leviti le decime che i figli d’Israele presenteranno all’Eterno come offerta elevata; per questo ho detto loro: »Non avranno alcuna eredità tra i figli d’Israele««. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Parla ai Leviti e di’ loro: Quando prenderete dai figli d’Israele le decime che io vi do da parte loro come vostra eredità, ne farete un’offerta elevata all’Eterno, una decima della decima; e la vostra offerta elevata vi sarà contata come il grano ce viene dall’aia e come la pienezza dello strettoio. Così anche voi farete un’offerta elevata all’Eterno da tutte le decime che riceverete dai figli d’Israele, e di quelle darete l’offerta elevata dell’Eterno al sacerdote Aaronne. Da tutte le cose a voi donate ogni offerta elevata che spetta all’Eterno, di tutto il meglio di esse offrirete la parte consacrata. Perciò dirai loro: »Quando avete offerto il meglio, quel che rimane sarà contato ai Leviti come il prodotto dell’aia e come il prodotto dello strettoio. Lo potrete mangiare in qualunque luogo, voi e le vostre famiglie perché è il vostro salario in cambio del vostro servizio nella tenda di convegno. Così non sarete colpevoli di alcun peccato, perché ne avete offerto il meglio; ma non profanerete le cose sante dei figli d’Israele altrimenti morirete"«. L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo: »Questo è lo statuto della legge che l’Eterno ha comandato, dicendo: »Di’ ai figli d’Israele che ti portino una giovenca rossa, senza macchia, senza difetti, e su cui non è mai stato posto alcun giogo. La darete al sacerdote Eleazar, che la condurrà fuori dell’accampamento e la farà scannare in sua presenza. Il sacerdote Eleazar prenderà col dito un po’ del suo sangue e lo spruzzerà sette volte sul davanti della tenda di convegno; poi si brucerà la giovenca sotto i suoi occhi; la sua pelle, la sua carne, il suo sangue e i suoi escrementi saranno bruciati. Il sacerdote prenderà quindi del legno di cedro, dell’issopo, del panno scarlatto, e li getterà in mezzo al fuoco che consuma la giovenca. Poi il sacerdote laverà le sue vesti e laverà il suo corpo nell’acqua, e dopo rientrerà nell’accampamento; il sacerdote sarà impuro fino a sera. Anche colui che ha bruciato la giovenca laverà le sue vesti nell’acqua e laverà il suo corpo nell’acqua, e sarà impuro fino a sera. Un uomo puro raccoglierà le ceneri della giovenca e le depositerà fuori dell’accampamento in luogo puro, dove saranno conservate per l’assemblea dei figli d’Israele come acqua di purificazione: è per purificare dal peccato. E colui che ha raccolto le ceneri della giovenca laverà le sue vesti e sarà impuro fino a sera. Questo sarà uno statuto perpetuo per i figli d’Israele e per lo straniero che risiede in mezzo a loro. Chi tocca il corpo morto di qualsiasi persona sarà impuro per sette giorni. Egli si purificherà con quell’acqua il terzo e il settimo giorno, e sarà puro; ma se non si purificherà il terzo e il settimo giorno, non sarà puro. Chiunque tocca il corpo di una persona morta e non si purifica, contamina la dimora dell’Eterno; quella persona sarà sterminata dal mezzo d’Israele. Poiché l’acqua di purificazione non è stata spruzzata su di lui, egli è impuro; la sua impurità è ancora su di lui. Questa è la legge per quando un uomo muore in una tenda: chiunque entra in una tenda e chiunque è nella tenda sarà impuro per sette giorni. E ogni vaso aperto su cui non è fissato un coperchio, sarà impuro. Chiunque nei campi tocca uno ucciso per la spada o morto di morte naturale, o un osso d’uomo, o un sepolcro, sarà impuro per sette giorni. E per una persona impura si prenderà della cenere della vittima arsa per purificare dal peccato e si verserà su di essa dell’acqua corrente, in un vaso; poi un uomo puro prenderà dell’issopo, lo intingerà nell’acqua e ne spruzzerà la tenda, tutti gli utensili, tutte le persone che si trovano là e colui che ha toccato un osso o l’ucciso o il morto di morte naturale o il sepolcro. L’uomo puro spruzzerà l’impuro il terzo giorno e il settimo giorno; nel settimo giorno l’uomo impuro si purificherà: laverà le sue vesti, laverà se stesso nell’acqua, e alla sera sarà puro. Ma colui che è impuro e non si purifica, sarà sterminato dal mezzo dell’assemblea, perché ha contaminato il santuario dell’Eterno; l’acqua della purificazione non è stata spruzzata su di lui; è impuro. Sarà per loro uno statuto perpetuo. Colui che spruzza l’acqua di purificazione laverà le sue vesti; e chi tocca l’acqua di purificazione sarà impuro fino alla sera. Tutto ciò che la persona impura tocca sarà impuro; e la persona che tocca questo sarà impura fino alla sera"«. Poi tutta l’assemblea dei figli d’Israele arrivò al deserto di Sin nel primo mese, e il popolo si fermò a Kadesh. Là mori Miriam e là fu sepolta. Or mancava l’acqua per l’assemblea, per cui si radunarono contro Mosè e contro Aaronne. Così il popolo contese con Mosè e gli parlò, dicendo: »Fossimo morti quando morirono i nostri fratelli davanti all’Eterno! Perché avete condotto l’assemblea dell’Eterno in questo deserto a morirvi, noi e il nostro bestiame? E perché ci avete fatti salire dall’Egitto per condurci in questo brutto luogo? Non è un luogo di grano o di fichi o di vigne o di melograni, e non c’è acqua da bere«. Allora Mosè ed Aaronne si allontanarono dall’assemblea per recarsi all’ingresso della tenda di convegno e si prostrarono con la faccia a terra; e la gloria dell’Eterno apparve loro. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: prendi il bastone; tu e tuo fratello Aaronne convocate l’assemblea e davanti ai loro occhi parlate alla roccia, ed essa darà la sua acqua; così farai sgorgare per loro acqua dalla roccia e darai da bere all’assemblea e al suo bestiame«. Mosè dunque prese il bastone che era davanti all’Eterno, come l’Eterno gli aveva ordinato. Così Mosè ed Aaronne convocarono l’assemblea davanti alla roccia e Mosè disse loro: »Ora ascoltate, o ribelli; dobbiamo far uscire acqua per voi da questa roccia?«. Poi Mosè alzò la mano, percosse la roccia col suo bastone due volte, e ne uscì acqua in abbondanza; e l’assemblea e il suo bestiame bevvero. Allora l’Eterno disse a Mosè e ad Aaronne: »Poiché non avete creduto in me per dare gloria a me agli occhi dei figli d’Israele, voi non introdurrete questa assemblea nel paese che io ho dato loro«. Queste sono le acque di Meriba dove i figli d’Israele contesero con l’Eterno, ed egli si mostrò Santo in mezzo a loro. Poi Mosè mandò da Kadesh degli ambasciatori al re di Edom a dirgli: »Così dice Israele tuo fratello: Tu conosci tutte le avversità che abbiamo incontrato, come i nostri padri scesero in Egitto e noi dimorammo in Egitto per lungo tempo, e gli Egiziani maltrattarono noi e i nostri padri. Ma, quando gridammo all’Eterno, egli udì la nostra voce e mandò un Angelo, e ci fece uscire dall’Egitto; ed eccoci ora in Kadesh, una città ai margini dei tuoi confini. Deh, lasciaci passare per il tuo paese, noi non passeremo né per campi né per vigne e non berremo l’acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia, senza deviare né a destra né a sinistra, finche avremo Oltrepassati i tuoi confini«. Ma Edom rispose: »Tu non passerai sul mio territorio, altrimenti ti verrò contro con la spada«. I figli d’Israele gli dissero: »Noi saliremo per la strada maestra; e se noi e il nostro bestiame berremo della tua acqua, te la pagheremo; lasciami soltanto transitare a piedi e niente più«. Ma egli rispose: »Non passerai!«. E Edom uscì contro Israele con molta gente e con mano forte. Così Edom rifiutò di lasciar passare Israele attraverso il suo territorio, per cui Israele si allontanò da lui. Allora i figli d’Israele, tutta l’assemblea, partirono da Kadesh e arrivarono al monte Hor. E l’Eterno parlò a Mosè e ad Aaronne al monte Hor, sui confini del paese di Edom, dicendo: »Aaronne sta per essere riunito al suo popolo, e non entrerà nel paese che ho dato ai figli d’Israele, perché vi siete ribellati al mio comando alle acque di Meriba. Prendi Aaronne ed Eleazar suo figlio e falli salire sul monte Hor. Spoglia Aaronne delle sue vesti e falle indossare a Eleazar suo figlio; e là Aaronne sarà riunito al suo popolo e morrà«. Così Mosè fece come l’Eterno aveva ordinato; ed essi salirono sul monte Hor davanti agli occhi di tutta l’assemblea. Mosè spogliò Aaronne delle sue vesti e le fece indossare a Eleazar, suo figlio; e Aaronne morì là, sulla cima del monte. Poi Mosè ed Eleazar scesero dal monte. Quando tutta l’assemblea vide che Aaronne era morto, tutta la casa d’Israele pianse Aaronne per trenta giorni. Quando il re cananeo di Arad, che abitava nel Neghev, udì che Israele veniva per la via di Atharim, combattè contro Israele e fece alcuni prigionieri. Allora Israele fece un voto all’Eterno e disse: »Se tu mi darai nelle mani questo popolo, distruggerò completamente le loro città«. L’Eterno diede ascolto alla voce d’Israele e gli diede nelle mani i Cananei; ed essi li distrussero completamente con le loro città, e quel luogo fu chiamato Hormah. Poi i figli d’Israele partirono dal monte Hor, dirigendosi verso il Mar Rosso, per fare il giro del paese di Edom; e il popolo si scoraggiò a motivo del viaggio. Il popolo quindi parlò contro Dio e contro Mosè, dicendo: »Perché ci avete fatti uscire dall’Egitto per farci morire in questo deserto? Poiché qui non c’è né pane né acqua e siamo nauseati di questo miserabile cibo«. Allora l’Eterno mandò fra il popolo dei serpenti ardenti i quali mordevano la gente, e molti Israeliti morirono. Così il popolo venne da Mosè e disse: »Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro l’Eterno e contro di te; prega l’Eterno che allontani da noi questi serpenti«. E Mosè pregò per il popolo. L’Eterno disse quindi a Mosè: »Fa’ un serpente ardente e mettilo sopra un’asta; e avverrà che chiunque sarà morso e lo guarderà, vivrà«. Mosè fece allora un serpente di bronzo e lo mise sopra un’asta; e avveniva che, quando un serpente mordeva qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, viveva. Poi i figli d’Israele partirono e si accamparono a Oboth. Partiti da Oboth, si accamparono a Ije-Abarim nel deserto che è di fronte a Moab, dal lato dove sorge il sole. Di là partirono e si accamparono nella valle di Zered. Poi partirono di là e si accamparono dall’altro lato dell’Arnon, che scorre nel deserto e proviene dai confini degli Amorei: Poiché l’Arnon fa da confine a Moab, fra Moab e gli Amorei. Per questo è detto nel Libro delle Guerre dell’Eterno: »Vaheb in Sufah, le valli dell’Arnon e il pendio delle valli che si estende verso le dimore di Ar e si appoggia alla frontiera di Moab«. E di là andarono a Beer, che è il pozzo di cui l’Eterno aveva detto a Mosè: »Raduna il popolo e io gli darò dell’acqua«. Allora Israele cantò questo cantico: »Sgorga, o pozzo! Cantate a lui! Il pozzo la cui acqua i principi hanno cercato che i nobili del popolo hanno scavato alla parola del legislatore, coi loro bastoni«. Poi dal deserto andarono a Mattanah; da Mattanah a Nahaliel; e da Nahaliel a Bamoth, e da Bamoth nella valle che è nella campagna di Moab, verso l’altura del Pisgah che domina il deserto. Israele quindi mandò ambasciatori a Sihon, re degli Amorei, per dirgli: »Lasciami passare per il tuo paese; noi non entreremo nei campi o nelle vigne, non berremo l’acqua dei pozzi; seguiremo la via Regia finche avremo oltrepassato i tuoi confini«. Ma Sihon non permise a Israele di passare per il suo territorio; anzi Sihon radunò tutta la sua gente e uscì contro Israele nel deserto; giunse a Jahats e combattè contro Israele. Israele lo sconfisse passandolo a fil di spada, e conquistò il suo paese dall’Arnon fino allo Jabbock, fino ai confini dei figli di Ammon, perché la frontiera dei figli di Ammon era forte. Così Israele prese tutte quelle città e abitò in tutte le città degli Amorei in Heshbon e in tutte le città del suo territorio, poiché Heshbon era la città di Sihon, re degli Amorei il quale aveva mosso guerra al precedente re di Moab e gli aveva tolto di mano tutto il suo paese fino all’Arnon. Per questo dicono i poeti: »Venite a Heshbon! la città di Sihon sia ricostruita e fortificata! Poiché un fuoco è uscito da Heshbon, una fiamma dalla città di Sihon; essa ha divorato Ar di Moab, i padroni delle alture dell’Arnon. Guai a te, o Moab! Sei perduto, o popolo di Kemosh! Egli ha reso i suoi figli fuggiaschi, e ha dato le sue figlie come schiave a Sihon, re degli Amorei. Ma noi li abbiamo colpiti con frecce; Heshbon è distrutta fino a Dibon. Abbiamo devastato tutto fino a Nofah, che è presso Medeba«. Così Israele si stabilì nel paese degli Amorei. Poi Mosè mandò a esplorare Jaazer, e gli Israeliti presero le città del suo territorio e ne scacciarono gli Amorei che vi si trovavano. Poi cambiarono direzione e salirono per la strada di Bashan; e Og, re di Bashan, uscì contro di loro con tutta la sua gente per dar loro battaglia a Edrei. Ma l’Eterno disse a Mosè: »Non aver paura di lui, perché io lo do nelle tue mani con tutta la sua gente e il suo paese; trattalo come hai trattato Sihon, re degli Amorei che abitava a Heshbon. Così gli Israeliti batterono lui, i suoi figli e tutto il suo popolo, finchè non gli rimase più alcun superstite, e si impadronirono del suo paese. Poi i figli d’Israele partirono e si accamparono nelle pianure di Moab, oltre il Giordano sulla sponda opposta a Gerico. Or Balak, figlio di Tsippor, vide tutto quello che Israele aveva fatto agli Amorei; e Moab ebbe una gran paura di questo popolo che era così numeroso; Moab fu preso da grande spavento a motivo dei figli d’Israele. Così Moab disse agli anziani di Madian: »Ora questa moltitudine divorerà tutto ciò che è intorno a noi, come il bue divora l’erba dei campi. Balak, figlio di Tsippor era in quel tempo re di Moab. Egli mandò ambasciatori a Balaam figlio di Beor, a Pethor che è vicino al Fiume, nel paese dei figli del suo popolo, per chiamarlo e dirgli: »Ecco, un popolo è uscito dall’Egitto; esso ricopre la faccia della terra e si è stabilito di fronte a me. Orsú vieni, ti prego, e maledici per me questo popolo perché è troppo potente per me; forse riuscirò a sconfiggerlo e potrò scacciarlo dal paese; Poiché so che chi tu benedici è benedetto e chi tu maledici è maledetto. Allora gli anziani di Moab e gli anziani di Madian partirono con nelle loro mani la ricompensa dell’indovino; e arrivati da Balaam, gli riferirono le parole di Balak. Or Balaam disse loro: »Passate la notte qui e vi riferirò la risposta che l’Eterno mi darà. Così i principi di Moab rimasero con Balaam. Allora Dio venne da Balaam e gli disse: »Chi sono questi uomini che stanno con te?«. E Balaam rispose a DIO: »Balak figlio di Tsippor, re di Moab, mi ha mandato a dire: "Ecco, il popolo che è uscito dall’Egitto ricopre la faccia della terra; or vieni e maledicilo per me; forse riuscirò a batterlo e potrò scacciarlo"«. E Dio disse a Balaam: »Tu non andrai con loro, non maledirai quel popolo, perché esso è benedetto«. Così Balaam si levò la mattina e disse ai principi di Balak: »Ritornate al vostro paese, perché l’Eterno mi ha rifiutato il permesso di venire con voi«. I principi di Moab quindi si levarono, tornarono da Balak e dissero: »Balaam ha rifiutato di venire con noi«. Allora Balak mandò di nuovo dei principi, in maggior numero e più ragguardevoli di quelli di prima. Essi vennero da Balaam e gli dissero: »Così dice Balak figlio di Tsippor: »Deh, nulla ti trattenga dal venire da me, perché io ti ricolmerò di onori e farò tutto ciò che mi dirai; vieni dunque, ti prego, e maledici questo popolo per me"«. Ma Balaam rispose e disse ai servi di Balak: »Anche se Balak mi desse la sua casa piena di argento e d’oro, non potrei trasgredire l’ordine dell’Eterno, il mio DIO, per fare cosa piccola o grande. Ora perciò, vi prego, rimanete qui anche voi questa notte, affinché sappia che altro l’Eterno mi dirà«. E DIO venne di notte a Balaam e gli disse: »Se questi uomini sono venuti a chiamarti, alzati e va’ con loro; ma farai solo ciò che io ti dirò«. Così Balaam si levò la mattina, sellò la sua asina e se ne andò con i principi di Moab. Ma l’ira di DIO si accese perché egli era andato; e l’Angelo dell’Eterno si pose sulla strada come nemico contro di lui. Or egli cavalcava la sua asina e aveva con sé due servi. L’asina vide l’Angelo dell’Eterno che stava sulla strada con la sua spada sguainata in mano, uscì dalla strada ed entrò nei campi. Balaam allora percosse l’asina per farla ritornare sulla strada. Ma l’Angelo dell’Eterno si fermò in uno stretto sentiero tra le vigne, che aveva un muro da una parte e un muro dall’altra. Quando l’asina vide l’Angelo dell’Eterno, si strinse contro il muro e schiacciò il piede di Balaam contro il muro; così Balaam la percosse di nuovo. Allora l’Angelo dell’Eterno andò oltre e si fermò in un luogo stretto dove non c’era modo di muoversi né a destra né a sinistra. L’asina vide l’Angelo dell’Eterno e si accovacciò sotto Balaam; l’ira di Balaam si accese ed egli percosse l’asina col suo bastone. Allora l’Eterno aperse la bocca dell’asina che disse a Balaam: »Che ti ho fatto per percuotermi in questo modo ben tre volte?«. E Balaam rispose all’asina: »Perché ti sei burlata di me; se avessi una spada in mano, ora ti ammazzerei«. L’asina disse a Balaam: »Non sono forse la tua asina sulla quale hai sempre cavalcato fino a quest’oggi? Sono forse abituata a comportarmi così con te?«. Ed egli rispose: »No«. Allora l’Eterno aperse gli occhi a Balaam, ed egli vide l’Angelo dell’Eterno che stava sulla strada con la sua spada sguainata in mano. E Balaam si inchinò e si prostrò con la faccia a terra. L’Angelo dell’Eterno gli disse: »Perché hai percosso la tua asina ben tre volte? Ecco, io sono uscito come tuo nemico perché la via che batti è contraria al mio volere; l’asina mi ha visto e mi ha schivato ben tre volte; se non mi avesse schivato, io ti avrei certamente ucciso lasciando in vita lei«. Allora Balaam disse all’Angelo dell’Eterno: »lo ho peccato, perché non sapevo che tu stavi sulla strada contro di me; ora perciò, se ciò che sto facendo ti dispiace, tornerò indietro«. Ma l’Angelo dell’Eterno disse a Balaam: »Va pure con quegli uomini; ma dirai soltanto quello che io ti dirò«. Così Balaam andò con i principi di Balak. Quando Balak udì che Balaam arrivava, andò ad incontrarlo alla città di Moab che è sul confine segnato dall’Arnon, al margine estremo del suo territorio. Così Balak disse a Balaam: »Non ti avevo forse mandato a chiamare con urgenza? Perché non sei venuto da me? Non sono forse in grado di onorarti?«. Balaam rispose a Balak: »Ecco, sono venuto da te; ma ora posso dire qualcosa? La parola che DIO mi metterà in bocca, quella dirò«. Balaam andò con Balak, e giunsero a Kirjath-Hutsoth. Balak quindi sacrificò buoi e pecore e ne mandò alcuni a Balaam e ai principi che erano con lui. Al mattino Balak prese Balaam e lo fece salire a Bamoth Baal, e di là egli vide la parte estrema del popolo. Poi Balaam disse a Balak: »Costruiscimi qui sette altari e preparami qui sette torelli e sette montoni«. Balak fece come Balaam aveva detto, quindi Balak e Balaam offrirono un torello e un montone su ciascun altare. Balaam disse poi a Balak: »Rimani presso il tuo olocausto e io andrò: forse l’Eterno verrà ad incontrarmi; e quel che mi mostrerà io te lo riferirò«. Così egli andò su un’altura brulla. E DIO venne incontro a Balaam, e Balaam gli disse: »lo ho preparato sette altari, e ho offerto un torello e un montone su ciascun altare«. Allora l’Eterno mise un messaggio in bocca a Balaam e gli disse: »Torna da Balak e parla così«. Ritornò da lui, ed ecco che egli stava presso l’olocausto, lui e tutti i principi di Moab. Allora Balaam pronunciò il suo oracolo e disse: »Balak, il re di Moab, mi ha fatto venire da Aram, dai monti d’Oriente: »Vieni, maledici per me Giacobbe, vieni, accusa Israele!«. Come posso maledire colui che Dio non ha maledetto? Come posso accusare colui che l’Eterno non ha accusato? Io lo vedo dalla cima delle rupi e lo contemplo dalle alture; ecco, è un popolo che dimora solo e non è annoverato fra le nazioni. Chi può calcolare la polvere di Giacobbe o contare il quarto d’Israele? Possa io morire della morte dei giusti e possa la mia fine essere come la loro!«. Allora Balak disse a Balaam: »Che mi hai fatto? Ti ho preso per maledire i miei nemici, invece tu li hai grandemente benedetti«. Ma egli rispose e disse: »Non devo io farmi premura di dire ciò che l’Eterno mi mette in bocca?«. Poi Balak gli disse: »Deh, vieni con me in un altro luogo, da dove tu lo possa vedere, anche se ne vedrai solo l’estremità e non lo potrai vedere tutto quanto, e di là lo maledirai per me«. Così lo condusse al campo di Tsofim, sulla cima del Pisgah; costruì sette altari e offrì un torello e un montone su ciascun altare. Balaam quindi disse a Balak: »Rimani qui presso il tuo olocausto e io andrò a incontrare l’Eterno lassù«. E l’Eterno si fece incontro a Balaam, gli mise un messaggio in bocca e gli disse: »Torna da Balak e parla così«. Così ritornò da lui, ed ecco che egli stava presso il suo olocausto con i principi di Moab. Balak gli disse: Che cosa ha detto l’Eterno?«. Allora Balaam pronunciò il suo oracolo e disse: »Levati, Balak, e ascolta! Porgimi orecchio, figlio di Tsippor! Dio non è un uomo, perché possa mentire, né un figlio d’uomo, perché possa pentirsi. Quando ha detto una cosa, non la farà? O quando ha dichiarato una cosa, non la compirà? Ecco, ho ricevuto l’ordine di benedire; si, egli ha benedetto e io non revocherò la benedizione. Egli non ha scorto iniquità in Giacobbe e non ha visto perversità in Israele. L’Eterno, il suo DIO, è con lui, e il grido di un re è tra di loro. Dio, che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna poderose del bufalo. Non c’è sortilegio contro Giacobbe, non c’è divinazione contro Israele. Ora bisogna dire di Giacobbe e d’Israele che cosa Dio ha compiuto. Ecco, un popolo si leverà come una leonessa e si rizzerà come un leone; e non si accovaccerà prima di aver divorato la preda e di aver bevuto il sangue di quelli che ha ucciso«. Allora Balak disse a Balaam: »Non maledirlo affatto, ma neppure benedicilo«. Ma Balaam rispose e disse a Balak: »Non ti ho, forse detto che io avrei fatto tutto ciò che l’Eterno avrebbe detto?«. Balak disse quindi a Balaam: »Deh, vieni, io ti condurrò in un altro luogo; forse piacerà a DIO che di là tu lo maledica per me«. Così Balak condusse Balaam in cima al Peor che sovrasta il deserto. E Balaam disse a Balak: »Costruiscimi qui sette altari e preparami qui sette torelli e sette montoni«. E Balak fece come Balaam aveva detto, e offri un torello e un montone su ciascun altare. Quando Balaam si avvide che agli occhi dell’Eterno era buono benedire Israele, non ricorse come le altre volte all’uso di sortilegi, ma voltò la faccia verso il deserto. E, alzati gli occhi, Balaam vide Israele accampato tribù per tribù, e lo Spirito di DIO venne su di lui. Allora pronunciò il suo oracolo e disse: »Così dice Balaam, figlio di Beor, così dice l’uomo i cui occhi sono stati aperti, così dice colui che ode le parole di Dio, colui che mira la visione dell’Onnipotente, colui che cade, ma ha gli occhi aperti: "Come sono belle le tue tende, o Giacobbe, le tue dimore, o Israele! Esse si estendono come valli, come giardini lungo un fiume, come aloe che l’Eterno ha piantati, come cedri vicini alle acque. Verserà acqua dalle sue secchie, la sua progenie abiterà presso molte acque, il suo re si ergerà più in alto di Agag e il suo regno sarà esaltato. Dio, che lo ha fatto uscire dall’Egitto, è per lui come le corna poderose del bufalo. Egli divorerà nazioni che gli sono nemiche, frantumerà le loro ossa e le trafiggerà con le sue frecce. Egli si china, si accovaccia come un leone; e come una leonessa: chi oserà farlo alzare? Sia benedetto chi ti benedice e sia maledetto chi ti maledice!"« Allora l’ira di Balak si accese contro Balaam; così egli battè le mani e Balak disse a Balaam: »Io ti ho chiamato per maledire i miei nemici, ed ecco tu li hai benedetti per ben tre volte. Or dunque fuggi a casa tua! Avevo detto che ti avrei colmato di onori; ma ecco, l’Eterno ti ha impedito di riceverli«. Così Balaam rispose a Balak: »Non avevo forse parlato agli ambasciatori che mi avevi mandato, dicendo: "Anche se Balak mi dovesse dare la sua casa piena d’argento e d’oro, non potrei trasgredire l’ordine dell’Eterno per fare sia bene che male di mia propria iniziativa, ma dovrò dire ciò che l’Eterno dirà"? Ed ecco, ora ritornerò al mio popolo; vieni, io ti annunzierò ciò che questo popolo farà al tuo popolo negli ultimi giorni«. Allora pronunciò il suo oracolo e disse: »Così dice Balaam figlio di Beor, così dice l’uomo i cui occhi sono stati aperti, così dice colui che ode le parole di Dio, che conosce la scienza dell’Altissimo che mira la visione dell’Onnipotente, colui che cade, ma ha gli occhi aperti: Lo vedo, ma non ora; lo contemplo, ma non vicino: una stella sorgerà da Giacobbe e uno scettro si alzerà da Israele, che schiaccerà Moab da un capo all’altro e abbatterà tutti i figli di Sceth. Edom diventerà sua proprietà e anche Seir, suo nemico, diventerà sua proprietà: Israele farà prodezze. Da Giacobbe verrà un dominatore che sterminerà i superstiti delle città«. Poi guardò su Amalek e pronunciò il suo oracolo, dicendo: »Amalek era la prima delle nazioni, ma la sua fine culminerà in rovina«. Guardò anche sui Kenei e pronunciò il suo oracolo, dicendo: »La tua dimora è solida e il tuo nido è posto nella roccia; nondimeno il Keneo dovrà essere devastato, finche l’Assiro ti porterà in cattività«. Poi pronunciò di nuovo il suo oracolo e disse: »Ahimè! Chi sussisterà quando Dio compirà questo? Ma delle navi verranno da Kittim; esse umilieranno Assur e umilieranno Eber, ed egli pure finirà per essere distrutto«. Poi Balaam si levò, partì e fece ritorno a casa sua, e anche Balak se ne andò per la sua strada. Mentre Israele si trovava a Scittim, il popolo cominciò a darsi alla fornicazione con le figlie di Moab. Esse invitarono il popolo ai sacrifici dei loro dèi, e il popolo mangiò e si prostrò davanti ai loro dèi. Così Israele si unì a Baal-Peor, e l’ira dell’Eterno si accese contro Israele. L’Eterno quindi disse a Mosè: »Prendi tutti i capi del popolo e falli uccidere ed impiccare davanti all’Eterno all’aperto, in pieno sole, affinché l’ardente ira dell’Eterno si allontani da Israele«. Così Mosè disse ai giudici d’Israele: »Ciascuno di voi uccida dei suoi uomini coloro che si sono uniti a Baal-Peor«. Ed ecco uno dei figli d’Israele venne e presentò ai suoi fratelli una donna madianita, sotto gli occhi di Mosè e di tutta l’assemblea dei figli d’Israele, mentre essi stavano piangendo all’ingresso della tenda di convegno. Al vedere questo, Finehas figlio di Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne si alzò in mezzo all’assemblea e prese in mano una lancia, seguì quindi l’uomo d’Israele nella sua alcova e li trafisse ambedue, l’uomo d’Israele e la donna, nel basso ventre. Così la calamità tra i figli d’Israele fu arrestata. Di quella calamità morirono ventiquattromila persone. Allora l’Eterno parlò a Mosè dicendo: »Finehas figlio di Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, ha rimosso la mia ira dai figli d’Israele, perch’egli è stato animato della stessa mia gelosia in mezzo a loro; così nella mia gelosia non ho sterminato i figli d’Israele. Perciò digli: »Ecco, io stabilisco con lui un’alleanza di pace, che sarà per lui e per la sua progenie dopo di lui l’alleanza di un sacerdozio perpetuo, perché ha avuto zelo per il suo DIO e ha fatto l’espiazione per i figli d’Israele"«. Or l’uomo d’Israele, che fu ucciso con la donna madianita, si chiamava Zimri, figlio di Salu, capo di una casa patriarcale dei Simeoniti. E la donna che fu uccisa, la Madianita, si chiamava Cozbi, figlia di Tsur, capo della gente di una casa patriarcale in Madian. Poi l’Eterno parlò a Mosè dicendo: »Molestate i Madianiti e attaccateli, perché essi vi hanno molestato con i loro artifici mediante i quali vi hanno sedotti nel caso di Peor e nel caso di Cozbi, figlia di un principe di Madian, loro sorella, che fu uccisa il giorno della calamità per il caso di Peor«. Or dopo la calamità, avvenne che l’Eterno parlò a Mosè e ad Eleazar, figlio del sacerdote Aaronne, dicendo: »Fate il censimento di tutta l’assemblea dei figli d’Israele, dall’età di vent’anni in su, in base alle case dei loro padri, di tutti coloro che in Israele possono andare in guerra«. Così Mosè e il sacerdote Eleazar parlarono loro nelle pianure di Moab presso il Giordano sulla sponda opposta a Gerico, dicendo: »Si faccia il censimento della gente dall’età di venti anni in su, come l’Eterno ha ordinato a Mosè e ai figli d’Israele, quando uscirono dal paese d’Egitto«. Ruben era il primogenito d’Israele. I figli di Ruben furono: Hanok da cui discende la famiglia degli Hanokiti; Pallu, da cui discende la famiglia dei Palluiti; Hetsron, da cui discende la famiglia degli Hetsroniti; Karmi da cui discende la famiglia dei Karmiti. Queste sono le famiglie dei Rubeniti: quelli tra loro recensiti furono quarantatremila settecentotrenta. Il figlio di Pallu fu Eliab. I figli di Eliab furono: Nemuel, Dathan ed Abiram. Questi sono quel Dathan e quell’Abiram, membri del consiglio, che si ribellarono contro Mosè e contro Aaronne con la gente di Kore, quando si ribellarono contro l’Eterno; e la terra aperse la sua bocca e li inghiottì insieme a Kore quando quella gente perì, e il fuoco divorò duecentocinquanta uomini, che servirono come segno di monito. Ma i figli di Kore non perirono. I figli di Simeone secondo le loro famiglie furono: da Nemuel, la famiglia dei Nemueliti; da Jamin, la famiglia dei Jaminiti; da Jakin, la famiglia dei Jakiniti; da Zerah la famiglia degli Zerahiti; da Saul, la famiglia dei Sauliti. Queste sono le famiglie dei Simeoniti: ventiduemiladuecento. I figli di Gad secondo le loro famiglie furono: da Tsefon, la famiglia degli Tsefoniti; da Hagghi, la famiglia degli Hagghiti; da Shuni, la famiglia degli Shuniti; da Ozni, Ia famiglia degli Ozniti; da Eri, la famiglia degli Eriti; da Arod, la famiglia degli Aroditi; da Areli, la famiglia degli Areliti. Queste sono le famiglie dei figli di Gad, in base a quelli tra loro recensiti: quarantamilacinquecento. I figli di Giuda furono: Er e Onan; ma Er e Onan morirono nel paese di Canaan. I figli di Giuda secondo le loro famiglie furono: da Scelah, la famiglia degli Scelaniti; da Perets, la famiglia dei Peretsiti; da Zerah, la famiglia degli Zerahiti. I figli di Perets furono: da Hetsron, la famiglia degli Hetsroniti; da Hamul la famiglia degli Hamuliti. Queste sono le famiglie di Giuda in base a quelli tra loro recensiti: settantaseimilacinquecento. I figli di Issacar secondo le loro famiglie furono: da Tola la famiglia dei Tolaiti; da Puvah, la famiglia dei Puviti; da Jashub, la famiglia degli Jashubiti; da Scimron, la famiglia degli Scimroniti. Queste sono le famiglie di Issacar in base a quelli tra loro recensiti: sessantaquattromilatrecento. I figli di Zabulon secondo le loro famiglie furono: da Sered, la famiglia dei Sarditi; da Elon, la famiglia degli Eloniti; da Jahleel, la famiglia degli Jahleeliti. Queste sono le famiglie degli Zabuloniti in base a quelli tra loro recensiti: sessantamilacinquecento. I figli di Giuseppe secondo le loro famiglie furono: Manasse ed Efraim. I figli di Manasse furono: da Makir, la famiglia dei Makiriti. Makir generò Galaad; da Galaad, la famiglia dei Galaaditi. Questi sono i figli di Galaad: da Jezer, la, famiglia degli Jezeriti; da Helek la famiglia degli Helekiti; da Asriel, la famiglia degli Asrieliti; da Scekem, la famiglia degli Scekemiti; da Scemida, la famiglia dei Scemidaiti; da Hefer la famiglia degli Heferiti. Or Tselofehad, figlio di Hefer, non ebbe maschi ma soltanto delle figlie; e i nomi delle figlie di Tselofehad furono: Mahlah, Noah, Hoglah, Milkah e Thirtsah. Queste sono le famiglie di Manasse; quelli tra loro recensiti furono cinquantaduemila settecento. Questi sono i figli di Efraim secondo le loro famiglie; da Shuthelah, la famiglia dei Shuthelahiti; da Beker, la famiglia dei Bekeriti; da Tahan, la famiglia dei Tahaniti. Questi sono i figli di Shuthelah: da Eran, la famiglia degli Eraniti. Queste sono le famiglie dei figli di Efraim in base a quelli tra loro recensiti: trentaduemilacinquecento. Questi sono i figli di Giuseppe secondo le loro famiglie. I figli di Beniamino secondo le loro famiglie furono: da Bela, la famiglia dei Belaiti; da Ashbel la famiglia degli Ashbeliti; da Ahiram la famiglia degli Ahiramiti; da Shufam, la famiglia degli Shufamiti; da Hufam, la famiglia degli Hufamiti. I figli di Bela, furono: Ard e Naaman; da Ard, la famiglia degli Arditi; da Naaman, la famiglia dei Naamiti. Questi sono i figli di Beniamino secondo le loro famiglie. Quelli tra loro recensiti furono quarantacinquemilaseicento. Questi sono i figli di Dan secondo le loro famiglie: da Shuham, la famiglia degli Shuhamiti. Questi sono i figli di Dan secondo le loro famiglie. Il totale delle famiglie degli Shuhamiti in base a quelli tra loro recensiti fu: sessantaquattromila quattrocento. I figli di Ascer secondo le loro famiglie furono: da Jimna, la famiglia degli Jimniti; da Jishvi, la famiglia degli Jishviti; da Beriah, la famiglia dei Beriaiti. Dai figli di Beriah: da Heber, la famiglia degli Heberiti; da Malkiel, la famiglia dei Malkieliti. Il nome della figlia di Ascer era Serah. Queste sono le famiglie dei figli di Ascer in base a quelli tra loro recensiti: cinquantatremilaquattrocento. I figli di Neftali secondo le loro famiglie furono: da Jahtseel, la famiglia dei Jahtseeliti; da Guni, la famiglia dei Guniti; da Jetser, la famiglia degli Jetseriti; da Scillem, la famiglia degli Scillemiti. Queste sono le famiglie di Neftali secondo le loro famiglie. Quelli tra loro recensiti furono quarantacinquemilaquattrocento. Questi furono quelli recensiti tra i figli d’Israele: seicentounomila settecentotrenta. Allora l’Eterno parlò a Mosè dicendo: »Il paese sarà diviso tra di loro come eredità, secondo il numero delle persone. A quelli che sono in maggior numero darai in eredità una porzione maggiore; a quelli che sono in minor numero darai una porzione minore; si darà a ciascuno la sua porzione in base a quelli tra loro recensiti. Ma la ripartizione del paese sarà fatta a sorte; essi riceveranno la loro eredità in base ai nomi delle loro tribù paterne. La ripartizione della eredità sarà fatta a sorte fra tutte le tribù, grandi e piccole«. E questi furono quelli recensiti dei Leviti, secondo le loro famiglie: da Gershon, la famiglia dei Ghershoniti; da Kohath, la famiglia dei Kohathiti; da Merari, la famiglia dei Merariti. Queste sono le famiglie di Levi: la famiglia dei Libniti, la famiglia degli Hebroniti, la famiglia dei Mahliti, la famiglia dei Musciti, la famiglia dei Korahiti. E Kohath generò Amram. Il nome della moglie di Amram era Jokebed, figlia di Levi che nacque a Levi in Egitto; ad Amram essa partorì Aaronne, Mosè e Miriam loro sorella. Ad Aaronne nacquero Nadab e Abihu, Eleazar e Ithamar. Or Nadab e Abihu morirono quando presentarono all’Eterno fuoco illecito. Quelli tra loro recensiti furono ventitremila: tutti maschi dall’età di un mese in su. Essi non furono recensiti con gli altri figli d’Israele, perché non fu loro data alcuna eredità tra i figli d’Israele. Questi sono quelli recensiti da Mosè e dal sacerdote Eleazar, che recensirono i figli d’Israele nelle pianure di Moab presso il Giordano sulla sponda opposta a Gerico. Fra questi non vi era alcuno di quelli recensiti da Mosè e dal sacerdote Aaronne, quando essi recensirono i figli d’Israele nel deserto di Sinai. Poiché l’Eterno aveva detto di loro: »Essi moriranno, moriranno nel deserto!«. E di loro non rimase neppure uno, ad eccezione di Caleb, figlio di Jefunneh, e di Giosuè figlio di Nun. Poi si avvicinarono le figlie di Tselofehad, figlio di Hefer, figlio di Galaad, figlio di Makir, figlio di Manasse, delle famiglie di Manasse, figlio di Giuseppe; e questi sono i nomi delle figlie: Mahlah, Noah, Hoglah, Milah e Thirtsah. e si presentarono davanti a Mosè, davanti al sacerdote Eleazar, davanti ai principi e a tutta l’assemblea all’ingresso della tenda di convegno e dissero: »Nostro padre morì nel deserto, ma non fu nel gruppo di coloro che si radunarono contro l’Eterno nel gruppo di Kore, ma morì a motivo del suo peccato senza avere figli. Perché dovrebbe il nome di nostro padre scomparire dal mezzo della sua famiglia per non aver avuto figli? Dacci una proprietà in mezzo ai fratelli di nostro padre«. Allora Mosè portò la loro causa davanti all’Eterno. E l’Eterno parlò a Mosè dicendo: »Le figlie di Tselofehad dicono bene. Si, tu darai loro in eredità una proprietà tra i fratelli di loro padre e farai passare ad esse l’eredità di loro padre. parlerai pure ai figli d’Israele e dirai: »Quando uno muore senza lasciare alcun figlio, farete passare la sua eredità a sua figlia. Se non ha alcuna figlia, darete la sua eredità ai suoi fratelli. Se non ha fratelli, darete la sua eredità ai fratelli di suo padre. Se poi suo padre non ha alcun fratello, darete la sua eredità al parente più stretto nella sua famiglia; ed egli la possederà". Questo sarà per i figli d’Israele una forma di diritto, come l’Eterno ha ordinato a Mosè«. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Sali su questo monte Abarim e contempla il paese che io do ai figli d’Israele. Dopo averlo visto, anche tu sarai riunito al tuo popolo, come fu riunito Aaronne tuo fratello, perché vi ribellaste al mio comando nel deserto di Tsin quando l’assemblea contese, e non mi santificaste alle acque davanti ai loro occhi«. (Queste sono le acque di Meriba a Kadesh, nel deserto di Sin). Mosè quindi parlò all’Eterno, dicendo: »L’Eterno, il DIO degli spiriti di ogni carne, costituisca su questa assemblea un uomo che esca davanti a loro ed entri davanti a loro, e li faccia uscire e li faccia entrare, affinché l’assemblea dell’Eterno non sia come un gregge senza pastore«. Allora l’Eterno disse a Mosè: »Prendi Giosuè, figlio di Nun, uomo in cui è lo Spirito, e posa la tua mano su di lui; poi lo farai comparire davanti al sacerdote Eleazar e davanti a tutta l’assemblea e gli darai gli ordini in loro presenza, e lo farai partecipe della tua autorità, affinché tutta l’assemblea dei figli d’Israele gli obbedisca. Egli si presenterà davanti al sacerdote Eleazar, che consulterà per lui il giudizio dell’Urim davanti all’Eterno; al suo ordine usciranno e al suo ordine entreranno, lui e tutti i figli d’Israele con lui, tutta l’assemblea«. Così Mosè fece come l’Eterno gli aveva ordinato; prese Giosuè e lo fece comparire davanti al sacerdote Eleazar e davanti a tutta l’assemblea; poi posò le sue mani su di lui e gli diede gli ordini, come l’Eterno aveva comandato per mezzo di Mosè. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Da’ quest’ordine ai figli d’Israele e di’ loro: Avrete cura di presentarmi al tempo stabilito la mia offerta, il cibo dei miei sacrifici fatti col fuoco, come odore soave a me. E dirai loro: Questo è il sacrificio fatto col fuoco, che offrirete all’Eterno: due agnelli al giorno di un anno senza difetti, come olocausto perpetuo. Un agnello lo offrirai al mattino, mentre l’altro agnello lo offrirai sull’imbrunire; e, come oblazione di cibo, un decimo d’efa di fior di farina, mescolata con un quarto di hin di olio vergine. E’ un olocausto perpetuo, stabilito sul monte Sinai, un sacrificio fatto col fuoco, in odore soave all’Eterno. La sua libazione sarà di un quarto di hin per ciascun agnello; verserai la libazione di bevanda inebriante all’Eterno nel luogo santo. L’altro agnello l’offrirai sull’imbrunire; l’offrirai come l’oblazione di cibo del mattino e la sua libazione; è un sacrificio fatto col fuoco, in odore soave all’Eterno. Nel giorno di sabato offrirete due agnelli di un anno, senza difetto e, come oblazione di cibo, due decimi di fior di farina mescolata con olio con la sua libazione. E l’olocausto del sabato, per ogni sabato, otre l’olocausto perpetuo e la sua libazione. Al principio dei vostri mesi offrirete come olocausto all’Eterno due torelli, un montone, sette agnelli dell’anno senza difetti e tre decimi di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo per ciascun torello, due decimi di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo per il montone, e un decimo di fior di farina mescolata con olio, come oblazione di cibo per ogni agnello. E’ un olocausto di odore soave, un sacrificio fatto col fuoco all’Eterno. Le libazioni saranno di un mezzo hin di vino per torello, di un terzo di hin per montone e di un quarto di hin per agnello. Questo è l’olocausto di ogni mese, per tutti i mesi dell’anno. E si offrirà all’Eterno un capretto come sacrificio per il peccato, oltre l’olocausto perpetuo e la sua libazione. Nel quattordicesimo giorno del primo mese sarà la Pasqua in onore dell’Eterno. E il quindicesimo giorno di quel mese sarà festa. Per sette giorni si mangerà pane senza lievito. Il primo giorno vi sarà una santa convocazione; non farete alcun lavoro servile, ma offrirete come sacrificio fatto col fuoco, un olocausto all’Eterno: due torelli, un montone e sette agnelli di un anno, i quali devono essere senza difetto, con la loro oblazione di cibo di fior di farina mescolata con olio; ne offrirete tre decimi per torello e due decimi per montone; ne offrirai un decimo per ciascuno dei sette agnelli, e offrirai un capro come sacrificio per il peccato, per fare l’espiazione per voi. Offrirete questi sacrifici oltre l’olocausto del mattino, che è un olocausto perpetuo. Così offrirete ogni giorno, per sette giorni, il cibo del sacrificio fatto col fuoco, di odore soave all’Eterno. Lo si offrirà oltre l’olocausto perpetuo con la sua libazione". Nel settimo giorno avrete una santa convocazione; non farete alcun lavoro servile. Il giorno delle primizie, quando presenterete all’Eterno una nuova oblazione di cibo, alla vostra festa delle settimane, avrete una santa convocazione; non farete alcun lavoro servile. Allora offrirete, come olocausti di odore soave all’Eterno, due torelli, un montone e sette agnelli di un anno, con la loro oblazione di cibo di fior di farina mescolata con olio; tre decimi per ciascun torello, due decimi per il montone, e un decimo per ciascuno dei sette agnelli; offrirete anche un capretto per fare l’espiazione per voi. Offrirete questi sacrifici, oltre l’olocausto perpetuo con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni. Devono essere animali senza difetto. Nel settimo mese, nel primo giorno del mese avrete una santa convocazione; non farete alcun lavoro servile; sarà per voi il giorno del suono delle trombe. Offrirete come olocausto di odore soave all’Eterno, un torello, un montone e sette agnelli di un anno senza difetto, con la loro oblazione di cibo di fior di farina, mescolata con olio: tre decimi per il torello, due decimi per il montone, e un decimo per ciascuno dei sette agnelli; e un capretto, come sacrificio per il peccato, per fare l’espiazione per voi, oltre all’olocausto del mese con la sua oblazione di cibo, all’olocausto perpetuo con la sua oblazione di cibo, secondo le norme stabilite. Sarà un sacrificio fatto col fuoco, di odore soave all’Eterno. Il decimo giorno di questo settimo mese avrete una santa convocazione e umilierete le anime vostre; non farete alcun lavoro, e offrirete come olocausto di odore soave all’Eterno, un torello, un montone e sette agnelli di un anno, che devono essere senza difetto, con la loro oblazione di cibo di fior di farina, mescolata con olio: tre decimi per il torello, due decimi per il montone, un decimo per ciascuno dei sette agnelli, e un capretto come sacrificio per il peccato, oltre al sacrificio d’espiazione, all’olocausto perpetuo con la sua oblazione e alle loro libazioni. Il quindicesimo giorno del settimo mese avrete una santa convocazione; non farete alcun lavoro servile e celebrerete una festa all’Eterno per sette giorni Offrirete in olocausto, come sacrificio fatto mediante il fuoco di odore soave all’Eterno, tredici torelli, due montoni e quattordici agnelli di un anno, che devono essere senza difetto, con la loro oblazione di cibo di fior di farina, mescolata con olio: tre decimi per ciascuno dei tredici torelli due decimi per ciascuno dei due montoni, un decimo per ciascuno dei quattordici agnelli, e un capretto come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo, alla sua oblazione e alla sua libazione. Il secondo giorno offrirete dodici torelli, due montoni e quattordici agnelli di un anno senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per i torelli, i montoni e gli agnelli in base al loro numero, secondo le norme stabilite, e un capretto come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo alla sua oblazione di cibo e alle loro libazioni. Il terzo giorno offrirete undici torelli due montoni e quattordici agnelli di un anno, senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per i torelli, i montoni e gli agnelli, in base al loro numero, secondo le norme stabilite; e un capro come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione. Il quarto giorno offrirete dieci torelli, due montoni e quattordici agnelli di un anno, senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per i torelli, i montoni e gli agnelli, in base al loro numero secondo le norme stabilite, e un capretto, come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo, alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione. Il quinto giorno offrirete nove torelli, due montoni e quattordici agnelli di un anno, senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per i torelli, i montoni e gli agnelli, in base al loro numero, secondo le norme stabilite, e un capro, come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione. Il sesto giorno offrirete otto torelli, due montoni e quattordici agnelli di un anno, senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per i torelli, i montoni e gli agnelli, in base al loro numero, secondo le norme stabilite, e un capro, come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo, alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione. Il settimo giorno offrirete sette torelli, due montoni e quattordici agnelli di un anno, senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per i torelli, i montoni e gli agnelli, in base al loro numero, secondo le norme stabilite, e un capro, come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo, alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione. L’ottavo giorno avrete una solenne assemblea; non farete alcun lavoro servile, e offrirete in olocausto, come sacrificio perpetuo fatto col fuoco di odore soave all’Eterno, un torello, un montone e sette agnelli di un anno, senza difetto, con la loro oblazione di cibo e le loro libazioni per il torello, il montone e gli agnelli, in base al loro numero, secondo le norme stabilite, e un capro, come sacrificio per il peccato, oltre all’olocausto perpetuo, alla sua oblazione di cibo e alla sua libazione. Questi sono i sacrifici che offrirete all’Eterno nelle vostre feste stabilite, (oltre alle offerte per i vostri voti e alle vostre offerte volontarie) come vostri olocausti e vostre oblazioni e come libazioni e vostri sacrifici di ringraziamento«. E Mosè riferì ai figli d’Israele tutto ciò che l’Eterno gli aveva ordinato. Poi Mosè parlò ai capi delle tribù dei figli d’Israele, dicendo: »Questo è ciò che l’Eterno ha ordinato: "Quando uno fa un voto all’Eterno o contrae un’obbligazione con giuramento, non violerà la sua parola, ma farà tutto ciò che è uscito dalla sua bocca. Quando una donna fa un voto all’Eterno e si lega con un’obbligazione mentre è ancora in casa del padre, durante la sua giovinezza, se il padre saputo del suo voto e dell’obbligazione a cui si è legata, non dice nulla in merito, tutti i suoi voti rimarranno validi e rimarranno valide tutte le obbligazioni a cui si è legata. Ma se il padre, il giorno che viene a saperlo, le si oppone, tutti i suoi voti e tutte le obbligazioni a cui si è legata, non saranno validi; e l’Eterno la perdonerà, perché il padre le si è opposto. Se dovesse invece maritarsi mentre è legata dai voti o da una obbligazione contratta sconsideratamente con le proprie labbra, se il marito lo sa e il giorno che viene a saperlo non dice nulla in merito, i suoi voti rimarranno validi e rimarranno valide le obbligazioni a cui si è legata. Ma se il marito, il giorno che viene a saperlo le si oppone, egli annullerà il voto che ella ha fatto e l’obbligazione contratta sconsideratamente con le proprie labbra; e l’Eterno la perdonerà. Ma il voto di una vedova o di una donna ripudiata, qualunque sia l’obbligazione a cui si è legata, rimarrà valido. Se ella fa un voto nella casa di suo marito, o ha contratto un’obbligazione con giuramento, e il marito lo ha saputo, se il marito non dice nulla in merito e non le si oppone, tutti i suoi voti rimarranno validi e rimarranno valide tutte le obbligazioni a cui si è legata. Ma se il marito, il giorno che viene a saperlo li annulla, tutto ciò che è uscito dalle labbra, siano voti obbligazioni a cui si è legata, non sarà valido il marito li ha annullati; e l’Eterno la perdonerà. Il marito può confermare e il marito può annullare qualunque voto e qualunque giuramento vincolante, che mira a mortificare la sua persona. Ma se il marito, giorno dopo giorno, non dice nulla in merito, egli conferma in questo modo tutti i suoi voti e tutte le obbligazioni a cui si è legata; li conferma, perché non ha detto nulla in merito il giorno che è venuto a saperlo. Ma se li annulla dopo averlo saputo, porterà il peso del peccato della moglie"«. Questi sono gli statuti che l’Eterno prescrisse a Mosè, in merito alle relazioni tra marito e moglie, e tra padre e figlia, mentre ella è ancora fanciulla in casa di suo padre. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Vendica i figli d’Israele contro i Madianiti; poi sarai riunito al tuo popolo«. Allora Mosè parlò al popolo, dicendo: »Alcuni uomini fra di voi si armino per la guerra e marcino contro Madian per eseguire la vendetta dell’Eterno su Madian. Manderete in guerra mille uomini per tribù, di tutte le tribù d’Israele«. Così furono reclutati fra le divisioni d’Israele mille uomini per tribù, cioè dodicimila uomini, armati per la guerra. Mosè li mandò quindi in guerra, mille uomini per tribù, assieme a Finehas, figlio del sacerdote Eleazar, che aveva in mano gli strumenti sacri e le trombe d’allarme. E combatterono contro Madian come l’Eterno aveva ordinato a Mosè, e uccisero tutti i maschi. Assieme alle vittime a loro fatte, essi uccisero anche i re di Madian: Evi, Rekem, Tsur, Hur e Reba, i cinque re di Madian; uccisero pure con la spada Balaam, figlio di Beor. I figli d’Israele presero prigioniere anche le donne di Madian e i loro fanciulli, e depredarono tutto il loro bestiame, tutte le loro greggi e tutti i loro beni; poi incendiarono tutte le città dove abitavano e tutte le loro fortezze, e presero tutte le spoglie e tutta la preda, gente e bestiame; quindi portarono i prigionieri, la preda e le spoglie a Mosè, al sacerdote Eleazar e all’assemblea dei figli d’Israele, accampati nelle pianure di Moab, presso il Giordano, sulla sponda opposta a Gerico. Mosè, il sacerdote Eleazar e tutti i principi dell’assemblea uscirono ad incontrarli fuori dell’accampamento. Ma Mosè si adirò contro i comandanti dell’esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, che tornavano da quella spedizione di guerra. Mosè disse loro: »Avete lasciato in vita tutte le donne? Furono esse, dietro suggerimento di Balaam, a far peccare i figli d’Israele contro l’Eterno, nel fatto di Peor per cui scoppiò la calamità nell’assemblea dell’Eterno. Or dunque uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo, ma conservate in vita per voi tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti sessuali con uomini. Voi invece rimanete fuori dell’accampamento per sette giorni; chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato una persona uccisa, si purifichi nel terzo e nel settimo giorno; e questo tanto per voi che per i vostri prigionieri. Purificherete anche ogni veste ogni oggetto di pelle, ogni lavoro di pelo di capra e ogni utensile di legno«. Poi il sacerdote Eleazar disse ai soldati che erano andati alla guerra: »Questa è la norma di legge che l’Eterno ha prescritta a Mosè: solo l’oro, l’argento, il bronzo, il ferro, lo stagno e il piombo tutto ciò che resiste al fuoco, lo farete passare per il fuoco e sarà reso puro; ma sarà purificato anche con l’acqua di purificazione per l’impurità; invece tutto ciò che non può resistere al fuoco, o farete passare per l’acqua. E nel settimo giorno laverete le vostre vesti, e sarete puri; poi potrete entrare nell’accampamento«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: Tu col sacerdote Eleazar e con i capi-famiglia dell’assemblea, Fa’ il conto di tutto il bottino fatto, della gente e del bestiame; e dividi il bottino fra quelli che hanno preso parte alla guerra e che sono andati a combattere e tutta l’assemblea. Preleverai dagli uomini di guerra che sono andati a combattere un tributo per l’Eterno: cioè uno su cinquecento delle persone, della mandria, degli asini e del gregge. Lo prenderai dalla loro metà e lo darai al sacerdote Eleazar come un’offerta all’Eterno. E dalla metà che spetta ai figli d’Israele prenderai uno su cinquanta, delle persone, della mandria, degli asini e del gregge, di tutto il bestiame, e lo darai ai Leviti, che hanno la responsabilità del tabernacolo dell’Eterno«. E Mosè e il sacerdote Eleazar fecero come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. Or il bottino che rimaneva della razzia fatta dagli uomini di guerra consisteva in seicentosettantacinquemila pecore, settantaduemila buoi, sessantunomila asini, e trentaduemila persone in tutto, cioè di donne che non avevano avuto rapporti sessuali con uomini. La metà, cioè la parte per quelli che erano andati alla guerra, fu di trecentotrentasettemila cinquecento pecore, delle quali seicentosettantacinque per il tributo all’Eterno; trentaseimila buoi, dei quali settantadue per il tributo all’Eterno; trentamila cinquecento asini, dei quali sessantuno per il tributo all’Eterno; e sedicimila persone, delle quali trentadue per il tributo all’Eterno. Così Mosè diede il tributo, che era l’offerta elevata dell’Eterno, al sacerdote Eleazar, come l’Eterno gli aveva ordinato. La metà che spettava ai figli d’Israele, che Mosè aveva separato dalla parte che toccava agli uomini andati alla guerra, la metà che spettava all’assemblea, fu di trecentotrentasettemila cinquecento pecore, trentaseimila buoi, trentamilacinquecento asini, e sedicimila persone. Dalla metà che spettava ai figli d’Israele, Mosè prese uno su cinquanta, degli uomini e degli animali, e li diede ai Leviti che hanno la responsabilità del tabernacolo dell’Eterno, come l’Eterno aveva ordinato a Mosè. I comandanti delle migliaia dell’esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, si avvicinarono a Mosè; e loro dissero a Mosè: »I tuoi servi hanno fatto il conto degli uomini di guerra che erano ai nostri ordini, e non ne mancava neppure uno. Perciò noi portiamo, come offerta all’Eterno, quel che ciascuno ha trovato di oggetti d’oro: catenelle, braccialetti, anelli, orecchini e collane, per fare l’espiazione per noi davanti all’Eterno«. Così Mosè e il sacerdote Eleazar presero dalle loro mani tutti gli oggetti lavorati. Tutto l’oro dell’offerta che essi presentarono all’Eterno, da parte dei capi di migliaia e dei capi di centinaia, pesava sedicimilasettecentocinquanta sicli. (Or gli uomini dell’esercito tennero ognuno per sé il bottino che avevano fatto). Mosè e il sacerdote Eleazar presero quindi l’oro dai capi di migliaia e di centinaia e lo portarono nella tenda di convegno, come ricordo per i figli d’Israele davanti all’Eterno. Or i figli di Ruben e i figli di Gad, avevano una enorme quantità di bestiame; e quando videro che il paese di Jazer e il paese di Galaad erano un luogo adatto per allevare bestiame, i figli di Gad e i figli di Ruben vennero a parlare a Mosè, al sacerdote Eleazar e ai principi dell’assemblea, e dissero: »Ataroth, Dibon, Jaazer, Nimrah, Heshbon, Elealeh, Sebam, Nebo e Beon, il paese che l’Eterno ha colpito davanti all’assemblea d’Israele, è un paese adatto per allevare bestiame e i tuoi servi hanno del bestiame«. Dissero ancora: »Se abbiamo trovato grazia ai tuoi occhi, questo paese sia concesso in proprietà ai tuoi servi, e non farci passare il Giordano«. Ma Mosè rispose ai figli di Gad e ai figli di Ruben: Dovrebbero i vostri fratelli andare in guerra, mentre voi ve ne state qui? Perché mai vorreste scoraggiare il cuore dei figli d’Israele dall’entrare nel paese che l’Eterno ha loro dato? Così fecero i vostri padri, quando li mandai da Kadesh-Barnea per esplorare il paese. Salirono fino alla valle di Eshkol; e, dopo aver visto il paese, scoraggiarono il cuore dei figli d’Israele, e così essi non entrarono nel paese che l’Eterno aveva loro dato. Così l’ira dell’Eterno si accese in quel giorno ed egli giurò, dicendo: "Certamente nessuno degli uomini, che sono saliti dall’Egitto dall’età di vent’anni in su, vedrà mai il paese che giurai di dare ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe, perché essi non mi hanno seguito pienamente, ad eccezione di Caleb, figlio di Jefunneh, il Kenizeo, e di Giosuè, figlio di Nun, perché essi hanno seguito pienamente l’Eterno". Così l’ira dell’Eterno si accese contro Israele; ed egli li fece vagare nel deserto per quarant’anni, finchè tutta la generazione che aveva fatto il male gli occhi dell’Eterno fu distrutta. Ed ecco voi subentrate al posto dei vostri padri, genia di uomini peccatori, per accrescere ancor di più l’ardente ira dell’Eterno contro Israele. Perché se rifiutate di seguirlo, egli continuerà a lasciare Israele nel deserto, e voi farete perire tutto questo popolo«. Allora essi si avvicinarono a Mosè egli dissero: »Noi edificheremo qui dei recinti per il nostro bestiame e delle città per i nostri piccoli; ma noi siamo pronti a marciare armati in testa ai figli d’Israele, finchè li abbiamo condotti al loro luogo; nel frattempo i nostri piccoli dimoreranno nelle città fortificate a motivo degli abitanti del paese. Non torneremo alle nostre case finche ciascuno dei figli d’Israele sia entrato in possesso della sua eredità, perché non riceveremo alcuna eredità con loro al di là del Giordano ed oltre, Poiché la nostra eredità ci è toccata da questa parte del Giordano, a est«. Allora Mosè disse loro: »Se fate questo, se vi armate per la guerra davanti all’Eterno, e tutti gli uomini armati di voi passeranno il Giordano davanti all’Eterno, finché egli abbia scacciato i suoi nemici dalla sua presenza e la terra sia soggiogata davanti all’Eterno, e dopo questo tornate indietro, allora non sarete colpevoli di fronte all’Eterno e di fronte a Israele, e questo paese sarà vostra proprietà davanti all’Eterno. Ma se non fate così, allora peccherete contro l’Eterno; e state pur certi che il vostro peccato vi ritroverà. Costruite delle città per i vostri piccoli e dei recinti per le vostre greggi, e fate ciò che la vostra bocca ha proferito«. E i figli di Gad e i figli di Ruben parlarono a Mosè, dicendo: »I tuoi servi faranno come il mio signore comanda. I nostri piccoli, le nostre mogli, le nostre greggi e tutto il nostro bestiame rimarranno qui nelle città di Galaad; ma i tuoi servi, tutti gli uomini armati per la guerra, passeranno il Giordano per combattere davanti all’Eterno, come dice il mio signore«. Allora Mosè diede ordini per loro al sacerdote Eleazar, a Giosuè figlio di Nun e ai capi-famiglia delle tribù dei figli d’Israele. Mosè disse loro: »Se i figli di Gad e i figli di Ruben passano con voi il Giordano, tutti gli uomini armati per combattere davanti all’Eterno, e il paese sarà soggiogato davanti a voi, darete loro in proprietà il paese di Galaad. Ma se non passano il Giordano armati con voi, avranno delle proprietà in mezzo a voi nel paese di Canaan«. Allora i figli di Gad e i figli di Ruben risposero dicendo: »Faremo come l’Eterno ha detto ai tuoi servi. Passeremo il Giordano armati davanti all’Eterno nel paese di Canaan affinché il possesso della nostra eredità rimanga per noi da questa parte del Giordano«. Mosè dunque diede ai figli di Gad, ai figli di Ruben e alla metà della tribú di Manasse, figlio di Giuseppe, il regno di Sihon, re degli Amorei, e il regno di Og, re di Bashan, il paese con le sue città e i suoi territori, e le città del paese circostante. Così i figli di Gad costruirono Dibon, Ataroth, Aroer, Atroth-Shofan, Jaazer, Jogbehah, Beth-Nimrah e Beth-Aran, città fortificate, e recinti per le greggi. I figli di Ruben costruirono Heshbon, Elealeh, Kirjathaim, Nebo e Baal-Meon (i loro nomi sono stati cambiati) e Sibmah; e diedero altri nomi alle città che costruirono. E i figli di Makir, figlio di Manasse, andarono nel paese i Galaad, lo presero e ne scacciarono gli Amorei che vi abitavano. Mosè dunque diede Galaad a Makir figlio di Manasse, che vi si stabilì. Jair, figlio di Manasse, andò e prese i loro villaggi, e li chiamò Havvoth-Jair. Nobah invece andò e prese Kenath con i suoi sobborghi e la chiamò Nobah secondo il suo proprio nome. Queste sono le tappe dei figli d’Israele che uscirono dal paese d’Egitto, secondo le loro schiere, sotto la guida di Mosè e di Aaronne. Or Mosè mise per scritto i loro luoghi di partenza, tappa per tappa, per ordine dell’Eterno; e queste sono le loro tappe, in base ai loro luoghi di partenza. Partirono da Rameses nel primo mese, il quindicesimo giorno del primo mese. Il giorno dopo la Pasqua i figli d’Israele partirono pieni di baldanza, sotto gli occhi di tutti gli Egiziani, mentre gli Egiziani seppellivano tutti i loro primogeniti che l’Eterno aveva colpito fra di loro. L’Eterno aveva eseguito il suo giudizio anche sui loro dèi. I figli d’Israele partirono dunque da Rameses e si accamparono a Sukkoth. Partirono da Sukkoth e si accamparono a Etham, che è ai margini del deserto. Partirono da Etham e ripiegarono su Pi-Hahiroth che è di fronte a Baal-Tsefon, e si accamparono davanti a Migdol. Partirono da Hahiroth, attraversarono il mare in direzione del deserto, fecero tre giorni di cammino nel deserto di Etham e si accamparono a Mara. Partirono da Mara e giunsero ad Elim; ad Elim c’erano dodici sorgenti d’acqua e settanta palme; e là si accamparono. Partirono da Elim e si accamparono presso il Mar Rosso. Partirono dal Mar Rosso e si accamparono nel deserto di Sin. Partirono dal deserto di Sin e si accamparono a Dofkah. Partirono da Dofkah e si accamparono ad Alush. Partirono da Alush e si accamparono a Refidim, dove non c’era acqua da bere per il popolo. Partirono da Refidim e si accamparono nel deserto del Sinai. Partirono dal deserto del Sinai e si accamparono a Kibroth-Hattaavah. Partirono da Kibroth-Hattaavah e si accamparono a Hatseroth. Partirono da Hatseroth e si accamparono a Rithmah. Partirono da Rithmah e si accamparono a Rimmon-Perets. Partirono da Rimmon-Perets e si accamparono a Libnah. Partirono da Libnah e si accamparono a Rissah. Partirono da Rissah e si accamparono a Kehelathah. Partirono da Kehelathah e si accamparono al monte Scefer. Partirono dal monte di Scefer e si accamparono a Haradah. Partirono dal monte di Haradah e si accamparono a Makheloth. Partirono da Makheloth e si accamparono a Tahath. Partirono da Tahath e si accamparono a Terah. Partirono da Terah e si accamparono a Mithkah. Partirono da Mithkah e si accamparono a Hashmonah. Partirono da Hashmonah e si accamparono a Moseroth. Partirono da Moseroth e si accamparono a Bene-Jaakan. Partirono da Bene-Jaakan e si accamparono a Hor-Haghidgad. Partirono da Hor-Haghidgad e si accamparono a Jotbathah. Partirono da Jotbathah e si accamparono a Abronah. Partirono da Abronah e si accamparono a Etsion-Gheber. Partirono da Etsion-Gheber e si accamparono nel deserto di Sin cioè a Kadesh. Poi partirono da Kadesh e si accamparono al monte Hor ai margini del paese di Edom. Quindi il sacerdote Aaronne salì sul monte Hor per ordine dell’Eterno e là morì nel quarantesimo anno da quando i figli d’Israele erano usciti dal paese d’Egitto, il primo giorno del quinto mese. Aaronne aveva centoventitré anni quando morì sul monte Hor. Or I re di Arad, il Cananeo, che abitava nel Neghev, nel paese di Canaan, udì dell’arrivo dei figli d’Israele Così essi partirono dal monte Hor e si accamparono a Tsalmonah. Partirono da Tsalmonah e si accamparono a Punon. Partirono da Punon e si accamparono a Oboth. Partirono da Oboth e si accamparono a Ije-Abarim al confine di Moab. Partirono da Ije-Abarim e si accamparono a Dibon-Gad. Partirono da Dibon-Gad e si accamparono a Almon-Diblathaim. Partirono da Almon-Diblathaim e si accamparono sui monti Abarim, di fronte al Nebo. Partirono dai monti Abarim e si accamparono nelle pianure di Moab, presso il Giordano sulla sponda opposta a Gerico. Si accamparono presso il Giordano, da Beth-Jescimoth fino ad Abel-Shittim nelle pianure di Moab. Poi l’Eterno parlò a Mosè nelle pianure di Moab, presso al Giordano sulla sponda opposta a Gerico, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando passerete il Giordano, per entrare nel paese di Canaan, scaccerete davanti a voi tutti gli abitanti del paese, distruggerete tutte le loro immagini, distruggerete tutte le loro statue di metallo fuso e demolirete tutti i loro alti luoghi. Prenderete possesso del paese e in esso vi stabilirete, perché io vi ho dato il paese in proprietà. Dividerete il paese a sorte, secondo le vostre famiglie. Alle piú grandi darete una porzione maggiore, e alle piú piccole darete una porzione minore. Ognuno avrà quello che gli sarà toccato a sorte; le spartizioni verranno fatte in base alle tribú dei vostri padri. Ma se non scacciate davanti a voi gli abitanti del paese, quelli di loro da voi lasciati, saranno per voi come spine negli occhi e pungoli nei fianchi e vi molesteranno nel paese che abiterete. E avverrà che io tratterò voi come mi ero proposto di trattare loro«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Comanda ai figli d’Israele e di’ loro: Quando entrerete nel paese di Canaan, questo è il paese che vi toccherà in eredità, il paese di Canaan con questi particolari confini: La vostra frontiera meridionale avrà inizio dal deserto di Tsin, lungo il confine di Edom; così la vostra frontiera meridionale si estenderà dalla estremità del mar Salato, verso oriente; la vostra frontiera volgerà poi dal sud della salita di Akrabbim, passerà per Tsin e si estenderà a mezzogiorno di Kadesh-Barnea; continuerà poi verso Hatsar-Addar e passerà per Atsmon. Da Atsmon la frontiera girerà fino al torrente d’Egitto e finirà al mare. La vostra frontiera a occidente sarà il Mar Grande; questa sarà la vostra frontiera occidentale. Questa invece sarà la vostra frontiera settentrionale: partendo dal Mar Grande traccerete la vostra frontiera fino al monte Hor, dal monte Hor traccerete la vostra frontiera fino all’ingresso di Hamath e l’estremità della frontiera sarà a Tsedad; la frontiera continuerà poi fino a Zifron, per finire a Hatsar-Enan; questa sarà la vostra frontiera settentrionale. Traccerete la vostra frontiera orientale da Hatsar-Enan a Scefam; la frontiera scenderà da Scefam verso Riblah, a est di Ain; poi la frontiera scenderà e si estenderà fino a toccare la sponda orientale del mare di Kinnereth; la frontiera scenderà quindi verso il Giordano, per finire al Mar Salato. Questo sarà il vostro paese con le sue frontiere tutt’intorno«. Così Mosè trasmise quest’ordine ai figli d’Israele e disse loro: »Questo è il paese che riceverete in eredità tirando a sorte, e che l’Eterno ha comandato di dare alle nove tribú e mezzo, poiché le tribú dei figli di Ruben, in base alle case dei loro padri, e la tribú dei figli di Gad, in base alle case dei loro padri, e la mezza tribú di Manasse hanno ricevuto la loro eredità. Queste due tribú e mezzo hanno ricevuto la loro eredità a est del Giordano, sulla sponda opposta a Gerico, verso oriente«. L’Eterno parlò ancora a Mosè, dicendo: »Questi sono i nomi degli uomini che spartiranno il paese fra di voi: il sacerdote Eleazar e Giosuè, figlio di Nun. Prenderete anche un principe di ogni tribú, per fare la spartizione del paese. Questi sono i nomi degli uomini della tribú di Giuda, Caleb, figlio di Jefunneh; della tribú dei figli di Simeone, Scemuel, figlio di Ammihud; della tribú di Beniamino, Elidad, figlio di Kislon; della tribú dei figli di Dan, il principe Bukki, figlio di Jogli; per i figli di Giuseppe, della tribú dei figli di Manasse, il principe Hanniel, figlio di Efod; e della tribú dei figli di Efraim, il principe Kemuel, figlio di Sciftan; della tribú dei figli di Zabulon, il principe Elitsafan, figlio di Parnak; della tribú dei figli di Issacar, il principe Paltiel, figlio di Azzan; della tribú dei figli di Ascer, il principe Ahihud, figlio di Scelomi; e della tribú dei figli di Neftali, il principe Pedahel, figlio di Ammihud«. Queste sono le persone alle quali l’Eterno ordinò di assegnare l’eredità ai figli d’Israele nel paese di Canaan. L’Eterno parlò ancora a Mosè nelle pianure di Moab presso il Giordano, sulla sponda opposta a Gerico, dicendo: Ordina ai figli d’Israele che, della eredità che possederanno, diano ai Leviti delle città da abitare; darete pure ai Leviti dei terreni da pascolo intorno alle città. Ed essi avranno le città per abitarvi, mentre i terreni da pascolo serviranno per il loro bestiame, per i loro beni e per tutti i loro animali. I terreni da pascolo delle città che darete ai Leviti si estenderanno dalle mura della città verso l’esterno per mille cubiti, tutt’intorno. Misurerete dunque, fuori della città, duemila cubiti dal lato est, duemila cubiti dal lato sud, duemila cubiti dal lato ovest e duemila cubiti dal lato nord; la città sarà in mezzo. Questi sono i terreni da pascolo attorno alle città che apparterranno ai Leviti. Fra le città che darete ai Leviti voi designerete sei città di rifugio, alle quali possa fuggire chi ha ucciso qualcuno; e a queste aggiungerete altre quarantadue città. Tutte le città che darete ai Leviti saranno dunque quarantotto, assieme ai terreni da pascolo. Le città che darete ai Leviti proverranno dalla proprietà dei figli d’Israele; dalle tribù piú grandi ne prenderete di piú, dalle tribù piú piccole ne prenderete di meno; ciascuna tribù darà ai Leviti qualcuna delle sue città, in proporzione della eredità che le sarà toccata. Poi l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: Quando passerete il Giordano per entrare nel paese di Canaan, designerete delle città che siano per voi delle città di rifugio, dove possa fuggire l’omicida che ha ucciso qualcuno involontariamente. Queste città vi serviranno di rifugio contro il vendicatore perché l’omicida non sia messo a morte prima di essere comparso in giudizio davanti all’assemblea. Delle città che darete, sei saranno dunque per voi città di rifugio. Darete tre città nella parte est del Giordano, e darete tre città nel paese di Canaan; esse saranno città di rifugio. Queste sei città serviranno di rifugio per i figli d’Israele, per lo straniero e per colui che risiede fra di voi, affinché chiunque ha ucciso qualcuno involontariamente possa rifugiarvisi. Ma se uno colpisce un altro con uno strumento di ferro, e quello muore, quel tale è un omicida; l’omicida sarà Messo a Morte. E se lo colpisce con una pietra che aveva in mano, che può causare la morte, e il colpito muore, quel tale è un omicida; l’omicida sarà messo a morte. O se lo colpisce con uno strumento di legno che aveva in mano, che può causare la morte, e il colpito muore, quel tale è un omicida; l’omicida sarà messo a morte. Sarà il vendicatore del sangue stesso a mettere a morte l’omicida; quando lo incontrerà lo ucciderà. Se uno dà a un altro una spinta per odio o gli lancia contro qualcosa intenzionalmente, e quello muore, o lo colpisce per inimicizia con la propria mano, e quello muore, chi ha colpito sarà messo a morte; è un omicida; il vendicatore del sangue ucciderà l’omicida quando lo incontrerà. Se però in un momento gli dà una spinta senza inimicizia, o gli lancia contro qualcosa ma non intenzionalmente, o se, senza vederlo, gli fa cadere addosso una pietra che può causare la morte, e quello muore, senza che l’altro gli fosse nemico o cercasse il suo male allora l’assemblea giudicherà fra colui che ha colpito e il vendicatore del sangue in base a queste norme. L’assemblea libererà l’omicida dalle mani del vendicatore del sangue e lo farà tornare alla città di rifugio dove era fuggito, e là egli abiterà fino alla morte del sommo sacerdote che fu unto con l’olio santo. Ma se l’omicida in qualsiasi momento esce dai confini della città di rifugio dove era fuggito, e il vendicatore del sangue trova l’omicida fuori dei confini della sua città di rifugio e lo uccide, il vendicatore del sangue non sarà colpevole del sangue versato, poiché l’omicida avrebbe dovuto rimanere nella sua città di rifugio fino alla morte del sommo sacerdote; dopo la morte del sommo sacerdote l’omicida può invece tornare nella terra di sua proprietà. Queste vi servano come norme di diritto per tutte le vostre generazioni, dovunque dimorerete. Se uno uccide una persona, l’omicida sarà messo a morte sulla deposizione di testimoni; ma non si metterà a morte nessuno sulla deposizione di un solo testimone. Non accetterete alcun prezzo di riscatto per la vita di un omicida che è condannato a morte, perché dovrà essere messo a morte. Non accetterete alcun prezzo di riscatto per un omicida che è fuggito nella sua città di rifugio, perché possa tornare ad abitare nella sua terra prima della morte del sacerdote. Non contaminerete il paese dove siete, perché il sangue contamina il paese; e non si può fare alcuna espiazione per il paese, per il sangue che in esso è stato versato se non mediante il sangue di chi l’ha versato. Non contaminerete dunque il paese che abitate, e in mezzo al quale io dimoro, poiché io sono l’Eterno che dimoro in mezzo ai figli d’Israele«. Or i capi-famiglia dei figli di Galaad, figlio di Makiel, figlio di Manasse, delle famiglie dei figli di Giuseppe, si fecero avanti a parlare davanti a Mosè e davanti ai principi, i capi-famiglia dei figli d’Israele, e dissero: »L’Eterno ha ordinato al mio signore di dare il paese in eredità per sorte ai figli d’Israele; e il mio signore ha pure ricevuto l’ordine dall’Eterno di dare l’eredità di nostro fratello Tselofehad alle sue figlie. Se esse si maritano a uno dei figli delle altre tribú dei figli d’Israele, la loro eredità sarà sottratta dall’eredità dei nostri padri e aggiunta all’eredità della tribú nella quale esse entreranno a far parte; così sarà sottratta dall’eredità che ci è toccata in sorte. Quando poi verrà il giubileo dei figli d’Israele, la loro eredità sarà aggiunta all’eredità della tribú a cui ora appartengono; così la loro eredità sarà sottratta dalla eredità della tribú dei nostri padri«. Allora Mosè comandò ai figli d’Israele secondo la parola ricevuta dall’Eterno, dicendo: »La tribú dei figli di Giuseppe dice bene. Questo è ciò che l’Eterno comanda riguardo alle figlie di Tselofehad dicendo: »Esse possono maritarsi a chi par loro bene, purché si maritino in una famiglia della tribú dei loro padri«. Così l’eredità dei figli d’Israele non passerà da una tribú all’altra, perché ciascuno dei figli d’Israele rimarrà attaccato all’eredità della tribú dei suoi padri. E ogni fanciulla che possiede un’eredità in una delle tribú dei figli d’Israele, si mariterà ad uno ce appartenga a una famiglia della tribú di suo padre; così ognuno dei figli d’Israele rimarrà in possesso dell’eredità dei suoi padri. In questo modo nessuna eredità passerà da una tribú all’altra, ma ognuna delle tribú dei figli d’Israele rimarrà legata alla propria eredità«. Le figlie di Tselofehad fecero ciò che l’Eterno aveva comandato a Mosè. Mahlah, Thirtsah, Hoglah, Milkah e Noah, figlie di Tselofehad, si maritarono con i figli dei loro zii; si maritarono nelle famiglie dei figli di Manasse, figlio di Giuseppe, e la loro eredità rimase nella tribú della famiglia di loro padre. Tali sono i comandamenti e i decreti che l’Eterno diede ai figli d’Israele per mezzo di Mosè nelle pianure di Moab presso il Giordano, sulla sponda opposta a Gerico.
Queste sono le parole che Mosè rivolse a Israele di là dal Giordano, nel deserto, nell’Arabah di fronte a Suf, fra Paran, Tofel, Laban, Hatseroth e Di-Zahab. Vi sono undici giorni di cammino dal monte Horeb, per la via del monte Seir, fino a Kadesh-Barnea. Nel quarantesimo anno, nell’undicesimo mese, nel primo giorno del mese, Mosè parlò ai figli d’Israele, secondo tutto ciò che l’Eterno gli aveva comandato di dir loro. dopo aver sconfitto Sihon, re degli Amorei che abitava in Heshbon, e Og re di Bashan che abitava in Ashtaroth e in Edrei. Di là dal Giordano, nel paese di Moab, Mosè cominciò a spiegare questa legge, dicendo: »L’Eterno, il nostro DIO, ci parlò in Horeb e ci disse: »Voi avete dimorato abbastanza vicino a questa montagna; levate le tende, mettetevi in cammino e andate verso la regione montuosa degli Amorei e verso tutti i luoghi vicini nell’Arabah, nella regione montuosa e nel bassopiano, nel Neghev e sulla costa del mare, nel paese dei Cananei e al Libano, fino al grande fiume, il fiume Eufrate. Ecco, io ho posto il paese davanti a voi; entrate e prendete possesso del paese che l’Eterno giurò di dare ai vostri padri, ad Abrahamo, Isacco, e Giacobbe, a loro e alla loro discendenza dopo di loro"«. »In quel tempo io vi parlai e vi dissi: »Io non posso da solo portare il peso di tutti voi. L’Eterno, il vostro DIO, vi ha moltiplicati, ed eccovi oggi numerosi come le stelle del cielo. L’Eterno, il DIO dei vostri padri, vi renda mille volte ancor piú numerosi, e vi benedica come vi ha promesso! Ma come posso io, da solo, portare il vostro carico, il vostro peso e le vostre liti? Scegliete dalle vostre tribú degli uomini saggi e dotati di discernimento e di esperienza, e io li costituirò vostri capi". E voi mi rispondeste, dicendo: »La cosa che tu proponi di fare è buona«. Allora presi i capi delle vostre tribú, uomini saggi e dotati di esperienza e li costituii vostri capi, capi di migliaia, capi di centinaia, capi di cinquantine, capi di decine, e ufficiali delle vostre tribú. In quel tempo diedi quest’ordine ai vostri giudici dicendo: »Ascoltate le dispute tra i vostri fratelli e giudicate con giustizia tra un uomo e suo fratello o il forestiero che sta con lui. Nei vostri giudizi non avrete riguardi personali; darete ascolto al piccolo e al grande; non temerete alcun uomo, perché il giudizio appartiene a DIO; il caso che è troppo difficile per voi lo recherete a me, e io lo ascolterò". In quel tempo io vi ordinai tutte le cose che dovevate fare«. »Poi partimmo dal monte Horeb e attraversammo tutto quel grande e spaventoso deserto che avete veduto dirigendoci verso la regione montuosa degli Amorei, come l’Eterno, il nostro DIO, ci aveva comandato, e giungemmo a Kadesh-Barnea. Allora vi dissi: »Siete arrivati alla regione montuosa degli Amorei, che l’Eterno, il nostro DIO, ci dà. Ecco, l’Eterno, il tuo DIO, ha posto il paese davanti a te; sali e prendine possesso, come l’Eterno, il DIO dei tuoi padri, ti ha detto; non avere paura e non scoraggiarti". Allora voi, tutti quanti voi, vi avvicinaste a me e diceste: »Mandiamo degli uomini davanti a noi, che esplorino il paese per noi e ci riferiscano sulla strada per la quale noi dovremo salire, e sulle città nelle quali dovremo entrare«. La proposta mi piacque; così presi dodici uomini tra voi, uno per tribú. Ed essi partirono, salirono verso i monti, giunsero alla valle di Eshkol ed esplorarono il paese. Presero con sé alcuni frutti del paese, ce li portarono e ci fecero la loro relazione, dicendo: »Il paese che l’Eterno, il nostro DIO, sta per darci è buono««. »Ma voi non voleste salirvi e vi ribellaste all’ordine dell’Eterno, del vostro DIO; e mormoraste nelle vostre tende e diceste: »L’Eterno ci odia, per questo ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto per darci in mano agli Amorei e per distruggerci. Dove possiamo andare? I nostri fratelli ci hanno fatto struggere il cuore dicendo: E’ un popolo più grande e più alto di noi; le città sono grandi e fortificate fino al cielo; vi abbiamo perfino visto i figli degli Anakim". Allora io vi dissi: »Non spaventatevi e non abbiate paura di loro. L’Eterno, il vostro DIO, che va davanti a voi, combatterà egli stesso per voi, come ha fatto sotto i vostri occhi in Egitto. e nel deserto, dove hai visto come l’Eterno, il tuo DIO, ti ha portato come un uomo porta il proprio figlio, per tutto il cammino che avete percorso, finché siete arrivati a questo luogo". Nonostante questo, non aveste fiducia nell’Eterno vostro DIO, che andava davanti a voi nel cammino per cercarvi un luogo dove piantare le tende, con il fuoco di notte e con la nuvola di giorno, per mostrarvi per quale via dovevate andare. Così l’Eterno udì le vostre parole, si adirò e giurò dicendo: "Certo, nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri, ad eccezione di Caleb, figlio di Jefunneh. Egli lo vedrà; e a lui e ai suoi figli darò la terra che egli ha calcato, perché ha pienamente seguito l’Eterno". Anche contro a me l’Eterno si adirò per colpa vostra e disse: »Neppure tu vi entrerai; ma Giosuè, figlio di Nun, che ti sta davanti, vi entrerà; fortificalo, perché egli metterà Israele in possesso del paese. E i vostri fanciulli, di cui avete detto che sarebbero divenuti preda i nemici, vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, sono quelli che vi entreranno; Io darò a loro ed essi lo possederanno. Ma voi tornate indietro e incamminatevi verso il deserto, in direzione del Mar Rosso". Allora voi rispondeste, dicendomi: »Abbiam peccato contro l’Eterno; noi saliremo e combatteremo esattamente come l’Eterno, il nostro DIO, ci ha ordinato«. E ognuno di voi cinse le armi, e vi metteste temerariamente a salire verso la regione montuosa. E l’Eterno mi disse: »Di’ loro: Non salite e non combattete, perché io non sono in mezzo a voi, e voi sareste sconfitti davanti ai vostri nemici«. Io ve lo dissi, ma voi non mi deste ascolto; anzi vi ribellaste all’ordine dell’Eterno, vi comportaste presuntuosamente e saliste verso la regione montuosa. Allora gli Amorei, che abitano quella regione montuosa, uscirono contro di voi, vi inseguirono come fanno le api e vi respinsero da Seir fino a Hormah. Poi voi tornaste e piangeste davanti all’Eterno; ma l’Eterno non diede ascolto alla vostra voce e non vi prestò orecchio. Così rimaneste in Kadesh molti giorni, tutto il tempo che vi fermaste là«. »Poi tornammo indietro e partimmo per il deserto in direzione del Mar Rosso, come l’Eterno mi aveva detto, e girammo intorno al monte Seir per molto tempo. rif. Quindi l’Eterno mi parlò dicendo: "Avete girato abbastanza intorno a questo monte; volgetevi verso nord. E ordina al popolo dicendo: Voi state per passare i confini dei figli di Esaù, vostri fratelli, che dimorano in Seir, essi avranno paura di voi; state quindi bene in guardia; non provocateli, perché non vi darò niente del loro paese, neppure quanto ne può calcare la pianta di un piede, poiché ho dato il monte di Seir a Esaù, come sua proprietà. Comprerete da loro con denaro le vettovaglie che mangerete e comprerete pure da loro con denaro l’acqua che berrete. Poiché l’Eterno, il tuo DIO, ti ha benedetto in tutta l’opera delle tue mani; ha vegliato sul tuo viaggio attraverso questo grande deserto. L’Eterno, il tuo DIO, è stato con te durante questi quarant’anni e non ti è mancato nulla". Così passammo oltre i figli di Esaù, nostri fratelli, che abitavano in Seir e, evitando la via dell’Arabah, come pure Elath ed Etsion-Gheber, ripiegammo e proseguimmo passando per il deserto di Moab. L’Eterno quindi mi disse: »Non attaccare Moab e non gli muovere guerra, perché non ti darò alcuna parte del loro paese in eredità, poiché ho dato Ar ai discendenti di Lot, come loro proprietà. (Nei tempi passati vi abitarono gli Emim, un popolo grande, numeroso e alto di statura come gli Anakim. Erano anch’essi ritenuti giganti, come gli Anakim; ma i Moabiti li chiamavano Emim. Seir era prima abitata dagli Horei; ma i discendenti di Esaù li cacciarono, li distrussero e si stabilirono al loro posto, come ha fatto Israele nel paese che possiede e che l’Eterno gli ha dato). Ora levatevi e attraversate il torrente Zered". Così noi attraversammo il torrente Zered. Ora il tempo impiegalo per giungere da Kadesh-Barnea fino al passaggio del torrente Zered, di trent’otto anni, finché tutta la generazione degli uomini di guerra scomparve interamente dall’accampamento, come l’Eterno aveva loro giurato. Infatti la mano dell’Eterno fu contro di loro per sterminarli dall’accampamento, finché fossero annientati. Così, quando l’ultimo uomo di guerra morì di mezzo al popolo, l’Eterno mi parlò dicendo: "Oggi tu stai per passare i confini di Moab, ad Ar, ma avvicinandoti ai figli di Ammon, non li attaccare e non muovere loro guerra, perché io non ti darò alcuna parte del paese dei figli di Ammon in eredità, poiché l’ho dato ai figli di Lot, come loro proprietà". (Anche questo era ritenuto un paese di giganti; nei tempi passati vi abitarono i giganti; ma gli Ammoniti li chiamavano Zamzummim, un popolo grande, numeroso e alto di statura come gli Anakim; ma l’Eterno li distrusse davanti agli Ammoniti, che li scacciarono e si stabilirono al loro posto, come l’Eterno aveva fatto per i discendenti di Esaù che abitavano in Seir, quando distrusse gli Horei davanti a loro. Essi li scacciarono e si stabilirono al loro posto fino al giorno d’oggi. Anche gli Avvei, che dimoravano in villaggi fino a Gaza, furono distrutti dai Kaftorei, venuti da Kaftor, i quali si stabilirono al loro posto). "Levatevi, mettetevi in cammino e attraversate il torrente Arnon; ecco, io do in tuo potere Sihon, l’Amoreo, re di Heshbon, e il suo paese; comincia a prendere possesso e muovigli guerra. Oggi comincerò a infondere paura e terrore di te ai popoli sotto tutti i cieli, i quali sentiranno parlare di te, e tremeranno e saranno presi da angoscia a causa di te". Allora mandai ambasciatori dal deserto di Kedemoth a Sihon, re di Heshbon, con parole di pace, per dirgli: "Lasciami passare per il tuo paese; io camminerò per la via Regia, senza deviare né a destra né a sinistra. Tu mi venderai per denaro le vettovaglie che mangerò e mi darai per denaro l’acqua che berrò; permettimi solo di passare a piedi (come hanno fatto per me i discendenti di Esaù che abitano in Seir e i Moabiti che abitano in Ar), finché io abbia passato il Giordano per entrare nel paese che l’Eterno, il nostro Dio, ci dà". Ma Sihon, re di Heshbon, non ci volle lasciar passare nel suo territorio, perché l’Eterno, il tuo Dio, gli aveva indurito lo spirito e reso ostinato il cuore, per darlo nelle tue mani, come è appunto oggi. E l’Eterno mi disse: »Vedi, ho cominciato a dare in tuo potere Sihon e il suo paese; incomincia ad occuparlo, perché tu possa entrare in possesso del suo paese«. Allora Sihon uscì contro di noi con tutta la sua gente, per darci battaglia a Jahats. Ma l’Eterno, il nostro DIO, ce lo diede nelle mani, e noi sconfiggemmo lui, i suoi figli e tutta la sua gente. In quel tempo prendemmo tutte le sue città e votammo allo sterminio uomini, donne e bambini di ogni città; non lasciammo anima viva. Soltanto prendemmo come nostro bottino il bestiame e le spoglie delle città che avevamo preso. Da Aroer, che è sulle sponde del torrente Arnon e alla città che è nella valle, fino a Galaad, non ci fu alcuna città che fosse troppo forte per noi; l’Eterno, il nostro DIO, le diede tutte nelle nostre mani. Ma non ti avvicinasti al paese dei figli di Ammon, ad alcun posto toccato dal torrente Jabbok, alle città del paese montuoso e a tutti i luoghi che l’Eterno, il nostro DIO, ci aveva proibito di attaccare«. »Poi ripiegammo e salimmo per la via di Bashan; e Og, re di Bashan, con tutta la sua gente, ci uscì contro per darci battaglia a Edrei. Ma l’Eterno mi disse: »Non aver paura di lui, poiché io ti do nelle mani lui, tutta la sua gente e il suo paese; farai a lui quel che facesti a Sihon, re degli Amorei, che abitava a Heshbon«. Così l’Eterno, il nostro DIO, diede nelle nostre mani anche Og, re di Bashan, con tutta la sua gente; e noi lo sconfiggemmo senza lasciargli alcun superstite. In quel tempo prendemmo tutte le sue città; non ci fu città che noi non prendessimo loro: sessanta città, tutta la regione di Argob, il regno di Og in Bashan. Tutte queste città erano fortificate con alte mura, porte e sbarre, senza contare un gran numero di villaggi rurali. Noi le votammo allo sterminio, come avevamo fatto di Sihon, re di Heshbon, distruggendo interamente tutte le città, uomini, donne e bambini. Ma riserbammo come nostro bottino tutto il bestiame e le spoglie delle città. In quel tempo dunque prendemmo dalle mani dei due re degli Amorei il paese che è al di là del Giordano, dal torrente Arnon al monte Hermon, (Hermon è chiamato dai Sidoni Sirion, e dagli Amorei Senir), tutte le città della pianura, tutto Galaad, tutto Bashan fino a Salkah e a Edrei, città del regno di Og in Bashan Poiché Og, re di Bashan, era rimasto l’unico superstite della stirpe dei giganti. Ecco, il suo letto era un letto di ferro (e non si trova forse a Rabbah degli Ammoniti?). Esso misura nove cubiti di lunghezza e quattro cubiti di larghezza, secondo il cubito d’uomo. In quel tempo ci impadronimmo di questo paese; io diedi ai Rubeniti e ai Gaditi il territorio di Aroer, lungo il torrente Arnon fino a metà della regione montuosa di Galaad con le sue città; e diedi alla mezza tribú di Manasse il resto di Galaad e tutto Bashan, il regno di Og (tutta la regione di Argob con tutto Bashan si chiamava il paese dei giganti. Jair, figlio di Manasse, prese tutta la regione di Argob, fino ai confini dei Gheshuriti e dei Maakathiti; e chiamò con il suo nome le borgate di Bashan, che anche oggi si chiamano le città di Jair). E diedi Galaad a Makir. Ai Rubeniti e ai Gaditi invece diedi il territorio da Galaad fino al torrente Arnon, con la metà del fiume che serve da confine, e fino al fiume Jabbok, frontiera dei figli di Ammon, e l’Arabah, con il Giordano per confine, da Kinnereth fino alla sponda orientale del mare dell’Arabah sotto le pendici del Pisgah. In quel tempo io vi diedi quest’ordine, dicendo: »L’Eterno, il vostro DIO, vi ha dato questo paese perché lo possediate. Voi tutti, uomini di valore, passerete il Giordano armati, alla testa dei figli d’Israele, vostri fratelli. Ma le vostre mogli, i vostri piccoli e il bestiame (so che avete molto bestiame) rimarranno nelle città che vi ho dato, finché l’Eterno abbia dato riposo ai vostri fratelli, come ha fatto per voi e prendano anch’essi possesso del paese che l’Eterno, il vostro DIO, dà loro al di là del Giordano Poi ciascuno tornerà nell’eredità che vi ho dato". In quel tempo, ordinai pure a Giosuè, dicendo: »I tuoi occhi hanno visto tutto ciò che l’Eterno, il vostro DIO, ha fatto a questi due re; lo stesso farà l’Eterno a tutti i regni che stai per attraversare. Non abbiate paura di loro, perché l’Eterno, il vostro DIO, combatterà egli stesso per voi". In quel medesimo tempo, io supplicai l’Eterno, dicendo: "O Signore, o Eterno, tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; poiché qual è il dio in cielo o sulla terra, che possa fare le opere e i portenti simili a quelli che fai tu? Deh, lasciami passare il Giordano per vedere il bel paese che è al di là del Giordano, la bella regione montuosa e il Libano". Ma l’Eterno si adirò contro di me per causa vostra, e non mi esaudì. Così l’Eterno mi disse: »Basta così; non parlarmi piú di questa cosa. Sali sulla vetta de Pisgah, volgi lo sguardo a ovest, a nord, a sud e a est e contempla coi tuoi occhi, perché tu non passerai questo Giordano. Ma da’ ordini a Giosuè, fortificalo e incoraggialo, perché lui passerà il Giordano alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso del paese che vedrai". Così ci fermammo nella valle di fronte a Beth-Peor«. »Ora dunque, o Israele, da’ ascolto agli statuti e ai decreti che vi insegno, perché li mettiate i pratica, affinché viviate ed entriate in possesso del paese che l’Eterno, il DIO dei vostri padri, vi dà. Non aggiungerete nulla a quanto vi comando e non toglierete nulla, ma impegnatevi ad osservare i comandamenti dell’Eterno, il vostro DIO, che io vi prescrivo. I vostri occhi videro ciò che l’Eterno fece a Baal-Peor, poiché l’Eterno, il tuo DIO, distrusse in mezzo a te tutti coloro che avevano seguito Baal-Peor; ma voi che siete rimasti fedeli all’Eterno, al vostro DIO, oggi siete tutti in vita. Ecco, io vi ho insegnato statuti e decreti, come l’Eterno, il mio DIO, mi ha ordinato, affinché li mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso. Li osserverete dunque e li metterete in pratica; poiché questa sarà la vostra sapienza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutti questi statuti, diranno: »Questa grande nazione è un popolo saggio e intelligente!«. Quale grande nazione ha infatti DIO così vicino a sé, come l’Eterno, il nostro DIO, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha statuti e decreti giusti come tutta questa legge che oggi vi metto davanti? Solo bada bene a te stesso e veglia diligentemente sull’anima tua, per non dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, e perché non si allontanino dal tuo cuore per tutti i giorni della tu vita. Ma insegnali ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli, specialmente circa il giorno in cui sei comparso davanti all’Eterno, il tuo DIO, in Horeb, quando l’Eterno mi disse: »Radunami il popolo e io farò loro udire le mie parole, perché essi imparino a temermi per tutti i giorni che vivranno sulla terra e le insegnino ai loro figli«. Allora voi vi avvicinaste e vi fermaste ai piedi del monte; e il monte ardeva nelle fiamme, che si innalzavano in mezzo al cielo, e era circondato da tenebre, nuvole e fitta oscurità. E l’Eterno vi parlò dal mezzo del fuoco; voi udiste il suono delle parole, ma non vedeste alcuna figura; udiste solo una voce. Così egli vi promulgò il suo patto, che vi comandò di osservare, cioè i dieci comandamenti; e li scrisse su due tavole di pietra. E a me, in quel tempo, l’Eterno ordinò d’insegnarvi statuti e decreti, perché li mettiate in pratica nel paese in cui state per entrare per prendere possesso. Poiché dunque non vedeste alcuna figura il giorno che l’Eterno vi parlò in Horeb dal mezzo del fuoco, vegliate diligentemente sulle anime vostre, perché non vi corrompiate e vi facciate qualche immagine scolpita, nella forma di qualche figura: la rappresentazione di un uomo o di una donna, la rappresentazione di un animale che è sulla terra, la rappresentazione di un uccello che vola nel cielo, la rappresentazione di ogni cosa che striscia sul suolo, la rappresentazione di un pesce che è nelle acque sotto la terra; perché alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto cioè l’esercito celeste, tu non sia attirato a prostrarti davanti a queste cose e a servirle, cose che l’Eterno, il tuo DIO, ha assegnato a tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli; ma l’Eterno ha preso voi e vi ha fatto uscire dalla fornace di ferro, dall’Egitto, per essere suo popolo, sua eredità, come siete oggi. Or l’Eterno si adirò contro di me per causa vostra, e giurò che non avrei passato il Giordano e non sarei entrato nel buon paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità. Così io morirò in questo paese, senza passare il Giordano; ma voi lo passerete e possederete quel buon paese. Guardatevi dal dimenticare il patto che l’Eterno, il vostro DIO, ha stabilito con voi, e dal farvi alcuna immagine scolpita nella forma di qualsiasi cosa che l’Eterno, il tuo DIO, ti abbia proibita. Poiché l’Eterno, il tuo DIO, è un fuoco consumante, un Dio geloso. Quando avrai generato figli e figli dei figli, e sarete rimasti a lungo nel paese, se vi corrompete e vi fate delle immagini scolpite nella forma di qualsiasi cosa, e fate ciò che è male agli occhi dell’Eterno, il vostro DIO, per irritarlo, io chiamo oggi a testimoniare contro di voi il cielo e la terra, che voi presto scomparirete completamente dal paese di cui andate a prendere possesso attraversando il Giordano. Voi non prolungherete in esso i vostri giorni, ma sarete interamente distrutti. E l’Eterno vi disperderà fra i popoli, e non rimarrà di voi che un piccolo numero fra le nazioni dove l’Eterno vi condurrà. E là servirete dèi di legno e di pietra, fatti da mano d’uomo, che non vedono, non odono, non mangiano e non odorano. Ma di là cercherai l’Eterno, il tuo DIO; e lo troverai, se lo cercherai con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima. Quando ti troverai nell’angoscia e ti saranno avvenute tutte queste cose, negli ultimi tempi, tornerai all’Eterno, il tuo DIO, e darai ascolto alla sua voce; (poiché l’Eterno, il tuo DIO, è un Dio misericordioso); egli non ti abbandonerà e non ti distruggerà, e non dimenticherà il patto che giurò ai tuoi padri. Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te, dal giorno in cui DIO creò l’uomo sulla terra, e chiedi da un’estremità dei cieli all’altra se vi fu mai una cosa grande come questa o si è mai udita una cosa simile a questa. Vi fu mai alcun popolo che abbia udito la voce di DIO parlare di mezzo al fuoco, come l’hai udita tu, e sia rimasto in vita? O vi fu mai alcun DIO che abbia provato ad andare a prendere per sé una nazione di mezzo a un’altra nazione mediante prove, segni, prodigi e battaglie, con mano potente e con braccio steso e con grandi terrori, come fece per voi l’Eterno, il vostro DIO, in Egitto sotto i vostri occhi? Tutto questo ti è stato mostrato, affinché riconosca che l’Eterno è DIO e che non v’è alcun altro fuori di lui. Dal cielo ti ha fatto udire la sua voce per ammaestrarti; e sulla terra ti ha fatto vedere il suo grande fuoco e hai udito le sue parole di mezzo al fuoco. E perché ha amato i tuoi padri, egli ha scelto la loro progenie dopo loro e ti ha fatto uscire dall’Egitto con la sua presenza, mediante la sua grande potenza, scacciando davanti a te nazioni piú grandi e piú potenti di te, per fare entrare te e darti il loro paese in eredità, come è oggi. Sappi dunque oggi e ritienilo nel tuo cuore che l’Eterno è DIO lassù nei cieli e quaggiú sulla terra, e che non v’è alcun altro. Osserva dunque i suoi statuti e i suoi comandamenti che oggi ti do, affinché abbia prosperità tu e i tuoi figli dopo di te, e affinché tu prolunghi i tuoi giorni nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà per sempre«. Allora Mosè appartò tre città di là dal Giordano, verso est, nelle quali potesse rifugiarsi l’omicida che avesse ucciso il suo prossimo involontariamente, senz’averlo odiato in precedenza, e perché potesse aver salva la vita, rifugiandosi in una di queste città: Betser nel deserto nella regione pianeggiante per i Rubeniti, Ramoth in Galaad per i Gaditi, e Golan in Bashan per i Manassiti. Or questa è la legge che Mosè espose ai figli d’Israele. Questi sono i precetti, gli statuti e i decreti che Mosè diede ai figli d’Israele quando uscirono dall’Egitto, di là dal Giordano, nella valle di fronte a Beth-Peor, nel paese di Sihon, re degli Amorei che abitava a Heshbon, e che Mosè e i figli d’Israele sconfissero quando uscirono dall’Egitto, Essi presero possesso del suo paese e del paese di Og, re di Bashan, due re degli Amorei, che stavano di là dal Giordano, verso est, da Aroer, che é sulle sponde del torrente Arnon, fino al monte Sion, (cioè il monte Hermon), con tutta la pianura oltre il Giordano, verso est, fino al mare dell’Arabah, sotto le pendici del Pisgah. Mosè convocò tutto Israele e disse loro: »Ascolta, Israele, gli statuti e i decreti che oggi io proclamo ai tuoi orecchi, perché li impari e ti impegni a metterli in pratica. L’Eterno, il nostro DIO, stabilì con noi un patto in Horeb. L’Eterno non stabilì questo patto con i nostri padri, ma con noi, che oggi siamo qui tutti quanti in vita. L’Eterno vi parlò faccia a faccia sul monte, di mezzo al fuoco. Io stavo allora fra l’Eterno e voi per riferirvi la parola dell’Eterno, perché voi aveste paura del fuoco e non saliste sul monte. Egli disse: "Io sono l’Eterno, il tuo DIO, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitú. Non avrai altri dèi davanti a me. Non ti farai scultura alcuna né immagine alcuna delle cose che sono lassú nei cieli o quaggiú sulla terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non le servirai, perché io, l’Eterno, il tuo DIO, sono un Dio geloso che punisco l’iniquità dei padri sui figli fino alla terza e alla quarta generazione di quelli che mi odiano, ma uso benignità a migliaia verso quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti. Non userai il nome dell’Eterno, il tuo DIO, invano, poiché l’Eterno non lascerà impunito chi usa il suo nome invano. Osserva il giorno di sabato per santificarlo, come l’Eterno, il tuo DIO, ti ha comandato. Lavorerai sei giorni e in essi Farai il tuo lavoro, ma il settimo giorno è sabato, sacro all’Eterno, il tuo DIO: non farai in esso alcun lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia né il tuo servo né la tua serva né il tuo bue né il tuo asino né alcuna delle tue bestie né il forestiero che sta dentro le tue porte, affinché il tuo servo e la tua serva si riposino come te. E ricordati che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha fatto uscire di là con mano potente e con braccio steso; perciò l’Eterno, il tuo DIO, ti ordina di osservare il giorno di Sabato. Onorerai tuo padre e tua madre, come l’Eterno, il tuo DIO, ti ha comandato, affinché i tuoi giorni siano lunghi ed abbia prosperità sulla terra che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà. Non ucciderai. Non commetterai adulterio. Non ruberai. Non farai falsa testimonianza contro il tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, e non desidererai la casa del tuo prossimo né il suo campo né il suo servo né la sua serva né il suo bue né il suo asino né cosa alcuna che sia del tuo prossimo". Queste parole disse l’Eterno a tutta la vostra assemblea sul monte, di mezzo al fuoco, alla nuvola e a densa oscurità, con voce forte; e non aggiunse altro. Le scrisse su due tavole di pietra e le diede a me. Quando voi udiste la voce di mezzo alle tenebre, mentre il monte era tutto in fiamme, voi vi avvicinaste a me, tutti i vostri capi-tribú e i vostri anziani, e diceste: »Ecco, l’Eterno, il nostro DIO, ci ha fatto vedere la sua gloria e la sua grandezza, e noi abbiamo udito la sua voce di mezzo al fuoco; oggi abbiamo visto che DIO può parlare con l’uomo e l’uomo rimanere vivo. Or dunque, perché dovremmo morire? Questo grande fuoco infatti ci consumerà; se continuiamo a udire ancora la voce dell’Eterno, il nostro DIO, noi moriremo. Poiché chi è fra tutti i mortali che, come noi, abbia udito la voce del DIO vivente parlare di mezzo al fuoco e sia rimasto vivo? Avvicinati tu e ascolta tutto ciò che l’Eterno, il nostro DIO, ti dirà, e noi ascolteremo e lo faremo". L’Eterno udì il suono delle vostre parole, mentre mi parlavate; così l’Eterno mi disse: »Io ho udito il suono delle parole che questo popolo ti ha rivolto; tutto ciò che hanno detto va bene. Oh, avessero sempre un tal cuore, da temermi e da osservare tutti i miei comandamenti, per avere sempre prosperità, loro e i loro figli! Va’ e di’ loro: Tornate alle vostre tende. Ma tu rimani qui con me e io ti indicherò tutti i comandamenti, tutti gli statuti e i decreti che insegnerai loro, perché li mettano in pratica nel paese che do loro in eredità". Abbiate dunque cura di far ciò che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha comandato; non deviate né a destra né a sinistra; camminate interamente nella via che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha prescritto, perché viviate e siate prosperi e prolunghiate i vostri giorni nel paese che occuperete«. »Or questo è il comandamento, gli statuti e i decreti che l’Eterno, il vostro DIO, ha ordinato d’insegnarvi, perché li mettiate in pratica nel paese nel quale state per entrare per prenderne possesso; affinché tu tema l’Eterno, il tuo DIO, osservando, per tutti i giorni della tua vita, tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, tutti i suoi statuti e tutti i suoi comandamenti che io ti do, e affinché i tuoi giorni siano prolungati. Ascolta dunque, Israele, e abbi cura di metterli in pratica, affinché tu prosperi e moltiplichiate grandemente nel paese dove scorre latte e miele, come l’Eterno, il DIO dei tuoi padri, ti ha detto. Ascolta, Israele: l’Eterno, il nostro DIO, l’Eterno è uno. Tu amerai dunque Eterno, il tuo DIO, con tutto i tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta a tua forza. E queste parole che oggi ti comando rimarranno nel tuo cuore; e inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando sei seduto in casa tua, quando cammini per strada, quando sei coricato e quando ti alzi. Le legherai come un segno alla mano, saranno come fasce tra gli occhi, e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte. Quando poi l’Eterno, il tuo DIO, ti avrà fatto entrare nel paese che giurò ai tuoi padri, ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe, di darti grandi e belle città che tu non hai costruito, e case piene di ogni bene che tu non hai riempito, pozzi scavati che tu non hai scavato, e vigne e uliveti che tu non hai piantato; quando dunque avrai mangiato e ti sarai saziato, guardati da dimenticare l’Eterno che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitú. Temerai l’Eterno, il tuo DIO, lo servirai e giurerai per i suo nome. Non seguirete atri dèi, fra gi dèi dei popoli che vi circondano, (perché l’Eterno, il tuo DIO, che sta in mezzo a te, è un Dio geloso); altrimenti l’ira dell’Eterno, del tuo DIO, si accenderebbe contro di te e ti farebbe scomparire dalla faccia della terra. Non tenterete l’Eterno, il vostro DIO, come lo tentaste a Massa. Osserverete diligentemente i comandamenti dell’Eterno, il vostro DIO, i suoi precetti e i suoi statuti che egli vi ha ordinato. perciò farai ciò che è giusto e buono agli occhi dell’Eterno, affinché tu prosperi ed entri ad occupare il buon paese che l’Eterno giurò di dare ai tuoi padri, scacciando tutti i tuoi nemici davanti a te, come l’Eterno ha promesso. Quando in avvenire tuo figlio ti domanderà: »Che significano questi precetti, statuti e decreti, che l’Eterno, il nostro DIO, vi ha comandato?«, tu risponderai a tuo figlio: »Eravamo schiavi del Faraone in Egitto e l’Eterno ci fece uscire dall’Egitto con mano potente. Inoltre l’Eterno operò sotto i nostri occhi segni e prodigi grandi e tremendi contro l’Egitto, contro il Faraone e contro tutta la sua casa. E ci fece uscire di là per condurci nel paese che aveva giurato di dar ai nostri padri. Così l’Eterno ci comandò di mettere in pratica tutti questi statuti, temendo l’Eterno, il nostro DIO, per avere sempre prosperità perché egli ci conservasse in vita, come è oggi. E questa sarà la nostra giustizia, se abbiamo cura di mettere in pratica tutti questi comandamenti davanti all’Eterno, il nostro DIO, come egli ci ha ordinato". »Quando L’Eterno, il tuo DIO, ti avrà introdotto nel paese in cui entri per prenderne possesso, e avrà scacciato davanti a te molte nazioni: gli Hittei, i Ghirgasei, gli Amorei, i Cananei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei, sette nazioni piú grandi e piú potenti di te, e quando l’Eterno, il tuo DIO, le avrà date in tuo potere tu le sconfiggerai e le voterai al completo sterminio; non farai con esse alleanza, né userai con loro alcuna misericordia. Non contrarrai matrimonio con loro. Non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero i tuoi figli dal seguire me per servire altri dèi, e l’ira dell’Eterno si accenderebbe contro di voi e vi distruggerebbe subito. Ma con loro vi comporterete così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro colonne sacre, abbatterete i loro Ascerim e darete alle fiamme le loro immagini scolpite. Poiché tu sei un popolo consacrato all’Eterno, il tuo DIO; l’Eterno, il tuo DIO ti ha scelto per essere il suo tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra. L’Eterno non ha riposto i suo amore su di voi né vi ha scelto, perché eravate piú numerosi di alcun altro popolo; eravate infatti il piú piccolo di tutti i popoli; ma perché l’Eterno vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, l’Eterno vi ha fatto uscire con mano potente e vi ha riscattati dalla casa di schiavitú, dalla mano del Faraone, re d’Egitto. Riconosci dunque che l’Eterno, il tuo DIO, DIO, il Dio fedele, che mantiene il suo patto e la sua benignità fino alla millesima generazione verso quelli che lo amano e osservano i suoi comandamenti, ma rende prontamente a quelli che lo odiano facendoli perire; egli non ritarderà, ma renderà prontamente a chi lo odia. Osserva dunque i comandamenti gli statuti e i decreti che oggi ti do, mettendoli in pratica. Così, se voi darete ascolto a queste leggi, e le osserverete e metterete in pratica, l’Eterno, il vostro DIO, manterrà con te il patto e la benignità che ha giurato ai tuoi padri. Egli ti amerà, ti benedirà e ti moltiplicherà, e benedirà il frutto del tuo grembo e il frutto del tuo suolo, il tuo frumento, il tuo mosto e il tuo olio, i parti delle tue vacche e delle tue pecore nel paese che giurò ai tuoi padri di darti. Tu sarai benedetto piú di tutti i popoli e non ci sarà in mezzo a te né uomo né donna sterile, e neppure fra il tuo bestiame. L’Eterno allontanerà da te ogni malattia e non manderà su di te alcuno di quei funesti malanni dell’Egitto che hai conosciuto, ma li manderà su tutti quelli che ti odiano. Sterminerai dunque tutti i popoli che l’Eterno, il tuo DIO, sta per dare in tuo potere; il tuo occhio non abbia pietà di loro, e non servire i loro dèi, perché ciò sarebbe per te un laccio. In cuor tuo potresti dire: »Queste nazioni sono piú numerose di me; come riuscirò io a scacciarle?«. Non temerle, ma ricordati di ciò che l’Eterno, il tuo DIO, fece al Faraone e a tutti gli Egiziani; ricordati delle grandi prove che vedesti con i tuoi occhi, dei segni e dei prodigi, della mano potente e del braccio steso con i quali l’Eterno, il tuo DIO, ti fece uscire dall’Egitto; così farà l’Eterno, il tuo DIO, a tutti i popoli dei quali hai paura. Inoltre, l’Eterno, il tuo DIO, manderà contro di loro i calabroni, finché quei che sono rimasti e quei che si sono nascosti per paura di te siano periti. Non spaventarti di loro, perché l’Eterno, il tuo DIO, è in mezzo a te, un Dio grande e terribile. L’Eterno, il tuo DIO, scaccerà a poco a poco queste nazioni davanti a te; tu non riuscirai a distruggerle subito, perché altrimenti le fiere della campagna diventerebbero troppo numerose per te; ma l’Eterno, il tuo DIO, le darà in tuo potere, e le getterà in grande confusione finché siano sterminate. Ti darà nelle mani i loro re e tu farai scomparire i loro nomi di sotto ai cieli; nessuno potrà resistere davanti a te, finché tu le abbia distrutte. Darai alle fiamme le immagini scolpite dei loro dèi; non desidererai l’oro o l’argento che è su di esse e non lo prenderai per te, altrimenti saresti preso nel laccio da questo, perché è una cosa abominevole per l’Eterno, il tuo DIO; e non introdurrai cosa abominevole in casa tua, perché saresti condannato alla distruzione come essa; la detesterai e l’abominerai totalmente, perché é una cosa votata alla distruzione«. Abbiate cura di mettere in pratica tutti i comandamenti che oggi vi do, affinché viviate, moltiplichiate ed entriate ad occupare il paese che l’Eterno giurò di dare ai vostri padri. Ricordati di tutta la strada che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha fatto fare in questi quarant’anni nel deserto per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che c’era nel tuo cuore e se tu osserveresti o no i suoi comandamenti. Così egli ti ha umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna che tu non conoscevi e che neppure i tuoi padri avevano mai conosciuto, per farti comprendere che l’uomo non vive soltanto di pane, ma vive di ogni parola che procede dalla bocca dell’Eterno. Il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni. Riconosci dunque nel tuo cuore che, come un uomo corregge suo figlio, così l’Eterno, il tuo DIO, corregge te. Perciò osserva i comandamenti dell’Eterno, il tuo DIO, camminando nelle sue vie e temendolo; perché l’Eterno, il tuo DIO, sta per farti entrare in un buon paese, un paese di corsi d’acqua, di fonti e di sorgenti che sgorgano dalle valli e dai monti; un paese di frumento e di orzo, di vigne, di fichi e di melograni, un paese di ulivi da olio e di miele; un paese dove mangerai pane a volontà, dove non ti mancherà nulla; un paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame. Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo DIO, a motivo del buon paese che ti ha dato. Guardati bene dal dimenticare l’Eterno, il tuo DIO, giungendo a non osservare i suoi comandamenti, i suoi decreti e i suoi statuti che oggi ti do; perché non avvenga, dopo aver mangiato a sazietà e aver costruito e abitato belle case, dopo aver visto le tue mandrie e le tue greggi moltiplicare, e il tuo argento e il tuo oro aumentare, e tutti i tuoi beni crescere, che il tuo cuore si innalzi e tu dimentichi l’Eterno, il tuo DIO, che ti ha fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitú; che ti ha condotto attraverso questo grande e terribile deserto, luogo di serpenti ardenti e di scorpioni, terra arida senz’acqua; che ha fatto sgorgare per te l’acqua dalla roccia durissima; che nel deserto ti ha nutrito di manna che i tuoi padri non conoscevano, per umiliarti e per provarti e per farti alla fine del bene. Guardati dunque dal dire nel tuo cuore: »La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno procurato queste ricchezze«. Ma ricordati dell’Eterno, il tuo DIO, perché è lui che ti dà la forza per acquistare ricchezze, per mantenere il patto che giurò ai tuoi padri come è oggi. Ma se tu dimentichi l’Eterno, il tuo DIO, per seguire altri dèi e per servirli e prostrarti davanti a loro, io dichiaro solennemente contro di voi quest’oggi che per certo perirete. perirete come le nazioni che l’Eterno fa perire davanti a voi, perché non avete ascoltato la voce dell’Eterno, il vostro DIO«. »Ascolta, Israele! Oggi tu stai per passare il Giordano, per entrare ad occupare nazioni piú grandi e piú potenti di te, città grandi e fortificate fino al cielo, un popolo grande e alto di statura, i discendenti degli Anakim che tu conosci, e dei quali hai sentito dire: »Chi può far fronte ai discendenti di Anak«?. Sappi dunque oggi che l’Eterno, il tuo DIO, è colui che marcerà davanti a te, come un fuoco divorante; egli li distruggerà e li abbatterà davanti a te; così tu li scaccerai e li farai perire in fretta, come l’Eterno ti ha detto. Quando l’Eterno, il tuo DIO, li avrà scacciati davanti a te, non dire nel tuo cuore: »E’ per la mia giustizia che l’Eterno mi ha fatto entrare in possesso di questo paese«. E’ invece per la malvagità di queste nazioni che l’Eterno le scaccia davanti a te. No, non è per la tua giustizia né per la rettitudine del tuo cuore che tu entri ad occupare il loro paese, ma è per la malvagità di queste nazioni che l’Eterno, il tuo DIO, le sta per scacciare davanti a te, e per adempiere la parola giurata ai tuoi padri, ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe. Sappi dunque che non è per la tua giustizia che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in possesso questo buon paese, poiché tu sei un popolo dal collo duro. Ricordati e non dimenticare come hai provocato ad ira l’Eterno, il tuo DIO, nel deserto. Dal giorno che uscisti dal paese d’Egitto, fino al vostro arrivo in questo luogo, siete stati ribelli all’Eterno. Anche ad Horeb provocaste ad ira l’Eterno; e l’Eterno si adirò contro di voi al punto di volervi distruggere. Quando salii sul monte per ricevere le tavole di pietra, le tavole del patto che l’Eterno aveva fatto con voi, io rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua. e l’Eterno mi diede le due tavole di pietra, scritte con il dito di DIO, sulle quali erano tutte le parole che l’Eterno vi aveva detto sul monte, di mezzo al fuoco, nel giorno dell’assemblea. E fu alla fine dei quaranta giorni e delle quaranta notti che l’Eterno mi diede le due tavole di pietra, le tavole del patto. poi l’Eterno mi disse: »Levati, scendi in fretta di qui, perché il tuo popolo che hai fatto uscire dall’Egitto si è corrotto; presto deviato dalla via che io avevo loro ordinato di seguire e si son fatti una immagine di metallo fuso«. L’Eterno mi parlò ancora, dicendo: »Io l’ho visto questo popolo; ecco, è un popolo dal collo duro; lascia che li distrugga e cancelli il loro nome di sotto i cieli, e farò di te una nazione piú potente e piú grande di loro". Così mi voltai e scesi dal monte, mentre il monte ardeva col fuoco; e le due tavole del patto erano nelle mie mani. Guardai, ed ecco che avevate peccato contro l’Eterno, il vostro DIO, e vi eravate fatto un vitello di metallo fuso. Avevate ben presto lasciata la via che l’Eterno vi aveva ordinato di seguire. Allora afferrai le due tavole, le scagliai dalle mie mani e le spezzai sotto i vostri occhi. Poi mi gettai davanti all’Eterno, come la prima volta, per quaranta giorni e per quaranta notti; non mangiai pane né bevvi acqua, a motivo di tutti i vostri peccati che avevate commesso, facendo ciò che è male agli occhi dell’Eterno, per provocarlo ad ira. Poiché io avevo paura dell’ira e del furore con cui l’Eterno era acceso contro di voi, al punto di volervi distruggere. Ma l’Eterno mi esaudì anche quella volta. L’Eterno si adirò pure grandemente contro Aaronne," al punto di volerlo distruggere; così quella volta io pregai anche per Aaronne. Poi presi l’oggetto del vostro peccato, il vitello che avevate fatto, lo bruciai col fuoco, e lo frantumai e macinai in minuscoli frammenti, fino a ridurlo in polvere minuta, e ne gettai la polvere nel torrente che scende dal monte. Anche a Taberah, a Massa e a Kibroth-Attaavah voi provocaste ad ira l’Eterno. Quando poi l’Eterno vi mandò fuori da Kadesh-Barnea dicendo: »Salite e impossessatevi del paese che vi ho dato«, vi ribellaste all’ordine dell’Eterno, il vostro DIO, non gli credeste e non ubbidiste alla sua voce. Siete stati ribelli all’Eterno, dal giorno che vi conobbi. Così rimasi prostrato davanti all’Eterno quaranta giorni e quaranta notti; e feci questo perché l’Eterno aveva detto di volervi distruggere. E pregai l’Eterno e dissi: »O Signore, o Eterno, non distruggere il tuo popolo e la tua eredità, che hai redento con la tua grandezza, che hai fatto uscire dall’Egitto con mano potente. Ricordati dei tuoi servi, Abrahamo, Isacco e Giacobbe; non guardare alla caparbietà di questo popolo, o alla sua malvagità o al suo peccato, affinché il paese da cui ci hai fatto uscire non dica: Poiché l’Eterno non era capace di farli entrare nella terra che aveva loro promesso e poiché li odiava, li ha fatti uscire per farli morire nel deserto. Tuttavia essi sono il tuo popolo e la tua eredità, che tu facesti uscire dall’Egitto con la tua grande potenza e con il tuo braccio steso"«. »In quel tempo, l’Eterno mi disse: »Tagliati due tavole di pietra simili alle prime e sali da me sul monte; fatti anche un’arca di legno. Io scriverò sulle tavole le parole che erano sulle prime tavole che tu spezzasti, e tu le metterai nell’arca". Così feci un’arca di legno d’acacia e tagliai due tavole di pietra simili alle prime; poi salii sul monte con le due tavole in mano. E l’Eterno scrisse sulle tavole ciò che aveva scritto la prima volta, cioè i dieci comandamenti che l’Eterno aveva proclamato per voi sul monte, di mezzo al fuoco, il giorno dell’assemblea. Quindi l’Eterno me le consegnò. Allora mi voltai e discesi dal monte; misi le tavole nell’arca che avevo fatto; e là esse rimangono, come l’Eterno mi aveva ordinato. (Ora i figli d’Israele partirono dai pozzi dei figli di Jakaan per Moserah. Là Aaronne mori e là fu sepolto; ed Eleazar, suo figlio, divenne sacerdote al suo posto. Di là partirono alla volta di Gudgo-dah e da Gudgo-dah alla volta di Jotbathah, paese di corsi d’acqua. In quel tempo l’Eterno separò la tribú di Levi per portare l’arca del patto dell’Eterno, per stare davanti all’Eterno e servirlo, e per benedire nel suo nome fino al giorno d’oggi. Perciò Levi non ha parte né eredità con i suoi fratelli; l’Eterno è la sua eredità, come l’Eterno, il tuo DIO, gli aveva promesso.). Io rimasi sul monte, come la prima volta, quaranta giorni e quaranta notti; l’Eterno mi ascoltò anche questa volta, e l’Eterno acconsentì a non distruggerti. Allora l’Eterno mi disse: »Levati, mettiti in cammino alla testa del popolo, perché essi entrino ad occupare il paese che giurai ai loro padri di dar loro«. E ora, o Israele, che cosa richiede da te l’Eterno, il tuo DIO, se non di temere l’Eterno, il tuo DIO, di camminare in tutte le sue vie, di amarlo e di servire l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e di osservare per il tuo bene i comandamenti dell’Eterno e i suoi statuti che oggi ti comando? Ecco, all’Eterno, il tuo DIO, appartengono cieli, i cieli dei cieli, la terra e tutto quanto essa contiene; ma l’Eterno pose il suo diletto unicamente nei tuoi padri e li amò; e dopo di loro fra tutti i popoli scelse la loro discendenza, cioè voi, com’è oggi. Circonciderete perciò il prepuzio del vostro cuore e non indurite piú il vostro collo; poiché l’Eterno, il vostro DIO è il DIO degli dèi, il Signor dei signori, il Dio grande, forte e tremendo, che non usa alcuna parzialità e non accetta regali, che fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero dandogli pane e vestito. Amate dunque lo straniero, perché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Temerai l’Eterno, il tuo DIO, a lui servirai, rimarrai stretto a lui e giurerai nel suo nome. Egli è la tua lode, egli è il tuo DIO, che ha fatto per te queste cose grandi e tremende che i tuoi occhi hanno visto. I tuoi padri scesero in Egitto in numero di settanta persone; e ora l’Eterno, il tuo DIO, ti ha reso numeroso come le stelle del cielo. »Ama dunque l’Eterno, il tuo DIO, e osserva sempre le sue prescrizioni, i suoi statuti, i suoi decreti e i suoi comandamenti. Riconoscete oggi (poiché non parlo ai vostri figli che non hanno conosciuto né hanno visto la disciplina dell’Eterno, il vostro DIO) la sua grandezza, la sua mano potente e il suo braccio steso, i suoi segni e le sue opere che fece in mezzo all’Egitto contro il Faraone, re d’Egitto, e contro il suo paese, ciò che fece all’esercito d’Egitto, ai suoi cavalli e ai suoi carri, riversando su di loro le acque del Mar Rosso mentre essi vi inseguivano, e come l’Eterno li distrusse per sempre; ciò che fece per voi nel deserto, fino al vostro arrivo in questo luogo; e ciò che fece a Dathan e Abiram, figli di Eliab, figlio di Ruben; come la terra spalancò la sua bocca e li inghiotti con le loro famiglie, le loro tende ed ogni cosa vivente che li seguiva, in mezzo a tutto Israele. Ma i vostri occhi hanno visto le grandi cose che l’Eterno ha fatto. Osservate dunque tutti i comandamenti che oggi vi prescrivo, affinché siate forti e possiate occupare il paese di cui state per entrare in possesso e affinché prolunghiate i vostri giorni nel paese che l’Eterno giurò di dare ai vostri padri e alla loro discendenza, paese dove scorre latte e miele. Poiché il paese che stai per entrare ad occupare non é come il paese d’Egitto da cui siete usciti, dove seminavi la tua semente e poi la irrigavi con il tuo piede come per un orto di erbaggi; ma il paese che state per entrare ad occupare è un paese di monti e di valli, che beve l’acqua della pioggia che viene dal cielo: un paese del quale l’Eterno, il tuo DIO, ha cura e sul quale stanno del continuo gli occhi dell’Eterno, il tuo DIO, dall’inizio dell’anno fino alla fine. Or se ubbidirete diligentemente ai miei comandamenti che oggi vi prescrivo, amando l’Eterno, il vostro DIO, e servendolo con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima, avverrà che io darò al vostro paese la pioggia a suo tempo, la prima pioggia e l’ultima pioggia, perché tu possa raccogliere il tuo grano, il tuo vino e il tuo olio; e farò pure crescere dell’erba nei tuoi campi per il tuo bestiame, e tu mangerai e sarai saziato. State in guardia affinché il vostro cuore non sia sedotto e non vi sviate, servendo altri dèi e prostrandovi davanti a loro; poiché allora si accenderebbe contro di voi l’ira dell’Eterno e chiuderebbe i cieli e non vi sarebbe piú pioggia, e la terra non darebbe piú i suoi prodotti e voi presto perireste nel buon paese che l’Eterno vi dà. Metterete dunque queste mie parole nel vostro cuore e nella vostra mente, le legherete come un segno alla mano e saranno come frontali fra gli occhi; le insegnerete ai vostri figli, parlandone quando sei seduto in casa tua, quando cammini per strada, quando sei coricato e quando ti alzi; e le scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte, affinché i vostri giorni e i giorni dei vostri figli, nel paese che l’Eterno giurò ai vostri padri di dar loro, siano numerosi come i giorni dei cieli sopra la terra. Poiché, se osservate diligentemente tutti questi comandamenti che io vi ordino di mettere in pratica, amando l’Eterno, il vostro DIO, camminando in tutte le sue vie e tenendovi stretti a lui, l’Eterno scaccerà davanti a voi tutte quelle nazioni e voi v’impadronirete di nazioni piú grandi e piú potenti di voi. Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, sarà vostro; i vostri confini si estenderanno dal deserto fino al Libano, e dal fiume, il fiume Eufrate, fino al mare occidentale. Nessuno sarà in grado di resistervi; l’Eterno, il vostro DIO come vi ha detto, spanderà la paura e il terrore di voi per tutto il paese che voi calcherete. Guardate, io pongo oggi davanti a voi la benedizione e la maledizione. la benedizione se ubbidite ai comandamenti dell’Eterno, il vostro DIO, che oggi vi prescrivo; la maledizione, se non ubbidite ai comandamenti dell’Eterno, il vostro Dio, e se vi allontanate dalla via che oggi vi prescrivo, per seguire altri dèi che non avete mai conosciuto. E avverrà che quando l’Eterno, il tuo Dio, ti avrà introdotto nel paese che tu vai ad occupare, tu porrai la benedizione sul monte Gherizim e la maledizione sul monte Ebal. Non sono essi al di là dal Giordano, ad ovest della strada dove il sole tramonta; nel paese dei Cananei che abitano nell’Arabah di fronte a Ghilgal, presso la quercia di Moreh? Poiché voi state per passare il Giordano per entrare ad occupare il paese, che l’Eterno, il vostro Dio, vi dà; voi lo possederete e vi abiterete. Abbiate dunque cura di mettere in pratica tutti gli statuti e i decreti che oggi io pongo davanti a voi«. »Questi sono gli statuti e i decreti che avrete cura di osservare nel paese che l’Eterno, il Dio dei tuoi padri, ti ha dato in eredità per tutti i giorni che vivrete sulla terra. Distruggerete interamente tutti i luoghi dove le nazioni che state per scacciare servono i loro dèi; sugli alti monti, sui colli e sotto ogni albero verdeggiante. Demolirete i loro altari, spezzerete le loro colonne sacre, darete alle fiamme i loro Ascerim, abbatterete le immagini scolpite dei loro dèi, farete sparire il loro nome da quei luoghi. Non farete così con l’Eterno, il vostro DIO. ma lo cercherete nel luogo che l’Eterno, il vostro DIO, sceglierà fra tutte le vostre tribú, per mettervi il suo nome come sua dimora; e là andrete; là recherete i vostri olocausti e i vostri sacrifici le vostre decime, le offerte elevate delle vostre mani, le vostre offerte votive e le vostre offerte volontarie, e i primogeniti della vostra mandria e del vostro gregge; e là mangerete davanti all’Eterno, il vostro DIO, e gioirete, voi e le vostre famiglie, di tutto ciò a cui avrete posto mano e in cui l’Eterno, il vostro DIO vi avrà benedetti. Non farete come facciamo oggi qui, dove ognuno fa tutto ciò che è giusto ai propri occhi, perché non siete ancora entrati nel riposo e nell’eredità che l’Eterno, il vostro DIO, vi dà. Ma passerete il Giordano e abiterete nel paese che l’Eterno, il vostro DIO, vi dà in eredità; ed egli vi darà riposo da tutti i vostri nemici che vi circondano e voi abiterete al sicuro. Allora ci sarà un luogo che l’Eterno, il vostro DIO, sceglierà per far dimorare il suo nome e là porterete tutto ciò che vi comando: i vostri olocausti e i vostri sacrifici, le vostre decime, le offerte elevate delle vostre mani e tutte e offerte scelte che avete promesso in voto all’Eterno. E gioirete davanti all’Eterno, il vostro DIO, voi, i vostri figli e le vostre figlie, i vostri servi e le vostre serve, e il Levita che abiterà entro le vostre porte, poiché egli non ha né parte né eredità tra voi. Guardati bene dall’offrire i tuoi olocausti in ogni luogo che vedi; ma nel luogo che l’Eterno sceglierà in una delle tue tribú, là offrirai i tuoi olocausti e là, farai tutto ciò che ti comando. Ma, ogni volta che lo desideri, potrai uccidere animali e mangiarne la care in tutte le città, secondo la benedizione che l’Eterno ti avrà concesso; ne potranno mangiare tanto l’impuro che il puro come si fa della carne di gazzella e di cervo; ma non mangerete il sangue; lo verserai per terra come l’acqua. Entro le tue città non potrai mangiare le decime del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio né i primogeniti della tua mandria e del tuo gregge né ciò che hai promesso in voto, né le tue offerte volontarie, né l’offerta elevata delle tue mani. Ma le mangerai davanti all’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che l’Eterno, il tuo DIO, sceglierà, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, e il Levita che abiterà entro le tue porte; e gioirai davanti all’Eterno, il tuo DIO, di ogni cosa a cui metti mano. Guardati dal trascurare il Levita, fino a quando vivrai nel paese. Quando l’Eterno, il tuo DIO, allargherà i tuoi confini, come ti ha promesso, e tu dirai: »Mangerò carne«, perché hai desiderio di mangiare carne potrai mangiare carne ogni volta che lo desideri. Se il luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto per porvi il suo nome sarà lontano da te, potrai ammazzare animali della tua mandria e del tuo gregge, che l’Eterno ti ha dato, come ti ho comandato; e potrai mangiare entro le tue porte ogni volta che lo desideri. Soltanto ne mangerai come si mangia la carne di gazzella e di cervo; ne potrà mangiare tanto l’impuro che il puro. Ma guardati dal mangiare il sangue perché il sangue è la vita; e tu non mangerai la vita con la carne. Non lo mangerai; lo verserai per terra come l’acqua. Non lo mangerai affinché possa prosperare tu e i tuoi figli dopo di te, per aver fatto ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno. Ma le cose sante che hai da offrire e quelle promesse per voto, le prenderai e andrai al luogo che l’Eterno ha scelto. e offrirai i tuoi olocausti, tutti interi, la carne e il sangue sull’altare dell’Eterno, il tuo DIO; il sangue dei tuoi sacrifici invece dovrà essere sparso sull’altare dell’Eterno, il tuo DIO, e tu ne mangerai la carne. Fa’ attenzione e ubbidisci a tutte queste parole che ti comando, affinché possa sempre prosperare, tu e i tuoi figli dopo di te, per aver fatto ciò ch’è buono e giusto agli occhi dell’Eterno, il tuo DIO. Quando l’Eterno, il tuo DIO, avrà sterminato davanti a te le nazioni che tu stai per andare a spodestare, e quando le avrai spodestate e dimorerai nel loro paese, guardati bene dal cadere nel laccio, seguendo il loro esempio, dopo che sono state distrutte davanti a te, e dall’informarti dei loro dèi, dicendo: »Come servivano queste nazioni i loro dèi Farò anch’io così«. Tu non farai così con l’Eterno, il tuo DIO, perché con i loro dèi esse hanno fatto tutto ciò che è abominevole per l’Eterno che egli detesta; hanno persino bruciato nel fuoco i loro figli e le loro figlie, in onore dei loro dèi. Avrete cura di mettere in pratica tutte le cose che vi comando; non vi aggiungerai nulla e nulla toglierai da esse«. »Se sorge in mezzo a te un profeta o un sognatore di sogni che ti proponga un segno o un prodigio, e il segno o il prodigio di cui ti ha parlato si avvera e dice: »Seguiamo altri dèi che tu non hai mai conosciuto e serviamoli«, tu non darai ascolto alle parole di quel profeta o di quel sognatore di sogni, perché l’Eterno, il vostro DIO, vi mette alla prova per sapere se amate l’Eterno, il vostro DIO, con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima. Seguirete l’Eterno, il vostro DIO, lui temerete, osserverete i suoi comandamenti, ubbidirete alla sua voce, lo servirete e rimarrete stretti a lui. Ma quel profeta o quel sognatore di sogni sarà messo a morte, perché ha parlato in modo da farvi allontanare dall’Eterno, il vostro DIO, che vi ha fatto uscire dal paese d’Egitto e vi ha redenti dalla casa di schiavitú, per trascinarti fuori dalla via nella quale l’Eterno, il tuo DIO, ti ha ordinato di camminare. In questo modo estirperai il male in mezzo a te. e tuo fratello, figlio di tua madre, tuo figlio, tua figlia, la moglie che riposa sul tuo seno o l’amico che ti è caro come la tua stessa anima ti incita in segreto, dicendo: »Andiamo a servire altri dèi«, che né tu né i tuoi padri avete mai conosciuto, divinità dei popoli che vi circondano, vicini a te o da te lontani, da una estremità della terra all’altra estremità della terra, non cedere a lui e non dargli ascolto; l’occhio tuo non abbia pietà per lui; non risparmiarlo, non nasconderlo. Ma tu lo dovrai uccidere; la tua mano sia la prima a levarsi contro di lui, per metterlo a morte; poi venga la mano di tutto il popolo. Tu lo lapiderai con pietre ed egli morirà, perché ha cercato di farti allontanare dall’Eterno, il tuo DIO che ti fece uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitú. Così tutto Israele udrà e avrà timore, e non commetterà piú una cosa malvagia come questa in mezzo a te. Se in una delle tue città, che l’Eterno il tuo DIO, ti dà per abitarvi, senti dire che uomini perversi sono usciti di mezzo a te e hanno sedotto gli abitanti della loro città dicendo: »Andiamo a servire altri dèi«, che voi non avete mai conosciuto, tu farai indagini, investigherai e interrogherai con cura; e se è vero e certo che tale abominio è stato realmente commesso in mezzo a te, allora passerai a fil di spada gli abitanti di quella città, votando allo sterminio essa e tutto ciò che vi è, e passerai a fil di spada anche il suo bestiame. Poi ammasserai tutto il suo bottino in mezzo alla piazza e brucerai col fuoco la città e l’intero suo bottino davanti all’Eterno, il vostro DIO; essa rimarrà un cumulo di rovine per sempre e non sarà mai piú ricostruita. Perciò nulla di ciò che è votato allo sterminio si attaccherà alle tue mani, affinché l’Eterno desista dall’ardore della sua ira e ti usi misericordia, abbia pietà di te e ti moltiplichi, come giurò ai tuoi padri, perché tu hai dato ascolto alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, osservando tutti i suoi comandamenti che oggi ti prescrivo e facendo ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, il tuo DIO«. »Voi siete i figli dell’Eterno, il vostro DIO; non vi farete incisioni e non vi raderete tra gli occhi per un morto; poiché tu sei un popolo santo all’Eterno, il tuo DIO, e l’Eterno ti ha scelto per essere un popolo suo, un tesoro particolare fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra. Non mangerai cosa alcuna abominevole. Questi sono gli animali che potete mangiare: il bue, la pecora, la capra, il cervo, la gazzella, il daino, lo stambecco, l’antilope, il capriolo e il camoscio. Potete mangiare ogni animale che ha lo zoccolo spaccato e il piede diviso e che rumina tra gli animali. Ma di quelli che ruminano soltanto o che hanno soltanto lo zoccolo spaccato o il piede diviso non mangerete il cammello, la lepre e il tasso, che ruminano ma non hanno lo zoccolo spaccato; per voi sono impuri; anche il porco, che ha lo zoccolo spaccato ma non rumina, è impuro per voi. Non mangerete la loro carne e non toccherete i loro corpi morti. Fra tutti gli animali che vivono nelle acque, potete mangiare tutti quelli che hanno pinne e squame; ma non mangerete alcuno di quelli che non hanno pinne e squame; sono impuri per voi. Potete mangiare ogni uccello puro; ma non mangerete questi: l’aquila, l’ossifraga, il falco di mare, Il nibbio, il falco e ogni specie di avvoltoi, ogni specie di corvi, lo struzzo, il barbagianni, il gabbiano e ogni specie di sparvieri, Il gufo, l’ibis, il cigno, il pellicano, il martin pescatore, il cormorano, la cicogna, ogni specie di aironi, l’upupa e il pipistrello. Ogni insetto che vola è impuro per voi; non ne mangerete. Potete invece mangiare ogni uccello puro. Non mangerete alcuna bestia morta di morte naturale; la puoi dare allo straniero che è entro le tue porte perché la mangi o la puoi vendere a un estraneo, perché tu sei un popolo consacrato all’Eterno, il tuo DIO. Non farai cuocere il capretto nel latte di sua madre. Ti impegnerai a dar la decima di tutto ciò che semini e che il campo produce ogni anno. Mangerai davanti all’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che egli ha scelto per farvi dimorare il suo nome, la decima del tuo frumento, del tuo mosto, del tuo olio, e i primogeniti delle tue mandrie e delle tue greggi, affinché tu impari a temere sempre l’Eterno, il tuo DIO. Ma se il cammino è troppo lungo per te e tu non puoi portare le decime fino là, perché il luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto per stabilirvi il suo nome è troppo lontano da te, quando l’Eterno, il tuo DIO, ti avrà benedetto, allora le convertirai in denaro e con il denaro in mano andrai al luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto, e userai quel denaro per comprare tutto ciò che il tuo cuore desidera: buoi, pecore, vino, bevande inebrianti, o qualunque cosa il tuo cuore desidera; e là mangerai davanti all’Eterno, il tuo DIO, e gioirai, tu con la tua famiglia. Inoltre non trascurerai il Levita che abita entro le tue porte, perché non ha parte né eredità con te. Alla fine di ogni tre anni, metterai da parte tutte le decime dei tuoi prodotti del terzo anno, e le riporrai entro le tue porte; e il Levita, che non ha parte né eredità con te, e lo straniero e l’orfano e la vedova che si trovano entro le tue porte verranno, mangeranno e si sazieranno, affinché l’Eterno, il tuo DIO, ti benedica in ogni lavoro a cui metterai mano«. »Alla fine di ogni sette anni concederai la remissione dei debiti. E questa sarà la forma della remissione: Ogni creditore condonerà ciò che ha dato in prestito al suo prossimo; non esigerà la restituzione dal suo prossimo e dal suo fratello, perché è stata proclamata la remissione dell’Eterno. Potrai richiederlo dallo straniero; ma condonerai al tuo fratello quanto egli ti deve. Non vi sarà tuttavia alcun bisognoso tra di voi, poiché l’Eterno ti benedirà grandemente nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità, perché tu lo possieda, solo però se tu ubbidisci diligentemente alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, avendo cura di mettere in pratica tutti questi comandamenti, che oggi ti prescrivo. Poiché l’Eterno, il tuo DIO, ti benedirà come ti ha promesso; allora farai prestiti a molte nazioni, ma tu non chiederai prestiti; dominerai su molte nazioni, ma esse non domineranno su di te. Se vi sarà qualche tuo fratello bisognoso in mezzo a te, in alcuna delle tue città del paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà, non indurirai il tuo cuore e non chiuderai la tua mano davanti al tuo fratello bisognoso; ma gli aprirai generosamente la tua mano e gli presterai quanto gli occorre per venire incontro al bisogno in cui si trova. Bada che non vi sia alcun cattivo pensiero nel tuo cuore, che ti faccia dire: »Il settimo anno, l’anno di remissione, è vicino«, e il tuo occhio sia cattivo verso il tuo fratello bisognoso e tu non gli dia nulla; egli griderebbe contro di te all’Eterno e ci sarebbe del peccato in te. Dàgli generosamente, e il tuo cuore non si rattristi quando gli dai, perché proprio per questo, l’Eterno, il tuo DIO, ti benedirà in ogni tuo lavoro e in ogni cosa a cui porrai mano. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese, perciò io ti do questo comandamento e ti dico: »Apri generosamente la tua mano a tuo fratello, al tuo povero e al tuo bisognoso nel tuo paese«. Se un tuo fratello ebreo o una sorella ebrea si vende a te, ti servirà sei anni; ma il settimo, lo lascerai andare da te libero. Quando poi lo manderai via da te libero, non lo lascerai andare a mani vuote; lo fornirai generosamente di doni del tuo gregge, della tua aia e del tuo strettoio; gli farai parte delle benedizioni di cui l’Eterno, il tuo DIO, ti avrà ricolmato; e ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d’Egitto e che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha redento; perciò oggi io ti comandoquesto. Ma se egli dovesse dirti: »Non voglio andarmene da te«, perché ama te e la tua casa, dato che prospera con te, allora prenderai un punteruolo, gli forerai l’orecchio contro la porta ed egli sarà tuo schiavo per sempre. Lo stesso farai per la tua schiava. Non ti deve sembrare difficile rimandarlo da te libero, poiché t’ha servito sei anni a metà prezzo di un bracciante; e l’Eterno, il tuo DIO, ti benedirà in tutto ciò che farai. Consacrerai all’Eterno, il tuo DIO, tutti i primogeniti maschi che nasceranno dalla tua mandria e dal tuo gregge. Non farai alcun lavoro con il primogenito della tua vacca e non toserai il primogenito della tua pecora. Li mangerai ogni anno, tu e la tua famiglia, davanti all’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che l’Eterno ha scelto. Ma se l’animale ha qualche difetto, se è zoppo, cieco, o ha qualche altro grave difetto, non lo sacrificherai all’Eterno, il tuo DIO; lo mangerai entro le tue porte; l’impuro e il puro lo possono ugualmente mangiare, come se fosse una gazzella o un cervo. Ma non ne mangerai il sangue; lo verserai per terra come l’acqua«. »Osserva il mese di Abib e celebra la Pasqua in onore dell’Eterno, il tuo DIO, perché nel mese di Abib, l’Eterno, il tuo DIO, ti fece uscire dall’Egitto, durante la notte. Immolerai perciò la Pasqua all’Eterno, il tuo DIO, con animali presi dal gregge e dalla mandria, nel luogo che l’Eterno ha scelto per farvi dimorare il suo nome. Non mangerai con essa pane lievitato; per sette giorni mangerai con essa pane azzimo, pane di afflizione (poiché uscisti in fretta dal paese d’Egitto), affinché ti ricordi del giorno che uscisti dal paese d’Egitto tutti i giorni della tua vita. Non si vedrà lievito presso di te, entro tutti i tuoi confini, per sette giorni; e non rimarrà nulla della carne che hai immolato la sera del primo giorno per tutta la notte fino al mattino. Non potrai immolare la Pasqua in una qualsiasi città che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà, ma immolerai la Pasqua solamente nel luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto per farvi dimorare il suo nome; la immolerai la sera, al tramontare del sole, nell’ora in cui uscisti dall’Egitto. Farai cuocere la vittima e la mangerai nel luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto; e al mattino te ne potrai andare e rientrare alle tue tende. Per sei giorni mangerai pane senza lievito; e il settimo giorno vi sarà una solenne assemblea in onore dell’Eterno, il tuo DIO; non farai in esso alcun lavoro. Conterai sette settimane; inizia a contare sette settimane dal tempo che cominci a mietere il grano; poi celebrerai la festa delle Settimane in onore dell’Eterno, il tuo DIO, mediante offerte volontarie da parte tua, che porterai nella misura che l’Eterno, il tuo DIO, ti benedice. E gioirai davanti all’Eterno, il tuo DIO, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, il Levita che è entro le tue porte, e lo straniero, l’orfano e la vedova che sono in mezzo a te, nel luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto per farvi dimorare il suo nome. Ti ricorderai che fosti schiavo in Egitto e avrai cura di mettere in pratica questi statuti. Celebrerai la festa delle Capanne per sette giorni, dopo aver raccolto il prodotto della tua aia e del tuo strettoio; e gioirai nella tua festa, tu, tuo figlio e tua figlia, il tuo servo e la tua serva, e il Levita, lo straniero, l’orfano e la vedova che sono entro le tue porte. Celebrerai una festa per sette giorni in onore dell’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che l’Eterno ha scelto, perché l’Eterno, il tuo DIO, ti benedirà in tutto il tuo raccolto e in tutto il lavoro delle tue mani e tu sarai grandemente contento. Tre volte all’anno ogni tuo maschio si presenterà davanti all’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che egli ha scelto: nella festa dei pani azzimi, nella festa delle Settimane e nella festa delle Capanne; nessuno di essi si presenterà davanti all’Eterno a mani vuote. Ma ognuno darà da parte sua secondo la benedizione che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha dato. Costituirai dei giudici e dei magistrati nelle tue porte per ogni tua tribú, in tutte le città che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà; ed essi giudicheranno il popolo con giuste sentenze. Non pervertirai il diritto, non userai parzialità e non accetterai regali, perché il regalo acceca gli occhi dei saggi e corrompe le parole dei giusti. Seguirai interamente la giustizia, affinché tu viva e possieda il paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà. Non erigerai per te nessuna Ascerah di alcuna specie di legno accanto all’altare che costruirai all’Eterno, il tuo DIO; e non erigerai alcuna colonna sacra, che l’Eterno, il tuo DIO, odia. »Non immolerai all’Eterno, il tuo DIO, bue o pecora o capra che abbia alcun difetto o deformità, perché sarebbe cosa abominevole per l’Eterno, il tuo DIO. Se si trova in mezzo a te, in una delle città che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà, un uomo o una donna che faccia ciò che è male agli occhi dell’Eterno, il tuo DIO, trasgredendo il suo patto, e che vada a servire altri dèi e si prostri davanti a loro, davanti al sole o alla luna o a tutto l’esercito celeste, cosa che io non ho comandato, e ti è stato riferito e ne hai sentito parlare, allora investiga diligentemente; e se è vero e certo che tale abominazione è stata commessa in Israele, farai condurre alle porte della tua città quell’uomo o quella donna che ha commesso quell’azione malvagia, e lapiderai con pietre quell’uomo o quella donna; così moriranno. Colui che deve morire sarà messo a morte sulla deposizione di due o di tre testimoni; ma non sarà messo a morte sulla deposizione di un solo testimone. La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui per farlo morire; poi seguirà la mano di tutto il popolo; così estirperai il male di mezzo a te. Se sorge un caso che è troppo difficile per te da giudicare, tra omicidio e omicidio, tra una causa e l’altra, tra un ferimento e l’altro, casi di disputa entro le tue porte, ti leverai e salirai al luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto; e andrai dai sacerdoti levitici e dal giudice in carica a quel tempo e li consulterai; essi allora pronuncieranno la sentenza di giudizio; e tu ti atterrai alla sentenza che essi ti hanno indicato nel luogo che l’Eterno ha scelto, e avrai cura di fare tutto ciò che ti hanno insegnato. Ti atterrai alla legge che ti hanno insegnato e al giudizio che ti hanno dichiarato; non devierai dalla sentenza che ti hanno indicato, né a destra né a sinistra. Ma l’uomo che agirà con presunzione e non darà ascolto al sacerdote che sta là per servire l’Eterno, il tuo DIO, o al giudice, quell’uomo morirà; così toglierai via il male da Israele; così tutto il popolo verrà a saperlo, ne avrà timore e non agirà piú con presunzione. Quando entrerai nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà e ne prenderai possesso e l’abiterai, se dici: »Voglio costituire sopra di me un re come tutte le nazioni che mi circondano«. dovrai costituire sopra di te il re che l’Eterno, il tuo DIO, sceglierà. Costituirai sopra di te un re scelto tra i tuoi fratelli; non potrai costituire sopra di te uno straniero che non sia tuo fratello. Ma egli non deve procurarsi un gran numero di cavalli, né deve far tornare il popolo in Egitto per procurarsi un gran numero di cavalli, poiché l’Eterno vi ha detto: »Non ritonerete piú per quella via«. Non deve procurarsi un gran numero di mogli, affinché il suo cuore non si svii; e non deve accumulare per se stesso una gran quantità di argento e d’oro. Inoltre, quando siederà sul trono del suo regno, scriverà per suo uso in un libro una copia di questa legge, secondo l’esemplare dei sacerdoti levitici. La terrà presso di sé e la leggerà tutti i giorni della sua vita, per imparare a temere l’Eterno, il suo DIO, e a mettere in pratica tutte le parole di questa legge e questi statuti, perché il suo cuore non si innalzi sopra i suoi fratelli ed egli non devii da questo comandamento né a destra né a sinistra, e prolunghi così i suoi giorni nel suo regno, lui e i suoi figli, in mezzo a Israele«. I sacerdoti levitici, tutta la tribú di Levi, non avranno parte né eredità con Israele; vivranno dei sacrifici fatti col fuoco all’Eterno, la sua eredità. Non avranno alcuna eredità tra i loro fratelli; poiché l’Eterno è la loro eredità, come ha detto loro. Questo è ciò che è dovuto al sacerdote da parte del popolo, da quelli che offrono un sacrificio, sia esso un bue o una pecora o capra: essi daranno al sacerdote la spalla, le mascelle e lo stomaco. Gli darai le primizie del tuo frumento, del tuo mosto e del tuo olio, e le primizie della tosatura delle tue pecore; poiché l’Eterno, il tuo DIO, lo ha scelto fra tutte le tue tribú, per compiere il servizio nel nome dell’Eterno, lui e i suoi figli per sempre. Or se un Levita, proveniente da una delle tue città dell’intero Israele, dove egli risiedeva, viene con tutto il desiderio del suo cuore al luogo che l’Eterno ha scelto, allora egli potrà servire nel nome dell’Eterno, il suo DIO, come tutti i suoi fratelli Leviti che stanno là davanti all’Eterno. Essi riceveranno per il loro sostentamento parti uguali, oltre al ricavato della vendita del suo patrimonio. Quando entrerai nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà, non imparerai a seguire le abominazioni di quelle nazioni. Non si trovi in mezzo a te chi faccia passare il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco, né chi pratichi la divinazione, né indovino, né chi interpreta presagi, né chi pratica la magia, né chi usa incantesimi, né un medium che consulta spiriti, né uno stregone, né chi evoca i morti, perché tutti quelli che fanno queste cose sono in abominio all’Eterno; e a motivo di queste abominazioni, l’Eterno, il tuo DIO, sta per scacciarli davanti a te. Tu sarai integro davanti all’Eterno, il tuo DIO; poiché quelle nazioni, che tu scaccerai, hanno dato ascolto a indovini e a maghi; ma, quanto a te, l’Eterno, il tuo DIO, non ha permesso che tu faccia così. L’Eterno, il tuo DIO, susciterà per te un profeta come me, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli; a lui darete ascolto, in base a tutto ciò che chiedesti all’Eterno, il tuo DIO, in Horeb, il giorno dell’assemblea, quando dicesti: »Che io non oda piú la voce dell’Eterno, il mio DIO, e non veda piú questo gran fuoco, perché non muoia«. E l’Eterno mi disse: »Ciò che hanno detto, va bene; io susciterò per loro un profeta come te di mezzo ai loro fratelli e porrò le mie parole nella sua bocca, ed egli dirà loro tutto ciò che io gli comanderò. E avverrà che se qualcuno non ascolterà le mie parole che egli dice in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che ha la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire o che parla in nome di altri dèi, quel profeta sarà messo a morte". E se tu dici in cuor tuo: »Come faremo a riconoscere la parola che l’Eterno non ha proferito?«. Quando il profeta parla in nome dell’Eterno e la cosa non succede e non si avvera, quella è una cosa che l’Eterno non ha proferito; l’ha detta il profeta per presunzione; non aver paura di lui«. »Quando l’Eterno, il tuo DIO, avrà sterminato le nazioni delle quali l’Eterno, il tuo DIO, ti dà il paese, e tu le scaccerai e abiterai nelle loro città e nelle loro case, ti metterai da parte tre città, in mezzo al paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità. Preparerai delle strade e dividerai in tre parti il territorio del paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità, affinché ogni omicida vi si possa rifugiare. E questa è la regola per l’omicida che si rifugia là, per aver salva la vita: chiunque ha ucciso il suo prossimo involontariamente, senza averlo odiato prima. Così, quando uno va con il suo compagno nel bosco a tagliar legna e, mentre vibra un colpo con la scure per abbattere un albero, il ferro gli sfugge dal manico e colpisce il compagno che poi muore, quel tale si rifugerà in una di queste città ed avrà salva la vita; perché il vendicatore del sangue, mentre l’ira gli arde in cuore, non insegua l’omicida e lo raggiunga, quando il cammino è troppo lungo, e lo uccida anche se non meritava la morte, perché nel passato non aveva odiato il compagno. Perciò ti comando così: »Mettiti da parte tre città«. Se poi l’Eterno, il tuo DIO, allarga i tuoi confini, come giurò ai tuoi padri e ti dà tutto il paese che promise di dare ai tuoi padri, se tu osservi tutti questi comandamenti che oggi ti prescrivo, amando l’Eterno, il tuo DIO, e camminando sempre nelle sue vie, allora aggiungerai altre tre città a quelle tre, affinché non si sparga sangue innocente in mezzo al paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità e tu non ti renda colpevole di omicidio. Ma se un uomo odia il suo prossimo, gli tende un agguato, lo aggredisce e lo ferisce a morte, e poi si rifugia in una di quelle città, gli anziani della sua città lo manderanno a prendere di là e lo consegneranno in mano al vendicatore del sangue affinché sia messo a morte. Il tuo occhio non avrà pietà di lui, ma rimuoverai da Israele la colpa di aver sparso sangue innocente, e così prospererai. Non sposterai i confini del tuo vicino, posti dagli antenati nell’eredità che otterrai nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in possesso. Un solo testimone non basterà ad incolpare alcuno per qualsiasi crimine o peccato abbia commesso; il fatto sarà stabilito sulla deposizione di due o di tre testimoni. Se contro qualcuno si leva un falso testimone per accusarlo di un delitto, allora i due uomini fra i quali ha luogo la vertenza compariranno davanti all’Eterno, davanti ai sacerdoti e ai giudici in carica in quei giorni. I giudici indagheranno con cura; e se quel testimone risulta un testimone falso, che ha deposto il falso contro suo fratello, allora farete a lui ciò che intendeva fare a suo fratello. Così estirperai il male di mezzo a te. Gli altri verranno a saperlo e ne avranno paura, e d’allora in poi non si commetterà piú in mezzo a te una tale azione malvagia. L’occhio tuo non avrà pietà, ma sarà: vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede«. »Quando andrai in guerra contro i tuoi nemici e vedrai cavalli e carri e gente in maggior numero di te, non aver paura di loro, perché l’Eterno, il tuo DIO, che ti fece salire dal paese d’Egitto, è con te. Così, quando sarete sul punto di dare battaglia, il sacerdote si farà avanti e parlerà al popolo e gli dirà: »Ascolta, Israele! Oggi voi state per dare battaglia ai vostri nemici; il vostro cuore non venga meno; non abbiate paura, non vi smarrite e non vi spaventate davanti a loro, perché l’Eterno, il vostro DIO, è colui che marcia con voi per combattere per voi contro i vostri nemici e per salvarvi. Poi gli ufficiali parleranno al popolo, dicendo: »C’è qualcuno che ha costruito una casa nuova e non l’ha ancora inaugurata? Se ne vada e ritorni a casa sua, perché non abbia a morire in battaglia e un altro inauguri la casa. C’è qualcuno che ha piantato una vigna e non ne ha ancora goduto il frutto? Se ne vada e ritorni a casa sua, perché non abbia a morire in battaglia e un altro ne goda il frutto. C’è qualcuno che si è fidanzato con una donna e non l’ha ancora presa con sé? Se ne vada e ritorni a casa sua, perché non abbia a morire in battaglia e un altro se la prenda". Poi gli ufficiali parleranno ancora al popolo, dicendo: »C’è qualcuno che ha paura e a cui viene meno il coraggio? Se ne vada e ritorni a casa sua, perché il coraggio dei suoi fratelli non abbia a venir meno come il suo«. Ora quando gli ufficiali avranno finito di parlare al popolo, costituiranno sul popolo i comandanti delle schiere. Quando ti avvicinerai a una città per attaccarla, le offrirai prima la pace. Se accetta la tua offerta di pace e ti apre le sue porte, tutto il popolo che vi si trova pagherà i tributi e ti servirà. Ma se non vuole far pace con te e ti vuole far guerra, allora la stringerai d’assedio. Quando poi l’Eterno il tuo DIO, te la darà nelle mani, passerai tutti i maschi a fil di spada; ma le donne i bambini, il bestiame e tutto ciò che sarà nella città, tutto quanto il suo bottino, li prenderai come tua preda; e mangerai il bottino dei tuoi nemici che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha dato. Così farai per tutte le città che sono molto lontane da te e che non sono cittá di queste nazioni. Ma delle città di questi popoli che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità, non lascerai niente che respiri in vita; ma li voterai a completo sterminio, e cioè: gli Hittei, gli Amorei, i Cananei, i Perezei, gli Hivvei e i Gebusei, come l’Eterno, il tuo DIO, ti ha comandato, Affinché essi non vi insegnino a imitare tutte le abominazioni che fanno per i loro dèi, e voi non pecchiate contro l’Eterno, il vostro DIO. Quando stringerai d’assedio una città per lungo tempo, combattendo contro di essa per espugnarla, non ne distruggerai gli alberi a colpi di scure; ne mangerai il frutto, ma non li abbatterai; poiché l’albero della campagna è forse un uomo che tu l’abbia ad usare nell’assedio? Ma potrai distruggere e abbattere gli alberi che sai non essere alberi da frutto, per costruire opere d’assedio contro la città che ti fa guerra, finché non sia caduta«. »Se nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, sta per darti in possesso, si trova un uomo ucciso, disteso in un campo, e non si sa chi l’abbia ucciso, i tuoi anziani e i tuoi giudici usciranno e misureranno la distanza fra l’ucciso e le cittá dei dintorni. Poi gli anziani della città piú vicina all’ucciso prenderanno una giovenca che non abbia ancora lavorato né portato il giogo. Gli anziani di quella cittá faranno scendere la giovenca presso un corso di acqua corrente, in luogo che non è né arato né seminato, e là vicino al corso d’acqua spezzeranno il collo alla giovenca. Poi si avvicineranno i sacerdoti, figli di Levi perché l’Eterno il tuo DIO, li ha scelti per servirlo e per dare la benedizione nel nome dell’Eterno, e la loro parola deve decidere ogni controversia e ogni lesione corporale. Allora tutti gli anziani della città, che è piú vicina all’ucciso, si laveranno le mani sulla giovenca a cui è stato spezzato il collo vicino al corso d’acqua; e, prendendo la parola, diranno: »Le nostre mani non hanno sparso questo sangue, né i nostri occhi hanno visto. O Eterno, perdona al tuo popolo Israele che tu hai riscattato, e non addossare la colpa di sangue innocente sul tuo popolo Israele". E quel sangue sarà loro perdonato. Così tu toglierai di mezzo a te la colpa del sangue innocente, facendo ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno. Quando andrai in guerra contro i tuoi nemici e l’Eterno, il tuo DIO, te li darà nelle mani e tu li farai prigionieri, se vedi tra i prigionieri una donna di bell’aspetto e ti piace tanto da volerla prendere per tua moglie, la condurrai a casa tua, ed ella si raderà il capo e si taglierà le unghie, si leverà la veste di prigioniera, abiterà in casa tua e farà cordoglio per suo padre e sua madre un mese intero; poi entrerai da lei, e sarai suo marito e lei tua moglie. Se in seguito non ti piace piú, la lascerai andare dove vuole, ma non la potrai affatto vendere per denaro né trattarla da schiava, perché l’hai umiliata. Se un uomo ha due mogli, l’una amata e l’altra odiata, e tanto l’amata che l’odiata gli hanno generato dei figli, se il primogenito è figlio dell’odiata, nel giorno che lascia per testamento i beni che possiede ai figli non potrà segnare la primogenitura al figlio dell’amata, preferendolo al figlio dell’odiata che è il primogenito; ma riconoscerà come primogenito il figlio dell’odiata, dandogli una parte doppia di tutto ciò che possiede; poiché egli è la primizia del suo vigore e a lui appartiene il diritto di primogenitura. Se un uomo ha un figlio caparbio e ribelle che non ubbidisce né alla voce di suo padre né alla voce di sua madre e, benché l’abbiano castigato, non dà loro retta, suo padre e sua madre lo prenderanno e lo porteranno dagli anziani della sua città, alla porta del luogo dove abita, e diranno agli anziani della sua città: »Questo nostro figlio è caparbio e ribelle; non vuole ubbidire alla nostra voce; è un ghiottone e un ubriacone«. Allora tutti gli uomini della sua città lo lapideranno con pietre ed egli morirà; così sradicherai il male di mezzo a te, e tutto Israele verrà a saperlo e avrà timore. Se uno ha commesso un delitto che merita la morte ed è stato messo a morte, e tu l’hai appeso a un albero, il suo cadavere non rimarrà tutta la notte sull’albero, ma lo seppellirai lo stesso giorno; perché colui che è appeso è maledetto da Dio, e tu non contaminerai la terra che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità«. »Se vedi il bue o la pecora di tuo fratello che si sono smarriti, tu non fingerai di non averli visti, ma ti impegnerai a riportarli da tuo fratello. E se tuo fratello non abita vicino a te e non lo conosci, porterai l’animale a casa tua e rimarrà da te affinché tuo fratello ne andrà in cerca; e allora glielo renderai. Lo stesso farai con il suo asino, con la sua veste e con qualunque altro oggetto che tuo fratello ha smarrito e che tu hai trovato; tu non fingerai di non averli visti. Se vedi l’asino di tuo fratello o il suo bue caduto lungo la strada, tu non fingerai di non averli visti, ma aiuterai tuo fratello a rialzarli. La donna non indosserà abiti da uomo, né l’uomo indosserà abiti da donna, perché chiunque fa tali cose è in abominio all’Eterno, il tuo DIO. Se, cammin facendo, ti capita di trovare su un albero o per terra un nido di uccello con gli uccellini o con le uova e la madre che cova gli uccellini o le uova, non prenderai la madre con i piccoli; ma lascerai andare la madre e prenderai per te i piccoli, affinché tu possa prosperare e prolungare i tuoi giorni. Quando costruirai una casa nuova, farai un parapetto intorno al tuo tetto, per non attirare una colpa di sangue sulla tua casa, se qualcuno dovesse cadere dal tetto. Non seminerai nella tua vigna semi di specie diverse, perché il prodotto di ciò che hai seminato e la rendita della vigna non siano contaminate. Non lavorerai con un bue e un asino insieme. Non porterai vestito di tessuto misto, fatto di lana e di lino. Metterai delle frange ai quattro angoli del mantello con cui ti copri. Se un uomo sposa una donna, entra da lei e poi la prende in odio, e l’accusa di cose vergognose e le fa una cattiva reputazione, dicendo: »Ho preso questa donna, ma quando mi sono accostato a lei non ho trovato in lei i segni della verginità«, il padre e la madre della giovane prenderanno i segni della verginità della giovane e li mostreranno agli anziani della città, alla porta; e il padre della giovane dirà agli anziani: »lo ho dato mia figlia in moglie a quest’uomo, ma egli l’ha presa in odio, ed ora l’accusa di cose vergognose, dicendo: Non ho trovato in tua figlia segni della verginità; ma questi sono i segni della verginità di mia figlia". E spiegheranno il panno davanti agli anziani della città. Allora gli anziani di quella città prenderanno il marito e lo puniranno con battiture; e poiché ha sparso una cattiva reputazione su una vergine d’Israele, gli imporranno un’ammenda di cento sicli d’argento, che daranno al padre della giovane; così essa rimarrà sua moglie ed egli non potrà mandarla via finché vive. Ma se la cosa è vera e nella giovane non sono stati trovati i segni della verginità, allora faranno uscire la giovane all’ingresso della casa di suo padre e la gente della sua città la lapiderà con pietre ed essa morirà, perché ha commesso un’atto infame in Israele, facendo la prostituta in casa di suo padre. Così estirperai il male di mezzo a te. Se un uomo viene trovato coricato con una donna maritata, moriranno entrambi: l’uomo che si è coricato con la donna e la donna. Così estirperai il male di mezzo a Israele. Quando una fanciulla vergine è fidanzata, e un uomo la trova in città e si corica con lei, li condurrete ambedue alla porta di quella città e li lapiderete con pietre, ed essi moriranno: la fanciulla perché, pur essendo in città, non ha gridato, e l’uomo perché ha disonorato la donna del suo prossimo. Così estirperai il male di mezzo a te. Ma se l’uomo trova una fanciulla fidanzata, in campagna, le fa violenza e si corica con lei, allora morirà solamente l’uomo che si è coricato con lei; ma non farai niente alla fanciulla; nella fanciulla non c’è alcun peccato che merita la morte, perché questo caso è come quando un uomo si leva contro il suo prossimo e l’uccide; egli infatti l’ha trovata in campagna; la fanciulla fidanzata ha gridato, ma non c’era nessuno che la potesse salvare. Se un uomo trova una fanciulla vergine che non sia fidanzata, la prende e si corica con lei, e sono sorpresi in flagrante, l’uomo che si è coricato con lei darà al padre della fanciulla cinquanta sicli d’argento, ed ella sarà sua moglie, perché l’ha disonorata e non potrà mandarla via finché egli vive. Nessuno prenderà la moglie di suo padre né solleverà il lembo della coperta di suo padre«. »Chi è stato evirato mediante schiacciamento o mutilazione, non entrerà nell’assemblea dell’Eterno. Un bastardo non entrerà nell’assemblea dell’Eterno; nessuno dei suoi discendenti, neppure alla decima generazione, entrerà nell’assemblea dell’Eterno. L’Ammonita e il Moabita non entreranno nell’assemblea dell’Eterno, nessuno dei loro discendenti, neppure alla decima generazione, entrerà mai nell’assemblea dell’Eterno, perché non vi vennero incontro con il pane e con l’acqua per strada quando usciste dall’Egitto, e perché assoldarono contro di te Balaam, figlio di Beor da Pethor in Mesopotamia, per maledirti. Ciò nonostante l’Eterno, il tuo DIO, non volle ascoltare Balaam; ma l’Eterno, il tuo DIO, mutò per te la maledizione in benedizione, perché l’Eterno, il tuo DIO, ti ama. Non cercherai né la loro pace né la loro prosperità, finché tu viva, mai. Non aborrirai l’Idumeo, perché egli è tuo fratello; non aborrirai l’Egiziano, perché fosti straniero nel suo paese; i figli che nasceranno loro potranno, alla terza generazione, entrare nell’assemblea dell’Eterno. Quando uscirai con l’esercito contro i tuoi nemici, guardati da ogni cosa malvagia. Se vi è qualcuno in mezzo a te che sia impuro a motivo di un evento notturno, uscirà dall’accampamento e non vi rientrerà; sulla sera si laverà con acqua e dopo il tramonto del sole potrà rientrare nell’accampamento. Avrai pure un posto fuori dell’accampamento, e là andrai per i tuoi bisogni; e fra i tuoi utensili avrai un piolo e, quando andrai ad accovacciarti fuori, con esso scaverai una buca e poi coprirai i tuoi escrementi. Poiché l’Eterno, il tuo DIO, cammina in mezzo al tuo accampamento per liberarti e per darti nelle mani i tuoi nemici; perciò il tuo accampamento sarà santo, perché l’Eterno non veda in mezzo a te alcuna indecenza e si ritiri da te. Non consegnerai al suo padrone lo schiavo che è scappato dal suo padrone per rifugiarsi da te. Egli abiterà con te, in mezzo a voi, nel luogo che ha scelto, in quella delle tue città che gli parrà meglio; e non lo molesterai. Non vi sarà alcuna donna dedita alla prostituzione sacra tra le figlie d’Israele, né vi sarà alcun uomo dedito alla prostituzione sacra tra i figli d’Israele. Nella casa dell’Eterno, il tuo DIO, non porterai la mercede di una prostituta né il prezzo di un cane, per alcun voto, perché entrambe queste cose sono un abominio per l’Eterno, il tuo DIO. A tuo fratello non darai in prestito ad interesse: per denaro, interesse per cibo o per qualsiasi cosa che si presta a interesse. Allo straniero potrai prestare a interesse, ma non a tuo fratello, affinché l’Eterno, il tuo DIO, ti benedica in tutto ciò a cui porrai mano nel paese che stai per entrare ad occupare. Quando fai un voto all’Eterno, il tuo DIO, non tarderai ad adempierlo, perché l’Eterno, il tuo DIO, te ne chiederà certamente conto e tu saresti colpevole; ma se ti astieni dal far voti, non commetti peccato. Mantieni e compi la parola uscita dalle tue labbra, perché ti sei spontaneamente impegnato davanti all’Eterno, il tuo DIO, mediante ciò che hai promesso con la tua bocca. Quando entri nella vigna del tuo vicino, potrai a tuo piacere mangiar dell’uva a sazietà, ma non ne metterai nel tuo paniere. Quando entri nel campo di grano del tuo vicino, potrai coglierne delle spighe con la mano; ma non userai la falce nel campo di grano del tuo vicino«. »Quando uno prende una donna e la sposa, se poi avviene che essa non gli è piú gradita perché ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio, glielo dia in mano e la mandi via da casa sua; se ella esce da casa sua e va e diviene moglie di un altro uomo, se quest’ultimo marito la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo da in mano e la manda via da casa sua, o se quest’ultimo marito che l’aveva presa in moglie viene a morire, il primo marito che l’aveva mandata via non potrà riprenderla in moglie, dopo che è stata contaminata perché questo è un abominio agli occhi dell’Eterno; e tu non macchierai di peccato il paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità. Se un uomo si è appena sposato non andrà in guerra e non gli sarà dato alcun incarico; sarà libero a casa sua per un anno e farà lieta la moglie che ha sposato. Nessuno prenderà in pegno la macina inferiore o la macina superiore, perché sarebbe come prendere in pegno la vita di uno. Se si sorprende un uomo a rapire uno dei suoi fratelli fra i figli d’Israele e lo maltratta e lo vende, quel rapitore sarà messo a morte; così estirperai il male di mezzo a te. In caso di lebbra bada bene di osservare diligentemente e fare tutto ciò che i sacerdoti levitici vi insegneranno; avrete cura di fare come io ho loro comandato. Ricorda ciò che l’Eterno, il tuo DIO, fece a Miriam durante il viaggio, dopo che usciste dall’Egitto. Quando presti qualcosa al tuo vicino non entrerai in casa sua per prendere il suo pegno; rimarrai fuori, e l’uomo a cui hai fatto il prestito ti porterà il pegno fuori. E se quell’uomo è povero, non andrai a dormire avendo ancora il suo pegno. Dovrai restituirgli il pegno, al tramonto del sole, affinché egli possa dormire nel suo mantello e benedirti; e questo ti sarà messo in conto di giustizia agli occhi dell’Eterno, il tuo DIO. Non defrauderai il bracciante povero e bisognoso, sia egli uno dei tuoi fratelli o uno degli stranieri che stanno nel tuo paese, entro le tue porte; gli darai il suo salario il giorno stesso, prima che tramonti il sole, perché egli è povero e a questo va il suo desiderio; così egli non griderà contro di te all’Eterno e non ci sarà peccato in te. Non si metteranno a morte i padri per i figli né si metteranno a morte i figli per i padri; ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato. Non lederai il diritto dello straniero o dell’orfano e non prenderai in pegno la veste dalla vedova; ma ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha redento l’Eterno, il tuo DIO; perciò ti comando di fare questo. Quando fai la mietitura nel tuo campo e dimentichi nel campo un covone, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per lo straniero, per l’orfano e per la vedova, affinché l’Eterno, il tuo DIO, ti benedica in tutta l’opera delle tue mani. Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornerai a ripassare sui rami; le olive rimaste saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. Quando vendemmierai la tua vigna, non ripasserai una seconda volta; i grappoli rimasti saranno per lo straniero, per l’orfano e per la vedova. E ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d’Egitto; perciò ti comando di fare questo«. »Se sorge una lite fra uomini e si, presentano in tribunale, i giudici li giudicheranno, assolvendo l’innocente e condannando il colpevole. Quindi se il colpevole merita d’esser battuto, il giudice lo farà stendere per terra e lo farà battere in sua presenza, con un numero di colpi, secondo la gravità della sua colpa. Può fargli dare quaranta colpi, ma non di piú, perché, oltrepassando ciò e battendolo con un numero maggiore di colpi, tuo fratello non sia disprezzato ai tuoi occhi. Non metterai la museruola al bue che trebbia il grano. Se dei fratelli abitano assieme e uno di essi muore senza lasciar figli, la moglie del defunto non si mariterà ad un estraneo fuori della famiglia; suo cognato entrerà da lei e la prenderà in moglie, compiendo verso di lei il dovere di cognato; e il primogenito che ella partorirà prenderà il nome del fratello defunto, perché il suo nome non sia cancellato in Israele. Ma se quell’uomo non vuole prendere sua cognata, la cognata salirà alla porta dagli anziani e dirà: »Mio cognato rifiuta di risollevare il nome di suo fratello in Israele; egli non vuole compiere verso di me il dovere di cognato«. Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno; e se egli persiste e dice: »Non voglio prenderla«, allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli leverà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e dirà: »Così sarà fatto all’uomo che non vuole edificare la casa di suo fratello«. E il suo nome in Israele sarà chiamato: »La casa di colui al quale è stato rimosso il sandalo«. Se due uomini hanno tra loro una lite, e la moglie di uno si avvicina per liberare suo marito dalle mani di chi lo percuote, stende la mano e lo afferra nei genitali, le taglierai la mano; il tuo occhio non avrà pietà di lei. Non avrai nel tuo sacco due pesi, uno grande e uno piccolo. Non avrai in casa due misure, una grande e una piccola. Avrai un peso esatto e giusto, avrai una misura esatta e giusta, affinché i tuoi giorni siano prolungati nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà. Poiché tutti quelli che fanno tali cose, tutti quelli che si comportano ingiustamente, sono in abominio all’Eterno, il tuo DIO. Ricordati di ciò che ti fece Amalek lungo il cammino, quando usciste dall’Egitto: come ti venne incontro per via, attaccando alle spalle tutti i deboli che venivano per ultimi, quando tu eri stanco e sfinito, e non ebbe alcun timore di DIO. Quando dunque l’Eterno, il tuo DIO, ti darà requie dai tuoi nemici tutt’intorno nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità da occupare, cancellerai il ricordo di Amalek di sotto al cielo; non te ne scordare!«. »Or quando entrerai nel paese, che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà in eredità, e lo possederai e vi abiterai, prenderai alcune delle primizie di tutti i frutti del suolo da te raccolti nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà, le metterai in un paniere e andrai al luogo che l’Eterno, il tuo DIO, ha scelto per farvi dimorare il suo nome. Ti presenterai quindi al sacerdote in carica in quei giorni e gli dirai: »lo dichiaro oggi all’Eterno, il tuo DIO, di essere entrato nel paese che l’Eterno giurò ai nostri padri di darci«. Allora il sacerdote prenderà il paniere dalle tue mani e lo deporrà davanti all’altare dell’Eterno, il tuo DIO; e tu rispondendo dirai davanti all’Eterno, il tuo DIO: »Mio padre era un Arameo sul punto di morire; egli scese in Egitto e vi dimorò come straniero con poca gente, e là diventò una nazione grande, potente e numerosa. Ma gli Egiziani ci maltrattarono, ci oppressero e ci imposero una dura schiavitú. Allora gridammo all’Eterno, il DIO dei nostri padri, e l’Eterno udì la nostra voce, vide la nostra afflizione, il nostro duro lavoro e la nostra oppressione. Così l’Eterno ci fece uscire dall’Egitto con potente mano e con braccio steso, con cose spaventose e con prodigi e segni; ci ha poi condotti in questo luogo e ci ha dato questo paese, paese dove scorre latte e miele. Ed ora, ecco, io ho portato le primizie dei frutti del suolo che tu, o Eterno, mi hai dato!". Le deporrai quindi davanti all’Eterno, il tuo DIO, e ti prostrerai davanti all’Eterno, il tuo DIO; e gioirai, tu, il Levita e lo straniero che è in mezzo a te, per tutte le cose buone che l’Eterno, il tuo DIO, ha dato a te e alla tua casa. Quando hai terminato di dare tutte le decime delle tue entrate nel terzo anno, l’anno delle decime, e le hai date al Levita, allo straniero, all’orfano e alla vedova, perché ne mangino entro le tue porte e siano saziati, dirai davanti all’Eterno, il tuo DIO: »lo ho tolto dalla mia casa ciò che è consacrato, e l’ho dato al Levita, allo straniero, all’orfano e alla vedova, in base a tutto ciò che mi hai comandato; non ho trasgredito né dimenticato alcuno dei tuoi comandamenti. Non ne ho mangiato durante il mio lutto, non ne ho preso quando ero impuro e non ne ho offerto ai morti; ho ubbidito alla voce dell’Eterno, il mio DIO e ho fatto in base a tutto ciò che mi hai comandato. Volgi a noi lo sguardo dalla tua santa dimora, dal cielo, e benedici il tuo popolo d’Israele e il paese che ci hai dato, come giurasti ai nostri padri, un paese dove scorre latte e miele". Oggi l’Eterno, il tuo DIO, ti comanda di mettere in pratica questi statuti e questi decreti; abbi dunque cura di metterli in pratica con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima. Tu oggi hai dichiarato che l’Eterno è il tuo DIO, che camminerai nelle sue vie e osserverai i suoi statuti, i suoi comandamenti e i suoi decreti, e che ubbidirai alla sua voce. Oggi l’Eterno ha pure dichiarato che tu sei il suo popolo, un tesoro particolare, come ti ha detto, perché tu osservi tutti i suoi comandamenti, e perché ti possa innalzare al di sopra di tutte le nazioni che ha fatto per lode, fama e gloria e perché tu possa essere un popolo consacrato all’Eterno, il tuo DIO, come egli ha detto«. Allora Mosè e gli anziani d’Israele, diedero quest’ordine al popolo: »Osservate tutti i comandamenti che oggi vi prescrivo. Il giorno in cui attraverserete il Giordano per entrare nel paese che l’Eterno, il vostro DIO, vi dà, erigerai per te delle grandi pietre e le intonacherai di calce. Poi scriverai su di esse tutte le parole di questa legge, quando attraverserai il Giordano per entrare nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà, un paese dove scorre latte e miele, come l’Eterno, il DIO dei tuoi padri, ti ha detto. Quando dunque attraverserete il Giordano, erigerete sul monte Ebal queste pietre, come oggi vi comando, e le intonacherete di calce. Là costruirai pure un altare all’Eterno, il tuo DIO, un altare di pietre, sulle quali non userai alcun strumento di ferro. Costruirai l’altare dell’Eterno, il tuo DIO, con pietre intatte e su di esso offrirai olocausti all’Eterno, il tuo DIO. Offrirai sacrifici di ringraziamento, e là mangerai e gioirai davanti all’Eterno, il tuo DIO. E scriverai su quelle pietre tutte le parole di questa legge a caratteri molto chiari«. Poi Mosè e i sacerdoti levitici parlarono a tutto Israele, dicendo: »Fa’ silenzio e ascolta, o Israele! Oggi sei divenuto il popolo dell’Eterno, il tuo DIO. Ubbidirai quindi alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, e metterai in pratica i suoi comandamenti e le sue leggi che oggi ti prescrivo«. In quello stesso giorno Mosè diede quest’ordine al popolo, dicendo: »Quando avrete attraversato il Giordano, ecco quelli che staranno sul monte Gherizim per benedire il popolo: Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Giuseppe e Beniamino; ed ecco quelli che staranno sul monte Ebal, per pronunziare la maledizione: Ruben, Gad, Ascer, Zabulon, Dan e Neftali. I Leviti parleranno e diranno ad alta voce a tutti gli uomini d’Israele: "Maledetto l’uomo che fa un’immagine scolpita o di metallo fuso, cosa abominevole per l’Eterno, opera delle mani di un artigiano, e la pone in luogo segreto" E tutto il popolo risponderà e dirà: »Amen«. "Maledetto chi disprezza suo padre o sua madre!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi sposta i confini del vicino!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi fa smarrire al cieco il suo cammino!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi lede il diritto dello straniero, dell’orfano e della vedova!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi si corica con la moglie di suo padre, perché ha sollevato il lembo della coperta di suo padre!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi si corica con qualsiasi bestia!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi si corica con la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi si corica con sua suocera!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi uccide il suo prossimo in segreto!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi accetta un regalo per colpire a morte un innocente!". E tutto il popolo dirà: »Amen«. "Maledetto chi non si attiene alle parole di questa legge, per metterle in pratica!". E tutto il popolo dirà: »Amen««. »Ora, se tu ubbidisci diligentemente alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, avendo cura di mettere in pratica tutti i suoi comandamenti che oggi ti prescrivo, avverrà che l’Eterno, il tuo DIO, ti innalzerà sopra tutte le nazioni della terra; tutte queste benedizioni verranno su di te e ti raggiungeranno, se ascolterai la voce dell’Eterno, il tuo DIO: Sarai benedetto nelle città e sarai benedetto nella campagna. Benedetto sarà il frutto del tuo grembo, il frutto del tuo suolo e il frutto del tuo bestiame, i parti delle tue vacche e il frutto delle tue pecore. Benedetti saranno il tuo paniere e la tua madia. Sarai benedetto quando entri e benedetto quando esci. L’Eterno farà si che i tuoi nemici, che si levano contro di te, siano sconfitti davanti a te; usciranno contro di te per una via, ma fuggiranno davanti a te per sette vie. L’Eterno ordinerà alla benedizione di esser sopra di te nei tuoi granai e in tutto ciò a cui metterai mano; e ti benedirà nel paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti dà. L’Eterno ti stabilirà per essere per lui un popolo santo, come ti ha giurato, se osservi i comandamenti dell’Eterno, il tuo DIO, e se cammini nelle sue vie; così tutti i popoli della terra vedranno che su di te è invocato il nome dell’Eterno e ti temeranno. L’Eterno, il tuo DIO, ti colmerà di beni, nel frutto del tuo grembo, nel frutto del tuo bestiame e nel frutto del tuo suolo nel paese che l’Eterno giurò ai tuoi padri di darti. L’Eterno aprirà per te il suo buon tesoro, il cielo, per dare alla tua terra la pioggia a suo tempo e per benedire tutta l’opera delle tue mani; tu presterai a molte nazioni, ma non prenderai nulla in prestito. L’Eterno ti farà essere la testa e non la coda, e sarai sempre in alto e mai in basso, se ubbidisci ai comandamenti dell’Eterno, il tuo DIO, che oggi ti prescrivo perché li osservi e li metta in pratica. Così non devierai né a destra né a sinistra da alcuna delle parole che oggi vi comando, per seguire altri dèi, per servirli. Ma se non ubbidisci alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, per osservare con cura tutti i suoi comandamenti e tutti i suoi statuti che oggi ti prescrivo avverrà che tutte queste maledizioni verranno su di te e ti raggiungeranno. Sarai maledetto nella città e sarai maledetto nella campagna. Maledetti saranno il tuo paniere e la tua madia. Maledetto sarà il frutto del tuo grembo, il frutto del tuo suolo, i parti delle tue vacche e il frutto delle tue pecore. Sarai maledetto quando entri e maledetto quando esci. L’Eterno manderà contro di te la maledizione, la confusione e la disapprovazione in ogni cosa a cui metterai mano e che farai, finché tu sia distrutto e tu perisca rapidamente, a motivo della malvagità delle tue azioni nelle quali mi hai abbandonato. L’Eterno farà si che la peste si attacchi a te, finché ti abbia consumato nel paese che stai per entrare ad occupare. L’Eterno ti colpirà con la consunzione, con la febbre, con l’infiammazione, con il caldo bruciante, con la spada, con il carbonchio e con la ruggine, che ti perseguiteranno fino alla tua distruzione. Il cielo sopra il tuo capo sarà di rame e la terra sotto di te sarà di ferro. L’Eterno muterà la pioggia del tuo paese in sabbia e polvere, che cadranno su di te finché tu sia distrutto. L’Eterno ti abbandonerà alla disfatta e al massacro davanti ai tuoi nemici; uscirai contro di loro per una via e per sette vie fuggirai davanti a loro, e tu diventerai un oggetto di orrore a tutti i regni della terra. I tuoi cadaveri saranno cibo a tutti gli uccelli del cielo e alle bestie della terra, e nessuno li scaccerà L’Eterno ti colpirà con l’ulcera d’Egitto, con le emorroidi, con la scabbia e con la tigna, di cui non potrai guarire. L’Eterno ti colpirà di pazzia, di cecità e di smarrimento di cuore; e andrai brancolando in pieno giorno, come il cieco brancola nel buio; non prospererai nelle tue vie, ma sarai solo oppresso e spogliato continuamente senza nessuno che ti aiuti. Ti fidanzerai con una donna, ma un altro si coricherà con lei; costruirai una casa, ma non vi abiterai; pianterai una vigna, ma non ne coglierai l’uva. Il tuo bue sarà ammazzato sotto i tuoi occhi, ma tu non ne mangerai; il tuo asino sarà portato via in tua presenza e non ti sarà reso; le tue pecore saranno date ai tuoi nemici senza nessuno che ti aiuti. I tuoi figli e le tue figlie saranno dati a un altro popolo; i tuoi occhi guarderanno e si struggeranno di desiderio per loro tutto il giorno, e la tua mano sarà senza forza. Un popolo, che tu non hai conosciuto, mangerà il frutto della tua terra e di tutte le tue fatiche, e sarai certamente oppresso e schiacciato del continuo. Ti verrà così di impazzire allo spettacolo che i tuoi occhi vedranno. L’Eterno ti colpirà sulle ginocchia e sulle coscie con un’ulcera maligna, della quale non potrai guarire, dalla pianta dei piedi alla sommità del capo. L’Eterno porterà te e il tuo re, che hai costituito sopra di te, in una nazione che né tu né i tuoi padri avete conosciuto; e là servirai altri dèi di legno e di pietra; e diventerai oggetto di stupore, di proverbio e di scherno in mezzo a tutti i popoli fra i quali l’Eterno ti condurrà. Porterai molta semente al campo ma raccoglierai poco, perché la locusta la divorerà. Pianterai vigne, le coltiverai, ma non berrai vino né coglierai uva, perché il verme le roderà. Avrai ulivi in tutto il tuo territorio ma non ti ungerai di olio, perché le tue olive cadranno. Genererai figli e figlie, ma non saranno tuoi, perché andranno in schiavitú. Tutti i tuoi alberi e i frutti del tuo suolo saranno preda della locusta. Lo straniero che è in mezzo a te si eleverà sempre piú in alto sopra di te, e tu scenderai sempre piú in basso. Egli presterà a te, ma tu non presterai a lui; egli sarà la testa e tu la coda. Tutte queste maledizioni verranno su di te, ti perseguiteranno e ti raggiungeranno, finché tu sia distrutto, perché non hai ubbidito alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, osservando i comandamenti e gli statuti che egli ti ha ordinato. Essi saranno come un segno e come un prodigio per te e per i tuoi discendenti, per sempre. Poiché non hai servito l’Eterno, il tuo DIO, con gioia e allegrezza di cuore per l’abbondanza di ogni cosa, servirai i tuoi nemici che l’Eterno manderà contro di te, in mezzo alla fame, alla sete, alla nudità e alla mancanza di ogni cosa; ed egli metterà un giogo di ferro sul tuo collo, finché ti abbia distrutto. L’Eterno farà venire contro di te da lontano, dalle estremità della terra, una nazione veloce come l’aquila che vola, una nazione di cui non comprenderai la lingua, una nazione dall’aspetto feroce che non avrà rispetto dell’anziano né avrà pietà del fanciullo, e mangerà il frutto del tuo bestiame e il prodotto del tuo suolo, finché tu sia distrutto; e non ti lascerà né frumento né mosto né olio né i parti delle tue vacche o i nati delle tue pecore, finché ti abbia distrutto. E ti assedierà in tutte le tue città, finché in tutto il tuo paese le mura alte e fortificate, nelle quali riponevi la tua fiducia, cadranno. Ti assedierà in tutte le tue città, in tutto il paese che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha dato. Inoltre durante l’assedio e nell’avversità a cui ti ridurrà il tuo nemico, mangerai il frutto del tuo grembo, la carne dei tuoi figli e delle tue figlie, che l’Eterno, il tuo DIO, ti ha dato. L’uomo piú tenero e piú raffinato avrà un cuore così malvagio verso suo fratello, verso la donna che riposa sul suo seno e verso i figli che ancora gli rimangono, da non dare ad alcuno di loro la carne dei suoi figli, che egli mangerà, perché non gli sarà rimasto piú nulla nell’assedio e nell’avversità a cui ti ridurranno i tuoi nemici in tutte le tue città. La donna piú tenera e piú raffinata tra voi, che per la sua raffinatezza e delicatezza non si sarebbe azzardata a posare la pianta del suo piede in terra, avrà un cuore malvagio verso il marito che le riposa sul seno, verso suo figlio e verso sua figlia, e verso la placenta che esce dal suo grembo e verso i figli che partorisce, perché essa li mangerà di nascosto, nella mancanza di tutto, durante l’assedio e la grande calamità, a cui ti sottoporranno i tuoi nemici in tutte le tue città. Se non hai cura di mettere in pratica tutte le parole di questa legge, scritte in questo libro, avendo timore di questo nome glorioso e tremendo, l’Eterno, il tuo DIO, allora l’Eterno rovescerà su di te e sui tuoi discendenti indescrivibili calamità, calamità grandi e durature, e malattie maligne e ostinate; inoltre farà tornare su di te tutte le malattie d’Egitto, di cui avevi paura, e si attaccheranno a te. Anche tutte le malattie e tutte le calamità non scritte nel libro di questa legge, l’Eterno le farà venir su di te, finché tu sia distrutto. Così voi rimarrete in pochi, dopo essere stati numerosi come le stelle del cielo, perché non hai ubbidito alla voce dell’Eterno, il tuo DIO. E avverrà che, come l’Eterno prendeva piacere nel farvi del bene e nel moltiplicarvi, così l’Eterno prenderà piacere nel farvi perire e nel distruggervi; e sarete strappati dal paese che entri ad occupare. L’Eterno ti disperderà fra tutti i popoli, da un’estremità all’atra della terra; e là servirai altri dèi, che né tu né i tuoi padri avete mai conosciuto, di legno e di pietra. E fra quelle nazioni non troverai requie e non vi sarà luogo di riposo per la pianta dei tuoi piedi; là l’Eterno ti darà un cuore tremante, occhi che si struggono e angoscia d’anima. La tua vita ti starà davanti come sospesa nell’incertezza; tremerai notte e giorno e non avrai alcuna sicurezza della tua esistenza. La mattina dirai: »Fosse sera!«, e la sera dirai: »Fosse mattina!«, a motivo dello spavento che riempirà il tuo cuore ed a motivo dello spettacolo che i tuoi occhi vedranno. E l’Eterno ti farà tornare in Egitto su navi, per la via di cui ti avevo detto: »Non la rivedrai mai piú!«. E là sarete offerti in vendita ai vostri nemici come schiavi e come schiave, ma nessuno vi comprerà«. Queste sono le parole del patto che l’Eterno comandò a Mosè di fare con i figli d’Israele nel paese di Moab, oltre il patto che aveva fatto con essi al monte Horeb. Mosè convocò dunque tutto Israele e disse loro: »Voi avete visto tutto ciò che l’Eterno ha fatto sotto i vostri occhi nel paese d’Egitto al Faraone, a tutti i suoi servitori e a tutto il suo paese; i tuoi occhi hanno visto le grandi calamità, i segni e quei grandi prodigi; ma fino a questo giorno l’Eterno non vi ha dato un cuore per comprendere, occhi per vedere e orecchi per udire. Io vi ho condotto quarant’anni nel deserto; le vostre vesti non si sono logorate addosso a voi e i vostri calzari non si sono logorati ai vostri piedi. Non avete mangiato pane e non avete bevuto vino né bevanda inebriante, affinché conosceste che io sono l’Eterno, il vostro DIO. Quando siete arrivati in questo luogo, Sihon re di Heshbon e Og re di Bashan sono usciti contro di noi per combattere, ma noi li abbiamo sconfitti, abbiamo preso il loro paese e l’abbiamo dato in eredità ai Rubeniti, ai Gaditi e alla mezza tribú di Manasse. Osservate dunque le parole di questo patto e mettetele in pratica, affinché prosperiate in tutto ciò che fate. Oggi tutti voi state davanti all’Eterno, il vostro DIO: i vostri capi, le vostre tribú, i vostri anziani, i vostri ufficiali, tutti gli uomini d’Israele, i vostri bambini, le vostre mogli e lo straniero che in mezzo al tuo accampamento, da colui che spacca la tua legna a colui che attinge la tua acqua, per entrare nel patto dell’Eterno, il tuo DIO, e nel suo giuramento che l’Eterno, il tuo DIO, fa oggi con te, per stabilirti oggi come suo popolo e per essere tuo DIO, come ti disse e come giurò ai tuoi padri, ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe. Io faccio questo patto e questo giuramento non soltanto con voi, ma anche con quelli che stanno qui oggi con noi davanti all’Eterno, il nostro DIO, e con quelli che oggi non sono qui con noi. (Poiché voi sapete che abbiamo dimorato nel paese d’Egitto e che siamo passati in mezzo alle nazioni, che avete attraversato; e avete visto le loro abominazioni e gl’idoli di legno, di pietra, d’argento e d’oro, che sono in mezzo a loro). Non vi sia tra voi uomo o donna o famiglia o tribú il cui cuore si allontani dall’Eterno il nostro DIO, per andare a servire gli dèi di quelle nazioni; non vi sia tra di voi radice alcuna che produca veleno e assenzio; e non avvenga che alcuno, ascoltando le parole di questo giuramento, in cuor suo faccia propria una benedizione, dicendo: »Avrò pace, anche se camminerò secondo la caparbietà del mio cuore«, come se l’ebbro potesse essere incluso al sobrio. L’Eterno non gli potrà mai perdonare; ma in tal caso l’ira dell’Eterno e la sua gelosia arderanno contro quell’uomo e tutte le maledizioni scritte in questo libro si poseranno su di lui, e l’Eterno cancellerà il suo nome di sotto al cielo; l’Eterno lo separerà per distruzione da tutte le tribú d’Israele, secondo tutte le maledizioni del patto scritto in questo libro della legge. Così la futura generazione dei vostri figli che sorgerà dopo di voi e lo straniero che verrà da un paese lontano, nel vedere le calamità e le infermità che l’Eterno gli ha inflitto, diranno: "Tutto il suolo è zolfo, sale, arsura; non è seminato, non produce più nulla e non vi cresce piú alcuna erba, come dopo la distruzione di Sodoma, di Gomorra, di Admah e di Tseboim, che l’Eterno distrusse nella sua ira e nel suo furore". Si’, tutte le nazioni diranno: »Perché ha l’Eterno trattato così questo paese? Perché mai l’ardore di questa grande ira?«. Allora risponderanno: »Poiché hanno abbandonato il patto dell’Eterno, il DIO dei loro padri, che egli stabilì con loro, quando li fece uscire dal paese d’Egitto; perché sono andati a servire altri dèi e si sono prostrati davanti a loro, dèi che essi non avevano conosciuto e che l’Eterno non aveva loro dato. Per questo si è accesa l’ira dell’Eterno contro questo paese, per far venire su di esso tutte le maledizioni scritte in questo libro; e l’Eterno li ha strappati dal loro paese con ira, con furore e con grande indignazione e li ha gettati in un altro paese, come è avvenuto oggi". Le cose occulte appartengono all’Eterno, il nostro DIO, ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli per sempre, perché mettiamo in pratica tutte le parole di questa legge«. »Così, quando ti saranno venute addosso tutte queste cose, la benedizione e la maledizione che io ti ho posto davanti, e tu le richiamerai alla mente fra tutte le nazioni, tra le quali l’Eterno, il tuo DIO, ti avrà scacciato, e ritornerai all’Eterno, il tuo DIO, e ubbidirai alla sua voce, tu e i tuoi figli, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, secondo tutto ciò che oggi ti comando, l’Eterno, il tuo DIO, ti farà ritornare dalla schiavitú, avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo fra tutti i popoli, fra i quali l’Eterno, il tuo DIO, ti aveva disperso. Anche se fossi stato scacciato all’estremità del cielo, l’Eterno, il tuo DIO, ti raccoglierà di là e di là ti prenderà. L’Eterno, il tuo DIO, ti ricondurrà nel paese che i tuoi padri possedettero e tu lo possederai; ed egli ti farà del bene e ti moltiplicherà piú dei tuoi padri. L’Eterno, il tuo DIO, circonciderà il tuo cuore e il cuore dei tuoi discendenti, affinché tu ami l’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, e così tu viva. E l’Eterno, il tuo DIO, farà cadere tutte queste maledizioni sui tuoi nemici e su tutti quelli che ti odiano e ti hanno perseguitato. Tu invece ritornerai e ubbidirai alla voce dell’Eterno e metterai in pratica tutti questi comandamenti che oggi ti prescrivo. L’Eterno, il tuo DIO, ti farà prosperare grandemente in tutta l’opera delle tue mani, nel frutto del tuo grembo, nel frutto del tuo bestiame e nel frutto del tuo suolo; poiché l’Eterno si compiacerà di nuovo nel farti del bene, come si compiacque nel farlo ai tuoi padri, perché ubbidirai alla voce dell’Eterno, il tuo DIO, osservando i suoi comandamenti e i suoi statuti scritti in questo libro della legge, perché sarai ritornato all’Eterno, il tuo DIO, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima. Questo comandamento che oggi ti prescrivo non è troppo difficile per te, né troppo lontano da te. Non è in cielo, perché tu dica: »Chi salirà per noi in cielo per portarcelo e farcelo ascoltare, perché lo mettiamo in pratica?«. non è di là dal mare, perché tu dica: »Chi passerà per noi di là dal mare per portarcelo e farcelo ascoltare, perché lo mettiamo in pratica?«. Ma la parola è molto vicina a te; è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica. Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; perciò oggi io ti comando di amare l’Eterno, il tuo DIO, di camminare nelle sue vie, di osservare i suoi comandamenti, i suoi statuti e i suoi decreti, affinché tu viva e ti moltiplichi; e l’Eterno, il tuo DIO, ti benedirà nel paese che stai per andare ad occupare. Ma se il tuo cuore si volge altrove, e se tu non ubbidisci e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, io vi dichiaro oggi che certamente perirete, che non prolungherete i vostri giorni nel paese, che state per entrare ad occupare, attraversando il Giordano. Io prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra, che io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché possa vivere, tu e i tuoi discendenti, e possa amare l’Eterno, il tuo DIO, ubbidire alla sua voce e tenerti stretto a lui, poiché egli è la tua vita e la lunghezza dei tuoi giorni, affinché tu possa abitare nel paese che l’Eterno giurò di dare ai tuoi padri, ad Abrahamo, Isacco e Giacobbe«. Mosè andò e rivolse ancora queste parole a tutto Israele, e disse loro: »Io oggi ho centovent’anni; non posso piú andare e venire; inoltre l’Eterno mi ha detto: »Tu non passerai questo Giordano«. L’Eterno il tuo DIO, sarà lui stesso che passerà davanti a te e distruggerà davanti a te quelle nazioni, e tu le spodesterai; Giosuè stesso passerà davanti a te, come l’Eterno ha detto. E l’Eterno farà ad esse come ha fatto a Sihon e a Og, re degli Amorei, e al loro paese, quando li distrusse. L’Eterno le darà in vostro potere e voi le tratterete secondo tutti gli ordini che vi ho prescritto. Siate forti e coraggiosi, non abbiate paura, non spaventatevi di loro, perché l’Eterno il tuo DIO, è lui stesso che cammina con te egli non ti lascerà e non ti abbondonerà«. Poi Mosè chiamò Giosuè e gli disse in presenza di tutto Israele: »Sii forte e coraggioso poiché tu entrerai con questo popolo nel paese che l’Eterno giurò ai loro padri di dar loro, e tu lo darai loro in eredità. Inoltre l’Eterno stesso cammina davanti a te; egli sarà con te; non ti lascerà e non ti abbandonerà; non aver paura e non sgomentarti«. Così Mosè scrisse questa legge e la consegnò ai sacerdoti, figli di Levi, che portano l’arca del patto dell’Eterno, e a tutti gli anziani d’Israele. Poi Mosè comandò loro, dicendo: »Alla fine di ogni sette anni, al tempo stabilito nell’anno della remissione, alla festa delle Capanne, quando tutto Israele verrà a presentarsi davanti all’Eterno, il tuo DIO, nel luogo che ha scelto, leggerai questa legge davanti a tutto Israele, nei loro orecchi. Radunerai il popolo, uomini, donne, bambini e lo straniero che è entro le tue porte, perché possano ascoltare e imparare a temere l’Eterno, il vostro DIO, e abbiano cura di mettere in pratica tutte le parole di questa legge, e perché i loro figli, che ancora non la conoscono, ascoltino e imparino a temere l’Eterno, il vostro DIO, tutto il tempo che vivrete nel paese che voi entrate ad occupare, passando il Giordano«. Poi l’Eterno disse a Mosè: »Ecco, il giorno della tua morte si avvicina; chiama Giosuè e presentatevi nella tenda di convegno perché gli possa dare i miei ordini«. Mosè e Giosuè dunque andarono a presentarsi alla tenda di convegno. Or l’Eterno apparve alla tenda in una colonna di nuvola; e la colonna di nuvola si fermò all’ingresso della tenda. E l’Eterno disse a Mosè: »Ecco, tu stai per addormentarti con i tuoi padri; e questo popolo si leverà e si prostituirà, andando dietro agli dèi stranieri del paese, in mezzo ai quali sta per andare; e mi abbandonerà e violerà il mio patto che io ho stabilito con lui. In quel giorno, la mia ira si accenderà contro di loro; io li abbandonerò e nasconderò loro la mia faccia, e saranno divorati. Molti mali e molte calamità cadranno loro addosso; e in quel giorno diranno: »Questi mali non ci sono, forse caduti addosso perché il nostro DIO non è in mezzo a noi?«. In quel giorno io nasconderò certamente la mia faccia a motivodi tutto il male che hanno fatto, rivolgendosi ad altri dèi. Ora scrivete per voi questo cantico e insegnatelo ai figli d’Israele; mettetelo sulla loro bocca, affinché questo cantico mi sia un testimone contro i figli d’Israele. Quando li avrò introdotti nel paese, che promisi ai padri loro con giuramento dove scorre latte e miele, ed essi avranno mangiato, si saranno saziati e ingrassati, allora essi si rivolgeranno ad altri dèi per servirli, e disprezzeranno me e violeranno il mio patto. Allora avverrà che quando molti mali e molte calamità saranno cadute loro addosso, questo cantico testimonierà contro di loro, perché esso non sarà dimenticato e rimarrà sulle labbra dei loro discendenti; io conosco infatti i disegni che essi concepiscono, prima ancora di averli introdotti nel paese che ho promesso con giuramento«. Così Mosè scrisse quel giorno questo cantico e lo insegnò ai figli d’Israele. Poi egli diede i suoi ordini a Giosuè, figlio di Nun, e gli disse: »Sii forte e coraggioso, perché sarai tu a introdurre i figli d’Israele nel paese che promisi loro con giuramento; e io sarò con te«. Quando Mosè ebbe finito di scrivere in un libro tutte le parole di questa legge, diede quest’ordine ai Leviti che portavano l’arca del patto dell’Eterno, dicendo: »Prendete questo libro della legge e mettetelo accanto all’arca del patto dell’Eterno, il vostro DIO, perché rimanga là come un testimone contro di te; poiché io conosco il tuo spirito ribelle e la durezza del tuo collo. Ecco, oggi mentre sono ancora vivente tra voi, siete stati ribelli contro l’Eterno; quanto piú lo sarete dopo la mia morte! Radunate presso di me tutti gli anziani delle vostre tribú e i vostri ufficiali, perché faccia loro udire queste parole e chiami a testimoniare contro di loro il cielo e la terra. Poiché io so che, dopo la mia morte, vi corromperete interamente e devierete dalla via che vi ho comandato, e negli ultimi giorni vi colpirà la sventura, perché farete ciò che è male agli occhi dell’Eterno, provocandolo a sdegno con l’opera delle vostre mani«. Mosè dunque pronunziò nelle orecchie di tutta l’assemblea d’Israele le parole di questo cantico fino al termine. »Porgete orecchio, o cieli, e io parlerò; e ascolta, o terra, le parole della mia bocca. Il mio insegnamento scenderà come la pioggia, la mia parola stillerà come la rugiada, come la pioggerella sull’erba tenera e come un acquazzone sugli arbusti,. poiché io proclamo il nome dell’Eterno. Magnificate il nostro DIO! Egli è la Roccia, l’opera sua è perfetta, poiché tutte le sue vie sono giustizia. E’ un Dio di fedeltà e senza ingiustizia; egli è giusto e retto. Ma essi si sono corrotti; non sono suoi figli, a motivo della loro colpa, generazione contorta e perversa. E’ così che ripagate l’Eterno, o popolo stolto e insensato? Non è lui tuo padre che ti ha comprato? Non è lui che ti ha fatto e ti ha stabilito? Ricorda i giorni antichi, considera gli anni delle molte età passate, interroga tuo padre, ed egli te lo annuncierà, ai tuoi vecchi ed essi te lo diranno. Quando l’Altissimo diede alle nazioni la loro eredità, quando separò i figli di Adamo, egli fissò i confini dei popoli, in base al numero dei figli d’Israele. Poiché la parte dell’Eterno è il suo popolo, Giacobbe è la porzione della sua eredità. Egli lo trovò in una terra deserta, in una solitudine desolata e squallida. Egli lo circondò, ne prese cura e lo custodì come la pupilla del suo occhio. Come un’aquila incita la sua nidiata, si libra sopra i suoi piccoli, spiega le sue ali, li prende e li porta sulle sue ali, l’Eterno lo guidò da solo, e non c’era con lui alcun dio straniero. Egli l’ha fatto cavalcare sulle alture della terra, perché potesse mangiare il prodotto dei campi; gli ha fatto succhiare il miele dalla roccia e l’olio dalla roccia di silice, la crema delle vacche e il latte delle pecore con il grasso degli agnelli, i montoni di Bashan e i capri con il fior di farina di frumento; e tu hai bevuto il vino, il sangue dell’uva. Ma Jeshurun si è ingrassato e ha recalcitrato (ti sei fatto grasso, grosso e pingue); ha abbandonato Dio che l’ha fatto e ha disprezzato la Roccia della sua salvezza. Essi l’hanno mosso a gelosia con dèi stranieri, l’hanno provocato ad ira con abominazioni. Hanno sacrificato a dèmoni che non sono Dio, a dèi che non avevano conosciuto, a dèi nuovi, apparsi di recente, che i vostri padri non avevano temuto. Hai trascurato la Roccia che ti ha generato e hai dimenticato il Dio che ti ha formato. Ma l’Eterno vide questo e li respinse, a motivo della provocazione dei suoi figli e delle sue figlie, e disse: lo nasconderò loro la mia faccia e vedrò quale sarà la loro fine, perché sono una generazione perversa, figli in cui non vi è alcuna fedeltà. Essi mi hanno reso geloso con ciò che non è Dio, mi hanno provocato ad ira con i loro idoli vani; e io li renderò gelosi con gente che non è un popolo, li provocherò ad ira con una nazione stolta. Poiché un fuoco si è acceso nella mia ira e brucerà fino nel piú profondo dello Sceol; divorerà la terra e i suoi prodotti e darà fuoco alle fondamenta delle montagne. Io accumulerò su loro calamità, esaurirò contro di loro le mie frecce. Essi saranno consumati dalla Fame, divorati da un caldo bruciante e da terribile pestilenza; manderò contro di loro le zanne delle belve, con il veleno dei serpenti che strisciano nella polvere. Di fuori li priverà dei figli la spada, di dentro il terrore, facendo perire insieme il giovane e la vergine, il lattante e l’uomo canuto. Io ho detto: »Li spazzerò via, farò scomparire il loro ricordo di mezzo agli uomini«, ma temo la provocazione del nemico, perché i loro avversari, mal interpretando, potrebbero dire: »La nostra mano ha trionfato, e non l’Eterno che ha fatto tutto questo!«. Poiché sono una nazione che ha perso il senno, e non vi è in essi alcuna intelligenza. Se fossero saggi comprenderebbero questo, considererebbero la fine che li aspetta. Come potrebbe uno solo inseguirne mille e due metterne in fuga diecimila, se non perché la loro Roccia li ha venduti e l’Eterno li ha consegnati al nemico? Poiché la loro roccia non è come la nostra Roccia; i nostri stessi nemici ne sono giudici; ma la loro vite viene dalla vite di Sodoma e dalle campagne di Gomorra; le loro uve sono uve avvelenate e i loro grappoli sono amari; il loro vino è un veleno di serpenti, un veleno crudele di aspidi. Tutto questo non è forse conservato presso di me, sigillato nei miei tesori? A me appartiene la vendetta e la retribuzione; a suo tempo il loro piede vacillerà! Poiché il giorno della loro calamità è vicino, e le cose preparate per loro si affrettano a venire. Si, l’Eterno giudicherà il suo popolo, ma avrà compassione dei suoi servi quando vedrà che la loro forza è scomparsa e che non rimane più alcuno, né schiavo né libero. Allora egli dirà: »Dove sono i loro dèi, la roccia nella quale si rifugiavano, che mangiavano il grasso dei loro sacrifici bevevano il vino delle loro libazioni? Si levino a soccorrervi e siano il vostro rifugio!". Ora vedete che io, io sono Lui, e che non vi è altro DIO accanto a me. Io faccio morire e faccio vivere, ferisco e risano, e non vi è nessuno che possa liberare dalla mia mano. Si, io alzo la mia mano al cielo e dico: lo vivo per sempre quando affilerò la mia folgorante spada e la mia mano si preparerà a giudicare, farò vendetta dei miei nemici e ripagherò quelli che mi odiano. Inebrierò di sangue le mie frecce e la mia spada divorerà la carne, con il sangue degli uccisi e dei prigionieri, dei capitani chiomati del nemico. Esultate, o nazioni, con il suo popolo, perché l’Eterno vendica il sangue dei suoi servi, fa vendetta sopra i suoi avversari, ma avrà misericordia della sua terra e del suo popolo«. Così Mosè venne con Giosuè, figlio di Nun, e pronunziò tutte e parole di questo cantico agli orecchi del popolo. Quando Mosè ebbe finito di pronunziare tutte queste parole davanti a tutto Israele, disse loro: »Prendete a cuore tutte le parole con cui oggi ho testimoniato contro di voi. Le prescriverete ai vostri figli affinché abbiano cura di mettere in pratica tutte le parole di questa legge. Poiché questa non è una parola senza valore per voi, ma è la vostra vita; e per questa parola prolungherete i vostri giorni nel paese che entrate ad occupare, passando il Giordano«. In quello stesso giorno l’Eterno parlò a Mosè, dicendo: »Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo, che è nel paese di Moab, sulla sponda opposta a Gerico, e mira il paese di Canaan, che io do in proprietà ai figli d’Israele. Tu morrai sul monte su cui stai per salire e sarai riunito al tuo popolo, come Aaronne tuo fratello è morto sul monte di Hor ed è stato riunito al suo popolo, perché foste infedeli con me in mezzo ai figli d’Israele, alle acque di Meriba a Kadesh, nel deserto di Tsin, e perché non mi santificaste in mezzo ai figli d’Israele. Tu vedrai il paese davanti a te, ma là, nel paese che io do ai figli d’Israele, non entrerai«. Or questa è la benedizione con la quale Mosè, uomo di DIO, benedisse i figli d’Israele, prima di morire. Disse dunque: »L’Eterno è venuto dal Sinai e si è levato su di loro da Seir, è apparso nel suo splendore dal monte Paran, è giunto da mezzo delle miriadi dei santi; dalla sua destra usciva per essi una legge di fuoco. Certo, egli ama i popoli; tutti i suoi santi sono nelle tue mani; essi siedono ai tuoi piedi, ciascuno riceve le tue parole. Mosè ci ha prescritto una legge, un’eredità dell’assemblea di Giacobbe. Egli è stato re in Jeshurun, quando si radunavano i capi del popolo, tutte assieme le tribú d’Israele. Viva Ruben e non muoia; ma siano i suoi uomini ridotti a pochi«. Questo invece disse di Giuda: »Ascolta, o Eterno, la voce di Giuda e riconducilo al suo popolo; la sua mano lotta per la sua causa; sii tu un aiuto contro i suoi nemici«. Poi di Levi disse: »I tuoi Thummim e i tuoi Urim appartengono al tuo uomo pio, che tu provasti a Massa, e col quale contendesti alle acque di Meriba. Egli dice di suo padre e di sua madre: »lo non li ho visti«; egli non ha riconosciuto i suoi fratelli e non considera i propri figli; perché i Leviti hanno osservato la tua parola e hanno custodito il tuo patto. Essi insegnano i tuoi decreti a Giacobbe e la tua legge a Israele; mettono l’incenso davanti a te e l’intero olocausto sopra il tuo altare. O Eterno, benedici la sua forza e accetta l’opera delle sue mani. Trafiggi i lombi di quelli che insorgono contro di lui e di quelli che lo odiano, affinché non si rialzino più«. Di Beniamino disse: »L’amato dell’Eterno abiterà sicuro presso di lui. L’Eterno lo proteggerà del continuo e abiterà fra le sue spalle«. Di Giuseppe disse: »Sia il suo paese benedetto dall’Eterno con i doni preziosi del cielo, con la rugiada, con le acque dell’abisso che giace in basso, con i frutti preziosi del sole, con i preziosi prodotti di ogni mese, con i migliori prodotti dei monti antichi, con i doni preziosi dei colli eterni, con i doni preziosi della terra e tutto ciò che essa racchiude. Il favore di colui che stava nel roveto venga sul capo di Giuseppe, sulla corona del capo del prescelto tra i suoi fratelli! La sua maestà è come quella del suo toro primogenito, le sue corna sono come le corna di un bufalo. Con esse trafiggerà tutti quanti i popoli fino alle estremità della terra. Queste sono le miriadi di Efraim. Queste sono le migliaia di Manasse«. Di Zabulon disse: »Gioisci Zabulon, nel tuo uscire, e tu, Issacar, nelle tue tende! Essi chiameranno i popoli al monte e là offriranno sacrifici di giustizia; poiché essi succhieranno l’abbondanza dei mari e i tesori nascosti nella sabbia«. Di Gad disse: »Benedetto colui che estende Gad. Egli giace come una leonessa e sbrana braccio e cranio. Egli si accaparra la prima parte per se stesso, perché là era la parte riservata del condottiero; egli è venuto con i capi del popolo e ha eseguito la giustizia dell’Eterno e i suoi decreti con Israele«. Di Dan disse: »Dan è un leoncello, che balza da Bashan«. Di Neftali disse: »O Neftali, sazio di favori e ricolmo delle benedizioni dell’Eterno, occupa l’occidente e il meridione«. Di Ascer disse: »Benedetto più di tutti i figli sia Ascer! Sia il favorito dei suoi fratelli e immerga il suo piede nell’olio. Siano i tuoi sandali di ferro e di bronzo, e la tua forza duri quanto i tuoi giorni. Nessuno è pari al Dio di Jeshurun, che cavalca i cieli in tuo aiuto e le nubi nella sua maestà. Il DIO dei tempi antichi è il tuo rifugio; e sotto di te stanno le sue braccia Eterne. Egli scaccerà il nemico davanti a te e dirà: »Distruggi!«. Allora Israele dimorerà al sicuro, la fonte di Giacobbe da sola, in un paese di frumento e di mosto; e il suo cielo stillerà rugiada. Tu sei felice, o Israele! Chi è pari a te, un popolo salvato dall’Eterno? Egli è lo scudo che ti aiuta e la spada della tua maestà. I tuoi nemici si sottometteranno a te e tu calpesterai i loro alti luoghi«. Poi Mosè salì dalle pianure di Moab sul Monte Nebo, in vetta al Pisgah, che è sulla sponda opposta a Gerico. E l’Eterno gli fece vedere tutto il paese di Galaad fino a Dan, tutto Neftali, il paese di Efraim e di Manasse, tutto il paese di Giuda fino al mare occidentale, Neghev e la pianura della valle di Gerico, città delle palme, fino a Tsoar. L’Eterno gli disse: »Questo è il paese che ho promesso con giuramento ad Abrahamo, a Isacco e a Giacobbe, dicendo: »Io lo darò alla tua discendenza«. Io te l’ho fatto vedere con i tuoi occhi, ma tu non vi entrerai!« Così Mosè, servo dell’Eterno, morì là, nel paese di Moab, secondo la parola dell’Eterno. E l’Eterno lo seppellì nella valle del paese di Moab, di fronte a Beth-Peor; e nessuno ha conosciuto fino ad oggi il luogo della sua tomba. Or Mosè aveva centovent’anni quando morì; la sua vista non si era indebolita e il suo vigore non era venuto meno. E i figli d’Israele lo piansero nelle pianure di Moab per trenta giorni; poi i giorni di lutto e di pianto per Mosè terminarono. Allora Giosuè, figlio di Nun, fu ripieno dello spirito di sapienza, perché Mosè aveva imposto le mani su di lui; così i figli d’Israele gli ubbidirono e fecero come l’Eterno aveva comandato a Mosè. Non è piú sorto in Israele un profeta simile a Mosè, con il quale l’Eterno trattava faccia a faccia, in tutti i segni e prodigi che l’Eterno lo mandò a fare nel paese d’Egitto davanti a Faraone, davanti a tutti i suoi servi e in tutto il suo paese, in tutta quella grande potenza e in tutte le cose grandi e tremende che Mosè compì davanti agi occhi di tutto Israele.
Dopo la morte di Mosè, servo dell’Eterno, avvenne che l’Eterno parlò a Giosuè, figlio di Nun, ministro di Mosè, egli disse: »Mosè, mio servo, è morto; or dunque alzati, passa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso il paese che io do loro, ai figli d’Israele. Io vi ho dato ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà, come ho detto a Mosè. Il tuo territorio si estenderà dal deserto e da questo Libano fino al grande fiume, il fiume Eufrate, tutto il paese degli Hittei fino al Mar Grande, a ovest. Nessuno ti potrà resistere tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te; io non ti lascerò e non ti abbandonerò. Sii forte e coraggioso, perché tu metterai questo popolo in possesso del paese che giurai ai loro padri di dare loro. Solo sii forte e molto coraggioso, cercando di agire secondo tutta la legge che Mosè, mio servo, ti ha prescritto; non deviare da essa né a destra né a sinistra, affinché tu prosperi dovunque andrai. Questo libro della legge non si diparta mai dalla tua bocca, ma meditalo giorno e notte, cercando di agire secondo tutto ciò che vi è scritto, perché allora riuscirai nelle tue imprese, allora prospererai. Non te l’ho io comandato? Sii forte e coraggioso; non aver paura e non sgomentarti, perché l’Eterno, il tuo DIO, è con te dovunque tu vada« Allora Giosuè comandó agli ufficiali del popolo, dicendo: »Passate in mezzo all’accampamento e date quest’ordine al popolo, dicendo: Fatevi delle provviste di viveri, perché entro tre giorni passerete questo Giordano per andare ad occupare il paese che l’Eterno, il vostro DIO, vi dà in eredità«. Giosuè parlò pure ai Rubeniti, ai Gaditi e alla mezza tribú di Manasse, e disse loro: »Ricordatevi della parola che Mosè, servo dell’Eterno, vi comandò quando vi disse: »L’Eterno, il vostro DIO, vi ha concesso riposo e vi ha dato questo paese. Le vostre mogli, i vostri piccoli e il vostro bestiame rimarranno nel paese che Mosè vi ha dato di qua dal Giordano; ma voi, tutti i vostri guerrieri valorosi passerete armati davanti ai vostri fratelli, e li aiuterete, finché l’Eterno avrà dato riposo ai vostri fratelli come a voi, e avranno anch’essi preso possesso del paese che l’Eterno, il vostro DIO, dà loro. Allora potrete ritornare ad occupare il paese che vi appartiene, e che Mosè, servo dell’Eterno, vi ha dato di qua dal Giordano verso est"«. Essi allora risposero a Giosuè, dicendo: »Noi Faremo tutto quello che ci comandi e andremo dovunque ci manderai. Come abbiamo ubbidito in ogni cosa a Mosè, così ubbidiremo a te. Soltanto sia con te l’Eterno, il tuo DIO, come è stato con Mosè! Chiunque si ribella ai tuoi ordini e non ubbidisce alle tue parole in tutto ciò che gli comandi, sarà messo a morte. Solo sii forte e coraggioso!«. Or Giosuè, figlio di Nun, mandò due, uomini da Scittim per spiare di nascosto, dicendo: Andate, ispezionate il paese e Gerico«. Così essi andarono ed entrarono in casa di una prostituta, chiamata Rahab, e là alloggiarono. La cosa fu riferita al re di Gerico, e gli fu detto: Ecco, alcuni dei figli d’Israele sono venuti qui questa notte per esplorare il paese«. Allora il re di Gerico mandò a dire a Rahab: Fa’ uscire gli uomini che sono venuti da te e sono entrati in casa tua, perché sono venuti a esplorare tutto il paese«. Ma la donna prese i due uomini e li nascose; poi disse: E’ vero quegli uomini sono venuti da me, ma non sapevo di dove fossero. Al momento in cui si chiudeva la porta della città, quando era buio, quegli uomini sono usciti; dove siano andati non lo so; inseguiteli subito, perché li potete raggiungere«. (Essa invece li aveva fatti salire sul tetto e li aveva nascosti fra gli steli di lino, che aveva disteso sul tetto). Essi allora li inseguirono sulla strada del Giordano, verso i guadi; e non appena gli inseguitori furono usciti la porta fu chiusa. Or prima che le spie si addormentassero, Rahab salì da loro sul tetto, e disse a quegli uomini: lo so che l’Eterno vi ha dato il paese, che il terrore di voi è caduto su di noi, e che tutti gli abitanti del paese vengono meno dalla paura davanti a voi. Poiché noi abbiamo udito come l’Eterno asciugò le acque del Mar Rosso davanti a voi quando usciste dall’Egitto, e ciò che faceste ai due re degli Amorei, di là dal Giordano, Sihon e Og, che votaste allo sterminio. All’udire queste cose, il nostro cuore è venuto meno e non è piú rimasto coraggio in alcuno a motivo di voi perché l’Eterno, il vostro DIO, è DIO lassú nei cieli e quaggiú sulla terra. Or dunque, vi prego, giuratemi per l’Eterno che, come io vi ho usato clemenza, anche voi userete clemenza con la casa di mio padre; datemi quindi un segno sicuro che lascerete in vita mio padre, mia madre, i miei fratelli, le mie sorelle e tutto ciò che appartiene loro, e che risparmierete le nostre vite dalla morte«. Quegli uomini le risposero: »Le nostre vite per le vostre, purché non sveliate questo nostro affare; e quando l’Eterno ci darà il paese, noi ti tratteremo con clemenza e lealtà«. Allora ella li calò dalla finestra con una corda, perché la sua casa si trovava sulle mura della città, ed essa abitava sulle mura. E disse loro: »Andate verso il monte, affinché i vostri inseguitori non vi abbiano a trovare; e rimanete nascosti là tre giorni, finché i vostri inseguitori siano ritornati; poi andrete per la vostra strada«. Allora quegli uomini le dissero: »Noi saremo sciolti dal giuramento che ci hai fatto fare, a meno che, quando entreremo nel paese, tu attacchi alla finestra per la quale ci fai scendere questa cordicella di filo scarlatto e raduni in casa presso di te tuo padre, tua madre, i tuoi fratelli e tutta la famiglia di tuo padre. Se però qualcuno esce fuori dalla porta di casa tua, il suo sangue ricadrà sul suo capo, e noi non ne avremo colpa; ma il sangue di chiunque sarà con te in casa ricadrà sul nostro capo, se qualcuno gli metterà le mani addosso. Ma se tu riveli questo nostro affare, saremo sciolti dal giuramento che ci hai fatto fare«. Ella disse: »Sia come avete detto«. Poi li congedò, e quelli se ne andarono. Essa allora legò la cordicella scarlatta alla finestra. Quelli dunque partirono e andarono sul monte, dove rimasero tre giorni, finché furono ritornati gli inseguitori; gli inseguitori li avevano cercati per tutta la strada, senza però trovarli. Così i due uomini ritornarono, scesero dal monte, passarono il Giordano e vennero da Giosuè, figlio di Nun, e gli raccontarono tutto quanto era loro accaduto. E dissero a Giosuè: »Certamente l’Eterno ha dato in nostra mano tutto il paese; e già tutti gli abitanti del paese vengono meno dalla paura davanti a noi«. Giosuè si levò al mattino presto; partirono quindi da Scittim e arrivarono al Giordano, lui e tutti i figli d’Israele, e là si fermarono prima di attraversare. Al termine di tre giorni, gli ufficiali passarono per tutto l’accampamento, e diedero al popolo quest’ordine, dicendo: »Quando vedrete l’arca del patto dell’Eterno, il vostro DIO, portata dai sacerdoti levitici, partirete dal vostro luogo e la seguirete. Ma tra voi e L’arca vi sarà una distanza di circa duemila cubiti. Non avvicinatevi ad essa, affinché possiate riconoscere la via per la quale dovete andare, perché prima d’ora non siete mai passati per questa via«. E Giosuè disse al popolo: »Santificatevi, perché domani l’Eterno farà meraviglie in mezzo a voi«. Poi Giosuè parlò ai sacerdoti, dicendo: »Prendete l’arca del patto e passate davanti al popolo«. Così essi presero l’arca del patto e si incamminarono davanti al popolo. Allora l’Eterno disse a Giosuè: »Oggi comincerò a renderti grande agli occhi di tutto Israele, affinché riconoscano che come fui con Mosè, così sarò con te. Tu perciò da’ quest’ordine ai sacerdoti che portano l’arca del patto, dicendo: »Quando sarete giunti ai margini delle acque del Giordano, vi fermerete nel Giordano««. Giosuè allora disse ai figli d’Israele: »Avvicinatevi e ascoltate le parole dell’Eterno, il vostro DIO«. Poi Giosuè disse: »Da questo riconoscerete che il Dio vivente è in mezzo a voi e che certamente scaccerà davanti a voi i Cananei, gli Hittei, gi Hivvei, i Perezei, i Ghirgasei, gli Amorei e i Gebusei: ecco, l’arca del patto del Signore di tutta la terra sta per passare davanti a voi nel Giordano. Or dunque prendete dodici uomini tra le tribú d’Israele, uno per ogni tribú. E avverrà che, non appena le piante dei piedi dei sacerdoti che portano l’arca dell’Eterno, il Signore di tutta la terra, si poseranno nelle acque del Giordano, le acque del Giordano saranno divise, e le acque che scendono dall’alto si fermeranno in un mucchio«. Così, quando il popolo levò le tende per passare il Giordano, i sacerdoti che portavano l’arca del patto camminavano davanti al popolo. Or appena quei che portavano l’arca giunsero al Giordano e i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca si immersero ai margini delle acque (il Giordano è in piena fin sopra le sue sponde per tutto il tempo della messe), le acque che scendevano dall’alto si fermarono e si elevarono in un mucchio, fino molto al di sopra di Adam, la città che si trova presso Tsartan; così le acque che scendevano verso il mare dell’Arabah, il Mar Salato, furono interamente separate da esse; e il popolo passò di fronte a Gerico. I sacerdoti che portavano l’arca del patto dell’Eterno si fermarono all’asciutto in mezzo al Giordano, mentre tutto Israele passava all’asciutto, finché tutto il popolo ebbe finito di attraversare il Giordano. Quando tutto il popolo ebbe finito di attraversare il Giordano, l’Eterno parlò a Giosuè, dicendo: »Prendete tra il popolo dodici uomini, uno per ogni tribú, e date loro quest’ordine, dicendo: »Prendete dodici pietre da qui, di mezzo al Giordano, esattamente dal luogo dove i piedi dei sacerdoti si erano fermati; portatele con voi di là dal fiume e deponetele nel luogo dove accamperete questa notte«. Allora Giosuè chiamò i dodici uomini che aveva designato tra i figli d’Israele, un uomo per ogni tribú, e Giosuè disse loro: »Passate davanti all’arca dell’Eterno, il vostro DIO, in mezzo al Giordano, e ciascuno di voi prenda sulle spalle una pietra, secondo il numero delle tribú dei figli d’Israele, affinché questo sia un segno in mezzo a voi. Quando in futuro i vostri figli vi domanderanno, dicendo: »Che cosa sono per voi queste pietre?«, voi risponderete loro: »Le acque del Giordano furono divise davanti all’arca del patto dell’Eterno; quando essa passò il Giordano, le acque del Giordano furono divise, e queste pietre saranno per i figli d’Israele un ricordo per sempre«. I figli d’Israele fecero esattamente come Giosuè aveva comandato: presero dodici pietre di mezzo al Giordano, come l’Eterno aveva detto a Giosuè, in base al numero delle tribú dei figli d’Israele, e le portarono con loro di là dal fiume nel posto dove dovevano passare la notte, e le deposero là. Giosuè eresse pure dodici pietre in mezzo al Giordano, nel luogo dove si erano fermati i piedi dei sacerdoti che portavano l’arca del patto; e sono rimaste là fino al giorno d’oggi. I sacerdoti che portavano l’arca rimasero fermi in mezzo al Giordano finché fu eseguito tutto ciò che l’Eterno aveva comandato a Giosuè di dire al popolo, in base a tutto ciò che Mosè aveva comandato a Giosuè. E il popolo si affrettò a passare. Quando tutto il popolo ebbe finito di passare, l’arca dell’Eterno e i sacerdoti passarono in presenza del popolo. I figli di Ruben, i figli di Gad e mezza tribú di Manasse passarono armati in testa ai figli d’Israele, come Mosè aveva loro detto. Circa quarantamila uomini in assetto di guerra passarono davanti all’Eterno nelle pianure di Gerico, pronti a combattere. In quel giorno, l’Eterno rese grande Giosué agli occhi di tutto Israele; ed essi lo temettero come avevano temuto Mosè tutti i giorni della sua vita. Poi l’Eterno parlò a Giosuè e gli disse: Comanda ai sacerdoti che portano l’arca della Testimonianza di uscire dal Giordano. Allora Giosuè comandò ai sacerdoti dicendo: Uscite dal Giordano. E avvenne che, come i sacerdoti che portavano l’arca del patto dell’Eterno furono usciti di mezzo al Giordano e le piante dei loro piedi si posarono sulla terra asciutta, le acque del Giordano tornarono al loro posto e fluirono come prima all’altezza delle sue sponde. Il popolo uscì dal Giordano il decimo giorno del primo mese e si accampó a Ghilgal, all’estremità orientale di Gerico. Quelle dodici pietre che avevano prese dal Giordano, Giosuè le eresse in Ghilgal. Poi parlò ai figli d’Israele e disse loro: »Quando in futuro i vostri figli domanderanno ai loro padri dicendo: »Che cosa sono queste pietre« voi farete sapere ai vostri figli, dicendo: »Israele ha attraversato questo Giordano all’asciutto, perché l’Eterno, il vostro DIO, prosciugò le acque del Giordano davanti a voi finché foste passati come l’Eterno, il vostro Dio, fece al Mar Rosso, che prosciugò davanti a noi finché fummo passati, perché tutti i popoli della terra riconoscano che la mano dell’Eterno è potente, e voi temiate sempre l’Eterno il vostro DIO"«. Quando tutti i re degli Amorei che erano di là dal Giordano verso ovest e tutti i re dei Cananei che erano presso il mare vennero a sapere che l’Eterno aveva prosciugato le acque del Giordano davanti ai figli d’Israele finché furono passati il loro cuore venne meno e non rimase piú in loro alcun coraggio di fronte ai figli d’Israele. In quel tempo l’Eterno disse a Giosuè: »Fatti dei coltelli di pietra e torna di nuovo a circoncidere i figli d’Israele«. Così Giosuè si fece dei coltelli di pietra e circoncise i figli d’Israele sul colle di Haaraloth. Questo fu il motivo per cui Giosuè li circoncise: tutto il popolo che era uscito dall’Egitto, i maschi, tutti gli uomini di guerra, erano morti nel deserto lungo la strada, dopo essere usciti dall’Egitto. Mentre tutto il popolo uscito dall’Egitto era circonciso, tutto il popolo nato nel deserto, lungo la strada dopo l’uscita dall’Egitto, non era stato circonciso. Infatti i figli d’Israele avevano camminato quarant’anni nel deserto finché tutto il popolo, cioè gi uomini di guerra che erano usciti dall’Egitto, furono distrutti, perché non avevano ubbidito alla voce dell’Eterno. Ad essi l’Eterno aveva giurato che non avrebbe fatto loro vedere il paese che aveva giurato ai loro padri di darci, un paese dove scorre latte e miele. Così Giosuè circoncise i loro figli, che Dio aveva suscitato al loro posto, perché erano incirconcisi, non essendo stati circoncisi lungo la strada. Quando si finì di circoncidere tutto il popolo, essi rimasero al loro posto nello accampamento, finché furono guariti. Allora l’Eterno disse a Giosuè: »Oggi ho rimosso da voi il vituperio d’Egitto«, e quel luogo fu chiamato Ghilgal fino a questo giorno. I figli d’Israele si accamparono a Ghilgal e celebrarono la Pasqua il quattordicesimo giorno del mese, sull’imbrunire, nelle pianure di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono dei prodotti del paese, pane azzimo e grano arrostito in quello stesso giorno. Il giorno dopo che ebbero mangiato dei prodotti del paese, la manna cessò; così i figli d’Israele non ebbero piú manna, ma quell’anno mangiarono dei frutti del paese di Canaan. Or avvenne che, mentre Giosuè era presso Gerico, alzò gli occhi e guardò, ed ecco un uomo gli stava davanti, con in mano la sua spada sguainata. Giosuè gli andò incontro e gli disse: »Sei tu per noi o per i nostri nemici?«. Egli rispose: »No, io sono il capo dell’esercito dell’Eterno; arrivo in questo momento«. Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: »Che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?«. Il capo dell’esercito dell’Eterno disse a Giosuè: »Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo dove stai è santo«. E Giosuè fece così. Or Gerico era chiusa e saldamente sbarrata per paura dei figli d’Israele; nessuno usciva e nessuno entrava. L’Eterno disse a Giosuè: »Vedi, io ti ho dato in mano Gerico, il suo re e i suoi valorosi guerrieri. Voi tutti, uomini di guerra, marcerete intorno alla città, girerete intorno alla città una volta. Così farai per sei giorni. Sette sacerdoti porteranno davanti all’arca sette trombe di corno di montone; ma il settimo giorno girerete intorno alla città sette volte, e i sacerdoti suoneranno le trombe. Quando essi suoneranno a distesa il corno di montone e voi udrete il suono della tromba, tutto il popolo darà in un grande grido; allora le mura della città crolleranno sprofondando, e il popolo salirà ciascuno diritto davanti a sè«. Così Giosuè, figlio di Nun, chiamò i sacerdoti e disse loro: »Prendete l’arca del patto, e sette sacerdoti portino sette trombe di corno di montone davanti all’arca dell’Eterno«. Poi disse al popolo: »Andate avanti e marciate intorno alla città, e gli uomini armati marcino davanti all’arca dell’Eterno«. Così, quando Giosuè ebbe parlato al popolo, i sette sacerdoti che portavano le sette trombe di corno di montone davanti all’Eterno si misero in marcia e suonarono le trombe; e l’arca del patto dell’Eterno li seguiva. Gli uomini armati marciavano davanti ai sacerdoti che suonavano le trombe, mentre la retroguardia seguiva l’arca; durante la marcia i sacerdoti suonavano le trombe. Or Giosuè aveva comandato al popolo, dicendo: »Non gridate, non fate neppure sentire la vostra voce e non esca dalla vostra bocca alcuna parola fino al giorno in cui vi dirò: »Gridate!«. Allora griderete«. Così fece fare all’arca dell’Eterno il giro tutt’intorno alla città una volta; poi ritornarono nell’accampamento e lì passarono la notte. Giosuè si levò la mattina di buon’ora e i sacerdoti presero l’arca dell’Eterno. I sette sacerdoti che portavano le sette trombe di corno di montone davanti all’arca dell’Eterno avanzavano e suonavano le trombe. Gli uomini armati marciavano davanti a loro mentre la retroguardia seguiva l’arca dell’Eterno; durante la marcia i sacerdoti suonavano le trombe. Il secondo giorno marciarono intorno alla città una volta, e ritornarono poi all’accampamento. Così fecero per sei giorni. Ma il settimo giorno si alzarono presto, allo spuntar dell’alba, e marciarono intorno alla cittá nello stesso modo sette volte; solo quel giorno marciarono intorno alla cittá sette volte. La settima volta, quando i sacerdoti suonarono le trombe, Giosuè disse al popolo: »Gridate, perché l’Eterno vi ha dato la città! La cittá sarà votata allo sterminio essa e tutto ciò che è in essa. Soltanto Rahab la prostituta avrà salva la vita lei e tutti quelli che sono in casa con lei, perché nascose i messaggeri che noi avevamo inviati. Ma voi guardatevi bene da ciò che è votato allo sterminio, per non essere voi stessi maledetti, prendendo qualcosa di ciò che è votato allo sterminio, e rendiate così l’accampamento d’Israele maledetto, attirando su di esso sventura. Ma tutto l’argento, l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro sono consacrati all’Eterno; entreranno nel tesoro dell’Eterno«. Il popolo dunque gridò quando i sacerdoti suonarono le trombe; e avvenne che, quando il popolo udì il suono delle trombe, lanciò un grande grido, e le mura crollarono sprofondando. Il popolo salì nella città, ciascuno diritto davanti a sé, e s’impadronirono della città. E votarono allo sterminio tutto ciò che era nella città, passando a fil di spada uomini e donne, fanciulli e vecchi, e persino buoi, pecore e asini. Giosuè disse quindi ai due uomini che avevano esplorato il paese: »Andate in casa di quella prostituta e conducete fuori la donna e tutto ciò che le appartiene, come le avete giurato«. Allora i giovani che avevano esplorato il paese andarono e condussero fuori Rahab, suo padre, sua madre, i suoi fratelli e tutto ciò che le apparteneva; così condussero fuori tutti i suoi parenti e li lasciarono fuori dell’accampamento d’Israele. Poi diedero fuoco alla città e a tutto ciò che conteneva; presero soltanto l’argento, l’oro e gli oggetti di bronzo e di ferro, che misero nel tesoro della casa dell’Eterno. Ma Giosuè lasciò in vita Rahab la prostituta, la famiglia di suo padre e tutto ciò che le apparteneva; così essa ha dimorato in mezzo ad Israele fino al giorno d’oggi, perché aveva nascosto i messaggeri che Giosuè aveva mandato ad esplorare Gerico. Quel giorno Giosuè fece questo giuramento dicendo: »Sia maledetto davanti all’Eterno l’uomo che si leverà a ricostruire questa città di Gerico! Egli ne getterà le fondamenta sul suo primogenito, e ne alzerà le porte sul figlio minore«. L’Eterno era con Giosuè, e la sua fama si sparse per tutto il paese. Ma i figli d’Israele commisero una trasgressione circa le cose votate allo sterminio, perché Akan, figlio di karmi, figlio di Zabdi, figlio di Zerah, della tribú di Giuda, prese delle cose votate allo sterminio, e l’ira dell’Eterno si accese contro i figli d’Israele. Giosuè intanto mandò uomini da Gerico ad Ai, che è vicina a Beth-Aven a est di Bethel, e disse loro: »Salite ad esplorare il paese«. Così gli uomini salirono ad esplorare Ai. Poi tornarono da Giosuè e gli dissero: »Non è necessario che salga tutto il popolo; ma salgano un due o tremila uomini ad attaccare Ai; non far affaticare tutto il popolo là, perché quei di Ai sono in pochi«. Così vi salirono circa tremila uomini scelti tra il popolo, ma di fronte agli uomini di Ai si diedero alla fuga. Gli uomini di Ai ne uccisero circa trentasei; li inseguirono dalla porta della città fino a Scebarim, colpendoli nella discesa. E il cuore del popolo venne meno e divenne come acqua. Giosuè allora si stracciò le vesti e si gettò col viso a terra, davanti all’arca dell’Eterno fino alla sera, lui e gli anziani d’Israele, e sparsero polvere sul loro capo. Quindi Giosuè disse: »O Signore, Eterno perché hai fatto passare il Giordano a questo popolo per darci nelle mani degli Amorei e farci perire? Oh, ci fossimo accontentati di restare al di là del Giordano! Oh Signore che posso dire dopo che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici? I Cananei e tutti gli abitanti del paese lo verranno a sapere, ci accerchieranno e faranno sparire il nostro nome dalla terra; che farai tu allora per il tuo grande nome?«. Ma l’Eterno disse a Giosuè: »Alzati! Perché rimani prostrato con la faccia a terra? Israele ha peccato; essi hanno trasgredito il patto che io avevo loro comandato; hanno perfino preso delle cose votate allo sterminio, e hanno rubato e mentito; e poi le hanno messe fra i loro bagagli. Per questo i figli d’Israele non possono tener fronte ai loro nemici, e hanno voltato le spalle davanti ai loro nemici, perché sono divenuti essi stessi maledetti. Io non sarò piú con voi, se non distruggete le cose votate allo sterminio di mezzo a voi. Levati, santifica il popolo e digli: Santificatevi per domani, perché così ha detto l’Eterno, il DIO d’Israele: »O Israele, in mezzo a te ci sono delle cose votate allo sterminio. Tu non potrai tener fronte ai tuoi nemici, finché non abbiate tolto le cose votate allo sterminio di mezzo a voi. Domattina dunque vi presenterete tribú per tribú, e la tribú che l’Eterno designerà si presenterà famiglia per famiglia, e la famiglia che L’Eterno designerà si presenterà casa per casa, e la casa che l’Eterno designerà si presenterà persona per persona. E colui che sarà trovato con le cose votate allo sterminio sarà dato alle fiamme, lui e tutto ciò che gli appartiene, perché ha trasgredito il patto dell’Eterno e ha commesso una cosa malvagia in Israele"«. Giosuè dunque si alzò al mattino presto e fece accostare Israele tribú per tribú; e la tribú di Giuda fu designata. Poi fece accostare le famiglie di Giuda, e la famiglia degli Zarhiti fu designata Poi fece accostare la famiglia degli Zarhiti persona per persona, e Zabdi fu designato. Poi fece accostare la casa di Zabdi persona per persona, e fu designato Akan, figlio di armi, figlio di Zabdi, figlio di Zerah, della tribú di Giuda. Allora Giosuè disse ad Akan: »Figlio mio, ti prego, da’ gloria all’Eterno, il DIO d’Israele confessa a lui e dimmi ciò che hai fatto; non me lo nascondere«. Akan rispose a Giosuè e disse: »In verità, sono io che ho peccato contro l’Eterno, il DIO d’Israele e questo è ciò che ho fatto. Quando vidi fra il bottino un bel mantello di Scinar, duecento sicli d’argento e un lingotto d’oro del peso di cinquanta sicli, li desiderai grandemente e li presi; ed ecco, or sono nascosti in terra in mezzo alla mia tenda; e l’argento è sotto«. Allora Giosuè mandò dei messaggeri che corsero alla tenda; ed ecco, il bottino era nascosto nella sua tenda, e l’argento stava sotto. Essi lo presero di mezzo alla tenda, lo portarono a Giosuè e a tutti i figli d’Israele, e lo deposero davanti all’Eterno. Allora Giosuè, e tutto Israele con lui, prese Akan, figlio di Zerah, l’argento, il mantello, il lingotto d’oro, i suoi figli e le sue figlie, i suoi buoi, i suoi asini, le sue pecore, la sua tenda e tutto ciò che gli apparteneva, e li fece salire nella valle di Akor. E Giosuè disse: »Perché ci hai tu messi nei guai? l’Eterno metterà nei guai te questo giorno!«. E tutto Israele lo lapidò con pietre; e, dopo averli lapidati con pietre, li bruciarono col fuoco. Poi eressero sopra di lui un gran mucchio di pietre, che dura fino al giorno d’oggi. L’Eterno si placò del furore della sua ira. Perciò quel luogo è stato chiamato fino al giorno d’oggi valle di Akor. Poi l’Eterno disse a Giosuè: »Non aver paura e non sgomentarti. Prendi con te tutti gli uomini di guerra, levati e sali contro Ai. Vedi, io ti do nelle mani il re di Ai, il suo popolo, la sua città e il suo paese. E tu farai ad Ai e al suo re come hai fatto a Gerico e al suo re; prenderete per voi unicamente il suo bottino e il suo bestiame. Tendi un’imboscata contro la città dietro ad essa«. Così Giosuè e tutti gli uomini di guerra si levarono per salire contro Ai. Egli scelse trentamila uomini, guerrieri valorosi, e li fece partire di notte, e comandò loro, dicendo: »Ecco, voi starete in agguato contro la città, proprio dietro la città; non allontanatevi troppo dalla città, ma state tutti pronti. Poi io e tutta la gente che è con me ci avvicineremo alla città; e quando essi usciranno contro di noi come la prima volta, noi ci daremo alla fuga davanti a loro. Essi usciranno ad inseguirci finché noi li avremo tirati lontani dalla città, perché diranno: »Fuggono davanti a noi come la prima volta«. E, mentre noi fuggiremo davanti a loro, voi uscirete dall’agguato e prenderete la città, perché l’Eterno, il vostro DIO, la darà nelle vostre mani. Come avrete preso la città, darete alle fiamme la città; farete come l’Eterno ha comandato. Fate attenzione, questo è l’ordine che io vi do«. Così Giosué li mandò, ed essi andarono al luogo dell’agguato e si fermarono fra Bethel e Ai, dal lato ovest di Ai; ma Giosuè rimase quella notte in mezzo al popolo. Giosuè si alzò quindi al mattino presto, passò in rivista il popolo e salì con gli anziani d’Israele alla testa del popolo contro Ai. Tutti gli uomini di guerra che erano con lui salirono e si avvicinarono; così giunsero di fronte alla città e si accamparono a nord di Ai. Tra loro ed Ai c’era una valle. Allora egli prese circa cinquemila uomini e li mise in agguato fra Bethel ed Ai, a ovest della città. Dopo che il popolo ebbe preso posizione, l’accampamento centrale era a nord della città e gli uomini in agguato a ovest della città, Giosuè quella notte si spinse avanti in mezzo alla valle. Quando il re di Ai si accorse di questo, gli uomini della città si alzarono in fretta al mattino presto e uscirono a combattere contro Israele, il re e tutto il suo popolo, al punto convenuto di fronte all’Arabah; ma il re non sapeva che c’era un agguato contro di lui dietro la città. Allora Giosuè e tutto Israele, fingendo di essere battuti di fronte a loro, fuggirono in direzione del deserto. Tutto il popolo che era nella città fu chiamato a raccolta per inseguirli; così inseguirono Giosuè e furono attirati lontano dalla città. Non ci fu uomo in Ai e in Bethel, che non uscisse dietro a Israele. Lasciarono così la città aperta e inseguirono Israele. Allora l’Eterno disse a Giosuè: »Stendi la lancia che hai in mano verso Ai, perché io te la darò nelle mani«. E Giosuè stese la lancia che aveva in mano verso la città. Come egli ebbe steso la mano, gli uomini in agguato si levarono in fretta dal loro posto, entrarono nella città, la presero, e si affrettarono a darla alle fiamme. Quando gli uomini di Ai si voltarono indietro, ecco, essi videro il fumo della città che saliva al cielo; e non vi fu per loro alcuna possibilità di fuggire né da una parte né dall’altra, perché il popolo che fuggiva in direzione del deserto si voltò contro quei che lo inseguivano. Infatti, quando Giosuè e tutto Israele videro che gli uomini in agguato avevano preso la città e che il fumo della città si alzava in alto, tornarono indietro e batterono gli uomini di Ai. Anche gli altri uscirono dalla città contro di loro; così quelli di Ai si trovarono intrappolati in mezzo alle forze d’Israele, avendo gli uni da un lato e gli atri dall’altro; e li batterono finché non rimase piú alcun superstite o fuggiasco. Ma il re di Ai lo presero vivo e lo condussero da Giosuè. Quando Israele ebbe finito di uccidere tutti gli abitanti di Ai nella campagna e nel deserto dove essi lo avevano inseguito, e furono tutti passati a fil di spada finché furono tutti sterminati, tutto Israele tornò verso Ai e la mise a fil di spada. Tutti quei che caddero in quel giorno, uomini e donne, furono dodicimila, tutta la gente di Ai. Giosuè non ritirò la mano che brandiva la lancia, finché non ebbe sterminato tutti gli abitanti di Ai. Israele prese per se soltanto il bestiame e il bottino di quella città, secondo l’ordine che l’Eterno aveva dato a Giosuè. Così Giosuè arse Ai e la ridusse a un cumulo di rovine per sempre, una desolazione fino a questo giorno. Fece quindi appendere il re di Ai ad un albero e ve lo lasciò fino alla sera; al tramonto del sole, Giosuè ordinò che il suo cadavere fosse calato dall’albero, fosse gettato all’ingresso della porta della città e vi ammassarono sopra un grande mucchio di pietre, che rimane fino ad oggi. Allora Giosuè edificò un altare all’Eterno, il DIO d’Israele, sul monte Ebal, come Mosè, servo dell’Eterno, aveva comandato ai figli d’Israele, come sta scritto nel libro della legge di Mosè, un altare di pietre intatte sulle quali nessuno aveva passato alcun strumento di ferro; poi su di esso offrirono olocausti all’Eterno e fecero sacrifici di ringraziamento. Là Giosuè scrisse su pietre una copia della legge, che Mosè aveva scritto in presenza dei figli d’Israele. Tutto Israele, tanto gli stranieri che gl’Israeliti di nascita, i suoi anziani, i suoi ufficiali e i suoi giudici stavano in piedi ai due lati dell’arca, di fronte ai sacerdoti levitici che portavano l’arca del patto dell’Eterno, una metà di fronte al monte Gherizim, l’altra metà di fronte al monte Ebal, come Mosè, servo dell’Eterno, aveva prima comandato, per benedire il popolo d’Israele. Dopo questo, Giosuè lesse tutte le parole della legge, le benedizioni e le maledizioni, secondo tutto ciò che è scritto nel libro della legge. Non vi fu parola di tutto ciò che Mosè aveva comandato, che Giosuè non leggesse davanti a tutta l’assemblea d’Israele, comprese le donne, i bambini e gli stranieri che risiedevano in mezzo a loro. Ora, appena seppero queste cose, tutti i re che erano di qua dal Giordano, nella regione montuosa, nella pianura e lungo tutta la costa del Mar grande verso il Libano, lo Hitteo, l’Amoreo, il Cananeo, il Perezeo, lo Hivveo e il Gebuseo, si radunarono insieme di comune accordo per far guerra a Giosuè e a Israele. Quando però gli abitanti di Gabaon vennero a sapere ciò che Giosuè aveva fatto a Gerico e ad Ai, giocarono d’astuzia e si misero in viaggio spacciandosi per ambasciatori; essi caricarono sui loro asini sacchi consunti e vecchi otri di vino strappati e rappezzati, si misero ai piedi sandali vecchi e strappati e addosso vesti logore; e tutto il pane delle loro provviste era duro e sbriciolato. Andarono così da Giosuè all’accampamento di Ghilgal, e dissero a lui e agli uomini d’Israele: »Noi siamo venuti da un paese lontano; or dunque fate alleanza con noi«. Ma gli uomini d’Israele risposero agli Hivvei: »Forse abitate in mezzo a noi; come possiamo stringere alleanza con voi?«. Essi dissero a Giosuè: »Noi siamo tuoi servi!«. Giosuè disse loro: »Chi siete e da dove venite?«. Allora essi gli risposero: »I tuoi servi sono venuti da un paese molto lontano, a motivo del nome dell’Eterno, il tuo DIO, perché abbiamo sentito parlare di lui e di tutto ciò che ha fatto in Egitto, come pure di tutto ciò che ha fatto ai due re degli Amorei di là dal Giordano, a Sihon re di Heshbon e a Og re di Bashan, che abitava ad Ashtaroth. Perciò i nostri anziani e tutti gli abitanti del nostro paese ci dissero: Prendete con voi delle provviste per il viaggio, andate loro incontro e dite loro: »Noi siamo vostri servi; fate dunque alleanza con noi«. Questo è il nostro pane che prendemmo come provvista caldo dalle nostre case il giorno che partimmo per venire da voi, e ora eccolo duro e sbriciolato; e questi sono gli otri di vino che riempimmo nuovi, ed eccoli rotti; e questi i nostri abiti e i nostri sandali, che si sono logorati a motivo del viaggio molto lungo«. Allora gli uomini d’Israele presero alcune delle loro provviste, ma non consultarono l’Eterno. Così Giosuè fece pace con loro e stipulò con loro il patto di lasciarli in vita; e i capi dell’assemblea si obbligarono verso di loro con giuramento. Ma tre giorni dopo che avevano stipulato il patto con loro, vennero a sapere che quelli erano loro vicini e abitavano in mezzo a loro. Allora i figli d’Israele partirono e giunsero alle loro città il terzo giorno; or le loro città erano Gabaon, Kefirah, Beeroth e Kiriath-Jearim. Ma i figli d’Israele non li uccisero, perché i capi dell’assemblea avevano loro giurato nel nome dell’Eterno, il DIO d’Israele. Tutta l’assemblea però mormorò contro i capi. Allora i capi dissero all’intera assemblea: »Noi abbiamo giurato loro nel nome dell’Eterno, il DIO d’Israele; perciò non li possiamo toccare. Questo faremo loro: li lasceremo in vita per non attirarci addosso l’ira dell’Eterno, a motivo del giuramento che abbiamo fatto loro«. I capi dissero loro: »Vivano pure, ma siano taglialegna e portatori d’acqua per tutta l’assemblea, come i capi avevano loro detto«. Poi Giosuè li chiamò e parlò loro, dicendo: »Perché ci avete ingannati, dicendo: »Noi abitiamo molto lontano da voi«, mentre abitate in mezzo a noi? Ora dunque siete maledetti, e non cesserete mai di essere schiavi, spaccalegna e portatori di acqua per la casa del mio DIO«. Allora essi risposero a Giosuè e dissero: »Era stato chiaramente riferito ai tuoi servi che il tuo DIO, l’Eterno, aveva comandato al suo servo Mosè di darvi tutto il paese e di sterminare davanti a voi tutti gli abitanti del paese. Perciò noi abbiamo grandemente temuto per le nostre vite a causa vostra, e abbiamo fatto questo. Ed ora eccoci nelle tue mani; fa’ a noi come ti sembra buono e giusto«. Giosuè li trattò dunque così: li liberò dalle mani dei figli d’Israele, perché questi non li uccidessero; ma in quel giorno li destinò ad essere spaccalegna e portatori d’acqua per l’assemblea e per l’altare dell’Eterno, nel luogo che egli avrebbe scelto, fino al giorno d’oggi. Quando Adoni-Tsedek, re di Gerusalemme, seppe che Giosuè aveva preso Ai e l’aveva votata allo sterminio, e che aveva fatto ad Ai e al suo re quel che aveva fatto a Gerico e al suo re, e che gli abitanti di Gabaon avevano fatto pace con gl’Israeliti ed erano in mezzo a loro, fu preso da grande paura, perché Gabaon era una grande città come una delle città regali e perché era piú grande di Ai, e tutti i suoi uomini erano valorosi. Perciò Adoni-Tsedek, re di Gerusalemme, mandò a dire a Hoham re di Hebron, a Piram re di Jarmuth, a Jafia re di Lakish e a Debir re di Eglon, dicendo: »Salite da me e aiutatemi ad attaccare Gabaon, perché ha fatto pace con Giosuè e con i figli d’Israele«. Così i cinque re degli Amorei il re di Gerusalemme, il re di Hebron il re di Jarmuth, il re di Lakish e il re di Eglon si radunarono, salirono con tutti i loro eserciti, si accamparono di fronte a Gabaon e l’attaccarono. Allora i Gabaoniti mandarono a dire a Giosuè, al campo di Ghilgal: »Non negare il tuo aiuto ai tuoi servi; affrettati a salire da noi, salvaci ed aiutaci, perché tutti i re degli Amorei che abitano nella regione montuosa si sono radunati contro di noi«. Così Giosuè salì da Ghilgal, lui con tutti gli uomini di guerra, tutti i guerrieri valorosi. L’Eterno disse a Giosuè: »Non aver paura di loro, perché li ho dati nelle tue mani; nessuno di loro potrà resisterti«. Così Giosuè piombò loro addosso all’improvviso perché aveva marciato tutta la notte da Ghilgal. Cosi l’Eterno li mise in rotta davanti ad Israele, gl’inflisse una grande sconfitta presso Gabaon, li inseguì per la via che sale a Beth-Horon e li battè fino ad Azekah e a Makkedah. Mentre fuggivano davanti a Israele e erano alla discesa di Beth-Horon, l’Eterno scagliò su di loro dal cielo delle grosse pietre fino ad Azekah, ed essi perirono; quelli che morirono per la grandinata di pietre furono piú numerosi di quelli che i figli d’Israele uccisero con la spada. Il giorno che l’Eterno diede gli Amorei nelle mani dei figli d’Israele, Giosuè parlò all’Eterno e disse in presenza d’Israele: »Sole, fermati su Gabaon, e tu, luna, sulla valle di Ajalon!«. Così il sole si fermò e la luna si arrestò, finché il popolo si fu vendicato dei suoi nemici. Questo non sta forse scritto nel libro del Giusto? Così il sole si fermò in mezzo al cielo e non si affrettò a tramontare per quasi un giorno intero. E non ci fu mai, né prima né dopo, un giorno come quello, in cui l’Eterno abbia esaudito la voce di un uomo, perché l’Eterno combatté per Israele. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, ritornò all’accampamento di Ghilgal. Ma quei cinque re erano fuggiti e si erano nascosti nella caverna di Makkedah. La cosa fu riferita a Giosuè e gli fu detto: »I cinque re sono stati trovati nascosti nella caverna di Makkedahii. Allora Giosuè disse: »Rotolate grosse pietre contro l’entrata della caverna e mettetevi degli uomini a far loro guardia. Voi però non fermatevi, ma inseguite i vostri nemici e colpite le retroguardie; non permettete loro di entrare nelle loro città, perché l’Eterno, il vostro DIO, li ha dati nelle vostre mani«. Quando Giosuè e i figli d’Israele ebbero terminato di sterminarli con un grande massacro fino ad annientarli, e i loro superstiti che sfuggirono si furono rifugiati nelle città fortificate, tutto il popolo ritornò sano e salvo da Giosuè all’accampamento di Makkedah. Nessuno osò muovere la lingua contro alcuno dei figli d’Israele. Allora Giosuè disse: »Aprite l’ingresso della caverna, tirate fuori dalla caverna quei cinque re e conduceteli da me«. Così fecero; tirarono fuori dalla caverna quei cinque re, e li condussero da lui, cioè: il re di Gerusalemme, il re di Hebron, il re di Jarmuth, il re di Lakish e il re di Eglon. Quando quei re furono tirati fuori e condotti da Giosuè, Giosuè chiamò tutti gli uomini d’Israele e disse ai capi degli uomini di guerra che erano andati con lui: »Avvicinatevi e mettete i vostri piedi sul collo di questi re«. Essi si avvicinarono e misero i loro piedi sul loro collo. Quindi Giosuè disse loro: »Non abbiate paura, non sgomentatevi, siate forti e coraggiosi, perché così farà l’Eterno a tutti i vostri nemici, contro cui dovete combattere«. Dopo di ciò Giosuè li percosse e li fece morire, quindi li fece appendere a cinque alberi, sui quali rimasero appesi fino a sera. Al tramontar del sole, Giosuè ordinò di calarli dagli alberi e di gettarli nella caverna dove si erano nascosti; poi all’ingresso della caverna misero delle grosse pietre, che sono rimaste là fino al giorno d’oggi. In quello stesso giorno Giosuè prese Makkedah e la passò a fil di spada con il suo re; li votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano; non vi lasciò neppure un superstite e trattò il re di Makkedah come aveva trattato il re di Gerico. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, passò da Makkedah a Libnah, e attaccò Libnah. L’Eterno diede anche questa città con il suo re nelle mani d’Israele; e Giosuè la passò a fil di spada con tutte le persone che vi si trovavano; non vi lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gerico. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, passò da Libnah a Lakish; si accampò contro di essa e l’attaccò. E l’Eterno diede Lakish nelle mani d’Israele, che la prese il secondo giorno e la passò a fil di spada, con tutte le persone che vi si trovavano, esattamente come aveva fatto a Libnah. Allora Horam, re di Ghezer, salì in aiuto di Lakish; ma Giosuè battè lui e il suo popolo fino a non lasciargli alcun superstite. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, passò da Lakish a Eglon; si accamparono contro di essa e l’attaccarono. La presero quello stesso giorno e la passarono a fil di spada. In quello stesso giorno Giosuè votò allo sterminio tutte le persone che vi si trovavano, esattamente come aveva fatto a Lakish. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, salì da Eglon a Hebron e l’attaccarono. La presero e la passarono a fil di spada con il suo re, con tutte le sue città e con tutte le persone che vi si trovavano; non vi lasciò alcun superstite, esattamente come aveva fatto a Eglon; ma la votò allo sterminio con tutte le persone che vi si trovavano. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, tornò verso Debir e l’attaccò. La prese con il suo re e con tutte le sue città; li passarono a fil di spada e votarono allo sterminio tutte le persone che vi si trovavano; non vi lasciò alcun superstite. Egli trattò Debir e il suo re come aveva trattato Hebron, come aveva pure trattato Libnah e il suo re. Giosuè dunque battè tutto il paese, la regione montuosa, il Neghev, il bassopiano, le, pendici dei monti e tutti i loro re; non vi lasciò alcun superstite, ma votò allo sterminio tutto ciò che aveva vita, come l’Eterno, il DIO d’Israele, aveva comandato. Così Giosuè li battè da Kades-Barnea fino a Gaza e tutto il paese di Goscen fino a Gabaon. In una sola volta Giosuè prese tutti quei re e i loro paesi, perché l’Eterno, il DIO d’Israele, combatteva per Israele. Poi Giosuè, e tutto Israele con lui, fece ritorno all’accampamento di Ghilgal. Quando Jabin, re di Hatsor, venne a sapere queste cose, mandò messaggeri a Jobab re di Madon, al re di Scimron, al re di Akshaf, ai re che erano al nord nella regione montuosa, nell’Arabah, a sud di Kinnereth, nel bassopiano e sulle alture di Dor, a ovest, ai Cananei che erano a est e a ovest, agli Amorei, agli Hittei, ai Perezei, ai Gebusei nella regione montuosa, agli Hivvei ai piedi del monte Hermon nel paese di Mitspah Così essi uscirono, essi e tutti i loro eserciti con loro, una stragrande moltitudine come la sabbia che è sulla riva del mare e con cavalli e carri in grandissima quantità. Così tutti questi re si riunirono e vennero ad accamparsi assieme presso le acque di Merom, per combattere contro Israele. Ma l’Eterno disse a Giosuè: »Non aver paura a motivo di loro, perché domani a quest’ora li farò vedere tutti uccisi davanti a Israele. Taglierai i garetti ai loro cavalli e brucerai i loro carri«. Giosuè dunque, e tutta la gente di guerra con lui, marciò all’improvviso contro di essi alle acque di Merom e piombò su di loro; e l’Eterno li diede nelle mani degli Israeliti, i quali li batterono e li inseguirono fino a Sidone la grande, fino alle acque i Misrefoth e fino alla valle di Mitspah, verso est; li batterono fino a non lasciar loro alcun superstite. Giosuè li trattò come gli aveva detto l’Eterno: tagliò i garetti ai loro cavalli e bruciò i loro carri. In quello stesso tempo Giosuè ritornò e prese Hatsor, e uccise il suo re con la spada, perché in passato Hatsor era stata la capitale di tutti quei regni. passò a fil di spada tutte le persone che vi si trovavano, votandole allo sterminio; non lasciò anima viva; poi diede Hatsor alle fiamme. Così Giosuè prese tutte le città di quei regni e tutti i loro re e li passò a fil di spada, votandoli allo sterminio, come aveva ordinato Mosè, servo dell’Eterno. Ma Israele non arse alcuna delle città poste sui colli, ad eccezione di Hatsor, la sola che Giosuè incendiò. I figli d’Israele presero per sé tutto il bottino di quelle città e il bestiame, ma passarono a fil di spada tutti gli uomini fino a sterminarli, e non lasciarono anima viva. Come l’Eterno aveva comandato a Mosè suo servo, così Mosè comandò a Giosuè, e così fece Giosuè, il quale non trascurò nulla di tutto ciò che l’Eterno aveva comandato a Mosè. Giosuè dunque prese tutto quel paese, la regione montuosa, tutto il Neghev, tutto il paese di Goscen, il bassopiano, l’Arabah, la regione montuosa d’Israele e i suoi bassopiani, dal monte Holak che si eleva verso Seir, fino a Baal-Gad nella valle del Libano ai piedi del monte Hermon; prese tutti i loro re, li colpì e li mise a morte. Giosuè combattè con tutti quei re a lungo. Non ci fu città che facesse pace con i figli d’Israele, eccetto gli Hivvei che abitavano in Gabaon; le presero tutte combattendo. Era infatti l’Eterno stesso che induriva il loro cuore perché facessero guerra contro Israele, affinché Israele li votasse allo sterminio senza usare alcuna pietà verso di loro, ma li annientasse come l’Eterno aveva comandato a Mosè. In quello stesso tempo Giosuè si mise in marcia e sterminò gli Anakiti della regione montuosa: di Hebron, di Debir, di Anab, di tutta la regione montuosa di Giuda e di tutta la regione montuosa d’Israele; Giosuè li votò al completo sterminio con le loro città. Non rimasero piú Anakiti nel paese dei figli d’Israele; ne rimasero solo alcuni in Gaza, in Gath e in Ashdod. Così Giosuè prese tutto il paese, esattamente come l’Eterno aveva detto a Mosè; Giosuè quindi lo diede in eredità a Israele, secondo le loro divisioni per tribú. E il paese ebbe riposo dalla guerra. Or questi sono i re del paese sconfitti dai figli d’Israele, che presero possesso del loro territorio di là dal Giordano, verso l’est, dal torrente Arnon fino al monte Hermon e tutta l’Arabah orientale: Sihon, re degli Amorei, che abitava a Heshbon e dominava da Aroer, che è sulle sponde del fiume Harnon, da metà del fiume e da metà di Galaad, fino al fiume Jabbok, confine dei figli di Ammon; e nella parte orientale dell’Arabah dal mare di Kinnereth fino al mare dell’Arabah, il Mar Salato fino a Beth Jescimoth, e a sud fino sotto le pendici del Pisgah. Poi il territorio di Og re di Bashan, uno dei superstiti dei giganti, che abitava ad Ashtaroth e a Edrei, e dominava sul monte Hermon, su Salkah, su tutto Bashan fino al confine dei Gheshuriti e dei Maakathiti, e sulla metà di Galaad fino al confine di Sihon re di Heshbon. Mosè, servo dell’Eterno, e i figli d’Israele li sconfissero; quindi Mosè, servo dell’Eterno, diede il loro paese come possesso ai Rubeniti, ai Gaditi e a metà della tribú di Manasse. Questi invece sono i re del paese che Giosuè e i figli d’Israele sconfissero di qua dal Giordano, a ovest, da Baal-Gad nella valle del Libano fino al monte Halak che si eleva verso Seir, paese che Giosuè diede in possesso alle tribú d’Israele, secondo le loro divisioni, nella regione montuosa, nel bassopiano, nell’Arabah, sulle pendici dei monti, nel deserto e nel Neghev; il paese degli Hittei, degli Amorei, dei Cananei, dei Perezei, degli Hivvei e dei Gebusei: il re di Gerico uno; il re di Ai, vicino a Bethel, uno; il re di Gerusalemme, uno; il re di Hebron, uno; Il re di Jarmuth, uno; il re di Lakish, uno; il re di Eglon, uno; il re di Ghezer, uno il re di Debir, uno; il re di Gheder, uno il re di Hormah, uno; il re di Arad, uno il re di Libnah, uno; il re di Adullam, uno il re di Makkedah, uno; il re di Bethel, uno; il re di Tappuah, uno; il re di Hefer, uno il re di Afek, uno; il re di Sharon, uno il re di Madon, uno; il re di Hatsor, uno il re di Scimron-Meron, uno; il re di Akshaf, uno; il re di Taanak, uno; il re di Meghiddo, uno; il re di Kedesh, uno; il re di Jokneam, al Karmel, uno; il re di Dor, sulle alture di Dor, uno; il re delle genti di Ghilgal, uno; il re di Tirtsah, uno. In tutto trentun re. Or Giosuè era vecchio e avanzato negli anni; e l’Eterno gli disse: »Tu sei vecchio e avanzato negli anni, e rimane ancora una grandissima parte del paese da conquistare. Questo è il paese che ancora rimane: tutto il territorio dei Filistei e tutto qello dei Gheshuriti, dallo Scihor che scorre a est dell’Egitto, fino al confine di Ekron verso nord, (regione che è ritenuta cananea), dei cinque principi dei Filistei: cioè di Gaza, di Ashdod, di Ashkalon, di Gath, di Ekron, e anche gli Avvei, a sud, tutto il paese dei Cananei, e Mearah che appartiene ai Sidoni, fino ad Afek, fino al confine degli Amorei; il paese dei Ghibliti e tutto il Libano verso l’est, da Baal-Gad, ai piedi del monte Hermon, fino all’ingresso di Hamath; tutti gli abitanti della regione montuosa dal Libano fino alle acque i Misrefoth, e tutti i Sidoni. lo li scaccerò davanti ai figli d’Israele; tu intanto distribuisci a sorte il paese fra gl’Israeliti come eredità, nel modo che ti ho comandato. Or dunque dividi questo paese in eredità fra le nove tribú e la metà tribú di Manasse«. I Rubeniti e i Gaditi, con l’altra metà tribú, hanno ricevuto la loro eredità, che Mosè diede loro di là dal Giordano, a est, come aveva dato loro Mosè, servo dell’Eterno: da Aroer che è sulle sponde del torrente Arnon e dalla città che è in mezzo alla valle, tutto l’altopiano di Medeba fino a Dibon; tutte le città di Sihon re degli Amorei, che regnava a Heshbon, fino al confine dei figli di Ammon; Galaad, il territorio dei Gheshuriti e dei Maakathiti, tutto il monte Hermon e tutto Bashan fino a Salkah; tutto il regno di Og, in Bashan, che regnava ad Ashtaroth e a Edrei, che era l’ultimo superstite dei giganti. Mosè infatti li aveva sconfitti e scacciati. Ma i figli d’Israele non scacciarono i Gheshuriti e i Maakathiti; perciò i Gheshuriti e i Maakathiti abitano in mezzo a Israele fino al giorno d’oggi. Soltanto alla tribú di Levi, Mosè non aveva assegnato alcuna eredità; i sacrifici fatti col fuoco all’Eterno, il DIO d’Israele, sono la sua eredità, come egli aveva loro detto. Mosè dunque aveva dato alla tribú dei figli di Ruben la loro parte, secondo le loro famiglie; il loro territorio andava da Aroer che è sulle sponde del torrente Arnon e dalla città che è in mezzo alla valle, tutto l’altopiano presso Medeba, Heshbon e tutte le sue città che sono sull’altopiano: Dibon, Bamoth-Baal, Beth-Baal-Meon, Jahtsah, Kedemoth, Mefaath, Kirjathaim, Sibmah, Tsereth-Hashahar sul monte della valle, Beth-Peor, le pendici del Pisgah e Beth-Jescimoth; tutte le città dell’altopiano e tutto il regno di Sihon, re degli Amorei che regnava a Heshbon, che Mosè sconfisse con i principi di Madian: Evi, Rekem, Tsur, Hur e Reba, principi vassalli di Sihon, che abitavano il paese. I figli d’Israele uccisero pure con la spada Balaam, figlio di Beor, l’indovino, insieme agli altri da loro uccisi tra i Madianiti. Al territorio dei figli di Ruben faceva da confine il Giordano. Questa fu l’eredità dei figli di Ruben secondo le loro famiglie, con le città e i loro villaggi. Mosè aveva pure dato alla tribú di Gad, ai figli di Gad, la loro parte, secondo le loro famiglie. Il loro territorio comprendeva Jazer, tutte le città di Galaad, la metà del paese dei figli di Ammon fino ad Aroer, che è di fronte a Rabbah, e da Heshbon fino a Ramath-Mitspah e Betonim, e da Mahanaim fino al confine di Debir, e nella valle, Beth-Haram, Beth-Nimrah, Sukkoth e Tsafon, il resto del regno di Sihon re di Heshbon, con il Giordano per confine, fino all’estremità del Mar di Kinnereth, di là dal Giordano, a est. Questa fu l’eredità dei figli di Gad secondo le loro famiglie, con le città e i loro villaggi. Mosè aveva pure dato alla mezza tribú di Manasse, ai figli di Manasse, la loro parte, secondo le loro famiglie. Il loro territorio comprendeva da Mahanaim, tutto Bashan, tutto il regno di Og re di Bashan, tutti i villaggi di Jair che sono in Bashan, in tutto sessanta città. La metà di Galaad, Ashtaroth e Edrei, città del regno di Og in Bashan, toccarono ai figli di Makir, figlio di Manasse, cioè, alla metà dei figli di Makir secondo le loro famiglie. Tali sono le parti che Mosè aveva distribuito in eredità nelle pianure di Moab, al di là del Giordano, sulla sponda opposta a Gerico, a est. Ma alla tribú di Levi Mosè non aveva dato alcuna eredità; l’Eterno, il DIO d’Israele, era la sua eredità, come egli aveva loro detto. Questi sono i territori che i figli d’Israele ricevettero in eredità nel paese di Canaan, e che il sacerdote Eleazar, Giosuè figlio di Nun e i capifamiglia delle tribú dei figli d’Israele distribuirono loro in eredità. La loro eredità fu decisa a sorte, come l’Eterno aveva comandato per mezzo di Mosè, alle nove tribú e alla mezza tribú, perché alle altre due tribú e alla mezza tribú, Mosè aveva dato la loro eredità di là dal Giordano; ma non aveva dato alcuna eredità in mezzo a loro ai Leviti, perché i figli di Giuseppe formavano due tribú: Manasse ed Efraim; ai Leviti invece non fu data alcuna parte nel paese, ma soltanto delle città per abitarvi, con i loro terreni da pascolo per il loro bestiame e i loro beni. I figli d’Israele fecero come l’Eterno aveva comandato a Mosè e spartirono il paese. Allora i figli di Giuda si presentarono a Giosuè a Ghilgal; e Caleb, figlio di Jefunneh, il Kenizeo, gli disse: »Tu sai ciò che l’Eterno disse a Mosè, uomo di DIO, riguardo a me e a te a Kadesh-Barnea. Io avevo quarant’anni quando Mosè, servo dell’Eterno, mi mandò da Kadesh-Barnea ad esplorare il paese; e io gli feci un resoconto come l’avevo in cuore. Mentre i miei fratelli che erano saliti con me scoraggiarono il popolo, io seguii pienamente l’Eterno, il mio DIO. In quel giorno Mosè fece questo giuramento: »La terra che il tuo piede ha calcato sarà eredità tua e dei tuoi figli per sempre, perché hai pienamente seguito l’Eterno il mio DIO«. Ed ora ecco, l’Eterno mi ha conservato in vita, come aveva detto, questi quarantacinque anni da quando l’Eterno disse questa parola a Mosè, mentre Israele vagava nel deserto; ed ecco, oggi ho ottantacinque anni. Ma oggi sono ancora forte come lo ero il giorno in cui Mosè mi mandò; lo stesso vigore che avevo allora ce l’ho anche adesso, tanto per combattere che per andare e venire. Or dunque dammi questo monte di cui l’Eterno parlò quel giorno; poiché tu stesso udisti in quel giorno che vi erano gli Anakim e città grandi e fortificate. Se l’Eterno sarà con me, io li scaccerò come disse l’Eterno«. Allora Giosuè lo benedisse e diede Hebron in eredità a Caleb, figlio di Jefunneh. Per questo Hebron è rimasta proprietà di Caleb, figlio di Jefunneh, il Kenizeo, fino al giorno d’oggi, perché aveva pienamente seguito l’Eterno, il DIO d’Israele. Precedentemente Hebron si chiamava Kirjath-Arba; Arba era stato l’uomo piú grande fra gli Anakim. E il paese non ebbe più guerre. La parte assegnata in sorte alla tribú dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie, si estendeva fino al confine di Edom, al deserto di Tsin, all’estremità sud. Il loro confine sud iniziava all’estremità del Mar Salato, dalla punta rivolta a sud, e si prolungava a sud della salita di Akrabbim, passava per Tsin, poi risaliva a sud di Kadesh-Barnea, passava da Hetsron, saliva verso Addar e ripiegava verso Karkaa; passava quindi da Atsmon e continuava fino al torrente d’Egitto, per finire sul mare. »Questo sarà«, disse Giosuè, »il vostro confine a sud«. Il confine a est era il mar Salato fino alla foce del Giordano. Il confine a nord iniziava dal braccio di mare presso la foce del Giordano; il confine quindi saliva verso Beth-Hoglah, passava a nord di Beth-Arabah e saliva fino al sasso di Bohan, figlio di Ruben. Poi il confine dalla valle di Akor saliva a Debir e ripiegava a nord verso Ghilgal, che è di fronte alla salita di Adummim, a sud della valle; il confine passava poi alle acque di En-Scemesh e terminava a En-Roguel. Il confine risaliva quindi per la valle del figlio di Hinnom fino alle pendici meridionali della città dei Gebusei (che è Gerusalemme). Il confine risaliva poi fino alla cima del monte che si trova di fronte alla valle di Hinnom a ovest, che rimane all’estremità della valle dei Refaim a nord. Dalla cima del monte il confine si estendeva fino alla sorgente delle acque di Neftoah, continuava verso le città del monte Efron e il confine piegava poi fino a Baalah, che è Kirjath-Jearim. Da Baalah il confine ripiegava quindi a ovest verso la montagna di Seir, passava sul versante a nord del monte Jearim (che è Kesalon), scendeva a Beth-Scemesh e passava per Timnah. Il confine raggiungeva poi il lato nord di Ekron, ripiegava quindi verso Scikron, passava per il monte Baalah, si estendeva fino a Jabneel, per finire sul mare. Il confine ad ovest era il Mar Grande. Questi erano i confini, tutt’intorno, dei figli di Giuda secondo le loro famiglie. A Caleb, figlio di Jefunneh, Giosuè diede una parte in mezzo ai figli di Giuda, come l’Eterno gli aveva comandato: Kirjath-Arba, che è Hebron (Arba era padre di Anak). E Caleb scacciò di là i tre figli di Anak, Sceshai, Ahiman e Talmai, discendenti di Anak: Di là salì contro gli abitanti di Debir, (che prima si chiamava Kirjath-Sefer). E Caleb disse: »A chi attaccherà Kirjath-Sefer e la espugnerà, io darò in moglie mia figlia Aksah«. Allora Othniel, figlio di Kenaz, fratello di Caleb, la espugnò e Caleb gli diede in moglie sua figlia Aksah. Quando ella venne a stare con lui, persuase Otniel a chiedere a suo padre un campo. Allora essa smontò dall’asino e Caleb le disse: »Che vuoi?«. Ella rispose: »Fammi un dono; poiché tu mi hai dato della terra nel Neghev, dammi anche delle sorgenti d’acqua«. Così egli le donò le sorgenti superiori e le sorgenti inferiori. Questa fu l’eredità della tribú dei figli di Giuda, secondo le loro famiglie: le città poste all’estremità della tribú dei figli di Giuda, verso i confine di Edom, nel Neghev erano: Kabtseel, Eder, Jagur, Kinah, Dimonah, Adadah, Kadesh, Hatsor, Ithnam, Zif, Telem, Beaoth, Hatsor-Hadattah, Kerioth-Hetsron (cioè Hatsor), Amam, Scema, Moladah, Hatsor-Gaddah, Heshmon, Beth-Pelet, Hatsor-Shual, Beer-Sceba, Bizjothjah, Baala, Ijim, Etsem, Eltolad, Kesil, Hormah, Tsiklag, Madmannah, Sansannah, Lebaoth, Scilhim, Ain, Rimmon: in tutto ventinove città con i loro villaggi. Nel bassopiano: Eshtaol, Tsoreah, Ashnah, Zanoah, En-Gannim, Tappuah, Enam, Jarmuth, Adullam, Sosoh, Azekah, Shaaraim, Adithaim, Ghederah e Ghederothaim: quattordici città con i loro villaggi; Tsenan, Hadashah, Migda-Gad, Dilean, Mitspah, Joktheel, Lakish, Botskath, Eglon, Kabbon, Lahmas, Kitlish, Ghederoth, Beth-Dagon, Naamah e Makkedah: sedici città con i loro villaggi; Libnah, Ether, Ashan, Jiftah, Ashna, Netsib, Keilah, Akzib e Mareshah: nove città con i loro villaggi; Ekron con le sue città e i suoi villaggi; da Ekron fino al mare, tutto ciò che era vicino a Ashdod con i loro villaggi; Ashdod con le sue città e i suoi villaggi; Gaza con le sue città e i suoi villaggi fino al torrente d’Egitto e al Mar Grande con la sua costa. Nella regione montuosa: Shanoir, Jattir, Sokoh, Dannah, Kiath-Sannah, cioè Debir, Anab, Esthemoth, Anim, Goscen, Holon e Ghiloh: undici città con i loro villaggi; Arab, Dumah, Escean, Janum, Beth-Tappuah, Afekah, Humtah, Kirjath-Arba (cioè Hebron), e Tsior. nove città con i loro villaggi; Maon, Karmel, Zif, Juttah, Jezreel, Jokdeam, Zanoah, Kain, Ghibeah e Timnah: dieci città con i loro villaggi; Halhul, Beth-Tsur, Ghedor, Maarath, Beth-Anoth e Eltekon: sei città con i loro villaggi; Kirjath-Baal (cioè Kirjath-Jearim), e Rabbah: due città con i loro villaggi. Nel deserto: Beth-Arabah, Middin, Sekakah, Nibshan, la città del sale e Enghedi: sei città con i loro villaggi. Quanto ai Gebusei che abitavano in Gerusalemme, i figli di Giuda non li poterono scacciare; così i Gebusei hanno abitato con i figli di Giuda in Gerusalemme fino al giorno d’oggi. La parte assegnata in sorte ai figli di Giuseppe si estendeva dal Giordano presso Gerico, verso le acque di Gerico a est, fino al deserto che sale da Gerico a Bethel per la regione montuosa. Il confine continuava poi da Bethel a Luz e passava per la frontiera degli Arkei ad Ataroth, scendeva a ovest verso il confine dei Jafletei fino al confine di Beth-Horon inferiore e fino a Ghezer, per finire quindi sul mare. Così i figli di Giuseppe, Manasse ed Efraim, ebbero ciascuno la loro eredità. Questi furono i confini dei figli di Efraim, secondo le loro famiglie. Il confine della loro eredità, a est, era Atroth, fino a Beth-Horon superiore; il confine si estendeva fino al mare a nord di Mikmethath, ripiegava quindi verso est fino a Taanath-Sciloh e le passava davanti a est di Janoah. Da Janoah scendeva quindi ad Ataroth e a Naarah e toccava Gerico, per terminare al Giordano. Da Tappuah il confine si estendeva verso ovest fino al torrente Kanah, per finire sul mare. Questa fu l’eredità della tribú dei figli di Efraim, secondo le loro famiglie, assieme alle città messe da parte per i figli di Efraim in mezzo all’eredità dei figli di Manasse, tutte le città con i loro villaggi. Ma essi non scacciarono i Cananei che abitavano a Ghezer; così i Cananei hanno dimorato in mezio a Efraim fino al giorno d’oggi, ma sono stati soggetti a servitú. Questa fu la parte assegnata in sorte alla tribú di Manasse, perché egli era il primogenito di Giuseppe. A Makir, primogenito di Manasse e padre di Galaad, fu assegnato Galaad e Bashan, perché era uomo di guerra. Fu pure assegnata in sorte una parte agli altri figli di Manasse, secondo le loro famiglie: ai figli di Abiezer, ai figli di Helek, ai figli di Asriel, ai figli di Sichem, ai figli di Hefer, ai figli di Scemida. Questi erano i figli maschi di Manasse, figlio di Giuseppe, secondo le loro famiglie. Or Tselofehad, figlio di Hefer, figlio di Galaad, figlio di Makir, figlio di Manasse, non ebbe figli, ma soltanto figlie, i cui nomi erano: Mahlah, Noah, Hoglah, Milkah e Tirtsah. Esse si presentarono davanti al sacerdote Eleazar, davanti a Giosuè figlio di Nun e davanti ai principi, dicendo: »L’Eterno comandò a Mosè di darci una eredità in mezzo ai nostri fratelli«. E Giosuè diede loro un’eredità in mezzo ai fratelli del loro padre, secondo il comando dell’Eterno. Toccarono così dieci parti a Manasse, oltre i paese di Gaad e di Bashan che erano al di là del Giordano; le figie di Manasse infatti ricevettero un’eredità in mezzo ai figli di lui, e il paese di Gaad fu per gli altri figli di Manasse. Il confine di Manasse si estendeva da Ascer a Mikmethath, che è di fronte a Sichem, poi girava a destra verso gli abitanti di En-Tappuah. Il paese di Tappuah apparteneva a Manasse; ma Tappuah sul confine di Manasse apparteneva ai figli di Efraim. Poi il confine scendeva al torrente Kanah, a sud del torrente; queste città che appartenevano ad Efraim erano in mezzo alle città di Manasse; ma il confine di Manasse era dal lato nord del torrente e terminava sul mare. Il territorio a sud era di Efraim, quello a nord era di Manasse, e il mare era il loro confine; a nord confinavano con Ascer e a est con Issacar. Inoltre, nel territorio i Issacar e in quello di Ascer, Manasse aveva: Beth-Scean con i suoi villaggi, Ibleam con i suoi villaggi, gli abitanti di Dor con i suoi villaggi, gli abitanti di En-Dor con i suoi villaggi, gli abitanti di Taanak con i suoi villaggi, gli abitanti di Meghiddo con i suoi villaggi, tre regioni collinose. Ma i figli di Manasse non riuscirono ad occupare quelle città, perché i Cananei erano risoluti a restare in quel paese. Quando però i figli d’Israele divennero forti, assoggettarono i Cananei a servitú, ma non li scacciarono del tutto. Allora i figli di Giuseppe parlarono a Giosuè e gli dissero: »Perché ci hai dato in eredità solo una parte, solo una porzione, mentre siamo un gran popolo che l’Eterno ha finora benedetto?«. Giosuè disse loro: »Se siete un popolo numeroso, salite alla foresta e dissodatela per farvi del posto nel paese dei Perezei e dei giganti, perché la regione montuosa di Efraim è troppo ristretta per voi«. Ma i figli di Giuseppe risposero: »La regione montuosa non ci basta; e tutti i Cananei che abitano nella regione pianeggiante hanno carri di ferro, tanto quelli che stanno a Beth-Scean e nei suoi villaggi, come quelli che stanno nella valle di Jezreel«. Allora Giosuè parlò alla casa di Giuseppe, a Efraim e a Manasse, e disse: »Tu sei un popolo numeroso e hai una grande forza; non avrai solamente una parte, ma anche la regione montuosa sarà tua; benché sia una foresta, tu la disboscherai e sarà tua fino ai suoi margini piú remoti, perché tu scaccerai i Cananei anche se essi hanno carri di ferro e sono forti«. Poi l’intera assemblea dei figli d’Israele si radunò a Sciloh, e là eressero la tenda di convegno. Il paese era loro sottomesso. Ma rimanevano tra i figli d’Israele sette tribú, che non avevano ancora ricevuto la loro eredità. Così Giosuè disse ai figli d’Israele: »Fino a quando trascurerete di andare a prendere possesso del paese che l’Eterno, il DIO dei vostri padri, vi ha dato Scegliete fra voi tre uomini per ogni tribú e io li manderò. Essi si leveranno, percorreranno il paese, ne faranno la descrizione in base alla loro parte d’eredità, e poi torneranno da me. Essi lo divideranno in sette parti: Giuda rimarrà nel suo territorio a sud e la casa di Giuseppe rimarrà nel suo territorio a nord. Voi farete dunque la descrizione del paese in sette parti; la porterete qui da me, e io tirerò la sorte per voi qui, davanti all’Eterno, il nostro DIO. Ma i Leviti non devono avere alcuna parte in mezzo a voi, perché il sacerdozio dell’Eterno è la loro eredità; e Gad, Ruben e la mezza tribú di Manasse hanno già ricevuto la loro eredità al di là del Giordano a est, che Mosè, servo dell’Eterno, ha data loro«. Quegli uomini dunque si levarono e partirono; e Giosuè a coloro che andavano a descrivere il paese comandò e disse: »Andate, percorrete il paese e fatene la descrizione; poi tornate da me, e qui io tirerò la sorte per voi davanti all’Eterno, a Sciloh«. Così quegli uomini andarono, percorsero il paese e fecero in un libro la descrizione in sette parti secondo le città; poi tornarono da Giosuè nell’accampamento di Sciloh. Allora Giosuè tirò le sorti per loro a Sciloh davanti all’Eterno, e là sparti il paese tra i figli d’Israele, secondo le loro divisioni. Fu tirata a sorte la parte della tribú dei figli di Beniamino, secondo le loro famiglie; il territorio a loro toccato in sorte aveva i confini tra i figli di Giuda e i figli di Giuseppe. Dal lato nord il loro confine iniziava dal Giordano, risaliva il versante a nord di Gerico, saliva per la regione montuosa verso ovest e terminava al deserto di Beth-Aven. Di là il confine saliva a Luz, sul versante a sud di Luz (che è Bethel); scendeva quindi ad Ataroth-Addar, presso il monte che si trovava a sud di Beth-Horon inferiore. Poi il confine si estendeva, ripiegando sul lato ovest verso sud dal monte posto di fronte a Beth-Horon, a sud, per terminare a Kirjath-Baal, (che è Kiriath-Jearim), città dei figli di Giuda. Questo era il lato ovest. Il lato sud iniziava all’estremità di Kirjath-Jearim. Il confine si estendeva verso ovest fino a toccare la sorgente delle acque di Neftoah; poi il confine scendeva all’estremità del monte che si trova di fronte alla valle del figlio di Hinnom, che è nella valle dei giganti, al nord, e scendeva per la valle di Hinnom, sul versante sud della città dei Gebusei, fino a En-Roghel. Piegava poi verso il nord e giungeva a En-Scemesh; si estendeva quindi verso Gheliloth, che è di fronte alla salita di Adui, e scendeva al sasso di Bo-han, figlio di Ruben; poi passava per il versante nord di fronte all’Arabah e discendeva verso l’Arabah. Il confine passava quindi per il versante nord di Beth-Hoglah e terminava alla punta nord del Mar Salato, all’estremità sud del Giordano. Questo era il confine a sud. Il Giordano serviva di confine dal lato est. Questa fu l’eredità dei figli di Beniamino in base ai suoi confini tutt’intorno, secondo le loro famiglie. Le città della tribú dei figli di Beniamino, secondo le loro famiglie, furono: Gerico, Beth-Hoglah, Emek-Ketsits, Beth-Arabah, Tsemaraim, Bethel, Avvim, Parah, Ofrah, Kefar-Haammoni, Ofni e Gheba: dodici città con i loro villaggi; Gabaon, Ramah, Beeroth, Mitspeh, Kefirah, Motsah, Rekem, Irpeel, Taralah, Tselah, Efel, Gebus, (che è Gerusalemme), Ghibeath e Kirjath: quattordici città con i loro villaggi. Questa fu l’eredità dei figli di Beniamino, secondo le loro famiglie. La seconda parte tirata a sorte toccò a Simeone, alla tribú dei figli di Simeone secondo le loro famiglie. La loro eredità era in mezzo all’eredità dei figli di Giuda. Nella loro eredità ebbero: Beer-Sceba, (Sceba), Moladah Hatsar-Shual, Balah, Etsem, Eltolad, Bethul, Hormah, Tsiklag, Beth-Markaboth, Hatsar-Susah, Beth-Lebaoth e Sharuhen: tredici città con i loro villaggi; Ain, Rimmon, Ether e Ashan: quattro città con i loro villaggi, e tutti i villaggi che stavano attorno a queste città, fino a Baalath-Beer, Ramah del Neghev". Questa fu l’eredità della tribú dei figli di Simeone, secondo le loro famiglie. L’eredità dei figli di Simeone fu presa dalla parte dei figli di Giuda, perché la parte dei figli di Giuda era troppo grande per loro; così i figli di Simeone ebbero la loro eredità in mezzo all’eredità di quelli di Giuda. La terza parte tirata a sorte toccò ai figli di Zabulon, secondo le loro famiglie. Il territorio della loro eredità si estendeva fino a Sarid. Il loro confine saliva a ovest verso Maralah e giungeva a Dabbesceth e poi al torrente che scorre di fronte a Jokneam. Da Sarid girava ad est verso il sol levante, fino al confine delle Fiamme del Tabor, si estendeva poi verso Daberath, giungendo fino a Jafia. Di là passava a est fino a Gath-Hefer, a Eth-Katsin, e si estendeva fino a Rimmon, giungendo fino a Neah. Poi il confine ripiegava a nord verso Hannathon, e terminava nella valle di Jiftah-El. Esso includeva inoltre: Kattath, Nahalal, Scimron, Idalah e Betlemme: dodici città con i loro villaggi. Questa fu l’eredità dei figli di Zabulon, secondo le loro famiglie, queste città con i loro villaggi. La quarta parte tirata a sorte toccò a Issacar, ai figli di Issacar, secondo le loro famiglie. Il loro territorio andava fino a Jezreel, Kesulloth, Shunem, Hafaraim, Scion, Anaharath, Rabbith, Kiscion, Abets, Remeth, En-Gannim, En-Haddah e Beth-Patsets. Poi il confine giungeva a Tabor, Sha-hatsimah e Beth-Scemesh, terminava al Giordano: sedici città con i loro villaggi. Questa fu l’eredità della tribù dei figli d’Issacar, secondo le loro famiglie, le città con i loro villaggi. La quinta parte tirata a sorte toccò ai figli di Ascer, secondo le loro famiglie. Il territorio comprendeva: Helkath, Hali, Beten, Akshaf, Allamelek, Amad e Mishal. Il loro confine giungeva, verso ovest, al monte Karmel e a Scihor-Libnath. Poi ripiegava dal lato del sol levante verso Beth-Dagon, giungeva a Zabulon e alla valle di Jiftah-EI al nord di Beth-Emek e di Neiel, e si prolungava verso Kabul a sinistra, e verso Ebron, Reob, Hammon e Kanah, fino a Sidone la Grande. Poi il confine ripiegava verso Ramah fino alla città fortificata di Tiro, girava verso Hosa, per finire sul mare dal lato del territorio di Akzib. Esso includeva inoltre: Ummah, Afek e Rehob: ventidue città con i loro villaggi. Questa fu l’eredità della tribú dei figli di Ascer, secondo le loro famiglie, queste città con i loro villaggi. La sesta parte tirata a sorte toccò ai figli di Neftali, secondo le loro famiglie. Il loro confine si estendeva da Helef, dalla quercia in Zaanannim, Adami-Nekeb e Jabneel fino a Lakkum e terminava al Giordano. Poi il confine ripiegava a ovest verso Aznoth-Tabor, e di là continuava verso Hukkok; giungeva a Zabulon dal lato sud, a Ascer dal lato ovest e a Giuda del Giordano dal lato di levante. Le città fortificate erano: Tsiddim, Tser, Hammath, Rakkath, Kinnereth, Adamah, Ramah, Hatsor, Kedesh, Edrei, En-Hatsor, Jiron, Migdal-El, Horem, Beth-nath e Beth-Scemesh: diciannove città con i loro villaggi. Questa fu l’eredità della tribú dei figli di Neftali, secondo le loro famiglie, le città con i loro villaggi. La settima parte tirata a sorte toccò alla tribú dei figli di Dan, secondo le loro famiglie. Il territorio della loro eredità comprendeva: Tsorah, Eshtaol, Ir-Scemesh, Shaalabbin, Aijalon, Jithlah, Elon, Timnathah, Ekron, Eltekeh, Ghibbethon, Baalath, Jehud, Bene-Berak, Gath-Rimmon, Me-Jarkon e Rakkon col territorio avanti a Jafo. Ma il territorio dei figli di Dan si estese al di là di questi confini, perché i figli di Dan salirono a combattere contro Lescem; la presero e la passarono a fil di spada; ne presero possesso, vi si stabilirono e a Lescem misero nome Dan, dal nome di Dan loro padre. Questa fu l’eredità della tribú dei figli di Dan, secondo le loro famiglie, queste città con i loro villaggi. Quando i figli d’Israele ebbero finito di ripartire l’eredità del paese secondo i suoi confini, diedero a Giosuè, figlio di Nun, una eredità in mezzo a loro. Secondo il comando dell’Eterno, gli diedero la città che egli chiese, Timnath-serah, nella regione montuosa di Efraim. Egli costruì la città e dimorò in essa. Queste sono le eredità che il sacerdote Eleazar, Giosuè figlio di Nun e i capifamiglia delle tribú dei figli d’Israele distribuirono a sorte a Sciloh, davanti all’Eterno, all’ingresso della tenda di convegno. Così essi terminarono la spartizione del paese. Poi l’Eterno parlò a Giosuè, dicendo: »Parla ai figli d’Israele e di’ loro: stabilitevi le città di rifugio, di cui vi parlai per mezzo di Mosè, affinché vi si possa rifugiare l’omicida che ha ucciso qualcuno involontariamente e senza premeditazione; esse vi serviranno di rifugio contro il vendicatore del sangue. Quando l’omicida fuggirà a una di quelle città, si fermerà all’ingresso della porta della città ed esporrà il suo caso agli anziani di quella città; essi lo accoglieranno in città con loro e gli daranno un posto, ed egli abiterà fra di loro. Se il vendicatore del sangue lo inseguirà, essi non gli daranno nelle mani l’omicida, perché egli ha ucciso il suo prossimo senza premeditazione, senza averlo odiato prima. L’omicida rimarrà in quella città finché, alla morte del sommo sacerdote che sarà in carica in quei giorni, comparirà in giudizio davanti all’assemblea. Allora l’omicida potrà tornare e rientrare nella sua città e nella sua casa nella città dalla quale era fuggito«. Essi dunque designarono Kedesh in Galilea, nella regione montuosa di Neftali, Sichem nella regione montuosa di Efraim e Kiath-Arba, (che è Hebron), nella regione montuosa di Giuda. E al di là del Giordano, ad est di Gerico, stabilirono Betser nel deserto sull’altopiano della tribú di Ruben, Ramoth in Galaad della tribú di Gad é Golan in Bashan della tribú di Manasse. Queste furono le città assegnate a tutti i figli d’Israele e allo straniero che risiedeva fra di loro, affinché chiunque avesse ucciso qualcuno involontariamente potesse rifugiarvisi e non essere ucciso dal vendicatore del sangue, prima di essere comparso davanti all’assemblea. Or i capi-famiglia dei Leviti si presentarono al sacerdote Eleazar, a Giosuè figlio di Nun e ai capifamiglia delle tribú dei figli d’Israele, e parlarono loro a Sciloh, nel paese di Canaan, dicendo: L’Eterno comandò, per mezzo di Mosè, che ci fossero assegnate delle città da abitare con i loro terreni da pascolo per il nostro bestiame«. Così i figli d’Israele assegnarono, prendendole dalla loro eredità, ai Leviti le seguenti città con i loro terreni da pascolo, secondo il comandamento dell’Eterno. Si tirò a sorte per le famiglie dei Kehathiti; e i figli del sacerdote Aaronne, che erano Leviti, ebbero in sorte tredici città prese dalla tribú di Giuda, dalla tribú di Simeone e dalla tribú di Beniamino. Al resto dei figli di Kehath toccarono in sorte dieci città dalle famiglie della tribù di Efraim, dalla tribú di Dan e dalla mezza tribù di Manasse. Ai di Ghershon toccarono in sorte: tredici città prese dalle famiglie della tribú d’Issacar, dalla tribú di Ascer, dalla tribú di Neftali e dalla mezza tribú di Manasse in Bashan. figli di Merari, secondo le loro famiglie, toccarono dodici città prese dalla tribú di Ruben, dalla tribú di Gad e dalla tribú di Zabulon. I figli d’Israele diedero dunque in sorte queste città con i loro terreni da pascolo ai Leviti, come l’Eterno aveva comandato per mezzo di Mosè. Così essi diedero prendedole dalla tribù dei figli di Giuda e dalla tribú dei figli di Simeone, le città qui nominate che andarono ai figli di Aaronne appartenenti alle famiglie dei Kehathiti figli di Levi, perché la prima porzione sorteggiata toccò a loro. Furono dunque date loro Kirjath-arba, cioè Hebron, (Arba fu padre di Anak), nella regione montuosa di Giuda, con i suoi terreni da pascolo tutt’intorno; ma diedero il territorio della città e i loro villaggi a Caleb, figlio di Jefunneh, come sua proprietà. Inoltre diedero ai figli del sacerdote Aaronne, Hebron (come città di rifugio per l’omicida) con i suoi terreni da pascolo, Libnah con i suoi terreni da pascolo, Jattir con i suoi terreni da pascolo, Eshtemoa con i suoi terreni da pascolo, Holon con i suoi terreni da pascolo, Debir con i suoi terreni da pascolo, Ain con i suoi terreni da pascolo, Juttah con i suoi terreni da pascolo e Beth-Scemesh con i suoi terreni da pascolo: nove città prese da queste due tribú. Dalla tribú di Beniamino, Gabaon con i suoi terreni da pascolo, Gheba con i suoi terreni da pascolo, Anatoth con i suoi terreni da pascolo Almon con i suoi terreni da pascolo: quattro città. Il totale delle città dei sacerdoti figli di Aaronne era di tredici città con i loro terreni da pascolo. Alle famiglie dei figli di Kehath, cioè al resto dei Leviti, figli di Kehath, toccarono delle città prese dalla tribú di Efraim. Fu loro data Sichem (come città di rifugio per l’omicida) con i suoi terreni da pascolo nella regione montuosa di Efraim, Ghezer con i suoi terreni da pascolo, Kibtsaim con i suoi terreni da pascolo e Beth-Horon con i suoi terreni da pascolo: quattro città. Dalla tribú di Dan: Eltekeh con i suoi terreni da pascolo, Ghibbethon con i suoi terreni da pascolo, Aijalon con i suoi terreni da pascolo Gath-Rimmon con i suoi terreni da pascolo: quattro città. Dalla mezza tribú di Manasse: Taanak, con i suoi terreni da pascolo, Gath-Rimmon con i suoi terreni da pascolo: due città. Tutte queste dieci città con i loro terreni da pascolo toccarono alle famiglie degli altri figli di Kehath. Ai figli di Ghershon, appartenenti alle famiglie dei Leviti, diedero, prendendole dalla mezza tribú di Manasse, Golan in Bashan (come città di rifugio per l’omicida), con i suoi terreni da pascolo e Beeshterah con i suoi terreni da pascolo: due città; dalla tribú d’Issacar, Kiscion con i suoi terreni da pascolo, Daberath con i suoi terreni da pascolo, Jaimuth con i suoi terreni da pascolo, En-Gannim con i suoi terreni da pascolo: quattro città; dalla tribú di Ascer, Mishal con i suoi terreni da pascolo, Abdon con i suoi terreni da pascolo, Helkath con i suoi terreni da pascolo e Rehob con i suoi terreni da pascolo: quattro città; e dalla tribú di Neftali, Kadesh in Galilea (come città di rifugio per l’omicida), con i suoi terreni da pascolo, Hammoth Dor con i suoi terreni da pascolo, e Kartan con i suoi terreni da pascolo: tre cittá. Il totale delle cittá dei Ghershoniti, secondo le loro famiglie era di tredici città con i loro terreni da pascolo. Alle famiglie dei figli di Merari, cioè al resto dei Leviti diedero, prendendole dalla tribú di Zabulon, Joneam con i suoi terreni da pascolo, Kartah con i suoi terreni da pascolo, Dimnah con i suoi terreni da pascolo e Nahalal con i suoi terreni da pascolo: quattro città; dalla tribú di Ruben, Betser con i suoi terreni da pascolo, Jahtsah con i suoi terreni da pascolo, Kedemoth con suoi terreni da pascolo e Mefaath con i suoi terreni da pascolo: quattro città; e dalla tribú di Gad, Ramoth in Galaad (come città di rifugio per l’omicida), con i suoi terreni da pascolo, Mahanaim con i suo terreni da pascolo, Heshbon con i suoi terreni da pascolo e Jazer con i suoi terreni da pascolo: in tutto quattro città. Il totale delle città date in sorte ai figli di Merari, secondo le loro famiglie che formavano il resto delle famiglie dei Leviti, era di dodici città. Il totale delle città dei Leviti in mezzo a possedimenti dei figli d’Israele era di quarantotto città con i loro terreni da pascolo. Ciascuna di queste città aveva suoi terreni da pascolo tutt’intorno; così era di tutte queste città. Così l’Eterno diede a Israele tutto il paese che aveva giurato di dare ai loro padri, e i figli d’Israele ne presero possesso e vi abitarono. L’Eterno diede loro riposo tutt’intorno, come aveva giurato ai loro padri; nessuno di tutti i loro nemici potè loro resistere; l’Eterno diede tutti i loro nemici nelle loro mani. Non cadde a terra una sola di tutte le buone parole che l’Eterno aveva detto alla casa d’Israele; si avverarono tutte quante. Poi Giosuè chiamò i Rubeniti, i Gadti e la mezza tribú di Manasse e disse loro: »Voi avete osservato tutto ciò che Mosè, servo dell’Eterno, vi aveva comandato e avete ubbidito alla mia voce in tutto ciò che io vi ho comandato. Voi non avete abbandonato i vostri fratelli durante questo lungo tempo fino ad oggi, e avete osservato le ingiunzioni che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha comandato. E ora che l’Eterno, il vostro DIO, ha dato riposo ai vostri fratelli, come aveva loro promesso, ritornate e andate alle vostre tende nel paese che vi appartiene, e che Mosè, servo dell’Eterno, vi ha assegnato al di là del Giordano. Soltanto abbiate cura di mettere in pratica i comandamenti e la legge che Mosè, servo dell’Eterno, vi ha prescritto, amando l’Eterno il vostro DIO, camminando in tutte le sue vie, osservando i suoi comandamenti, tenendovi stretti a lui e servendolo con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima«. Poi Giosuè li benedisse e li congedò, ed essi tornarono alle loro tende. Or Mosè aveva dato a metà della tribú di Manasse una eredità in Bashan, Giosuè invece diede all’altra metà una eredità tra i loro fratelli, di qua dal Giordano, a ovest. Così, quando Giosuè li rimandò alle loro tende, li benedisse, e parlò loro, dicendo: »Voi fate ritorno alle vostre tende con grandi ricchezze, con gran numero di bestiame, con argento, oro, bronzo, ferro e con moltissime vesti; dividete con i vostri fratelli il bottino dei vostri nemici«. Così i figli di Ruben, i figli di Gad e la mezza tribú di Manasse tornarono, lasciando i figli d’Israele a Sciloh, nel paese di Canaan, per andare nel paese di Galaad, il paese di loro proprietà, che avevano ricevuto in possesso, secondo il comando dato dall’Eterno per mezzo di Mosè. Come giunsero ai bordi del Giordano che si trova nel paese di Canaan, i figli di Ruben, i figli di Gad e la mezza tribú di Manasse vi costruirono un altare, presso il Giordano, un altare imponente a vedersi. I figli d’Israele udirono che si diceva: »ecco, i figli di Ruben, i figli di Gad e la mezza tribú di Manasse hanno costruito un altare ai margini del paese di Canaan, ai bordi del Giordano, dal lato occupato dai figli d’Israele«. Quando i figli d’Israele vennero a sapere questo, tutta l’assemblea dei figli d’Israele si riunì a Sciloh per salire a far guerra contro di loro. Allora i figli d’Israele mandarono ai figli di Ruben, ai figli di Gad e alla mezza tribú di Manasse, nel paese di Galaad, Finehas, figlio del sacerdote Eleazar, e con lui dieci principi, un principe per ogni casa paterna delle varie tribú d’Israele: ciascuno di loro era capo di una casa paterna fra le divisioni d’Israele. Essi andarono dai figli di Ruben, dai figli di Gad e dalla mezza tribú di Manasse nel paese di Galaad e parlarono con loro, dicendo: »Così dice tutta l’assemblea dell’Eterno: »Che cos’è questa trasgressione che avete commesso contro il DIO d’Israele, ritraendovi oggi da seguire l’Eterno costruendovi un altare per ribellarvi oggi all’Eterno? Fu forse piccola cosa per noi l’iniquità di Peor, di cui a tutt’oggi non ci siamo ancora purificati e che attirò una calamità sull’assemblea dell’Eterno, che voi oggi vi ritraete dal seguire l’Eterno? Poiché, se oggi vi ribellate all’Eterno, domani egli si adirerà contro tutta l’assemblea d’Israele. Se ritenete impuro il paese che possedete, potete passare nel paese di proprietà dell’Eterno, dov’è stabilito il tabernacolo dell’Eterno, e stabilirvi in mezzo a noi; ma non vi ribellate all’Eterno e non ribellatevi contro di noi costruendovi un altare oltre l’altare dell’Eterno, il nostro DIO. Quando Akan, figlio di Zerah, commise una trasgressione in cose votate allo sterminio, non attirò forse l’ira dell’Eterno su tutta l’assemblea d’Israele? E quell’uomo non fu solo a perire nella Sua iniquità"«. Allora i figli di Ruben, i figli di Gad e la mezza tribú di Manasse risposero e dissero ai capi delle divisioni d’Israele: »L’Eterno Dio degli dèi, l’Eterno Dio degli dèi! Egli lo sa, e anche Israele lo saprà. Se è stato per ribellione o per infedeltà verso l’Eterno, non risparmiateci in questo giorno. Se abbiamo costruito un altare per ritrarci dal seguire l’Eterno, o per offrire su di esso olocausti o oblazioni di cibo, o per fare su di esso sacrifici di ringraziamento, l’Eterno stesso ce ne chieda conto! Ma in verità noi abbiamo fatto questo con timore, per una ragione pensando che in avvenire i vostri discendenti potessero dire ai nostri discendenti: »Cosa avete a che fare con l’Eterno, il DIO d’Israele? L’Eterno ha posto il Giordano come confine tra noi e voi, o Figli di Ruben, o figli di Gad; voi non avete alcuna parte nell’Eterno". Così i vostri discendenti potrebbero distogliere i nostri discendenti dal temere l’Eterno. Perciò abbiamo detto: »Mettiamoci a costruire un altare, non per olocausti né per sacrifici, ma perché serva come testimone fra noi e voi e fra i nostri discendenti dopo di noi. affinché possiamo compiere il servizio dell’Eterno davanti a lui. con i nostri olocausti, con i nostri sacrifici e con le nostre offerte di ringraziamento affinché i vostri discendenti non abbiano un giorno a dire ai nostri discendenti: Voi non avete parte alcuna nell’Eterno". Perciò abbiamo detto: Se un giorno avverrà che dicano questo a noi o ai nostri discendenti, allora risponderemo: Guardate la forma dell’altare dell’Eterno che i nostri padri fecero, non per olocausti né per sacrifici, ma perché servisse come testimone fra noi e voi. Lungi da noi l’idea di ribellarci all’Eterno e di ritrarci oggi dal seguire l’Eterno, costruendo un altare per olocausti, per oblazioni di cibo o per sacrifici, oltre l’altare dell’Eterno, il nostro DIO, che è davanti al suo tabernacolo!«. Quando il sacerdote Finehas e i principi dell’assemblea, i capi delle divisioni d’Israele che erano con lui udirono le parole dette dai figli di Ruben, dai figli di Gad e dai figli di Manasse, ne rimasero soddisfatti. Allora Finehas, figlio del sacerdote Eleazar, disse ai figli di Ruben, ai figli di Gad e ai figli di Manasse: »Oggi riconosciamo che l’Eterno è in mezzo a noi, perché voi non avete commesso questa trasgressione verso l’Eterno; così avete scampato i figli d’Israele dalla mano dell’Eterno«. Poi Finehas, figlio del sacerdote Eleazar e i principi lasciarono i figli di Ruben e i figli di Gad, e il paese di Galaad, e ritornarono al paese di Canaan presso i figli d’Israele, ai quali riferirono l’accaduto. La cosa piacque ai figli d’Israele, e i figli d’Israele benedissero DIO, e non parlarono piú di salire a far guerra contro i figli di Ruben e di Gad per devastare il paese che essi abitavano. E i figli di Ruben e i figli di Gad chiamarono quell’altare »Testimone«, perché dissero: »Esso è testimone fra noi che l’Eterno è DIO«. Molto tempo dopo che l’Eterno aveva dato riposo a Israele da tutti i suoi nemici all’intorno, Giosuè, ormai vecchio e avanzato in età, convocò tutto Israele, i suoi anziani, i suoi capi, i suoi giudici e i suoi ufficiali, e disse loro: »Io sono vecchio e avanzato in età. Voi avete visto tutto ciò che l’Eterno, il vostro DIO, ha fatto a tutte queste nazioni, a causa di voi, perché è stato l’Eterno stesso, il vostro DIO, che ha combattuto per voi. Ecco io ho diviso tra voi a sorte, come eredità per le vostre tribú, le nazioni che restano, assieme a tutte le nazioni che ho sterminato, dal Giordano fino al Mar Grande, ad ovest. E l’Eterno, il vostro DIO, le espellerà egli stesso davanti a voi e le scaccerà davanti a voi; così voi prenderete possesso del loro paese, come l’Eterno, il vostro DIO, vi ha promesso. Siate dunque molto risoluti nell’osservare e nel mettere in pratica tutto ciò che è scritto nel libro della legge di Mosè, senza deviare né a destra né a sinistra, senza mischiarvi con queste nazioni che rimangono fra di voi; non menzionerete neppure il nome dei loro dèi e non giurerete per essi; non li servirete e non vi prostrerete davanti a loro; ma vi terrete stretti all’Eterno, il vostro DIO, come avete fatto fino ad oggi. L’Eterno infatti ha scacciato davanti a voi nazioni grandi e potenti; e nessuno ha potuto tener fronte a voi fino ad oggi. Uno solo di voi ne inseguirà mille, perché l’Eterno, il vostro DIO, è colui che combatte per voi, come egli vi ha promesso. Fate quindi molta attenzione alle anime vostre, per amare l’Eterno, il vostro DIO. Ma se vi sviate e vi unite al resto di queste nazioni che sono rimaste fra di voi e vi unite in matrimonio con loro e vi mescolate con esse ed esse con voi, sappiate con certezza che l’Eterno, il vostro DIO, non continuerà a scacciare queste nazioni davanti a voi; ma esse diventeranno per voi un laccio, una trappola, un flagello ai vostri fianchi e spine nei vostri occhi, finché non siate scomparsi da questo buon paese che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha dato. Or ecco, io me ne vado oggi per la via di tutto il mondo; riconoscete dunque con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima che non è caduta a terra una sola di tutte le buone parole che l’Eterno, il vostro DIO, ha pronunciato nei vostri confronti; si sono tutte avverate per voi; neppure una è caduta a terra. E avverrà che, come tutte le buone cose che l’Eterno, il vostro DIO, vi aveva promesso si sono avverate per voi, così l’Eterno farà venire su di voi tutte le calamità, finché vi abbia sterminati da questo buon paese che il vostro DIO, l’Eterno, vi ha dato. Se trasgredite il patto che l’Eterno, il vostro DIO, vi ha comandato, e andate a servire altri dèi e vi prostrate davanti a loro, allora l’ira dell’Eterno si accenderà contro di voi, e voi scomparirete presto dal buon paese che egli vi ha dato«. Poi Giosuè radunò tutte le tribú d’Israele a Sichem, e convocò gli anziani d’Israele, i suoi capi i suoi giudici e i suoi ufficiali, che si presentarono davanti a DIO. E Giosuè disse a tutto il popolo: Così parla l’Eterno, il DIO d’Israele: »Nei tempi passati, i vostri padri, come Terah padre di Abrahamo e padre di Nahor abitarono di là dal fiume e servirono altri dèi. Io presi il vostro padre Abrahamo di là dal fiume, gli feci percorrere tutto il paese di Canaan, e moltiplicai la sua discendenza e gli diedi Isacco. Ad Isacco diedi Giacobbe ed Esaù; e ad Esaù diedi in eredità la montagna di Seir; ma Giacobbe e i suoi figli scesero in Egitto. Poi mandai Mosè ed Aaronne e colpii l’Egitto con quello che feci in mezzo ad esso; dopo ciò vi feci uscire. Così feci uscire dall’Egitto i vostri padri, e voi arrivaste al mare. Gli Egiziani inseguirono i vostri padri con carri e cavalieri fino al Mar Rosso. Ma essi gridarono all’Eterno, ed egli pose fitte tenebre fra voi e gli Egiziani; poi fece venire sopra loro il mare, che li ricoperse; e i vostri occhi videro ciò che feci agli Egiziani. Poi dimoraste lungo tempo nel deserto. Io vi condussi quindi nel paese degli Amorei, che abitavano di là del Giordano; essi combatterono contro di voi e io li diedi nelle vostre mani; voi prendeste possesso del loro paese e io li distrussi davanti a voi. Poi Balak, figlio di Tsippor, re di Moab, si levò a muovere guerra contro Israele; e mandò a chiamare Balaam, figlio di Beor, perché vi maledicesse; ma io non volli ascoltare Balaam; perciò egli vi benedisse grandemente, e vi liberai dalle mani di Balak. Passaste poi il Giordano e arrivaste a Gerico; gli abitanti di Gerico combatterono contro di voi, e così fecero gli Amorei, i Perezei, i Cananei, gli Hittei, i Ghirgasei, gli Hivvei e i Gebusei; ma io li diedi nelle vostre mani. E mandai davanti a voi i calabroni, che li scacciarono davanti a voi, com’era avvenuto dei due re degli Amorei; ma ciò non fu per la tua spada o per il tuo arco. E vi diedi una terra per cui non avevate lavorato e delle città che non avevate costruito, e voi abitate in esse; e ora mangiate il frutto delle vigne e degli uliveti che non avete piantato". Perciò ora temete l’Eterno e servitelo con integrità e fedeltà; e togliete via gli dèi che i vostri padri servirono di là dal fiume e in Egitto, e servite l’Eterno. E se vi pare cattiva cosa servire l’Eterno, scegliete oggi chi volete servire, o gli dèi che servirono i vostri padri di là dal fiume, o gli dèi degli Amorei, nel cui paese voi abitate; quanto a me e alla mia casa, serviremo l’Eterno«. Allora il popolo rispose e disse: »Lungi da noi abbandonare l’Eterno per servire altri dèi! Poiché l’Eterno, il nostro DIO, è colui che ha fatto uscire noi e i nostri padri dal paese d’Egitto, dalla casa di schiavitú, che ha fatto quei grandi prodigi davanti ai nostri occhi e ci ha protetti per tutta la strada che abbiamo percorso e fra tutti i popoli in mezzo ai quali siamo passati; e l’Eterno ha scacciato davanti a noi tutti i popoli, e gli Amorei che abitavano il paese; perciò anche noi serviremo l’Eterno, perché egli è il nostro DIO«. Ma Giosuè disse al popolo: »Voi non potete servire l’Eterno, perch’egli è un DIO santo, è un Dio geloso; egli non perdonerà le vostre trasgressioni e i vostri peccati. Quando abbandonerete l’Eterno e servirete dèi stranieri, egli si volterà, vi farà del male e vi consumerà, dopo avervi fatto tanto bene«. il popolo disse a Giosuè: »No, ma noi serviremo l’Eterno«. Allora Giosuè disse al popolo: »Voi siete testimoni contro voi stessi, che avete scelto per voi l’Eterno per servirgli!«. Essi risposero: »Siamo testimoni!«. Giosuè disse: »Togliete dunque via gli dèi stranieri che sono in mezzo a voi e inclinate il vostro cuore all’Eterno, il DIO d’Israele!«. Il popolo rispose a Giosuè: »Noi serviremo l’Eterno, il nostro DIO, e ubbidiremo alla sua voce«. Così Giosuè Fece in quel giorno un patto col popolo, e gli diede degli statuti e dei decreti a Sichem. Poi Giosuè scrisse queste cose nel libro della legge di DIO; e prese una grande pietra e la eresse là sotto la quercia, presso il santuario dell’Eterno. Giosuè disse quindi a tutto il popolo: »Ecco, questa pietra sarà un testimone contro di noi, perché essa ha udito tutte le parole che l’Eterno ci ha detto; essa servirà quindi da testimone contro di voi, affinché non rinneghiate il vostro DIO«. Giosuè quindi rimandò il popolo, ciascuno alla propria eredità. Dopo queste cose, Giosuè figlio di Nun, servo dell’Eterno, morì in età di centodieci anni, e lo seppellirono nel territorio di sua proprietà a Timnath-Serah, che è nella regione montuosa di Efraim al nord del monte Gaash. Israele servì l’Eterno durante tutta la vita di Giosuè e durante tutta la vita degli anziani che sopravvissero a Giosuè e che conoscevano tutte le opere che l’Eterno aveva fatto per Israele. Le ossa di Giuseppe, che i figli d’Israele avevano portato dall’Egitto, e seppellirono a Sichem, nella parte di campo che Giacobbe aveva comprato dai figli di Hamor, padre di Sichem, per cento pezzi d’argento, e che era divenuto proprietà dei figli di Giuseppe. Poi morì anche Eleazar, figlio di Aaronne, e lo seppellirono al monte, che apparteneva a suo figlio Finehas, dato a lui nella regione montuosa di Efraim.
Dopo la morte di Giosuè, i figli d’Israele consultarono l’Eterno, dicendo: »Chi di noi andrà per primo a combattere contro i Cananei?«. L’Eterno rispose: »Andrá Giuda; ecco, io ho dato il paese nelle sue mani«. Allora Giuda disse a Simeone suo fratello: »Vieni con me nel paese che mi è toccato in sorte, e combatteremo contro i Cananei; poi anch’io verrò con te nel paese che è toccato in sorte a te«. E Simeone partì con lui. Giuda dunque andò, e l’Eterno diede nelle loro mani i Cananei e i Perezei; e a Bezek uccisero diecimila uomini. A Bezek trovarono Adoni-Bezek e l’attaccarono; e sconfissero i Cananei e i Perezei. Adoni-Bezek fuggì, ma essi lo inseguirono, lo presero e gli tagliarono le dita grosse delle mani e dei piedi. Allora Adoni-Bezek disse: »Settanta re con le dita grosse delle loro mani e dei loro piedi tagliate raccoglievano gli avanzi sotto la mia mensa. DIO mi ha reso ciò che io ho fatto«. Lo portarono quindi a Gerusalemme dove morì. I figli di Giuda attaccarono Gerusalemme e la presero; passarono gli abitanti a fil di spada e diedero la città alle fiamme. Poi i figli di Giuda scesero a combattere contro i Cananei che abitavano la regione montuosa, il Neghev e il bassopiano. Giuda marciò quindi contro i Cananei che abitavano a Hebron, (il cui nome era prima Kirjath-Arba) e sconfisse Sceshai, Ahiman e Talmai. Di là marciò contro gli abitanti di Debir, (che prima si chiamava Kirath-Sefer). Allora Caleb disse: »A chi attaccherà Kirath-Sefer e la espugnerà io darò in moglie mia figlia Aksah«. La espugnò Othniel, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb, e questi gli diede in moglie sua figlia Aksah. Quando ella venne a stare con lui, lo persuase a chiedere a suo padre un campo. Appena essa smontò dall’asino, Caleb le disse: »Che vuoi?«. Essa rispose: »Fammi un dono; poiché tu mi hai dato della terra nel Neghev dammi anche delle sorgenti d’acqua«. Allora egli le donò le sorgenti superiori e le sorgenti inferiori. Or i figli del Keneo, suocero di Mosè, salirono dalla città delle palme con i figli di Giuda nel deserto di Giuda, che si trova nel Neghev, vicino a Arad; andarono e si stabilirono fra il popolo. Poi Giuda partì con Simeone suo fratello e sconfissero i Cananei che abitavano in Tsefath, e la votarono allo sterminio; per questo la città fu chiamata Hormah. Giuda prese anche Gaza col suo territorio, Askalon col suo territorio ed Ekron col suo territorio. Così l’Eterno fu con Giuda, che scacciò gli abitati della regione montuosa; ma non potè scacciare gli abitanti della pianura. perché avevano dei carri di ferro. Diedero quindi Hebron a Caleb, come Mosè aveva detto; ed egli ne scacciò i tre figli di Anak. I figli di Beniamino non scacciarono i Gebusei che abitavano Gerusalemme; così i Gebusei hanno abitato con i figli di Beniamino in Gerusalemme fino al giorno d’oggi. La casa di Giuseppe salì anch’essa contro Bethel, e l’Eterno fu con loro. La casa di Giuseppe mandò ad esplorare Bethel, (città che prima si chiamava Luz) Gli esploratori videro un uomo che usciva dalla città e gli dissero: »Deh mostraci la via di accesso alla città e noi ti useremo misericordia«. Egli mostrò loro la via di accesso alla città, ed essi passarono gli abitanti della città a fil di spada, ma lasciarono andare quell’uomo con tutta la sua famiglia. Costui andò nel paese degli Hittei e vi edificò una città che chiamò Luz, nome che porta fino al giorno d’oggi. Manasse invece non scacciò gli abitanti i Beth-Scean e dei suoi villaggi limitrofi, né quelli i Taanak e dei suoi villaggi limitrofi, né gli abitanti di Dor e dei suoi villaggi limitrofi, né gli abitanti d’Ibleam e dei suoi villaggi limitrofi, né gli abitanti di Meghiddo e dei suoi villaggi limitrofi, perché i Cananei erano risoluti a restare in quel paese. In seguito, quando Israele divenne forte, assoggettò i Cananei a servitú ma non li scacciò del tutto. Neppure Efraim scacciò i Cananei che abitavano a Ghezer, così i Cananei abitarono in Ghezer in mezzo a loro. Neppure Zabulon scacciò gli abitanti di Kitron e gli abitanti di Nahalol; così i Cananei abitarono in mezzo a loro ma furono sottoposti a servitú. Neppure Ascer scacciò gli abitanti di Akko, né gli abitanti di Sidone, né quelli di Ahlab, di Akzib, di Helbah, di Afik e di Rehob; così i figli di Ascer si stabilirono in mezzo ai Cananei che abitavano il paese, perché non li scacciarono. Neppure Neftali scacciò gli abitanti di Betfi-Scemesh e gli abitanti di Bet-Anath, e si stabilì in mezzo ai Cananei che abitavano il paese; ma gli abitanti di Beth-Scemesh e di Beth-Anath furono da loro sottoposti a servitú. Gli Amorei costrinsero i figli di Dan a rimanere nella regione montuosa e non li lasciarono scendere nella valle. Gli Amorei erano risoluti a restare sul monte Heres, ad Ajalon e a Shaalbim; ma quando la mano della casa di Giuseppe si rafforzò, essi furono sottoposti a servitú. Il confine degli Amorei si estendeva dalla salita di Akrabbim da Sela in su. Or l’Angelo dell’Eterno salì da Ghilgal a Bokim e disse: »Io vi ho fatto salire dall’Egitto e vi ho condotto nel paese che avevo giurato di dare ai vostri padri. Avevo anche detto: »Io non romperò mai il mio patto con voi. Ma voi non farete alcuna alleanza con gli abitanti di questo paese e demolirete i loro altari". Voi però non avete ubbidito alla mia voce. Perché avete fatto questo? Così ora dico: lo non li scaccerò davanti a voi; ma essi saranno come spine nei vostri fianchi, e i loro dèi saranno per voi un laccio«. Appena l’Angelo dell’Eterno ebbe detto queste parole a tutti i figli d’Israele, il popolo alzò la voce e pianse. Perciò chiamarono quel luogo Bokim e vi offrirono sacrifici all’Eterno. Or Giosuè congedò il popolo, e i figli d’Israele se ne andarono ciascuno alla sua eredità per prendere possesso del paese. Il popolo servì l’Eterno durante tutta la vita di Giosuè e durante tutta la vita degli anziani che sopravvissero a Giosuè, e che avevano visto tutte le grandi opere che l’Eterno aveva compiuto per Israele. Poi Giosuè, figlio di Nun, servo dell’Eterno morì in età di centodieci anni, e fu sepolto nel territorio della sua eredità a Timnath-Heres nella regione montuosa di Efraim, a nord della montagna di Gaash. Quando tutta quella generazione fu riunita ai suoi padri, dopo di essa sorse un’altra generazione che non conosceva l’Eterno, né le opere che egli aveva compiuto per Israele. I figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno e servirono Baal; abbandonarono l’Eterno, il DIO dei loro padri che li aveva fatti uscire dal paese d’Egitto, e seguirono altri dèi fra gli dèi dei popoli che li attorniavano, si prostrarono davanti a loro e provocarono ad ira l’Eterno; essi abbandonarono l’Eterno e servirono Baal e le Ashtaroth. E l’ira dell’Eterno si accese contro Israele e li diede nelle mani dei predoni, che li spogliarono; e li vendette nelle mani dei loro nemici all’intorno, ai quali non poterono piú tener fronte. Dovunque andavano, la mano dell’Eterno era contro di loro portando calamità, come l’Eterno aveva detto, come l’Eterno aveva loro giurato; e furono grandemente angustiati. Poi l’Eterno suscitava dei giudici, che li liberavano dalle mani di coloro che li spogliavano. Purtroppo essi non davano ascolto neppure ai loro giudici, ma si prostituivano ad altri dèi e si prostravano davanti a loro. Abbandonarono ben presto la via seguita dai loro padri, i quali avevano ubbidito ai comandamenti dell’Eterno; essi però non fecero così. Quando l’Eterno suscitava loro dei giudici l’Eterno era col giudice e li liberava dalla mano dei loro nemici durante tutta la vita del giudice; perché l’Eterno era mosso a compassione dai loro gemiti a motivo di quelli che li opprimevano e li angariavano. Ma quando il giudice moriva, tornavano a corrompersi piú dei loro padri andando dietro ad altri dèi per servirli prostrarsi davanti a loro; e non desistevano affatto dalle loro opere e dalla loro condotta ostinata. Perciò l’ira dell’Eterno si accese contro Israele, ed egli disse: »Poiché questa nazione ha violato il patto che avevo stabilito con i loro padri ed essi non hanno ubbidito alla mia voce, anch’io non scaccerò piú davanti a loro alcuna delle nazioni che Giosuè lasciò quando mori; così per mezzo loro metterò alla prova Israele per vedere se si atterranno alla via dell’Eterno e cammineranno per essa come fecero i loro padri, o no«. Perciò l’Eterno lasciò stare quelle nazioni senza scacciarle subito, e non le diede nelle mani di Giosuè. Queste sono le nazioni che l’Eterno lasciò allo scopo di mettere per mezzo loro alla prova Israele, cioè tutti quelli che non avevano conosciuto le guerre di Canaan: (questo aveva come unico scopo di far conoscere e insegnare la guerra ai figli d’Israele, almeno a quelli che non l’avevano conosciuta prima) i cinque principi dei Filistei, tutti i Cananei, i Sidoni e gli Hivvei che abitavano sul monte Libano, dal monte Baal-Heon fino all’ingresso di Hamath. Queste nazioni furono lasciate per mettere alla prova Israele, per vedere se essi avrebbero ubbidito ai comandamenti che l’Eterno aveva prescritto ai loro padri per mezzo di Mosè. Così i figli d’Israele abitarono in mezzo ai Cananei, agli Hittei, agli Amorei, ai Perezei, agli Hivvei e ai Gebusei; presero in moglie le loro figlie e diedero le proprie figlie in moglie ai loro figli, e servirono ai loro dèi. Così i figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno; dimenticarono l’Eterno, il loro DIO, e servirono i Baal e le Asceroth. Perciò l’ira dell’Eterno si accese contro Israele, ed egli li diede nelle mani di Kushan-Rishathaim per otto anni. Poi i figli d’Israele gridarono all’Eterno, e l’Eterno suscitò loro un liberatore Othniel, figlio di Kenaz, fratello minore di Caleb; ed egli li liberò. Lo Spirito dell’Eterno fu sopra di lui, ed egli fu giudice d’Israele, uscì a combattere e l’Eterno gli diede nelle mani Kushan-Rishathaim re di Mesopotamia, e la sua mano fu potente contro Kushan-Rishathaim. Il paese ebbe riposo per quarant’anni; poi Othniel, figlio di Kenaz, morì. Ma i figli d’Israele ripresero a fare ciò che é male agli occhi dell’Eterno; allora l’Eterno rese forte Eglon, re di Moab, contro Israele, perché essi avevano fatto ciò che è male agli occhi dell’Eterno. Eglon radunò attorno a sé i figli di Ammon e di Amalek, e andò e sconfisse Israele, e si impadronì della città delle palme. Così i figli d’Israele furono servi di Eglon re di Moab per diciotto anni. Ma i figli d’Israele gridarono all’Eterno, e l’Eterno suscitò loro un liberatore, Ehud, figlio di Ghera, Beniaminita, che era mancino. I figli d’Israele mandarono per mezzo di lui il tributo a Eglon, re di Moab. Ehud si fece una spada a due tagli, lunga un cubito; e se la cinse sotto la veste, al fianco destro. Poi portò il tributo a Eglon, re di Moab, che era uomo molto grasso. Quando ebbe finito la presentazione del tributo, rimandò la gente che aveva portato il tributo. Ma egli dal luogo degli idoli presso Ghilgal tornó indietro, e disse: »O re, ho qualcosa da dirti in segreto«. Il re disse: »Fate silenzio!«. E tutti quelli che lo scortavano uscirono. Allora Ehud si avvicinò al re (che era seduto da solo al fresco, nella sala di sopra). Ehud disse: »Ho una parola da dirti da parte di DIO«. Così il re si alzò dal suo seggio; allora Ehud stese la mano sinistra, estrasse la spada dal suo fianco destro e gliela conficcò nel ventre. Anche l’elsa entrò dopo la lama; e il grasso si richiuse dietro la lama, perché egli non ritrasse la spada dal ventre del re; e i suoi intestini uscirono. Poi Ehud uscì nel portico, chiuse dietro di sé le porte della sala di sopra e le serrò a chiave. Quando fu uscito, vennero i servi a guardare ed ecco che le porte della sala di sopra erano chiuse a chiave; così dissero: »Certo egli fa i suoi bisogni nello stanzino della sala fresca«. E aspettarono tanto da essere confusi; ma poiché non apriva le porte della sala essi presero la chiave ed aprirono; ed ecco che il loro signore giaceva a terra, morto. Mentre essi indugiavano, Ehud ebbe tempo di fuggire, passò oltre il posto degli idoli e si mise in salvo nella Seirah. Appena arrivato, suonò la tromba nella regione montuosa di Efraim. e i figli d’Israele scesero con lui dalla regione montuosa. ed egli si mise alla loro testa. E disse loro: »Seguitemi, perché l’Eterno vi ha dato nelle mani i Moabiti, vostri nemici«. Quelli scesero dietro a lui si impadronirono dei guadi del Giordano che portavano a Moab e non lasciarono passare alcuno. In quel tempo sconfissero circa diecimila Moabiti, tutti robusti e valorosi non ne scampò neppure uno. Così in quel giorno, Moab fu umiliato sotto la mano d’Israele, e il paese ebbe riposo per ottant’anni. Dopo Ehud, venne Shamgar figlio di Anath. Egli sconfisse seicento Filistei con un pungolo da buoi; anch’egli liberò Israele. Morto Ehud, i figli d’Israele ritornarono a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno. E l’Eterno li diede nelle mani di Jabin. re di Canaan, che regnava a Hatsor. Il capo del suo esercito era Sisera, che abitava a Harosceth delle nazioni. E i figli d’Israele gridarono all’Eterno, perché Jabin aveva novecento carri di ferro, e già da venti anni opprimeva duramente i figli d’Israele. In quel tempo era giudice d’Israele una profetessa. Debora. moglie di Lappidoth. Essa era solita sedere sotto la palma di Debora, fra Ramah e Bethel, nella regione montuosa di Efraim, e i figli d’Israele venivano da lei per farsi rendere giustizia. Or ella mandò a chiamare Barak, figlio di Abinoam, da Kedesh di Neftali, e gli disse: »Non ti ha l’Eterno, il DIO d’Israele, comandato: »Va’, marcia sul monte Tabor e prendi con te diecimila uomini dei figli di Neftali e dei figli di Zabulon. lo attirerò verso di te al torrente Kishon, Sisera, capo dell’esercito di Jabin, con i suoi carri e le sue truppe numerose, e lo darò nelle tue mani"?«. Barak le rispose: »Se vieni con me, andrò; ma se non vieni con me, non andrò«. Ella disse: »Certamente verrò con te; tuttavia nel viaggio che stai intraprendendo non conseguirai per te gloria alcuna, perché l’Eterno consegnerà Sisera nelle mani di una donna«. Poi Debora si levò e andò con Barak a Kedesh. Barak convocò Zabulon e Neftali a Kedesh; si mosse alla testa di diecimila uomini, e Debora salì con lui. Or Heber, il Keneo, si era separato dai Kenei, discendenti di Hobab, suocero di Mosè, e aveva piantato le sue tende alla quercia di Tsaannaim, che è presso Kedesh. Fu riferito a Sisera che Barak, figlio di Abinoam, era salito sul monte Tabor. Così Sisera adunò tutti i suoi carri, novecento carri di ferro, e tutta la gente che era con lui, da Haiosceth delle nazioni fino al torrente Kishon. Allora Debora disse a Barak: »Levati perché questo è il giorno in cui l’Eterno ha dato Sisera nelle tue mani. Non è forse l’Eterno uscito davanti a te?«. Così Barak scese dal monte Tabor, seguito da diecimila uomini. L’Eterno sconfisse Sisera, tutti i suoi carri e tutto il suo esercito, che fu passato a fil di spada davanti a Barak; Sisera però scese dal carro e fuggì a piedi. Ma Barak inseguì i carri e l’esercito fino ad Harosceth delle nazioni; e tutto l’esercito di Sisera cadde sotto i colpi della spada; non ne scampò neppure uno. Nel frattempo Sisera era fuggito a piedi verso la tenda di Jael moglie di Heber, il Keneo, perché vi era pace fra Jabinre di Hatsor, e la casa di Heber il Keneo. Jael uscì allora incontro a Sisera e gli disse: »Entra, signor mio, entra da me; non temere« Così egli entrò da lei nella tenda, ed essa lo copri con una coperta. Poi egli le disse: »Deh, dammi un po di acqua da bere, perché ho sete«. Così essa aperse l’otre del latte e gli diede da bere; quindi lo coprì. Egli le disse: »Sta’ all’ingresso della tenda; e se qualcuno viene a interrogarti dicendo: »C’è qualcuno qui?«, tu dirai: »Non c’è nessuno««. Allora Jael, moglie di Heber, prese un piolo della tenda e prese in mano un martello, si avvicinò a lui pian piano e gli piantò nella tempia il piolo, che penetrò in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; e così morì. Or ecco, come Barak inseguiva Sisera, Jael uscì ad incontrarlo e gli disse: »Vieni e ti mostrerò l’uomo che cerchi«. Egli entrò da lei nella tenda, ed ecco Sisera giaceva morto col piolo nelle tempie. Così in quel giorno DIO umiliò Jabin, re di Canaan, davanti ai figli d’Israele. La mano dei figli d’Israele si fece sempre piú pesante su Jabin, re di Canaan, finché giunsero a distruggere interamente Jabin, re di Canaan In quel giorno Debora cantò questo cantico con Barak, figlio di Abinoam, dicendo: »Poiché i capi hanno preso il comando in Israele, poiché il popolo si è offerto spontaneamente, benedite l’Eterno! Ascoltate, o re! Porgete l’orecchio, o principi! lo, proprio io, canterò all’Eterno, canterò le lodi dell’Eterno, il DIO d’Israele. O Eterno quando uscisti da Seir, quando avanzasti dai campi di Edom, la terra tremò e i cieli stillarono; si, le nubi stillarono acqua. I monti si sciolsero davanti all’Eterno il Sinai stesso tremò davanti all’Eterno, il DIO d’Israele! Ai giorni di Shamgar, figlio di Anath, ai giorni di Jael, le strade erano deserte, e i viandanti seguivano sentieri tortuosi. Mancavano i capi in Israele; si, mancavano, finché non sorsi io, Debora, sorsi come madre in Israele. Sceglievano nuovi dèi, e la guerra era alle porte. Non si vedeva neppure uno scudo o una lancia, fra quarantamila uomini d’Israele. Il mio cuore va ai condottieri d’Israele, che si offersero spontaneamente fra il popolo. Benedite l’Eterno! Voi che cavalcate asine bianche, voi che sedete su ricchi tappeti e voi che camminate per le vie, cantate! Lungi dalle grida degli arcieri tra gli abbeveratoi, celebrino le opere giuste dell’Eterno, le opere giuste per i suoi capi in Israele! Allora il popolo dell’Eterno discese alle porte. Destati, destati, o Debora! Destati, intona un canto! Levati, o Barak, e conduci via i tuoi prigionieri o figlio di Abinoam! Allora fece governare il residuo sui nobili del popolo, l’Eterno fece governare me fra i potenti. Da Efraim vennero quelli che avevano le radici in Amalek; al tuo seguito, Beniamino, fra le tue genti; da Makir scesero dei capi, e da Zabulon quelli che portano il bastone del comando. I principi di Issacar vennero con Debora; come Issacar, così Barak; essi si slanciarono nella valle sulle sue orme. Fra le divisioni di Ruben, grandi furono le risoluzioni del cuore! Perché sei tu rimasto fra i chiusi ad ascoltare il flauto dei pastori? Fra le divisioni di Ruben, grandi furono le liberazioni del cuore! Galaad si è fermato al di là del Giordano; e perché Dan è rimasto sulle navi? Ascer si è stabilito presso il lido del mare ed è rimasto nei suoi porti. Zabulon è un popolo che ha messo in pericolo la sua vita fino alla morte, e anche Neftali sulle alture della campagna. I re vennero e combatterono; allora combatterono i re di Canaan a Taanach presso le acque di Meghiddo; ma non riportarono alcun bottino d’argento. Dal cielo le stelle combatterono, dai loro percorsi combatterono contro Sisera. Il torrente Kishon li travolse, l’antico torrente, il torrente Kishon. Anima mia, procedi con forza! Allora gli zoccoli dei cavalli battevano con forza al galoppo, al galoppo dei loro destrieri. "Maledite Meroz," disse l’Angelo dell’Eterno, »maledite, maledite i suoi abitanti, perché non vennero in aiuto dell’Eterno, in aiuto dell’Eterno in mezzo ai suoi prodi!«. Benedetta sia fra le donne Jael moglie di Heber, il Keneo! Sia benedetta fra le donne che abitano nelle tende! Egli chiese acqua, e lei gli diede latte; in una coppa da principi gli offerse della crema. Con una mano afferrò il piolo e con la destra il martello degli artigiani; colpì Sisera gli spaccò la testa, gli fracassò, gli trapassò le tempie. Ai piedi di lei si piegò, cadde e giacque esanime; ai piedi di lei si piegò cadde; dove si piegò, là cadde morto. La madre di Sisera guardò dalla finestra e gridò attraverso l’inferriata: »Perché il suo carro tarda tanto ad arrivare? Perché procedono così al rilento i suoi carri?«. Le piú savie delle sue dame le risposero, ed ella ripetè tra sé le sue parole: "Essi hanno trovato bottino e stanno facendo le parti. Per ogni uomo una o due fanciulle; per Sisera un bottino di vesti variopinte, un bottino di vesti variopinte e ricamate, di vesti variopinte e ricamate d’ambo i lati per le spalle di quelli che portano via il bottino". Così periscano tutti i tuoi nemici, o Eterno! Ma quelli che ti amano siano come il sole, quando si leva in tutta la sua forza!«. Poi il paese ebbe riposo per quarant’anni. Ora i figli d’Israele fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno, e l’Eterno li diede nelle mani di Madian per sette anni. La mano di Madian si fece forte contro Israele; per paura dei Madianiti, i figli d’Israele si fecero le caverne che sono nei monti, e le spelonche e i forti. Quando Israele aveva seminato, i Madianiti con gli Amalekiti e con i figli dell’est salivano contro di lui, si accampavano contro gl’Israeliti, distruggevano tutti i prodotti del paese fin verso Gaza e non lasciavano in Israele né mezzi di sussistenza, né pecore, né buoi, né asini. Poiché salivano col loro bestiame e con le loro tende, e arrivavano numerosi come locuste; essi e i loro cammelli erano innumerevoli, e venivano nel paese per devastarlo. Israele fu perciò ridotto in grande povertà a motivo di Madian, e i figli d’Israele gridarono all’Eterno. Quando i figli d’Israele gridarono all’Eterno a motivo di Madian, l’Eterno mandò ai figli d’Israele un profeta, che disse loro: »Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: lo vi feci salire dall’Egitto e vi ho fatto uscire dalla casa di schiavitú; vi liberai dalla mano degli Egiziani e dalla mano di tutti coloro che vi opprimevano; li scacciai davanti a voi e vi diedi il loro paese, e vi dissi: »lo sono l’Eterno, il vostro DIO; non temete gli dèi degli Amorei nel paese dei quali abitate«; ma voi non avete dato ascolto alla mia voce«. Poi venne l’Angelo dell’Eterno e si sedette sotto la quercia di Ofrah, che apparteneva a Joash, Abiezerita, mentre suo figlio Gedeone batteva il grano nello strettoio, per sottrarlo ai Madianiti. L’Angelo dell’Eterno gli apparve e gli disse: L’Eterno è con te, o guerriero valoroso!«. Gedeone gli rispose: »Signore mio, se l’Eterno è con noi, perché mai ci è avvenuto tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato dicendo: »Non ci fece l’Eterno uscire dall’Egitto?«. Ma ora l’Eterno ci ha abbandonato e ci ha dato nelle mani di Madian«. Allora l’Eterno si volse a lui e gli disse: »Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian. Non sono io che ti mando?«. Egli gli rispose: »O mio Signore, come salverò Israele Ecco, la mia famiglia è la piú debole di Manasse, e io sono il piú piccolo nella casa di mio padre«. L’Eterno gli disse: »Ma io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo«. Gli disse allora Gedeone: »Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che sei tu che parli con me. Deh, non te ne andare di qui prima che io torni da te, ti porti la mia oblazione di cibo e te la metta davanti«. L’Eterno disse: Aspetterò finché tu ritorni«. Allora Gedeone entrò in casa e preparò un capretto e delle focacce azzime con un’efa di farina; mise la carne in un canestro e il brodo in una pentola, li portò a lui sotto la quercia e glieli offrì. L’Angelo di DIO gli disse: »Prendi la carne e le focacce azzime, mettile su questa roccia e versavi sopra il brodo«. Ed egli fece così. Allora l’Angelo dell’Eterno stese la punta del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; e dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime; poi l’Angelo dell’Eterno scomparve dai suoi occhi. Così Gedeone si rese conto che era l’Angelo dell’Eterno, e disse: »Ahimè, o Signore, o Eterno! Poiché ho visto l’Angelo dell’Eterno faccia a faccia!«. L’Eterno gli disse: »La pace sia con te; non temere, non morrai!«. Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare all’Eterno e lo chiamò »Jehovah Shalom«. Esso si trova anche oggi a Ofrah degli Abiezeriti. In quella stessa notte l’Eterno gli disse: »Prendi il toro di tuo padre e il secondo toro di sette anni, demolisci l’altare di Baal che appartiene a tuo padre e abbatti l’Ascerah che gli sta vicino; poi costruisci un altare all’Eterno, il tuo DIO, in cima a questa roccia nell’ordine dovuto; prendi quindi il secondo toro e offrilo in olocausto sulla legna dell’Ascerah che avrai abbattuto«. Allora Gedeone prese dieci uomini fra i suoi sei e fece come l’Eterno gli aveva detto; ma poiché aveva paura della casa di suo padre e della gente della città, invece di farlo di giorno, lo fece di notte. Quando il mattino seguente la gente della città si alzò, vide che l’altare di Baal era stato demolito, che l’Ascerah postovi accanto era abbattuto e che il secondo toro era offerto in olocausto sull’altare che era stato costruito. E si dissero l’un l’altro: »Chi ha fatto questo?«. Quando poi si informarono e chiesero, fu loro detto: »Gedeone, figlio di Joash ha fatto questo«. Allora la gente della città disse a Joash: »Conduci fuori tuo figlio e sia messo a morte, perché ha demolito l’altare di Baal e ha abbattuto l’Ascerah che gli stava vicino«. Joash rispose a tutti quelli che si levavano contro di lui: »Volete voi difendere la causa di Baal o venirgli in aiuto? Chi vorrà difendere la sua causa sarà messo a morte prima di domani mattina. Se egli è dio, difenda da sé la sua causa, poiché hanno demolito il suo altare«. Perciò quel giorno Gedeone fu chiamato Jerubbaal, perché si disse: »Sia Baal a combattere contro di lui, poiché egli ha demolito il suo altare«. Or tutti i Madianiti, gli Amalekiti e i figli dell’est si radunarono, passarono il Giordano, e si accamparono nella valle di Jezreel. Ma lo Spirito dell’Eterno investì Gedeone che suonò la tromba; e gli Abiezeriti furono convocati per seguirlo. Egli mandò anche messaggeri in tutto Manasse, che fu pure convocato per seguirlo; mandò inoltre messaggeri nelle tribú di Ascer, Zabulon e di Neftali, le quali salirono a incontrare gli altri. Poi Gedeone disse a DIO: »Se intendi salvare Israele per mia mano, come hai detto, ecco, io metterò un vello di lana sull’aia: se c’è rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno all’intorno rimane asciutto, allora saprò che intendi salvare Israele per mia mano, come hai detto. E così avvenne. Il mattino dopo Gedeone si levò per tempo, strizzò il vello e ne spremette la rugiada; ne uscì una coppa piena d’acqua. Ma Gedeone disse ancora a DIO: »Non si accenda la tua ira contro di me; io parlerò ancora una volta. Deh, lasciami fare la prova col vello ancora una volta soltanto. Rimanga asciutto solo il vello e ci sia rugiada su tutto il terreno all’intorno. E DIO fece così quella notte: soltanto il vello rimase asciutto, e ci fu rugiada su tutto il terreno all’intorno. Jerubbaal dunque (cioè Gedeone) e tutta la gente che era con lui si levarono al mattino presto e si accamparono presso la sorgente di Harod. L’accampamento di Madian era a nord del loro, presso la collina di Moreh, nella valle. Allora l’Eterno disse a Gedeone: »Per me la gente che è con te è troppo numerosa, perché io dia Madian nelle sue mani; Israele potrebbe vantarsi di fronte a me e dire: »E’ la mia mano che mi ha salvato«. Ora dunque proclama a tutto il popolo, dicendo: »Chiunque ha paura e trema, torni indietro e si allontani dal monte Galaad««. Allora tornarono indietro ventiduemila uomini del popolo, e ne rimasero diecimila. L’Eterno disse a Gedeone: »La gente è ancora troppo numerosa; falli scendere all’acqua, e là io li metterò alla prova per te. Colui del quale ti dirò: »Questi venga con te«, verrà con te; e colui del quale ti dirò: »Questi non venga con te«, non verrà«. Gedeone fece dunque scendere la gente all’acqua; e l’Eterno gli disse: »Tutti quelli che lambiranno l’acqua con la lingua, come la lambisce il cane, li metterai da parte; e così farai con tutti quelli che per bere si metteranno inginocchio«. Il numero di quelli che lambirono l’acqua portandosela alla bocca nella mano fu di trecento uomini; tutto il resto della gente si mise in ginocchio per bere l’acqua. Allora l’Eterno disse a Gedeone: »Mediante questi trecento uomini che hanno lambito l’acqua io vi salverò e darò i Madianiti nelle tue mani. Tutti gli altri tornino ciascuno a casa sua« Allora i trecento uomini presero nelle loro mani le provviste e le loro trombe; così Gedeone rimandò tutti gli altri uomini d’Israele, ciascuno alla sua tenda, ma tenne con sé i trecento uomini. Or l’accampamento di Madian si trovava sotto a lui, nella valle. In quella stessa notte l’Eterno disse a Gedeone: »Levati e piomba sull’accampamento, perché io te l’ho dato nelle mani. Ma se hai paura di farlo, scendi all’accampamento con Purah, tuo servo, e udrai quello che dicono; dopo ciò, le tue mani saranno fortificate per piombare sull’accampamento«. Egli dunque scese con Purah, suo servo, fino agli avamposti dell’accampamento. Or Madianiti, gli Amalekiti e tutti i figli dell’est erano sparsi nella valle come una moltitudine di locuste, e i loro cammelli erano innumerevoli come la sabbia che è sul lido del mare. Quando Gedeone arrivò, ecco un uomo raccontava un sogno al suo compagno e diceva: »Ho appena fatto un sogno; mi pareva di vedere un pane d’orzo rotolare nell’accampamento di Madian, giungere alla tenda e colpirla, così da farla cadere, rovesciarla e farla crollare«. Allora il suo compagno gli rispose e disse: »Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di Joash, uomo d’Israele; nelle sue mani DIO ha dato Madian e l’intero accampamento«. All’udire il racconto del sogno e la sua interpretazione, Gedeone si prostrò in adorazione; poi tornò all’accampamento d’Israele e disse: »Levatevi, perché l’Eterno ha dato nelle vostre mani l’accampamento di Madian!«. Divise quindi i trecento uomini in tre schiere e consegnò a tutti trombe e brocche vuote con fiaccole dentro alle brocche; e disse loro: »Guardate me e fate come farò io; quando sarò giunto ai margini dell’accampamento voi farete esattamente come faccio io. Quando suonerò la tromba, io e tutti quelli che sono con me, anche voi suonerete le trombe intorno a tutto l’accampamento e griderete: »Per l’Eterno e per Gedeone««. Gedeone e i cento uomini che erano con lui giunsero ai margini dell’accampamento all’inizio della vigilia di mezzanotte, appena dopo il cambio delle sentinelle. Essi suonarono le trombe e spezzarono le brocche che tenevano in mano. Allora le tre schiere suonarono le trombe e spezzarono le brocche tenendo con la sinistra le fiaccole e con la destra le trombe per suonare, e si misero a gridare: »La spada dell’Eterno e di Gedeone!«. Ognuno di loro rimase al suo posto intorno all’accampamento; l’intero esercito nemico invece si mise a correre, a gridare e a fuggire. Mentre i trecento uomini suonavano le trombe, l’Eterno fece volgere la spada di ciascuno contro il proprio compagno per tutto l’accampamento. L’esercito nemico oggi fino a Beth-Scittah, verso Tserah, fino ai margini di Abel-Meholah presso Tabbath. Allora gli Israeliti di Neftali, di Ascer e di tutto Manasse si radunarono e inseguirono i Madianiti. Gedeone mandò quindi messaggeri per tutta la regione montuosa di Efraim a dire: »Scendete contro i Madianiti e impadronitevi dei guadi delle acque fino a Beth-Barah e al Giordano«. Così tutti gli uomini di Efraim si radunarono e si impadronirono dei guadi delle acque fino a Beth-Barah e al Giordano. E presero due principi di Madian Oreb e Zeeb; uccisero Oreb al masso di Oreb, e Zeeb allo strettoio di Zeeb. Inseguirono i Madianiti e portarono le teste di Oreb e di Zeeb a Gedeone, dall’altro lato del Giordano. Gli uomini di Efraim dissero a Gedeone: »Perché ti sei comportato in questo modo con noi, non chiamandoci quando sei andato a combattere contro Madian?«. Ed ebbero con lui un’aspra contesa. Egli rispose loro: »Che ho fatto io a vostro confronto? La racimolatura di Efraim non vale forse di piú della vendemmia di Abiezer? DIO vi ha dato nelle mani i principi di Madian, Oreb e Zeeb; che cosa ho potuto fare io a vostro confronto?«. Quando disse questo, la loro ira contro di lui si calmò. Gedeone arrivò quindi al Giordano e lo passò con i trecento uomini che erano con lui; benché stanchi, essi continuavano a inseguire il nemico. Disse a quelli di Sukkoth: »Date, vi prego, dei pani alla gente che mi segue, perché è stanca, e io sto inseguendo Zebah e Tsalmunna, re di Madian«. Ma i capi di Sukkoth risposero: »Sono forse Zebah e Tsalmunna già nelle tue mani, perché dobbiamo dare del pane al tuo esercito?«. Allora Gedeone disse: »Per questo quando l’Eterno mi avrà dato nelle mani Zebah e Tsalmunna, lacererò il vostro corpo con le spine del deserto e con i rovi«. Di là sali a Penuel e parlò a quei di Penuel nello stesso modo; gli uomini di Penuel gli risposero come avevano fatto gli uomini di Sukkoth. Così egli parlò anche agli uomini di Penuel, dicendo: »Quando tornerò in pace, abbatterò questa torre«. Or Zebah e Tsalmunna erano a Karkor col loro esercito di circa quindicimila uomini, tutto ciò che rimaneva dell’intero esercito dei figli dell’est, poiché centoventimila uomini che brandivano la spada erano stati uccisi. Gedeone salì per la via di quelli che abitavano in tende, a est di Nobah e di Jogbehah, e sconfisse l’esercito che si credeva al sicuro. E Zebah e Tsalmunna si diedero alla fuga; ma egli li inseguì, prese i due re di Madian, Zebah e Tsalmunna, e sbaragliò l’intero esercito. Poi Gedeone, figlio di Joash, tornò alla battaglia per la salita di Heres. Catturò un giovane della gente di Sukkoth e lo interrogò ed egli gli mise per scritto i nomi dei capi e degli anziani di Sukkoth, settantasette uomini. Poi venne dagli uomini di Sukkoth e disse: »Ecco Zebah e Tsalmunna, a proposito dei quali mi avete deriso dicendo: »Sono forse Zebah e Tsalmunna già nelle tue mani, perché dobbiamo dare del pane alla tua gente stanca?««. prese quindi gli anziani della città e con le spine del deserto e con i rovi diede una lezione agli uomini di Sukkoth. Abbatté pure la torre di Penuel e uccise gli uomini della città. Poi disse a Zebah e a Tsalmunna: »Come erano gli uomini che avete ucciso al Tabor?«. Essi risposero: »Erano come te ognuno di loro aveva l’aspetto di un figlio di re«. Egli riprese: »Erano miei fratelli, figli di mia madre; come è vero che l’Eterno vive, se aveste risparmiato la loro vita, io non vi ucciderei!«. Poi disse a Jether, suo primogenito: »Levati e uccidili!«. Ma il giovane non estrasse la spada, perché aveva paura poiché era ancora giovane. Allora Zebah e Tsalmunna dissero: »Levati tu stesso e dacci addosso, poiché qual è l’uomo tale è la sua forza«. Così Gedeone si levò e uccise Zebah e Tsalmunna, e prese le mezzelune che i loro camelli portavano al collo. Allora gli uomini d’Israele dissero a Gedeone: Regna su di noi tu, tuo figlio e il figlio di tuo figlio, perché ci hai liberati dalla mano di Madian«. Ma Gedeone rispose loro: »Io non regnerò su di voi, e neppure mio figlio regnerà su di voi!«. Poi Gedeone disse loro: »Voglio però chiedervi una cosa: ciascuno di voi mi dia gli orecchini del suo bottino«. Essi avevano degli orecchini d’oro perché erano Ismaeliti. Essi risposero: »Noi li daremo volentieri«. Così stesero un mantello e ciascuno vi gettò gli orecchini del suo bottino. Il peso degli orecchini d’oro che egli aveva chiesto fu di millesettecento sicli d’oro oltre le mezzelune, i pendenti e le vesti di porpora che i re di Madian indossavano, e oltre i collari che i loro cammelli avevano al collo. Poi Gedeone ne fece un efod, che pose in Ofrah, sua città; tutto Israele vi andò a prostituirsi con esso, e diventò un laccio per Gedeone e per la sua casa. Così Madian fu umiliato davanti ai figli d’Israele e non alzò piú il capo; e il paese ebbe riposo per quarant’anni, durante la vita di Gedeone. Poi Jerubbaal, figlio di Joash, tornò a dimorare a casa sua. Or Gedeone ebbe settanta figli che uscirono dai suoi lombi, perché ebbe molte mogli. La sua concubina, che stava a Sichem, gli partorì anch’ella un figlio, a cui pose nome Abimelek. Poi Gedeone, figlio di Joash, morì in buona vecchiaia e fu sepolto nella tomba di Joash suo padre, a Ofrah degli Abiezeriti. Dopo la morte di Gedeone i figli d’Israele ricominciarono a prostituirsi ai Baal, e presero Baal-Berith come loro dio. I figli d’Israele non si ricordarono dell’Eterno, il loro DIO, che li aveva liberati dalle mani di tutti i loro nemici tutt’intorno, e non dimostrarono alcuna gratitudine alla casa di Jerubbaal (cioè di Gedeone per tutto il bene che egli aveva fatto a Israele. Or Abimelek, figlio di Jerubbaal, andò a Sichem dai fratelli di sua madre e parlò con loro e a tutta la famiglia del padre di sua madre, dicendo: »Deh, dite a tutti gli abitanti di Sichem: »Che cosa è meglio per voi, che tutti i settanta figli di Jerubbaal regnino su di voi, oppure che regni su di voi uno solo?«. E ricordatevi che io sono vostre ossa e vostra carne«. I fratelli di sua madre riportarono tutte queste parole intorno a lui a tutti gli abitanti di Sichem; e il loro cuore si piegò a favore di Abimelek, perché dissero: »nostro fratello«. Così gli diedero settanta sicli d’argento, che tolsero dal tempio di Baal-Berith, con i quali Abimelek assoldò uomini di nessun valore e temerari; ed essi lo seguirono. Poi egli andò alla casa di suo padre a Ofrah e uccise sopra una stessa pietra i suoi fratelli, i settanta figli di Jerubbaal. Ma Jotham, figlio minore di Jerubbaal, scampò, perché si era nascosto. Allora tutti gli abitanti di Sichem e tutta la casa di Millo si radunarono e andarono a proclamare re Abimelek, presso la quercia della stele che si trova a Sichem. Quando Jotham fu informato della cosa, andò a porsi sulla sommità del monte Gherizim e, alzando la voce, gridò: »Ascoltatemi, abitanti di Sichem, e possa DIO ascoltare voi! Un giorno gli alberi si misero in cammino per ungere un re che regnasse su di loro; e dissero all’ulivo: »Regna su di noi«. Ma l’ulivo rispose loro: »Rinuncerò io al mio olio col quale DIO e gli uomini sono onorati, per andare ad agitarmi sopra gli alberi?«. Allora gli alberi dissero al fico: »Vieni tu a regnare su di noi«. Ma il fico rispose loro: »Rinuncerò io alla mia dolcezza e al mio frutto squisito per andare ad agitarmi sopra gli alberi?«. Allora gli alberi dissero alla vite: »Vieni tu a regnare su di noi«. Ma la vite rispose loro: »Rinuncerò io al mio mosto che rallegra DIO e gli uomini, per andare ad agitarmi sopra gli alberi?«. Allora tutti gli alberi dissero al rovo: »Vieni tu a regnare su di noi«. Il rovo rispose agli alberi: »Se volete veramente ungermi re per regnare su di voi, venite a ripararvi alla mia ombra; altrimenti esca dal rovo un fuoco, che divori i cedri del Libano!«. Ma voi non avete agito con fedeltà e integrità proclamando re Abimelek, non vi siete comportati bene verso Jerubbaal e la sua casa e non lo avete trattato come meritava, perché mio padre ha combattuto per voi, ha messo a repentaglio la propria vita e vi ha liberato dalle mani di Madian. Oggi invece voi siete insorti contro la casa di mio padre, avete ucciso i suoi settanta figli sulla stessa pietra e avete proclamato re dei Sichemiti Abimelek figlio della sua serva, perché è vostro fratello. Se dunque oggi avete agito con fedeltà e con integrità verso Jerubbaal e la sua casa, godetevi Abimelek, ed egli si goda voi! Ma se la cosa non è così, esca da Abimelek un fuoco che divori gli abitanti di Sichem e la casa di Millo, ed esca dagli abitanti di Sichem e dalla casa di Millo un fuoco che divori Abimelek«. Poi Jotham corse via, fuggì e andò a stare a Beer per paura di suo fratello Abimelek. Abimelek padroneggiò sopra Israele tre anni. Poi DIO mandò un cattivo spirito fra Abimelek e gli abitanti di Sichem, e gli abitanti di Sichem tradirono Abimelek, affinché la violenza fatta ai settanta figli di Jerubbaal fosse risolta, e il loro sangue ricadesse sul loro fratello Abimelek, che li aveva uccisi e sugli abitanti di Sichem, che l’avevano aiutato a uccidere i suoi fratelli. Gli abitanti di Sichem misero uomini in agguato contro di lui sulla cima dei monti, ed essi depredarono tutti quelli che passavano sulla strada vicino a loro. Abimelek fu informato della cosa. Poi Gaal, figlio di Ebed, e i suoi fratelli vennero e si trasferirono a Sichem, e gli abitanti di Sichem riposero in lui la loro fiducia. Essi uscirono nei campi, raccolsero l’uva nelle loro vigne, la pigiarono e fecero festa. Poi entrarono nella casa del loro dio, mangiarono, bevvero e maledissero Abimelek. Gaal, figlio di Ebed, disse: »Chi è Abimelek e che cosa è Sichem, perché lo dobbiamo servire? Non è forse figlio di Jerubbaal, e non è Zebul il suo luogotenente? Servite piuttosto agli uomini di Hamor, padre di Sichem! Ma perché mai dovremmo noi servire costui? Se questo popolo fosse sotto di me, io scaccerei Abimelek!«. Poi disse ad Abimelek: »Rinforza il tuo esercito e fatti avanti!«. Quando Zebul, governatore della città udì le parole di Gaal, figlio di Ebed, si accese d’ira, e mandò segretamente messaggeri ad Abimelek per dirgli: »Ecco, Gaal figlio di Ebed, e i suoi fratelli sono venuti a Sichem, ed ecco, sollevano la città contro di te. Or dunque levati di notte, tu e la gente che è con te, e tendi un’imboscata nella campagna; e domattina, appena spunta il sole, ti leverai e piomberai sulla città. Quando poi Gaal con la gente che è con lui uscirà contro di te, tu gli farai quel che credi opportuno«. Abimelek e tutta la gente che era con lui si levarono di notte e tesero un’imboscata contro Sichem, divisi in quattro schiere. Quando Gaal, figlio di Ebed, uscì e si fermò all’ingresso della porta della città Abimelek uscì dall’imboscata con la gente che era con lui. Nel vedere quella gente, Gaal disse a Zebul: »Ecco gente che scende dall’alto dei monti«. Ma Zebul gli rispose: »Tu scambi l’ombra dei monti per uomini«. Gaal riprese a parlare, dicendo: »Guarda, c’è gente che scende dalle alture del paese, e un’altra schiera sta arrivando per la via della quercia degli indovini«. Allora Zebul gli disse: »Dov’è la tua spavalderia di quando dicevi: »Chi è Abimelek, perché lo dobbiamo servire?«. Non è questo il popolo che disprezzavi? Orsù, fatti avanti e combatti contro di lui!«. Allora Gaal uscì alla testa degli abitanti di Sichem e diede battaglia ad Abimelek. Ma Abimelek lo inseguì, ed egli fuggì davanti a lui; molti uomini caddero mortalmente feriti fino all’ingresso della porta. Abimelek si fermò quindi ad Arumah, e Zebul scacciò Gaal e i suoi fratelli, che non poterono piú rimanere a Sichem. Il giorno seguente il popolo di Sichem uscì per i campi; e Abimelek ne fu informato. Egli prese allora la sua gente, la divise in tre schiere, e fece un’imboscata nei campi; quando vide che il popolo usciva dalla città, gli si levò contro e ne fece una strage. Poi Abimelek e la gente che aveva con sé si precipitarono in avanti e vennero a porsi all’ingresso della porta della città, mentre le altre due schiere si gettarono su tutti quelli che erano nei campi e ne fecero una strage. Abimelek prese d’assalto la città tutto quel giorno, la espugnò e uccise il popolo che vi si trovava; poi spianò la città e la cosparse di sale. Quando tutti gli abitanti della torre di Sichem udirono questo, si ritirarono nel torrione del tempio del dio Berit. Fu così riferito ad Abimelek che tutti gli abitanti della torre di Sichem si erano radunati insieme. Allora Abimelek salì sul monte Tsalmon, lui con tutta la gente che aveva con sé; poi Abimelek impugnò una scure, tagliò il ramo di un albero, lo sollevò e se lo mise in spalla; disse quindi alla gente che era con lui: Ciò che mi avete visto fare, fatelo presto anche voi!«. Così ciascuno di loro tagliò un ramo e seguì Abimelek; posero i rami contro il torrione e arsero il torrione al di sopra di loro. Così perì tutta la gente della torre di Sichem, circa mille persone, fra uomini e donne. Poi Abimelek andò a Thebets, cinse d’assedio Thebets e la espugnò. Or in mezzo alla città c’era una torre fortificata, dove si rifugiarono tutti gli abitanti della città, uomini e donne; si rinchiusero dentro e salirono sul tetto della torre. Così Abimelek giunse ai piedi della torre e l’attaccò; si avvicinò quindi alla porta della torre per appiccarvi il fuoco. Ma una donna gettò giú la parte superiore di una macina sulla testa di Abimelek e gli spezzò il cranio. Egli chiamò subito il giovane che gli portava le armi, e gli disse: Tira fuori la spada e uccidimi, perché non si dica: »L’ha ucciso una donna!««. Così il giovane lo trafisse, ed egli morì. Quando gli Israeliti videro che Abimelek era morto se ne andarono ciascuno a casa sua. Così DIO fece ricadere su Abimelek il male che egli aveva fatto contro suo padre, uccidendo settanta suoi fratelli. DIO fece anche ricadere sul capo della gente di Sichem tutto il male fatto; così su di loro si avverò la maledizione di Jotham, figlio di Jerubbaal. Dopo Abimelek sorse, per salvare Israele, Tola figlio di Puah, figlio di Dodo, uomo di Issacar. Egli abitava a Shamir, nella regione montuosa di Efraim; fu giudice d’Israele per ventitré anni; poi morì e fu sepolto a Shamir. Dopo di lui sorse Jair, il Galaadita, che fu giudice d’Israele per ventidue anni. Egli aveva trenta figli che cavalcavano trenta asinelli e avevano trenta città che si chiamano anche oggi i villaggi di Jair, e sono del paese di Galaad. Poi Jair morì e fu sepolto a Kamon. Poi i figli d’Israele tornarono a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno e servirono i Baal e le Ashtaroth gli dèi della Siria, gli dèi di Sidone, gli dèi di Moab, gli dèi dei figli di Ammon e gli dèi dei Filistei; abbandonarono l’Eterno e non lo servirono più. Così l’ira dell’Eterno si accese contro Israele, ed egli li diede nelle mani dei Filistei e nelle mani dei figli di Ammon. In quell’anno essi molestarono ed oppressero i figli d’Israele; per diciotto anni essi oppressero tutti i figli d’Israele che erano di là dal Giordano, nel paese degli Amorei in Galaad. Poi i figli di Ammon passarono il Giordano per combattere anche contro Giuda, contro Beniamino e contro la casa di Efraim; e Israele si trovò in una grande avversità. Allora i figli d’Israele gridarono all’Eterno, dicendo: »Abbiamo peccato contro di te, perché abbiamo abbandonato il nostro DIO e abbiamo servito i Baal« L’Eterno disse ai figli d’Israele: »Non vi ho io liberati dagli Egiziani, dagli Amorei, dai figli di Ammon e dai Filistei? Quando quelli di Sidone, gli Amalekiti e i Maoniti vi opprimevano e voi gridaste a me, non vi liberai io dalle loro mani? Nonostante ciò, mi avete abbandonato e avete servito altri dèi; perciò io non vi libererò piú. Andate dunque a gridare agli dèi che avete scelto; vi salvino essi nel tempo della vostra avversità!«. I figli d’Israele dissero all’Eterno: »Abbiamo peccato; fa’ a noi tutto ciò che ti pare, ma liberaci oggi, ti supplichiamo«. Allora tolsero di mezzo a loro gli dèi stranieri e servirono l’Eterno che si addolorò per la sofferenza d’Israele. Poi i figli di Ammon si radunarono e si accamparono in Galaad, e i figli d’Israele si radunarono e si accamparono a Mitspah. Il popolo, cioè i principi di Galaad, si dissero l’un l’altro: Chi sarà l’uomo che inizierà a combattere contro i figli di Ammon? Egli sarà il capo di tutti gli abitanti di Galaad«. Or Jefte, il Galaadita, era un uomo forte e valoroso, figlio di una prostituta, ed era stato generato da Galaad. La moglie di Galaad gli partorì altri figli; quando i figli di sua moglie divennero adulti, scacciarono Jefte e gli dissero: Tu non avrai eredità in casa di nostro padre, perché sei figlio di un’altra donna«. Jefte allora fuggì lontano dai suoi fratelli e si stabilì nel paese di Tob. Attorno a Jefte si raccolsero degli uomini di nessun valore, che facevano con lui incursioni. Qualche tempo dopo i figli di Ammon mossero guerra a Israele. Quando i figli di Ammon iniziarono a far guerra contro Israele, gli anziani di Galaad andarono a cercare Jefte nel paese di Tob; e dissero a Jefte: Vieni e sii nostro capitano, per combattere contro i figli di Ammon«. Ma Jefte rispose agli anziani di Galaad: »Non mi avete voi odiato e scacciato dalla casa di mio padre? Perché venite da me ora che siete nell’avversità?«. Gli anziani di Galaad dissero a Jefte: »è proprio per questo che siamo tornati ora da te, affinché tu venga con noi a combattere contro i figli di Ammon e sii nostro capo su tutti gli abitanti di Galaad«. Allora Jefte rispose agli anziani di Galaad: »Se mi riconducete da voi per combattere contro i figli di Ammon, e l’Eterno li dà in mio potere, io sarò vostro capo«. Gli anziani di Galaad dissero a Jefte: »I’Eterno sia testimone fra noi, se non facciamo come hai detto«. Jefte quindi andò con gli anziani di Galaad e il popolo lo costituì suo capo e condottiero; e Jefte ripetè davanti all’Eterno a Mitspah tutte le parole da lui dette prima. Poi Jefte inviò messaggeri al re dei figli di Ammon per dirgli: »Che c’è fra me e te, perché tu venga contro di me a far guerra nel mio paese?«. Il re dei figli di Ammon rispose ai messaggeri di Jefte: »Perché, quando Israele salì dall’Egitto, si impadronì del mio paese, dall’Arnon fino allo Jabbok e al Giordano. Ora dunque restituisci queste terre amichevolmente. Jefte inviò di nuovo messaggeri al re dei figli di Ammon per dirgli: »Così dice Jefte: Israele non si impadronì del paese di Moab, né del paese dei figli di Ammon; quando però Israele salì dall’Egitto e attraversò il deserto fino al mar Rosso e giunse a Kadesh, inviò messaggeri al re di Edom per dirgli: »Ti prego lasciami Passare per il tuo paese«; ma il re di Edom non acconsentì. Mandò pure messaggeri al re di Moab, ma anch’egli rifiutò. Così Israele rimase a Kadesh. Camminando poi per il deserto, girò attorno al paese di Edom e al paese di Moab e giunse a oriente del paese di Moab; e si accampò di là dall’Arnon, senza entrare nel territorio di Moab perché l’Arnon segna il confine di Moab. Israele quindi inviò messaggeri a Sihon, re degli Amorei, re di Heshbon, e gli disse: »Ti preghiamo, lasciaci passare attraverso il tuo paese per arrivare al nostro«. Ma Sihon non si fidò a lasciar passare Israele per il suo territorio; anzi Sihon radunò tutta la sua gente, si accampò a Jahats e combattè contro Israele. Ma l’Eterno, il DIO d’Israele, diede Sihon e tutta la sua gente nelle mani d’Israele, che li sconfisse; così Israele conquistò tutto il paese degli Amorei, che abitavano quella regione; conquistò tutto il territorio degli Amorei, dall’Arnon allo Jabbok e dal deserto al Giordano. E ora che l’Eterno, il DIO d’Israele, ha scacciato gli Amorei davanti al suo popolo d’Israele, vorresti possedere il loro paese? Non possiedi tu quello che Kemosh, il tuo dio, ti ha dato di possedere? Così anche noi possederemo il paese di quelli che l’Eterno ha scacciato davanti a noi. Sei tu forse da piú di Balak, figlio di Tsippor, re di Moab? Contese egli forse con Israele, o gli fece guerra? Sono trecento anni che Israele abita ad Heshbon e nei suoi villaggi limitrofi ad Aroer e nei suoi villaggi limitrofi e in tutte le città sulle sponde dell’Arnon; perché non gliele avete tolte durante questo tempo? Perciò io non ti ho fatto alcun torto, e tu agisci male verso di me, muovendomi guerra. L’Eterno, il giudice, faccia oggi giustizia tra i figli d’Israele e i figli di Ammon!«. Ma il re dei figli di Ammon non diede ascolto alle parole che Jefte gli aveva mandato a dire. Allora lo Spirito dell’Eterno venne su Jefte, ed egli attraversò Galaad e Manasse, passò a Mitspah di Galaad e da Mitspah di Galaad mosse contro i figli di Ammon. Jefte fece un voto all’Eterno e disse: »Se tu mi dai nelle mani i figli di Ammon, ciò che uscirà dalle porte di casa mia per venirmi incontro quando tornerò vittorioso dai figli di Ammon apparterrà all’Eterno, e io l’offrirò in olocausto«. Così Jefte marciò contro i figli di Ammon per far loro guerra, e l’Eterno glieli diede nelle mani. Egli li sconfisse facendone una grande strage, da Aroer fino verso Minnith (prendendo loro venti città) e fino ad Abel-Keramim. Così i figli di Ammon furono umiliati davanti ai figli d’Israele. Poi Jefte ritornò a casa sua, a Mitspah; ed ecco uscirgli incontro sua figlia con tamburelli e danze. Essa era l’unica figlia, perché egli non aveva altri figli o figlie. Come la vide, si stracciò le vesti e disse: »Ah, figlia mia, tu mi rendi grandemente infelice, tu mi porti sventura! lo ho dato la mia parola all’Eterno e non posso tirarmi indietro«. Ella gli disse: »Padre mio, se hai dato la tua parola all’Eterno, fa’ di me secondo ciò che è uscito dalla tua bocca, perché l’Eterno ti ha vendicato dei tuoi nemici, i figli di Ammon«. Poi disse a suo padre: »Mi sia concesso questo: »lasciami libera per due mesi, affinché possa andare in giro per i monti a piangere la mia verginità con le mie compagne«. Egli le rispose: »Va’!«. E la lasciò andare per due mesi. Così ella se ne andò con le sue compagne e pianse sui monti la sua verginità. Alla fine dei due mesi ella tornò da suo padre; ed egli fece di lei secondo il voto che aveva fatto. Ella non aveva conosciuto uomo. Così divenne usanza in Israele che le figlie d’Israele vanno tutti gli anni a piangere la figlia di Jefte, il Galaadita, per quattro giorni. Or gli uomini di Efraim si radunarono, passarono a Tsafon e dissero a Jefte: »Perché sei andato a combattere contro i figli di Ammon e non ci hai chiamati per andare con te? Noi bruceremo la tua casa con te dentro«. Jefte rispose loro: »lo e il mio popolo abbiamo avuto una grande disputa con i figli di Ammon; e quando vi chiesi aiuto non mi avete liberato dalle loro mani. Così, vedendo che non venivate in mio aiuto, ho posto a repentaglio la mia vita e ho marciato contro i figli di Ammon; e l’Eterno me li ha dati nelle mani. Perché dunque siete oggi saliti contro di me per muovermi guerra?«. Poi Jefte radunò tutti gli uomini di Galaad e diede battaglia ad Efraim; e gli uomini di Galaad sconfissero Efraim, perché questi dicevano: »voi Galaaditi siete fuggiaschi di Efraim, in mezzo ad Efraim e in mezzo a Manasse!«. Gli uomini di Galaad si impadronirono dei guadi del Giordano prima che quei di Efraim arrivassero; così, quando uno dei fuggiaschi di Efraim diceva: »Lasciatemi passare«, gli uomini di Galaad gli chiedevano: »Sei tu un Efraimita?«. Se quegli rispondeva: »No«, i Galaaditi gli dicevano: »Allora di’ Scibboleth«; se quegli diceva »Sibboleth«, perché non poteva pronunciare correttamente, essi lo afferravano e lo uccidevano presso i guadi del Giordano. In quel tempo perirono quarantaduemila uomini di Efraim. Jefte fu giudice d’Israele per sei anni. Poi Jefte, il Galaadita, morì e fu sepolto in una delle città di Galaad. Dopo di lui fu giudice d’Israele Ibtsan di Betlemme. Egli ebbe trenta figli; maritò trenta figlie e fece venire da fuori trenta fanciulle per i suoi figli. Fu giudice d’Israele per sette anni. Poi Ibtsan morì e fu sepolto a Betlemme. Dopo di lui fu giudice d’Israele Elon, lo Zabulonita; fu giudice d’Israele per dieci anni. Poi Elon, lo Zabulonita, morì e fu sepolto ad Ajalon, nel paese di Zabulon. Dopo di lui fu giudice d’Israele Abdon, figlio di Hillel, il Pirathonita. Ebbe quaranta figli e trenta nipoti, che cavalcavano settanta asinelli. Fu giudice d’Israele per otto anni. Poi Abdon, figlio di Hillel, il Pirathonita, morì e fu sepolto a Pirathon nel paese di Efraim, nella regione montuosa di Amalek". I figli d’Israele tornarono di nuovo a fare ciò che era male agli occhi dell’Eterno, e l’Eterno li diede nelle mani dei Filistei per quarant’anni. Or vi era un uomo di Tsorah della famiglia dei Daniti, chiamato Manoah; sua moglie era sterile e non aveva figli. L’Angelo dell’Eterno apparve a questa donna, e le disse: »Ecco, tu sei sterile e non hai figli, ma concepirai e partorirai un figlio. Perciò ora guardati dal bere vino o bevanda inebriante, e dal mangiare alcuna cosa impura. Poiché ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un Nazireo a DIO dal seno di sua madre; egli comincerà a liberare Israele dalle mani dei Filistei«. Allora la donna andò a dire a suo marito: un uomo di DIO è venuto da me; il suo aspetto era come l’aspetto dell’Angelo di Dio, veramente spaventevole. lo non gli ho domandato da dove veniva, ed egli non mi ha detto il suo nome; ma mi ha detto: »Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio; perciò ora non bere vino né bevanda inebriante, e non mangiare alcuna cosa impura, perché il fanciullo sarà un Nazireo a DIO dal seno di sua madre fino al giorno della sua morte««. Allora Manoah supplicò l’Eterno e disse: »O Signore, ti prego che l’uomo di DIO da te mandato torni di nuovo a noi e c’insegni ciò che dobbiamo fare per il bambino che nascerà«. DIO diede ascolto alla voce di Manoah; e l’Angelo di DIO tornò ancora dalla donna, mentre si trovava nel campo; ma suo marito Manoah non era con lei. La donna corse in fretta a informare suo marito e gli disse: »Ecco, mi è apparso quell’uomo, che venne da me l’altro giorno«. Allora Manoah si alzò e seguì sua moglie e, giunto da quell’uomo, gli disse: »Sei tu l’uomo che parlasti a questa donna?«. Egli rispose: »Sono io«. Ma Manoah disse: »Quando la tua parola si compirà, quale deve essere lo stile di vita del ragazzo e quali le sue occupazioni?«. L’Angelo dell’Eterno rispose a Manoah: »La donna presti attenzione a tutto ciò che le ho detto. Non mangi di alcun prodotto della vite, né beva vino o bevanda inebriante, e non mangi alcuna cosa impura; osservi tutto ciò che le ho comandato«. Allora Manoah disse all’Angelo dell’Eterno: »Deh, permettici di trattenerti e di prepararti un capretto!«. L’Angelo dell’Eterno rispose a Manoah: »Anche se tu mi trattieni non mangerò del tuo cibo; ma se vuoi fare un olocausto, offrilo all’Eterno«. (Or Manoah non sapeva che quello era l’Angelo dell’Eterno). Poi Manoah disse all’Angelo dell’Eterno: »Qual è il tuo nome affinché, quando si avvereranno le tue parole, noi ti possiamo onorare?«. L’Angelo dell’Eterno gli rispose: »Perché mai chiedi il mio nome? Esso è meraviglioso«. Così Manoah prese il capretto e l’oblazione di cibo e li offrì all’Eterno sul sasso. Allora l’Angelo compì una cosa prodigiosa, mentre Manoah e sua moglie stavano guardando: come la fiamma saliva dall’altare al cielo, l’Angelo dell’Eterno salì con la fiamma dell’altare. Al vedere questo, Manoah e sua moglie caddero con la faccia a terra. L’Angelo dell’Eterno non apparve piú né a Manoah né a sua moglie. Allora Manoah si rese conto che quello era l’Angelo dell’Eterno. Manoah disse quindi a sua moglie: »Noi moriremo certamente, perché abbiamo visto DIO«. Ma sua moglie gli disse: »Se l’Eterno avesse voluto farci morire, non avrebbe accettato dalle nostre mani l’olocausto e l’oblazione di cibo né ci avrebbe mostrato tutte queste cose, ed ora non ci avrebbe fatto udire cose come queste«. Poi la donna partorì un figlio a cui pose nome Sansone. Il bambino crebbe, e l’Eterno lo benedisse. Lo Spirito dell’Eterno cominciò a muoversi su di lui al campo di Dan, fra Tsorah e Eshtaol. Sansone scese a Timnah e là vide una donna tra le figlie dei Filistei. Tornato a casa, ne parlò a suo padre e a sua madre, dicendo: »Ho veduto a Timnah una donna tra le figlie dei Filistei; or dunque prendetemela come moglie«. Suo padre e sua madre gli dissero: »Non vi è forse alcuna donna tra le figlie dei tuoi fratelli in tutto il nostro popolo perché tu vada a prenderti una moglie tra i Filistei incirconcisi?«. Ma Sansone rispose a suo padre: »Prendimi quella, perché mi piace«. Or suo padre e sua madre non sapevano che questo veniva dall’Eterno, e che Sansone cercava un’occasione contro i Filistei. In quel tempo, i Filistei dominavano Israele. Poi Sansone scese con suo padre e con sua madre a Timnah; come furono giunti alle vigne di Timnah, ecco un leoncello venirgli incontro ruggendo. Allora lo Spirito dell’Eterno venne su di lui con potenza ed egli, senza avere niente in mano, squarciò il leone, come uno squarcerebbe un capretto; ma non disse nulla a suo padre né a sua madre di ciò che aveva fatto. Poi scese e parlò alla donna, ed essa piacque a Sansone. Qualche giorno dopo egli tornò per prenderla e uscì di strada per vedere la carcassa del leone; ed ecco, nel corpo del leone c’era uno sciame d’api e del miele. Egli ne prese un po’ in mano e si mise a mangiarlo mentre camminava; quando giunse da suo padre e da sua madre, ne diede loro ed essi ne mangiarono; ma non disse loro che aveva preso il miele dal corpo del leone. Suo padre quindi scese da quella donna, e là Sansone fece un convito, perché così usavano fare i giovani. Quando la gente del posto lo vide, portò trenta compagni perché stessero con lui. Sansone disse loro: »lo vi proporrò un indovinello; se voi riuscite a trovarne la spiegazione e a farmela sapere entro i sette giorni del convito, vi darò trenta tuniche e trenta cambi di vesti; ma se non me lo potete spiegare, darete trenta tuniche e trenta cambi di vesti a me«. Essi gli risposero: »Proponi il tuo indovinello, affinché lo udiamo«. Egli disse loro: »Dal divoratore è uscito del cibo, e dal forte è uscito del dolce«. Per tre giorni quelli non riuscirono a spiegare l’indovinello. Il settimo giorno dissero alla moglie di Sansone: »Persuadi tuo marito a spiegarci l’indovinello; altrimenti daremo fuoco a te e alla casa di tuo padre. Ci avete invitati qui per spogliarci? Non è forse così?«. La moglie di Sansone pianse davanti a lui e gli disse: »Tu mi porti solo odio e non mi ami; tu hai proposto un indovinello ai figli del mio popolo, ma non l’hai spiegato a me«. Allora egli le disse: »Ecco, non l’ho spiegato neppure a mio padre e a mia madre, perché dovrei spiegarlo a te?«. Ella pianse davanti a lui, durante i sette giorni del convito. Così il settimo giorno Sansone glielo spiegò, perché lo importunava; poi essa spiegò l’indovinello ai figli del suo popolo. Gli uomini della città, il settimo giorno, prima che tramontasse il giorno, dissero a Sansone: »Cosa c’è di piú dolce del miele? Cosa c’è di piú forte del leone?«. Ed egli rispose loro: »Se non aveste arato con la mia giovenca, non avreste risolto il mio indovinello«. Allora lo Spirito dell’Eterno venne su di lui con potenza, ed egli scese ad Ashkelon, uccise trenta uomini dei loro, prese le loro spoglie e diede i cambi di vesti a quelli che avevano spiegato l’indovinello. Così la sua ira si accese; poi risalì a casa di suo padre. Ma la moglie di Sansone fu data al suo compagno che era stato il suo miglior amico. Dopo un po’ di tempo, durante la stagione della mietitura del grano, Sansone andò a visitare sua moglie, portando con sé un capretto, e disse: »Voglio entrare in camera da mia moglie. Ma il padre di lei non gli permise di entrare, e gli disse: »Pensavo proprio che tu l’odiassi, per cui l’ho data al tuo compagno; sua sorella minore non è ancora piú bella di lei? Prendila dunque al suo posto«. Sansone rispose loro: »Questa volta, non avrò alcuna colpa verso i Filistei, se farò loro del male«. Così Sansone se ne andò e catturò trecento volpi; prese quindi delle fiaccole, volse le volpi coda contro coda e mise una fiaccola tra le due code. Poi accese le fiaccole e lasciò andare le volpi per i campi di grano dei Filistei, e bruciò i covoni ammucchiati e il grano ancora in piedi e persino le vigne e gli uliveti. Allora i Filistei chiesero: »Chi ha fatto questo?«. Fu risposto: »Sansone, il genero dell’uomo di Timnah, perché questi gli ha preso la moglie, e l’ha data in sposa al suo compagno«. Così i Filistei salirono e diedero alle fiamme lei e suo padre. Sansone disse loro: »Poiché avete fatto questo, io farò certamente vendetta su di voi, ma poi smetterò«. Così li colpì spietatamente, facendone un grande massacro. Poi discese e rimase nella caverna della roccia di Etam. Allora i Filistei salirono, si accamparono in Giuda e si distesero fino a Lehi. Gli uomini di Giuda dissero loro: »Perché siete saliti contro di noi?«. Essi risposero: »Siamo saliti per catturare Sansone e per fare a lui ciò che ha fatto a noi«. Allora tremila uomini di Giuda scesero alla caverna della roccia di Etam e dissero a Sansone: »Non sai che i Filistei ci dominano? Che è dunque questo che ci hai fatto?«. Egli rispose loro: »Ciò che essi hanno fatto a me, io l’ho fatto a loro«. Essi gli dissero: »Noi siamo discesi per catturarti e darti nelle mani dei Filistei«. Sansone rispose loro: »Giuratemi che voi stessi non mi ucciderete«. Essi allora gli parlarono, dicendo: »No, ti legheremo soltanto e ti daremo nelle loro mani; ma certamente non ti uccideremo«. Così lo legarono con due funi nuove e lo fecero uscire dalla caverna. Quando giunse a Lehi, i Filistei gli vennero incontro con grida di gioia; ma lo Spirito dell’Eterno venne su di lui con potenza, e le funi che aveva alle braccia divennero come fili di lino a cui si dà fuoco; e i legami gli caddero dalle mani, Trovata quindi una mascella d’asino ancora fresca, stese la mano e l’afferrò e con essa uccise mille uomini. Allora Sansone disse: »Con una mascella d’asino, mucchi su mucchi! Con una mascella d’asino ho ucciso mille uomini«. Quand’ebbe finito di parlare, gettò via di mano la mascella e chiamò quel luogo Ramath-Lehi. Poi ebbe gran sete e invocò l’Eterno, dicendo: »Tu hai concesso questa grande liberazione per mano del tuo servo; ma dovrò ora morire di sete e cadere nelle mani degli incirconcisi?«. Allora DIO fendè la roccia concava che è a Lehi, e ne uscì dell’acqua. Egli bevve, il suo spirito si rianimò ed egli riprese vita. Perciò chiamò quella fonte En-Hakkore; essa esiste a Lehi anche oggi. Sansone fu giudice d’Israele al tempo dei Filistei per vent’anni. Poi Sansone andò a Gaza e là vide una prostituta, ed entrò da lei. Quando fu detto a quei di Gaza: »Sansone è venuto qui«, essi circondarono il luogo e stettero in agguato tutta la notte presso la porta della città, e rimasero in silenzio tutta la notte, dicendo: »Allo spuntar del giorno lo uccideremo«. Sansone rimase coricato fino a mezzanotte; poi a mezzanotte si alzò, afferrò i battenti della porta della città e i due stipiti, li divelse insieme con la sbarra, se li caricò sulle spalle e li portò in cima al monte che si trova di fronte a Hebron. Dopo questo si innamorò di una donna della valle di Sorek, che si chiamava Delilah. Allora i principi dei Filistei salirono da lei e le dissero: »Seducilo e scopri dove risiede la sua grande forza e come riuscire a sopraffarlo per poterlo legare e domare; poi ti daremo ciascuno millecento sicli d’argento. Così Delilah disse a Sansone: »Dimmi, ti prego, dove risiede la tua grande forza, e in che modo ti si potrebbe legare per domarti«. Sansone le rispose: »Se mi legano con sette corde d’arco fresche, non ancora asciutte, io diventerei debole e sarei come un qualsiasi altro uomo«. Allora i principi dei Filistei le portarono sette corde d’arco fresche, non ancora asciutte, ed ella lo legò con esse. Or c’erano degli uomini in agguato presso di lei, in una camera interna. Ella gli disse: Sansone, i Filistei ti sono addosso!«. Ma egli ruppe le corde, come si rompe un fil di stoppa quando sente il fuoco. Così il segreto della sua forza rimase sconosciuto. Poi Delilah disse a Sansone: »Ecco, ti sei preso gioco di me e mi hai raccontato bugie; or dunque, ti prego, dimmi con che ti si potrebbe legare«. Egli le rispose: »Se mi legano con funi nuove che non sono mai state adoperate, io diventerei debole e sarei come qualsiasi altro uomo«. Perciò Delilah prese delle funi nuove, lo legò e gli disse: »Sansone, i Filistei ti sono addosso«. Or c’erano degli uomini in agguato nella camera interna. Ma egli ruppe come un filo le funi che aveva alle braccia. Allora Delilah disse a Sansone: »Fino ad ora ti sei preso gioco di me e mi hai raccontato bugie; dimmi con che ti si potrebbe legare«. Ed egli le rispose: »Non dovresti che intrecciare le sette trecce del mio capo con l’ordito«. Essa le intrecciò e le fissò al subbio, poi gli disse: Sansone, i Filistei ti sono addosso«. Ma egli si svegliò dal sonno e strappò via il subbio dal telaio e l’ordito. Allora ella gli disse: Come puoi dirmi: »Ti amo«, mentre il tuo cuore non è con me? Già tre volte ti sei preso gioco di me e non mi hai detto dove risiede la tua grande forza«. Ora, poiché essa lo importunava ogni giorno con le sue parole e lo sollecitava con insistenza, egli ne fu irritato a morte, e le aperse tutto il cuore e le disse: »Non è mai passato rasoio sulla mia testa, perché sono un Nazireo a Dio, dal seno di mia madre; se fossi rasato, la mia forza se ne andrebbe, diventerei debole e sarei come qualsiasi altro uomo«. Quando Delilah si rese conto che egli le aveva aperto tutto il cuore, mandò a chiamare i principi dei Filistei e fece dir loro: »Venite su questa volta, perché egli mi ha aperto tutto il suo cuore«. Allora i principi dei Filistei salirono da lei e portarono con sé il denaro. Ella lo addormentò quindi sulle sue ginocchia, chiamò un uomo e gli fece radere le sette trecce della testa di Sansone; poi cominciò a maltrattarlo, e la sua forza lo lasciò. Allora ella gli disse: »Sansone, i Filistei ti sono addosso«. Egli si svegliò dal sonno e disse: »Io ne uscirò come tutte le altre volte e mi svincolerò«. Ma non sapeva che l’Eterno si era ritirato da lui. E i Filistei lo presero e gli cavarono gli occhi; lo fecero scendere a Gaza e lo legarono con catene di bronzo. E fu posto a girare la macina nella prigione. Intanto i capelli del capo, dopo essere stati rasati, cominciavano nuovamente a crescere. Ora i principi dei Filistei si radunarono per offrire un gran sacrificio a Dagon, loro dio, e per rallegrarsi. Dicevano: »Il nostro dio ci ha dato nelle mani Sansone, nostro nemico«. Quando il popolo lo vide, cominciò a lodare il suo dio e a dire: »Il nostro dio ci ha dato nelle mani il nostro nemico, colui che devastava il nostro paese e che ha ucciso tanti di noi«. Così nella gioia del loro cuore, dissero: »Fate venire Sansone, perché ci faccia divertire!«. Fecero quindi uscire Sansone dalla prigione, ed egli fece il buffone avanti a loro. Poi lo misero fra le colonne. Allora Sansone disse al fanciullo, che lo teneva per la mano: »Lasciami toccare le colonne sulle quali posa la casa, perché possa appoggiarmi ad esse«. Or la casa era gremita di uomini e donne vi erano tutti i principi dei Filistei, e sul tetto c’erano tremila persone fra uomini e donne, che stavano a guardare mentre Sansone faceva il buffone. Allora Sansone invocò l’Eterno e disse: »O Signore, o Eterno ti prego ricordati di me! Dammi forza per questa volta soltanto, o DIO, perché possa vendicarmi con un sol colpo dei Filistei per la perdita dei miei due occhi«. Sansone afferrò quindi le due colonne centrali, che sostenevano il tempio e si appoggiò ad esse, a una con la destra, e all’altra con la sinistra; poi Sansone disse: »Che io muoia insieme ai Filistei!«. Si curvò poi con tutta la sua forza, e la casa crollò addosso ai principi e a tutto il popolo che vi era dentro; e furono piú quelli che egli uccise morendo di quelli che aveva ucciso in vita. Poi suoi fratelli e tutta la casa di suo padre scesero e lo portarono via; e andarono a seppellirlo fra Tsorah ed Eshtaol nel sepolcro di Manoah suo padre. Egli era stato giudice d’Israele per vent’anni. Or c’era un uomo nella regione montuosa di Efraim, che si chiamava Mikah. Egli disse a sua madre: »I millecento sicli d’argento che ti sono stati presi e riguardo ai quali hai pronunziato una maledizione, che ho udito con le mie stesse orecchie, ecco, li ho io; quel denaro l’avevo preso io«. Sua madre disse: »Benedetto sia mio figlio dall’Eterno!«. Così egli restituirà a sua madre i millecento sicli d’argento, e sua madre disse: »lo consacro interamente di mano mia quest’argento all’Eterno per mio figlio, per fame un’immagine scolpita e un’immagine di getto; perciò ora te lo rendo«. Dopo che egli ebbe restituito l’argento a sua madre, sua madre prese duecento sicli d’argento e li diede al fonditore, il quale ne fece un’immagine scolpita e un’immagine di metallo fuso; ed esse furono poste nella casa di Mikah. Così quest’uomo, Mikah, ebbe una casa di dèi; fece un efod e una casa di idoli e consacrò uno dei suoi figli che gli fece da sacerdote. In quel tempo non c’era re in Israele; ognuno faceva ciò che sembrava giusto ai suoi occhi. Or c’era un giovane di Betlemme di Giuda, della famiglia di Giuda il quale era un Levita e risiedeva in quel luogo come forestiero. Quest’uomo partì dalla città di Betlemme di Giuda, per stabilirsi ovunque potesse trovare un posto; cammin facendo giunse nella regione montuosa di Efraim, alla casa di Mikah. Mikah gli chiese: »Da dove vieni?«. Quello gli rispose: »Sono un Levita di Betlemme di Giuda e sto cercando un luogo dove possa stabilirmi«. Mikah gli disse: »Rimani con me, e sii per me padre e sacerdote; ti darò dieci sicli d’argento all’anno, un corredo di vestiti e il vitto«. Allora il Levita entrò. Così il Levita acconsentì a stare con quell’uomo, che trattò il giovane come uno dei suoi figli. Mikah consacrò il Levita; il giovane gli fece da sacerdote e si stabilì in casa di Mikah. Poi Mikah disse: »Ora so che l’Eterno mi farà del bene, perché ho un Levita che mi fa da sacerdote«. In quel tempo non c’era re in Israele; in quello stesso tempo la tribú dei Daniti cercava per sé un territorio per stabilirsi, perché fino a quei giorni non le era stata assegnata alcuna eredità fra le tribú d’Israele. I figli di Dan mandarono dunque da Tsorah e da Eshtaol cinque uomini valorosi, che rappresentavano l’intera loro tribú per perlustrare il paese ed esplorarlo; e dissero loro: »Andate ad esplorare il paese!«. Così essi giunsero nella regione montuosa di Efraim, alla casa di Mikah, e pernottarono in quel luogo. Mentre erano presso la casa di Mikah, riconobbero la voce del giovane Levita; essi allora entrarono in casa e gli chiesero: »Chi ti ha condotto qua? Che fai in questo luogo? Che hai tu qui?«. Egli rispose loro: »Mikah mi ha fatto questo e questo; mi ha assunto a servizio e io gli faccio da sacerdote«. Allora essi gli dissero: »Deh, consulta DIO, affinché sappiamo se il viaggio che abbiamo intrapreso sarà prospero«. Il sacerdote rispose loro: »Andate in pace; il viaggio che fate è sotto lo sguardo dell’Eterno«. Così i cinque uomini partirono e giunsero a Laish, e videro che il popolo che vi abitava viveva al sicuro, secondo le usanze di quei di Sidone, tranquillo e sicuro, perché non c’era nessuno nel paese che imponesse alcuna restrizione e che li potesse riprovare; essi erano lontani da quei di Sidone e non avevano relazione con alcuno. Poi tornarono ai loro fratelli a Tsorah e a Eshtaol; e i fratelli chiesero loro: »Che dite?«. Essi risposero: »Leviamoci e saliamo contro quella gente, perché abbiamo visto il paese, ed è veramente eccellente. Perché ve ne rimanete inattivi? Non indugiate a muovervi per andare ad occupare il paese! Quando arriverete troverete un popolo sicuro e un paese vasto, perché DIO ve lo ha dato nelle mani: è un luogo dove non manca nulla di ciò che è sulla terra«. Allora seicento uomini della famiglia dei Daniti partirono da Tsorah e da Eshtaol, ben armati per la guerra. Salirono e si accamparono a Kirjath-Jearim, in Giuda; (perciò quel luogo che è dietro a Kirjath-Jearim, è chiamato fino al giorno d’oggi il campo di Dan). Di là passarono nella regione montuosa di Efraim e giunsero alla casa di Mikah. Allora i cinque uomini che erano andati ad esplorare il paese di Laish, presero a dire ai loro fratelli: »Sapete voi che in queste case c’è un efod, una casa di idoli, un’immagine scolpita e un’immagine di metallo fuso? Perciò ora considerate ciò che dovete fare. Così essi si diressero da quella parte, giunsero alla casa del giovane Levita, alla casa di Mikah, e lo salutarono. Mentre i seicento uomini dei figli di Dan, ben armati per la guerra, rimanevano davanti alla porta, i cinque uomini che erano andati ad esplorare il paese salirono, entrarono in casa, presero l’immagine scolpita, l’efod, la casa di idoli e l’immagine di metallo fuso. Or il sacerdote stava davanti alla porta con i seicento uomini ben armati per la guerra. Quando questi entrarono in casa di Mikah e presero l’immagine scolpita, l’efod, la casa di idoli e l’immagine di metallo fuso, il sacerdote disse loro: »Che fate?«. Quelli gli risposero: »Taci, mettiti la mano sulla bocca, vieni con noi, e sarai per noi un padre e un sacerdote. Che cosa è meglio per te, essere sacerdote della casa di un uomo solo o essere sacerdote di una tribú e di una famiglia in Israele?«. Così il sacerdote si rallegrò in cuor suo; prese l’efod, la casa di idoli e l’immagine scolpita e si unì a quella gente. Allora si rimisero in cammino, mettendo davanti a loro i bambini il bestiame e le masserizie. Quando erano già lontani dalla casa di Mikah, gli uomini che abitavano nelle case vicine a quella di Mikah si radunarono e inseguirono i figli di Dan. Gridarono quindi ai figli di Dan. Questi si voltarono e dissero a Mikah: »Che cosa hai, che hai radunata codesta gente?«. Egli rispose: »Avete portato via gli dèi che mi ero fatto e il sacerdote, e ve ne siete andati. Or che mi resta? Come potete dunque dirmi: »Che cosa hai?«. I figli di Dan gli dissero: »Fa’ che la tua voce non si senta piú dietro a noi, perché degli uomini irritati potrebbero scagliarsi su di voi, e tu perderesti la tua vita e quella della tua famiglia!«. I figli di Dan continuarono il loro viaggio; e Mikah, vedendo che essi erano piú forti di lui, si voltò e fece ritorno a casa sua. Così essi, dopo aver preso le cose che Mikah aveva fatto e il sacerdote che aveva al suo servizio, giunsero a Laish a un popolo che se ne stava tranquillo e al sicuro; lo passarono a fil di spada e diedero la città alle fiamme. Non ci fu alcuno che la liberasse, perché era lontana da Sidone e i suoi abitanti non avevano relazioni con altra gente Essa era nella valle che si estende verso Beth-Rehob. Poi i Daniti ricostruirono la città e l’abitarono, e la chiamarono Dan, dal nome di Dan loro padre, che Fu Figlio d’Israele; ma prima la città si chiamava Laish. Poi i figli di Dan eressero per sé l’immagine scolpita; e Gionathan, figlio di Ghershom, figlio di Manasse, e i suoi figli furono sacerdoti della tribú dei Daniti fino al giorno della cattività degli abitanti del paese. Così eressero per sé l’immagine scolpita che Mikah aveva fatto, durante tutto il tempo che la casa di DIO rimase a Sciloh. In quel tempo, quando non c’era re in Israele, un Levita, che dimorava nella parte più remota della regione montuosa di Efraim, si prese per concubina una donna di Betlemme di Giuda. Questa concubina commise adulterio contro di lui e lo lasciò per tornare a casa di suo padre a Betlemme di Giuda, dove rimase quattro mesi. Suo marito allora si levò e andò da lei per parlare al suo cuore e riportarla a casa. Egli aveva preso con sé il suo servo e due asini. Così ella lo condusse in casa di suo padre; come il padre della giovane lo vide, lo accolse con gioia. Suo suocero, il padre della giovane, lo trattenne, ed egli rimase con lui tre giorni; così mangiarono e bevvero e passarono la notte là. Il quarto giorno si levarono al mattino presto, e il Levita si disponeva a partire; ma il padre della giovane disse al suo genero: »Prendi un boccone di pane per ristorarti; poi ve ne andrete«. Così si posero ambedue a sedere e mangiarono e bevvero assieme. Poi il padre della giovane disse al marito: »Ti prego, acconsenti a passare qui la notte, e il tuo cuore si rallegri«. Quell’uomo si alzò per andarsene; ma il suocero insistette tanto che egli passò ancora la notte là. Il quinto giorno egli si alzò al mattino presto per andarsene; e il padre della giovane gli disse: »Ti prego, ristorati il cuore«. Così si fermarono fino al pomeriggio, ed entrambi mangiarono. Quando quell’uomo si alzò per andarsene con la sua concubina e col suo servo, il suocero, il padre della giovane, gli disse: »Ecco, il giorno volge a sera; ti prego, passa qui la notte; vedi, il giorno sta per finire; passa qui la notte e il tuo cuore si rallegri; domani vi metterete in cammino presto e andrai a casa«. Ma quell’uomo non volle passare la notte là; così si alzò, partì e giunse di fronte a Jebus, che è Gerusalemme, con i suoi due asini sellati e con la sua concubina. Quando furono vicini a Jebus, il giorno era completamente trascorso; il servo disse al suo padrone: »Vieni, ti prego, entriamo in questa città dei Gebusei e passiamo in essa la notte«. Il padrone gli rispose: »No, non entreremo in una città di stranieri che non sono figli d’Israele, ma andremo fino a Ghibeah«. Disse quindi al suo servo: »Vieni, raggiungiamo uno di questi luoghi e passeremo la notte a Ghibeah o a Ramah«. Così passarono oltre e continuarono il viaggio; e il sole tramontò su di loro presso Ghibeah, che appartiene a Beniamino. Là si volsero per entrare e passare la notte a Ghibeah. Così il Levita entrò e si fermò sulla piazza della città; ma nessuno li accolse in casa per passare la notte. Proprio allora un vecchio rientrava di sera dal suo lavoro nei campi; egli era della regione montuosa di Efraim e risiedeva come forestiero in Ghibeah, ma la gente del luogo era Beniaminita. Alzati gli occhi, vide il viandante sulla piazza della città. Il vecchio gli disse: »Dove vai e da dove vieni?«. Il Levita gli rispose: »Stiamo andando da Betlemme di Giuda verso la parte piú remota della regione montuosa di Efraim, lo sono di là ed ero andato a Betlemme di Giuda; ora mi reco alla casa dell’Eterno, ma non c’è nessuno che mi riceva in casa sua. Eppure abbiamo paglia e foraggio per i nostri asini e anche pane e vino per me, per la tua serva e per il garzone che è con i tuoi servi; non ci manca nulla«. Il vecchio gli disse: »La pace sia con te! Tuttavia lascia che io mi prenda cura di ogni tuo bisogno; ma non devi passare la notte sulla piazza«. Così lo condusse in casa sua e diede foraggio agli asini; i viandanti si lavarono i piedi, poi mangiarono e bevvero. Mentre stavano rallegrandosi, ecco alcuni uomini della città, gente perversa, circondarono la casa, picchiando alla porta, e dissero al vecchio padrone di casa: »Fa’ uscire quell’uomo che è entrato in casa tua, perché lo vogliamo conoscerò!«. Ma il padrone di casa, uscito fuori, disse loro: »No, fratelli miei, vi prego, non comportatevi in modo così malvagio; poiché quest’uomo è venuto in casa mia, non commettete una simile infamia! Ecco qui mia figlia vergine e la concubina di quest’uomo; io ve le condurrò fuori, e voi umiliatele e fatene ciò che vi pare; ma non commettete contro quest’uomo una simile infamia!«. Ma quegli uomini non vollero dargli ascolto. Allora l’uomo prese la sua concubina e la condusse fuori da loro; essi la conobbero e abusarono di lei tutta la notte fino al mattino; la lasciarono andare solo quando cominciava ad albeggiare. Sul far del giorno quella donna venne a cadere alla porta di casa dell’uomo presso cui stava suo marito e là rimase finché fu giorno. Al mattino suo marito si levò, aperse la porta di casa e uscì per continuare il suo viaggio; ed ecco la sua concubina giaceva distesa alla porta di casa con le mani sulla soglia. Egli le disse: »Alzati e andiamocene!«. Ma non ci fu risposta. Allora il marito la caricò sull’asino e partì per tornare a casa sua. Come giunse a casa, afferrò un coltello, prese la sua concubina e la tagliò, membro per membro, in dodici pezzi, che mandò per tutto il territorio d’Israele. Or chiunque vide ciò disse: »Non è mai accaduta e non si è mai vista una cosa simile, da quando i figli d’Israele salirono dal paese d’Egitto fino al giorno d’oggi! Considerate la cosa; consigliatevi e parlate«. Allora tutti i figli d’Israele si mossero, da Dan fino a Beer-Sceba e al paese di Galaad, e l’assemblea si raccolse come un sol uomo davanti all’Eterno a Mitspah. I capi di tutto il popolo di tutte le tribú d’Israele si presentarono nell’assemblea del popolo di DIO, in numero di quattrocentomila fanti, abili a maneggiar la spada. (E i figli di Beniamino udirono che i figli d’Israele erano saliti a Mitspah). Allora i figli d’Israele dissero: »Diteci; com’è stato commesso questo delitto?«. Allora il Levita, il marito della donna che era stata uccisa, rispose: »lo ero entrato con la mia concubina a Ghibeah di Beniamino per passarvi la notte. Ma gli abitanti di Ghibeah si levarono contro di me e attorniarono di notte la casa ove mi trovavo, con l’intenzione di uccidermi; ma invece essi violentarono la mia concubina, ed ella morì. Così io presi la mia concubina, la tagliai a pezzi, che mandai per tutto il territorio della eredità d’Israele, perché costoro hanno commesso un delitto e una infamia in Israele. Ecco tutti voi ora, o figli d’Israele date qui il vostro parere e il vostro consiglio«. Allora tutto il popolo si levò come un sol uomo, dicendo: »Nessuno di noi tornerà alla sua tenda, nessuno di noi rientrerà in casa sua. E ora, ecco ciò che faremo a Ghibeah: andremo contro di essa tirando a sorte, e prenderemo in tutte le tribú d’Israele dieci uomini su cento, cento su mille e mille su diecimila, i quali andranno a cercare viveri per il popolo, affinché andando contro Ghibeah di Beniamino la possano ripagare secondo tutta l’infamia che ha commesso in Israele«. Così tutti gli uomini d’Israele si radunarono contro quella città uniti come un sol uomo. Le tribú d’Israele mandarono quindi uomini per tutta la tribú di Beniamino a dire: »Che delitto è questo che è stato commesso fra voi? Or dunque consegnateci quegli uomini, quegli scellerati che sono in Ghibeah, perché li mettiamo a morte e togliamo il male da Israele«. Ma i figli di Beniamino non vollero dare ascolto alla voce dei loro fratelli, i figli d’Israele. Anzi i figli di Beniamino si radunarono dalle loro cittá a Ghibeah per andare a combattere contro i figli d’Israele. Quel giorno i figli di Beniamino chiamati a raccolta dalle loro città erano in numero i ventiseimila uomini abili a maneggiar la spada, senza contare gli abitanti di Ghibeah che ammontavano a settecento uomini scelti. Fra tutta questa gente c’erano settecento uomini scelti, che erano mancini. Tutti costoro erano capaci di lanciare un sasso con la fionda ad un capello, senza fallire il colpo. Ora gli uomini d’Israele chiamati a raccolta, non compresi quelli di Beniamino erano in numero di quattrocentomila uomini abili a maneggiare la spada, tutta gente di guerra. Così i figli d’Israele si mossero, salirono a Bethel e consultarono DIO, dicendo: »Chi di noi salirà per primo a combattere contro i figli di Beniamino?. L’Eterno rispose: »Giuda salirà per primo. Il mattino dopo i figli d’Israele si mossero e si accamparono contro Ghibeah. Gli uomini d’Israele uscirono così per combattere contro Beniamino e si disposero in ordine di battaglia contro di loro presso Ghibeah. Allora i figli di Beniamino uscirono da Ghibeah e in quel giorno stesero morti al suolo ventiduemila uomini d’Israele. Ma il popolo, gli uomini d’Israele, ripresero coraggio e si disposero di nuovo in ordine di battaglia nello stesso luogo dove si erano schierati il primo giorno. Allora i figli d’Israele salirono e piansero davanti all’Eterno fino alla sera, e consultarono l’Eterno, dicendo: »Devo continuare a combattere contro i figli di Beniamino mio fratello?. L’Eterno rispose: »Salite contro di loro«. I figli d’Israele vennero a battaglia con i figli di Beniamino una seconda volta. I Beniaminiti uscirono una seconda volta da Ghibeah contro di loro e stesero morti al suolo altri diciottomila uomini dei figli d’Israele, tutti abili a maneggiar la spada. Allora tutti i figli d’Israele, cioè tutto il popolo, salirono a Bethel e piansero; rimasero là davanti all’Eterno e digiunarono quel giorno fino a sera, e offrirono olocausti e sacrifici di ringraziamento davanti all’Eterno. Poi i figli d’Israele consultarono l’Eterno (l’arca del patto di DIO in quel tempo era là, e Finehas, figlio di Eleazar, figlio di Aaronne, prestava servizio in quel tempo davanti ad essa) e dissero: »Devo continuare ancora a uscire a combattere contro i figli di Beniamino mio fratello, o devo smettere?. L’Eterno rispose: »Salite, poiché domani li darò nelle vostre mani. Così Israele tese un’imboscata tutt’intorno a Ghibeah. I figli d’Israele salirono per la terza volta contro i figli di Beniamino e si disposero in ordine di battaglia presso Ghibeah come le altre volte. I figli di Beniamino uscirono contro il popolo e si lasciarono attirare lontano dalla città; e cominciarono a colpire e ad uccidere, come le altre volte, alcuni del popolo d’Israele per le strade, (delle quali una sale a Bethel e l’altra a Ghibeah) per la campagna; uccisero circa trenta uomini. Così i figli di Beniamino dissero: »Eccoli sconfitti davanti a noi come la prima volta!«. Ma i figli d’Israele dissero: »Fuggiamo e attiriamoli lontano dalla città sulle strade maestre!«. Allora tutti gli uomini d’Israele si mossero dalla loro posizione e si disposero in ordine di battaglia a Baal-Thamar; intanto gli uomini d’Israele in agguato sbucarono dai loro nascondigli, posti nella pianura di Ghibeah. Diecimila uomini scelti in tutto Israele avanzarono contro Ghibeah. Il combattimento fu aspro, ma i Beniaminiti non si accorgevano del disastro che stava per colpirli. Così l’Eterno sconfisse Beniamino davanti ad Israele; e i figli d’Israele uccisero quel giorno venticinquemilacento uomini di Beniamino, tutti abili a maneggiar la spada. Così i figli di Beniamino si accorsero di essere sconfitti. Gli Israeliti avevano ceduto terreno a Beniamino, perché confidavano negli uomini che avevano posto in agguato presso Ghibeah. Gli uomini in agguato si gettarono prontamente su Ghibeah; essi avanzarono e passarono a fil di spada l’intera città. C’era un segnale convenuto fra gli uomini d’Israele e quelli in agguato: questi dovevano far salire dalla città una grande colonna di fumo. Gli uomini d’Israele avevano dunque voltato le spalle nel combattimento; e quei di Beniamino avevano cominciato a colpire e uccidere circa trenta uomini d’Israele. Essi infatti dicevano: »Certamente essi sono interamente sconfitti davanti a noi come nella prima battaglia!«. Ma quando il segnale della colonna di fumo cominciò ad alzarsi dalla città, quei di Beniamino si volsero indietro, ed ecco che tutta la città saliva in fiamme verso il cielo. Allora gli uomini d’Israele si voltarono, e gli uomini di Beniamino furono presi da gran spavento, vedendo il disastro che li aveva colpiti. Perciò si diedero alla fuga davanti agli uomini d’Israele in direzione del deserto, ma non poterono sottrarsi alla battaglia; e quelli che uscivano dalla città piombarono nel loro mezzo e li massacrarono. Circondarono i Beniaminiti, li inseguirono senza tregua e li incalzarono fino di fronte a Ghibeah dal lato est. Caddero dei Beniaminiti diciottomila uomini, tutti uomini di valore. I superstiti voltarono le spalle e fuggirono verso il deserto, in direzione del masso di Rimmon; ed essi ne racimolarono per le strade cinquemila, li incalzarono fino a Ghidom e ne uccisero altri duemila. Così il numero totale dei Beniaminiti che caddero quel giorno fu di venticinquemila, abili a maneggiare la spada, tutti uomini di valore. Seicento uomini, che avevano voltato le spalle ed erano fuggiti verso il deserto in direzione del masso di Rimmon, rimasero al masso di Rimmon quattro mesi. Poi gl’Israeliti tornarono contro i figli di Beniamino e passarono a fil di spada l’intera città, compreso il bestiame e tutto ciò che trovavano; e diedero alle fiamme tutte le città che trovavano. Or gli uomini d’Israele avevano giurato a Mitspah, dicendo: »Nessuno di noi darà sua figlia in moglie a un Beniaminita«. Poi il popolo venne a Bethel, dove rimase fino a sera davanti a DIO; e alzò la voce e pianse dirottamente, e disse: »O Eterno, DIO d’Israele, perché mai è avvenuto questo in Israele, che oggi sia venuta a mancare una tribú in Israele. Il giorno seguente il popolo si levò al mattino presto, costruì in quel luogo un altare e offerse olocausti e sacrifici di ringraziamento. Poi i figli d’Israele dissero: »Chi è fra tutte le tribú d’Israele, che non sia salito all’assemblea davanti all’Eterno?«. Poiché avevano fatto un giuramento solenne contro chiunque non fosse salito davanti all’Eterno a Mitspah, dicendo: »Quel tale sarà messo a morte«. I figli d’Israele erano addolorati per Beniamino loro fratello e dicevano: »Oggi è stata soppressa una tribú d’Israele. Come faremo a procurare delle donne ai superstiti, poiché abbiamo giurato nel nome dell’Eterno di non dare loro in moglie alcuna delle nostre figlie?«. Dissero dunque: »Chi è fra le tribú d’Israele quella che non sia salita davanti all’Eterno a Mitspah?«. Ed ecco che nessuno da Jabes i Galaad era venuto all’accampamento per l’assemblea; quando infatti si passò in rassegna il popolo, si trovò che là non vi era alcuno degli abitanti di Jabes di Galaad. Allora l’assemblea mandò là dodicimila uomini dei piú valorosi e diede loro quest’ordine, dicendo: »Andate e passate a fil di spada gli abitanti di Jabes di Galaad, comprese le donne e i bambini. Farete questo: voterete allo sterminio ogni maschio e ogni donna che abbia avuto rapporti sessuali con uomo«. Or essi trovarono fra gli abitanti di Jabes di Galaad quattrocento fanciulle che non avevano avuto rapporti sessuali con uomo, e le condussero all’accampamento, a Sciloh, che è nel paese di Canaan. Allora tutta l’assemblea mandò messaggeri per parlare ai figli di Beniamino che erano al masso di Rimmon, e per proclamare loro la pace. Così i Beniaminiti tornarono e furono loro date le donne a cui era stata risparmiata la vita fra le donne di Jabes di Galaad; ma non ve ne furono abbastanza per tutti. Il popolo era addolorato per ciò che aveva fatto a Beniamino, perché l’Eterno aveva aperta una breccia fra le tribú d’Israele. Allora gli anziani dell’assemblea dissero: »Come faremo a procurare delle donne ai superstiti, poiché le donne beniaminite sono state uccise?«. Poi dissero: »I superstiti di Beniamino devono avere un’eredità, affinché non sia soppressa una tribú in Israele. Ma noi non possiamo dar loro in moglie le nostre figlie«. Poiché i figli d’Israele avevano giurato, dicendo: »Maledetto chi darà una moglie a Beniamino!«. Allora dissero: »Ecco, ogni anno si fa una festa in onore dell’Eterno a Sciloh, che è a nord di Bethel a est della strada che sale da Bethel a Sichem e a sud di Lebonah«. Diedero così quest’ordine ai figli di Beniamino, dicendo: »Andate e nascondetevi nelle vigne, e state ad osservare; quando le figlie di Sciloh usciranno per danzare in coro, sbucherete dalle vigne, e ciascuno rapirà la propria donna tra le figlie di Sciloh; poi andrete nel paese di Beniamino. Quando i loro padri o i loro fratelli verranno da noi a protestare, noi diremo loro: »Datecele per favore, poiché in questa guerra non abbiamo preso una donna per ciascuno di loro; or se non le date loro neppure in questo caso, voi sareste colpevoli««. I figli di Beniamino fecero così: si presero delle mogli, secondo il loro numero, fra le danzatrici; le rapirono, poi partirono e tornarono nella loro eredità, riedificarono le città e vi abitarono. In quel medesimo tempo, i figli d’Israele se ne andarono di là, ciascuno nella sua tribú e nella sua famiglia, e di là ciascuno fece ritorno alla sua eredità. In quel tempo non c’era alcun re in Israele; ognuno Faceva ciò che sembrava giusto ai suoi occhi.
Al tempo in cui governavano i giudici, ci fu nel paese una carestia, e un uomo di Betlemme di Giuda andò ad abitare nel paese di Moab con la moglie e i suoi due figli. Il nome dell’uomo era Elimelek, il nome di sua moglie Naomi e il nome dei suoi due figli Mahlon e Kilion, Efratei da Betlemme di Giuda. Essi andarono nel paese di Moab e vi si stabilirono. Poi Elimelek, marito di Naomi, morì ed essa rimase con i suoi due figli. Essi sposarono delle donne moabite, di cui una si chiamava Orpah e l’altra Ruth; e là dimorarono circa dieci anni. Poi anche Mahlon e Kilion morirono entrambi, e così la donna rimase priva dei suoi due figli e del marito. Allora si levò con le sue nuore per tornare dal paese di Moab, perché nel paese di Moab aveva sentito dire che l’Eterno aveva visitato il suo popolo dandogli del pane. Ella partì dunque con le sue due nuore dal luogo dove si trovava, e si mise in cammino per tornare nel paese di Giuda. Ma Naomi disse alle sue due nuore: »Andate, tornate ciascuna a casa di sua madre; l’Eterno sia buono con voi, come voi siete state con quelli che sono morti e con me! L’Eterno dia a ciascuna di voi di trovare riposo in casa del proprio marito!«. Poi ella le baciò, ed esse piansero ad alta voce, e le dissero: »No, noi torneremo con te al tuo popolo«. Ma Naomi rispose: »Tornate indietro, figlie mie! Perché verreste con me? Ho forse ancora dei figli in grembo che possano diventare vostri mariti? Tornate indietro, figlie mie, andate, perché sono troppo vecchia per rimaritarmi; e anche se dicessi: »Ho ancora speranza«; anche se andassi a marito stasera e partorissi dei figli. aspettereste voi finche fossero grandi? Vi asterreste voi per questo dal maritarvi? No, figlie mie, perché la mia condizione è più amara della vostra, poiché la mano dell’Eterno si è stesa contro di me«. Allora esse alzarono la voce e piansero di nuovo; poi Orpah baciò la suocera, ma Ruth rimase stretta a lei. Allora Naomi disse a Ruth: »Ecco, tua cognata è tornata al suo popolo e ai suoi dei; torna indietro anche tu, come tua cognata!«. Ma Ruth rispose: »Non insistere con me perché ti abbandoni e lasci di seguirti, perché dove andrai tu andrò anch’io, e dove starai tu io pure starò, il tuo popolo sarà il mio popolo, e il tuo DIO sarà il mio DIO; dove morirai tu morirò anch’io, e là sarò sepolta. Così mi faccia l’Eterno e anche peggio, se altra cosa che la morte mi separerà da te!«. Quando Naomi si rese conto che Ruth era decisa a seguirla, smise di parlare con lei. Così fecero il viaggio assieme fino a che giunsero a Betlemme. Quando giunsero a Betlemme, tutta la città fu in agitazione per loro. Le donne dicevano: »E’ questa Naomi?«. Ella rispose loro: »Non chiamatemi Naomi; chiamatemi Mara, poiché l’Onnipotente mi ha riempita di amarezza. Io partii nell’abbondanza e l’Eterno mi ha riportato a casa spoglia di tutto. Perché chiamarmi Naomi, quando l’Eterno ha testimoniato contro di me e l’Onnipotente mi ha resa infelice?«. Così Naomi tornò con Ruth, la Moabita, sua nuora, venuta dal paese di Moab. Esse arrivarono a Betlemme quando si cominciava a mietere l’orzo. Or Naomi aveva un parente di suo marito, uomo potente e ricco della famiglia di Elimelek, che si chiamava Boaz. Ruth, la Moabita, disse a Naomi: »Lasciami andare nei campi a spigolare dietro a colui agli occhi del quale troverò grazia«. Ella le rispose: »Va’, figlia mia«. Così Ruth andò e si mise a spigolare in un campo dietro ai mietitori, e le capitò per caso di trovarsi nella parte del campo appartenente a Boaz, che era della famiglia di Elimelek. Or ecco che Boaz venne da Betlemme e disse ai mietitori: »L’Eterno sia con voi!«. Essi gli risposero: »L’Eterno ti benedica!«. Poi Boaz disse al suo servo incaricato di sorvegliare i mietitori: »Di chi è questa fanciulla?«. Il servo incaricato di sorvegliare i mietitori rispose: »E una fanciulla moabita che è tornata con Naomi dal paese di Moab. Ella ci ha detto: »Vi prego, lasciatemi spigolare e raccogliere le spighe tra i covoni dietro ai mietitori«. Così essa è venuta ed è rimasta da questa mattina fino ad ora; si è riposata in casa solo un momento«. Allora Boaz disse a Ruth: »Ascolta figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo, non allontanarti da qui, ma rimani con le mie serve. Tieni gli occhi sul campo che mietono e va’ dietro a loro. Non ho forse ordinato ai miei servi di non molestarti? Quando hai sete va’ dove sono i vasi, a bere l’acqua attinta dai servi«. Allora Ruth si gettò giù, prostrandosi con la faccia a terra e gli disse: »Per quale ragione ho io trovato grazia ai tuoi occhi al punto che tu presti attenzione a me che sono una straniera?«. Boaz le rispose, dicendo: »Mi è stato riferito tutto ciò che hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito, e come hai lasciato tuo padre, tua madre e il tuo paese natio, per venire a vivere con un popolo che prima non conoscevi. L’Eterno ti ripaghi di quanto hai fatto, e la tua ricompensa sia piena da parte dell’Eterno, il DIO d’Israele, sotto le cui ali sei venuta a rifugiarti!«. Ella gli disse: »Possa io trovare grazia ai tuoi occhi, o mio signore, poiché tu mi hai consolata e hai parlato al cuore della tua serva, sebbene io non sia neppure come una delle tue serve«. Al momento del pasto, Boaz le disse: »Vieni qui mangia il pane e intingi il tuo boccone nell’aceto«. Così ella si pose a sedere accanto ai mietitori. Boaz le porse del grano arrostito, ed ella mangiò a sazietà e mise da parte gli avanzi. Poi si levò per tornare a spigolare, e Boaz diede quest’ordine ai suoi servi, dicendo: »Lasciatela spigolare anche fra i covoni e non rimproveratela; inoltre lasciate cadere per lei delle spighe dai manipoli e abbandonatele, perché essa le raccolga, e non sgridatela«. Così ella spigolò nel campo fino alla sera, poi battè quello che aveva raccolto, e ne venne fuori circa un’efa di orzo. Se lo caricò addosso. entrò in città e sua suocera vide ciò che essa aveva spigolato. Ruth tirò quindi fuori ciò che le era rimasto del cibo dopo essersi saziata e glielo diede. La suocera le chiese: »Dove hai spigolato oggi? Dove hai lavorato? Benedetto colui che ti ha prestato attenzione!«. Così Ruth riferì alla suocera presso chi aveva lavorato e aggiunse: »L’uomo presso il quale ho lavorato oggi si chiama Boaz«. Naomi disse alla nuora: »Sia egli benedetto dall’Eterno, che non ha ritirato la sua benignità ai vivi e ai morti«. E aggiunse: »Quest’uomo è nostro parente stretto, uno che ha il diritto di riscattarci« Allora Ruth, la Moabita, disse: »Mi ha anche detto: »Rimani con i miei servi, finche abbiano finito tutta la mia mietitura««. Naomi disse a Ruth sua nuora: »E’ bene, figlia mia, che tu vada con le sue serve e non ti trovino in un altro campo«. Ella rimase perciò a spigolare con le serve di Boaz sino alla fine della mietitura dell’orzo e del frumento. Ed abitava con sua suocera. Poi Naomi, sua suocera, le disse: »Figlia mia, non cercherò io un posto di riposo per te, affinche tu sia felice? Ora Boaz, con le serve del quale tu sei stata, non è forse nostro parente? Ecco questa sera egli deve vagliare l’orzo sull’aia. Perciò lavati, ungiti, mettiti le vesti migliori e scendi all’aia; ma non farti riconoscere da lui fino a che non abbia finito di mangiare e di bere. Quando andrà a coricarsi, osserva il luogo dove si corica; poi va’, scoprigli i piedi e coricati tu stessa. Ed egli ti dirà ciò che devi fare«. Ruth le rispose: »Farò tutto quello che dici«. Così scese all’aia e fece tutto ciò che la suocera le aveva ordinato. Boaz mangiò e bevve e col cuore allegro andò a coricarsi accanto al mucchio di grano. Allora ella venne pian piano, gli scoperse i piedi e si coricò. Verso mezzanotte egli si svegliò di soprassalto e si voltò; ed ecco, una donna giaceva ai suoi piedi. »Chi sei tu?« le disse. Ella rispose: »Sono Ruth, tua serva; stendi il lembo del tuo mantello sulla tua serva, perché tu hai il diritto di riscatto«. Egli disse: »Sii benedetta dall’Eterno, figlia mia! La bontà mostrata quest’ultima volta supera quella di prima perché non sei corsa dietro a giovani poveri o ricchi. Ora dunque, non temere figlia mia; io farò per te tutto ciò che richiedi perché tutta la gente della mia città conosce che sei una donna virtuosa Or è vero che io ho il diritto di riscatto; ma ce n’è uno che è parente più stretto di me. Passa qui la notte; e domani mattina, se egli farà valere il suo diritto nei tuoi confronti, va bene, lo faccia pure; ma se non vorrà far valere il suo diritto con te io farò valere il mio e ti riscatterò, com’è vero che l’Eterno vive! Sta’ coricata fino al mattino«. Così ella rimase coricata ai suoi piedi fino al mattino; ma si alzò prima che uno possa riconoscere un altro, perché egli aveva detto: »Nessuno sappia che questa donna è venuta sull’aia!«. Poi aggiunse: »Porta il mantello che hai indosso e sorreggilo«. Ella lo sorresse, ed egli vi versò sei misure di orzo, glielo mise sulle spalle; poi essa rientrò in città. Così tornò dalla suocera, che le disse: »Sei tu, figlia mia?«. Allora essa le raccontò tutto ciò che l’uomo aveva fatto per lei, e aggiunse: »Mi ha anche dato queste sei misure di orzo, perché mi ha detto »Non devi tornare da tua suocera a mani vuote««. Naomi disse: »Rimani qui, figlia mia, finche tu sappia come andrà a finire la cosa, perché quest’uomo non si darà riposo, finche non abbia sistemato oggi stesso la cosa«. Or Boaz salì alla porta della città e là si pose a sedere. Ed ecco passare colui che aveva il diritto di riscatto e di cui Boaz aveva parlato. Boaz gli disse: »O tu, tal dei tali, avvicinati e siediti qui«. Quello si avvicinò e si mise a sedere. Boaz allora prese dieci uomini fra gli anziani della città e disse loro: »Sedete qui«. Essi si sedettero. Poi Boaz disse a colui che aveva il diritto di riscatto: »Naomi, che è tornata dal paese di Moab, ha venduto la parte di terra che apparteneva al nostro fratello Elimelek. Ho pensato di informarti e di dirti: »Compralo alla presenza degli abitanti del luogo e degli anziani del mio popolo. Se vuoi riscattarlo, riscattalo; ma se non intendi riscattarlo dimmelo, affinche io lo sappia; poiché nessuno fuori di te ha il diritto di riscatto, e dopo di te vengo io««. Quegli rispose: »Farò valere il mio diritto«. Allora Boaz disse: »Il giorno che acquisterai il campo dalla mano di Naomi, tu lo acquisterai anche da Ruth, la Moabita, moglie del defunto, per far rivivere il nome del defunto nella sua eredità« Colui che aveva il diritto di riscatto rispose: »Io non posso riscattarlo per me perché rovinerei la mia propria eredità riscatta tu ciò che avrei dovuto riscattare io, perché io non lo posso riscattare«. Or questa era l’usanza dei tempi andati in Israele, in merito al diritto di riscatto e al cambio di proprietà: uno si toglieva il sandalo e lo dava all’altro questo era il modo di attestare in Israele. Così chi aveva il diritto di riscatto disse a Boaz: »Compralo tu stesso«, e si tolse il sandalo. Allora Boaz disse agli anziani e a tutto il popolo: »Voi siete oggi testimoni che io ho acquistato dalle mani di Naomi tutto ciò che apparteneva a Elimelek, a Kilion e a Mahlon. Inoltre mi sono acquistato per moglie Ruth, la Moabita, moglie di Mahlon, per far rivivere il nome del defunto nella sua eredità, perché il nome del defunto non si estingua tra i suoi fratelli e alla porta della sua città. Voi oggi ne siete testimoni«. Allora tutto il popolo che si trovava alla porta e gli anziani risposero: »Ne siamo testimoni. L’Eterno renda la donna che entra in casa tua come Rachele e come Lea, le due donne che edificarono la casa d’Israele. Possa tu ottenere potenza in Efrathah e divenire famoso in Betlemme. Sia la tua casa come la casa di Perets, che Tamar partorì a Giuda, a motivo della discendenza che l’Eterno ti darà da questa giovane«. Così Boaz prese Ruth, che divenne sua moglie. Egli entrò da lei e l’Eterno le concesse di concepire, ed ella partorì un figlio. Allora le donne dissero a Naomi: »Benedetto l’Eterno, che oggi non ti ha lasciato senza un redentore. Possa il suo nome divenire famoso in Israele! Possa egli ristabilire la tua vita ed essere il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito la tua nuora che ti ama e che vale per te più di sette figli«. Naomi quindi prese il bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli diedero un nome e dicevano: »E’ nato un figlio a Naomi!«. Lo chiamarono Obed. Egli fu padre d’Isai, padre di Davide. Ecco la posterità di Perets: generò Hetsron; Hetsron generò Ram, Ram generò Amminadab; Amminadab generò Nahshon, Nahshon generò Salmon; Salmon generò Boaz; Boaz generò Obed; Obed generò Isai e Isai generò Davide.
C’era un uomo di Ramathaim-Tsofim, della regione montuosa di Efraim, che si chiamava Elkanah, figlio di Jeroham, figlio di Elihu, figlio di Tohu figlio di Tsuf, Efraimita. Aveva due mogli: una si chiamava Anna, l’altra Peninna. Peninna aveva figli mentre Anna non ne aveva. Ogni anno quest’uomo saliva dalla sua città per adorare ed offrire sacrifici all’Eterno degli eserciti a Sciloh, dove erano i due figli di Eli, Hofni e Finehas, sacerdoti dell’Eterno. Quando per Elkanah veniva il giorno di offrire il sacrificio, egli soleva dare a sua moglie Peninna e a tutti i suoi figli e figlie le loro parti; ma ad Anna dava una parte doppia, perché amava Anna, benché l’Eterno avesse chiuso il suo grembo. Or la sua rivale la molestava continuamente per farla irritare, perché l’Eterno aveva chiuso il suo grembo. Così succedeva ogni anno; tutte le volte che Anna saliva alla casa dell’Eterno, Peninna la molestava; per cui ella piangeva e non prendeva più cibo. Allora suo marito Elkanah le disse: »Anna, perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono io per te meglio di dieci figli?«. Dopo che ebbero mangiato e bevuto a Sciloh, Anna si levò. Or il sacerdote Eli stava seduto sul sedile all’entrata del tabernacolo dell’Eterno. Nell’amarezza della sua anima pregava l’Eterno piangendo dirottamente. Poi fece un voto, dicendo: »O Eterno degli eserciti, se veramente riguardi all’afflizione della tua serva, ti ricordi di me e non dimentichi la tua serva, ma vuoi dare alla tua serva un figlio maschio, io lo darò all’Eterno per tutti i giorni della sua vita, e il rasoio non passerà sulla sua testa« Mentre essa prolungava la sua preghiera davanti all’Eterno, Eli stava osservando la sua bocca. Anna parlava in cuor suo, soltanto le sue labbra si muovevano, ma la sua voce non si udiva; per questo Eli pensava che fosse ubriaca. Così Eli le disse: »Fino a quando sarai ubriaca? Smaltisci il tuo vino!«. Ma Anna rispose e disse: »No signor mio, io sono una donna afflitta nello spirito e non ho bevuto né vino né bevanda inebriante, ma stavo effondendo la mia anima davanti all’Eterno. Non considerare la tua serva una donna perversa, perché è l’accesso del mio dolore e della mia afflizione che mi ha fatto parlare finora« Allora Eli le rispose: »Va’ in pace, e il DIO d’Israele ti conceda ciò che gli hai richiesto«. Ella rispose: »Possa la tua serva trovare grazia ai tuoi occhi«. Così la donna se ne andò per la sua via, prese cibo e il suo aspetto non fu più triste. Essi si alzarono al mattino presto e si prostrarono davanti all’Eterno; poi partirono e ritornarono a casa loro a Ramah. Elkanah conobbe Anna, sua moglie, e l’Eterno si ricordò di lei. A suo tempo, Anna concepì e partorì un figlio, a cui pose nome Samuele, dicendo: »Perché l’ho chiesto all’Eterno«. Allora il marito Elkanah salì con tutta la sua famiglia per offrire all’Eterno il sacrificio annuale e per adempiere il suo voto. Ma Anna non salì perché disse a suo marito: »Io non salirò finché il bambino non sia divezzato; allora lo condurrò, perché sia presentato davanti all’Eterno e vi rimanga per sempre«. Suo marito Elkanah le rispose: »Fa’ come meglio ti sembra; rimani finché tu l’abbia divezzato, purché l’Eterno adempia la sua parola!«. Così la donna rimase a casa e allattò suo figlio finché non l’ebbe divezzato. Dopo averlo divezzato, lo condusse con sé, assieme a tre torelli, un’efa di farina e un otre di vino; e lo condusse nella casa dell’Eterno a Sciloh. Il fanciullo era ancora giovane. Quindi loro immolarono un torello e condussero il fanciullo ad Eli. Anna gli disse: »Signor mio! Com’è vero che vive l’anima tua, o mio signore, io sono quella donna che stava qui vicino a te a pregare l’Eterno. Ho pregato per avere questo fanciullo, e l’Eterno mi ha concesso ciò che gli ho chiesto. Perciò a mia volta lo dono all’Eterno; finché egli vive sarà ceduto all’Eterno«. E là si prostrarono davanti all’Eterno. Allora Anna pregò e disse: »Il mio cuore esulta nell’Eterno, la mia forza è innalzata nell’Eterno; la mia bocca si dilata contro i miei nemici, perché mi rallegro della tua salvezza. Non c’è alcuno santo come l’Eterno perché non c’è alcun altro all’infuori di te, né c’è alcuna rocca come il nostro DIO. Non continuate a parlare con tanto orgoglio; non escano parole arroganti dalla vostra bocca, perché l’Eterno è un Dio di conoscenza, e da lui sono pesate le azioni. Gli archi dei potenti sono spezzati, mentre i deboli sono cinti di forza. Quelli che erano sazi vanno a giornata per un po’ di pane, mentre quelli che erano affamati non soffrono più fame. Persino la sterile ha partorito sette volte, mentre quella che ha molti figli si è indebolita. L’Eterno fa morire e fa vivere; fa scendere nello Sceol e ne fa risalire. L’Eterno fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa ma anche innalza. Egli solleva il misero dalla polvere e tira fuori il povero dal letame, per farli sedere con i principi e far loro ereditare un trono di gloria; poiché le colonne della terra appartengono all’Eterno, e su di esse egli ha poggiato il mondo. Egli veglia sui passi dei suoi santi, ma gli empi periranno nelle tenebre, perché l’uomo non prevarrà per la forza. Gli avversari dell’Eterno saranno frantumati; egli tuonerà dal cielo contro di essi. L’Eterno giudicherà i popoli fino alle estremità della terra darà forza al suo re e innalzerà la potenza del suo unto«. Poi Elkanah ritornò a casa sua a Ramah e il fanciullo rimase a servire l’Eterno alla presenza del sacerdote Eli. Or i figli di Eli erano uomini perversi; non conoscevano l’Eterno. Ed ecco come si comportavano questi sacerdoti con il popolo: quando qualcuno offriva un sacrificio, il servo del sacerdote veniva, mentre la carne cuoceva con in mano un forchettone a tre punte e lo ficcava nella pentola o nel paiolo o nel calderone o nella pignatta, e tutto ciò che il forchettone tirava su il sacerdote lo teneva per sé. Così facevano con tutti gl’Israeliti che andavano a Sciloh. Anche prima che avessero fatto bruciare il grasso, il servo del sacerdote veniva e diceva a colui che faceva il sacrificio: »Dammi della carne da arrostire per il sacerdote, perché egli non accetterà da te carne cotta, ma cruda«. E se l’uomo gli diceva: »Si faccia prima fumare il grasso, poi prenderai quanto vorrai« egli rispondeva: »No, me la devi dare ora; altrimenti la prenderò per forza« Perciò il peccato dei due giovani era molto grande davanti all’Eterno, perché si disprezzavano le offerte fatte all’Eterno. Ma Samuele prestava servizio davanti all’Eterno, anche se ancora fanciullo, ed era cinto di un efod di lino. Sua madre gli faceva una piccola veste e gliela portava ogni anno quando saliva con suo marito a offrire il sacrificio annuale. Eli allora benediceva Elkanah e sua moglie, dicendo: »L’Eterno ti dia altri figli da questa donna, per la richiesta da lei fatta all’Eterno!«. Poi essi tornavano a casa loro. Così l’Eterno visitò Anna, ed ella concepì e diede alla luce tre figli e due figlie. Intanto il fanciullo Samuele cresceva presso l’Eterno. Or Eli era molto vecchio e udì tutto ciò che i suoi figli facevano a tutto Israele e come essi si coricavano con le donne che facevano servizio all’ingresso della tenda di convegno; e disse loro: »Perché fate tali cose? Poiché sento da parte di tutto il popolo delle vostre malvagie azioni. No, figli miei, perché le voci che sento di voi non sono affatto buone; voi inducete il popolo dell’Eterno a peccare. Se un uomo pecca contro un altro uomo DIO lo giudica, ma se un uomo pecca contro l’Eterno, chi intercederà per lui?«. Ma essi non diedero ascolto alla voce del loro padre, perciò l’Eterno voleva farli morire. Intanto il fanciullo Samuele cresceva in statura e nel favore dell’Eterno e degli uomini. Or un uomo di DIO venne da Eli e gli disse: »Così parla l’Eterno: Non mi sono io forse rivelato alla casa di tuo padre, quando essi erano in Egitto schiavi della casa del Faraone? Non l’ho io scelto fra tutte le tribù d’Israele, per essere mio sacerdote, salire il mio altare, bruciare e portare l’efod davanti a me? E non ho io dato alla casa di tuo padre tutti i sacrifici dei figli d’Israele, fatti col fuoco? Perché dunque disprezzate i miei sacrifici e le mie oblazioni che ho comandato nella mia dimora, e perché onori i tuoi figli più di me, ingrassandovi col meglio di tutte le oblazioni di Israele, mio popolo? Perciò così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Io avevo dichiarato che la tua casa e la casa di tuo padre avrebbero sempre camminato davanti a me; ma ora l’Eterno dice: Lungi da me tal cosa; poiché io onoro quelli che mi onorano ma quelli che mi disprezzano saranno pure disprezzati. Ecco, i giorni vengono in cui io stroncherò il tuo vigore e il vigore della casa di tuo padre, di modo che non vi sia più alcun vecchio in casa tua. E vedrai lo squallore nella mia dimora, nonostante tutto il bene che Dio fa per Israele, e non vi sarà mai più alcun vecchio nella tua casa. Ma quello dei tuoi che non reciderò dal mio altare consumerà i tuoi occhi e rattristerà il tuo cuore; e tutti i discendenti della tua casa moriranno nel fior degli anni. Ti servirà di segno ciò che accadrà ai tuoi due figli. Hofni e Finehas: moriranno entrambi nello stesso giorno. Ma io susciterò per me un sacerdote fedele che agirà secondo ciò che è nel mio cuore e nella mia anima; io gli edificherò una casa stabile, ed egli camminerà davanti al mio unto per sempre. E chiunque rimarrà nella tua casa verrà a prostrarsi davanti a lui per una moneta d’argento e un tozzo di pane, e dirà: »Ammettimi, ti prego, in uno degli uffici sacerdotali, perché possa mangiare un pezzo di pane«« Or il giovane Samuele serviva l’Eterno alla presenza di Eli. La parola dell’Eterno era rara in quei giorni, e non c’era alcuna estesa rivelazione. In quel tempo, Eli era coricato nel suo solito posto (ora la sua vista aveva cominciato ad offuscarsi ed egli non poteva vedere). La lampada di DIO non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tabernacolo dell’Eterno dove si trovava l’arca di DIO. Allora l’Eterno chiamò Samuele che rispose: »Eccomi!«. Così corse da Eli e disse: »Eccomi, poiché tu mi hai chiamato«. Egli rispose: »Io non ti ho chiamato, torna a coricarti«. Così egli andò a coricarsi. L’Eterno chiamò di nuovo Samuele. E Samuele si alzò, andò da Eli e disse: »Eccomi, poiché tu mi hai chiamato«. Ma quegli rispose: »Figlio mio, io non ti ho chiamato; torna a coricarti«. (Or Samuele non conosceva ancora l’Eterno e la parola dell’Eterno non gli era stata ancora rivelata). L’Eterno chiamò nuovamente Samuele per la terza volta. Così egli si alzò, andò da Eli e disse: »Eccomi, poiché tu mi hai chiamato«. Allora Eli comprese che l’Eterno chiamava il giovane. Perciò Eli disse a Samuele: »Va’ a coricarti e, se ti chiamerà ancora, dirai: »Parla, o Eterno, perché il tuo servo ascolta««. Così Samuele andò a coricarsi al suo posto. Quindi l’Eterno venne, si pose là vicino e chiamò come le altre volte: »Samuele, Samuele!«. Samuele rispose: »Parla, perché il tuo servo ascolta«. Allora l’Eterno disse a Samuele: »Ecco io sto per fare in Israele una cosa che farà rintronare gli orecchi di chiunque l’udrà. In quel giorno io compirò contro Eli tutto ciò che ho detto riguardo la sua casa, dall’inizio alla fine. Gli dichiaro che sto per punire la sua casa per sempre, a motivo dell’iniquità che egli conosce, perché i suoi figli si sono resi spregevoli, ed egli non li ha frenati. Perciò io giuro alla casa di Eli che l’iniquità della casa di Eli non sarà mai espiata né con sacrifici né con oblazioni«. Samuele rimase coricato fino al mattino, poi aprì le porte della casa dell’Eterno. Samuele temeva di raccontare ad Eli la visione. Ma Eli chiamò Samuele, dicendo: »Samuele, figlio mio!«. Egli rispose: »Eccomi«. Eli disse: »Che cosa ti ha detto? Ti prego, non nascondermi nulla. DIO faccia così con te e anche peggio, se mi nascondi qualcosa di tutto ciò che egli ti ha detto«. Samuele allora gli raccontò tutto senza nascondergli nulla. Ed Eli disse: »Egli è l’Eterno; faccia quello che a lui pare«. Samuele intanto cresceva; e l’Eterno era con lui e non lasciò cadere a terra alcuna delle sue parole. Tutto Israele, da Dan fino a Beer-Sceba, seppe che Samuele era stato costituito profeta dell’Eterno. L’Eterno continuò ad apparire a Sciloh, perché a Sciloh l’Eterno si rivelava a Samuele mediante la sua parola. La parola di Samuele era rivolta a tutto Israele. Or Israele uscì a combattere contro i Filistei e si accampò presso Eben-Ezer, mentre i Filistei erano accampati presso Afek. Poi i Filistei si schierarono in ordine di battaglia contro Israele; infuriò un gran combattimento, ma Israele fu sconfitto dai Filistei, che uccisero sul campo di battaglia circa quattromila uomini. Quando il popolo fece ritorno nell’accampamento, gli anziani d’Israele dissero: »Perché l’Eterno ci ha oggi sconfitti davanti ai Filistei? Andiamo a prendere a Sciloh l’arca del patto dell’Eterno perché venga in mezzo a noi e ci salvi dalle mani dei nostri nemici!«. Così il popolo mandò a Sciloh a prendere di là l’arca del patto dell’Eterno degli eserciti che siede fra i cherubini, e i due figli di Eli, Hofni e Finehas, erano là con l’arca del patto di DIO. Quando l’arca del patto dell’Eterno entrò nell’accampamento, tutto Israele esplose in un grido di gioia così forte che la terra stessa tremò. I Filistei all’udire il fragore di quel grido, dissero: »Che significa il fragore di questo grande grido nell’accampamento degli Ebrei?«. Vennero poi a sapere che l’arca dell’Eterno era arrivata nell’accampamento. Così i Filistei ebbero paura, perché dicevano: »DIO è venuto nell’accampamento«. Ed esclamarono: »Guai a noi! Poiché una tale cosa non è mai avvenuta prima. Guai a noi! Chi ci salverà dalle mani di questi dei potenti? Questi sono gli dei che colpirono gli Egiziani con ogni sorta di piaghe nel deserto. Siate forti e comportatevi da uomini, o Filistei, affinché non diventiate schiavi degli Ebrei, come essi sono stati schiavi vostri. Comportatevi da uomini e combattete!«. Così i Filistei combatterono e Israele fu sconfitto; e ciascuno fuggì alla sua tenda. La strage fu veramente grande; d’Israele caddero trentamila fanti. Anche l’arca di DIO fu presa e i due figli di Eli Hofni e Finehas, morirono. Un uomo di Beniamino corse dal campo di battaglia e giunse a Sciloh quello stesso giorno, con le vesti stracciate e la testa coperta di terra. Quando arrivò, ecco, Eli era seduto sul suo sedile ai margini della strada, guardando, perché il suo cuore tremava per l’arca di DIO. Come l’uomo entrò in città e riferì dell’accaduto, un grido si levò da tutta la città. Quando Eli udì il rumore delle grida, disse: »Che significa il rumore di questo tumulto?«. Poi l’uomo venne in fretta a riferire dell’accaduto a Eli. Or Eli aveva novantott’anni; la sua vista si era così offuscata che non vedeva più. L’uomo disse a Eli: »Sono colui che è giunto dal campo di battaglia. Sono fuggito oggi dal campo di battaglia«. Eli disse: »Come sono andate le cose, figlio mio?«. Allora il messaggero rispose e disse: »Israele è fuggito davanti ai Filistei, e c’è stata una grande strage fra il popolo anche i tuoi due figli Hofni e Finehas sono morti, e l’arca di DIO è stata presa«. Appena fece menzione dell’arca di DIO, Eli cadde dal sedile all’indietro a fianco della porta, si ruppe il collo e morì, perché egli era vecchio e pesante. Era stato giudice d’Israele quarant’anni Sua nuora, la moglie di Finehas, era incinta e prossima al parto; quando sentì la notizia che l’arca di DIO era stata presa e che suo suocero e suo marito erano morti, si curvò e partorì, perché colta dalle doglie. Mentre era sul punto di morire le donne che l’assistevano le dissero: »Non temere, perché hai dato alla luce un figlio«. Ella però non rispose e non vi prestò attenzione, ma chiamò il bambino Ikabod. dicendo: »La gloria si è allontanata da Israele«, perché l’arca di Dio era stata presa e a motivo di suo suocero e di suo marito. E disse: »La gloria si è allontanata da Israele, perché l’arca di DIO è stata presa«. Allora i Filistei presero l’arca di DIO e la trasportarono da Eben-Ezer a Ashdod poi i Filistei presero l’arca di DIO, la portarono nel tempio di Dagon e la posarono accanto a Dagon. Il giorno dopo gli abitanti di Ashdod si alzarono presto, ed ecco Dagon era caduto con la faccia a terra davanti all’arca dell’Eterno. Così presero Dagon e lo rimisero al suo posto. Il giorno dopo si alzarono presto, ed ecco Dagon era di nuovo caduto con la faccia a terra davanti all’arca dell’Eterno, mentre la testa di Dagon e ambedue le palme delle sue mani giacevano troncate sulla soglia; di Dagon rimaneva solo il tronco. Perciò, fino al giorno d’oggi i sacerdoti di Dagon e tutti quelli che entrano nel tempio di Dagon non mettono piede sulla soglia di Dagon in Ashdod. Poi la mano dell’Eterno si aggravo sugli abitanti di Ashdod e li devastò e li colpì con emorroidi, Ashdod e il suo territorio. Quando gli abitanti di Ashdod videro che le cose andavano a quel modo, dissero: »L’arca del DIO d’Israele non deve rimanere presso di noi, perché la sua mano è stata dura verso di noi e verso Dagon, nostro dio«. Così fecero radunare presso di loro tutti i principi dei Filistei, e dissero: »Cosa dobbiamo fare dell’arca del DIO d’Israele?«. I principi risposero: »Si trasporti l’arca del DIO d’Israele a Gath«. Così trasportarono l’arca del DIO d’Israele là. Ma dopo che l’ebbero trasportata, la mano dell’Eterno si volse contro quella città, causando grande costernazione; e l’Eterno colpì gli uomini della città tanto piccoli che grandi con un’epidemia di emorroidi. Allora mandarono l’arca di DIO ad Ekron. Ma, come l’arca di DIO giunse ad Ekron, gli abitanti di Ekron protestarono. dicendo: »Hanno trasportato l’arca del DIO d’Israele da noi, per far morire noi e il nostro popolo!«. Così fecero radunare tutti i principi dei Filistei e dissero: »Mandate via l’arca del DIO d’Israele; ritorni essa al suo posto, perché non faccia morire noi e il nostro popolo!«. Si era infatti diffusa una costernazione mortale in tutta la città perché la mano di DIO si aggravava grandemente su di essa. Quelli che non morivano erano colpiti di emorroidi, e le grida della città salivano fino al cielo. L’arca dell’Eterno rimase nel paese dei Filistei sette mesi. Poi i Filistei convocarono i sacerdoti e gli indovini e dissero: »Che dobbiamo fare dell’arca dell’Eterno? Indicateci il modo con cui dobbiamo rimandarla al suo luogo«. Allora essi risposero: »Se rimandate l’arca del DIO d’Israele, non rimandatela vuota, ma dovete mandargli almeno un’offerta di riparazione; allora guarirete e saprete perché la sua mano non si allontanava da voi«. Essi chiesero: »Quale offerta di riparazione gli manderemo noi?«. Quelli risposero: »Cinque emorroidi d’oro e cinque topi d’oro secondo il numero dei principi dei Filistei, perché la stessa piaga ha colpito voi e i vostri principi. Fate dunque delle raffigurazioni delle vostre emorroidi e delle raffigurazioni dei vostri topi che devastano il paese, e date gloria al DIO d’Israele; forse egli allenterà la sua mano su di voi, sui vostri dei e sul vostro paese. Perché mai indurite il vostro cuore come gli Egiziani e il Faraone indurirono il loro cuore? Quando compì cose potenti nel loro mezzo, non li lasciarono andare e così essi poterono partire? Fate dunque un carro nuovo, poi prendete due vacche che allattino su cui non è mai stato posto il giogo e attaccate al carro le vacche, ma riportate i loro vitelli nella stalla lontano da esse. Poi prendete l’arca dell’Eterno e ponetela sul carro; e deponete i lavori d’oro che mandate all’Eterno come offerta di riparazione in una cesta accanto ad essa; così la rimanderete, ed essa se ne andrà. E state a vedere: se sale per la via che porta al suo territorio. verso Beth-Scemesh, è l’Eterno che ci ha fatto questo grande male; altrimenti sapremo che non è stata la sua mano a percuoterci ma che questo ci è avvenuto per caso«. Essi dunque fecero così; presero due vacche che allattavano le attaccarono al carro e chiusero nella stalla i loro vitelli. Poi misero sul carro l’arca dell’Eterno e la cesta con i topi d’oro e le raffigurazioni delle emorroidi. Allora le vacche si avviarono diritte proprio in direzione di Beth-Scemehs, seguendo sempre la stessa strada e muggendo mentre andavano, senza piegare né a destra né a sinistra. I principi dei Filistei li seguirono fino ai confini di Beth-Scemesh. Ora gli abitanti di Beth-Scemesh stavano mietendo il grano nella valle; alzando gli occhi, videro l’arca e gioirono nel vederla. Il carro, giunto al campo di Giosuè di Beth-Scemesh, vi si fermò. Là c’era una grande pietra; così essi spaccarono il legname del carro e offrirono le vacche in olocausto all’Eterno. I Leviti tirarono giù l’arca dell’Eterno e la cesta che le stava accanto e in cui erano gli oggetti d’oro, e li de posero sulla grande pietra. In quello stesso giorno gli uomini di Beth-Scemesh offrirono olocausti e immolarono sacrifici all’Eterno. Quando i cinque principi dei Filistei videro ciò, ritornarono lo stesso giorno a Ekron. Queste sono le emorroidi d’oro che i Filistei mandarono all’Eterno come offerta di riparazione: una per Ashdod, una per Gaza, una per Askalon, una per Gath, una per Ekron; e i topi d’oro secondo il numero di tutte le città dei Filistei appartenenti ai cinque principi, dalle città fortificate ai villaggi di campagna fino alla grande pietra del prato sulla quale fu deposta l’arca dell’Eterno, e che sta fino al giorno d’oggi nel campo di Giosuè, il Beth-scemita. L’Eterno colpì alcuni uomini di Beth-Scemesh, perché avevano guardato dentro l’arca dell’Eterno; colpì settanta uomini del popolo. Il popolo fece cordoglio perché l’Eterno lo aveva colpito con una grande calamità. Gli uomini di Beth-Scemesh dissero: »Chi può resistere davanti all’Eterno, a questo DIO santo? Da chi salirà l’arca partendo da noi?«. Così inviarono messaggeri agli abitanti di Kiriath-Jearim per dir loro: »I Filistei hanno ricondotto l’arca dell’Eterno; scendete e portatela su da voi«. Allora gli uomini di Kiriath-Jearim vennero, portarono su l’arca dell’Eterno e la collocarono in casa di Abinadab sulla collina, e consacrarono suo figlio Eleazar perché custodisse l’arca dell’Eterno. Da quando l’arca era stata posta a Kiriath-Jearim, era trascorso molto tempo; erano passati vent’anni e tutta la casa d’Israele si lamentava con l’Eterno. Allora Samuele parlò a tutta la casa d’Israele, dicendo: »Se tornate all’Eterno con tutto il vostro cuore, togliete da mezzo a voi gli dèi stranieri e le Ashtaroth e tenete il vostro cuore fermo nell’Eterno e servite a lui solo, allora egli vi libererà dalle mani dei Filistei«. Così i figli d’Israele tolsero via i Baal e le Ashtaroth e servirono solamente l’Eterno. Poi Samuele disse: »Radunate tutto Israele a Mitspah" e io pregherò l’Eterno per voi«. Così essi si radunarono a Mitspah, attinsero acqua e la versarono davanti all’Eterno; quindi in quel giorno digiunarono e là dissero: »Abbiamo peccato contro l’Eterno«. Samuele giudicò i figli d’Israele a Mitspah. Quando i Filistei seppero che i figli d’Israele si erano radunati a Mitspah, i principi dei Filistei salirono contro Israele. Quando i figli d’Israele udirono ciò, ebbero paura dei Filistei. Allora i figli d’Israele dissero a Samuele: »Non cessare di gridare per noi all’Eterno, il nostro DIO, perché ci salvi dalle mani dei Filistei«. Così Samuele prese un agnello di latte e l’offerse intero in olocausto all’Eterno; Samuele gridò all’Eterno per Israele, e l’Eterno lo esaudì. Mentre Samuele offriva l’olocausto, i Filistei si avvicinarono per assalire Israele; ma l’Eterno in quel giorno tuonò con grande fragore contro i Filistei e li mise in confusione, ed essi furono sconfitti davanti a Israele. Gli uomini d’Israele uscirono da Mitspah, inseguirono i Filistei e li batterono fin sotto Beth-Kar. Allora Samuele prese una pietra la eresse tra Mitspah e Scen e la chiamó Eben-Ezer dicendo: »Fin qui l’Eterno ci ha soccorso«. Così i Filistei furono umiliati e non tornarono piú ad invadere il territorio d’Israele; e la mano dell’Eterno fu contro i Filistei per tutto il tempo di Samuele. Anche le città che i Filistei avevano preso a Israele ritornarono a Israele, da Ekron fino a Gath. Israele liberò il suo territorio dalle mani dei Filistei. E vi fu pace fra Israele e gli Amorei. Samuele fu giudice su Israele per tutto il tempo della sua vita. Ogni anno egli faceva il giro di Bethel, di Ghilgal e di Mitspah ed esercitava l’ufficio di giudice d’Israele in tutti questi luoghi. Poi ritornava a Ramah, perché là era la sua casa. Là giudicava Israele e là edificò un altare all’Eterno. Quando Samuele diventò vecchio costituì giudici d’Israele i suoi figli. Il primogenito si chiamava Joel e il secondo Abiah; essi facevano i giudici a Beer-Sceba. I suoi figli però non seguivano le sue orme, ma si lasciavano sviare da guadagni illeciti, accettavano regali e pervertivano la giustizia. Allora tutti gli anziani d’Israele si radunarono, vennero da Samuele a Ramah, e gli dissero: »Ecco, tu ormai sei vecchio e i tuoi figli non seguono le tue orme; or dunque stabilisci su di noi un re che ci governi come avviene per tutte le nazioni«. Ma la cosa dispiacque a Samuele perché avevano detto: »Dacci un re che ci governi«. Perciò Samuele pregò l’Eterno. E l’Eterno disse a Samuele: »Ascolta la voce del popolo in tutto ciò che ti dice, poiché essi non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni su di loro. Si comportano con te, come hanno sempre fatto dal giorno in cui li ho fatti uscire dall’Egitto fino ad oggi: mi hanno abbandonato per servire altri dèi. Ora dunque ascolta la loro richiesta, ma avvertili solennemente e dichiara loro i diritti del re che regnerà su di loro«. Così Samuele riferì tutte le parole dell’Eterno al popolo che gli domandava un re. E disse: »Questi saranno i diritti del re che regnerà su di voi. Egli prenderà i vostri figli, per destinarli ai suoi carri e farli suoi cavalieri, e perché corrino davanti ai suoi carri; per farli capitani di migliaia e capitani di cinquantine, per metterli ad arare i suoi campi, a mietere la sua messe, a fabbricare le sue armi da guerra e gli attrezzi dei suoi carri. Prenderà le vostre figlie per farne profumiere, cuoche e fornaie. Prenderà i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti, i migliori che avete, per darli ai suoi servi. Prenderà la decima delle vostre sementi e delle vostre vigne per darla ai suoi eunuchi e ai suoi servi. Prenderà i vostri servi, le vostre serve, i vostri giovani migliori e i vostri asini per usarli nei suoi lavori. Prenderà anche la decima delle vostre greggi, e voi sarete suoi schiavi. Allora in quel giorno griderete a motivo del re che avete scelto per voi, ma l’Eterno non vi risponderà«. Ciò nonostante il popolo rifiutò di dare ascolto alle parole di Samuele e disse: »No, avremo un re sopra di noi. Così saremo anche noi come tutte le nazioni: il nostro re ci governerà, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie«. Samuele ascoltò tutte le parole del popolo e le riferì all’Eterno. L’Eterno disse a Samuele: »Ascolta la loro richiesta e stabilisci su di loro un re«. Allora Samuele disse agli uomini d’Israele: »Ognuno ritorni alla sua citta«. Or c’era un uomo di Beniamino di nome Kish, figlio di Abiel, figlio di Tseror, figlio di Bekorath, figlio di Afiah, figlio di un Beniaminita, un uomo forte e valoroso. Questi aveva un figlio di nome Saul, giovane e bello; tra i figli d’Israele non c’era nessuno più bello di lui; dalle spalle in su era il più alto di tutta la gente. Or le asine di Kish, padre di Saul, si erano smarrite; Kish disse a suo figlio, Saul: »Deh, prendi con te uno dei servi, alzati e va’ a cercare le asine«. Così egli passò per la regione montuosa di Efraim e attraversò il paese di Shalisha, senza trovarle; poi passarono per il paese di Shaalim, ma non c’erano; traversarono quindi il paese dei Beniamiti, ma non le trovarono. Quando giunsero nel paese di Tsuf, Saul disse al servo che era con lui: »Su, torniamo indietro, perché non avvenga che mio padre smetta di darsi pensiero, delle asine e incominci a preoccuparsi per noi«. Il servo gli disse: »Ecco, in questa città c’è un uomo di DIO, che è tenuto in grande onore; tutto ciò che egli dice, si avvera certamente. Ora andiamo là, forse ci indicherà la via che dobbiamo seguire«. Saul disse al suo servo: »Ma ecco, se andiamo, cosa porteremo all’uomo di DIO? Poiché il pane delle nostre sacche è finito e non abbiamo alcun dono da portare all’uomo di DIO. Che cosa abbiamo con noi?«. Il servo rispose a Saul, dicendo: »Ecco, io ho in mano un quarto di un siclo d’argento; lo darò all’uomo di DIO, ed egli ci indicherà la via«. (In passato in Israele, quando uno andava a consultare DIO, diceva: »Su, andiamo dal veggente«, perché il profeta di oggi in passato era chiamato veggente). Allora Saul disse al suo servo: »Hai detto bene. Su, andiamo!«. E si diressero alla città dov’era l’uomo di DIO. Mentre salivano lungo il pendio che porta alla città, incontrarono alcune ragazze che uscivano ad attingere acqua e chiesero loro: »E qui il veggente?«. Esse risposero loro, dicendo: »Sì, eccolo, è poco più avanti di voi, affrettatevi. Oggi stesso è venuto in città, perché oggi il popolo ha un sacrificio sull’alto luogo. Come entrerete in città, lo troverete certamente prima che salga all’alto luogo a mangiare. Il popolo non mangerà finché egli non sia giunto, perché è lui che deve benedire il sacrificio; dopo di ciò gli invitati mangeranno. Or dunque salite, perché ora lo troverete«. Così salirono alla città; come essi entravano in città, ecco Samuele usciva verso di loro per salire all’alto luogo. Or il giorno prima dell’arrivo di Saul, l’Eterno aveva avvertito Samuele, dicendo: »Domani a quest’ora ti manderò un uomo del paese di Beniamino, e tu lo ungerai come capo del mio popolo d’Israele. Egli salverà il mio popolo dalle mani dei Filistei, poiché ho visto l’avversità del mio popolo, perché il suo grido è giunto fino a me«. Quando Samuele vide Saul, l’Eterno gli disse: »Ecco l’uomo di cui ti ho parlato; egli regnerà sul mio popolo«. Poi Saul si avvicinò a Samuele in mezzo alla porta e gli disse: »Indicami, ti prego, dov’è la casa del veggente«. Samuele rispose a Saul e disse: »Sono io il veggente. Sali davanti a me sulla collina; oggi mangerete con me. Domani mattina ti lascerò partire e ti dichiarerò tutto ciò che hai nel cuore. Riguardo poi alle tue asine smarrite tre giorni fa, non dartene pensiero, perché sono state ritrovate. E a chi va tutto il desiderio d’Israele, se non a te e a tutta la casa di tuo padre?«. Saul, rispondendo, disse: »Non sono io un Beniaminita, di una delle più piccole tribù d’Israele? E la mia famiglia non è forse la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino? Perché dunque mi parli in questo modo?«. Allora Samuele prese Saul e il suo servo, li introdusse nella sala e li fece sedere a capo tavola fra gli invitati che erano circa trenta persone. Poi Samuele disse al cuoco: »Porta la porzione che ti ho dato e di cui ti ho detto: »Mettila da parte««. Il cuoco allora prese la coscia e ciò che vi aderiva e la mise davanti a Saul. Quindi Samuele disse: »Ecco ciò che è stato tenuto in serbo è stato messo da parte per te; mangia perché è stato conservato appositamente per te quando ho invitato il popolo«. Così quel giorno Saul mangiò con Samuele. Poi discesero dall’alto luogo in città, e Samuele parlò con Saul sul terrazzo. L’indomani si alzarono presto; allo spuntar del giorno, Samuele chiamò Saul sul terrazzo, dicendo: »Alzati, e io ti lascerò partire«. Saul si alzò e ambedue, lui e Samuele, uscirono. Quando furono discesi alla periferia della città, Samuele disse a Saul: »Di’ al servo che passi davanti a noi e vada oltre, ma tu fermati un momento, perché ti possa annunciare la parola di DIO«. Allora Samuele prese un vasetto d’olio e lo versò sul suo capo; poi lo baciò e disse: »Non ti ha l’Eterno unto, come capo della sua eredità? Oggi, quando sarai partito da me, troverai due uomini presso il sepolcro di Rachele sul confine di Beniamino a Tseltsah. Essi ti diranno: »Le asine che sei andato a cercare sono state ritrovate; ora tuo padre ha smesso di essere in pensiero per le asine ed è preoccupato per voi, e va dicendo: »Che devo fare per mio figlio?«. Poi tu passerai oltre quel luogo e giungerai alla quercia di Tabor; là incontrerai tre uomini che salgono ad adorare DIO a Bethel: l’uno porterà tre capretti, l’altro porterà tre pani e il terzo porterà un otre di vino. Essi ti saluteranno e ti daranno due pani, che riceverai dalla loro mano. Poi arriverai alla collina di DIO, dov’è la guarnigione dei Filistei; e là, giungendo alla città, incontrerai un gruppo di profeti che scenderanno dall’alto luogo, preceduti da un’arpa, un tamburello, un flauto e una cetra, e che profetizzeranno. Allora lo Spirito dell’Eterno ti investirà e profetizzerai con loro, e sarai cambiato in un altro uomo. Quando questi segni ti saranno avvenuti, fa’ ciò che l’occasione richiede perché DIO è con te. Poi scenderai prima di me a Ghilgal; ed ecco io scenderò da te per offrire olocausti e immolare sacrifici di ringraziamento. Tu aspetterai sette giorni finché io venga da te e ti faccia sapere ciò che devi fare«. Non appena voltò le spalle per lasciare Samuele, DIO gli mutò il cuore in un altro, e tutti quei segni si avverarono in quello stesso giorno. Come giunsero là alla collina, ecco venirgli incontro un gruppo di profeti; allora lo Spirito di DIO lo investì, ed egli si mise a profetizzare in mezzo a loro. Allora tutti quelli che lo avevano conosciuto prima, vedendo che profetizzava con i profeti si dicevano l’un l’altro: »Cos’è avvenuto al figlio di Kish? E’ anche Saul tra i profeti?«. Quindi uno del luogo rispose, dicendo: »Ma chi è il loro padre?«. Per questo divenne proverbio il detto: »E’ anche Saul tra i profeti?«. Come Saul ebbe finito di profetizzare, si recò all’alto luogo. Poi lo zio di Saul chiese a lui e al suo servo: »Dove siete andati?«. Egli rispose: »A cercare le asine; ma, vedendo che non c’erano, siamo andati da Samuele«. Lo zio di Saul soggiunse: »Raccontami, ti prego, ciò che vi ha detto Samuele«. Così Saul rispose a suo zio: »Egli ci ha assicurato che le asine erano state ritrovate«. Ma non disse nulla di ciò che Samuele aveva detto riguardo al regno. Poi Samuele convocò il popolo davanti all’Eterno a Mitspah, e disse ai figli d’Israele: »Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »Io feci uscire Israele dall’Egitto e vi liberai dalle mani degli Egiziani e dalle mani di tutti i regni che vi opprimevano. Ma oggi voi avete rigettato il vostro DIO che vi salvò da tutte le vostre avversità e dalle vostre tribolazioni e gli dite: »Stabilisci su di noi un re!«. Or dunque presentatevi davanti all’Eterno per tribù e per miglia«. Poi Samuele fece avvicinare tutte le tribú d’Israele, e fu scelta la tribú di Beniamino. Fece quindi avvicinare la tribú di Beniamino per famiglie, e fu scelta la famiglia di Matri. Poi fu scelto Saul, figlio di Kish; lo cercarono, ma non fu trovato Allora consultarono di nuovo l’Eterno: »E egli già venuto qui?«. l’Eterno rispose: »Eccolo nascosto fra i bagagli. Corsero a prenderlo di là; così egli si presentò in mezzo al popolo, ed era piú alto di tutta la gente dalle spalle in su. Poi Samuele disse a tutto il popolo: »Vedete colui che l’Eterno ha scelto? Non c’è nessuno in tutto il popolo come lui. Così tutto il popolo mandò grida di gioia e disse: »Viva il re!«. Allora Samuele espose al popolo i diritti del regno e li scrisse in un libro, che depose davanti all’Eterno. Quindi Samuele rimandò tutto il popolo ciascuno a casa sua. Anche Saul andò a casa sua a Ghibeah, e con lui andarono uomini valorosi ai quali DIO aveva toccato il cuore. Ma alcuni uomini da nulla dissero: »Come può costui salvarci?. Così lo disprezzarono e non gli fecero alcun dono. Ma egli non disse nulla. Poi Nahash l’Ammonita andò ad accamparsi contro Jabesh di Galaad. Allora tutti quelli di Jabesh dissero a Nahash: »Fa’ alleanza con noi e noi ti serviremo«. Nahash l’Ammonita rispose loro: »Io farò alleanza con voi a questa condizione: che io cavi a tutti voi l’occhio destro, per gettare così disonore su tutto Israele«. Gli anziani di Jabesh gli dissero: »Concedici sette giorni perché possiamo mandare messaggeri in tutto il territorio d’Israele; e se non verrà nessuno a salvarci, ci arrenderemo a te. Così i messaggeri vennero a Ghibeah di Saul e riferirono queste parole davanti al popolo; allora tutto il popolo alzò la voce e pianse. Or ecco Saul tornava dalla campagna dietro i buoi. E Saul disse: »Che cosa ha il popolo, che piange?«. Gli riferirono allora le parole degli uomini di Jabesh. All’udire quelle parole, lo Spirito di DIO investì Saul, e la sua ira si accese grandemente. Così prese un paio di buoi, li tagliò a pezzi e li mandò in tutto il territorio d’Israele per mezzo di messaggeri, dicendo: »Così saranno trattati i buoi di chi non seguirà Saul e Samuele«. Il terrore dell’Eterno cadde sul popolo, ed essi uscirono come un sol uomo. Saul li passó in rassegna a Bezek, ed erano trecentomila figli d’Israele e trentamila uomini di Giuda. Dissero quindi ai messaggeri che erano venuti: »Così direte agli uomini di Jabesh di Galaad: »Domani, quando il sole comincerà a scaldare, avrete liberazione««. I messaggeri andarono a riferire questo agli uomini di Jabesh, che si rallegrarono. Allora gli uomini di Jabesh dissero agli Ammoniti: »Domani verremo da voi e ci farete tutto quello che vi piacerà«. Il giorno seguente, Saul divise il popolo in tre schiere, che penetrarono in mezzo all’accampamento nemico durante la vigilia del mattino e fecero strage degli Ammoniti fino al caldo del giorno. Quelli che scamparono furono dispersi e di loro non ne rimasero neppure due assieme. ll popolo allora disse a Samuele: »Chi è che ha detto: »Dovrà Saul regnare su di noi?«. Dateci quegli uomini e li metteremo a morte«. Ma Saul rispose: »Nessuno sarà messo a morte in questo giorno, perché oggi l’Eterno ha operato una grande liberazione in Israele«. Poi Samuele disse al popolo: »Venite. andiamo a Ghilgal e là rinnoviamo il regno«. Così tutto il popolo andò a Ghilgal e là davanti all’Eterno in Ghilgal, fecero Saul re. Là offrirono davanti all’Eterno sacrifici di ringraziamento; e là Saul e tutti gli uomini d’Israele si rallegrarono grandemente. Allora Samuele disse a tutto Israele: »Ecco, io vi ho dato ascolto in tutto ciò che mi avete detto e ho costituito un re a su di voi. Ed ora, ecco il re che andrà davanti a voi. Io sono ormai vecchio e canuto, e i miei figli sono tra voi; io sono andato davanti a voi dalla mia giovinezza fino a questo giorno. Eccomi, testimoniate contro di me davanti all’Eterno e davanti al suo unto: A chi ho preso il bue? A chi ho preso l’asino? Chi ho defraudato? Chi ho oppresso? Dalle mani di chi ho accettato alcun regalo che mi abbia accecato gli occhi? Io ve lo restituirò«. Essi risposero: »Tu non ci hai defraudato, non ci hai oppresso e non hai preso nulla dalle mani di alcuno«. Egli disse loro: »L’Eterno è testimone contro di voi e il suo unto è testimone in questo giorno, che non avete trovato nulla nelle mie mani«. Essi risposero: »Si, è testimone!«. Allora Samuele disse al popolo: »è l’Eterno che ha stabilito Mosè e Aaronne, e ha fatto uscire i vostri padri dal paese d’Egitto. Or dunque presentatevi, perché possa davanti all’Eterno mettere in evidenza con voi tutte le opere giuste che l’Eterno ha compiuto per voi e per i vostri padri. Dopo che Giacobbe andò in Egitto, e i vostri padri gridarono all’Eterno l’Eterno mandò Mosè ed Aaronne, che fecero uscire i vostri padri dall’Egitto e li fecero abitare in questo luogo Ma essi dimenticarono l’Eterno, il loro DIO, ed egli li vendette nelle mani di Sisera, capo dell’esercito di Hatsor, e In potere dei Filistei e del re di Moab, i quali mossero loro guerra. Allora gridarono all’Eterno e dissero: »Abbiamo peccato, perché abbiamo abbandonato l’Eterno e abbiamo servito i Baal e le Ashtaroth, ma ora liberaci dalle mani dei nostri nemici e serviremo te«. Così l’Eterno mandò Jerubbaal, Bedan, Jefte e Samuele, e vi liberò dalle mani dei vostri nemici tutt’intorno e viveste al sicuro. Ma quando vedeste che Nahash, re dei figli di Ammon, muoveva contro di voi, mi diceste: »No, un re deve regnare su di noi«, mentre l’Eterno il vostro DIO, era il vostro re. Or dunque, ecco il re che avete scelto e che avete chiesto; ecco, l’Eterno ha costituito un re su di voi. Se temete l’Eterno, lo servite e date ascolto alla sua voce, e non vi ribellate al comandamento dell’Eterno, allora voi e il re che regna su di voi seguirete l’Eterno, il vostro DIO. Ma se non date ascolto alla voce dell’Eterno e vi ribellate al comandamento dell’Eterno, allora la mano dell’Eterno sarà contro di voi, come fu contro i vostri padri. Perciò ora fermatevi e guardate questa cosa grande che l’Eterno farà davanti ai vostri occhi. Non è forse il tempo della mietitura del grano? Io invocherò l’Eterno ed egli manderà tuoni e pioggia; così comprenderete e vedrete che il male che avete fatto chiedendo per voi un re è grande agli occhi dell’Eterno«. Allora Samuele invocò l’Eterno, e l’Eterno mandò quel giorno tuoni e pioggia; e tutto il popolo ebbe gran timore dell’Eterno e di Samuele. Tutto il popolo quindi disse a Samuele: »Prega l’Eterno, il tuo DIO per i tuoi servi, affinché non abbiamo a morire, poiché abbiamo aggiunto a tutti i nostri peccati il male di chiedere per noi un re«. Samuele rispose al popolo: »Non temete; anche se avete fatto tutto questo male, non lasciate di seguire l’Eterno ma servite l’Eterno con tutto il vostro cuore. Non allontanatevi per seguire cose vane, che non possono giovare né liberare, perché sono cose vane. Poiché l’Eterno non abbandonerà il suo popolo, per amore del suo grande nome, perché è piaciuto all’Eterno di farvi il suo popolo. Quanto a me, non sia mai che io pecchi contro l’Eterno smettendo di pregare per voi; anzi vi mostrerò la buona e diritta via. Solo temete l’Eterno e servitelo fedelmente con tutto il cuore vostro; considerate infatti le grandi cose che ha fatto per voi. Ma se continuate a fare il male, tanto voi che il vostro re sarete spazzati via«. Saul aveva trent’anni quando cominciò a regnare; e dopo aver regnato due anni sopra Israele. Saul si scelse tremila uomini d’Israele: duemila stavano con lui a Mikmash e nella regione montuosa di Bethel, e mille con Gionathan, a Ghibeah di Beniamino; rimandò invece il resto del popolo, ognuno alla sua tenda. Gionathan sconfisse la guarnigione dei Filistei che stava a Gheba, e i Filistei lo vennero a sapere. Allora Saul fece suonare la tromba per tutto il paese, dicendo: »Lo sappiano gli Ebrei!«. E tutto Israele sentì dire: »Saul ha sconfitto la guarnigione dei Filistei e Israele è venuto in odio ai Filistei«. Così il popolo fu convocato a Ghilgal per seguire Saul. Anche i Filistei si radunarono per combattere contro Israele, con trentamila carri, seimila cavalieri e gente numerosa come la sabbia che è sul lido del mare. Salirono dunque e si accamparono a Mikmash, a est di Beth-Aven. Quando gli Israeliti si accorsero di essere in pericolo, (perché il popolo era messo alle strette), si nascosero nelle caverne, nelle macchie, tra le rocce, nelle buche e nelle cisterne. Alcuni Ebrei passarono il Giordano per andare nel paese di Gad e di Galaad. Quanto a Saul, egli era ancora a Ghilgal e tutto il popolo lo seguiva, tremando. Egli aspettò sette giorni secondo il tempo fissato da Samuele; ma Samuele non giungeva a Ghilgal e il popolo cominciava a disperdersi lontano da lui. Allora Saul disse: »Portatemi l’olocausto e i sacrifici di ringraziamento«. Quindi offerse l’olocausto. Aveva appena finito di offrire l’olocausto, quando arrivò Samuele; e Saul gli uscì incontro per salutarlo. Ma Samuele gli disse: »Che cosa hai fatto?«. Saul rispose: »Quando ho visto che il popolo si disperdeva lontano da me, che tu non eri giunto nel giorno stabilito e che i Filistei si radunavano a Mikmash, mi son detto: "Ora i Filistei mi piomberanno addosso a Ghilgal e io non ho ancora supplicato l’Eterno". Perciò mi sono fatto forza e ho offerto l’olocausto«. Allora Samuele disse a Saul: »Tu hai agito stoltamente; non hai osservato il comandamento che l’Eterno, il tuo DIO, ti aveva prescritto. L’Eterno infatti avrebbe stabilito il tuo regno su Israele in perpetuo. Ora invece il tuo regno non durerà. L’Eterno si è cercato un uomo secondo il suo cuore, e l’Eterno lo ha stabilito principe del suo popolo, perché tu non hai osservato ciò che l’Eterno ti aveva comandato«. Poi Samuele si levò e salì da Ghilgal a Ghibeah di Beniamino, e Saul passò in rassegna il popolo che si trovava con lui erano circa seicento uomini. Or Saul, Gionathan suo figlio e la gente rimasta con loro rimasero a Ghibeah di Beniamino, mentre i Filistei erano accampati a Mikmash. Poi dall’accampamento dei Filistei uscirono dei razziatori divisi in tre schiere: una schiera si diresse sulla via di Ofrah, verso il paese di Shual; un’altra schiera si diresse sulla via di Beth-Horon; la terza schiera si diresse sulla via della frontiera che domina la valle di Tseboim, verso il deserto. Or in tutto il paese d’Israele non si trovava alcun fabbro, perché i Filistei dicevano: »Gli Ebrei non fabbrichino spade o lance«. Così tutti gl’Israeliti scendevano dai Filistei per affilare chi il suo vomero, chi la sua zappa, chi la sua scure, chi la sua vanga. Il prezzo per l’affilatura era di un pim per le vanghe, per le zappe, per i tridenti, per le scuri e per aggiustare i pungoli. Così, nel giorno della battaglia, non si trovava né spada né lancia in mano a tutta la gente che era con Saul e con Gionathan; ne avevano solamente Saul e Gionathan suo figlio. La guarnigione dei Filistei uscì quindi verso il passo di Mikmash. Or avvenne che un giorno, Gionathan, figlio di Saul, disse al suo giovane scudiero: »Vieni, andiamo verso la postazione dei Filistei, che è dall’altra parte«. Ma non disse nulla a suo padre. Saul stava allora all’estremità di Ghibeah sotto il melograno che è a Migron, e la gente che aveva con sè ammontava a circa seicento uomini. Ahijah, figlio di Ahitub, fratello d’Ikabod, figlio di Finehas, figlio di Eli sacerdote dell’Eterno, a Sciloh indossava l’efod. Ma il popolo non sapeva che Gionathan se ne fosse andato. Or fra i valichi per i quali Gionathan cercava di arrivare alla postazione dei Filistei, c’era una roccia sporgente da una parte e una roccia sporgente dall’altra parte: una si chiamava Botsets e l’altra Seneh. Una delle rocce sporgenti sorgeva a nord di fronte a Mikmash, e l’altra a sud di fronte a Ghibeah. Gionathan disse al suo giovane scudiero: »Vieni, andiamo verso la postazione di questi incirconcisi; forse l’Eterno opererà a nostro favore, perché nulla può impedire all’Eterno di salvare con molti o con pochi«. Il suo scudiero gli rispose: »Fa’ tutto ciò che hai nel cuore; va’ pure; eccomi pronto ad andare con te ovunque il tuo cuore desidera«. Allora Gionathan disse: »Ecco, noi andremo verso quegli uomini e ci faremo vedere da loro. Se ci diranno: »Fermatevi finché noi vi raggiungiamo«, ci fermeremo al nostro posto e non saliremo da loro; ma se diranno: »Salite da noi«, saliremo perché l’Eterno li ha dati nelle nostre mani; e questo ci servirà di segno« Così entrambi si fecero vedere dalla guarnigione dei Filistei; e i Filistei dissero. »Ecco gli Ebrei che escono dalle grotte dove si erano nascosti!«. Poi gli uomini della guarnigione si rivolsero a Gionathan e al suo scudiero e dissero: »Salite da noi che abbiamo qualcosa da dirvi«. Allora Gionathan disse al suo scudiero: »Sali dietro di me, perché l’Eterno li ha dati nelle mani d’Israele«. Gionathan salì arrampicandosi con le mani e con i piedi, seguito dal suo scudiero. I Filistei cadevano davanti a Gionathan, e ll suo scudiero dietro di lui li finiva. Questa fu la prima strage compiuta da Gionathan e dal suo scudiero, in essa caddero circa venti uomini, in circa mezzo iugero di terra. Lo spavento si diffuse nell’accampamento, nella campagna e fra tutto il popolo; la guarnigione e i razziatori furono anch’essi spaventati; la terra stessa tremò, e fu così uno spavento di DIO. Le sentinelle di Saul a Ghibeah di Beniamino guardarono e videro che la moltitudine si disperdeva e fuggiva di qui e di là. Allora Saul disse alla gente che era con lui: »Fate l’appello per vedere chi se n’è andato da noi«. Fatto l’appello, ecco che mancavano Gionathan e il suo scudiero. Allora Saul disse ad Ahijah: »Fa’ accostare l’arca di DIO!« (poiché allora l’arca di DIO era con i figli d’Israele). Or mentre Saul parlava col sacerdote, il tumulto nell’accampamento dei Filistei andava crescendo; così Saul disse al sacerdote: »Ritira la tua mano!«. Poi Saul e tutto il popolo che era con lui si radunarono e si mossero verso il luogo della battaglia; ed ecco che la spada di ognuno era rivolta contro il suo compagno, e la confusione era grandissima. Gli Ebrei stessi, che da un po’ di tempo si trovavano con i Filistei ed erano saliti con loro all’accampamento dalla regione circostante, si unirono con gl’Israeliti che erano con Saul e Gionathan. Similmente tutti gl’Israeliti che si erano nascosti nella regione montuosa di Efraim, quando seppero che i Filistei fuggivano si misero anch’essi a inseguirli unendosi alla battaglia. Così in quel giorno l’Eterno salvò Israele e la battaglia si estese fino a Beth-Aven. Ma in quel giorno gli uomini d’Israele erano stremati, perché Saul aveva fatto fare al popolo questo giuramento: »Maledetto l’uomo che toccherà cibo prima di sera, prima che mi sia vendicato dei miei nemici«. Così nessuno del popolo toccò cibo. Or tutto il popolo entrò in una foresta, dove c’era del miele per terra. Come il popolo entrò nella foresta, vide il miele che colava; ma nessuno si portò la mano alla bocca, perché il popolo aveva timore del giuramento. Ma Gionathan non aveva sentito quando suo padre aveva fatto giurare il popolo; perciò stese la punta del bastone che teneva in mano, la intinse nel favo di miele e portò la mano alla bocca; così la sua vista si schiarò. Uno del popolo prese la parola e disse: »Tuo padre ha espressamente fatto fare al popolo questo giuramento, dicendo: »Maledetto l’uomo che toccherà cibo oggi« benché il popolo fosse stremato«. Allora Gionathan disse: »Mio padre ha recato un danno al paese; vedete come, per aver gustato un po’ di questo miele, la mia vista si è schiarita. Quanto meglio sarebbe stato se il popolo avesse oggi mangiato liberamente del bottino che ha trovato presso i nemici! Non ci sarebbe stata una più grande strage dei Filistei?«. In quel giorno essi sconfissero i Filistei da Mikmash ad Aijalon, ma il popolo era estenuato. Così il popolo Si gettò sul bottino prese pecore, buoi e vitelli e li scannò a terra; e il popolo li mangiò col sangue. Questo fu riferito a Saul e gli fu detto: »Ecco, il popolo pecca contro l’Eterno mangiando carne col sangue«. Egli disse: »Voi avete commesso una trasgressione; rotolate subito qui da me una grande pietra«. Poi Saul ordinò: »Sparpagliatevi fra il popolo e ditegli: »Ognuno porti qui da me il suo bue e la sua pecora; scannateli qui e poi mangiate, ma non peccate contro l’Eterno mangiando carne con sangue!««. Così ognuno del popolo quella notte portò con sé il suo bue e lo scannò in quel luogo. Saul edificò quindi un altare all’Eterno; questo fu il primo altare che egli edificò all’Eterno. Poi Saul disse: »Scendiamo di notte a inseguire i Filistei e deprediamoli fino alla luce del mattino; e non lasciamo in vita uno solo di loro«. Il popolo rispose: »Fa’ tutto ciò che ti sembra bene«. Allora il sacerdote disse: »Avviciniamoci a DIO qui«. Così Saul interrogò DIO: »Devo scendere a inseguire i Filistei? Li darai nelle mani d’Israele?«. Ma DIO non gli diede alcuna risposta. Saul allora disse: »Avvicinatevi qui voi tutti capi del popolo, e riconoscete e vedete quale sia stato il peccato oggi commesso, perché, come è vero che l’Eterno, il salvatore d’Israele, vive anche se si trovasse in Gionathan mio figlio egli dovrà morire«. Ma nessuno fra tutto il popolo gli rispose. Allora egli disse a tutto Israele: »Voi state da una parte, e io e Gionathan mio figlio staremo dall’altra«. Il popolo rispose a Saul: »Fa’ ciò che ti sembra bene«. Perciò Saul disse all’Eterno: »DIO d’Israele da’ la giusta risposta«. Così furono designati Gionathan e Saul, e il popolo scampò. Poi Saul disse: »Tirate a sorte fra me e Gionathan mio figlio«. Così fu designato Gionathan. Allora Saul disse a Gionathan: »Dimmi ciò che hai fatto«. Gionathan gli dichiarò e disse: »Ho assaggiato un po’ di miele con la punta del bastone che avevo in mano; eccomi, morirò« Saul disse: »DIO faccia questo e anche peggio, perché tu certamente morirai, o Gionathan!«. Ma il popolo disse a Saul: »Dovrà Gionathan, che ha operato questa grande liberazione in Israele, morire? Non sia mai! Com’è vero che l’Eterno vive non cadrà in terra un sol capello del suo capo, perché oggi egli ha operato con DIO«! Così il popolo salvò Gionathan, ed egli non morì. Poi Saul tornò dall’inseguimento dei Filistei e i Filistei fecero ritorno al loro paese. Così Saul consolidò il regno su Israele e fece guerra a tutti i suoi nemici tutt’intorno: a Moab, ai figli di Ammon a Edom, ai re di Tsobah e ai Filistei; ovunque si volgeva, vinceva. Compì imprese di valore, sconfisse gli Amalekiti e liberò Israele dalle mani di quelli che lo depredavano. I figli di Saul erano: Gionathan, Jishui e Malkishuah; e le sue due figlie si chiamavano: la primogenita Merab, e la minore Mikal. Il nome della moglie di Saul era Ahinoam, figlia di Ahimaaz. e il nome del capitano del suo esercito era Abner, figlio di Ner, zio di Saul. Kish, padre di Saul, e Ner, padre di Abner, erano figli di Abiel. Per tutta la vita di Saul vi fu una guerra spietata contro i Filistei; ogni uomo forte e ogni giovane valoroso che Saul vedeva, lo prendeva con sé. Poi Samuele disse a Saul: »L’Eterno mi ha mandato per ungerti re sopra il suo popolo, sopra Israele; ora dunque ascolta le parole dell’Eterno. Così dice l’Eterno degli eserciti: Io punirò Amalek per ciò che fece a Israele quando gli si oppose per via, mentre usciva dall’Egitto. Ora va’, colpisci Amalek e vota allo sterminio tutto ciò che gli appartiene senza avere alcuna pietà di lui ma uccidi uomini e donne, fanciulli e lattanti, buoi e pecore cammelli e asini«. Saul dunque convocò il popolo e lo passò in rassegna a Telaim: duecentomila fanti e diecimila uomini di Giuda. Saul venne alla città di Amalek e tese un’imboscata nella valle. Poi Saul disse ai Kenei: »Andatevene, ritiratevi, uscite fuori di mezzo agli Amalekiti, affinché non vi distrugga con loro, perché usaste clemenza verso tutti i figli d’Israele quando uscivano dall’Egitto«. Così i Kenei si ritirarono di mezzo agli Amalekiti. Saul sconfisse gli Amalekiti da Havilah fino a Shur, che è di fronte all’Egitto. Egli prese vivo Agag, re degli Amalekiti, e votò allo sterminio tutto il popolo, passandolo a fil di spada. Ma Saul e il popolo risparmiarono Agag e il meglio delle pecore e dei buoi, gli animali grassi, gli agnelli e tutto il meglio, rifiutandosi di votarli allo sterminio; ma votarono allo sterminio tutto ciò che era scadente e di nessun valore. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta a Samuele, dicendo: »Io mi pento di aver costituito Saul re, perché si è allontanato da me e non ha eseguito i miei ordini«. Samuele ne fu rattristato e gridò all’Eterno tutta la notte. Al mattino presto Samuele si levò per andare incontro a Saul; ma vennero a dire a Samuele: »Saul è andato a Karmel, ed ecco che si è eretto un monumento; poi è tornato passando oltre, ed è sceso a Ghilgal«. Samuele allora si recò da Saul, e Saul gli disse: »Benedetto sii tu dall’Eterno! Io ho eseguito l’ordine dell’Eterno«. Ma Samuele disse: »Cos’è dunque questo belar di pecore che mi giunge agli orecchi e questo muggir di buoi che sento?«. Saul rispose: »Questi sono animali presi dagli Amalekiti, perché il popolo ha risparmiato il meglio delle pecore e dei buoi per farne dei sacrifici all’Eterno, il tuo DIO; il resto però l’abbiamo votato allo sterminio«. Allora Samuele disse a Saul: »Basta! Io ti annunzierò ciò che l’Eterno mi ha detto questa notte!«. Saul gli disse: »Parla«. Così Samuele disse: »Non è forse vero che quando eri piccolo ai tuoi occhi sei diventato capo delle tribù d’Israele, e l’Eterno ti ha unto re d’Israele? L’Eterno ti aveva dato una missione dicendo: »Va’, vota allo sterminio quei peccatori degli Amalekiti e combatti contro di loro finché siano sterminati«. Perché dunque non hai ubbidito alla voce dell’Eterno, ma ti sei gettato sul bottino e hai fatto ciò che è male agli occhi dell’Eterno?«. Saul disse a Samuele: »Ma io ho ubbidito alla voce dell’Eterno, ho compiuto la missione che l’Eterno mi aveva affidato, ho riportato Agag, re di Amalek e ho votato allo sterminio gli Amalekiti. Il popolo però ha preso le cose migliori che avrebbero dovuto essere sterminate, per farne sacrifici all’Eterno, il tuo DIO, a Ghilgal«. Samuele disse: »Gradisce forse l’Eterno gli olocausti e i sacrifici come l’ubbidire alla voce dell’Eterno? Ecco l’ubbidienza è migliore del sacrificio, e ascoltare attentamente è meglio del grasso dei montoni. Poiché la ribellione è come il peccato di divinazione, e l’ostinatezza è come il culto agli idoli e agli dei domestici. Poiché hai rigettato la parola dell’Eterno anch’egli ti ha rigettato come re«. Allora Saul disse a Samuele: »Ho peccato per aver trasgredito il comando dell’Eterno e le tue parole, perché ho avuto paura del popolo e ho dato ascolto alla sua voce. Ma ora, ti prego, perdona il mio peccato e ritorna con me, perché mi possa prostrare davanti all’Eterno«. Ma Samuele rispose a Saul. »Io non ritornerò con te, perché hai rigettato la parola dell’Eterno, e l’Eterno ha rigettato te, perché tu non sia più re sopra Israele«. Come Samuele si voltava per andarsene, Saul afferrò il lembo del suo mantello, che si strappò. Allora Samuele gli disse: »L’Eterno oggi ha strappato da te il regno d’Israele e lo ha dato a un altro, che è migliore di te. La Gloria d’Israele non mentirà e non si pentirà, perché egli non è un uomo a che si pente«. Allora Saul disse: »Ho peccato ma adesso onorami, ti prego, davanti agli anziani del mio popolo e davanti a Israele; ritorna con me, perché mi possa prostrare davanti all’Eterno, il tuo DIO«. Samuele dunque ritornò con Saul, e Saul si prostrò davanti all’Eterno. Poi Samuele disse: »Portatemi Agag, re degli Amalekiti«. Agag andò da lui di buon umore. Or Agag diceva: »Certamente l’amarezza della morte è passata«. Samuele gli disse: »Come la tua spada priva di figli le donne, così tua madre sarà privata del figlio fra le donne«. Samuele quindi tagliò a pezzi Agag davanti all’Eterno a Ghilgal. Poi Samuele andò a Ramah, e Saul salì a casa sua, a Ghibeah di Saul. Samuele non andò più a vedere Saul fino al giorno della sua morte, perché Samuele faceva cordoglio per Saul; e l’Eterno si pentì di aver fatto Saul re d’Israele. L’Eterno disse a Samuele: »Fino a quando farai cordoglio per Saul, mentre io l’ho rigettato perché non regni sopra Israele? Riempi il tuo corno di olio e va’; ti mando da Isai il Betlemita, perché mi sono scelto un re tra i suoi figli«. Samuele rispose: »Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà«. L’Eterno disse: »Prenderai con te una giovenca e dirai: »Sono venuto per offrire un sacrificio all’Eterno«. Inviterai Isai al sacrificio, io ti indicherò ciò che dovrai fare, e tu mi ungerai colui che ti dirò«. Così Samuele fece quello che l’Eterno gli aveva detto e andò a Betlemme; gli anziani della città gli andarono incontro tremanti e gli dissero: »Vieni pacificamente?«. Egli rispose: »Vengo pacificamente; sono venuto ad offrire un sacrificio all’Eterno; purificatevi e venite con me al sacrificio«. Fece anche purificare Isai e i suoi figli e li invitò al sacrificio. Quando essi giunsero, egli posò lo sguardo su Eliab e disse: »Certamente l’unto dell’Eterno è davanti a lui«. Ma l’Eterno disse a Samuele: »Non badare al suo aspetto né all’altezza della sua statura, poiché io l’ho rifiutato, perché l’Eterno non vede come vede l’uomo; l’uomo infatti guarda all’apparenza, ma l’Eterno guarda al cuore«. Allora Isai chiamò Abinadab e lo fece passare davanti a Samuele; ma Samuele disse: »L’Eterno non si è scelto neppure questo«. Poi Isai fece passare Shammah, ma Samuele disse: »L’Eterno non si è scelto neppure questo«. Isai fece così passare sette dei suoi figli davanti a Samuele; ma Samuele disse ad Isai: »L’Eterno non ha scelto nessuno di questi«. Poi Samuele disse ad Isai: »Sono tutti qui i tuoi figli?«. Egli rispose: »Rimane ancora il più giovane che ora si trova a pascolare le pecore«. Samuele disse ad Isai: »Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che sia giunto qui«. Allora egli lo mandò a prendere or Davide era rossiccio, con begli occhi e un bell’aspetto. E l’Eterno disse a Samuele: »Levati, ungilo, perché è lui«. Allora Samuele prese il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli; da quel giorno in poi lo Spirito dell’Eterno investì Davide. Poi Samuele si levò e andò a Ramah. Or lo Spirito dell’Eterno si era allontanato da Saul e un cattivo spirito da parte dell’Eterno lo terrorizzava. I servi di Saul gli dissero: »Ecco, un cattivo spirito da parte di DIO ti turba. Il nostro signore comandi dunque ai tuoi servi che ti stanno davanti di cercare un uomo che suoni bene l’arpa; quando poi il cattivo spirito da parte di DIO ti investirà, egli metterà mano all’arpa e tu starai bene«. Saul disse ai suoi servitori: »Trovatemi un uomo che suoni bene e fatelo venire da me«. Allora uno dei domestici prese a dire: »Ecco io ho veduto un figlio di Isai, il Betlemita, che sa suonare bene: è un uomo forte e valoroso, abile nel combattere, eloquente nel parlare e di bell’aspetto, e l’Eterno è con lui«. Saul dunque inviò dei messaggeri a Isai per dirgli: »Mandami tuo figlio Davide, che è col gregge«. Allora Isai prese un asino carico di pane, un otre di vino, un capretto e li mandò a Saul per mezzo di Davide suo figlio. Davide arrivò da Saul e rimase al suo servizio; Saul si affezionò grandemente a lui ed egli divenne suo scudiero. Saul mandò quindi a dire a Isai: »Ti prego, lascia Davide al mio servizio, perché ha trovato grazia ai miei occhi«. Ora, quando il cattivo spirito da parte di DIO investiva Saul, Davide prendeva l’arpa e la suonava con la mano; allora Saul si sentiva risollevato e stava meglio, e il cattivo spirito si allontanava da lui. Or i Filistei radunarono le loro truppe per combattere; si radunarono a Sokoh, che appartiene a Giuda, e si accamparono fra Sokoh e Azekah, a Efes-Dammim. Anche Saul e gli uomini d’Israele si radunarono e si accamparono nella valle del Terebinto, e si schierarono in battaglia contro i Filistei. I Filistei stavano sul monte da una parte e Israele stava sul monte dall’altra parte, e fra di loro c’era la valle. Dall’accampamento dei Filistei uscì un campione di nome Goliath, di Gath, alto sei cubiti e un palmo. Aveva in testa un elmo di bronzo era vestito di una corazza a maglie, il cui peso era di cinquemila sicli di bronzo; alle gambe portava gambiere di bronzo e un giavellotto di bronzo sospeso alle spalle. L’asta della sua lancia era come un subbio di tessitore, e la punta della lancia pesava seicento sicli di ferro, davanti a lui camminava il suo scudiero. Egli dunque si fermò e gridò alle schiere d’Israele, dicendo: »Perché siete usciti per schierarvi in ordine di battaglia? Non sono io un Filisteo e voi i servi di Saul? Sceglietevi un uomo che scenda contro di me. Se sarà in grado di combattere con me e di uccidermi, noi saremo vostri servi ma se io sarò vincitore e lo ucciderò, voi sarete nostri servi e ci servirete«. Il Filisteo poi aggiunse: »Io lancio oggi una sfida alle schiere d’Israele: Datemi un uomo e ci batteremo!«. Quando Saul e tutto Israele udirono queste parole del Filisteo rimasero costernati ed ebbero grande paura. Or Davide era figlio di quell’Efrateo di Betlemme di Giuda, di nome Isai, che aveva otto figli. Al tempo di Saul, quest’uomo era vecchio e avanzato negli anni. I tre figli maggiori d’Isai erano andati in guerra al seguito di Saul; i nomi dei tre figli che erano andati in guerra erano: Eliab, il primogenito, Abinadab il secondo, e Shammah il terzo Davide era il più giovane e i tre maggiori erano andati al seguito di Saul. Davide invece andava e veniva da Saul per pascolare il gregge di suo padre a Betlemme. Il Filisteo si faceva avanti mattina e sera, e continuò a presentarsi per quaranta giorni. Or Isai disse a Davide, suo figlio: »Prendi per i tuoi fratelli un’efa di questo grano arrostito e questi dieci pani e portali in fretta ai tuoi fratelli nell’accampamento. Porta anche queste dieci forme di formaggio al capitano del loro migliaio vedi come stanno i tuoi fratelli e riportami un pegno da parte loro. Saul con i tuoi fratelli e tutti gli uomini d’Israele sono nella valle del Terebinto a combattere contro i Filistei«. Così Davide si alzò al mattino presto lasciò le pecore a un guardiano, prese il suo carico e partì come Isai gli aveva ordinato. Giunse al campo dei carri, quando l’esercito usciva per schierarsi in battaglia e lanciava il grido di guerra. Israeliti e Filistei si erano schierati in ordine di battaglia, esercito contro esercito. Davide, lasciato il suo carico nelle mani del guardiano dei bagagli, corse alle schiere di battaglia; giunto, chiese ai suoi fratelli come stavano. Mentre parlava con loro, ecco uscire dalle schiere dei Filistei quel campione, il Filisteo di Gath, di nome Goliath, e ripetere le solite parole; e Davide le udì. Tutti gli uomini d’Israele, alla vista di quell’uomo, fuggirono da lui ed ebbero grande paura. Gli uomini d’Israele dicevano: »Avete visto quell’uomo che avanza? Egli avanza per sfidare Israele. Chiunque lo ucciderà, il re lo ricolmerà di grandi ricchezze, gli darà sua figlia ed esenterà da ogni tributo la casa di suo padre in Israele«. Allora Davide, rivolgendosi agli uomini che stavano vicino a lui, disse: »Che si farà all’uomo che ucciderà questo Filisteo e allontanerà la vergogna da Israele? Ma chi è mai questo Filisteo incirconciso, che osa insultare le schiere del DIO vivente?«. La gente gli rispose con le stesse parole, dicendo: »Così sarà fatto a colui che lo ucciderà«. Eliab, suo fratello maggiore lo sentì mentre parlava con quegli uomini, così Eliab si accese d’ira contro Davide e disse: »Perché sei sceso qui? A chi hai lasciato quelle poche pecore nel deserto? Io conosco il tuo orgoglio e la malignità del tuo cuore: sei sceso qui per vedere la battaglia?«. Davide rispose: »Che ho io fatto ora? Non era che una semplice domanda!«. Allontanandosi da lui, si rivolse a un altro e fece la stessa domanda; e la gente gli diede la stessa risposta di prima. Come udirono le parole che Davide aveva detto, le riportarono a Saul, che lo mandò a chiamare. Davide disse a Saul: »Nessuno si perda d’animo a motivo di costui! Il tuo servo andrà a combattere con questo Filisteo«. Saul disse a Davide: »Tu non puoi andare contro questo Filisteo per batterti con lui, perché tu non sei che un ragazzo, mentre lui è un guerriero fin dalla sua giovinezza«. Ma Davide rispose a Saul: »Il tuo servo pascolava il gregge di suo padre quando un leone o un orso veniva a portar via una pecora dal gregge, io lo inseguivo, lo colpivo e la strappavo dalle sue fauci; se poi quello si rivoltava contro di me, io l’afferravo per la criniera, lo colpivo e l’ammazzavo Si, il tuo servo ha ucciso il leone e l’orso; e questo incirconciso Filisteo sarà come uno di loro, perché ha insultato le schiere del DIO vivente«. Davide soggiunse: »L’Eterno che mi libera dalla zampa del leone e dalla zampa dell’orso, mi libererà anche dalla mano di questo Filisteo«. Allora Saul disse a Davide: »Va’ e l’Eterno sia con te« Poi Saul rivestì Davide della sua armatura, gli mise in capo un elmo di bronzo e gli fece indossare la corazza. Davide quindi cinse la spada di Saul sopra l’armatura e cercò di camminare, perché non vi era abituato. Ma Davide disse a Saul: »Io non posso camminare con questa armatura perché non ci sono abituato«. Così Davide se la tolse di dosso. Poi prese in mano il suo bastone, si scelse nel torrente cinque pietre lisce, le pose nella sacca da pastore, in un sacchetto che aveva; poi, con la sua fionda in mano, mosse contro il Filisteo. Anche il Filisteo avanzò avvicinandosi sempre più a Davide, mentre il suo scudiero lo precedeva. Il Filisteo guardava attentamente e, scorto Davide, lo disprezzò, perché era soltanto un giovane, rossiccio e di bell’aspetto. Il Filisteo disse a Davide: »Sono io forse un cane, che tu vieni contro di me con dei bastoni?«. E il Filisteo maledisse Davide in nome dei suoi dei. Poi il Filisteo disse a Davide: »Vieni qui, e io darò la tua carne agli uccelli del cielo e alle bestie dei campi«. Allora Davide rispose al Filisteo: »Tu vieni a me con la spada, con la lancia e col giavellotto; ma io vengo a te nel nome dell’Eterno degli eserciti, il DIO delle schiere d’Israele che tu hai insultato. Oggi stesso l’Eterno ti consegnerà nelle mie mani; e io ti abbatterò, ti taglierò la testa e darò oggi stesso i cadaveri dell’esercito dei Filistei agli uccelli del cielo e alle fiere della terra, affinché tutta la terra sappia che c’è un Dio in Israele. Allora tutta questa moltitudine saprà che l’Eterno non salva per mezzo di spada né per mezzo di lancia; poiché l’esito della battaglia dipende dall’Eterno, ed egli vi darà nelle nostre mani«. Quando il Filisteo si mosse e si fece avanti per andare incontro a Davide anche Davide corse prontamente verso la linea di battaglia incontro al Filisteo; mise la mano nella sacca, ne trasse fuori una pietra, la lanciò con la fionda e colpì il Filisteo in fronte; la pietra si conficcò nella fronte ed egli cadde con la faccia a terra. Così Davide con una fionda e con una pietra vinse il Filisteo; e lo colpì e l’uccise benché Davide non avesse alcuna spada in mano. Poi Davide corse, si gettò sul Filisteo, prese la sua spada, la sguainò e lo uccise troncandogli con essa la testa. Quando i Filistei videro che il loro eroe era morto, si diedero alla fuga. Allora gli uomini d’Israele e di Giuda si levarono, alzando grida di guerra, e inseguirono i Filistei fino all’ingresso della valle e alle porte di Ekron. I Filistei feriti a morte caddero sulla via di Shaaraim, fino a Gath e a Ekron. Quando i figli d’Israele ritonarono dall’inseguimento dei Filistei, saccheggiarono il loro accampamento. Poi Davide prese la testa del Filisteo e la portò a Gerusalemme, ma le sue armi le ripose nella sua tenda. Quando Saul aveva visto Davide uscire contro il Filisteo, aveva chiesto ad Abner, capo dell’esercito: »Abner di chi è figlio questo giovane?«. Abner rispose: »Com’è vero che tu vivi, o re, non lo so«. Allora il re disse: »Informati di chi sia figlio questo ragazzo«. Quando Davide ritornò dall’uccisione del Filisteo, Abner lo prese e lo condusse davanti a Saul, mentre egli aveva ancora in mano la testa del Filisteo. Saul gli disse: »Giovane, di chi sei figlio?«. Davide rispose: »Sono figlio del tuo servo, Isai il Betlemita«. Quando ebbe finito di parlare a Saul, l’anima di Gionathan rimase legata all’anima di Davide, e Gionathan l’amò come l’anima sua. Quel giorno Saul lo prese con sé e non gli permise più di ritornare a casa di suo padre. Gionathan fece quindi un patto con Davide, perché lo amava come la sua anima. Poi Gionathan si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide, e vi aggiunse pure le sue vesti, la sua spada, il suo arco e la sua cintura. Davide andava ovunque Saul lo mandava e riusciva bene. Così Saul lo mise a capo degli uomini di guerra, ed era gradito a tutto il popolo e anche ai servi di Saul. Al loro rientro, quando Davide tornava dall’uccisione del Filisteo, le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando con tamburelli, con grida di gioia e con strumenti musicali. Così le donne si rispondevano a vicenda cantando, e dicevano: »Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila« La cosa irritò grandemente Saul e quelle parole gli dispiacquero, e disse: »A Davide ne hanno attribuito diecimila e a me ne hanno attribuito solo mille. Ora non gli manca altro che il regno!«. Così Saul da quel giorno in poi guardò Davide con gelosia. Il giorno dopo un cattivo spirito, da parte di DIO, s’impossessò di Saul che si comportava come un pazzo in mezzo alla casa, mentre Davide suonava l’arpa con la sua mano come gli altri giorni, e Saul aveva in mano la lancia. Così Saul scagliò la lancia, dicendo: »Inchioderò Davide al muro!«. Ma Davide schivò il colpo per due volte. Saul aveva paura di Davide perché l’Eterno era con lui, mentre si era ritirato da Saul. Perciò Saul lo allontanò da sé e lo fece capitano di mille uomini, ed egli andava e veniva alla testa del popolo. Or Davide riusciva bene in tutte le sue imprese e l’Eterno era con lui. Saul, vedendo che egli riusciva molto bene, aveva timore di lui; ma tutto Israele e Giuda amavano Davide, perché andava e veniva alla loro testa. Poi Saul disse a Davide: »Ecco Merab, la mia figlia maggiore; io te la darò in moglie; sii per me un figlio valoroso e combatti le battaglie dell’Eterno«. Or Saul pensava: »Non sia la mia mano a colpirlo, ma sia la mano dei Filistei«. Ma Davide rispose a Saul: »Chi sono io e cosa è la vita mia e la famiglia di mio padre in Israele, perché io divenga genero del re?«. Or avvenne che, quando venne il momento di dare Merab, figlia di Saul, a Davide, essa fu data in moglie ad Adriel, il Meholathita. Ma Mikal, figlia di Saul, amava Davide; lo riferirono a Saul e la cosa gli piacque. Così Saul pensò: »Gliela darò, perché sia per lui un laccio e perché egli cada sotto la mano dei Filistei«. Saul dunque disse a Davide una seconda volta: »Oggi puoi diventare mio genero«. Poi Saul ordinò ai suoi servi: »Parlate in segreto a Davide e ditegli: »Ecco, il re è soddisfatto di te e tutti i suoi servi ti amano, diventa dunque il genero del re«« I servi di Saul riportarono queste parole a Davide. Ma Davide rispose: »Vi pare piccola cosa diventare genero del re? Io sono un uomo povero e di bassa condizione«. I servi riferirono a Saul: »Davide ha risposto in questo modo«. Allora Saul disse: »Direte così a Davide: »Il re non desidera alcuna dote ma cento prepuzi dei Filistei, per fare vendetta sui nemici del re««. Or Saul complottava di far morire Davide per mezzo dei Filistei. Quando i servi riferirono a Davide queste parole, parve bene a Davide di diventare genero del re. I giorni fissati non erano ancora trascorsi, quando Davide si levò e partì con i suoi uomini e uccise duecento uomini dei Filistei. Poi Davide portò i loro prepuzi e li consegnò in numero esatto al re per diventare suo genero. Allora Saul gli diede sua figlia Mikal in moglie Così Saul vide e comprese che l’Eterno era con Davide; e Mikal, figlia di Saul, lo amava. Saul ebbe ancora più paura di Davide e rimase nemico di Davide tutti i giorni che visse. Poi i principi dei Filistei uscirono a combattere ma, ogni volta che uscivano Davide riusciva meglio di tutti i servi di Saul; così il suo nome divenne molto famoso. Saul parlò a suo figlio Gionathan e a tutti i suoi servi di fare morire Davide. Ma Gionathan, figlio di Saul, nutriva un grande affetto per Davide. Così Gionathan informò Davide, dicendo: »Saul mio padre, cerca di farti morire; perciò domani mattina fa’ attenzione, rimani in un luogo segreto e nasconditi. Io uscirò e starò accanto a mio padre nel campo dove ti trovi tu, e parlerò di te a mio padre. Vedrò che cosa succede e te lo farò sapere«. Gionathan dunque parlò a Saul suo padre in favore di Davide e gli disse: »Non pecchi il re contro il suo servo contro Davide, perché egli non ha peccato contro di te, e perché le sue imprese ti sono state di grande utilità. Egli ha esposto la propria vita al pericolo, quando ha ucciso il Filisteo, e l’Eterno ha operato una grande liberazione per tutto Israele. Tu hai visto e ti sei rallegrato; perché dunque peccheresti contro il sangue innocente, facendo morire Davide senza motivo?«. Saul diede ascolto alla voce di Gionathan e giurò: »Com’è vero che l’Eterno vive, egli non morirà!«. Allora Gionathan chiamò Davide e gli riferì tutte queste cose. Poi Gionathan ricondusse Davide da Saul, ed egli rimase al suo servizio come prima. Cominciò di nuovo la guerra; così Davide uscì a combattere contro i Filistei e inflisse loro una grave sconfitta, ed essi si diedero alla fuga davanti a lui. Ma un cattivo spirito da parte dell’Eterno, s’impossessò di Saul mentre stava in casa sua con la sua lancia in mano, e Davide stava suonando l’arpa con la mano. Saul cercò d’inchiodare Davide al muro con la lancia, ma Davide fuggì davanti a Saul, ed egli conficcò la lancia nel muro. Davide fuggì e si mise in salvo quella stessa notte. Saul allora inviò messaggeri a casa di Davide per sorvegliarlo e ucciderlo il mattino dopo; ma Mikal, moglie di Davide, lo avvertì della cosa, dicendo: »Se non ti metti in salvo questa notte, domani sarai morto«. Così Mikal calò Davide dalla finestra; ed egli se ne andò, fuggì e si mise in salvo. Poi Mikal prese l’idolo di casa e lo pose nel letto; al posto del capo mise una coltre di pelo di capra e la coperse con un panno. Quando Saul inviò i messaggeri a prendere Davide, ella disse: »E’ malato«. Allora Saul inviò di nuovo i messaggeri a vedere Davide e disse loro: »Portatemelo nel letto, perché io lo faccia morire«. Quando i messaggeri arrivarono, ecco che nel letto c’era l’idolo di casa con una coltre di pelo di capra al posto del capo. Allora Saul disse a Mikal: »Perché mi hai ingannato in questo modo e hai fatto fuggire il mio nemico, permettendogli di mettersi in salvo?«. Mikal rispose a Saul: »Egli mi ha detto: »Lasciami andare, altrimenti ti uccido««. Davide dunque fuggì e si mise in salvo; andò da Samuele a Ramah e gli raccontò tutto ciò che Saul gli aveva fatto. Poi lui e Samuele andarono a stare a Naioth. La cosa fu riferita a Saul: »Ecco, Davide è a Naioth di Ramah«. Allora Saul inviò messaggeri per prendere Davide; ma quando essi videro l’assemblea dei profeti che profetizzavano, con Samuele che teneva la presidenza, lo Spirito di DIO investì i messaggeri di Saul che si misero anch’essi a profetizzare. Riferirono la cosa a Saul, che inviò altri messaggeri, i quali pure si misero a profetizzare. Saul mandò di nuovo messaggeri per la terza volta, e anche questi si misero a profetizzare. Allora si recò egli stesso a Ramah e giunto alla grande cisterna che è a Seku, chiese: »Dove sono Samuele e Davide?«. Qualcuno gli rispose: »Ecco, sono a Naioth di Ramah«. Così egli andò là a Naioth di Ramah ma lo Spirito di DIO investì anche lui ed egli continuò il suo viaggio profetizzando, finché giunse a Naioth di Ramah. Anch’egli si spogliò delle sue vesti, e anch’egli profetizzò davanti a Samuele e rimase sdraiato nudo per terra tutto quel giorno e tutta quella notte. Per questo si dice: »E’ anche Saul tra i profeti?«. Davide fuggì da Naioth di Ramah, si recò da Gionathan e gli disse: »Che cosa ho fatto? Qual è la mia colpa e qual è il mio peccato verso tuo padre, perché egli cerchi la mia vita?«. Gionathan gli rispose: »Non sia mai! Tu non morrai; ecco, mio padre non fa cosa alcuna, grande o piccola, senza farmelo sapere. Perché mio padre mi avrebbe nascosto questa cosa? Non è possibile«. Davide giurò nuovamente e disse: »Tuo padre sa certamente che io ho trovato grazia ai tuoi occhi e avrà detto »Gionathan non sappia questo, perché non si affligga«. Ma com’è vero che l’Eterno vive e che vive l’anima tua, fra me e la morte c’è solo un passo«. Gionathan disse a Davide: »Qualunque cosa tu chieda, io la farò per te«. Davide rispose a Gionathan: »Ecco, domani è la luna nuova e io dovrei sedere a tavola con il re, ma tu lasciami andare e io mi nasconderò per la campagna fino alla sera del terzo giorno. Se tuo padre nota la mia assenza, tu gli dirai: »Davide mi ha pregato con insistenza di poter fare una scappata fino a Betlemme, sua città, perché vi si celebra il sacrificio annuale per tutta la sua famiglia«. Se dirà: »Va bene«, il tuo servo sarà salvo. Se invece si adira, sappi che ha deciso di farmi del male. Usa dunque misericordia col tuo servo, perché hai fatto entrare il tuo servo in un patto dell’Eterno con te; ma se vi è in me qualche colpa uccidimi tu. Perché dovresti condurmi da tuo padre?«. Gionathan disse: »Lungi da te questo! Se io sapessi che mio padre ha deciso di farti del male, non te lo farei sapere?«. Davide disse a Gionathan: »Chi mi avvertirà se tuo padre ti risponde duramente?«. Gionathan disse a Davide: »Vieni, andiamo fuori in campagna!«. Così entrambi andarono fuori in campagna. Allora Gionathan disse a Davide: »L’Eterno, il DIO d’Israele, mi sia testimone! Quando domani o dopodomani, a quest’ora, indagherò sulle intenzioni di mio padre, se egli è ben disposto verso Davide, e io non mando ad avvisarti, l’Eterno faccia questo a Gionathan e anche peggio. Se invece mio padre intende farti del male, ti farò avvertire e ti lascerò partire perché te ne vada in pace; e l’Eterno sia con te, com’è stato con mio padre! Finche sarò in vita, non mi userai tu la bontà dell’Eterno, perché non sia ucciso? Ma non cesserai mai di usare bontà verso la mia casa, neppur quando l’Eterno avrà sterminato dalla faccia della terra tutti quanti i nemici di Davide«. Così Gionathan fece un patto con la casa di Davide, dicendo: »L’Eterno chieda conto del sangue ai nemici di Davide!«. Per l’amore che gli portava, Gionathan fece di nuovo giurare Davide perché egli lo amava come la sua anima. Poi Gionathan gli disse: »Domani è la nuova luna e la tua assenza sarà notata, perché il tuo posto sarà vuoto. Lascerai passare tre giorni, poi scenderai in fretta e ti recherai al luogo dove ti sei nascosto il giorno del fatto, e rimarrai presso la pietra di Ezel. Io tirerò tre frecce a fianco di essa, come se tirassi al bersaglio. Poi manderò un ragazzo, dicendo: »Va’ a cercare le frecce«. Se dico al ragazzo: »Guarda, le frecce sono di qua da te, prendile!«, allora vieni perché, come l’Eterno vive, va bene per te e non c’è alcun pericolo. Se invece dico al giovane: »Guarda, le frecce sono di là da te«, allora vattene, perché l’Eterno ti fa partire. Riguardo poi alle cose di cui io e tu abbiamo parlato, ecco l’Eterno sia testimone fra me e te per sempre«. Così Davide si nascose nel campo quando arrivò la luna nuova il re si mise a sedere per prendere cibo. Il re si pose a sedere sulla sua sedia come le altre volte, sulla sedia vicina al muro; Gionathan si pose a sedere di fronte. Abner si sedette accanto a Saul ma il posto di Davide rimase vuoto. Tuttavia Saul non disse nulla quel giorno, perché pensava: »Gli è successo qualcosa; non sarà puro; certamente egli non è puro«. Ma il giorno dopo, il secondo giorno della luna nuova, il posto di Davide era ancora vuoto. Allora Saul disse a Gionathan, suo figlio: »Perché il figlio di Isai non è venuto a mangiare né ieri né oggi?«. Gionathan rispose a Saul: »Davide mi ha chiesto con insistenza di lasciarlo andare a Betlemme; e ha detto: »Ti prego, lasciami andare, perché abbiamo in città un sacrificio di famiglia, e mio fratello mi ha imposto di andarvi; ora dunque, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, ti prego lasciami fare una scappata per vedere i miei fratelli«. Per questo non è venuto alla mensa del re«. Allora l’ira di Saul si accese contro Gionathan, e gli disse: »Figlio perverso e ribelle, non so io forse che tieni le parti del figlio di Isai, a tua vergogna e a vergogna della nudità di tua madre? Poiché fino a quando il figlio di Isai vivrà sulla terra, non vi sarà stabilità né per te né per il tuo regno. Manda dunque a prenderlo e conducilo da me, perché deve morire«. Gionathan rispose a Saul suo padre e gli disse: »Perché dovrebbe morire? Che ha fatto?«. Allora Saul scagliò la lancia contro di lui per ucciderlo. Gionathan comprese quindi che l’uccisione di Davide era cosa decisa da parte di suo padre. Così Gionathan si alzò da tavola acceso d’ira e non mangiò nulla nel secondo giorno della luna nuova, poiché era addolorato per Davide, perché suo padre l’aveva trattato in modo vergognoso. Il mattino dopo, Gionathan uscì in campagna al luogo fissato con Davide, avendo con sé un ragazzo. Egli disse al ragazzo: »Corri a cercare le frecce che tiro«. Come il ragazzo correva, tirò una freccia che lo oltrepassò. Quando il ragazzo giunse sul luogo dove si trovava la freccia che Gionathan aveva tirato, Gionathan gli gridò dietro: »La freccia non è forse oltre te?«. Poi Gionathan gridò ancora al ragazzo: »Fa’ in fretta, sbrigati, non fermarti!«. Così il ragazzo di Gionathan raccolse le frecce e tornò dal suo padrone. Ma il ragazzo non sapeva nulla; solo Gionathan e Davide sapevano di che si trattasse. Gionathan diede quindi le sue armi al suo ragazzo e gli disse: »Va’ portale in città«. Appena il ragazzo se ne fu andato, Davide si alzò dal lato meridionale si gettò con la faccia a terra e si prostrò tre volte; poi i due si baciarono l’un l’altro e piansero insieme; ma Davide pianse di più. Poi Gionathan disse a Davide: »Va’ in pace, ora che noi due abbiamo giurato nel nome dell’Eterno: l’Eterno sia testimone fra me e te e fra la mia discendenza e la tua discendenza per sempre«. Quindi Davide si levò e se ne andò, e Gionathan tornò in città. Poi Davide andò a Nob dal sacerdote Ahimelek; Ahimelek andò incontro a Davide tutto tremante e gli disse: »Perché sei solo e non c’è nessuno con te?«. Davide rispose al sacerdote Ahimelek: »Il re mi ha comandato una certa cosa e mi ha detto: »Nessuno sappia niente della cosa per la quale ti mando e di ciò che ti ho comandato«. I miei uomini invece li ho indirizzati nel tal luogo. E ora che cosa hai sotto mano? Dammi cinque pani o qualunque cosa tu abbia«. Il sacerdote rispose a Davide dicendo: »Non ho pane comune sotto mano, c’è solo del pane consacrato, a condizione che i tuoi uomini si siano almeno astenuti da donne«. Davide rispose al sacerdote: »Siamo rimasti senza donne da quando sono partito, tre giorni fa; i vasi poi dei miei uomini sono puri; e il pane in effetti è comune, anche se oggi è stato santificato nei vasi«. Così il sacerdote gli diede il pane consacrato perché là non c’era altro pane che quello della presentazione, che era stato tolto dalla presenza dell’Eterno, per mettervi invece del pane caldo nel momento in cui si toglie. In quel giorno, c’era là un uomo dei servi di Saul, trattenuto davanti all’Eterno; si chiamava Doeg, l’Edomita, il capo dei pastori di Saul. Davide disse ad Ahimelek: »Non hai per caso sotto mano una lancia o una spada? Poiché non ho preso con me né la mia spada né le mie armi, perché l’incarico del re era urgente«. Il sacerdote rispose: »C’è la spada di Goliath il Filisteo, che tu uccidesti nella valle del Terebinto; è là dietro l’efod, avvolta in un panno; se la vuoi prendere, prendila, perché qui non ve n’è altra all’infuori di questa«. Davide disse: »Nessuna è pari a quella; dammela!«. Quel giorno Davide si levò e fuggì dalla presenza di Saul, e andò da Akish, re di Gath. I servi di Akish gli dissero: »Non è costui Davide, il re del paese? Non è di costui che cantavano in coro nelle danze, dicendo: »Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila?«. Davide ritenne in cuore queste parole, ed ebbe grande paura di Akish, re di Gath. Così cambiò il suo modo di agire davanti a loro e nelle loro mani si fingeva pazzo: tracciava sgorbi sui battenti delle porte e lasciava scorrer la saliva sulla barba. Allora Akish disse ai suoi servi: »Ecco, vedete, costui è pazzo; perché me lo avete condotto? Mi mancano forse dei pazzi, che mi conducete questo tale a fare il pazzo in mia presenza? Costui non entrerà in casa mia!«. Poi Davide partì di là e si rifugiò nella caverna di Adullam; quando i suoi fratelli e tutta la casa di suo padre lo seppero, scesero laggiù da lui. E tutti quelli che erano in difficoltà, che avevano debiti o che erano scontenti si radunarono presso di lui, ed egli divenne loro capo. C’erano con lui circa quattrocento uomini. Di là Davide andò a Mitspah di Moab e disse al re di Moab: »Deh permetti che mio padre e mia madre vengano a stare con voi, finché io sappia ciò che DIO farà per me«. Così egli li condusse davanti al re di Moab, ed essi rimasero con lui tutto il tempo che Davide fu nella fortezza. Poi il profeta Gad disse a Davide: »Non rimanere più nella fortezza, ma parti e va’ nel paese di Giuda«. Davide allora partì e andò nella foresta di Hereth. Quando Saul venne a sapere che Davide e gli uomini che erano con lui erano stati scoperti (Saul si trovava allora a Ghibeah sotto il tamerisco in Ramah con la sua lancia in mano, e tutti i suoi servi lo attorniavano), Saul disse ai servi che gli stavano intorno. »Ascoltate ora, Beniaminiti! Il figlio di Isai darà a ciascuno di voi campi e vigne? Vi farà tutti capi di migliaia e capi di centinaia? Tutti voi avete congiurato contro di me e non c’è alcuno che mi abbia informato del patto che mio figlio ha fatto col figlio di Isai; e non c’è alcuno di voi che sia spiacente per me e m’informi che mio figlio ha sollevato contro di me il mio servo per tendermi insidie come fa oggi?«. Rispose allora Doeg, l’Idumeo, che era preposto ai servi di Saul e disse: »Io ho visto il figlio di Isai quando venne a Nob da Ahimelek, figlio di Ahitub; questi ha consultato l’Eterno per lui gli ha dato dei viveri e gli ha consegnato la spada di Goliath il Filisteo« Allora il re mandò a chiamare il sacerdote Ahimelek, figlio di Ahitub, e tutta la casa di suo padre, i sacerdoti che erano a Nob; ed essi vennero tutti dal re. Saul disse: »Ora ascolta, o figlio di Ahitub!« Egli rispose: »Eccomi, o mio signore«. Saul gli disse: »Perché tu e il figlio di Isai avete congiurato contro di me, in quanto gli hai dato pane e una spada, e hai consultato DIO per lui, affinché insorga contro di me e mi tenda insidie come fa oggi?«. Allora Ahimelek rispose al re, dicendo: »E fra tutti i tuoi servi chi è fedele come Davide, genero del re, pronto al tuo comando e onorato nella tua casa? E’ forse oggi che io ho cominciato a consultare DIO per lui? Non sia mai. Non imputi il re nulla del genere al suo servo o ad alcuno della casa di mio padre perché il tuo servo non sapeva nulla di tutto questo, né poco né molto«. Il re disse: »Tu certamente morrai, Ahimelek, tu e tutta la casa di tuo padre!«. Allora il re ordinò alle guardie che lo attorniavano: »Volgetevi e uccidete i sacerdoti dell’Eterno, perché sono anch’essi dalla parte di Davide e perché sapevano che egli era fuggito, ma non mi hanno avvertito«. Ma i servi del re non vollero stendere le mani per colpire i sacerdoti dell’Eterno. Allora il re disse a Doeg: »Volgiti tu e colpisci i sacerdoti!«. Così Doeg l’Idumeo si volse e colpì i sacerdoti, e uccise in quel giorno ottantacinque persone che portavano l’efod di lino. Saul passò pure a fil di spada Nob, la città dei sacerdoti, uomini, donne, fanciulli, bambini di latte, buoi, asini e pecore, egli passò tutti a fil di spada. Tuttavia uno dei figli di Ahimelek, figlio di Ahitub, di nome Abiathar, scampò e si rifugiò presso Davide. Abiathar riferì a Davide che Saul aveva ucciso i sacerdoti dell’Eterno. Davide disse ad Abiathar: »Io sapevo bene in quel giorno che Doeg l’Idumeo là presente, avrebbe senza dubbio avvertito Saul. Sono io la causa della morte di tutte le persone della casa di tuo padre. Rimani con me, non temere; chi cerca la mia vita cerca la tua, ma con me starai al sicuro«. Poi riferirono a Davide: »Ecco i, Filistei stanno combattendo contro Keilah e saccheggiano le aie«. Così Davide consultò l’Eterno, dicendo: »Andrò io a sconfiggere questi Filistei?«. L’Eterno rispose a Davide: »Va’ Sconfiggi i Filistei e salva Keilah«. Ma gli uomini di Davide gli dissero »Ecco, noi siamo già pieni di paura qui in Giuda, che sarà poi se andiamo a Keilah contro le schiere dei Filistei?«. Davide consultò di nuovo l’Eterno, e l’Eterno gli rispose e gli disse: »Levati scendi a Keilah, perché io darò i Filistei nelle tue mani«. Allora Davide andò con i suoi uomini a Keilah, combattè contro i Filistei, portò via il loro bestiame e compì in mezzo a loro una grande strage. Così Davide liberò gli abitanti di Keilah. Quando Abiathar, figlio di Ahimelek, si rifugiò presso Davide a Keilah, portò con se l’efod. Saul fu informato che Davide era giunto a Keilah. Allora Saul disse: »DIO lo ha consegnato nelle mie mani, perché è andato a rinchiudersi in una città che ha porte e sbarre«. Saul dunque convocò tutto il popolo per la guerra, per scendere a Keilah e stringere d’assedio Davide e i suoi uomini. Quando Davide venne a sapere che Saul macchinava del male contro di lui, disse al sacerdote Abiathar: »Porta qui l’efod«. Davide quindi disse: »O Eterno, DIO d’Israele, il tuo servo ha chiaramente sentito che Saul cerca di venire a Keilah per distruggere la città per causa mia. I capi di Keilah mi consegneranno nelle sue mani? Scenderà Saul come il tuo servo ha inteso dire? O Eterno, DIO d’Israele, deh, fallo sapere al tuo servo!«. L’Eterno rispose: »Scenderà«. Davide chiese ancora: »I capi di Keilah consegneranno me e i miei uomini nelle mani di Saul?«. L’Eterno rispose: »Vi consegneranno«. Allora Davide e i suoi uomini, circa seicento, si levarono, uscirono da Keilah e andarono vagando qua e là. Come Saul fu avvertito che Davide era fuggito da Keilah, rinunziò alla sua spedizione. Davide dimorò in roccaforti nel deserto e rimase nella regione montuosa del deserto di Zif. Saul lo cercava continuamente, ma DIO non glielo consegnò nelle mani. Or Davide, sapendo che Saul si era mosso per togliergli la vita, rimase nel deserto di Zif, nella foresta. Allora Gionathan, figlio di Saul, si levò e si recò da Davide nella foresta, e l’aiutò a trovare forza in DIO. Gli disse quindi: »Non temere, perché Saul, mio padre, non riuscirà a metterti le mani addosso: tu regnerai sopra Israele e io sarò il secondo dopo di te. Lo stesso Saul mio padre sa questo«. Così i due fecero un patto davanti all’Eterno; quindi Davide rimase nella foresta, mentre Gionathan andò a casa sua. Poi gli Zifei salirono da Saul a Ghibeah e gli dissero: »Davide non sta nascosto fra noi in roccaforti nella foresta sul colle di Hakilah che è a sud del deserto? Perciò, o re, scendi, perché tutto il desiderio della tua anima è di scendere; ci penseremo noi a consegnarlo nelle mani del re«. Saul disse: »Siate benedetti dall’Eterno, perché avete avuto pietà di me, Andate, vi prego, e accertatevi meglio per conoscere e vedere il luogo dove si rifugia, e chi lo ha visto là perché mi si dice che egli è molto astuto. Cercate di conoscere tutti i nascondigli dove si rifugia; poi tornate da me con notizie sicure e io andrò con voi. Così se egli è nel paese, io lo cercherò fra tutte le migliaia di Giuda«. Allora essi si levarono e andarono a Zif davanti a Saul; ma Davide e i suoi erano nel deserto di Maon, nell’Arabah a sud del deserto. Quando Saul e i suoi uomini andarono a cercarlo, Davide fu avvertito, perciò egli scese alla roccia e rimase nel deserto di Maon. Quando Saul lo seppe diede la caccia a Davide nel deserto di Maon. Saul camminava su un fianco del monte mentre Davide con i suoi uomini camminava sull’altro fianco. Come Davide affrettava la marcia per sfuggire a Saul, mentre Saul e i suoi uomini stavano accerchiando Davide e i suoi uomini per prenderli, arrivò da Saul un messaggero che disse: »Affrettati a venire, perché i Filistei hanno invaso il paese«. Così Saul cessò di inseguire Davide e andò ad affrontare i Filistei, perciò quel luogo fu chiamato la »roccia della divisione« Poi Davide di là salì per stabilirsi nelle roccaforti di En-Ghedi. Quando Saul ritornò dall’inseguimento dei Filistei, gli riferirono: »Ecco, Davide è nel deserto di En-Ghedi«. Allora Saul prese tremila uomini scelti da tutto Israele e andò a cercare Davide e i suoi uomini di fronte alle rocce delle capre selvatiche. Arrivato ai recinti di pecore lungo la strada, dove c’era una caverna, Saul vi entrò per fare un bisogno naturale. (Or Davide e i suoi uomini se ne stavano in fondo alla caverna). Gli uomini di Davide gli dissero: »Questo è il giorno in cui l’Eterno ti dice: »Ecco, io ti consegno nelle mani il tuo nemico; fa’ di lui quello che ti piace««. Allora Davide si alzò e, senza farsi notare, tagliò il lembo del mantello di Saul. Ma dopo ciò a Davide battè il cuore, perché aveva tagliato il lembo del mantello di Saul. Così disse ai suoi uomini: »Mi guardi l’Eterno dal fare questa cosa al mio signore, all’unto dell’Eterno, dallo stendere la mia mano contro di lui, perché è l’unto dell’Eterno«. Con queste parole Davide trattenne i suoi uomini e non permise loro di scagliarsi contro Saul. Quindi Saul si levò, uscì dalla caverna e continuò il suo cammino. Dopo ciò anche Davide si levò, uscì dalla caverna e gridò a Saul, dicendo: »O re, mio signore!«. Allora Saul si voltò indietro, e Davide si abbassò con la faccia a terra e si prostrò. Davide disse a Saul: »Perché dai ascolto alle parole della gente che dice »Davide cerca di farti del male«? Ecco, quest’oggi i tuoi occhi hanno visto che oggi l’Eterno ti aveva consegnato nelle mie mani in quella caverna qualcuno mi disse di ucciderti, ma io ti ho risparmiato e ho detto: »Non stenderò la mia mano contro il mio signore perché è l’unto dell’Eterno«. Inoltre, padre mio, guarda; si, guarda nella mia mano il lembo del tuo mantello. Se ho tagliato il lembo del tuo mantello e non ti ho ucciso, puoi capire e renderti conto che non vi è nelle mie azioni né malvagità né ribellione e non ho peccato contro di te; ma tu mi tendi insidie per togliermi la vita! L’Eterno faccia giustizia fra me e te e l’Eterno mi vendichi di te; ma io non stenderò la mia mano contro di te. Come dice il proverbio degli antichi: »La malvagità viene dai malvagi«. Ma io non stenderò la mia mano contro di te. Contro chi è uscito il re d’Israele? Chi stai perseguitando? Un cane morto una pulce? L’Eterno sia giudice e faccia giustizia fra me e te; possa egli vedere e difendere la mia causa, e farmi giustizia, liberandomi dalle tue mani«. Quando Davide finì di dire queste parole a Saul, Saul disse: »E’ questa la tua voce, figlio mio Davide?«. E Saul alzò la voce e pianse. Poi disse a Davide: »Tu sei più giusto di me, perché tu mi hai reso del bene, mentre io ti ho reso del male. Tu oggi hai mostrato di esserti comportato bene con me, perché l’Eterno mi aveva dato nelle tue mani, ma tu non mi hai ucciso. Quando mai un uomo incontra il suo nemico e lo lascia andare in pace? Ti renda dunque l’Eterno del bene, per quanto oggi mi hai fatto. Ora so per certo che tu regnerai e che il regno d’Israele sarà reso stabile nelle tue mani. Perciò giurami per l’Eterno che non sopprimerai i miei discendenti dopo di me e che non cancellerai il mio nome dalla casa di mio padre«. Davide lo giurò a Saul. Poi Saul andò a casa sua, mentre Davide e i suoi uomini salirono alla roccaforte. Poi Samuele morì, e tutto Israele si radunò e lo pianse; lo seppellirono quindi nella sua casa a Ramah. Allora Davide si levò e scese al deserto di Paran. A Maon c’era un uomo, che aveva le sue proprietà a Karmel, quest’uomo era molto ricco: aveva tremila pecore e mille capre, e si trovava a Karmel per tosare le sue pecore. Quest’uomo si chiamava Nabal e sua moglie Abigail; lei era una donna di buon senso e di bell’aspetto, ma l’uomo era duro e malvagio nel suo operare; egli discendeva da Caleb. Quando Davide seppe nel deserto che Nabal stava tosando le sue pecore, mandò dieci giovani; Davide disse ai giovani: »Salite a Karmel. andate da Nabal e chiedetegli a nome mio se sta bene, e dite così: »Salute! Pace a te, pace alla tua casa e pace a tutto ciò che ti appartiene! Ho saputo che tu hai i tosatori, quando i tuoi pastori erano con noi, non abbiamo fatto loro alcun male e nulla è mancato loro durante tutto il tempo che sono stati a Karmel. Interroga i tuoi servi e te lo diranno. Possano questi giovani trovare grazia ai tuoi occhi, perché siamo venuti in un giorno di gioia; da’, ti prego, ai tuoi servi al tuo figlio Davide ciò che hai a porta di mano"«. Così i giovani di Davide andarono e riferirono a Nabal tutte queste parole in nome di Davide, poi attesero. Ma Nabal rispose ai servi di Davide dicendo: »Chi è Davide e chi è il figlio di Isai? Oggi sono molti i servi che si allontanano dai loro padroni. Prenderò dunque il mio pane la mia acqua e la carne degli animali da me uccisi per i miei tosatori, per darli a gente che non so da dove venga?«. Così i giovani di Davide ripresero la loro strada, tornarono indietro e andarono a riferire tutte queste parole. Allora Davide disse ai suoi uomini: »Ognuno si cinga la spada«. Così ognuno cinse la propria spada e anche Davide cinse la sua spada; circa quattrocento omini salirono dietro a Davide e duecento rimasero presso i bagagli. Ma uno dei servi avvertì Abigail, la moglie di Nabal dicendole: »Ecco Davide ha inviato messaggeri dal deserto per salutare il nostro padrone, ma egli li ha insultati. Eppure questi uomini sono stati molto buoni verso di noi; non abbiamo ricevuto alcun male e non ci è mancato nulla durante tutto il tempo in cui abbiamo girovagato con loro quando eravamo in campagna. Essi sono stati per noi un muro di protezione notte e giorno per tutto il tempo in cui siamo stati con loro pascolando il gregge. Sappi e vedi ciò che devi fare. perché accadrà qualche sventura al nostro padrone e a tutta la sua casa; egli è un uomo così malvagio, che non gli si può parlare«. Allora Abigail prese in fretta duecento pani, due otri di vino, cinque pecore già cucinate, cinque misure di grano arrostito, cento grappoli di uva passa e duecento schiacciate di fichi e li caricò sugli asini. Poi disse ai suoi servi: »Precedetemi io vi seguirò«. Ma non disse nulla a Nabal suo marito. Ora, mentre essa sul dorso di un asino scendeva per un sentiero nascosto dal monte, Davide e i suoi uomini scendevano verso di lei, ed essa s’imbattè con loro. Or Davide aveva detto: »Ho certamente custodito invano tutto ciò che costui aveva nel deserto. Non gli è mai mancato nulla di tutto ciò che possedeva, ma egli mi ha reso male per bene. Così DIO faccia ai nemici di Davide e anche peggio, se di tutto ciò che possiede io lascerò in vita un sol maschio fino al mattino«. Quando Abigail vide Davide, scese in fretta dall’asino, e gettandosi con la faccia a terra davanti a Davide, si prostrò fino a terra. Così si gettò ai suoi piedi e disse: »O mio signore, su di me, su di me soltanto ricada la colpa! Deh, lascia che la tua serva ti parli, e tu ascolta le parole della tua serva! Ti prego, signor mio non far caso a quell’uomo spregevole a Nabal, perché egli è esattamente come il suo nome, si chiama Nabal e in lui c’e stoltezza; ma io, la tua serva, non ho visto i giovani mandati dal mio signore. Or dunque, signor mio, com’è vero che l’Eterno vive e che la tua anima vive l’Eterno ti ha impedito di spargere il sangue e di farti giustizia con le tue proprie mani. Or dunque i tuoi nemici e quelli che vogliono fare del male al mio signore siano come Nabal! E ora questo dono che la tua serva ha portato al mio signore, sia dato ai giovani che seguono il mio signore. Deh, perdona la colpa della tua serva; certamente l’Eterno renderà stabile la casa del mio signore, perché il mio signore combatte le battaglie dell’Eterno e in tutto il tempo della tua vita non è stato trovato alcun male in te. Se sorgesse qualcuno a perseguitarti e a cercare la tua vita la vita del mio signore sarà custodita nello scrigno della vita presso l’Eterno, il tuo DIO, mentre la vita dei tuoi nemici l’Eterno la scaglierà come dal cavo di una fionda. Così, quando l’Eterno avrà fatto al mio signore tutto il bene che ha promesso a tuo riguardo e ti avrà costituito capo sopra Israele, questa cosa non sarà un dolore per te ne un rimorso al cuore del mio signore: l’avere cioè sparso del sangue senza motivo e l’essersi fatto giustizia da sé ma quando l’Eterno avrà fatto del bene al mio signore, ricordati della tua serva«. Allora Davide disse ad Abigail: »Sia benedetto l’Eterno, il DIO d’Israele, che oggi ti ha mandato incontro a me! Benedetto il tuo consiglio e benedetta tu che oggi mi hai impedito di arrivare allo spargimento di sangue e di farmi giustizia con le mie proprie mani! Poiché certo, com’è vero che vive l’Eterno, il DIO d’Israele, che mi ha impedito di farti del male, se non ti fossi affrettata a venirmi incontro allo spuntar del giorno a Nabal non sarebbe rimasto un sol uomo«. Così Davide ricevette dalle sue mani ciò che ella gli aveva portato e le disse: »Risali in pace a casa tua, vedi, io ho dato ascolto alla tua voce e ho avuto riguardo alla tua persona«. Abigail ritornò quindi da Nabal; egli stava facendo un banchetto in casa sua, come un banchetto da re. Nabal aveva il cuore allegro, perché era ubriaco fradicio, perciò ella non gli fece sapere niente, né poco né molto, fino allo spuntar del giorno. Ma il mattino dopo, quando l’effetto del vino gli era passato, la moglie raccontò a Nabal queste cose; allora il cuore dentro di lui venne meno ed egli rimase come un sasso. Circa dieci giorni dopo, l’Eterno colpì Nabal ed egli morì. Quando Davide seppe che Nabal era morto, disse: »Sia benedetto l’Eterno, che mi ha reso giustizia dell’oltraggio che ho ricevuto da Nabal e ha trattenuto il suo servo dal male! L’Eterno infatti ha fatto ricadere sul suo capo la malvagità di Nabal«. Poi Davide mandò un’ambasciata a parlare ad Abigail per prenderla in moglie. I servi di Davide vennero da Abigail a Karmel e le parlarono così, dicendo: »Davide ci ha mandati da te, perché vuole prenderti in moglie«. Allora ella si levò, si prostrò con la faccia a terra e disse: »Ecco, possa la tua serva fare da schiava, per lavare i piedi ai servi del mio signore«. Poi Abigail si levò in fretta, montò sull’asino e, assistita da cinque fanciulle, seguì i messaggeri di Davide e divenne sua moglie. Davide prese anche Ahinoam di Je-zreel, e tutte e due furono sue mogli Or Saul aveva dato sua figlia Mikal, già moglie di Davide, a Palti, figlio di Laish, che era di Gallim. Or gli Zifei vennero da Saul a Ghibeah e gli dissero: »Non è forse Davide nascosto sulla collina di Hakilah ai margini del deserto?«. Allora Saul si levò e scese verso il deserto di Zif, avendo con sé tremila uomini scelti d’Israele per cercare Davide nel deserto di Zif. Saul si accampò sulla collina di Haki-lah che è ai margini del deserto presso la strada, mentre Davide stava nel deserto. Quando si rese conto che Saul veniva a cercarlo nel deserto. Davide mandò alcune spie e seppe che Saul era veramente arrivato. Allora Davide si levò e andò al luogo dove Saul era accampato. Davide notò il luogo dove erano coricati Saul e Abner, il figlio di Ner, capo del suo esercito. Saul era coricato nel campo dei carri, e la sua gente era accampata intorno a lui. Davide si rivolse quindi ad Ahimelek, lo Hitteo, e ad Abishai figlio di Tseruiah fratello di Joab e disse: »Chi scenderà con me da Saul nell’accampamento?«. Abishai rispose: »Scenderò io con te«. Così Davide ed Abishai giunsero da quella gente di notte; ed ecco che Saul giaceva addormentato nel campo dei carri, con la sua lancia infissa a terra dalla parte del capo, mentre Abner e la sua gente erano coricati intorno a lui. Allora Abishai disse a Davide: »Oggi DIO ti ha messo nelle mani il tuo nemico; perciò ti prego, lascia che lo colpisca con la lancia e lo inchiodi a terra con un sol colpo; non ci sarà bisogno di un secondo«. Ma Davide disse ad Abishai: »Non ucciderlo, chi infatti potrebbe stendere la mano contro l’unto dell’Eterno senza rendersi colpevole?«. Poi Davide aggiunse: »Com’è vero che l’Eterno vive, solo l’Eterno lo colpirà: o perché arriverà il suo giorno e morirà, o perché andrà a combattere e verrà ucciso. L’Eterno mi guardi dallo stendere la mia mano contro l’unto dell’Eterno! Ora, ti prego prendi la lancia che è vicina al suo capo e la brocca dell’acqua e andiamocene«. Così Davide prese la lancia e la brocca dell’acqua che era vicina al capo di Saul e se ne andarono. Nessuno vide, nessuno se ne accorse, nessuno si svegliò; tutti dormivano perché un sonno profondo mandato dall’Eterno era caduto su di loro. Poi Davide passò dal lato opposto e si fermò lontano in cima al monte; c’era una grande distanza fra di loro. Allora Davide gridò alla gente di Saul e ad Abner, figlio di Ner, e disse: »Abner, non rispondi?«. Abner rispose e disse: »Chi sei tu che gridi al re?«. Così Davide disse ad Abner: »Non sei tu un uomo valoroso? E chi è pari a te in Israele? Perché dunque non hai fatto buona guardia al re tuo signore? Uno del popolo infatti è venuto per uccidere il re tuo signore. Ciò che hai compiuto non è affatto buono. Com ‘è vero che l’Eterno vive voi meritate la morte perché non avete fatto buona guardia al vostro signore l’unto dell’Eterno! E ora guarda dov’è la lancia del re e la brocca dell’acqua che era presso il suo capo!«. Saul riconobbe la voce di Davide e disse: »E’ questa la tua voce, o figlio mio Davide?«. Davide rispose »E’ la mia voce, o re, mio signore!«. Poi aggiunse: »Perché il mio signore perseguita il suo servo? Che cosa ho fatto? Che malvagità ho commesso? Ora perciò ascolti di grazia, il re mio signore le parole del suo servo. Se è l’Eterno che t’incita contro di me, egli accetti un’oblazione! Ma se sono gli uomini, siano maledetti davanti all’Eterno, perché oggi mi hanno scacciato per impedirmi di aver parte all’eredità dell’Eterno, dicendomi: »Va’ a servire altri dei«. Ora dunque il mio sangue non cada a terra lontano dalla presenza dell’Eterno, Poiché il re d’Israele è uscito per andare in cerca di una pulce, come si dà la caccia a una pernice su per i monti«. Allora Saul disse: »Ho peccato torna, figlio mio Davide, poiché, io non ti farò più alcun male, perché oggi la mia vita e stata preziosa ai tuoi occhi, ecco ho agito da stolto e mi sono grandemente sbagliato«. Davide rispose: »Ecco la lancia del re; venga qui uno dei giovani a prenderla. L’Eterno renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà; oggi infatti l’Eterno ti aveva dato nelle mie mani, ma io non ho voluto stendere la mia mano contro l’unto dell’Eterno. Come oggi la tua vita è stata preziosa ai miei occhi, così sarà preziosa la mia vita agli occhi dell’Eterno; ed egli mi liberi da ogni avversità«. Allora Saul disse a Davide: »Sii tu benedetto, figlio mio Davide. Tu farai grandi cose e sarai certamente vittorioso«. Così Davide continuò il suo cammino e Saul tornò a casa sua. Or Davide disse in cuor suo: »Un giorno o l’altro io perirò per mano di Saul; non vi è nulla di meglio per me che mettermi in salvo nel paese dei Filistei; così Saul desisterà dal ricercarmi ancora in tutto il territorio d’Israele così scamperò dalle sue mani«. Perciò Davide si levò e si recò con i seicento uomini che aveva con sé, da Akish figlio di Maok, re di Gath. Così Davide rimase con Akish a Gath, lui e i suoi uomini, ciascuno con la sua famiglia; Davide con le sue due mogli: Ahinoam la Jezreelita, e Abigail la Karmelita, già moglie di Nabal. Fu quindi riferito a Saul che Davide era fuggito a Gath, ed egli non lo cercò più. Davide disse ad Akish: »Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mi sia dato un luogo in una città della campagna dove io possa abitare. Perché dovrebbe il tuo servo abitare con te nella città reale?«. Così quel giorno Akish gli diede Tsiklag; per questo Tsiklag è appartenuta ai re di Giuda fino al giorno d’oggi. Il tempo che Davide rimase nel paese dei Filistei fu di un anno e quattro mesi. Davide e i suoi uomini salivano e facevano razzie nel paese dei Gheshuriti dei Ghirziti e degli Amalekiti; queste popolazioni abitavano da tempi antichi il paese, estendendosi da Shur fino al paese d’Egitto. Davide devastava il paese e non lasciava in vita né uomo né donna, prendeva quindi pecore, buoi, asini, cammelli e indumenti, e ritornava e andava da Akish. Quando Akish chiedeva: »Dove avete fatto razzie quest’oggi?« Davide rispondeva: »Contro il sud di Giuda contro il sud del Kenei«. Davide non lasciava in vita né uomo né donna, perché potevano portare notizie e diceva: »Potrebbero dare notizie a nostro riguardo e dire: »Così ha fatto Davide««. Questo fu il suo modo di agire tutto il tempo che rimase nel paese dei Filistei Così Akish si fidava di Davide e diceva: »Egli si è reso odioso al suo popolo Israele e così sarà per sempre mio servo«. In quei giorni i Filistei radunarono i loro eserciti per far guerra ad Israele. Allora Akish disse a Davide: »Sappi bene che dovrai uscire a combattere con me, tu e i tuoi uomini«. Davide rispose ad Akish: »Tu certamente vedrai ciò che il tuo servo farà«. Allora Akish disse a Davide: »Ebbene, io ti farò mia guardia del corpo per sempre«. Or Samuele era morto e tutto Israele l’aveva pianto, e lo avevano sepolto in Ramah sua città. E Saul aveva scacciato dal paese i medium e gl’indovini. Così i Filistei si radunarono e vennero ad accamparsi a Shunem, mentre Saul radunò tutto Israele e si accampò a Ghilboa. Quando Saul vide l’esercito dei Filistei ebbe paura e il suo cuore tremò forte. Così Saul consultò l’Eterno, ma l’Eterno non gli rispose né attraverso sogni né mediante l’Urim né per mezzo dei profeti. Allora Saul disse ai suoi servi: »Cercatemi una donna che sia una medium perché possa andare da lei per consultarla«. I suoi servi gli dissero: »Ecco a En-Dor c’è una donna che è una medium«. Così Saul si travestì indossando altri abiti e partì con due uomini. Giunsero dalla donna di notte e Saul le disse: »Pratica la divinazione per me ti prego, con una seduta spiritica e fammi salire colui che ti dirò«. La donna gli rispose: »Ecco tu sai ciò che Saul ha fatto: egli ha sterminato dal paese i medium e i maghi. Perché dunque tendi un laccio alla mia vita per farmi morire?«. Allora Saul le giurò per l’Eterno, dicendo: »Com’è vero che l’Eterno vive nessuna punizione ti toccherà per questo!« La donna gli disse: »Chi devo farti salire?«. Egli disse: »Fammi salire Samuele«. Quando la donna vide Samuele gridò ad alta voce; e la donna disse a Saul: »Perché mi hai ingannata? Tu sei Saul!« Il re le rispose: »Non aver paura, che cosa vedi?«. La donna disse a Saul: »Vedo un essere sovrumano che sale dalla terra«. Egli le domandò: »Che forma ha?«. Ella rispose: »è un vecchio che sale ed è avvolto in un mantello«. Allora Saul comprese che era Samuele, si piegò con la faccia a terra e si prostrò. Samuele disse a Saul: »Perché mi hai tu disturbato, facendomi salire?«. Saul rispose: »Mi trovo in una grande angustia, perché i Filistei mi fanno guerra e DIO si è allontanato da me, e non mi risponde più né mediante i profeti né attraverso i sogni; perciò, ti ho chiamato perché tu mi faccia sapere cosa devo fare«. Samuele disse: »Perché consulti me, se l’Eterno si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico? L’Eterno ha fatto come aveva detto per mezzo mio. L’Eterno ha strappato dalle tue mani il regno e lo ha dato a un altro, a Davide. perché non hai ubbidito alla voce dell’Eterno e non hai portato ad effetto la sua ardente ira contro Amalek; per questo l’Eterno oggi ti ha fatto questo. L’Eterno darà anche Israele con te nelle mani dei Filistei; domani tu e i tuoi figli sarete con me. L’Eterno darà pure l’esercito d’Israele nelle mani dei Filistei«. Allora Saul cadde subito lungo disteso per terra, perché grandemente spaventato dalle parole di Samuele; egli era già senza forze. perché non aveva preso cibo tutto quel giorno e tutta quella notte. La donna si avvicinò a Saul e vedendolo tutto terrorizzato, gli disse: »Ecco, la tua serva ha ubbidito alla tua voce; io ho messo in pericolo la mia vita per ubbidire alle parole che mi hai detto. Or dunque ascolta anche tu la voce della tua serva e lascia che ti metta davanti un boccone di pane; mangia, così riprenderai forza per rimetterti in cammino«. Ma egli rifiutò e disse: »Non mangerò«. I suoi servi però, insieme alla donna, insistettero ed egli li ascoltò; così si alzò da terra e si pose a sedere sul letto. La donna aveva in casa un vitello ingrassato; lo uccise in fretta, poi prese la farina la impastò e ne fece dei pani senza lievito. Mise questi cibi davanti a Saul e ai suoi servi, ed essi mangiarono; poi si levarono e ripartirono quella stessa notte. I Filistei radunarono tutte le loro truppe ad Afek, mentre gli Israeliti Si accamparono presso la sorgente di Jezreel. I principi dei Filistei procedevano con le loro centinaia e le migliaia, mentre Davide e i suoi uomini procedevano per ultimi con Akish. Allora i capi dei Filistei dissero: »Cosa fanno questi Ebrei?«. Akish rispose ai capi dei Filistei: »Non è costui Davide, servo di Saul re d’Israele, che è stato con me questi giorni o questi anni? In lui non ho trovato alcun fallo dal giorno della sua defezione a oggi!«. Ma i capi dei Filistei si adirarono contro di lui e gli dissero: »Rimanda costui, perché ritorni al luogo che gli hai assegnato. Non venga con noi a combattere, perché non diventi nostro nemico in battaglia. Come potrebbe riacquistare costui il favore del suo signore, se non con la testa di questi uomini? Non è costui Davide di cui cantavano in coro nelle danze, dicendo: »Saul ha ucciso i suoi mille e Davide i suoi diecimila«?«. Allora Akish chiamò Davide e gli disse: »Com’è vero che l’Eterno vive, tu sei un uomo retto e vedo con piacere il tuo andare e venire con me nell’esercito, perché non ho trovato in te niente di male dal giorno del tuo arrivo da me fino ad oggi; ma tu non sei gradito agli occhi dei principi. Or dunque torna indietro e va’ in pace, per non far nulla che dispiaccia ai principi dei Filistei«. Davide disse ad Akish: »Che cosa ho fatto e che cosa hai trovato nel tuo servo dal giorno in cui sono venuto con te fino al giorno d’oggi, perché io non possa andare a combattere contro i nemici del re, mio signore?«. Akish rispose a Davide dicendo: »Comprendo che tu sei gradito ai miei occhi come un angelo di DIO; ma i principi dei Filistei hanno detto: »Egli non deve salire con noi alla battaglia!«. Perciò, alzati domani mattina presto con i servi del tuo signore che sono venuti con te; alzatevi al mattino presto e, allo spuntar del giorno, partite«. Così Davide e i suoi uomini si alzarono al mattino presto, per partire e tornare nel paese dei Filistei. I Filistei invece salirono a Jezreel. Quando Davide e i suoi uomini giunsero a Tsiklag il terzo giorno, gli Amalekiti avevano fatto una razzia nel Negheve a Tsiklag; avevano preso Tsiklag e l’avevano incendiata; essi avevano fatto prigionieri le donne e tutti quelli che vi erano, piccoli e grandi; non avevano ucciso nessuno, ma li avevano condotti via e se n’erano andati. Quando Davide e i suoi uomini giunsero alla città, ecco la città era distrutta dal fuoco, e le loro mogli, i loro figli e le loro figlie erano stati condotti via prigionieri. Allora Davide e tutti quelli che erano con lui alzarono la voce e piansero finché non ebbero più forza di piangere. Le due mogli di Davide, Ahinoam, la Jezreelita e Abigail la Karmelita, già moglie di Nabal, erano anch’esse prigioniere. Davide fu grandemente angosciato perché la gente parlava di lapidarlo, avendo tutti l’animo amareggiato, ciascuno a motivo dei suoi figli e delle sue figlie; ma Davide si fortificò nell’Eterno, il suo DIO. Poi Davide disse al sacerdote Abiathar, figlio di Ahimelek: »Ti prego, portami l’efod«. Abiathar portò l’efod a Davide. Così Davide consultò l’Eterno e chiese: »Devo inseguire questa banda? La raggiungerò?«. L’Eterno rispose: »Inseguila, perché la raggiungerai certamente e ricupererai senz’altro ogni cosa«. Davide dunque partì con i seicento uomini che aveva con sé e giunse al torrente Besor, dove quelli rimasti indietro si fermarono; ma Davide continuò l’inseguimento con quattrocento uomini, mentre duecento rimasero indietro, perché erano troppo stanchi per attraversare il torrente Besor. Trovarono nella campagna un Egiziano e lo condussero a Davide. Gli diedero pane da mangiare e acqua da bere, gli diedero pure un pezzo di schiacciata di fichi secchi e due grappoli d’uva. Dopo aver mangiato, il suo spirito ritornò, perché non aveva mangiato pane né bevuto acqua per tre giorni e tre notti. Davide gli chiese: »A chi appartieni e da dove vieni?«. Egli rispose: »Sono un giovane egiziano, servo di un Amalekita il mio padrone mi ha abbandonato, perché tre giorni fa caddi ammalato. Abbiamo fatto una razzia nel sud dei Kerethei, nel territorio di Giuda e nel sud di Caleb e abbiamo incendiato Tsiklag col fuoco«. Davide gli disse: »Puoi tu condurmi giù dov’è quella banda?«. Egli rispose: »Giurami nel nome di DIO che non mi ucciderai e non mi consegnerai nelle mani del mio padrone, e io ti condurrò giù dov’è quella banda«. E lo condusse giù; ed ecco gli Amalekiti erano sparsi su tutto il paese mangiando, bevendo e facendo festa, per tutto il grande bottino che avevano portato via dal paese dei Filistei e dal paese di Giuda. Davide li attaccò dal crepuscolo fino alla sera del giorno dopo; nessuno di loro scampò, ad eccezione di quattrocento giovani, che montarono sui cammelli e fuggirono. Così Davide ricuperò tutto ciò che gli Amalekiti avevano portato via; Davide ricuperò anche le sue mogli. Niente andò loro perduto, né piccolo né grande, né figli né figlie, né bottino né alcun altra cosa che avevano loro preso. Davide ricuperò tutto. Così Davide prese tutte le greggi e tutti gli armenti; e quelli che camminavano davanti al bestiame, dicevano: »Questo è il bottino di Davide!«. Poi Davide giunse dai duecento uomini che erano troppo stanchi per seguire Davide, e che egli aveva fatto rimanere al torrente Besor. Questi andarono incontro a Davide e alla gente che era con lui. Così Davide si avvicinò loro e li salutò. Allora tutti i malvagi e gli spregevoli fra gli uomini che erano andati con Davide presero a dire: »Poiché costoro non sono venuti con noi, non daremo loro nulla del bottino che abbiamo ricuperato, eccetto la moglie e i figli di ciascuno; li conducano via e se ne vadano!«. Ma Davide disse: »Non fate così, fratelli miei con quello che l’Eterno ci ha dato proteggendoci e mettendo nelle nostre mani la banda che era venuta contro di noi. Chi vi darà retta in questa proposta? Ma quale la parte di chi scende a combattere, tale sarà la parte di chi rimane presso i bagagli; faranno le parti insieme«. Da quel giorno in poi si fece così; Davide ne fece uno statuto e una norma per Israele fino al giorno d’oggi. Quando Davide ritornò a Tsiklag, mandò parte del bottino agli anziani di Giuda, suoi amici, dicendo: »Eccovi un dono proveniente dal bottino preso dai nemici dell’Eterno«. Ne mandò a quelli di Bethel, a quelli di Ramoth del Neghev, a quelli di Jattir, a quelli di Aroer, a quelli di Sifmoth, a quelli di Eshtemoa a quelli di Rakal, a quelli delle città degli Jerahmeeliti, a quelli delle città dei Kenei, a quelli di Hormah, a quelli di Kor-Ashan, a quelli di Athak a quelli di Hebron, e a quelli di tutti i luoghi per i quali era passato Davide con i suoi uomini. Or i Filistei vennero a battaglia con Israele e gl’Israeliti fuggirono davanti ai Filistei, e caddero uccisi sul monte Ghilboa. I Filistei inseguirono accanitamente Saul e i suoi figli; così i Filistei uccisero Gionathan, Abinadab e Malkishuah figli di Saul. La battaglia si fece aspra contro Saul; gli arcieri lo raggiunsero ed egli fu gravemente ferito dagli arcieri. Saul disse al suo scudiero: »Sfodera la tua spada e trafiggimi con essa, non vengano questi incirconcisi a trafiggermi e a farsi beffe di me«. Ma il suo scudiero non volle, perché era tutto spaventato. Allora Saul prese la spada e vi si gettò sopra. Quando lo scudiero vide che Saul era morto, si gettò anch’egli sulla propria spada e morì con lui. Così in quel giorno morirono insieme Saul, i suoi tre figli il suo scudiero e tutti i suoi uomini. Quando gli Israeliti che erano di là dalla valle e che erano di là dal Giordano videro che gli uomini d’Israele si erano dati alla fuga e che Saul e i suoi figli erano morti. abbandonarono le città e fuggirono. Allora vennero i Filistei e vi si stabilirono. Il giorno dopo; i Filistei vennero a spogliare gli uccisi e trovarono Saul e i suoi tre figli caduti sul monte Ghilboa. Essi tagliarono la testa a Saul, lo spogliarono della sua armatura e mandarono messaggeri per tutto il paese dei Filistei a portare la notizia nel tempio dei loro idoli e al popolo. Collocarono quindi la sua armatura nel tempio di Ashtaroth, e appesero il suo cadavere alle mura di Beth-Shan. Ma quando gli abitanti di Jabesh di Galaad vennero a sapere ciò che i Filistei avevano fatto a Saul, tutti gli uomini valorosi si levarono, camminarono tutta la notte e tolsero dalle mura di Beth-Shan il cadavere di Saul e i cadaveri dei suoi figli; poi tornarono a Jabesh e qui li bruciarono. Presero quindi le loro ossa, le seppellirono sotto il tamarisco di Jabesh e digiunarono per sette giorni.
Dopo la morte di Saul Davide tornò dalla strage degli Amalekiti e si fermò due giorni a Tsiklag. Al terzo giorno, ecco arrivare dall’accampamento di Saul un uomo con le vesti stracciate e col capo cosparso di terra. Appena giunto vicino a Davide cadde a terra e si prostrò. Davide gli chiese: »Da dove vieni?«. L’altro gli rispose: »Sono fuggito dall’accampamento d’Israele«. Davide gli disse: »Come sono andate le cose? Ti prego, raccontami«. Egli rispose: »Il popolo è fuggito dal campo di battaglia e molti uomini sono caduti e sono morti; anche Saul e suo figlio Gionathan sono morti«. Allora Davide domandò al giovane che gli riferiva dell’accaduto: »Come sai che Saul e suo figlio Gionathan sono morti?«. ll giovane che gli riferiva dell’accaduto disse: »Mi trovavo per caso sul monte Ghilboa, quando vidi Saul appoggiato alla sua lancia, mentre i carri e i cavalieri lo inseguivano da vicino. Egli si voltò indietro, mi vide e mi chiamò. Io risposi: »Eccomi«. Egli mi chiese: »Chi sei tu?«. Gli risposi: »Sono un Amalekita«. Allora egli mi disse: »Avvicinati a me e uccidimi, perché una grande angoscia si è impadronita di me, ma la vita è ancora tutta in me«. Cosí mi avvicinai a lui e lo uccisi perché capivo che non avrebbe potuto vivere dopo la sua caduta. Poi presi il diadema che era sul suo capo e il bracciale che aveva al braccio, e li ho portati qui al mio signore«. Allora Davide afferrò le proprie vesti e le stracciò, e lo stesso fecero tutti gli uomini che erano con lui. Cosí fecero cordoglio, piansero e digiunarono fino a sera, per Saul, per Gionathan suo figlio, per il popolo dell’Eterno e per la casa d’Israele, perché erano caduti per la spada. Poi Davide chiese al giovane che gli aveva riferito dell’accaduto: »Di dove sei?«. Egli rispose: »Sono figlio di uno straniero, di un Amalekita«. Allora Davide gli disse: »Come mai non hai avuto timore di stendere la mano per uccidere l’unto dell’Eterno?«. Poi chiamò uno dei suoi uomini e gli disse: »Avvicinati e gettati su di lui!«. Egli lo colpí e quel tale morí. Davide quindi gli disse: »Il tuo sangue ricada sul tuo capo perché la tua stessa bocca ha testimoniato contro di te, dicendo: »Io ho ucciso l’unto dell’Eterno««. Allora Davide intonò questo lamento su Saul e su Gionathan, suo figlio, e ordinò di insegnarlo ai figli di Giuda: il canto dell’arco. Ecco si trova scritto nel libro del Giusto. »Lo splendore d’Israele giace ucciso sulle tue alture! Come mai sono caduti i prodi? Non annunziatelo a Gath, non fatelo sapere per le vie di Ashkalon. perché non gioiscano le figlie dei Filistei, perché non esultino le figlie degli incirconcisi. O monti di Ghilboa, non vi sia più né rugiada né pioggia su di voi, né campi di offerte; perché là fu gettato via lo scudo dei prodi, lo scudo di Saul, non piú unto con olio. Dal sangue degli uccisi, dal grasso dei prodi, l’arco di Gionathan non si ritrasse mai e la spada di Saul non tornò mai a vuoto. Saul e Gionathan, tanto amati e cordiali in vita, non furono divisi nella loro morte. Erano piú veloci delle aquile, piú forti dei leoni. Figlie d’Israele, piangete su Saul, che vi rivestiva di scarlatto nel lusso, ché ornava d’oro le vostre vesti. Come mai sono caduti i prodi in mezzo alla battaglia, e fu Gionathan ucciso sulle tue alture? Io sono in angoscia per te, fratello mio Gionathan; tu mi eri molto caro, il tuo amore per me era meraviglioso piú dell’amore delle donne. Come mai sono caduti i prodi, e sono perite le armi di guerra?«. Dopo questo, Davide consultò l’Eterno, dicendo: »Devo salire in qualcuna delle città di Giuda?«. L’Eterno gli rispose: »Sali«. Davide chiese: »Dove salirò?«. L’Eterno rispose: »A Hebron«. Cosí Davide vi salí con le sue due mogli, Ahinoam la Jezreelita ed Abigail la Karmelita, già moglie di Nabal. Davide condusse anche gli uomini che erano con lui, ognuno con la propria famiglia, e si stabilirono nelle città di Hebron. Poi vennero gli uomini di Giuda e là unsero Davide re sulla casa di Giuda. Fu quindi riferito a Davide che erano stati gli uomini di Jabesh di Galaad a seppellire Saul. Allora Davide inviò messaggeri agli uomini di Jabesh di Galaad per dir loro: »Siate benedetti dall’Eterno, per aver usato questa benignità a Saul, vostro signore, dandogli sepoltura! Ora l’Eterno usi benignità e fedeltà a voi. Anch’io vi farò del bene perché avete fatto una tale cosa. Or dunque prendano forza le vostre mani e siate valorosi, perché Saul vostro signore è morto, ma la casa di Giuda mi ha unto re su di essa«. Nel frattempo Abner, figlio di Ner capo dell’esercito di Saul, prese Ish-Bosceth, figlio di Saul e lo condusse a Mahanaim; e lo costituí re su Galaad, sugli Ashuriti, su Jezreel, su Efraim, su Beniamino e su tutto Israele. Ish-Bosceth, figlio di Saul, aveva quarant’anni quando cominciò a regnare su Israele e regnò due anni. Ma la casa di Giuda seguiva Davide. Il tempo che Davide regnò a Hebron sulla casa di Giuda fu di sette anni e sei mesi. Intanto Abner, figlio di Ner, e i servi di Ish-Bosceth, figlio di Saul, si mossero da Mahanaim diretti a Gabaon. Anche Joab, figlio di Tseruiah e i servi di Davide si mossero e li incontrarono presso la piscina di Gabaon. Cosí si fermarono gli uni da un lato della piscina e gli altri dall’altro lato. Allora Abner disse a Joab: »Si levino dei giovani e si esibiscano davanti a noi«. Joab rispose: »Si levino pure«. Cosí si levarono e si fecero avanti in ugual numero: dodici per Beniamino e per Ish-Bosceth, figlio di Saul e dodici dei servi di Davide. Ciascuno afferrò il suo avversario per la testa e gli conficcò la spada nel fianco; cosí caddero tutt’insieme. Quel luogo fu perciò chiamato il campo degli uomini forti; si trova a Gabaon. In quel giorno vi fu una battaglia molto dura in cui Abner con gli uomini d’Israele rimase sconfitto dai servi di Davide. Là c’erano i tre figli di Tseruiah: Joab, Abishai e Asahel; e Asahel era veloce come una gazzella della campagna. Asahel si mise ad inseguire Abner senza voltarsi né a destra né a sinistra dietro Abner. Poi Abner si volse indietro e disse: »Sei tu, Asahel?«. Egli rispose: »Sono io«. Abner gli disse: »Volgiti a destra o a sinistra, afferra uno dei giovani e prenditi le sue spoglie!«. Ma Asahel non volle smettere di inseguirlo. Abner disse nuovamente ad Asahel: »Smetti di inseguirmi. Perché obbligarmi a stenderti a terra? Come potrei allora guardare in faccia tuo fratello Joab?«. Ma egli si rifiutò di cambiare strada; perciò Abner con il retro della lancia lo colpí al basso ventre, e la lancia gli uscí di dietro; ed egli cadde e morí sul posto; quanti passavano dal luogo dove Asahel era caduto e morto si fermavano. Ma Joab a Abishai inseguirono Abner; al tramontar del sole essi giunsero al colle di Ammah che è di fronte a Ghiah, sulla via del deserto di Gabaon. I figli di Beniamino si radunarono dietro ad Abner formando un sol gruppo e si fermarono in cima a una collina. Allora Abner chiamò Joab e disse: »La spada dovrà forse divorare per sempre? Non sai che alla fine ci sarà amarezza? Quando mai ordinerai al popolo di smettere di inseguire i suoi fratelli?«. Joab rispose: »Com’è vero che DIO vive, se tu non avessi parlato, il popolo non avrebbe smesso d’inseguire i suoi fratelli fino al mattino« Allora Joab suonò la tromba e tutto il popolo si fermò, e non inseguí piú Israele e smise di combattere. Abner e i suoi uomini camminarono tutta quella notte per l’Arabah passarono il Giordano, attraversarono tutto il Bithron e giunsero a Mahanaim. Anche Joab ritornò dall’inseguimento dei servi di Abner e radunò tutto il popolo; di Davide mancavano diciannove uomini ed Asahel. Ma i servi di Davide avevano ucciso trecentosessanta uomini di Beniamino e di Abner. Quindi portarono via Asahel e lo seppellirono nel sepolcro di suo padre che è a Betlemme. Poi Joab e i suoi uomini camminarono tutta la notte e giunsero a Hebron allo spuntar del giorno. La guerra fra la casa di Saul e la casa di Davide fu lunga. Davide si faceva sempre piú forte, mentre la casa di Saul si indeboliva sempre di piú. In Hebron a Davide nacquero dei figli. Il suo primogenito fu Amnon, di Ahinoam la Jezreelita; il secondo fu Kileab, di Abigail la Karmelita, già moglie di Nabal; il terzo fu Absalom, figlio di Maakah, figlia di Talmai, re di Gheshur; il quarto fu Adonijah, figlio di Hagghith; il quinto fu Scefatiah, figlio di Abital, e il sesto fu Ithream, figlio di Eglah, moglie di Davide. Questi nacquero a Davide in Hebron. Durante la guerra fra la casa di Davide e la casa di Saul, Abner si tenne saldamente stretto alla casa di Saul. Or Saul aveva avuto una concubina di nome Ritspah, figlia di Aiah; e Ish-Bosceth disse ad Abner: »Perché sei entrato dalla concubina di mio padre?« Abner si adirò fortemente per le parole di Ish-Bosceth e rispose: »Sono forse una testa di cane di Giuda? Fino ad oggi ho usato fedeltà verso la casa di Saul tuo padre, verso i suoi fratelli e i suoi amici e non ti ho dato nelle mani di Davide, e proprio oggi tu mi rimproveri la colpa commessa con questa donna! DIO faccia cosí a Abner e anche peggio, se io non faccio per Davide ciò che l’Eterno gli ha giurato: trasferire il regno dalla casa di Saul e stabilire il trono di Davide su Israele e su Giuda, da Dan fino a Beer-Sceba«. Ish-Bosceth non potè rispondere una sola parola ad Abner, perché aveva paura di lui. Allora Abner mandò a nome suo messaggeri a Davide per dirgli: »A chi appartiene il paese? Fa’ alleanza con me e la mia mano sarà con te per riportare tutto Israele a te«. Davide rispose: »Ho una cosa da chiederti: Io farò alleanza con te, ma tu non vedrai la mia faccia se prima non mi condurrai Mikal figlia di Saul, quando verrai a vedermi«. Cosí Davide mandò messaggeri a Ish-Bosceth, figlio di Saul. per dire: »Restituisci mia moglie Mikal, a cui mi fidanzai per cento prepuzi di Filistei«. Ish-Bosceth mandò a prenderla presso suo marito Paltiel, figlio di Laish. Suo marito andò con lei e la seguí piangendo fino a Bahurim. Poi Abner gli disse: »Va’, torna indietro!«. Ed egli ritornò. Poi Abner rivolse la parola agli anziani d’Israele, dicendo: »Già da lungo tempo chiedete Davide per vostro re. Ora è tempo di agire, perché l’Eterno ha parlato di Davide, dicendo: »Per mezzo di Davide, mio servo, io salverò il mio popolo Israele dalle mani dei Filistei e da tutti i suoi nemici««. Abner parlò anche con quelli di Beniamino. Poi Abner andò da Davide a Hebron per riferirgli tutto ciò che parve bene a Israele e a tutta la casa di Beniamino. Cosí Abner giunse da Davide a Hebron con venti uomini, e Davide fece un convito per Abner e per gli uomini che erano con lui. Poi Abner disse a Davide: »Io mi leverò e andrò a radunare tutto Israele intorno al re mio signore, affinché essi facciano alleanza con te e tu possa regnare su tutto ciò che il tuo cuore desidera«. Poi Davide congedò Abner, che se ne andò In pace. Ed ecco, i servi di Davide e Joab tornavano da una razzia, portando con sé un grande bottino; ma Abner non era più con Davide in Hebron, perché questi lo aveva congedato ed egli se ne era andato in pace. Quando arrivarono Joab e tutti i soldati che erano con lui, qualcuno riferí la cosa a Joab, dicendo: »E’ venuto Abner figlio di Ner, dal re, che lo ha congedato ed egli se ne è andato in pace«. Allora Joab si recò dal re e gli disse »Che cosa hai fatto? Ecco, è venuto Abner da te; perché l’hai congedato, ed egli se ne è già andato? Tu sai che Abner, figlio di Ner, è venuto per ingannarti, per conoscere le tue mosse e per sapere tutto ciò che fai«. Dopo aver lasciato la presenza di Davide, Joab mandò messaggeri dietro Abner, i quali lo fecero tornare indietro dalla cisterna di Sirah senza che Davide lo sapesse. Quando Abner tornò a Hebron Joab lo prese in disparte in mezzo alla porta, come per parlargli in segreto e qui lo colpí al ventre e lo uccise per vendicare il sangue di Asahel, suo fratello. Piú tardi Davide venne a sapere della cosa e disse: »Io e il mio regno siamo in perpetuo innocenti davanti all’Eterno del sangue di Abner, figlio di Ner. Esso ricada sul capo di Joab e su tutta la casa di suo padre; non manchi mai nella casa di Joab chi soffra di flusso o di lebbra o debba appoggiarsi al bastone o perisca di spada o sia senza pane!«. Cosí Joab ed Abishai, suo fratello, uccisero Abner, perché questi aveva ucciso Asahel loro fratello a Gabaon, in battaglia. Poi Davide disse a Joab e a tutto il popolo che era con lui: »Stracciatevi le vesti, cingetevi di sacco e fate cordoglio per la morte di Abner!«. Anche il re Davide andò dietro alla bara. Cosí seppellirono Abner a Hebron, e il re alzò la voce e pianse davanti alla tomba di Abner; anche tutto il popolo pianse. Il re intonò un lamento su Abner e disse: »Doveva Abner morire come muore uno stolto? Le tue mani non erano legate, né i tuoi piedi erano stretti in catene di bronzo! Sei caduto davanti a malfattori«. Cosí tutto il popolo pianse di nuovo su di lui. Poi tutto il popolo venne per invitare Davide a prendere cibo, mentre era ancora giorno; ma Davide giurò dicendo: »Cosí mi faccia DIO e anche peggio se assaggerò pane o alcun’altra cosa prima che tramonti il sole«. Tutto il popolo capí e approvò la cosa; tutto ciò che il re faceva era approvato da tutto il popolo. Cosí tutto il popolo e tutto Israele compresero che non era affatto intenzione del re uccidere in quel giorno Abner, figlio di Ner. Il re disse quindi ai suoi servi: »Non sapete che un principe e un grande uomo è caduto oggi in Israele? Anche se unto re, io sono ancora debole, mentre questi uomini, i figli di Tseruiah, sono troppo forti per me. Ripaghi l’Eterno il malvagio secondo la sua malvagità«. Quando Ish-Bosceth, figlio di Saul, seppe che Abner era morto a Hebron, gli caddero le braccia e tutto Israele fu preso da sgomento. Il figlio di Saul aveva due uomini che erano capitani di schiere; il nome dell’uno era Baanah e il nome dell’altro Rekab; erano figli di Rimmon di Beeroth, della tribú di Beniamino. (Poiché anche Beeroth è considerata parte di Beniamino, benché i Beerothiti si siano rifugiati a Ghitthaim, dove sono rimasti fino al giorno d’oggi). Or Gionathan, figlio di Saul, aveva un figlio con i piedi storpi, egli aveva cinque anni quando giunse da Jezreel la notizia della morte di Saul e di Gionathan. La sua nutrice lo prese e fuggí ma nella fuga precipitosa il bambino cadde e rimase zoppo. Il suo nome era Mefibosceth. I figli di Rimmon Beerothita Rekab e Baanah, si mossero e giunsero nell’ora piú calda del giorno a casa di Ish-Bosceth, che stava prendendo il suo riposo pomeridiano. Entrarono all’interno della casa, come per prendere del grano e lo colpirono al ventre. Poi Rekab e suo fratello Baanah, si diedero alla fuga. Quando entrarono in casa, Ish-Bosceth giaceva sul letto nella sua camera; lo colpirono, l’uccisero e lo decapitarono; poi, presa la testa, camminarono tutta la notte seguendo la via dell’Arabah. Cosí portarono la testa di Ish-Bosceth a Davide in Hebron e dissero al re: »Ecco la testa di Ish-Bosceth, figlio di Saul, tuo nemico, il quale cercava la tua vita; oggi l’Eterno ha concesso al re, mio signore, la vendetta sopra Saul e sopra la sua discendenza«. Ma Davide rispose a Rekab ed a Baanah suo fratello, figli di Rimmon Beerothita, e disse loro: »Com’è vero che vive l’Eterno, il quale mi ha liberato da ogni avversità, se ho preso e fatto uccidere a Tsiklag colui che mi portò la notizia: »Ecco, Saul è morto«, benché egli credesse di avermi portato una buona notizia e si aspettasse di ricevere un premio, quanto piú ora che uomini scellerati hanno ucciso un uomo giusto in casa sua, sul suo letto, non dovrò chiedere conto del suo sangue dalle vostre mani e eliminarvi dalla terra?«. Cosí Davide diede ordine ai suoi giovani, e questi li uccisero, troncarono loro le mani e i piedi, poi li appesero presso la piscina di Hebron. Presero quindi la testa di Ish-Bosceth e la seppellirono nel sepolcro di Abner a Hebron. Allora tutte le tribú d’Israele vennero da Davide a Hebron e gli dissero: »Ecco, noi siamo tue ossa e tua carne. Già in passato, quando Saul regnava su di noi, eri tu che guidavi e riconducevi Israele. L’Eterno ti ha detto: »Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai principe sopra Israele««. Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hebron e il re Davide fece alleanza con loro a Hebron davanti all’Eterno, ed essi unsero Davide re sopra Israele. Davide aveva trent’anni quando cominciò a regnare e regnò quarant’anni. A Hebron regnò su Giuda sette anni e sei mesi; e a Gerusalemme regnò trentatrè anni su tutto Israele e Giuda. Or il re con i suoi uomini si mosse verso Gerusalemme contro i Gebusei che abitavano il paese. Questi dissero a Davide »Non entrerai qui, perché i ciechi e gli zoppi ti respingeranno!«, volendo dire: »Davide non entrerà mai qui«. Ma Davide prese la roccaforte di Sion (che è la città di Davide). Davide disse in quel giorno: »Chiunque batte i Gebusei giunga fino al canale e respinga gli zoppi e i ciechi che sono odiati da Davide«. Per questo dicono: »Il cieco e lo zoppo non entreranno nella Casa«. Cosí Davide si stabilí nella roccaforte e la chiamò la Città di Davide. Poi Davide costruí tutt’intorno cominciando da Millo e verso l’interno. Davide diventava sempre piú grande e l’Eterno, il DIO degli eserciti, era con lui. Poi Hiram, re di Tiro, inviò a Davide messaggeri, legname di cedro, falegnami e muratori, i quali costruirono una casa a Davide. Allora Davide riconobbe che l’Eterno lo stabiliva come re d’Israele e innalzava il suo regno per amore del suo popolo Israele. Dopo il suo arrivo da Hebron, Davide prese altre concubine e mogli da Gerusalemme, e gli nacquero altri figli e figlie. Questi sono i nomi dei figli che gli nacquero a Gerusalemme: Shammua, Shobab, Nathan, Salomone, Ibhar, Elishua, Nefeg Jafia Elishama, Eliada, Elifelet. Quando i Filistei vennero a sapere che Davide era stato unto re d’Israele tutti i Filistei salirono in cerca di Davide. Appena Davide lo seppe, scese alla roccaforte. I Filistei giunsero e si sparpagliarono nella valle dei Refaim. Allora Davide consultò l’Eterno dicendo: »Devo salire contro i Filistei? Li darai nelle mie mani?«. L’Eterno rispose a Davide: »Sali, perché darò certamente i Filistei nelle tue mani«. Cosí Davide andò a Baal-Peratsim, dove li sconfisse, e disse: »L’Eterno ha aperto un varco tra i miei nemici davanti a me, come un varco aperto dalle acque«. Per questo chiamò quel luogo: Baal-Peratsim. I Filistei abbandonarono là i loro idoli e Davide e i suoi uomini li portarono via. In seguito i Filistei salirono di nuovo e si sparpagliarono nella valle dei Refaim. Quando Davide consultò l’Eterno, egli disse: »Non salire; aggirali alle spalle, piomba su di loro di fronte ai Balsami. Quando udrai un rumore di passi sulle cime dei Balsami, lanciati subito all’attacco, perché allora l’Eterno uscirà davanti a te per sconfiggere l’esercito dei Filistei«. Davide fece esattamente come l’Eterno gli aveva comandato e sconfisse i Filistei da Gheba fino a Ghezer. Davide radunò di nuovo tutti gli uomini scelti d’Israele in numero di trentamila. Poi si levò e partì con tutto il popolo che era con lui da Baale di Giuda, per trasportare di là l’arca di DIO, col nome stesso dell’Eterno degli eserciti, che siede sopra i cherubini. E posero l’arca di DIO sopra un carro nuovo e la tolsero dalla casa di Abinadab che era sul colle; Uzzah e Ahio, figli di Abinadab guidavano il carro nuovo. Cosí condussero via l’arca di DIO dalla casa di Abinadab che era sul colle, e Ahio andava davanti all’arca. Davide e tutta la casa d’Israele suonavano davanti all’Eterno ogni sorta di strumenti di legno di cipresso, cetre, arpe, tamburelli, sistri e cembali. Quando giunsero all’aia di Nakon Uzzah stese la mano verso l’arca di DIO e la sostenne, perché i buoi inciamparono. Allora l’ira dell’Eterno si accese contro Uzzah, e là DIO lo colpí per la sua colpa; ed egli morí in quel luogo presso l’arca di DIO Davide fu grandemente amareggiato perché l’Eterno aveva aperto una breccia nel popolo, colpendo Uzzah. Cosí quel luogo fu chiamato Perets-Uzzah fino ad oggi. Davide in quel giorno ebbe paura dell’Eterno e disse: »Come può venire da me l’arca dell’Eterno?«. Cosí Davide non volle trasportare l’arca dell’Eterno presso di sé nella città di Davide, ma la fece trasferire in casa di Obed-Edom di Gath. L’arca dell’Eterno rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gath, e l’Eterno benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa. Allora fu detto al re Davide: »L’Eterno ha benedetto la casa di Obed-Edom e tutto ciò che gli appartiene, a motivo dell’arca di DIO«. Allora Davide andò e trasportò l’arca di DIO dalla casa di Obed-Edom nella città di Davide con gioia. Quando quelli che portavano l’arca dell’Eterno ebbero fatto sei passi, egli immolò un bue e un vitello grasso. Davide danzava con tutte le sue forze davanti all’Eterno, cinto di un efod di lino. Cosí Davide e tutta la casa d’Israele trasportarono l’arca dell’Eterno con grida di giubilo e a suon di tromba. Or avvenne che, mentre l’arca dell’Eterno entrava nella città di Davide, Mikal, figlia di Saul, guardando dalla finestra, vide il re Davide che saltava e danzava davanti all’Eterno, e lo disprezzò in cuor suo. Cosí portarono l’arca dell’Eterno e la collocarono al suo posto, in mezzo alla tenda che Davide aveva eretto per essa. Poi Davide offrí olocausti e sacrifici di ringraziamento davanti all’Eterno. Quando ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di ringraziamento, Davide benedisse il popolo nel nome dell’Eterno degli eserciti, e distribuí a tutto il popolo, a tutta la moltitudine d’Israele, uomini e donne, a ciascuno di essi una focaccia di pane una porzione di carne e una schiacciata di uva passa. Poi tutto il popolo se ne andò, ciascuno a casa sua. Come Davide tornava per benedire la sua famiglia, Mikal, figlia di Saul, uscí ad incontrare Davide e gli disse: »Quanto degno di onore è stato oggi il re d’Israele a scoprirsi davanti agli occhi delle serve dei suoi servi come si scoprirebbe un uomo del volgo!«. Allora Davide rispose a Mikal: »L’ho fatto davanti all’Eterno che mi ha scelto invece di tuo padre e di tutta la sua casa per stabilirmi principe d’Israele, del popolo dell’Eterno; perciò ho fatto festa davanti all’Eterno. Anzi mi abbasserò anche piú di cosí e mi renderò spregevole ai miei occhi ma, in merito alle serve di cui tu hai parlato io sarò onorato proprio da loro«. Mikal, figlia di Saul, non ebbe figli fino al giorno della sua morte. Dio promette a Davide di stabilire per sempre la sua casa e il suo regno Or avvenne che, quando il re si fu stabilito nella sua casa e l’Eterno gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici tutt’intorno, il re disse al profeta Nathan: »Vedi, io abito in una casa di cedro ma l’arca di DIO sta sotto una tenda«. Nathan rispose al re: »Va’, fa’ tutto ciò che hai in cuore di fare, perché l’Eterno è con te«. Ma quella stessa notte la parola dell’Eterno fu rivolta a Nathan in questo modo: »Va’ a dire al mio servo Davide: Cosí dice l’Eterno: »Mi costruirai tu una casa perché io vi dimori? Poiché io non ho dimorato in una casa, dal giorno in cui ho fatto uscire i figli d’Israele dall’Egitto fino ad oggi, ma ho vagato sotto una tenda e in un tabernacolo. Dovunque sono andato in mezzo a tutti i figli d’Israele, ho forse mai parlato ad alcuna delle tribú a cui avevo comandato di pascere il mio popolo d’Israele dicendo: Perché non mi edificate una casa di cedro?". Ora dunque dirai cosí al mio servo Davide: Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Io ti presi dall’ovile, mentre seguivi le pecore, perché tu fossi il capo d’Israele, mio popolo. Sono stato con te dovunque sei andato, ho sterminato tutti i tuoi nemici davanti a te e ho reso il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Assegnerò un posto ad Israele mio popolo, e ve lo pianterò perché dimori in casa sua e non sia piú disturbato, e i malvagi non continuino ad opprimerlo come nel passato, dal giorno in cui ho stabilito dei giudici sul mio popolo Israele. Ti darò riposo da tutti i tuoi nemici. Inoltre l’Eterno ti dichiara che egli ti costruirà una casa. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu riposerai con i tuoi padri, io innalzerò dopo di te la tua discendenza che uscirà dalle tue viscere e stabilirò il suo regno. Egli edificherà una casa al mio Nome e io renderò stabile per sempre il trono del suo regno. Io sarò per lui un padre ed egli mi sarà un figlio; quando farà del male, lo castigherò con verga d’uomo e con colpi di figli d’uomini, ma la mia misericordia non si allontanerà, come l’ho ritirata da Saul, che io ho rimosso davanti a te. La tua casa e il tuo regno saranno resi saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre"« Nathan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione. Allora il re Davide andò a sedersi davanti all’Eterno e disse: »Chi sono io o Signore, o Eterno, e che cos’è la mia casa, da farmi arrivare fino qui? Ma questo era ancora poca cosa ai tuoi occhi, o Signore, o Eterno, perché tu hai parlato anche della casa del tuo servo per un lontano futuro; e questa è la legge dell’uomo, o Signore, o Eterno. Che potrebbe dirti di piú, Davide? Tu conosci il tuo servo, o Signore, o Eterno! Per amore della tua parola e secondo il tuo cuore hai compiuto tutte queste grandi cose per farle conoscere al tuo servo. Per questo sei grande, o Eterno, o DIO. Nessuno è come te e non c’è altro DIO fuori di te, secondo tutto ciò che abbiamo udito con i nostri orecchi. E chi è come il tuo popolo, come Israele, l’unica nazione sulla terra che DIO è venuto a riscattare per sé come suo popolo per farsi un nome, e per compiere per te cose grandi e tremende per la tua terra davanti al tuo popolo che hai riscattato per te dall’Egitto, dalle nazioni dei loro dèi? Tu hai stabilito per te il tuo popolo d’Israele per essere tuo popolo per sempre; e tu, o Eterno, sei divenuto il suo DIO. E ora, o Eterno, o DIO, la parola che hai pronunziato riguardo al tuo servo e alla sua casa rendila stabile per sempre e fa’ come hai detto, affinché il tuo nome sia magnificato per sempre e si dica: »L’Eterno degli eserciti è il DIO d’Israele«. E la casa del tuo servo Davide sia resa stabile davanti a te! Poiché tu, o Eterno degli eserciti, DIO d’Israele, hai rivelato questo al tuo servo, dicendo: »Io ti edificherò una casa«. Per questo il tuo servo ha trovato il coraggio di rivolgerti questa preghiera. E ora, o Signore, o Eterno, tu sei DIO, le tue parole sono verità, e hai promesso queste belle cose al tuo servo. Ora perciò degnati di benedire la casa del tuo servo, affinché sussista per sempre davanti a te, perché tu, o Signore, o Eterno, hai parlato, e per la tua benedizione la casa del tuo servo sarà benedetta per sempre!«. Dopo queste cose, Davide sconfisse i Filistei e li umiliò, e Davide tolse di mano ai Filistei la loro piú importante città. Sconfisse pure i Moabiti e li misurò con la corda, dopo averli fatti coricare per terra. Con due corde misurò quelli che dovevano essere messi a morte, e con una corda completa quelli da lasciare in vita. Cosí i Moabiti divennero sudditi e tributari di Davide. Davide sconfisse anche Hadadezer, figlio di Rehob re di Tsobah, mentre egli andava a ristabilire il suo dominio lungo il fiume Eufrate. Davide gli prese millesettecento cavalieri e ventimila fanti. Davide tagliò pure i garetti a tutti i cavalli, ma ne risparmiò abbastanza per cento carri. Quando i Siri di Damasco vennero per soccorrere Hadadezer, re di Tsobah, Davide ne uccise ventiduemila. Poi Davide mise delle guarnigioni nella Siria di Damasco e i Siri divennero sudditi e tributari di Davide; l’Eterno proteggeva Davide dovunque egli andava. Davide prese gli scudi d’oro che i servi di Hadadezer avevano con sé e li portò a Gerusalemme. Il re Davide prese anche una grande quantità di bronzo a Betah e a Berothai città di Hadadezer. Quando Toi, re di Hamath, venne a sapere che Davide aveva sconfitto tutto l’esercito di Hadadezer mandò al re Davide Joram, suo figlio, per salutarlo e per benedirlo, perché aveva mosso guerra a Hadadezer e l’aveva sconfitto. Hadadezer infatti era sempre in guerra con Toi, Joram portò con sé vasi d’argento, vasi d’oro e vasi di bronzo. Il re Davide consacrò anche questi all’Eterno, come aveva già consacrato l’argento e l’oro proveniente dalle nazioni che aveva soggiogato: dai Siri, dai Moabiti, dagli Ammoniti, dai Filistei, dagli Amalekiti e dal bottino di Hadadezer, figlio di Rehob, re di Tsobah. Davide si fece un nome quando ritornò, dopo aver sconfitto diciottomila Siri nella valle del Sale. Pose delle guarnigioni anche in Idumea; ne mise per tutta l’Idumea e tutti gli Edomiti divennero sudditi di Davide e l’Eterno proteggeva Davide dovunque egli andava. Così Davide regnò su tutto Israele, pronunciando giudizi e amministrando la giustizia a tutto il suo popolo. Joab, figlio di Tseruiah, era capo dell’esercito; Giosafat, figlio di Ahilud, era archivista; Tsadok, figlio di Ahitub, e Ahimelek, figlio di Abiathar, erano sacerdoti; Seraiah era segretario; Benaiah, figlio di Jehoiada, era capo dei Kerethei e dei Pelethei, e i figli di Davide erano ministri. Davide disse: »E’ rimasto ancora qualcuno della casa di Saul, a cui io possa usare bontà per amore di Gionathan?«. Ora vi era un servo della casa di Saul, chiamato Tsiba, che fu fatto venire da Davide. Il re gli disse: »Sei tu Tsiba?«. Egli rispose: »Servo tuo«. Il re poi domandò: »Non c’è piú nessuno della casa di Saul, a cui possa usare la bontà di DIO?«. Tsiba rispose al re: »C’è ancora un figlio di Gionathan, che ha i piedi storpi«. Il re gli disse: »Dov’è?«. Tsiba rispose al re: »E in casa di Makir, figlio di Ammiel, a Lodebar«. Allora il re Davide lo mandò a prendere dalla casa di Makir, figlio di Ammiel, a Lodebar. Cosí Mefibosceth, figlio di Gionathan, figlio di Saul venne da Davide, si gettò con la faccia a terra e si prostrò Davide disse: »Mefibosceth!«. Egli rispose: »Ecco il tuo servo!«. Davide gli disse: »Non temere, perché intendo usarti bontà per amore di Gionathan tuo padre; ti restituirò tutte le terre di Saul tuo antenato e tu mangerai sempre alla mia mensa« Mefibosceth si prostrò e disse: »Che cos’è il tuo servo, perché tu tenga conto di un cane morto come me?«. Allora il re chiamò Tsiba, servo di Saul, e gli disse: »Tutto ciò che apparteneva a Saul e a tutta la sua casa, io do al figlio del tuo signore. Tu dunque, assieme ai tuoi figli e ai tuoi servi, lavorerai per lui la terra e ne raccoglierai i prodotti, affinché il figlio del tuo signore abbia pane da mangiare ma Mefibosceth, figlio del tuo signore, mangerà sempre alla mia mensa«. Or Tsiba aveva quindici figli e venti servi. Tsiba disse al re: »Il tuo servo farà tutto ciò che il re mio signore comanda al suo servo«. Cosí Mefibosceth mangiava alla mensa di Davide come uno dei figli del re. Or Mefibosceth aveva un figlioletto di nome Mika; e tutti quelli che stavano In casa di Tsiba erano servi di Mefibosceth. Mefibosceth risiedeva a Gerusalemme perché mangiava sempre alla mensa del re. Era storpio di ambedue i piedi. Dopo queste cose, avvenne che il re dei figli di Ammon morí e suo Figlio Hanun regnò al suo posto. Davide disse: »lo voglio usare con Hanun, figlio di Nahash, la stessa benevolenza che suo padre usò con me«. Cosí Davide mandò i suoi servi a consolarlo della perdita del padre. Ma quando i servi di Davide giunsero nel paese dei figli di Ammon, i capi dei figli di Ammon dissero ad Hanun, loro signore: »Credi proprio che Davide ti abbia mandato dei consolatori per onorare tuo padre? Non ha piuttosto mandato da te i suoi servi per esplorare la città, per spiarla e distruggerla?«. Allora Hanun prese i servi di Davide, fece loro radere metà della barba e tagliare le loro vesti a metà fino alle natiche, poi li lasciò andare. Informato della cosa, Davide mandò alcuni ad incontrarli, perché quegli uomini erano pieni di vergogna. Il re fece dir loro: »Rimanete a Gerico finché vi ricresca la barba, poi ritornerete«. Quando i figli di Ammon si accorsero di essersi resi odiosi a Davide, mandarono ad assoldare ventimila fanti dei Siri di Beth-Rehob e dei Siri di Tsoba, mille uomini del re di Maakah e dodicimila uomini della gente di Tob. Come Davide udí questo, inviò contro di loro Joab con tutto l’esercito di uomini valorosi. I figli di Ammon uscirono e si schierarono in ordine di battaglia all’ingresso della porta della città, mentre i Siri di Tsoba e di Rehob, e la gente di Tob e di Maakah si disposero in aperta campagna. Quando Joab si rese conto che aveva contro di se due fronti di battaglia, uno davanti e l’altro dietro, scelse alcuni fra gli uomini migliori d’Israele e li dispose in ordine di battaglia contro i Siri; affidò quindi il resto del popolo agli ordini di suo fratello Abishai, per schierarsi contro i figli di Ammon. Poi gli disse: »Se i Siri sono piú forti di me, tu mi verrai in aiuto; se invece i figli di Ammon sono piú forti di te, allora verrò io in tuo aiuto. Sii coraggioso e mostriamoci forti per il nostro popolo e per le città del nostro DIO; e l’Eterno faccia ciò che a lui piacerà«. Poi Joab con la gente che aveva con sé avanzò per dar battaglia ai Siri; ma essi fuggirono davanti a lui. Quando i figli di Ammon videro che i Siri erano fuggiti, fuggirono anch’essi davanti ad Abishai e rientrarono nella città. Allora Joab se ne tornò dalla spedizione contro i figli di Ammon e venne a Gerusalemme. Quando i Siri videro che erano stati sconfitti da Israele si riunirono insieme. Hadadezer mandò messaggeri per far venire i Siri che erano di là dal Fiume. Essi giunsero a Helam, con alla testa Shobak, capo dell’esercito di Hadadezer. Quando Davide fu informato della cosa, radunò tutto Israele, passò il Giordano e giunse a Helam. I Siri si schierarono contro Davide e gli diedero battaglia. Ma i Siri fuggirono davanti a Israele; e Davide uccise dei Siri gli uomini di settecento carri e quarantamila cavalieri e colpí Shobak, capo del loro esercito, che morí in quel luogo. Quando tutti i re vassalli di Hadadezer si videro sconfitti da Israele, fecero pace con Israele e furono a lui sottoposti. Cosí i Siri ebbero paura di prestare ancora aiuto ai figli di Ammon. Con l’inizio del nuovo anno, nel tempo in cui i re vanno a combattere, Davide mandò Joab con i suoi servi e con tutto Israele a devastare il paese dei figli di Ammon e ad assediare Rabbah; ma Davide rimase a Gerusalemme. Una sera Davide si alzò dal suo letto e si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno; e la donna era bellissima. Cosí Davide mandò a chiedere informazioni sulla donna; e gli fu detto: »E’ Bath-Sceba, figlia di Eliam, moglie di Uriah, lo Hitteo«. Davide mandò messaggeri a prenderla, cosí essa venne da lui ed egli si coricò con lei; poi ella si purificò della sua impurità e ritornò a casa sua. La donna rimase incinta e lo mandò a dire a Davide, dicendo: »Sono incinta«. Allora Davide mandò a dire a Joab: »Mandami Uriah, lo Hitteo«. E Joab mandò Uriah da Davide. Quando Uriah giunse da lui, Davide gli chiese sullo stato di salute di Joab e del popolo, e come andasse la guerra. Poi Davide disse a Uriah: »Scendi a casa tua e lavati i piedi«. Uriah uscí dalla casa del re seguito da un dono da parte del re. Ma Uriah dormí alla porta della casa del re con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. Quando informarono Davide della cosa e gli dissero: »Uriah non è sceso a casa sua«, Davide disse a Uriah: »Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?«. Uriah rispose a Davide: »L’arca, Israele e Giuda abitano in tende, il mio signore Joab e i servi del mio signore sono accampati in aperta campagna. Come potrei io entrare in casa mia per mangiare e bere e per coricarmi con mia moglie? Com’è vero che tu vivi e che vive l’anima tua, io non farò questa cosa!« Allora Davide disse a Uriah: »Rimani qui anche oggi e domani ti lascerò partire«. Cosí Uriah rimase a Gerusalemme quel giorno e il giorno seguente. Davide lo invitò quindi a mangiare e a bere insieme a lui e lo fece ubriacare. Ma la sera Uriah uscí per andare sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua. La mattina dopo, Davide scrisse una lettera a Joab e gliela mandò per mano di Uriah. Nella lettera aveva scritto cosí: »Ponete Uriah in prima linea, dove la battaglia è piú aspra, poi ritiratevi da lui, perché resti colpito e muoia«. Mentre assediava la città, Joab pose Uriah nel luogo dove sapeva che vi erano uomini valorosi. Gli abitanti della città fecero una sortita e attaccarono Joab, alcuni dei servi di Davide caddero, e morí anche Uriah lo Hitteo. Allora Joab mandò a riferire a Davide tutti gli avvenimenti della guerra. e diede al messaggero quest’ordine: »Quando avrai finito di raccontare al re tutti gli avvenimenti della guerra, se il re andasse in collera e ti dicesse "Perché vi siete avvicinati alla città per combattere? Non sapevate che avrebbero tirato dall’alto delle mura? Chi uccise Abimelek, figlio di Jerub-besceth? Non fu una donna che gli gettò addosso un pezzo di macina a dalle mura, e cosí egli morí a Thebets? Perché vi siete avvicinati alle mura?," allora tu dirai: »E morto anche il tuo servo Uriah lo Hitteo««. Il messaggero dunque partí e, quando giunse, riferí a Davide tutto ciò che Joab lo aveva mandato a dire Il messaggero disse a Davide: »I nemici ebbero la meglio su di noi e fecero una sortita contro di noi in campo aperto, ma noi li respingemmo fino all’ingresso della porta; allora gli arcieri tirarono sui tuoi servi dall’alto delle mura e alcuni dei servi del re sono morti, ed è morto anche il tuo servo Uriah lo Hitteo«. Allora Davide disse al messaggero: »Dirai cosí a Joab: »Non ti addolori questa cosa, perché la spada divora or l’uno or l’altro; combatti con maggior forza contro la città e distruggila«. E tu fagli coraggio«. Quando la moglie di Uriah udí che Uriah suo marito era morto, fece cordoglio per suo marito. Terminato il lutto, Davide la mandò a prendere e l’accolse in casa sua. Ella divenne sua moglie e gli partorí un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto dispiacque all’Eterno. Poi l’Eterno mandò a Davide Nathan; e Nathan andò da lui e gli disse: »Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l’altro povero. Il ricco aveva un gran numero di greggi e mandrie; ma il povero non aveva nulla, se non una piccola agnella che egli aveva comprato e nutrito; essa era cresciuta insieme a lui e ai suoi figli, mangiando il suo cibo, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia. Un viandante giunse a casa dell’uomo ricco; questi rifiutò di prendere dal suo gregge e dalla sua mandria per preparare da mangiare al viandante giunto da lui, ma prese l’agnella di quel povero e la fece preparare per l’uomo venuto da lui«. Allora l’ira di Davide si accese grandemente contro quell’uomo e disse a Nathan: »Com’è vero che l’Eterno vive, colui che ha fatto questo merita la morte! Egli pagherà quattro volte il valore dell’agnella, per aver fatto una tale cosa e non aver avuto pietà«. Allora Nathan disse a Davide: »Tu sei quell’uomo! Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »Io ti ho unto re d’Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul. Ti ho dato la casa del tuo signore, ho messo nelle tue braccia le donne del tuo signore e ti ho dato la casa d’Israele e di Giuda; e se questo era troppo poco, io ti avrei dato molte altre cose. Perché dunque hai disprezzato la parola dell’Eterno, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai fatto morire con la spada Uriah lo Hitteo, hai preso per moglie la sua moglie e lo hai ucciso con la spada dei figli di Ammon. Or dunque la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, perché tu mi hai disprezzato e hai preso la moglie di Uriah lo Hitteo per essere tua moglie". Cosí dice l’Eterno: »Ecco, io farò venire contro di te la sciagura dalla tua stessa casa, e prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle ad un altro, che si unirà con loro in pieno giorno. Poiché tu l’hai fatto in segreto, ma io farò questo davanti a tutto Israele alla luce del sole"«. Allora Davide disse a Nathan: »Ho peccato contro l’Eterno«. Nathan rispose a Davide: »L’Eterno ha rimosso il tuo peccato; tu non morrai. Tuttavia, poiché facendo questo tu hai dato ai nemici dell’Eterno occasione di bestemmiare, il figlio che ti è nato dovrà morire«. Poi Nathan tornò a casa sua. L’Eterno quindi colpí il bambino che la moglie di Uriah aveva partorito a Davide, ed egli si ammalò. Allora Davide supplicò DIO per il bambino e digiunò; poi entrò in casa e passò la notte giacendo per terra. Gli anziani della sua casa insistettero con lui perché si alzasse da terra ma egli non volle e rifiutò di prendere cibo con loro. Or avvenne che il settimo giorno il bambino morí e i servi di Davide temevano di fargli sapere che il bambino era morto, perché dicevano: »Ecco, quando il bambino era ancora vivo, noi gli abbiamo parlato ma egli non ha ascoltato le nostre parole. Come faremo ora a dirgli che il bambino è morto? Potrebbe procurarsi del male«. Quando Davide vide che i suoi servi parlavano sottovoce, comprese che il bambino era morto; perciò Davide disse ai suoi servi: »E’ morto il bambino?«. Essi risposero: »E’ morto«. Allora Davide si alzò da terra, si lavò, Si unse e cambiò le sue vesti, poi andó nella casa dell’Eterno e si prostrò; tornò quindi a casa sua e chiese che gli portassero del cibo, e mangiò. I suoi servi gli dissero: »Che cosa hai fatto? Quando il bambino era ancora vivo, hai digiunato e hai pianto; dopo invece che il bambino è morto, ti sei alzato e hai mangiato«. Egli rispose: »Quando il bambino era vivo ancora, digiunavo e piangevo, perché dicevo: »Chi sa che l’Eterno non abbia pietà di me e lasci vivere il bambino?«. Ma ora egli è morto. Perché dovrei digiunare? Posso forse farlo ritornare? Io andrò da lui, ma egli non ritornerà da me!«. Poi Davide consolò Bath-Sceba sua moglie, entrò da lei e si coricò insieme; cosí ella partorí un figlio, che egli chiamò Salomone; e l’Eterno lo amò. Mandò poi un messaggio tramite il profeta Nathan che gli pose nome Jedi-diah, a motivo dell’amore dell’Eterno. Intanto Joab combattè contro Rabbah dei figli di Ammon ed espugnò la città reale. Joab mandò quindi messaggeri a Davide per dirgli: »Ho assalito Rabbah e mi sono impadronito delle sue provviste d’acqua. Ora perciò raduna il resto del popolo, accampati contro la città e prendila altrimenti prenderò io la città ed essa porterà il mio nome«. Allora Davide radunò tutto il popolo, andò a Rabbah, l’assalí e la prese. Tolse poi dalla testa del loro re la corona, che pesava un talento d’oro e conteneva pietre preziose; essa fu posta sulla testa di Davide. Inoltre egli portò via dalla città un grandissimo bottino. Fece uscire gli abitanti che erano nella città e li mise al lavoro con seghe erpici di ferro, scuri di ferro, e li pose a lavorare in fornaci di mattoni, cosí fece a tutte le città dei figli di Ammon. Poi Davide tornò a Gerusalemme con tutto il popolo. In seguito avvenne che Absalom figlio di Davide, aveva una sorella molto bella chiamata Tamar; or Amnon, figlio di Davide, si innamorò di lei. Amnon fu preso da tale passione per sua sorella Tamar da cadere malato, perché essa era vergine; e pareva difficile ad Amnon di poterle fare qualcosa. Or Amnon aveva un amico, chiamato Jonadab, figlio di Scimeah, fratello di Davide; Jonadab era un uomo molto astuto. Questi gli disse: »Perché mai, o figlio del re, continui a dimagrire ogni giorno che passa? Non me lo vuoi dire?«. Amnon gli rispose: »Sono innamorato di Tamar, sorella di mio fratello Absalom«. Allora Jonadab gli disse: »Mettiti a letto e fingiti malato; quando poi tuo padre verrà a vederti, digli: »Fa’, ti prego, che mia sorella Tamar venga a darmi da mangiare e a preparare il cibo in mia presenza, affinché io veda e lo prenda dalle sue mani««. Cosí Amnon si mise a letto e si finse ammalato; quando poi il re lo venne a vedere, Amnon gli disse: »Lascia, ti prego, che mia sorella Tamar venga e faccia un paio di focacce in mia presenza; cosí prenderò cibo dalle sue mani«. Allora Davide mandò a casa di Tamar a dirle: »Va’ a casa di tuo fratello Amnon e preparagli qualcosa da mangiare«. Tamar andò a casa di suo fratello Amnon, che si trovava a letto. Prese quindi un po’ di farina la impastò, ne fece delle focacce sotto i suoi occhi e le fece cuocere. Poi prese la padella e versò le focacce davanti a lui; ma Amnon rifiutò di mangiare e disse: »Fate uscire di qui tutta la gente«. Tutti quanti uscirono. Allora Amnon disse a Tamar: »Portami il cibo in camera e lo prenderò dalle tue mani«. Cosí Tamar prese le focacce che aveva fatto e le portò in camera a Amnon suo fratello. Mentre gliele dava da mangiare, egli l’afferrò e le disse: »Vieni, coricati con me, sorella mia«. Lei gli rispose: »No, fratello mio, non umiliarmi cosí; questo non si fa in Israele; non commettere una tale infamia! Io dove andrei a portare la mia vergogna? Tu invece saresti considerato uno scellerato in Israele. Ora, ti prego, parlane piuttosto al re, ed egli non mi rifiuterà a te«. Egli però non volle ascoltarla ma essendo piú forte di lei, la violentò e si coricò con lei. Poi Amnon prese a odiarla di un odio grandissimo, cosicché l’odio che aveva per lei era piú grande dell’amore con cui prima l’aveva amata. Cosí Amnon le disse: »Lèvati, vattene!«. Ma ella rispose: »Oh no! Il danno che mi faresti scacciandomi sarebbe maggiore di quello che mi hai già fatto«. Egli però non volle ascoltarla. Chiamato quindi il servo che lo assisteva, gli disse: »Scaccia costei lontano da me e chiudi la porta dietro di lei«. Ella indossava una tunica con le maniche perché cosí vestivano le figlie del re ancora vergini. Il servo di Amnon dunque la mise fuori e chiuse la porta dietro di lei. Tamar allora si cosparse la testa di cenere, si stracciò di dosso la tunica con le maniche, si mise la mano sul capo e se ne andò gridando. Absalom, suo fratello, le disse: »Forse tuo fratello Amnon è stato con te? Per ora taci, sorella mia; egli è tuo fratello non avvilirti per questo«. Cosí Tamar se ne rimase desolata in casa di Absalom suo fratello. Quando il re Davide venne a sapere di tutte queste cose, ne fu fortemente adirato. Ma Absalom non rivolse ad Amnon alcuna parola, né in bene né in male perché odiava Amnon per aver umiliato sua sorella Tamar. Due anni dopo, avendo Absalom i tosatori a Baal-Hatsor presso Efraim, invitò tutti i figli del re. Absalom andò a trovare il re e gli disse: »Ecco, il tuo servo ha i tosatori, ti prego, venga anche il re con i suoi servi a casa del tuo servo!«. Ma il re disse ad Absalom: »No, figlio mio, non veniamo tutti ora, per non esserti di peso«. Benché egli insistesse, il re non volle andare, ma gli diede la sua benedizione. Absalom allora disse: »Se non vuoi venire tu, ti prego, permetti ad Amnon mio fratello di venire con noi«. Il re gli rispose: »Perché dovrebbe venire con te?«. Ma Absalom tanto insistè, che Davide lasciò andare con lui Amnon e tutti i figli del re. Or Absalom aveva dato quest’ordine ai suoi servi, dicendo: »Fate attenzione, quando Amnon sarà brillo per il vino e io vi dirò: »Colpite Amnon!«, voi uccidetelo e non abbiate paura. Non sono io che ve lo comando? Siate coraggiosi e mostratevi forti!«. Cosí i servi di Absalom fecero ad Amnon come Absalom aveva comandato. Allora tutti i figli del re si levarono, montarono ciascuno sul suo mulo e fuggirono. Mentre essi erano ancora per strada, giunse a Davide questa notizia: »Absalom ha ucciso tutti i figli del re e non ne è scampato neppure uno«. Allora il re si levò, si strappò le vesti e si gettò per terra, e tutti i suoi servi gli stavano attorno, con le vesti stracciate. Ma Jonadab, figlio di Scimeah, fratello di Davide, prese a dire: »Non pensi il mio signore che tutti i giovani, i figli del re, sono stati uccisi; il solo Amnon è morto. Per comando di Absalom la cosa era stata decisa fin dal giorno che Amnon umiliò sua sorella Tamar. Ora perciò il re mio signore non si addolori, pensando che tutti i figli del re siano morti; il solo Amnon è morto e Absalom è fuggito«. Intanto il giovane che era di sentinella alzò gli occhi, guardo, ed ecco che una gran moltitudine di gente veniva sulla strada alle sue spalle, dal lato del monte. Jonadab disse al re: »Ecco i figli del re che arrivano! La cosa sta come il tuo servo ha detto«. Come ebbe finito di parlare ecco giungere i figli del re, i quali alzarono la voce e piansero; anche il re e tutti i suoi servi piansero dirottamente. Absalom invece era fuggito ed era andato da Talmai, figlio di Ammihud re di Gheshur. Davide faceva cordoglio per suo figlio ogni giorno. Cosí Absalom fuggí e andò a Gheshur dove rimase tre anni. Il re Davide desiderava andare da Absalom, perché Davide si era ormai consolato della morte di Amnon. Or Joab, figlio di Tseruiah, si accorse che il cuore del re era preoccupato per Absalom. Cosí Joab mandò qualcuno a Tekoa e ne fece venire una donna saggia, alla quale disse: »Fingi di essere in lutto e indossa una veste da lutto; non ungerti con olio, ma comportati come una donna che pianga da molto tempo un morto. Va’ quindi dal re e parlagli in questo modo«. E Joab le mise in bocca ciò che doveva dire. La donna di Tekoa andò dunque a parlare al re, si gettò con la faccia a terra, si prostrò e disse: »Aiuto, o re!«. Il re le disse: »Che hai?«. Ella rispose: »Purtroppo sono una vedova e mio marito è morto. La tua serva aveva due figli, ma i due ebbero una lite fra di loro nei campi e non essendoci nessuno a separarli, uno colpí l’altro e l’uccise. Ora tutta la parentela è insorta contro la tua serva, dicendo: »Consegnaci colui che ha ucciso il fratello, affinché lo facciamo morire per la vita di suo fratello che egli ha ucciso e per sterminare anche l’erede«. In questo modo spegneranno l’unico tizzone acceso che mi è rimasto e non lasceranno a mio marito né nome né discendenza sulla faccia della terra«. Il re disse alla donna: »Va’ a casa tua io darò ordini a tuo riguardo«. La donna di Tekoa disse al re: »O re mio signore, la colpa cada su di me e sulla casa di mio padre, ma il re e il suo trono siano innocenti«. Il re disse: »Se qualcuno ti dovesse dire qualcosa, conducilo da me e vedrai che non ti molesterà piú«. Allora ella disse: »Si ricordi, per favore, il re, dell’Eterno, il tuo DIO, affinché il vendicatore del sangue non continui piú a distruggere perché mio figlio non sia sterminato«. Egli rispose: »Com’è vero che l’Eterno vive, non cadrà a terra un sol capello di tuo figlio!«. Allora la donna disse: »Deh, permetti che la tua serva dica ancora una parola al re, mio signore!«. Egli rispose: »Di’ pure«. Riprese la donna: »Perché hai tu ideato una cosa del genere contro il popolo di DIO? Parlando in questo modo, infatti, il re è in qualche modo colpevole, perché il re non fa ritornare chi è in esilio. Noi dobbiamo morire e siamo come acqua versata in terra, che non si può raccogliere, ma DIO non toglie la vita, ma escogita il modo col quale chi è in esilio non rimanga lontano da lui. Ora sono venuta a parlare di questa cosa al re mio signore, perché il popolo mi ha fatto paura; e la tua serva ha detto: »Voglio parlare al re; forse il re farà ciò che la sua serva gli dirà. Il re ascolterà la sua serva e la libererà dalle mani di quelli che vogliono sterminare me e mio figlio dalla eredità di DIO". La tua serva diceva: »Oh, possa la parola del re, mio signore, darmi conforto perché il re mio signore è come un angelo di DIO nel discernere il bene e il male«. L’Eterno, il tuo DIO, sia con te«. Il re rispose e disse alla donna: »Ti prego, non nascondermi nulla di ciò che ti domanderò«. La donna disse: »Parli pure il re, mio signore«. Allora il re disse: »La mano di Joab non è forse con te in tutto questo?«. La donna rispose: »Com’è vero che tu vivi, o re mio signore, la cosa sta né piú né meno come ha detto il re mio signore, è stato infatti il tuo servo Joab che mi ha dato questi ordini e ha messo tutte queste parole in bocca alla tua serva. Il tuo servo Joab ha fatto questo per produrre un cambiamento nella presente situazione; ma il mio signore ha la stessa sapienza di un angelo di DIO per capire tutto ciò che avviene sulla terra«. Allora il re disse a Joab: »Ecco, farò proprio questo. Va’ dunque e fa’ tornare il giovane Absalom«. Allora Joab si gettò con la faccia a terra, si prostrò e benedisse il re. Poi Joab disse: »Oggi il tuo servo riconosce di aver trovato grazia ai tuoi occhi o re, mio signore, perché il re ha fatto ciò che il suo servo ha chiesto«. Cosí Joab si levò e andò a Gheshur, e condusse Absalom a Gerusalemme. Ma il re disse: »Si ritiri in casa sua e non veda la mia faccia!«. Cosí Absalom si ritirò in casa sua e non vide la faccia del re. Or in tutto Israele non vi era uomo che fosse lodato per la sua bellezza come Absalom; dalla pianta dei piedi alla cima del capo non vi era in lui difetto alcuno. Quando si faceva tagliare i capelli (e se li faceva tagliare ogni anno perché la capigliatura gli pesava troppo), egli pesava i capelli del suo capo; essi pesavano duecento sicli a peso del re. Ad Absalom nacquero tre figli e una figlia di nome Tamar, che era donna di bell’aspetto. Absalom abitò a Gerusalemme due anni, senza vedere la faccia del re. Poi Absalom fece chiamare Joab per mandarlo dal re, ma egli non volle venire da lui; lo mandò a chiamare una seconda volta, ma non volle venire. Allora Absalom disse ai suoi servi: »Ecco, il campo di Joab è vicino al mio e vi è l’orzo; andate ad appiccarvi il fuoco!«. Cosí i servi di Absalom appiccarono il fuoco al campo. Allora Joab si levò, andò a casa di Absalom e gli disse: »Perché i tuoi servi hanno dato fuoco al mio campo?«. Absalom rispose a Joab: »Io ti avevo mandato a dire: »Vieni qui, affinché possa mandarti dal re a dirgli: Perché sono tornato da Gheshur? Sarebbe meglio per me se fossi rimasto là«. Ora quindi permettimi di vedere la faccia del re. Se poi in me vi è qualche iniquità, che mi faccia morire!«. Joab allora andò dal re e gli riferí la cosa. Questi fece chiamare Absalom che venne dal re e si prostrò con la faccia a terra davanti a lui; e il re baciò Absalom. Dopo questo Absalom si procurò un cocchio, cavalli e cinquanta uomini che corressero davanti a lui. Absalom si alzava al mattino presto e si metteva a lato della via che portava alla porta della città. Cosí, se qualcuno aveva una causa e andava dal re per ottenere giustizia, Absalom lo chiamava e gli diceva: »Di quale città sei?«. L’altro gli rispondeva: »Il tuo servo è di tale e tale tribú d’Israele«. Allora Absalom gli diceva: »Vedi, le tue ragioni sono buone e giuste, ma non c’è nessuno da parte del re che ti ascolti«. Poi Absalom aggiungeva: »Se facessero me giudice del paese, chiunque avesse un processo o una causa verrebbe da me, e io gli farei giustizia«. Quando poi qualcuno si avvicinava per prostrarsi davanti a lui egli stendeva la mano, lo prendeva e lo baciava. Absalom faceva cosí con tutti quelli d’Israele che venivano dal re per chiedere giustizia; in questo modo Absalom si cattivò il cuore della gente d’Israele. Or avvenne che, dopo quattro anni, Absalom disse al re: »Ti prego lasciami andare ad Hebron ad adempiere un voto che ho fatto all’Eterno. Poiché, durante la sua permanenza a Gheshur in Siria, il tuo servo ha fatto un voto, dicendo: »Se l’Eterno mi riconduce a Gerusalemme, io servirò l’Eterno!««. Il re gli disse: »Va’ in pace!«. Allora egli si levò e andò a Hebron. Poi Absalom mandò degli emissari per tutte le tribú d’Israele, a dire: »Quando sentirete il suono della tromba, direte: »Absalom è proclamato re a Hebron««. Con Absalom partirono da Gerusalemme duecento uomini, come invitati; essi andarono innocentemente, senza sapere nulla. Absalom, mentre offriva i sacrifici, mandò a chiamare dalla sua città di Ghiloh Ahithofel, il Ghilonita, consigliere di Davide. Cosí la congiura acquistava forza perché il popolo andava crescendo di numero intorno ad Absalom. Arrivò quindi da Davide un messaggero a dire: »Il cuore degli uomini d’Israele segue Absalom«. Allora Davide disse a tutti i suoi servi che erano con lui a Gerusalemme: »Levatevi e fuggiamo; altrimenti nessuno di noi scamperà dalle mani di Absalom. Affrettatevi a partire affinché non ci sorprenda improvvisamente e faccia cadere su di noi la rovina, e non colpisca la città passandola a fil di spada«. I servi del re gli dissero: »Ecco i tuoi servi sono pronti a fare tutto ciò che piacerà al re, nostro signore«. Il re dunque partí, seguito da tutta la sua casa, ma lasciò dieci concubine a custodire, il palazzo. Il re partí, seguito da tutto il popolo, e si fermarono all’ultima casa. Tutti i servi del re passavano davanti, accanto a lui, tutti i Kerethei, tutti i Pelethei, e tutti i Ghittei, che l’avevano seguito da Gath in numero di seicento, camminavano davanti al re. Allora il re disse a Ittai di Gath »Perché vieni anche tu con noi? Torna indietro e rimani col re, perché sei un forestiero per di piú un esule dalla tua patria. Tu sei arrivato solo ieri e oggi dovrei farti vagare con noi, quando io stesso non so dove vado? Torna indietro e riconduci con te i tuoi fratelli in benignità e fedeltà«. Ma Ittai rispose al re dicendo: »Com’è vero che l’Eterno vive e che vive il re mio signore, in qualunque luogo sarà il re mio signore per morire o per vivere, là sarà anche il tuo servo«. Allora Davide disse a Ittai: »Va’avanti e prosegui«. Cosí Ittai il Ghitteo passò oltre con tutta la sua gente e con tutti i fanciulli che erano con lui. Tutti quelli del paese piangevano ad alta voce, mentre tutto il popolo passava. Il re passò il torrente Kidron e tutto il popolo passò in direzione del deserto. Ed ecco venire anche Tsadok con tutti i Leviti, i quali portavano l’arca del patto di DIO. Essi deposero l’arca di DIO e Abiathar offrí sacrifici, finché tutto il popolo finí di uscir dalla città. Poi il re disse a Tsadok: »Riporta in città l’arca di DIO! Se io trovo grazia agli occhi dell’Eterno, egli mi farà tornare e me la farà rivedere insieme con la sua dimora. Ma se dice: »Non ti gradisco«, eccomi, faccia di me ciò che gli pare«. Il re disse ancora al sacerdote Tsadok: »Non sei tu il veggente? Torna in pace in città con i due vostri figli: Ahimaats, tuo figlio e Gionathan, figlio di Abiathar. Vedete, io aspetterò nelle pianure del deserto, finché non mi giunga da parte vostra qualche parola per avvertirmi«. Cosí Tsadok e Abiathar riportarono a Gerusalemme l’arca di DIO e là rimasero. Davide saliva il pendio del monte degli Ulivi e, salendo, piangeva; camminava col capo coperto e a piedi scalzi. E tutta la gente che era con lui aveva il capo coperto e, salendo, piangeva. Qualcuno venne a dire a Davide: »Ahithofel è con Absalom tra i congiurati«. Davide disse: »O Eterno, ti prego rendi vani i consigli di Ahithofel!«. Quando Davide giunse in vetta al monte, dove adorò DIO, ecco farglisi incontro Hushai, l’Arkita con la veste stracciata e il capo coperto di terra. Davide gli disse: »Se tu prosegui con me, mi sarai di peso; ma se torni in città e dici ad Absalom: »lo sarò tuo servo, o re; come fui servo di tuo padre nel passato, cosí sarò ora tuo servo«, tu renderai vano in mio favore il consiglio di Ahithofel. Non avrai là con te i sacerdoti Tsadok ed Abiathar? Tutto ciò che sentirai dire da parte della casa del re lo farai sapere ai sacerdoti Tsadok ed Abiathar. Ecco, essi hanno là con sé i loro due figli, Ahimaats figlio di Tsadok e Gionathan figlio di Abiathar; per mezzo di loro mi farete sapere tutto ciò che sentirete« Cosí Hushai amico di Davide, tornò in città e Absalom entrò in Gerusalemme. Davide aveva di poco superato la cima del monte, quand’ecco Tsiba servo di Mefibosceth gli si fece incontro con un paio di asini sellati e carichi di duecento pani, cento grappoli di uva secca, cento frutti d’estate e un otre di vino. Il re disse a Tsiba: »Cosa intendi fare con queste cose?«. Tsiba rispose: »Gli asini serviranno di cavalcatura alla casa del re; il pane e i frutti d’estate sono per nutrire i giovani, e il vino è perché ne bevano quelli che saranno stanchi nel deserto«. Il re disse: »Dov’è il figlio del tuo signore?«. Tsiba rispose al re: »Ecco, è rimasto a Gerusalemme, perché ha detto: »Oggi la casa d’Israele mi restituirà il regno di mio padre««. Allora il re disse a Tsiba: »Ecco tutto ciò che appartiene a Mefibosceth è tuo«. Tsiba rispose: »Io mi prostro davanti a te. Possa io trovare grazia ai tuoi occhi, o re mio signore!«. Quando il re Davide giunse a Bahurim, ecco uscire di là un uomo della stessa parentela della casa di Saul, di nome Scimei, figlio di Ghera. Egli usciva proferendo maledizioni, e gettava sassi contro Davide e contro tutti i servi del re Davide, mentre tutto il popolo e tutti gli uomini di valore stavano alla destra e alla sinistra del re. Mentre malediceva Scimei diceva »Vattene, vattene, uomo sanguinario e scellerato! L’Eterno ha fatto cadere sul tuo capo tutto il sangue della casa di Saul, al posto del quale tu hai regnato; e l’Eterno ha dato il regno nelle mani di Absalom, tuo figlio; ed eccoti ora preso nella tua stessa malvagità, perché sei un uomo sanguinario«. Allora Abishai, figlio di Tseruiah, disse al re: »Perché questo cane morto deve maledire il re, mio signore? Ti prego, lascia che io vada a troncargli la testa!«. Ma il re rispose: »Che ho da fare con voi, figli di Tseruiah? Per cui lasciatelo maledire, perché l’Eterno gli ha detto: »Maledici Davide!«. E chi può dire: »Perché fai cosí?««. Poi Davide disse ad Abishai e a tutti i suoi servi: »Ecco, mio figlio, che è uscito dalle mie viscere, cerca di togliermi la vita; a maggior ragione quindi questo Beniaminita! Lasciatelo stare e lasciate che maledica, perché glielo ha ordinato l’Eterno. Forse l’Eterno vedrà la mia afflizione e l’Eterno mi farà del bene in cambio delle sue maledizioni di oggi«. Cosí Davide e la sua gente continuarono il loro cammino; anche Scimei camminava sul fianco del monte, di fronte a Davide e, cammin facendo, lo malediceva, gli tirava sassi e lanciava polvere. Il re e tutta la gente che era con lui arrivarono a destinazione stanchi, e là si rianimarono. Nel frattempo Absalom e tutto il popolo, gli uomini d’Israele, erano entrati in Gerusalemme, Ahithofel era con lui. Quando Hushai, l’Arkita, l’amico di Davide, giunse da Absalom, Hushai disse ad Absalom: »Viva il re! Viva il re!«. Absalom disse a Hushai: »E’ questo l’amore che porti al tuo amico? Perché non sei tu andato col tuo amico?«. Hushai rispose ad Absalom: »No, io sarò di colui che l’Eterno e questo popolo e tutti gli uomini d’Israele hanno scelto, e con lui rimarrò. Non dovrei forse servire suo figlio? Come ho servito tuo padre, cosí servirò te«. Allora Absalom disse a Ahithofel: »Date il vostro consiglio! Cosa dobbiamo fare?«. Ahithofel rispose ad Absalom: »Entra dalle concubine di tuo padre, che egli ha lasciato a custodire la casa così tutto Israele saprà che ti sei reso odioso a tuo padre e si rafforzerà il coraggio di quelli che sono con te«. Eressero quindi una tenda sulla terrazza per Absalom, e Absalom entrò dalle concubine di suo padre sotto gli occhi di tutto Israele. In quei giorni, un consiglio dato da Ahithofel aveva lo stesso valore di chi avesse consultato la parola di DIO. Cosí era ogni consiglio di Ahithofel tanto per Davide che per Absalom. Poi Ahithofel disse ad Absalom: »Lasciami scegliere dodicimila uomini, perché possa andare a inseguire Davide questa notte stessa; piombando su di lui mentre è stanco e debole, lo spaventerò e tutta la gente che è con lui si darà alla fuga; cosí potrò colpire solamente il re, ma ricondurrò a te tutto il popolo. La morte dell’uomo che cerchi favorirà il ritorno di tutti; cosí tutto il popolo sarà in pace«. La proposta piacque ad Absalom e a tutti gli anziani d’Israele. Tuttavia Absalom disse: »Chiamate anche Hushai, l’Arkita, e sentiamo ciò che anch’egli ha da dire«. Quando Hushai venne da Absalom, Absalom gli disse: »Ahithofel ha parlato in questo modo; dobbiamo fare come ha detto lui? Se no, fa’ tu una proposta!«. Hushai rispose ad Absalom: »Questa volta il consiglio dato da Ahithofel non è buono«. Hushai soggiunse: »Tu conosci tuo padre e i suoi uomini e sai che sono uomini valorosi e che sono esacerbati come un’orsa privata dei figli nella campagna; inoltre tuo padre è un uomo di guerra e non passerà la notte col popolo. Certamente a quest’ora egli è nascosto in qualche buca o in qualche altro luogo; se all’inizio dovesse piombare addosso ad alcuni dei tuoi, chiunque lo verrà a sapere: dirà: »Tra la gente che seguiva Absalom c’è stata una strage«. Allora il piú valoroso, anche se avesse un cuore di leone, si scoraggerà grandemente, perché tutto Israele sa che tuo padre è un prode e che gli uomini con lui sono valorosi. Perciò io consiglio che tutto Israele da Dan fino a Beer-Sceba si raduni intorno a te, numeroso come la sabbia che è sul lido del mare, e che tu in persona vada alla battaglia. Cosí lo raggiungeremo in qualunque luogo si troverà e gli piomberemo addosso come la rugiada cade sul suolo; e di tutti gli uomini che sono con lui non ne scamperà uno solo. Se invece si ritira in qualche città, tutto Israele porterà funi a quella città e noi la trascineremo nel torrente finché non rimanga là una sola pietra«. Absalom e tutti gli uomini d’Israele dissero: »Il consiglio di Hushai, l’Arkita è migliore di quello di Ahithofel«. L’Eterno infatti aveva stabilito di rendere inefficace il buon consiglio di Ahithofel, per far cadere la rovina sopra Absalom. Allora Hushai disse ai sacerdoti Tsadok e Abiathar: »Ahithofel ha consigliato Absalom e gli anziani d’Israele cosí e cosí, mentre io ho consigliato in questo e questo modo. Ora perciò mandate in fretta ad informarne Davide e ditegli: »Non passare la notte nelle pianure del deserto, ma senz’altro va’ oltre, affinché il re e tutta la gente che è con lui non vengano sterminati««. Or Gionathan e Ahimaats rimasero a En-Roghel, perché non potevano farsi vedere a entrare in città; cosí una serva sarebbe andata ad informarli, ed essi sarebbero andati ad informare il re Davide. Ma un ragazzo li vide ed avvertí Absalom. I due allora partirono di corsa e giunsero a Bahurim a casa di un uomo che aveva nel suo cortile una cisterna, e vi si calarono. La donna quindi prese una coperta, la distese sulla bocca della cisterna e vi sparse sopra del grano macinato, senza che alcuno se ne accorgesse. Quando i servi di Absalom andarono in casa della donna e chiesero: »Dove sono Ahimaats e Gionathan?«, la donna rispose loro: »Hanno passato il ruscello«. Essi allora si misero a cercarli ma non riuscendo a trovarli, tornarono a Gerusalemme. Dopo che questi se ne furono andati i due uscirono dalla cisterna e andarono ad informare il re Davide. E dissero a Davide: »Affrettatevi e passate subito il fiume, perché questo è ciò che Ahithofel ha consigliato contro di voi«. Allora Davide si levò con tutta la gente che era con lui e passò il Giordano. Allo spuntar del giorno, non era rimasto neppure uno, che non avesse passato il Giordano. Quando Ahithofel vide che il suo consiglio non era stato seguito, sellò il suo asino e partí per andare a casa sua nella sua città. Mise in ordine le faccende di casa sua e s’impiccò. Cosí morí e fu sepolto nel sepolcro di suo padre. Poi Davide giunse a Mahanaim; e Absalom passò il Giordano, con tutta la gente d’Israele. Absalom aveva posto a capo dell’esercito Amasa, invece di Joab Or Amasa era figlio di un uomo chiamato Jithra, l’Israelita, il quale aveva avuto rapporti sessuali con Abigail figlia di Nahash, sorella di Tseruiah, madre di Joab. Cosí Israele e Absalom si accamparono nel paese di Galaad. Quando Davide giunse a Mahanaim Shobi, figlio di Nahash da Rabbah dei figli di Ammon, Makir, figlio di Ammiel da Lodebar, e Barzillai, il Galaadita da Roghelim, portarono letti, bacinelle, vasi di terra, grano, orzo, farina, grano arrostito, fave, lenticchie, legumi arrostiti, miele, burro, pecore e formaggi di vacca per Davide e per la gente che era con lui, affinché mangiassero, poiché dicevano: »Questa gente ha patito fame, stanchezza e sete nel deserto«. Davide passò in rassegna la gente che era con lui e costituí su di loro capitani di migliaia e capitani di centinaia. Poi Davide mandò avanti un terzo della sua gente sotto il comando di Joab, un terzo sotto il comando di Abishai, figlio di Tseruiah, fratello di Joab, e un terzo sotto il comando di Ittai di Gath. Poi il re disse al popolo: »Voglio andare anch’io con voi!«. Ma il popolo rispose: »Tu non devi venire, perché se noi fossimo messi in fuga, non darebbero alcuna importanza a noi; anche se morisse la metà di noi non darebbero alcuna importanza a noi; ma tu conti come diecimila di noi; è meglio dunque che tu sia pronto a darci aiuto dalla città«. Il re rispose loro: »Farò ciò che vi sembra bene«. Cosí il re rimase accanto alla porta, mentre tutto il popolo usciva a schiere di cento e di mille uomini. Il re diede quest’ordine a Joab, a Abishai e a Ittai: »Per amor mio, trattate con riguardo il giovane Absalom!«. Tutto il popolo udí quando il re diede a tutti i capitani quest’ordine nei confronti di Absalom. Cosí l’esercito uscí in campo contro Israele e la battaglia ebbe luogo nella foresta di Efraim. Il popolo d’Israele fu là sconfitto dai servi di Davide; e in quel luogo la strage fu grande: in quel giorno caddero ventimila uomini. La battaglia si estese su tutta la regione; e la foresta divorò più gente di quanta ne avesse divorato la spada. Poi Absalom s’imbattè nella gente di Davide. Absalom cavalcava un mulo; il mulo entrò sotto i fitti rami di una grande quercia e il capo di Absalom rimase impigliato nella quercia, e cosí rimase sospeso fra cielo e terra; mentre il mulo che era sotto di lui passava oltre. Un uomo vide questo e avvertí Joab, dicendo: »Ho visto Absalom appeso a una quercia«. Allora Joab rispose all’uomo che lo aveva informato: »Ecco, tu l’hai visto? E perché non l’hai tu, sul posto steso morto al suolo? Io ti avrei dato dieci sicli d’argento e una cintura«. Ma quell’uomo disse a Joab: »Anche se mi fossero messi in mano mille sicli d’argento, io non stenderei la mano contro il figlio del re, poiché noi abbiamo udito l’ordine che il re ha dato a te, ad Abishai e a Ittai, dicendo: »State attenti dal fare alcun male al giovane Absalom«. Avrei di fatto agito disonestamente contro la mia stessa vita, poiché nulla rimane nascosto al re; e tu stesso saresti sorto contro di me«. Allora Joab disse: »Non voglio perdere tempo con te in questo modo«. Cosí prese in mano tre dardi e li immerse nel cuore di Absalom, che era ancora vivo nel folto della quercia. Poi dieci giovani scudieri di Joab circondarono Absalom, lo colpirono ancora e lo finirono. Allora Joab fece suonare la tromba e il popolo smise d’inseguire Israele, perché Joab trattenne il popolo. Poi presero Absalom, lo gettarono in una grande fossa nella foresta ed ammassarono sopra di lui un enorme mucchio di pietre; quindi tutto Israele fuggí, ciascuno alla sua tenda. Or Absalom, mentre era in vita, si era eretto il monumento che è nella Valle del Re; perché diceva:« Io non ho un figlio che conservi il ricordo del mio nome«. Cosí diede il suo nome a quel monumento, che anche oggi si chiama »monumento di Absalom«. Ahimaats, figlio di Tsadok disse a Joab: »Lasciami andare di corsa a portare al re la notizia che l’Eterno gli ha fatto giustizia contro i suoi nemici«. Joab gli rispose: »Tu non porterai la notizia oggi; la porterai un altro giorno non porterai la notizia oggi, perché il figlio del re è morto«. Poi Joab disse all’Etiope: »Va’ e riferisci al re ciò che hai visto«. L’Etiope s’inchinò a Joab e partì di corsa. Ahimaats, figlio di Tsadok, disse di nuovo a Joab: »Qualunque cosa accada ti prego, lasciami correre dietro all’Etiope!«. Joab gli disse: »Ma perché vorresti correre, figlio mio? Tanto non avrai alcuna ricompensa per la notizia che porti«. E l’altro: »Qualunque cosa avvenga, voglio correre«. Joab gli disse: »Corri!«. Allora Ahimaats prese a correre per la via della pianura e sorpassò l’Etiope. Or Davide era seduto fra le due porte; la sentinella salí sul tetto della porta vicino alle mura; alzò gli occhi e guardò, ed ecco un uomo che correva tutto solo. La sentinella gridò e avvertí il re. Il re disse: »Se è solo, porta notizie«. E quello andava avvicinandosi sempre più. Poi la sentinella vide un altro uomo che correva e gridò al guardiano della porta: »Ecco un altro uomo che corre tutto solo!«. Il re disse: »Anche questo porta notizie«. La sentinella soggiunse: »Il modo di correre del primo mi sembra quello di Ahimaats, figlio di Tsadok!«. Il re disse: »E’ un uomo dabbene e viene con buone notizie«. Ahimaats gridò al re e disse: »Pace!«. Poi si prostrò davanti al re con la faccia a terra e disse: »Benedetto sia l’Eterno, il tuo DIO, che ha dato in tuo potere gli uomini che avevano alzato le mani contro il re, mio signore!«. Il re disse: »Sta bene il giovane Absalom?«. Ahimaats rispose: »Quando Joab ha mandato il servo del re e me tuo servo ho visto un gran tumulto, ma non so di che si trattasse«. Il re gli disse: »Spostati e rimani qui«. Ed egli si spostò e rimase là. Proprio allora giunse l’Etiope, e l’Etiope disse: »Buone notizie, o re mio signore. L’Eterno oggi ti ha fatto giustizia, liberandoti dalle mani di tutti quelli che erano insorti contro di te«. Il re disse all’Etiope: »Sta bene il giovane Absalom?«. L’Etiope rispose: »Possano i nemici del re mio signore e tutti quelli che insorgono contro di te per farti del male, essere come quel giovane!«. Allora il re, fremendo tutto salí nella camera che era sopra la porta e pianse mentre andava diceva: »O mio figlio Absalom; mio figlio, mio figlio Absalom! Fossi morto io al tuo posto, o Absalom figlio mio, figlio mio!«. Riferirono poi a Joab: »Ecco, il re piange e fa cordoglio per Absalom«. Cosí la vittoria in quel giorno si cambiò in lutto per tutto il popolo, perché il popolo sentí dire in quel giorno: »Il re è afflitto a causa di suo figlio«. Il popolo in quel giorno rientrò furtivamente in città, come si allontanano di nascosto e pieni di vergogna quelli che fuggono in battaglia. Il re si era coperto la faccia e gridava ad alta voce: »O mio figlio Absalom o Absalom figlio mio, figlio mio!«. Allora Joab entrò in casa del re e disse: »Tu oggi copri di vergogna il volto di tutta la gente che in questo giorno ha salvato la tua vita, quella dei tuoi figli e delle tue figlie, la vita delle tue mogli e quella delle tue concubine, perché ami quelli che ti odiano e odi quelli che ti amano; oggi infatti hai mostrato che capitani e soldati non contano nulla per te; e ora capisco che se Absalom fosse vivo e noi fossimo quest’oggi tutti morti allora saresti contento. Ora dunque levati, esci e parla al cuore dei tuoi servi perché io giuro per l’Eterno che, se non esci, nessuno resterà con te questa notte; e questa sarebbe per te sventura maggiore di tutte quelle che ti sono cadute addosso dalla tua giovinezza fino a oggi«. Allora il re si levò e si pose a sedere alla porta; e fu dato l’annunzio a tutto il popolo, dicendo: »Ecco il re sta seduto alla porta«. Cosí tutto il popolo venne alla presenza del re. Intanto quei d’Israele erano fuggiti ciascuno alla sua tenda. In tutte le tribú d’Israele tutto il popolo stava discutendo e diceva: »Il re ci ha liberato dalle mani dei nostri nemici e ci ha salvato dalle mani dei Filistei, e ora ha dovuto fuggire dal paese a motivo di Absalom. Ma Absalom, che noi avevamo unto re sopra di noi, è morto in battaglia. E ora perché non parlate di far tornare il re?«. Allora il re Davide mandò a dire ai sacerdoti Tsadok e Abiathar: »Parlate agli anziani di Giuda e dite loro: »Perché dovreste essere gli ultimi a far tornare il re a casa sua, poiché i discorsi di tutto Israele sono giunti fino al re, a questa stessa casa? Voi siete miei fratelli, voi siete mie ossa e mia carne. Perché dunque dovreste essere gli ultimi a far tornare il re?". E dite ad Amasa: »Non sei tu mie ossa e mia carne? Cosí mi faccia DIO e anche peggio, se tu non diventi per sempre capo dell’esercito al posto di Joab««. Cosí Davide piegò il cuore di tutti gli uomini di Giuda, come se fosse stato il cuore di un sol uomo; perciò essi mandarono a dire al re: »Ritorna tu con tutti tuoi servi«. Il re allora tornò e giunse al Giordano; e quei di Giuda vennero a Ghilgal per andare incontro al re e per fargli passare il Giordano. Scimei, figlio di Ghera Beniaminita, che era di Bahurim, si affrettò a scendere con gli uomini di Giuda incontro al re Davide. Egli aveva con sé mille uomini di Beniamino e Tsiba servo della casa di Saul, con i suoi quindici figli e i suoi venti servi insieme a lui. Essi passarono il Giordano davanti al re. Essi passarono col traghetto per portare di là la famiglia del re e per fare ciò che sembrava bene al re. Intanto Scimei, figlio di Ghera, si prostrò davanti al re, nel momento in cui questi passava il Giordano, e disse al re: »Non mi imputi il mio signore alcuna colpa e dimentichi il male che il tuo servo ha fatto il giorno in cui il re mio signore usciva da Gerusalemme; il re non ne tenga conto. Poiché il tuo servo riconosce di aver peccato. Ed ecco, oggi sono stato il primo di tutta la casa di Giuseppe scendere incontro al re mio signore«. Ma Abishai, figlio di Tseruiah, prese a dire: »Non dovrebbe Scimei essere messo a morte per aver maledetto l’unto dell’Eterno?«. Davide disse: »Che ho io da fare con voi, o figli di Tseruiah, che vi mostrate oggi miei avversari? Si può oggi mettere a morte qualcuno in Israele? Non so io forse che oggi sono re d’Israele?«. Il re disse quindi a Scimei: »Tu non morrai!«. E il re glielo giurò, Anche Mefibosceth, nipote di Saul, scese incontro al re. Egli non si era curato i piedi, né spuntata la barba e non aveva lavato le vesti dal giorno in cui il re era partito fino a quello in cui tornava in pace. Quando giunse da Gerusalemme per incontrare il re, il re gli disse: »Perché non sei venuto con me, Mefibosceth?«. Egli rispose: »O re, mio signore, il mio servo mi ha ingannato, perché il tuo servo aveva detto: »Io mi farò sellare l’asino, monterò e andrò col re«, poiché il tuo servo è zoppo. Inoltre egli ha calunniato il tuo servo presso il re mio signore; ma il re mio signore è come un angelo di DIO; fa’ dunque ciò che ti piacerà. Tutti quelli della casa di mio padre infatti non meritavano altro che la morte davanti al re mio signore; ciò nonostante tu avevi posto il tuo servo fra quelli che mangiano alla tua mensa. Perciò qual diritto avrei ancora di gridare al re?«. Il re gli disse: »Non occorre che tu aggiunga altre parole. Io ho deciso: Tu e Tsiba dividetevi le terre«. Allora Mefibosceth rispose al re: »Prenda pure tutto, perché il re mio signore è tornato in pace a casa sua«. Anche Barzillai, il Galaadita, scese da Roghelim e passò il Giordano col re, per accompagnarlo di là dal Giordano. Barzillai era molto vecchio: aveva ottant’anni; era stato lui a fornire i viveri al re mentre questi si trovava a Mahanaim, perché era molto facoltoso. Il re disse a Barzillai: »Vieni con me oltre il fiume e io provvederò al tuo sostentamento presso di me a Gerusalemme«. Ma Barzillai rispose al re: »Quanti anni di vita mi rimangono ancora perché io salga col re a Gerusalemme?. Io ho ora ottant’anni; posso ancora distinguere ciò che è buono da ciò che è cattivo? Può il tuo servo gustare ancora ciò che mangia o ciò che beve? Posso io udire ancora la voce dei cantori e delle cantanti? Perché il tuo servo dovrebbe essere ancora di peso al re mio signore? Il tuo servo andrà con il re oltre il Giordano per un piccolo tratto, e perché mai il re dovrebbe ripagarmi con una tale ricompensa? Deh, lascia che il tuo servo torni indietro e che io possa morire nella mia città presso la tomba di mio padre e di mia madre! Ma ecco il tuo servo Kim-ham; venga lui con il re mio signore e fa’ per lui ciò che ti piacerà«. Il re rispose: »Kimham verrà con me e io farò per lui quello che a te piacerà; si, io farò per te tutto ciò che mi chiedi«. Cosí tutto il popolo passò il Giordano e lo passò anche il re. Poi il re baciò Barzillai e lo benedisse? ed egli se ne torno a casa sua. Il re proseguí verso Ghilgal e Kim-ham lo accompagnò. Tutto il popolo di Giuda scortò il re, e cosí fece anche la metà del popolo d’Israele. Allora tutti gli Israeliti vennero dal re e gli dissero: »Perché i nostri fratelli gli uomini di Giuda, ti hanno portato via di nascosto e hanno fatto passare il Giordano al re, alla sua famiglia e a tutti gli uomini di Davide?«. Tutti gli uomini di Giuda risposero agli uomini d’Israele: »Poiché il re è nostro parente stretto. Perché vi adirate per questo? Abbiamo forse mangiato a spese del re, o ci ha mai dato alcun regalo?«. Ma gli uomini d’Israele risposero agli uomini di Giuda, dicendo: »A noi spettano dieci parti del re, per cui Davide e piú nostro che vostro, perché dunque ci avete disprezzati? Non siamo stati noi i primi a proporre di far tornare il nostro re?«. Ma il parlare degli uomini di Giuda fu piú duro di quello degli uomini d’Israele. Si trovava là un uomo scellerato di nome Sceba, figlio di Bikri, un Beniaminita, il quale suonò la tromba e disse: »Non abbiamo alcuna parte con Davide e nessuna eredità col figlio di Isai! O Israele, ciascuno alle proprie tende«. Cosí tutti gli uomini d’Israele abbandonarono Davide per seguire Sceba, figlio di Bikri. Ma gli uomini di Giuda rimasero uniti al loro re e lo accompagnarono dal Giordano fino a Gerusalemme. Quando il re Davide entrò nella sua casa a Gerusalemme, prese le dieci concubine che aveva lasciato a custodire la casa, e le mise in un domicilio vigilato; egli le sostentava ma non entrava da loro; cosí rimasero rinchiuse fino al giorno della loro morte, in uno stato di vedovanza. Poi il re disse ad Amasa: »Radunami gli uomini di Giuda entro tre giorni e tu stesso trovati qui«. Amasa dunque partí per radunare gli uomini di Giuda, ma tardò oltre il tempo fissatogli. Allora Davide disse ad Abishai: »Sceba, figlio di Bikri, ci farà adesso piú male di Absalom; prendi i servi del tuo signore e inseguilo perché non si procuri delle città fortificate e ci sfugga«. Sotto il suo comando andarono gli uomini di Joab, i Kerethei, i Pelethei e tutti gli uomini piú valorosi, uscirono da Gerusalemme per inseguire Sceba, figlio di Bikri. Quando essi giunsero vicino alla grande pietra che è in Gabaon, Amasa venne loro incontro. Or Joab indossava un’uniforme militare, sopra la quale portava la cintura con una spada nel fodero attaccata ai fianchi; mentre avanzava, la spada gli cadde Joab disse ad Amasa: »Stai bene fratello mio?«. Quindi Joab con la destra prese Amasa per la barba per baciarlo. Amasa non fece attenzione alla spada con essa lo colpí al ventre e le sue viscere si sparsero per terra senza colpirlo una seconda volta, e quello morí. Poi Joab e Abishai suo fratello si misero a inseguire Sceba, figlio di Bikri. intanto uno dei giovani di Joab era rimasto presso Amasa e diceva: »Chi vuol bene a Joab e chi è per Davide segua Joab!«. Ma Amasa si rotolava nel sangue in mezzo alla strada. Quando quell’uomo si accorse che tutto il popolo si fermava, trascinò Amasa fuori della strada in un campo e gli buttò addosso un mantello, perché vedeva che tutti quelli che gli arrivavano vicino si fermavano. Quando fu rimosso dalla strada, tutti proseguirono al seguito di Joab per inseguire Sceba figlio di Bikri. Joab passò attraverso tutte le tribú d’Israele fino ad Abel e a Beth-Maakah. E tutti i Berei si radunarono e lo seguirono. Andarono poi ad assediare Sceba in Abel di Beth-Maakah e costruirono un terrapieno contro la città che si ergeva vicino alle mura; tutta la gente che era con Joab cercava di danneggiare le mura per farle cadere. Allora una donna saggia gridò dalla città: »Ascoltate, ascoltate! Vi prego dite a Joab di avvicinarsi, perché gli voglio parlare!«. Quando le si fu avvicinato, la donna gli chiese: »Sei tu Joab?«. Egli rispose, »Sono io«. Allora ella gli disse: »Ascolta le parole della tua serva«. Egli rispose: »Ascolto«. Ella riprese: »Una volta solevano dire: »Chiederanno consiglio ad Abel, perché cosí il problema era risolto. Siamo una delle città piú pacifiche e più fedeli in Israele; e tu cerchi di far perire una città che è una madre in Israele. Perché vuoi distruggere l’eredità dell’Eterno?«. Joab rispose: »Lungi, lungi da me l’idea di distruggere e di devastare. Le cose non stanno cosí, ma un uomo della contrada montuosa di Efraim, di nome Sceba, figlio di Bikri ha alzato la mano contro il re, contro Davide. Consegnatemi lui solo e io mi allontanerò dalla città«. La donna disse a Joab: »Ecco, la sua testa ti sarà gettata dalle mura«. Allora la donna, con la sua saggezza si rivolse a tutto il popolo; e quelli tagliarono la testa a Sceba, figlio di Bikri, e la gettarono a Joab. Questi fece suonare la tromba e tutti si allontanarono dalla città, e ognuno andò alla propria tenda. Joab tornò quindi a Gerusalemme presso il re. Joab era a capo di tutto l’esercito d’Israele; Benaiah, figlio di Jehoiada, era a capo dei Kerethei e dei Pelethei. Adoram era preposto ai tributi; Giosafat, figlio di Ahilud, era cancelliere; Sceva era segretario; Tsadok e Abiathar erano sacerdoti; e Ira di Jair era capo dei ministri di Davide. Al tempo di Davide ci fu una carestia per tre anni continui, Davide cercò la faccia dell’Eterno e l’Eterno gli disse: »Questo avviene a motivo di Saul e della sua casa sanguinaria, perché egli ha fatto morire i Gabaoniti«. Allora il re chiamò i Gabaoniti, e parlò loro. (Ora i Gabaoniti non appartenevano ai figli d’Israele, ma a un residuo degli Amorei; i figli d’Israele avevano loro giurato di risparmiarli, ma Saul, nel suo zelo per i figli d’Israele e di Giuda, aveva cercato di sterminarli). Davide perciò disse ai Gabaoniti »Che devo fare per voi e in che modo potrò riparare, perché voi benediciate l’eredità dell’Eterno?«. I Gabaoniti gli risposero: »A noi non interessa avere oro o argento da Saul e dalla sua casa, né voi dovete uccidere per noi alcun uomo in Israele«. Il re disse: »Quello che voi chiedete io lo farò per voi«. Essi risposero al re: »Per l’uomo che ci ha consumati e che aveva ideato di sterminarci per farci sparire da tutto il territorio d’Israele, ci siano consegnati sette uomini tra i suoi discendenti e noi li impiccheremo davanti all’Eterno a Ghibeah di Saul, l’eletto dell’Eterno«. Il re disse: »Ve li consegnerò«. Il re risparmiò Mefibosceth figlio di Gionathan, figlio di Saul a causa del giuramento dell’Eterno che c’era fra di loro tra Davide e Gionathan, figlio di Saul. Ma il re prese i due figli, che Ritspah figlia di Aiah aveva partorito a Saul, Armoni e Mefibosceth, e i cinque figli, che Mikal, figlia di Saul, aveva partorito ad Adriel di Mehola, figlio di Barzillai, e li consegnò ai Gabaoniti, che li impiccarono sul monte, davanti all’Eterno. Cosí furono messi a morte nei primi giorni della mietitura, quando si iniziava a mietere l’orzo. Ritspah, figlia di Aiah, prese un cilicio e se lo stese sulla roccia, rimanendo là dal principio della mietitura finché non cadde su di loro pioggia dal cielo. Essa non permise agli uccelli del cielo di posarsi su di loro di giorno, né alle fiere dei campi di accostarvisi di notte. Quando riferirono a Davide ciò che Ritspah, figlia di Aiah, concubina di Saul, aveva fatto, Davide andò a prendere le ossa di Saul e quelle di Gionathan suo figlio dagli abitanti di Jabesh di Galaad, che le avevano portate via dalla piazza di Beth-Shan, dove i Filistei li avevano appesi quando i Filistei avevano sconfitto Saul sul Ghilboa. Egli riportò di là le ossa di Saul e quelle di Gionathan suo figlio e furono anche raccolte le ossa di quelli che erano stati impiccati. Le ossa di Saul e di Gionathan suo figlio furono sepolte nel paese di Beniamino, a Tselah, nel sepolcro di Kish, padre di Saul. Cosí fecero tutto ciò che il re aveva ordinato. Dopo questo DIO diede ascolto alla preghiera fatta per il paese. I Filistei mossero di nuovo guerra ad Israele e Davide scese con i suoi servi a combattere contro i Filistei; e Davide si stancò; Ishbi-Benob, uno dei discendenti dei giganti che aveva una lancia del peso di trecento sicli di bronzo ed era cinto di una spada nuova, intendeva uccidere Davide; ma Abishai, il figlio di Tseruiah venne in aiuto del re colpí il Filisteo e lo uccise. Allora gli uomini di Davide gli giurarono: »Tu non uscirai piú con noi a combattere e non spegnerai la lampada d’Israele«. Dopo questo ci fu un’altra battaglia con i Filistei, a Gob; allora Sibbekai l’Hushathita uccise Saf, uno dei discendenti dei giganti. Ci fu un’altra battaglia con i Filistei a Gob; ed Elhanan, figlio di Jaare-Oreghim di Betlemme uccise il fratello di Goliath di Gath; l’asta della sua lancia era come un subbio di tessitore. Ci fu un’altra battaglia a Gath, dove vi era un uomo di grande statura, che aveva sei dita per ogni mano e sei dita per ogni piede, in tutto ventiquattro dita anch’egli era un discendente dei giganti Egli insultò Israele, ma Gionathan figlio di Scimeah, fratello di Davide, lo uccise. Questi quattro erano discendenti dei giganti in Gath. Essi perirono per mano di Davide e per mano dei suoi servi. Davide rivolse all’Eterno le parole di questo cantico nel giorno che l’Eterno lo liberò dalla mano di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul. Egli disse: »L’Eterno è la mia rocca, la mia fortezza e il mio liberatore, il mio Dio, la mia rupe in cui mi rifugio, il mio scudo, la potenza della mia salvezza, il mio alto rifugio, il mio asilo. O mio salvatore, tu mi salvi dalla violenza! Io invoco l’Eterno che è degno di essere lodato, e sono salvato dai miei nemici. Le onde della morte mi avevano circondato e i torrenti della distruzione mi avevano spaventato. I dolori dello Sceol mi avevano avvolto e i lacci della morte mi stavano davanti. Nella mia angoscia invocai l’Eterno e gridai al mio DIO. Egli udí la mia voce dal suo tempio e il mio grido giunse ai suoi orecchi. Allora la terra fu scossa e tremò le fondamenta dei cieli furono smosse e scrollate, perché egli era acceso d’ira. Un fumo saliva dalle sue narici e un fuoco divorante gli usciva dalla bocca; da lui sprizzavano carboni accesi. Egli abbassò i cieli e discese con una densa caligine sotto i suoi piedi. Cavalcava sopra un cherubino e volava e appariva sulle ali del vento. Per padiglione intorno a sé aveva posto le tenebre, l’oscurità delle acque e le dense nubi del cielo. Dallo splendore che lo precedeva si sprigionavano carboni ardenti. L’Eterno tuonò dai cieli e l’Altissimo fece udire la sua voce. Avventò saette, e disperse i nemici, scagliò le sue frecce e li disperse. Allora apparve il letto del mare e le fondamenta del mondo furono scoperte al rimprovero dell’Eterno, al soffio del vento delle sue narici. Egli dall’alto stese la mano e mi prese, mi trasse fuori dalle grandi acque. Mi liberò dal mio potente nemico e da quelli che mi odiavano, perché erano piú forti di me. Essi mi erano venuti contro nel giorno della mia calamità, ma l’Eterno fu il mio sostegno, e mi trasse fuori al largo; egli mi liberò perché mi gradisce. L’Eterno mi ha retribuito secondo la mia giustizia e mi ha reso secondo la purità delle mie mani, perché ho osservato le vie dell’Eterno e non mi sono empiamente sviato dal mio DIO. Poiché ho tenuto davanti a me tutte le sue leggi e non mi sono allontanato dai suoi statuti. Sono stato integro verso di lui e mi sono guardato dalla mia iniquità. Perciò l’Eterno mi ha reso secondo la mia giustizia secondo la mia purità davanti ai suoi occhi. Tu ti mostri pietoso verso l’uomo pio, e retto verso l’uomo retto; ti mostri puro col puro e ti mostri astuto col perverso. Tu salvi la gente afflitta, ma il tuo sguardo si ferma sugli alteri per abbassarli. Si, tu sei la mia lampada o Eterno; l’Eterno illumina le mie tenebre. Con te posso assalire una schiera, con il mio DIO posso saltare sopra un muro. La via di Dio è perfetta; la parola dell’Eterno è purificata col fuoco. Egli è lo scudo di tutti quelli che sperano in lui. Infatti chi è Dio all’infuori dell’Eterno? E chi è la Rocca all’infuori del nostro DIO? Dio è la mia potente fortezza e rende la mia via perfetta. Egli rende i miei piedi simili a quelli delle cerve e mi rende saldo sui miei alti luoghi. Egli ammaestra le mie mani alla battaglia e le mie braccia possono tendere un arco di bronzo. Tu mi hai anche dato lo scudo della tua salvezza e la tua benignità mi ha reso grande. Tu hai allargato i miei passi sotto di me, e i miei piedi non hanno vacillato. Io ho inseguito i miei nemici e li ho distrutti, e non sono tornato indietro prima di averli annientati. Li ho annientati e schiacciati ed essi non hanno più potuto rialzarsi; essi sono caduti sotto i miei piedi. Tu mi hai cinto di forza per la battaglia, e hai fatto piegare sotto di me quelli che si alzavano contro di me; hai fatto voltare le spalle ai miei nemici davanti a me, e io ho distrutto quelli che mi odiavano. Hanno guardato, ma non vi fu chi li salvasse; hanno gridato all’Eterno, ma egli non rispose loro. Io li ho tritolati come la polvere della terra, li ho frantumati, calpestati come il fango delle strade. Tu mi hai liberato dalle contese del mio popolo, mi hai conservato capo delle nazioni; un popolo che non conoscevo mi ha servito. I figli degli stranieri si sottomettono a me; appena sentono mi ubbidiscono. I figli degli stranieri si sono persi d’animo, sono usciti tremanti dalle loro fortezze. Viva l’Eterno! Sia benedetta la mia Rocca! Sia esaltato DIO, la Rocca della mia salvezza! E DIO che fa la vendetta per me; mi sottomette i popoli, e mi libera dai miei nemici. Tu m’innalzi su quelli che si levano contro di me e mi liberi dall’uomo violento. Perciò, o Eterno, ti celebrerò fra le nazioni e canterò le lodi del tuo nome. Grandi liberazioni egli concede al suo re, e usa benignità verso il suo unto, verso Davide e la sua discendenza per sempre«. Queste sono le ultime parole di Davide. Cosí dice Davide, figlio di Isai, Cosí dice l’uomo che fu elevato in alto, l’unto del DIO di Giacobbe il dolce cantore d’Israele, »Lo Spirito dell’Eterno ha parlato per mezzo mio e la sua parola è stata sulle mie labbra. Il DIO d’Israele ha parlato, la Rocca d’Israele mi ha detto: »Colui che regna sugli uomini con giustizia, colui che regna col timore di DIO, è come la luce del mattino al sorgere del sole, in un mattino senza nuvole, Come lo splendore dopo la pioggia, che fa spuntare l’erbetta dalla terra" Non è forse cosí la mia casa davanti a DIO? Poiché egli ha stabilito con me un patto eterno ordinato in ogni cosa e sicuro. Non farà egli germogliare la mia completa salvezza e tutto ciò che io desidero? Ma gli scellerati saranno tutti quanti buttati via come le spine, perché non si possono prendere con le mani. Chi le tocca si arma di un ferro o di un’asta di lancia, esse sono interamente bruciate sul posto col fuoco«. Questi sono i nomi dei valorosi guerrieri che furono al servizio di Davide Josceb-Bashshebeth, il Tahkemonita capo dei principali ufficiali. Egli fu chiamato Adino l’Etsenita, perché aveva ucciso ottocento uomini in una sola volta. Dopo di lui veniva Eleazar, figlio di Dodo, figlio di Ahohi, uno dei tre valorosi guerrieri che erano con Davide, quando sfidarono i Filistei radunati per combattere, mentre gli Israeliti si erano ritirati. Egli si levò e colpí i Filistei, finché la sua mano, esausta, rimase attaccata alla spada. In quel giorno l’Eterno operò una grande vittoria e il popolo ritornò dietro a lui solo per fare bottino. Dopo di lui veniva Shammah, figlio di Aghè, lo Hararita. I Filistei si erano radunati in massa in un luogo dove c’era un campo pieno di lenticchie. Il popolo era fuggito davanti ai Filistei. ma Shammah si piantò in mezzo al campo e lo difese, e fece una strage dei Filistei. Cosí l’Eterno operò una grande vittoria. Tre dei trenta capi scesero al tempo della mietitura e vennero da Davide nella caverna di Adullam mentre una schiera di Filistei era accampata nella valle dei giganti. Davide era allora nella fortezza e c’era una guarnigione di Filistei a Betlemme. Davide ebbe un grande desiderio e disse: »Oh, se qualcuno mi desse da bere l’acqua del pozzo di Betlemme, che è vicino alla porta«. I tre prodi si aprirono un varco attraverso il campo filisteo e attinsero l’acqua dal pozzo di Betlemme, vicino alla porta; quindi la presero e la portarono a Davide. Egli però non ne volle bere, ma la sparse davanti all’Eterno dicendo: »Lungi da me o Eterno, il fare questo! Non è forse il sangue degli uomini che sono andati a rischio della loro vita?«. E non la volle bere. Questo fecero quei tre prodi. Abishai, fratello di Joab, figlio di Tseruiah, fu il capo di altri tre. Egli brandí la lancia contro trecento uomini li uccise; cosí si acquistò fama fra i tre Fu il piú illustre dei tre e perciò fu fatto loro capo; ma non giunse a eguagliare i primi tre. Benaiah, figlio di Jehoiada, figlio di un uomo valoroso di Kabtseel fece grandi prodezze. Egli uccise due eroi di Moab; che erano come leoni. Discese anche in mezzo a una cisterna, dove uccise un leone, in un giorno di neve. Egli uccise pure un gigantesco Egiziano; l’Egiziano aveva una lancia in mano; ma Benaiah gli scese contro con un bastone, strappò di mano all’Egiziano la lancia e lo uccise con la sua stessa lancia. Queste cose fece Benaiah il figlio di Jehoiada, e si acquistò fama fra i tre prodi Fu il piú illustre dei trenta, ma non giunse a eguagliare i primi tre. Davide lo pose a capo del suo corpo di guardia. Poi vi erano Asahel, fratello di Joab, uno dei trenta; Elhanan, figlio di Dodo, di Betlemme; Shammah di Harod; Elika di Harod Helets di Palti; Ira, figlio di Ikkesh, di Tekoa; Abiezer di Anathoth; Mebunnai di Husha; Tsalmon di Ahoah; Maharai di Netofa; Heleb, figlio di Baanah, (di Netofa) Benaiah di Pirathon; Hiddai dai torrenti di Gaash; Abi-Albon di Arbath; Azmaveth di Barhum; Eliahba di Shaalbon, (dei figli di Jascen), Gionathan; Shammah di Harar; Ahiam, figlio di Sharar, di Harar; Elifelet, figlio di Ahasbai, figlio di un Maakatheo; Eliam, figlio di Ahithofel di Ghilo; Hetsrai di Karmel; Paarai di Arab; Igal figlio di Nathan, di Tsobah; Bani di Gad; Tselek, l’Ammonita; Naharai di Beeroth, (scudiero di Joab, figlio di Tseruiah); Ira di Jether; Gareb di Jether; Uriah, lo Hitteo. In tutto trentasette. L’ira dell’Eterno si accese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo, dicendo: »Va’ a fare il censimento, d’Israele e di Giuda«. Cosí il re disse a Joab il capo dell’esercito che era con lui: »Va’ in giro per tutte le tribú d’Israele, da Dan fino a Beer-Sceba, e fate il censimento del popolo perché io ne conosca il numero«. Joab rispose al re: »L’Eterno, il tuo DIO, moltiplichi il popolo cento volte piú di quello che è, e possano gli occhi del re, mio signore, vedere ciò. Ma perché il re mio signore desidera questo?«. Tuttavia l’ordine del re prevalse su Joab e sui capi dell’esercito. Cosí Joab e i capi dell’esercito lasciarono la presenza del re per andare a fare il censimento del popolo d’Israele. Passarono il Giordano e si accamparono ad Aroer, a destra della città che è in mezzo alla valle di Gad e verso Jazer. Poi andarono a Galaad e nel paese di Tahtim-Hodsci; quindi andarono a Dan-Jaan e nei dintorni di Sidon. Andarono anche alla fortezza di Tiro e in tutte le città degli Hivvei e dei Cananei, e giunsero nel mezzogiorno di Giuda, fino a Beer-Sceba. Percorsero cosí tutto il paese e, in capo a nove mesi e venti giorni, fecero ritorno a Gerusalemme. Joab consegnò al re la cifra del censimento del popolo: c’erano in Israele ottocentomila uomini forti, idonei a maneggiare la spada, mentre gli uomini di Giuda erano cinquecentomila. Ma, dopo aver fatto il censimento del popolo, il cuore di Davide lo riprovò grandemente, e disse all’Eterno: »Ho gravemente peccato in ciò che ho fatto; ma ora, o Eterno, rimuovi l’iniquità del tuo servo, perché ho agito con grande stoltezza«. Quando al mattino Davide si alzò, la parola dell’Eterno fu rivolta al profeta Gad, il veggente di Davide, dicendo: »Va’ a dire a Davide: Cosí dice l’Eterno: »Io ti propongo tre cose: scegline per te una e quella ti farò««. Gad andò dunque da Davide a riferirgli la cosa e disse: »Vuoi che vengano per te sette anni di carestia nel tuo paese o tre mesi di fuga davanti ai tuoi nemici che t’inseguono, o tre giorni di peste nel tuo paese? Ora rifletti e vedi un po’ quale risposta devo dare a colui che mi ha mandato«. Davide disse a Gad: »Mi trovo in grande angoscia! Cadiamo pure nelle mani dell’Eterno, perché le sue compassioni, sono grandi, ma che io non cada nelle mani degli uomini!«. Cosí l’Eterno mandò la peste in Israele, da quella mattina fino al tempo fissato. Da Dan a Beer-Sceba morirono settantamila persone del popolo. Come l’angelo stendeva la sua mano su Gerusalemme per distruggerla, l’Eterno si rammaricò di quella calamità e disse all’angelo che sterminava il popolo: »Basta! Ora ritira la tua mano!«. L’angelo dell’Eterno si trovava presso l’aia di Araunah, il Gebuseo. Quando Davide vide l’angelo che colpiva il popolo, disse all’Eterno: »Ecco, io ho peccato, io ho agito iniquamente, ma queste pecore che hanno fatto? La tua mano perciò si volga contro di me e contro la casa di mio padre!«. Quel giorno Gad venne da Davide e gli disse: »Sali e costruisci un altare all’Eterno nell’aia di Araunah, il Gebuseo«. Cosí Davide salí, secondo la parola di Gad, come l’Eterno aveva comandato. Araunah guardò e vide il re e i suoi servi, che si dirigevano verso di lui allora Araunah uscí e si prostrò davanti; al re con la faccia a terra. Poi Araunah disse: »Perché il re, mio signore, è venuto dal suo servo?«. Davide rispose: »Per comprare da te quest’ aia e costruirvi un altare all’Eterno, affinché la calamità sia allontanata dal popolo«. Araunah disse a Davide: »Il re mio signore prenda e offra ciò che gli piacerà! Ecco i buoi per l’olocausto; gli attrezzi per trebbiare e i gioghi dei buoi serviranno per legna. O re, tutte queste cose Araunah le dona al re«. Poi Araunah disse al re: »L’Eterno. il tuo DIO ti sia propizio!«. Ma il re rispose ad Araunah: »No, io comprerò da te queste cose al prezzo che costano, e non offrirò all’Eterno, il mio DIO, olocausti che non mi costino nulla«. Cosí Davide comprò l’aia ed i buoi per cinquanta sicli d’argento. Poi Davide costruí in quel luogo un altare all’Eterno e offrí olocausti e sacrifici di ringraziamento. Cosí l’Eterno diede ascolto alla preghiera fatta per il paese e la calamità fu allontanata dal popolo d’Israele.
Ora il re Davide era vecchio e avanzato negli anni e, sebbene lo ricoprissero di panni, non riusciva a riscaldarsi. Perciò i suoi servi gli dissero: »Si cerchi per il re, nostro signore, una fanciulla vergine, che assista il re, ne abbia cura e dorma sul suo seno; cosí il re nostro signore potrà riscaldarsi«. Allora cercarono per tutto il territorio d’Israele una bella fanciulla e trovarono Abishag, la Shunamita, e la condussero dal re. La fanciulla era bellissima, si prendeva cura del re e lo serviva; ma il re non la conobbe. Or Adonijah, figlio di Haggith insuperbitosi diceva: »Sarò io il re!«. E si procurò carri, cavalieri e cinquanta uomini che corressero davanti a lui. (SUO padre non lo aveva mai rimproverato in vita sua, dicendogli: »Perché fai cosí?«. Anche Adonijah era bellissimo ed era nato dopo Absalom). Egli si accordò con Joab, figlio di Tseruiah, e col sacerdote Abiathar, i quali seguirono Adonijah e lo spalleggiarono. Ma il sacerdote Tsadok, Benaiah figlio di Jehoiada, il profeta Nathan, Scimei Rei e gli uomini prodi di Davide non erano per Adonijah. Adonijah immolò pecore, buoi e vitelli grassi vicino al masso di Zohelet che è vicino alla fontana di Roghel e invitò t di Giuda al servizio del re. Ma non invitò il profeta Nathan, né Benaiah né gli uomini prodi, né Salomone suo fratello. Allora Nathan parlò a Bath-Sceba, madre di Salomone e le disse: »Non hai sentito che Adonijah, figlio di Hagghith, è diventato re, e David nostro signore non lo sa neppure? Or dunque permetti che ti dia un consiglio, affinché salvi la tua vita e quella di tuo figlio Salomone Va’, entra entra dal re Davide e digli: »O re, mio signore, non hai forse giurato alla tua serva dicendo: Tuo figlio Salomone, regnerà dopo di me e siederà sul mio trono? Perché dunque è divenuto re Adonijah?«. Poi, mentre tu starai ancora li a parlare col re, io entrerò dopo di te e confermerò le tue parole«. Cosí Bath-Sceba entrò nella camera del re. (Il re era molto vecchio e Abishag, la Shunamita, serviva il re) Bath-Sceba s’inchinò e si prostrò davanti al re. Il re disse: »Che cosa vuoi?«. Ella gli rispose: »O mio signore, tu hai giurato alla tua serva per l’Eterno, il tuo DIO, dicendo: »Tuo figlio Salomone regnerà dopo di me e siederà sul mio trono«. Ora invece Adonijah è divenuto re e tu, o re mio signore, non lo sai neppure. Egli ha immolato un gran numero di buoi, vitelli grassi e pecore e ha invitato tutti i figli del re e il sacerdote Abiathar e Joab, il capo dell’esercito, ma non ha invitato il tuo servo Salomone. Ora gli occhi di tutto Israele sono rivolti a te, o re mio signore, perché tu indichi loro chi dovrà sedere sul trono del re mio signore dopo di lui. Altrimenti avverrà che, quando il re mio signore si addormenterà con i suoi padri, io e il mio figlio Salomone saremo trattati come colpevoli«. Mentre essa parlava ancora con il re giunse il profeta Nathan. Allora riferirono la cosa al re, dicendo: »Ecco il profeta Nathan!«. Questi entrò alla presenza del re e si prostrò davanti al re con la faccia a terra. Nathan disse: »O re, mio signore, hai forse detto: »Adonijah regnerà dopo di me e siederà sul mio trono? Oggi infatti egli è sceso ad immolare un gran numero di buoi, vitelli grassi e pecore e ha invitato tutti i figli del re, i capi dell’esercito e il sacerdote Abiathar; ed ecco, ora essi mangiano e bevono davanti a lui e dicono: »Viva il re Adonija«. Ma egli non ha invitato me, tuo servo né il sacerdote Tsadok, né Benaiah figlio di Jehoiada né Salomone tuo servo. Questa cosa è proprio stata fatta dal re mio signore, senza far sapere al tuo servo chi dovrà sedere sul trono del re mio signore dopo di lui?«. Il re Davide, rispondendo, disse: »Chiamatemi Bath-Sceba«. Ella entrò alla presenza del re e rimase in piedi davanti a lui. Il re giurò e disse: »Com’è vero che vive l’Eterno che ha liberato la mia vita da ogni avversità, Io farò oggi esattamente ciò che ti ho giurato per l’Eterno, il DIO d’Israele, dicendo: »Tuo figlio Salomone regnerà dopo me e siederà sul mio trono al mio posto«. Bath-Sceba s’inchinò con la faccia a terra, si prostrò davanti al re e disse: »Possa il re Davide mio signore vivere in perpetuo!«. Poi il re Davide disse: »Chiamatemi il sacerdote Tsadok, il profeta Nathan e Benaiah, figlio di Jehoiada«. Essi vennero alla presenza del re. Il re disse loro: »Prendete con voi i servi del vostro signore, fate montare mio figlio Salomone sulla mia mula e fatelo scendere a Ghihon. Lí il sacerdote Tsadok e il profeta Nathan lo ungano re d’Israele. Poi suonate la tromba e dite: »Viva il re Salomone!« Risalirete quindi dietro di lui, ed egli verrà a sedersi sul mio trono e regnerà al mio posto, poiché ho costituito lui come principe su Israele e Giuda«. Benaiah, figlio di Jehoiada, rispose al re: »Amen, così vuole anche l’Eterno, il DIO del re mio signore! Come l’Eterno è stato col re mio signore, così sia con Salomone e renda il suo trono più grande del trono del re Davide, mio signore!«. Allora il sacerdote Tsadok, il profeta Nathan, Benaiah figlio di Jehoiada, i Kerethei e i Pelethei scesero, fecero montare Salomone sulla mula del re Davide e lo condussero a Ghihon. Il sacerdote Tsadok prese il corno dell’olio dal tabernacolo e unse Salomone. Poi suonarono la tromba e tutto il popolo disse: »Viva il re Salomone!«. Poi tutto il popolo risalí dietro di lui, suonando i flauti e rallegrandosi di grande gioia tanto che la terra alle loro acclamazioni sembrava spaccarsi. Adonijah e tutti i suoi convitati, come stavano finendo di mangiare, udirono il clamore; e quando Joab udí il suono della tromba, disse: »Cosa significa questo grande fragore proveniente dalla città?«. Mentre parlava ancora, ecco giungere Gionathan, figlio del sacerdote Abiathar. Adonijah gli disse: »Entra, poiché tu sei un uomo di valore e rechi certo buone notizie«. Gionathan, rispose a Adonijah e disse: »Tutt’altro! Il re Davide, nostro signore, ha fatto re Salomone. Egli ha mandato con lui il sacerdote Tsadok, il profeta Nathan, Benaiah figlio di Jehoiada, i Kerethei e i Pelethei, che lo hanno fatto montare sulla mula del re. Così il sacerdote Tsadok e il profeta Nathan lo hanno unto re a Ghihon, e di là sono risaliti tutti pieni di esultanza, e la città è tutta in agitazione. Questo è il fragore che avete udito. Inoltre Salomone si è posto a sedere sul trono del regno. E i servi del re sono andati a congratularsi col re Davide nostro signore, dicendo: »Il tuo DIO renda il nome di Salomone piú glorioso del tuo e renda il suo trono piú grande del tuo!«. Poi il re si è prostrato sul letto, e ha pure detto: »Sia benedetto l’Eterno, il DIO d’Israele, che oggi ha fatto sedere uno sul mio trono, permettendo ai miei occhi di vederlo««. Allora tutti i convitati di Adonijah furono presi da spavento, si alzarono e se ne andarono ciascuno per la sua strada. Adonijah, avendo paura di Salomone, si levò e andò ad aggrapparsi ai corni dell’altare. Fu quindi riferito a Salomone: »Ecco, Adonijah ha paura del re Salomone e si è afferrato ai corni dell’altare, dicendo: »Il re Salomone mi giuri oggi che non farà morire di spada il suo servo««. Salomone rispose: »Se si mostra uomo retto, non cadrà in terra neppure uno dei suoi capelli, ma se in lui sarà trovata alcuna malvagità, morirà«. Cosí il re Salomone mandò gente a farlo scendere dall’altare. Egli venne quindi a prostrarsi davanti al re Salomone; e Salomone gli disse: »Vattene a casa tua«. Avvicinandosi per Davide il giorno della sua morte, egli ordinò a suo figlio Salomone, dicendo: »Io sto per andare dove vanno tutti gli abitanti della terra; perciò sii forte e comportati da uomo! Osserva gli ordini dell’Eterno, il tuo DIO, camminando nelle sue vie e mettendo in pratica i suoi statuti, i suoi comandamenti, i suoi decreti e i suoi precetti, come sta scritto nella legge di Mosè, affinché tu riesca in tutto ciò che farai e dovunque ti volga, e affinché l’Eterno adempia la promessa che mi ha fatto quando disse: Se i tuoi figli faranno attenzione alla loro condotta per camminare davanti a me in verità con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima, non ti mancherà mai qualcuno sul trono d’Israele" Anche tu sai ciò che ha fatto a me Joab, figlio di Tseruiah, e ciò che ha fatto ai due capi degli eserciti d’Israele, ad Abner, figlio di Ner, e ad Amasa, figlio di Jether, che egli uccise; in tempo di pace ha versato sangue di guerra e ha macchiato di sangue di guerra la cintura che aveva ai fianchi e i sandali che portava ai piedi. Agisci dunque secondo la tua sapienza e non permettere che la sua canizie scenda in pace nello Sceol Ma usa bontà con i figli di Barzillai il Galaadita e siano tra coloro che mangiano alla tua mensa, perché con uguale bontà essi vennero da me quando io fuggivo di fronte ad Absalom tuo fratello. Ecco, presso di te c’è pure Scimei, figlio di Ghera, il Beniaminita, di Bahurim. Egli proferí un’orribile maledizione il giorno che andavo a Mahanaim, ma poi scese ad incontrarmi al Giordano e io gli giurai per l’Eterno: »Non ti farò morire di spada«. Ora perciò non lasciarlo impunito perché sei un uomo saggio e sai ciò che devi fare. Fa’ scendere la sua canizie nello Sceol tinta di sangue«. Cosí Davide si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Il tempo che Davide regnò sopra Israele fu di quarant’anni, regnò sette anni a Hebron e trentatrè anni a Gerusalemme. Poi Salomone si assise sul trono di Davide suo padre e il suo regno fu saldamente stabilito. Or Adonijah, figlio di Hagghith, venne da Bath-Sceba, madre di Salomone Questa gli disse: »Vieni con intenzioni pacifiche?«. Egli rispose: »Sí, pacifiche«. Poi aggiunse: »Ho qualcosa da dirti«. Quella rispose: »Di’ pure«. Cosí egli disse: »Tu sai che il regno mi apparteneva e che tutto Israele si aspettava che io regnassi. Ma il regno mi stato tolto ed è passato a mio fratello, perché a lui lo ha dato l’Eterno. Ora ho una richiesta da farti; non rifiutarmela«. Ella rispose: »Di’ pure«. Allora egli disse: »Ti prego, di’ al re Salomone, il quale non ti rifiuterà nulla che mi dia in moglie Abishag, la Shunamita«. Bath-Sceba rispose: »Bene! Parlerò al re in tuo favore«. Bath-Sceba si recò dunque dal re Salomone per parlargli in favore di Adonijah. Il re si alzò per andarle incontro, si inchinò davanti a lei, poi si pose a sedere sul suo trono e fece mettere un trono per la madre del re, ed ella si sedette alla sua destra. Ella disse: »Ho una piccola richiesta da farti; non negarmela«. Il re le rispose: »Fa’ pure la richiesta, madre mia; io non te la negherò«. Allora ella disse: »Si dia Abishag la Shunamita in moglie a tuo fratello Adonijah«. Il re Salomone rispose a sua madre e disse: »Perché chiedi Abishag la Shunamita per Adonijah? Chiedi per lui anche il regno, perché è mio fratello maggiore; chiedilo per lui, per il sacerdote Abiathar e per Joab, figlio di Tseruiah!«. Allora il re Salomone giurò per l’Eterno, dicendo: »DIO mi faccia questo e anche peggio, se Adonijah non ha proferito questa parola a costo della sua vita! Ora perciò, com’è vero che vive l’Eterno, che mi ha stabilito, mi ha fatto sedere sul trono di Davide mio padre e mi ha fondato una casa come aveva promesso, oggi Adonijah sarà messo a morte!«. Cosí il re Salomone mandò Benaiah, figlio di Jehoiada, che piombò addosso a Adonijah e questi morí. Poi il re disse al sacerdote Abiathar: »Vattene ad Anathoth nei tuoi campi, perché tu meriti la morte, ma non ti farò morire oggi, perché hai portato l’arca del Signore, l’Eterno, davanti a mio padre Davide, e perché hai partecipato a tutte le sofferenze di mio padre«. Cosí Salomone allontanò Abiathar dall’ufficio di sacerdote dell’Eterno, perché si adempisse la parola che l’Eterno aveva pronunziato riguardo alla casa di Eli a Sciloh. Intanto la notizia giunse a Joab, perché Joab aveva seguito Adonijah, ma non aveva seguito Absalom. Perciò egli si rifugiò nel tabernacolo dell’Eterno e si afferrò ai corni dell’altare. Fu quindi riferito al re Salomone: »Joab si è rifugiato nel tabernacolo dell’Eterno ed è vicino all’altare«. Allora Salomone mandò Benaiah, figlio di Jehoiada, dicendogli: »Va’, colpiscilo!«. Cosí Benaiah entrò nel tabernacolo dell’Eterno e disse a Joab: »Cosí dice il re: »Vieni fuori!««. Quegli rispose: »No, voglio morire qui!«. Benaiah riferí la cosa al re, dicendo: »Cosí ha parlato Joab e cosí mi ha risposto«. Allora il re gli disse: »Fa’ com’egli ha detto; colpiscilo e seppelliscilo; cosí allontanerai da me e dalla casa di mio padre il sangue che Joab versò senza motivo. Cosí l’Eterno farà ricadere sul suo capo il sangue che ha versato, quando colpí due uomini piú giusti e migliori di lui e li uccise con la spada, senza che mio padre Davide neppure lo sapesse: Abner, figlio di Ner, capitano dell’esercito d’Israele, e Amasa, figlio di Jether, capitano dell’esercito di Giuda. Il loro sangue ricadrà sul capo di Joab e sul capo della sua discendenza per sempre, ma vi sarà pace per sempre da parte dell’Eterno per Davide, per la sua discendenza, per la sua casa e per il suo trono«. Allora Benaiah, figlio di Jehoiada, salí, lo colpí e lo mise a morte; e Joab fu sepolto in casa sua, nel deserto. Al suo posto il re fece capo dell’esercito Benaiah, figlio di Jehoiada, e mise il sacerdote Tsadok al posto di Abiathar. Poi il re mandò a chiamare Scimei e gli disse: »Costruisciti una casa in Gerusalemme e là abiterai, e non ne uscirai piú per andare qua o là. Il giorno infatti che uscirai e passerai il torrente Kidron, sappi per certo che morirai; il tuo sangue ricadrà sul tuo capo«. Scimei rispose al re: »Sta bene; il tuo servo farà come il re mio signore ha detto«. Così Scimei dimorò in Gerusalemme per molto tempo. Ma, dopo tre anni, avvenne che due servi di Scimei fuggirono presso Akish, figlio di Maakah, re di Gath. Perciò riferirono la cosa a Scimei e gli dissero: »Ecco i tuoi servi sono a Gath«. Allora Scimei si levò, sellò il suo asino e andò a Gath da Akish in cerca dei suoi servi; Scimei andò e ricondusse i suoi servi da Gath. A Salomone fu riferito che Scimei era andato da Gerusalemme a Gath ed era tornato. Il re allora mandò a chiamare Scimei e gli disse: »Non ti avevo fatto giurare per l’Eterno e non ti avevo solennemente avvertito dicendoti: »Sappi per certo che il giorno in cui uscirai per andare qua o là, morirai«? E tu mi avevi risposto: »La parola che ho udita mi sta bene«. Perché dunque non hai osservato il giuramento dell’Eterno e il comando che ti avevo impartito?«. Il re disse inoltre a Scimei: »Tu conosci tutto il male che facesti a Davide mio padre e il tuo cuore ne è consapevole; perciò l’Eterno farà ricadere sul tuo capo la tua malvagità, ma il re Salomone sarà benedetto e il trono di Davide sarà reso stabile davanti all’Eterno per sempre«. Quindi il re diede ordine a Benaiah, figlio di Jehoiada, che uscì e colpí Scimei; e questi morí. Cosí rimase saldo il regno nelle mani di Salomone. Poi Salomone si imparentò con il Faraone re di Egitto. Sposò la figlia del Faraone e la condusse nella città di Davide, finché non terminò di costruire la sua casa, la casa dell’Eterno e le mura di cinta di Gerusalemme. Il popolo però offriva sacrifici sugli alti luoghi, perché fino a quei giorni non era ancora stato costruito un tempio al nome dell’Eterno. Salomone amava l’Eterno e seguiva gli statuti di Davide suo padre; tuttavia offriva sacrifici e bruciava incenso sugli alti luoghi. Il re andò a Gabaon per offrirvi sacrifici, perché quello era l’alto luogo piú importante; e su quell’altare Salomone offerse mille olocausti. A Gabaon, l’Eterno apparve in sogno di notte a Salomone. DIO gli disse: »Chiedi ciò che vuoi che io ti dia«. Salomone rispose: »Tu hai usato grande benevolenza col tuo servo Davide, mio padre, perché egli camminava davanti a te con fedeltà, con giustizia e con rettitudine di cuore verso di te, tu hai continuato a usare con lui questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come oggi avviene. Ora, o Eterno, mio DIO, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre ma io non sono che un fanciullo e non so come comportarmi. Inoltre il tuo servo è in mezzo al popolo che tu hai scelto, un popolo grande, troppo numeroso per essere contato e calcolato. Concedi dunque al tuo servo un cuore intelligente, perché possa amministrare la giustizia per il tuo popolo e discernere il bene dal male. Chi infatti potrebbe amministrare la giustizia per questo tuo popolo cosí numeroso?«. Piacque al Signore che Salomone avesse fatto questa richiesta. DIO allora gli disse: »Poiché hai domandato questo e non hai chiesto per te né lunga vita. né ricchezze, né la morte dei tuoi nemici, ma hai chiesto intelligenza per comprendere ciò che è giusto. ecco, io faccio come tu hai chiesto: ti do un cuore saggio e intelligente, cosicché non c’è stato nessuno come te prima di te e non sorgerà nessuno come te dopo di te. Ti do pure ciò che non hai domandato: ricchezze e gloria, cosicché fra i re non vi sarà nessuno come te, per tutti i giorni della tua vita. Se poi cammini nelle mie vie osservando i miei statuti e i miei comandamenti, come fece Davide tuo padre io prolungherò i tuoi giorni«. Salomone si svegliò, ed ecco era un sogno. Egli tornò allora a Gerusalemme, si presentò davanti all’arca del patto del Signore e offerse olocausti e sacrifici di ringraziamento, e fece un banchetto per tutti i suoi servi. Poi vennero dal re due prostitute e si presentarono davanti a lui. Una delle due donne disse: »O mio signore, questa donna ed io abitiamo nella stessa casa; io partorii quando essa era in casa. Tre giorni dopo che io avevo partorito, partorí anche questa donna; e non c’era alcun altro in casa all’infuori di noi due. Il figlio di questa donna morí durante la notte, perché ella gli si era coricata sopra. Ella allora si alzò nel cuore della notte, prese mio figlio dal mio fianco, mentre la tua serva dormiva, e se lo pose in seno, e sul mio seno pose il suo figlio morto. Quando al mattino mi alzai per allattare mio figlio, trovai che era morto; quando però lo esaminai attentamente al mattino, vidi che non era il figlio che io avevo partorito«. Allora l’altra donna disse: »Non è vero; mio figlio è quello vivo, e il tuo è quello morto«. Ma la prima insistette: »Non è vero; tuo figlio è quello morto e il mio quello vivo«. Cosí bisticciavano davanti al re. Allora il re disse: »Una dice: »Quello vivo è mio figlio e quello morto è il tuo«. E l’altra dice: »Non è vero, quello morto è tuo figlio e quello vivo è il mio««. ll re allora comandò: »Portatemi una spada!«. Cosí portarono una spada davanti al re. Il re quindi ordinò: »Dividete il bambino vivo in due parti e datene metà all’una e metà all’altra«. Allora la donna del bambino vivo che amava teneramente suo figlio, disse al re: »Deh! Signor mio, date a lei il bambino vivo, ma non uccidetelo!« L’altra invece diceva: »Non sia né mio né tuo ma dividetelo!«. Allora il re, rispondendo disse: »Date alla prima il bambino vivo e non uccidetelo, perché è lei la madre del bambino«. Tutto Israele seppe della sentenza pronunciata dal re e temette il re perché vedevano che la sapienza di DIO era in lui per amministrare la giustizia". Il re Salomone regnava su tutto Israele. Questi erano i suoi alti funzionari Azariah, figlio del sacerdote Tsadok Elihoref ed Ahijah, figli di Scisha erano segretari; Giosafat, figlio di Ahilud, era cancelliere; Benaiah, figlio di Jehoiada, era capo dell’esercito; Tsadok e Abiathar erano sacerdoti; Azariah, figlio di Nathan, era capo dei prefetti, Zabud, figlio di Nathan, era sacerdote e consigliere personale del re. Ahishar era maggiordomo e Adoniram, figlio di Abda, era preposto ai tributi. Salomone aveva dodici prefetti su tutto Israele, i quali provvedevano al mantenimento del re e della sua casa; ciascuno aveva l’incarico di provvedere per un mese all’anno. Questi sono i loro nomi: Ben-Hur nella regione montuosa di Efraim; Ben-Deker, a Makats, a Shaalbim, a Beth-Scemesh e a Elon di Beth-Hanan; Ben-Hesed, ad Arubboth; a lui appartenevano Sokoh e tutto il paese di Hefer Ben-Abinadab, in tutta la regione di Dor; Tafath, figlia di Salomone, era sua moglie; Baana, figlio di Ahilud, aveva Taanak, Meghiddo e tutto Beth-Scean, che è vicino a Tsarethan, sotto Jizreel, da Beth-Scean ad Abel-Meholah, fino al di là di Jokneam; Ben-Gheber, a Ramoth di Galaad; egli aveva i villaggi di Jair, figlio di Manasse, in Galaad, e anche la regione di Argob in Bashan, sessanta grandi città con mura e sbarre di bronzo; Ahinadab, figlio di Iddo, a Mahanaim; Ahimaats, in Neftali, anch’egli aveva preso in moglie Basmath, una figlia di Salomone; Banah, figlio di Hushai, in Ascer e in Aloth; Giosafat, figlio di Parnah, in Issacar; Scimei, figlio di Elah, in Beniamino Gheber, figlio di Uri, nel paese di Galaad, nel paese di Sihon, re degli Amorei, e di Og, re di Bashan; egli era l’unico prefetto che c’era nel paese. Giuda e Israele erano numerosi come la sabbia che è sul lido del mare. Essi mangiavano e bevevano allegramente. Cosí Salomone dominava su tutti i regni dal Fiume fino al paese dei Filistei e ai confini dell’Egitto. Essi gli portavano tributi e lo servirono tutti i giorni della sua vita. La provvista di viveri di Salomone per ogni giorno consisteva in trenta cori di fior di farina e sessanta cori di farina ordinaria, dieci buoi ingrassati, venti buoi da pascolo e cento ovini senza contare i cervi, le gazzelle, i caprioli e il pollame ingrassato. Egli dominava su tutto il paese di qua dal Fiume, da Tifsah fino a Gaza, su tutti i re di qua dal Fiume, ed era in pace con tutti i confinanti all’intorno. Giuda ed Israele, da Dan fino a Beer-Sceba, vissero al sicuro, ognuno sotto la sua vite e il suo fico, tutto il tempo che regnò Salomone. Salomone aveva pure quarantamila scuderie di cavalli per i suoi carri, e dodicimila cavalieri. Questi prefetti ciascuno nel suo mese, provvedevano al mantenimento del re Salomone e di tutti quelli che erano ammessi alla sua mensa; e non lasciavano mancare nulla. Facevano anche portare l’orzo e la paglia per i cavalli e per i muli nel posto dove occorreva, ciascuno secondo gli ordini ricevuti. DIO concesse a Salomone sapienza, una grandissima intelligenza e una mente vasta come la sabbia che è sulla riva del mare. E la sapienza di Salomone superò la sapienza di tutti i figli d’Oriente e tutta la sapienza degli Egiziani. Egli fu piú sapiente di ogni altro uomo: più di Ethan l’Ezrahita, piú di Heman, di Kakol e di Darda, figli di Mahol, e la sua fama si diffuse per tutte le nazioni circonvicine. Pronunziò tremila proverbi e i suoi cantici furono mille e cinque. Parlò degli alberi, dal cedro del Libano all’issopo che spunta dal muro; parlò pure degli animali, degli uccelli dei rettili e dei pesci. Da tutti i popoli veniva gente per udire la sapienza di Salomone, mandati da tutti i re della terra che avevano sentito parlare della sua sapienza. Quando Hiram, re di Tiro, seppe che Salomone era stato unto re al posto di suo padre, gli mandò i suoi servi, perché Hiram era sempre stato amico di Davide. Allora Salomone mandò a dire a Hiram: »Tu sai che mio padre Davide non ha potuto edificare un tempio al nome dell’Eterno, il suo DIO, a motivo delle guerre mosse contro di lui da tutte le parti, finche l’Eterno non pose i suoi nemici sotto la pianta dei suoi piedi. Ma ora l’Eterno, il mio DIO, mi ha dato riposo tutt’intorno; e non ho piú né avversari né alcuna calamità. Perciò ora intendo costruire un tempio al nome dell’Eterno, il mio DIO, secondo quanto l’Eterno promise a mio padre Davide, quando gli disse: »Tuo figlio, che io metterò sul tuo trono al tuo posto, sarà lui che edificherà un tempio. Ordina dunque che si taglino per me cedri del Libano. I miei servi lavoreranno con i tuoi servi, e per il salario dei tuoi servi io ti darò tutto ciò che chiederai. Tu sai infatti che tra di noi non c’è nessuno che sappia tagliare alberi come quei di Sidone«. Quando Hiram udí le parole di Salomone, si rallegrò grandemente e disse: »Benedetto sia oggi l’Eterno, che ha dato a Davide un figlio saggio per regnare sopra questo grande popolo«. Quindi Hiram mandò a dire a Salomone: »Ho considerato attentamente il messaggio che mi hai fatto pervenire. Io farò tutto ciò che desideri riguardo al legname di cedro e al legname di cipresso. I miei servi li porteranno dal Libano al mare e li farò trasportare per mare su zattere fino al luogo che tu mi indicherai; li farò quindi scaricare là e tu li porterai via. In compenso, tu verrai incontro al mio desiderio, fornendo di viveri la mia casa«. Cosí Hiram forní a Salomone tutto il legname di cedro e il legname di cipresso che volle. Salomone invece forní a Hiram ventimila cori di grano per il mantenimento della sua casa e venti cori d’olio vergine. Salomone dava tutto questo a Hiram, anno per anno. L’Eterno diede sapienza a Salomone, come gli aveva promesso; vi fu pace tra Hiram e Salomone, e i due fecero un’alleanza. Il re Salomone reclutò gente per lavori forzati da tutto Israele, e quelli addetti ai lavori forzati erano trentamila uomini. Li mandava a turno in Libano diecimila al mese, passavano un mese in Libano e due mesi a casa; il sovrintendente dei lavori forzati era Adoniram. Salomone aveva inoltre settantamila uomini che trasportavano carichi e ottantamila tagliapietre sui monti, senza contare i tremilatrecento capi preposti da Salomone alle varie attività e a sorvegliare le persone addette ai lavori. Il re comandò di estrarre pietre grosse, pietre di valore e pietre squadrate per fare le fondamenta del tempio. Cosí gli operai di Salomone e gli operai di Hiram e i Ghiblei estrassero le pietre, e prepararono il legname e le pietre per la costruzione del tempio. Nell’anno quattrocentottanta dopo l’uscita dei figli d’Israele dal paese d’Egitto, nel quarto anno del suo regno sopra Israele, nel mese di Ziv, che è il secondo mese, Salomone cominciò a costruire la casa dell’Eterno. Il tempio che il re Salomone costruí per l’Eterno, aveva sessanta cubiti di lunghezza, venti di larghezza e trenta di altezza. Il portico davanti al tempio aveva venti cubiti di lunghezza, eguagliando cosí la larghezza stessa del tempio, e la sua larghezza si estendeva dieci cubiti dalla facciata del tempio. Al tempio fece finestre con inferriate. A ridosso del muro del tempio egli costruí delle camere che correvano tutt’intorno al muro del tempio, tanto del luogo santo che del luogo santissimo; cosí fece delle camere laterali tutt’intorno. Le camere del primo piano erano larghe cinque cubiti, la larghezza di quelle di mezzo di sei cubiti e la larghezza di quelle del terzo piano di sette cubiti; egli infatti aveva fatto delle sporgenze tutt’intorno ai muri del tempio, perchè le travi di sostegno non fossero incastrate nei muri del tempio. Per la costruzione del tempio si usarono pietre già squadrate alla cava; così durante la costruzione del tempio non si udí rumore di martello, di ascia o di altro strumento di ferro. L’ingresso al primo piano si trovava sul lato destro del tempio; quindi per una scala a chiocciola si saliva al piano di mezzo, e dal piano di mezzo al terzo. Dopo aver finito di costruire il tempio, Salomone lo coperse di travi e di assi di cedro. Costruí i piani laterali con le camere tutt’intorno al tempio, ciascuno alto cinque cubiti, e li collegò al tempio con travi di cedro. Or la parola dell’Eterno fu rivolta a Salomone, dicendo: »Per questo tempio che mi stai edificando, se tu cammini secondo i miei statuti, se metti in pratica i miei decreti e osservi tutti i miei comandamenti camminando in essi, io confermerò a tuo favore la promessa che feci a Davide tuo padre: abiterò in mezzo ai figli d’Israele e non abbandonerò il mio popolo Israele«. Cosí Salomone costruí il tempio e lo terminò. Costruí quindi le pareti interne del tempio con tavole di cedro; e dal pavimento del tempio fino al soffitto le rivestí all’interno con legno; poi coperse il pavimento del tempio di tavole di cipresso. Allestí pure con tavole di cedro uno spazio di venti cubiti in fondo al tempio, dal pavimento al soffitto; e riserbò quello spazio interno come santuario, come il luogo santissimo. La casa, cioè il tempio, davanti al luogo santissimo era lungo quaranta cubiti. L’interno del tempio, era di cedro scolpito a coloquintidi e a fiori sbocciati; tutto era di cedro e non si vedeva una pietra. Salomone allestí il luogo santissimo all’interno del tempio, per collocarvi l’arca del patto dell’Eterno. Il luogo santissimo aveva venti cubiti di lunghezza, venti cubiti di larghezza e venti cubiti di altezza. Salomone lo ricoprí di oro finissimo; e ricoprí l’altare di cedro. Cosí Salomone ricoprí l’interno del tempio d’oro finissimo, stese delle catenelle d’oro davanti al luogo santissimo e lo ricoprí d’oro. Ricoprí d’oro tutto il tempio, finché tutto il tempio fu terminato e ricoprí pure d’oro tutto l’altare che apparteneva al luogo santissimo. All’interno del luogo santissimo fece due cherubini di legno d’ulivo, alti dieci cubiti. L’ala di un cherubino misurava cinque cubiti, e l’altra misurava pure cinque cubiti; c’erano quindi dieci cubiti dalla punta di un’ala alla punta dell’altra. Anche l’altro cherubino era di dieci cubiti; entrambi i cherubini avevano le stesse dimensioni e la stessa forma. L’altezza di un cherubino era di dieci cubiti, e cosí anche quella dell’altro cherubino. Salomone pose i cherubini in mezzo al luogo santissimo. I cherubini avevano le ali spiegate; l’ala del primo toccava una parete e l’ala del secondo toccava l’altra parete; le loro ali interne invece si toccavano in mezzo alla casa. Quindi ricoprí i cherubini d’oro. Fece anche scolpire su tutte le pareti del tempio, tutt’intorno, figure di rilievo di cherubini, palme e fiori sbocciati, tanto all’interno che all’esterno. Poi ricoprí d’oro il pavimento del tempio, tanto all’interno che all’esterno. Per l’ingresso del luogo santissimo fece una porta a due battenti di legno di ulivo; l’architrave e gli stipiti occupavano la quinta parte della parete. I due battenti erano di legno di ulivo. Su di essi fece scolpire figure di cherubini di palme e di fiori sbocciati e li ricoprí d’oro, stendendo l’oro sui cherubini e sulle palme. Per la porta del tempio fece pure degli stipiti di legno di ulivo, che occupavano il quarto della larghezza del muro, e due battenti di legno di cipresso; ciascun battente constava di due pezzi pieghevoli. Su di essi fece scolpire cherubini, palme e fiori sbocciati e li ricoprí d’oro, che distese esattamente sulle sculture. Quindi costruí il cortile interno con tre ordini di pietre squadrate e un ordine di travi di cedro. Il quarto anno, nel mese di Ziv, si gettarono le fondamenta della casa dell’Eterno; l’undicesimo anno, nel mese di Bul che è l’ottavo mese, il tempio fu terminato in tutte le sue parti, in base a tutti i disegni dati. Cosí Salomone impiegò sette anni a costruirlo. Ma a Salomone occorsero tredici anni a costruire la sua propria casa; cosí egli portò a termine tutta la sua casa. Egli costruí la casa della "Foresta del Libano, lunga cento cubiti, larga cinquanta e alta trenta su quattro ordini di colonne di cedro, sulle quali poggiavano travi di cedro. Un soffitto di cedro copriva le camere che poggiavano sulle colonne, e che erano in numero di quarantacinque, quindici per fila. Vi erano tre file di finestre, contrapposte le une alle altre su tre piani diversi. Tutte le porte con i loro stipiti ed architravi erano quadrangolari, e le finestre erano opposte le une alle altre su tre piani diversi. Fece pure il portico di colonne, lungo cinquanta cubiti e largo trenta; sul davanti c’era un vestibolo, sostenuto da colonne e coperto da un tetto. Poi fece il portico del trono dove amministrava la giustizia, chiamato »Portico del giudizio«; e lo ricoprí di cedro dal pavimento al soffitto. La casa invece dove egli abitava, costruita alla stessa maniera, aveva un altro cortile all’interno del portico. Salomone fece pure una casa con un portico simile a questo per la figlia del Faraone che aveva preso in moglie. Tutte queste costruzioni erano di pietre scelte, squadrate a misura, tagliate con la sega di dentro e di fuori dalle fondamenta ai cornicioni, e al di fuori fino al cortile maggiore. Anche le fondamenta erano di pietre scelte, di pietre grosse, alcune di dieci cubiti e altre di otto cubiti. Al di sopra c’erano pietre scelte, squadrate a misura e del legname di cedro. ll grande cortile aveva tutt’intorno tre ordini di pietre squadrate e un ordine di travi di cedro, come il cortile interno della casa dell’Eterno e come il portico del tempio. Il re Salomone fece venire da Tiro Hiram, figlio d’una vedova della tribú di Neftali; suo padre era di Tiro e lavorava il bronzo; era pieno di sapienza, di intelligenza e di abilità per eseguire qualsiasi lavoro in bronzo Egli si recò dal re Salomone ed eseguí tutti i lavori a lui assegnati. Fuse due colonne di bronzo. Ciascuna era alta diciotto cubiti e ciascuna aveva una circonferenza di dodici cubiti. Fece anche due capitelli di bronzo fuso da mettere in cima alle colonne, un capitello aveva l’altezza di cinque cubiti e cinque cubiti era pure l’altezza del secondo capitello. Fece quindi un reticolo con ghirlande a forma di catene per i capitelli che erano in cima alle colonne, sette per un capitello e sette per l’altro capitello. Cosí fece le colonne e due file di melagrane tutt’intorno al reticolo, per coprire i capitelli che erano in cima alle colonne; fece la stessa cosa per entrambi i capitelli. I capitelli che erano in cima alle colonne nel portico erano a forma di giglio, ed erano di quattro cubiti. Inoltre sui capitelli in cima ad entrambe le colonne, al di sopra della parte convessa vicina al reticolo, c’erano duecento melagrane poste in fila tutt’intorno. Poi installò le colonne nel portico del tempio; installò la colonna sulla destra e la chiamò Jakin, quindi installò la colonna di sinistra e la chiamò Boaz. In cima alle colonne c’era un lavoro a forma di giglio. Cosí fu terminato il lavoro delle colonne. Poi fece il mare di metallo fuso, di forma circolare, che da un orlo all’altro misurava dieci cubiti; la sua altezza era di cinque cubiti e la sua circonferenza di trenta cubiti. Sotto l’orlo e tutt’intorno al mare vi erano delle coloquintidi ornamentali dieci ogni cubito; le coloquintidi ornamentali erano disposte su due file ed erano state fuse. Il mare poggiava su dodici buoi, di cui tre guardavano a nord, tre a ovest, tre a sud e tre a est; il mare era posto su di essi, e le loro parti posteriori erano rivolte all’interno. Esso aveva lo spessore di un palmo; il suo orlo era fatto come l’orlo di un calice come il fiore di un giglio; esso conteneva duemila bati. Fece pure dieci carrelli di bronzo, ciascuno lungo quattro cubiti, largo quattro cubiti e alto tre cubiti. I carrelli erano cosí costruiti: essi avevano dei pannelli laterali, e i pannelli erano racchiusi da cornici. Sui pannelli, che erano fra le cornici, erano raffigurati leoni, buoi e cherubini. Sulle cornici era poggiato un piedistallo, mentre al di sopra e al di sotto dei leoni e dei buoi c’erano ghirlande a forma di festoni. Ogni carrello aveva quattro ruote di bronzo con gli assi pure di bronzo; i suoi quattro piedi avevano delle spallette sotto la conca, e le spallette erano state fuse, con delle ghirlande a lato di ciascuna. La sua apertura, all’interno della corona e nella parte alta, era rotonda; essa era profonda un cubito dalla forma di un piedistallo e aveva il diametro di un cubito e mezzo; anche attorno all’apertura c’erano delle sculture, ma i pannelli erano quadrati e non rotondi. Le quattro ruote erano sotto i pannelli e gli assi delle ruote erano fissati alla base. L’altezza di ogni ruota era di un cubito e mezzo. La lavorazione delle ruote era come quella di un carro. I loro assi, i loro cerchi, i loro raggi e i loro mozzi erano tutti di bronzo fuso. Ai quattro angoli di ogni carrello c’erano quattro spallette, che erano un tutt’uno col carrello stesso. In cima al carrello c’era un sostegno rotondo e alto mezzo cubito; e in cima al carrello, le sue cornici e i suoi pannelli erano un tutt’uno con esso. sulla superficie delle sue cornici e del suoi pannelli, Hiram scolpí cherubini, leoni e palme, secondo gli spazi liberi, e ghirlande tutt’intorno. In questo modo egli fece i dieci carrelli, che ebbero tutti la stessa fusione, la stessa dimensione e la stessa forma. Poi fece dieci conche di bronzo, ciascuna delle quali conteneva quaranta bati ed era di quattro cubiti; e ogni conca posava su uno dei dieci carrelli. Egli collocò i carrelli, cinque sul lato destro del tempio e cinque sul lato sinistro del tempio, e pose il mare sul lato destro del tempio, verso sud-est Hiram fece le conche le palette e le coppe. Cosí Hiram terminò ogni lavoro che doveva fare per il re Salomone nella casa dell’Eterno: le due colonne, i due capitelli a vaso in cima alle colonne, i due reticoli per coprire i due capitelli a vaso in cima alle colonne, le quattrocento melagrane per i due reticoli (due file di melagrane per ogni reticolo per coprire i due capitelli a vaso in cima alle colonne), i dieci carrelli, le dieci conche sui carrelli, il mare, uno solo, e i dodici buoi sotto il mare, i vasi, le palette le conche. Tutti questi utensili, che Salomone fece fare a Hiram per la casa dell’Eterno, erano di bronzo levigato. Il re li fece fondere nella pianura del Giordano in un suolo argilloso, fra Suk-koth e Tsarethan. Salomone non si curò di pesare tutti questi utensili, perché erano moltissimi; il peso del bronzo non fu accertato. Salomone fece fabbricare tutti gli arredi della casa dell’Eterno: l’altare d’oro, la tavola d’oro su cui si mettevano i pani della presentazione; i candelabri d’oro puro, cinque a destra e cinque a sinistra davanti al luogo santissimo, con i fiori, le lampade e gli smoccolatoi d’oro; le coppe, i coltelli, le conche, i cucchiai e i bracieri d’oro fino, e i cardini d’oro per le porte della casa interna (cioè del luogo santissimo) e per le porte all’ingresso del tempio stesso. Cosí fu terminato tutto il lavoro che il re Salomone aveva fatto fare per la casa dell’Eterno. Poi Salomone fece portare l’argento, l’oro e gli utensili che Davide suo padre aveva consacrato, e li mise nei tesori della casa dell’Eterno. Allora Salomone radunò alla sua presenza a Gerusalemme gli anziani d’Israele e tutti i capi delle tribú, i principi delle famiglie dei figli d’Israele per portare su l’arca del patto dell’Eterno dalla città di Davide, cioè da Sion. Tutti gli uomini d’Israele si radunarono presso il re Salomone per la festa nel mese di Ethanim, che è il settimo mese. Cosí tutti gli anziani d’Israele vennero e i sacerdoti presero l’arca; e portarono su l’arca dell’Eterno, la tenda di convegno e tutti gli utensili sacri che erano nella tenda. I sacerdoti e i Leviti trasportarono queste cose. Il re Salomone e tutta l’assemblea d’Israele, radunata attorno a lui, si raccolsero con lui davanti all’arca e immolarono una tale quantità di pecore e buoi che non si potevano né contare né calcolare. Poi i sacerdoti portarono l’arca del patto dell’Eterno al suo posto, nel santuario del tempio, nel luogo santissimo sotto le ali dei cherubini. I cherubini infatti stendevano le loro ali sopra il luogo dell’arca e coprivano dall’alto l’arca e le sue stanghe. Le stanghe erano cosí lunghe che le loro estremità si vedevano dal luogo santo, davanti al santuario, ma non si vedevano dal di fuori. Esse sono rimaste là fino al giorno d’oggi. Nell’arca non c’era nient’altro che le due tavole di pietra che Mosè vi aveva deposto al monte Horeb, quando l’Eterno fece un patto con i figli d’Israele, dopo che questi erano usciti dal paese d’Egitto. Or avvenne che, mentre i sacerdoti uscivano dal luogo santo, la nuvola riempí la casa dell’Eterno, e i sacerdoti non poterono rimanere a servire a motivo della nuvola, perché la gloria dell’Eterno riempiva la casa dell’Eterno. Allora Salomone disse: »L’Eterno ha dichiarato che abiterebbe nella densa nuvola, Io ho costruito per te una casa sontuosa, un luogo nel quale tu dimorerai per sempre«. Poi il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi. E disse: »Benedetto sia l’Eterno, il DIO d’Israele, che ha promesso con la sua propria bocca a mio padre Davide, e l’ha adempiuto con la sua potenza, dicendo: "Dal giorno in cui feci uscire il mio popolo Israele dall’Egitto, io non ho scelto alcuna città fra tutte le tribú d’Israele, per edificare una casa, dove il mio nome dimorasse, ma ho scelto Davide perché regnasse sul mio popolo d’Israele". Or Davide mio padre aveva in cuore di costruire una casa al nome dell’Eterno, il DIO d’Israele; ma l’Eterno disse a Davide mio padre: »Tu avevi in cuore di costruire una casa al mio nome, e hai fatto bene ad avere questo in cuore; ma non sarai tu che costruirai il tempio, sarà invece il figlio che uscirà dai tuoi lombi; sarà lui che costruirà il tempio al mio nome. Cosí l’Eterno ha adempiuto la parola che aveva pronunciato, e io ho preso il posto di Davide mio padre e mi sono seduto sul trono d’Israele, come l’Eterno aveva detto, e ho costruito il tempio al nome dell’Eterno, il DIO d’Israele. Là ho preparato un posto per l’arca in cui si trova il patto dell’Eterno che egli fece con i nostri padri, quando li fece uscire dal paese d’Egitto«. Poi Salomone si pose davanti all’altare dell’Eterno di fronte a tutta l’assemblea d’Israele, stese le mani verso il cielo e disse: »O Eterno, DIO d’Israele, non c’è alcun DIO simile a te né lassú nel cielo né quaggiú in terra! Tu mantieni il patto e usi misericordia con i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto nei confronti del tuo servo Davide, mio padre, ciò che gli avevi promesso; sí, oggi hai compiuto con la tua mano ciò che avevi promesso con la tua bocca. Ora dunque, o Eterno, DIO d’Israele, mantieni al tuo servo Davide mio padre ciò che gli hai promesso, dicendo: »A te non mancherà mai alcuno che sieda davanti a me sul trono d’Israele, purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta e camminino davanti a me come hai camminato tu«. Ora dunque ti prego, o DIO d’Israele, si adempia la parola che hai detto al tuo servo Davide mio padre! Ma è proprio vero che DIO abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti; tanto meno questo tempio che io ho costruito! Nondimeno, o Eterno, DIO mio, presta attenzione alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, ascoltando il grido e la preghiera che il tuo servo innalza oggi davanti a te. I tuoi occhi siano rivolti notte e giorno verso questo tempio, verso il luogo di cui hai detto: »Lí sarà il mio nome«, per ascoltare la preghiera che il tuo servo farà rivolto a questo luogo!. Ascolta la supplica del tuo servo e del tuo popolo Israele quando pregheranno rivolti a questo luogo. Ascolta dal luogo della dimora nei cieli; ascolta e perdona. Se uno pecca contro il suo prossimo e, perché costretto a giurare, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascolta dal cielo, intervieni e giudica i tuoi servi; condanna il colpevole facendo ricadere sul suo capo la sua condotta e dichiara giusto l’innocente col rendergli secondo la sua giustizia. Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto davanti al nemico perché ha peccato contro di te, se torna a te e loda il tuo nome, se ti prega e ti supplica in questo tempio, tu ascolta dal cielo e perdona il peccato del tuo popolo Israele, e fallo tornare nel paese che hai dato ai suoi padri. Quando il cielo sarà chiuso e non vi sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, se essi pregano rivolti a questo luogo, se lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché li hai afflitti, tu ascolta dal cielo, perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele, insegnando loro la buona strada per la quale devono camminare, e manda la pioggia sulla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. Quando nel paese vi sarà carestia o peste, ruggine o carbonchio, invasione di locuste o di bruchi, quando il nemico assedierà il tuo popolo nel paese delle sue città, quando scoppierà una calamità o un’epidemia qualsiasi, ogni preghiera, ogni supplica che ti sarà rivolta da qualsiasi individuo o dall’intero tuo popolo Israele, quando ciascuno ha riconosciuto la piaga del proprio cuore e ha steso le mani verso questo tempio, tu ascolta dal cielo, il luogo della tua dimora, e perdona, intervieni e rendi a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il cuore di ognuno; (tu solo infatti conosci il cuore di tutti i figli degli uomini), affinché essi ti temano per tutto il tempo che vivranno nel paese che hai dato ai nostri padri. Anche lo straniero, che non appartiene al tuo popolo Israele, quando verrà da un paese lontano a motivo del tuo nome, (perchè si sentirà parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio disteso) quando verrà a pregarti rivolto a questo tempio, tu ascolta dal cielo, il luogo della tua dimora, e concedi allo straniero tutto ciò che ti domanda, affinché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome per temerti, come fa il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è invocato su questo tempio che io ho costruito. Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro il suo nemico, seguendo la via per cui l’hai mandato, se pregano l’Eterno rivolti verso la città da te scelta e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e sostieni la loro causa. Quando peccheranno contro di te (perché non c’è alcun uomo che non pecchi) e tu, adirato contro di loro, li abbandonerai in balìa del nemico e saranno deportati nel paese del nemico lontano o vicino, se nel paese in cui sono stati deportati rientrano in sé, se tornano a te e ti supplicano nel paese di quelli che li hanno portati in prigionia e dicono: »Abbiamo peccato, abbiamo agito iniquamente, abbiamo fatto del male«, se tornano a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima nel paese dei loro nemici che li hanno deportati e ti pregano rivolti al loro paese che tu hai dato ai loro padri, alla città che tu hai scelto e al tempio che io ho costruito al tuo nome, tu ascolta dal cielo, il luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e sostieni la loro causa, e perdona al tuo popolo che ha peccato contro di te tutte le trasgressioni che ha commesso contro di te e fa’ che trovino compassione presso coloro che li hanno deportati, affinché questi usino misericordia con loro, (perché essi sono il tuo popolo e la tua eredità, coloro che hai fatto uscire dall’Egitto, da una fornace di ferro). Siano aperti i tuoi occhi alla supplica del tuo servo e alla supplica del tuo popolo Israele, per esaudirli in tutto ciò che ti chiedono, perché tu li hai appartati da tutti i popoli della terra per essere la tua eredità, secondo quanto hai dichiarato per mezzo del tuo servo Mosè, quando facesti uscire dall’Egitto i nostri padri, o Signore, o Eterno!«. Quando Salomone ebbe terminato di rivolgere all’Eterno tutta questa preghiera e supplica, si alzò davanti all’altare dell’Eterno dove era inginocchiato con le mani tese verso il cielo. Poi si alzò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele ad alta voce, dicendo: »Benedetto sia l’Eterno, che ha dato riposo al suo popolo Israele, secondo tutto ciò che ha promesso; non una sola parola è venuta meno di tutte le belle promesse da lui fatte per mezzo del suo servo Mosè. L’Eterno, il nostro DIO, sia con noi come è stato con i nostri padri; non ci lasci e non ci abbandoni, ma volga i nostri cuori verso di lui, affinché camminiamo in tutte le sue vie e osserviamo i suoi comandamenti, i suoi statuti e i suoi decreti che ha prescritto ai nostri padri. Possano queste mie parole, che ho rivolto in supplicazione all’Eterno, rimanere vicine all’Eterno, il nostro DIO, giorno e notte, perché sostenga la causa del suo servo e la causa del suo popolo, secondo il bisogno di ogni giorno, affinché tutti i popoli della terra riconoscano che l’Eterno è DIO e non ve n’è alcun altro. Sia dunque il vostro cuore dato interamente all’Eterno, il nostro DIO, per seguire i suoi statuti e osservare i suoi comandamenti, come fate oggi!«. Poi il re e tutto Israele con lui offrirono sacrifici davanti all’Eterno. Salomone immolò come sacrificio di ringraziamento, che egli offrí all’Eterno, ventiduemila buoi e centoventimila pecore. Cosí il re e tutti i figli d’Israele dedicarono la casa dell’Eterno. In quel giorno il re consacrò la parte centrale del cortile, che è davanti alla casa dell’Eterno; là infatti egli offrí gli olocausti, le oblazioni di cibo e il grasso dei sacrifici di ringraziamento, perché l’altare di bronzo, che è davanti all’Eterno, era troppo piccolo per contenere gli olocausti, le oblazioni di cibo e il grasso dei sacrifici di ringraziamento. In quel tempo Salomone celebrò una festa davanti all’Eterno, il nostro DIO, e tutto Israele con lui. A lui si uní una grande assemblea di gente, venuta dai dintorni di Hamath fino al torrente d’Egitto, per sette giorni e per altri sette giorni, in tutto quattordici giorni. L’ottavo giorno congedò il popolo, e quelli convenuti benedirono il re e tornarono alle loro tende allegri e col cuore contento per tutto il bene che l’Eterno aveva fatto al suo servo Davide e a Israele, suo popolo. Dopo che Salomone ebbe terminato di costruire la casa dell’Eterno, il palazzo reale e tutto ciò che Salomone desiderava e intendeva fare, l’Eterno apparve una seconda volta a Salomone come gli era apparso a Gabaon, e l’Eterno gli disse: »Io ho esaudito la tua preghiera e la supplica che hai fatto davanti a me; ho santificato questo tempio che tu hai edificato per mettervi il mio nome per sempre; là saranno per sempre i miei occhi e il mio cuore. Quanto a te, se camminerai davanti a me come ha camminato Davide tuo padre, con integrità di cuore e con rettitudine, facendo tutto ciò che ti ho comandato, e se osserverai i miei statuti e i miei decreti, Io renderò stabile il trono del tuo regno su Israele per sempre come ho promesso a Davide tuo padre, dicendo: »Non ti mancherà mai qualcuno che sieda sul trono d’Israele«. Ma se voi o i vostri figli vi ritrarrete da me e non osserverete i miei comandamenti e i miei statuti che ho posto davanti a voi e andrete a servire altri dèi e a prostrarvi davanti a loro, io sterminerò Israele dalla faccia del paese che gli ho dato e rigetterò dalla mia presenza il tempio che ho consacrato al mio nome; cosí Israele diventerà la favola e lo zimbello di tutti i popoli. E questo tempio, sebbene cosí imponente, sarà desolato; chiunque poi gli passera vicino rimarrà stupito e fischierà, e dirà: »Perché l’Eterno ha trattato così questo paese e questo tempio?«. Allora gli risponderanno: »Perché hanno abbandonato l’Eterno, il loro DIO, che ha fatto uscire i loro padri dal paese d’Egitto e hanno aderito ad altri dei, si sono prostrati davanti a loro e li hanno serviti; per questo l’Eterno ha fatto venire su di loro tutta questa calamita«. Venti anni dopo che Salomone aveva costruito i due edifici, la casa dell’Eterno e il palazzo reale, (Hiram, re di Tiro, aveva fornito a Salomone tutto il legno di cedro e di cipresso e l’oro che desiderava) il re Salomone diede a Hiram venti città nel paese di Galilea. Hiram venne da Tiro per vedere le città che Salomone gli aveva dato, ma non gli piacquero; e disse: »Che città sono queste che mi hai dato, fratello mio?«. E le chiamò »paese di Kabul«, nome in uso fino al giorno d’oggi. Poi Hiram mandò al re centoventi talenti d’oro. Questo è il resoconto del lavoro forzato che il re Salomone reclutò per costruire la casa dell’Eterno, la sua propria casa, Millo, le mura di Gerusalemme Hatsor, Meghiddo e Ghezer. (Il Faraone, re d’Egitto, era salito e aveva espugnato Ghezer, l’aveva data alle fiamme ed aveva ucciso i Cananei che abitavano in città; poi l’aveva data in dote a sua figlia, moglie di Salomone). Quindi Salomone ricostruí Ghezer Beth-Horon inferiore, Baalath e Tadmor nella parte deserta del paese, tutte le città di rifornimento appartenenti a Salomone, le città per i suoi carri, le città per la sua cavalleria, tutto ciò che piacque a Salomone costruire in Gerusalemme, nel Libano e in tutto il paese del suo dominio. Tutta la gente rimasta degli Amorei, degli Hittei, dei Perezei, degli Hivvei e dei Gebusei, che non erano dei figli d’Israele, cioè i loro discendenti che erano rimasti dopo di loro nel paese e che gli Israeliti non erano riusciti a votare allo sterminio, Salomone li reclutò per il lavoro forzato fino al giorno d’oggi. Ma dei figli d’Israele, Salomone non impiegò alcuno per i lavori forzati; essi erano invece i suoi uomini di guerra, i suoi servi, i suoi ministri, i suoi principi, i suoi capitani, i comandanti dei suoi carri e i suoi cavalieri. I capi dei funzionari che dirigevano i lavori di Salomone erano cinquecentocinquanta; essi sorvegliavano la gente che eseguiva i lavori. Dopo che la figlia del Faraone si trasferí dalla città di Davide alla casa che Salomone le aveva fatto costruire, questi si mise a costruire Millo. Tre volte all’anno Salomone offriva olocausti e sacrifici di ringraziamento sull’altare che egli aveva costruito all’Eterno e bruciava incenso sull’altare che era davanti all’Eterno. Cosí terminò il tempio. Il re Salomone costruí anche una flotta ad Etsion-Gheber, presso Elath sulla riva del Mar Rosso, nel paese di Edom. Hiram mandò sulle navi della flotta i suoi servi, marinai che conoscevano il mare, a lavorare con i servi di Salomone. Essi andarono ad Ofir, dove presero quattrocentoventi talenti d’oro e li portarono a Salomone. Quando la regina di Sceba sentí parlare della sapienza di Salomone a motivo del nome dell’Eterno, venne a metterlo alla prova con difficili domande. Essa giunse a Gerusalemme con un grandissimo seguito, con cammelli carichi di aromi e con una grande quantità d’oro e di pietre preziose; andò quindi da Salomone e parlò con lui di tutto ciò che aveva in cuore. Salomone rispose a tutte le sue domande, e non ci fu cosa alcuna che fosse nascosta al re e che egli non sapesse spiegare. Quando la regina di Sceba vide tutta la sapienza di Salomone, la casa che egli aveva costruito, i cibi della sua mensa, gli alloggi dei suoi servi, il servizio dei suoi camerieri e le loro vesti, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nella casa dell’Eterno rimase senza fiato. Disse quindi al re: »Era dunque vero ciò che avevo sentito nel mio paese circa le tue parole e la tua sapienza. Ma non ho creduto a queste cose finché non sono venuta io stessa e non ho visto con i miei occhi; ebbene, non mi era stato riferito neppure la metà. La tua sapienza e la tua prosperità sorpassano la fama di cui avevo sentito parlare. Beata la tua gente, beati questi tuoi servi che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua sapienza! Sia benedetto l’Eterno, il tuo DIO che si è compiaciuto di te, mettendoti sul trono d’Israele! A motivo del suo eterno amore per Israele, l’Eterno ti ha stabilito re per esercitare giudizio e giustizia«. Poi ella donò al re centoventi talenti d’oro e una grande quantità di aromi e di pietre preziose. Non furono piú portati tanti aromi quanti ne diede la regina di Sceba al re Salomone. (La flotta di Hiram che portava oro da Ofir, portò da Ofir una grande quantità di legno di sandalo e di pietre preziose; con il legno di sandalo il re fece sostegni per la casa dell’Eterno e per il palazzo reale e anche cetre e arpe per i cantori. Di questo legno di sandalo non ne fu più portato e non se n’è piú visto fino al giorno d’oggi). Il re Salomone diede alla regina di Sceba tutte le cose desiderate che ella chiese, oltre a ciò che Salomone le diede con la sua munificenza regale. Poi ella riprese il cammino e tornò nel suo paese assieme ai suoi servi. Ora il peso dell’oro che Salomone riceveva ogni anno era di seicentosessantasei talenti d’oro, oltre quello che proveniva dai mercanti dal traffico dei commercianti, da tutti i re d’Arabia e dai governatori del paese. Il re Salomone fece fare duecento grandi scudi d’oro battuto, per ognuno dei quali adoperò seicento sicli d’oro, e trecento scudi d’oro battuto, per ognuno dei quali adoperò tre mine d’oro, il re li collocò nel palazzo della »Foresta del Libano«. Il re fece pure un gran trono d’avorio che rivestí d’oro finissimo. Il trono aveva sei gradini e la sommità del trono era rotonda nella parte posteriore, c’erano due bracci ai lati del seggio e presso i due bracci stavano due leoni. Dodici leoni stavano su entrambe le estremità dei sei gradini. Nulla di simile era stato fatto in alcun altro regno. Tutte le coppe per le bevande del re Salomone erano d’oro, e tutte le coppe del palazzo della »Foresta del Libano« erano d’oro puro. Nessuna era d’argento, perché questo al tempo di Salomone non aveva alcun conto. Il re infatti aveva in mare una flotta di Tarshish insieme con la flotta di Hiram; una volta ogni tre anni la flotta di Tarshish veniva a portare oro, argento, avorio, scimmie e pavoni. Cosí il re Salomone superò in ricchezze e sapienza tutti i re della terra. E tutto il mondo cercava la presenza di Salomone per ascoltare la sapienza che DIO aveva messo nel suo cuore. E ognuno portava il suo dono: vasi d’argento, vasi d’oro, vesti, armi, aromi, cavalli e muli, una certa quantità ogni anno. Salomone radunò carri e cavalieri egli ebbe millequattrocento carri e dodicimila cavalieri, che distribuí nelle città per i carri e in Gerusalemme vicino a sé. Inoltre il re rese in Gerusalemme l’argento comune come le pietre e i cedri abbondanti come i sicomori della pianura. I cavalli di Salomone erano importati dall’Egitto e da Kue; i mercanti del re li andavano a prendere a Kue, per un prezzo convenuto. Un carro era importato dall’Egitto per seicento sicli d’argento, e un cavallo per centocinquanta. Cosí, per mezzo di questi mercanti, li esportavano a tutti i re degli Hittei e ai re della Siria. Ma il re Salomone, oltre la figlia del Faraone, amò molte donne straniere, moabite, ammonite, idumee, sidonie e hittee, appartenenti ai popoli di cui l’Eterno aveva detto ai figli d’Israele: »Voi non vi unirete in matrimonio con loro, né essi con voi, perché essi faranno certamente volgere il vostro cuore verso i loro dèi«. Ma Salomone si uní a tali donne per amore. Egli ebbe settecento principesse per mogli e trecento concubine; e le sue mogli gli pervertirono il cuore. Cosí, quando Salomone fu vecchio, le sue mogli fecero volgere il suo cuore verso altri dèi; e il suo cuore non appartenne interamente all’Eterno, il suo DIO, come il cuore di Davide suo padre. Salomone seguí quindi Ashtoreth, la dea dei Sidoni, e Milkom, l’abominazione degli Ammoniti. Cosí Salomone fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e non seguí pienamente l’Eterno, come aveva fatto Davide suo padre. Allora Salomone costruí sul monte di fronte a Gerusalemme un alto luogo per Kemosh, l’abominazione di Moab, e per Molek, l’abominazione dei figli di Ammon. Così fece per tutte le sue mogli straniere, che bruciavano incenso e offrivano sacrifici ai loro dèi. L’Eterno perciò si adirò con Salomone, perché il suo cuore si era allontanato dall’Eterno, il DIO d’Israele, che gli era apparso due volte, e in merito a questo gli aveva comandato di non seguire altri dèi; ma egli non osservò quanto l’Eterno gli aveva comandato. Perciò l’Eterno disse a Salomone: »Poiché tu hai fatto questo e non hai osservato il mio patto e gli statuti che ti avevo ordinato, ti strapperò il regno e lo darò al tuo servo. Tuttavia, per amore di Davide tuo padre, non lo farò durante la tua vita, ma lo strapperò dalle mani di tuo figlio. Però non strapperò tutto il regno ma lascerò a tuo figlio una tribú, per amor di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme che ho scelto«. L’Eterno suscitò contro Salomone un nemico, Hadad, l’Idumeo, che era un discendente del re di Edom. Quando Davide era stato a combattere in Edom, e Joab capo dell’esercito era salito per seppellire i morti, dopo aver ucciso tutti i maschi che erano in Edom. (Joab infatti con tutto Israele era rimasto là per sei mesi finché ebbe sterminato tutti i maschi in Edom), avvenne che Hadad riuscí a fuggire con alcuni Idumeni al servizio di suo padre, per andare in Egitto. Hadad era allora un ragazzo. Essi partirono da Madian e andarono a Paran; presero quindi con sé degli uomini di Paran e giunsero in Egitto dal Faraone, re d’Egitto, il quale diede a Hadad una casa, gli assicurò il sostentamento e gli diede anche terreni. Hadad entrò talmente nelle grazie del Faraone, che questi gli diede in moglie la sorella di sua moglie, la sorella della regina Tahpenes. La sorella di Tahpenes gli partorí il figlio Ghenubath, che Tahpenes allevò nella casa del Faraone; e Ghenubath rimase in casa del Faraone tra i figli del Faraone. Quando Hadad in Egitto venne a sapere che Davide si era addormentato con i suoi padri e che Joab capo dell’esercito era morto, Hadad disse al Faraone: »Lasciami partire, perché possa andare al mio paese«. Il Faraone gli rispose: »Che cosa ti manca presso di me perché cerchi di andartene al tuo paese?«. Quegli soggiunse: »Nulla, tuttavia lasciami andare«. DIO suscitò contro Salomone un altro nemico, Rezon, figlio di Eliadah, che era fuggito dal suo signore Hadadezer, re di Tsobah. Egli radunò alcuni uomini attorno a sé e divenne capo di una banda di razziatori, quando Davide aveva massacrato quei di Tsobah. Essi poi andarono a Damasco, vi si stabilirono e regnarono in Damasco. Rezon fu nemico d’Israele per tutto il tempo di Salomone, (oltre il male già fatto da Hadad). Nutrí avversione per Israele e regnò sulla Siria. Anche Geroboamo, servo di Salomone, si ribellò contro il re. Egli era figlio di Nebat, Efrateo di Tsereda, e aveva per madre una vedova di nome Tseruah. La ragione per cui si ribellò contro il re fu questa: Salomone, costruendo Millo, aveva chiuso la breccia della città di Davide suo padre. Geroboamo era un uomo forte e valoroso, e Salomone, veduto come questo giovane lavorava, gli affidò la sorveglianza di tutti quelli addetti ai lavori della casa di Giuseppe. In quel tempo, mentre Geroboamo usciva da Gerusalemme il profeta Ahijah di Sciloh, che indossava un nuovo mantello, lo incontrò per strada, ed erano solo loro due in campagna. Ahijah prese il mantello nuovo che indossava e lo stracciò in dodici pezzi; quindi disse a Geroboamo: »Prendine per te dieci pezzi, perché cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »Ecco, io strapperò il regno dalle mani di Salomone darò dieci tribú a te. (ma a lui rimarrà una tribú per amore di Davide mio servo e per amor di Gerusalemme, della città che ho scelto fra tutte le tribú d’Israele), perché essi mi hanno abbandonato e si sono prostrati davanti a Ashtoreth, la dea dei Sidoni, davanti a Kemosh, il dio di Moab e davanti a Milkom, il dio dei figli di Ammon, e non hanno camminato nelle mie vie per fare ciò che è giusto ai miei occhi e per osservare i miei statuti e i miei decreti, come fece suo padre Davide. Tuttavia non toglierò dalle sue mani tutto il regno, perché l’ho stabilito principe per tutto il tempo della sua vita, per amor di Davide mio servo, che io ho scelto e che ha osservato i miei comandamenti e i miei statuti. Ma toglierò il regno dalle mani di suo figlio, e ne darò dieci tribú a te; a suo figlio lascerò una tribú, affinché Davide mio servo abbia sempre una lampada davanti a me in Gerusalemme la città che ho scelto per mettervi il mio nome. Cosí prenderò te e tu regnerai sopra tutto ciò che il tuo cuore desidera, e sarai re sopra Israele. Se ascolti attentamente tutto quello che ti comando e cammini nelle mie vie e fai ciò che e giusto ai miei occhi, osservando i miei statuti e i miei comandamenti, come fece Davide mio servo, io sarò con te e ti edificherò una casa stabile, come la edificai a Davide, e ti darò Israele; per questo umilierò la discendenza di Davide ma non per sempre"« Perciò Salomone cercò di far morire Geroboamo; ma Geroboamo si levò e fuggì in Egitto presso Scishak re d’Egitto, e rimase in Egitto fino alla morte di Salomone. ll resto delle gesta di Salomone, tutto ciò che fece e la sua sapienza non sono forse scritte nel libro delle gesta di Salomone? Il tempo in cui Salomone regnò in Gerusalemme su tutto Israele fu di quarant’anni. Poi Salomone si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide suo padre; al suo posto regnò suo figlio Roboamo. Roboamo andò a Sichem, perché tutto Israele era venuto a Sichem per farlo re. Quando Geroboamo, figlio di Nebat, venne a saperlo (egli era in Egitto, dove era fuggito lontano dalla presenza del re Salomone) e Geroboamo viveva in Egitto. Allora lo mandarono a chiamare. Cosí Geroboamo e tutta l’assemblea d’Israele vennero a parlare a Roboamo e gli dissero: »Tuo padre ha reso il nostro giogo pesante; ora tu alleggerisci la dura servitú di tuo padre e il giogo pesante che egli ci ha imposto e noi ti serviremo«. Egli rispose loro: »Andatevene e tornate da me fra tre giorni«. E il popolo se ne ando. Allora il re Roboamo si consigliò con gli anziani che erano stati al servizio di suo padre Salomone, quando era in vita, e disse: »Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo?«. Quelli gli risposero, dicendo: »Se oggi ti farai servo di questo popolo e li servirai, se ti mostrerai condiscendente verso di loro e dirai loro buone parole, essi saranno tuoi servi per sempre«. Ma Roboamo rifiutò il consiglio che gli anziani gli avevano dato e si consigliò con i giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio, e disse loro: »Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo che mi ha parlato, dicendo: »Alleggerisci il giogo impostoci da tuo padre«?«. Allora i giovani che erano cresciuti con lui gli risposero, dicendo: »Cosí risponderai a questo popolo che si è rivolto a te dicendo: »Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo; ora tu alleggeriscilo«. Cosí dirai loro: »Il mio dito mignolo è più grosso dei fianchi di mio padre; perciò, se mio padre vi ha caricati di un giogo pesante, io lo renderò ancora piú pesante; se mio padre vi ha castigati con fruste, io vi castigherò con flagelli"«. Tre giorni dopo Geroboamo e tutto il popolo vennero da Roboamo, come aveva ordinato il re, dicendo: »Tornate da me fra tre giorni«. Il re rispose al popolo duramente, rifiutando cosí il consiglio che gli anziani gli avevano dato; parlò invece al popolo secondo il consiglio dei giovani, dicendo: »Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, ma io lo renderò piú pesante ancora; mio padre vi ha castigati con fruste, ma io vi castigherò con flagelli«. Così il re non diede ascolto al popolo, perché l’andamento delle cose dipendeva dall’Eterno, affinché si adempisse la parola che l’Eterno aveva rivolto a Geroboamo, figlio di Nebat, per mezzo di Ahijah di Sciloh. Quando tutto Israele vide che il re non gli dava ascolto, rispose al re, dicendo: »Che parte abbiamo noi con Davide? Non abbiamo alcuna eredità col figlio di Isai! Alle tue tende, o Israele! Ora provvedi alla tua casa o Davide!«. Cosí Israele andò alle sue tende. Ma sui figli d’Israele che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. Il re Roboamo mandò Adoram, incaricato dei tributi, ma tutto Israele lo lapidò con pietre, ed egli morí. Allora il re Roboamo si affrettò a salire su un carro per fuggire a Gerusalemme. Cosí Israele è stato ribelle alla casa di Davide fino al giorno d’oggi. Quando tutto Israele udí che Geroboamo era tornato, lo mandò a chiamare perché venisse all’assemblea e lo fece re su tutto Israele. Nessuno seguí la casa di Davide, ad eccezione della sola tribú di Giuda. Roboamo, giunto a Gerusalemme, convocò tutta la casa di Giuda e la tribú di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro la casa d’Israele e cosí restituire il regno a Roboamo, figlio di Salomone. Ma la parola di DIO fu rivolta a Scemaiah, uomo di DIO, dicendo: »Parla a Roboamo, figlio di Salomone, re di Giuda, a tutta la casa di Giuda e di Beniamino e al resto del popolo, e di’ loro: Cosí parla l’Eterno: »Non salite a combattere contro i vostri fratelli, i figli d’Israele! Ognuno torni a casa sua, perche questa cosa viene da me««. Essi ubbidirono alla parola dell’Eterno e se ne tornarono indietro, secondo la parola dell’Eterno. Poi Geroboamo edificò Sichem nella regione montuosa di Efraim e vi si stabilì; quindi uscí di là e edificò Penuel. Geroboamo disse in cuor suo: »Ora il regno tornerà probabilmente alla casa di Davide. Se questo popolo sale a Gerusalemme per offrire sacrifici nella casa dell’Eterno, il cuore di questo popolo si volgerà nuovamente verso il suo signore verso Roboamo re di Giuda; cosí mi uccideranno e torneranno a Roboamo, re di Giuda«. Dopo essersi consigliato, il re fece due vitelli d’oro e disse al popolo: »E’ troppo per voi salire fino a Gerusalemme! O Israele, ecco i tuoi dèi che ti hanno fatto uscire dal paese d’Egitto!«. Ne collocò quindi uno a Bethel, e l’altro a Dan. Questo fu causa di peccato, perché il popolo andava fino a Dan per prostrarsi davanti a un vitello. Egli costruí anche templi sugli alti luoghi e fece sacerdoti presi da ogni ceto di persone, che non erano figli di Levi. Geroboamo istituí una festa nell’ottavo mese, il quindicesimo giorno del mese, simile alla festa che si celebrava in Giuda e offrí sacrifici sull’altare. Cosí fece a Bethel per sacrificare ai vitelli da lui fatti; e a Bethel stabilí i sacerdoti degli alti luoghi che aveva eretti. Il quindicesimo giorno dell’ottavo mese, mese scelto da lui stesso, Geroboamo salí all’altare che aveva costruito a Bethel; istituí una festa per i figli d’Israele e salí all’altare per bruciare incenso. Ed ecco, un uomo di DIO giunse da Giuda a Bethel per ordine dell’Eterno, mentre Geroboamo stava presso l’altare per bruciare incenso. Per ordine dell’Eterno gridò contro l’altare e disse: »Altare, altare, cosí dice l’Eterno: »Ecco nascerà alla casa di Davide un figlio, di nome Giosia, il quale immolerà su di te i sacerdoti degli alti luoghi che bruciano incenso su di te, e si arderanno su di te ossa umane««. Nello stesso giorno diede un segno miracoloso, dicendo: »Questo è il segno che l’Eterno ha parlato: ecco, l’altare si spaccherà e la cenere che vi è sopra si spanderà«. Quando il re Geroboamo udí la parola che l’uomo di DIO aveva pronunciato contro l’altare a Bethel, stese la mano dall’altare e disse: »Prendetelo!«. Ma la mano che Geroboamo aveva steso contro di lui si seccò e non potè piú ritirarla a sé. Inoltre l’altare si spaccò e la sua cenere si sparse, secondo il segno che l’uomo di DIO aveva dato per ordine dell’Eterno. Allora il re si rivolse all’uomo di DIO e gli disse: »Deh, supplica l’Eterno, il tuo DIO, e prega per me affinché mi sia resa la mano«. L’uomo di Dio supplicò l’Eterno e il re riebbe la sua mano, che tornò come era prima. Allora il re disse all’uomo di DIO: »Vieni a casa con me e ristorati, ti farò anche un regalo«. Ma l’uomo di DIO rispose al re: »Anche se mi dovessi dare metà della tua casa io non verrei con te e non mangerei pane né berrei acqua in questo luogo, perché cosí mi è stato comandato da parte dell’Eterno: »Tu non mangerai pane né berrai acqua e non tornerai per la strada percorsa nell’andata««. Egli dunque se ne andò per un’altra strada e non tornò per la strada percorsa venendo a Bethel. Ora a Bethel abitava un vecchio profeta; e i suoi figli andarono a riferirgli tutto ciò che l’uomo di DIO aveva fatto in quel giorno a Bethel e riferirono al padre anche le parole che egli aveva detto al re. Il padre domandò loro: »Per quale strada se n’è andato?«. I suoi figli infatti avevano visto la strada per la quale se n’era andato l’uomo di DIO venuto da Giuda. Allora egli disse ai suoi figli: »Sellatemi l’asino«. Gli sellarono l’asino ed egli vi montò sopra, rincorse quindi l’uomo di DIO e lo trovò seduto sotto una quercia, e gli disse: »Sei tu l’uomo di DIO venuto da Giuda?«. Quegli rispose: »Sono io«. Allora il vecchio profeta gli disse: »Vieni con me a casa a mangiare qualcosa«. Ma egli rispose: »Non posso tornare indietro né venire con te, né posso mangiare pane né bere acqua con te in questo luogo, poiché mi è stato detto da parte dell’Eterno: »Tu là non mangerai pane né berrai acqua, e non tornerai per la strada percorsa nell’andata««. L’altro gli disse: »Anch’io sono profeta come te; e un angelo mi ha parlato da parte dell’Eterno, dicendo: »Riconducilo con te a casa tua, perché mangi pane e beva acqua««. Ma costui mentiva. Cosí l’uomo di DIO tornò indietro con lui e mangiò pane in casa sua e bevve acqua. Mentre sedevano a mensa, la parola dell’Eterno fu rivolta al profeta che lo aveva fatto tornare indietro; ed egli gridò all’uomo di DIO venuto da Giuda, dicendo: »Cosí parla l’Eterno: »Poiché hai disubbidito all’ordine dell’Eterno e non hai osservato il comando che l’Eterno, il tuo DIO, ti aveva dato, ma sei tornato indietro e hai mangiato pane e bevuto acqua nel luogo del quale l’Eterno ti aveva detto: »Non mangiare pane e non bere acqua«, il tuo cadavere non entrerà nel sepolcro dei tuoi padri«. Quando ebbe mangiato e bevuto il profeta che l’aveva fatto tornare indietro gli sellò l’asino. Cosí se ne andò, ma un leone lo incontrò per strada e l’uccise. Il suo cadavere fu gettato sulla strada, mentre l’asino gli rimaneva accanto e il leone stesso rimase vicino al cadavere. Ora alcuni uomini passarono di là e videro il cadavere gettato sulla strada e il leone che stava vicino al cadavere; essi andarono a riferire la cosa nella città dove abitava il vecchio profeta. Come l’udí il profeta che l’aveva fatto tornare indietro disse: »E’ l’uomo di DIO, che ha disubbidito all’ordine dell’Eterno; per questo l’Eterno lo ha dato in balía di un leone. che lo ha sbranato e ucciso secondo la parola che l’Eterno gli aveva detto«. Poi si rivolse ai suoi figli e disse loro: »Sellatemi l’asino«. Essi glielo sellarono. Cosí egli andò e trovò il cadavere gettato sulla strada, mentre l’asino e il leone stavano presso il cadavere; il leone non aveva divorato il cadavere né sbranato l’asino. Il profeta prese il cadavere dell’uomo di DIO, lo caricò sull’asino e lo riportò indietro; cosí il vecchio profeta rientrò in città per piangerlo e per seppellirlo. Depose quindi il cadavere nel proprio sepolcro; e lo piansero dicendo: »Ahi fratello mio!«. Dopo averlo sepolto, il vecchio profeta disse ai suoi figli: »Alla mia morte seppellitemi nel sepolcro dov’è sepolto l’uomo di DIO; mettete le mie ossa accanto alle sue. Poiché certamente si avvererà la parola da lui pronunciata per ordine dell’Eterno contro l’altare di Bethel e contro tutti i santuari degli alti luoghi che sono nelle città di Samaria«. Dopo questo fatto, Geroboamo non si tirò indietro dalla sua strada malvagia, ma fece ancora sacerdoti per gli alti luoghi prendendoli da ogni ceto di persone; chiunque voleva era da lui consacrato, e diveniva sacerdote degli alti luoghi. Questo fu il peccato della casa di Geroboamo, che causò la sua distruzione e il suo sterminio dalla faccia della terra. In quel tempo Abijah, figlio di Geroboamo, si ammalò. Geroboamo disse a sua moglie: »Lèvati, ti prego, e travestiti perché non si sappia che tu sei la moglie di Geroboamo, e va’ a Sciloh. Là c’è il profeta Ahijaha che mi ha predetto che sarei stato re su questo popolo. Prendi con te dieci pani. alcune focacce e un vaso di miele e va’ da lui; egli ti dirà ciò che avverrà del fanciullo«. La moglie di Geroboamo fece cosí; si levò, andò a Sciloh e giunse a casa di Ahijah. Ahijah non poteva vedere, perché i suoi occhi si erano offuscati a motivo della vecchiaia. Ora l’Eterno aveva detto ad Ahijah: »Ecco la moglie di Geroboamo sta venendo per consultarti riguardo a suo figlio che è ammalato. Tu le dirai cosí e cosí. Quando entrerà, fingerà di essere un’altra donna«. Appena Ahijah udí il rumore dei suoi passi che entrava per la porta, disse: »Entra pure, moglie di Geroboamo. Perché fingi di essere un’altra persona? Io devo darti cattive notizie. Va’ e di’ a Geroboamo: »Cosí parla l’Eterno il DIO d’Israele: lo ti ho innalzato di mezzo al popolo e ti ho fatto principe sul mio popolo Israele, ho strappato il regno dalle mani della casa di Davide e l’ho dato a te, ma tu non sei stato come il mio servo Davide che osservò i miei comandamenti e mi seguí con tutto il suo cuore facendo solamente ciò che era giusto ai miei occhi, hai fatto peggio di tutti quelli che furono prima di te, perché sei arrivato a farti altri dèi e immagini fuse per provocarmi ad ira, e hai gettato me dietro alle tue spalle. Per questo ecco io manderò la sventura sulla casa di Geroboamo e sterminerò dalla casa di Geroboamo ogni maschio in Israele, sia schiavo che libero, e spazzerò via interamente la casa di Geroboamo, come si spazza lo sterco finché sia tutto sparito. Quelli della casa di Geroboamo che moriranno in città saranno divorati dai cani; e quelli che moriranno per i campi saranno divorati dagli uccelli del cielo; poiché l’Eterno ha parlato. Perciò alzati e va’ a casa tua; non appena metterai piede in città, il bambino morrà. Tutto Israele lo piangerà e gli darà sepoltura. Egli sarà l’unico della casa di Geroboamo ad essere sepolto, perché è il solo nella casa di Geroboamo in cui è stato trovato qualcosa di buono e che piace all’Eterno, il DIO d’Israele. L’Eterno stabilirà sopra Israele un suo re, che in quel giorno sterminerà la casa di Geroboamo. E che dico? Questo succede già ora. L’Eterno percuoterà Israele come una canna agitata nell’acqua, sradicherà Israele da questa buona terra che aveva dato ai loro padri e li disperderà oltre il Fiume, perché hanno fatto i loro Ascerim, provocando ad ira l’Eterno. Egli abbandonerà Israele a causa dei peccati di Geroboamo, perché ha peccato lui e ha fatto peccare Israele"«. Poi la moglie di Geroboamo si levò e partí, e giunse a Tirtsah; come arrivò sulla soglia di casa, il fanciullo morí. Lo seppellirono e tutto Israele lo pianse secondo la parola che l’Eterno aveva detto per mezzo del profeta Ahijah, suo servo. Il resto delle gesta di Geroboamo, come egli combattè e come regnò, sono scritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele. La durata del regno di Geroboamo fu di, ventidue anni; poi si addormentò con i suoi padri, e al suo posto regnò suo figlio Nadab. Roboamo, figlio di Salomone regnò in Giuda. Egli aveva ventun anni quando divenne re e regnò diciassette anni a Gerusalemme, nella città che l’Eterno aveva scelto fra tutte le tribú d’Israele per mettervi il suo nome. Sua madre si chiamava Naamah, l’Ammonita. Quei di Giuda fecero ciò che è male agli occhi dell’Eterno; e con i peccati che commisero provocarono l’Eterno a gelosia piú di quanto avessero fatto i loro padri. Anch’essi si costruirono alti luoghi, steli e Ascerim su tutte le alte colline e sotto ogni albero verdeggiante. Inoltre c’erano nel paese uomini che si davano alla prostituzione sacra. Essi praticavano tutte le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele. Nell’anno quinto del re Roboamo, Scishak, re d’Egitto, salí contro Gerusalemme, e portò via i tesori della casa dell’Eterno e i tesori del palazzo reale; portò via ogni cosa, compresi gli scudi d’oro che Salomone aveva fatto. Al loro posto il re Roboamo fece fare degli scudi di bronzo e li affidò ai capitani delle guardie che custodivano l’entrata del palazzo reale. Ogni volta che il re entrava nella casa dell’Eterno, le guardie li riportavano nella sala delle guardie. ll resto delle azioni di Roboamo e tutto ciò che egli fece non sono forse scritti nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Vi fu guerra continua fra Roboamo e Geroboamo. Poi Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con essi nella città di Davide. Sua madre si chiamava Naamah l’Ammonita. Al suo posto regnò suo figlio Abijam. Nell’anno diciottesimo del regno di Geroboamo, figlio di Nebat, Abijam iniziò a regnare su Giuda. Egli regnò tre anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maakah, figlia di Abishalom. Egli si abbandonò a tutti i peccati che suo padre aveva commesso prima di lui, e il suo cuore non fu interamente consacrato all’Eterno, il suo DIO, come il cuore di Davide suo padre. Tuttavia per amore di Davide, l’Eterno, il suo DIO, gli lasciò una lampada in Gerusalemme, innalzando suo figlio dopo di lui e rendendo stabile Gerusalemme, perché Davide aveva fatto ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno e non si era allontanato in nulla da ciò che il Signore gli aveva comandato per tutto il tempo della sua vita, eccetto nel caso di Uriah lo Hitteo. Fra Roboamo e Geroboamo vi fu guerra finché Roboamo visse. Il resto delle gesta di Abijam e tutto ciò che egli fece non sono forse scritti nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Vi fu guerra fra Abijam e Geroboamo. Poi Abijam si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Asa. Nell’anno ventesimo del regno di Geroboamo, re d’Israele, Asa iniziò a regnare su Giuda. Egli regnò quarantun anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maakah, figlia di Abishalom. Asa fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, come Davide suo padre. Eliminò dal paese quelli che si davano alla prostituzione sacra e fece sparire tutti gl’idoli che i suoi padri avevano fatto. Destituí pure dalla dignità di regina sua madre Maakah, perch’essa aveva fatto fare un idolo orribile di Ascerah; Asa abbattè quell’orribile idolo e lo bruciò presso il torrente Kidron. Gli alti luoghi però non furono eliminati; tuttavia il cuore di Asa rimase interamente consacrato all’Eterno per tutta la sua vita. Egli fece portare nella casa dell’Eterno le cose che suo padre aveva consacrato e le cose che lui stesso aveva consacrato: argento, oro e vasi. Ci fu guerra fra Asa e Baasha, re d’Israele, tutto il tempo della loro vita Baasha, re d’Israele, salí contro Giuda e costruí Ramah, per impedire che alcuno andasse o venisse da Asa, re di Giuda. Allora Asa prese tutto l’argento e l’oro ch’era rimasto nei tesori della casa dell’Eterno e i tesori del palazzo reale e li consegnò ai suoi servi; il re Asa li mando poi da Ben-Hadad, figlio di Tabrimmon, figlio di Hezion, re di Siria, che abitava a Damasco, per dirgli »Ci sia un’alleanza fra me e te come vi fu fra mio padre e tuo padre. Ecco, io ti mando un dono di argento e d’oro; va’ a rompere la tua alleanza con Baasha, re d’Israele; affinché egli si ritiri da me«. Ben-Hadad diede ascolto al re Asa e mandò i capi del suo esercito contro le città d’Israele, ed espugnò Ijon, Dan, Abel-Beth-Maakah e tutta la regione di Kinneroth con tutto il paese di Neftali. Appena Baasha lo venne a sapere, smise di costruire Ramah e rimase a Tirtsah. Allora il re Asa convocò tutti quelli di Giuda, nessuno escluso; essi portarono via da Ramah le pietre e il legname che Baasha aveva usato per costruire, e con essi il re Asa edificò Gheba di Beniamino e Mitspah. Il resto di tutte le gesta di Asa, tutte le sue prodezze, tutto ciò che egli fece e le città che costruí non sono forse scritti nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Ma nella sua vecchiaia egli soffrí di male ai piedi. Quindi si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con i suoi padri nella città di Davide suo padre. Al suo posto regnò suo figlio Giosafat. Nadab, figlio di Geroboamo, iniziò a regnare su Israele il secondo anno di Asa, re di Giuda, e regnò su Israele due anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e seguí le vie di suo padre e il peccato nel quale aveva fatto cadere Israele. Poi Baasha, figlio di Ahijah della casa d’Issacar, congiurò contro di lui e lo uccise a Ghibbethon che apparteneva ai Filistei, mentre Nadab e tutto Israele assediavano Ghibbethon. Baasha lo uccise l’anno terzo di Asa, re di Giuda, e regnò al suo posto. Appena divenuto re, egli sterminò tutta la casa di Geroboamo; non lasciò a Geroboamo anima viva, ma la distrusse interamente, secondo la parola che l’Eterno aveva pronunziato per mezzo del suo servo Ahijah lo Scilonita, a motivo dei peccati di Geroboamo, commessi da lui e fatti commettere a Israele, provocando ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele. Il resto delle gesta di Nadab e tutto ciò che egli fece non sono forse scritti nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Ci fu guerra fra Asa e Baasha, re d’Israele, tutto il tempo della loro vita. L’anno terzo di Asa, re di Giuda, Baasha, figlio di Ahijah, iniziò a regnare su tutto Israele a Tirtsah; e regnò ventiquattro anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e seguí le vie di Geroboamo e il suo peccato che questi aveva fatto commettere a Israele. Poi la parola dell’Eterno fu rivolta a Jehu, figlio di Hanani, contro Baasha, dicendo: Io ti ho innalzato dalla polvere e ti ho fatto principe del mio popolo Israele, tu hai seguito le vie di Geroboamo e fatto peccare il mio popolo Israele, provocandomi ad ira con i suoi peccati; perciò io spazzerò via Baasha e la sua casa e farò della tua casa ciò che ho fatto alla casa di Geroboamo, figlio di Nebat. Quelli di Baasha che moriranno in città saranno divorati dai cani; e quelli che moriranno per i campi saranno divorati dagli uccelli del cielo«. Il resto delle gesta di Baasha e le sue prodezze non sono forse scritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Quindi Baasha si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in Tirtsah. Al suo posto regnò suo figlio Elah. Inoltre la parola dell’Eterno fu indirizzata per mezzo del profeta Jehu, figlio di Hanani, contro Baasha e contro la sua casa per tutto il male che Baasha aveva fatto agli occhi dell’Eterno, provocandolo ad ira con l’opera delle sue mani, divenendo come la casa di Geroboamo, e anche perché egli l’aveva distrutta. Nell’anno ventiseiesimo di Asa, re di Giuda, Elah, figlio di Baasha, cominciò a regnare su Israele a Tirtsah, e regnò due anni. Zimri, suo servo, comandante della metà dei suoi carri, congiurò contro di lui. Mentre egli si trovava a Tirtsah, intento a bere e ad ubriacarsi in casa di Artsa, prefetto del palazzo di Tirtsah, Zimri entrò, lo colpí e l’uccise, l’anno ventisettesimo di Asa, re di Giuda, e regnò al suo posto. Quando iniziò a regnare, non appena si sedette sul trono, distrusse tutta la casa di Baasha; non lasciò in vita neppure un maschio tra i suoi parenti prossimi e amici. Cosí Zimri sterminò tutta la casa di Baasha, secondo la parola dell’Eterno indirizzata contro Baasha per mezzo del profeta Jehu, a motivo di tutti i peccati di Baasha e dei peccati di Elah suo figlio, che essi avevano commesso e che avevano fatto commettere a Israele, provocando ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele, con i loro idoli. Il resto delle gesta di Elah e tutto ciò che egli fece non sono forse scritti nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Nell’anno ventisettesimo di Asa re di Giuda, Zimri regnò per sette giorni; in Tirtsah. Il popolo era accampato contro Ghibbethon, che apparteneva ai Filistei Cosí il popolo accampato sentí dire: »Zimri ha fatto una congiura e ha pure ucciso il re!«. Quello stesso giorno nell’accampamento tutto Israele fece re d’Israele Omri, capo dell’esercito. Poi Omri con tutto Israele salí da Ghibbethon e assediò Tirtsah. Quando Zimri vide che la città era presa, si ritirò nella fortezza del palazzo reale, diede fuoco al palazzo reale sopra di lui e cosí morí, a motivo dei peccati che aveva commesso, facendo ciò che è male agli occhi dell’Eterno, seguendo la via di Geroboamo e compiendo il peccato che questi aveva commesso, inducendo Israele a peccare. Il resto delle gesta di Zimri e la congiura da lui ordita non sono forse scritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Allora il popolo d’Israele si divise in due parti; metà del popolo seguiva Tibni, figlio di Ghinath, per farlo re; l’altra metà seguiva Omri. Ma il popolo che seguiva Omri prevalse sul popolo che seguiva Tibni, figlio di Ghinath. Tibni morí e regnò Omri. Nell’anno trentunesimo di Asa, re di Giuda, Omri iniziò a regnare su Israele e regnò dodici anni. Per sei anni regnò in Tirtsah, poi comprò da Scemer il monte di Samaria per due talenti d’argento; costruí sul monte una città e chiamò la città che vi costruí Samaria dal nome di Scemer, padrone del monte. Omri fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e si comportò peggio di tutti i suoi predecessori; seguí in tutto la via di Geroboamo, figlio di Nebat, e i peccati che Geroboamo aveva fatto commettere a Israele, provocando ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele, con i suoi idoli. Il resto delle gesta compiute da Omri e le prodezze da lui fatte non sono forse scritte nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Poi Omri si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in Samaria. Al suo posto regnò suo figlio Achab. Achab, figlio di Omri, iniziò a regnare su Israele l’anno trentottesimo di Asa, re di Giuda; e Achab, figlio di Omri, regnò in Samaria su Israele per ventidue anni. Achab, figlio di Omri, fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno piú di tutti quelli che lo avevano preceduto. Inoltre, come se fosse stata per lui un’inezia il seguire i peccati di Geroboamo figlio di Nebat, prese in moglie Jezebel, figlia di Ethbaal, re dei Sidoni, e andò a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui. Eresse poi un’altare a Baal nel tempio di Baal, che aveva costruito in Samaria. Achab fece anche un’Ascerah. Achab provocò ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele, piú di tutti i re d’Israele che l’avevano preceduto. Nei suoi giorni, Hiel di Bethel ricostruí Gerico; ne gettò le fondamenta su Abiram, suo primogenito, e ne rizzò le porte su Segub, il piú giovane dei suoi figli, secondo la parola che l’Eterno aveva pronunciato per mezzo di Giosuè, figlio di Nun. Elia, il Tishbita, uno degli abitanti di Galaad disse ad Achab: »Com’è vero che vive l’Eterno, il DIO d’Israele, alla cui presenza io sto, non ci sarà né rugiada né pioggia in questi anni, se non alla mia parola«. Poi la parola dell’Eterno gli fu indirizzata, dicendo: Vattene da qui, volgiti verso oriente e nasconditi presso il torrente Kerith, che si trova a est del Giordano. Tu berrai al torrente e io ho comandato ai corvi che ti diano da mangiare là«. Così egli partí e fece secondo la parola dell’Eterno: andò e si stabilí presso il torrente Kerith, che si trova a est del Giordano. I corvi gli portavano pane e carne al mattino e pane e carne alla sera, e beveva al torrente. Dopo un po’ di tempo il torrente si secco, perchè non veniva pioggia sul paese. Allora la parola dell’Eterno gli fu indirizzata dicendo: »Lèvati e va’ a stabilirti a Sarepta dei Sidoni, perché là ho ordinato a una vedova di provvederti da mangiare«. Egli dunque si levò e andò a Sarepta; come giunse alla porta della città, ecco lí una vedova che raccoglieva legna. Egli la chiamò e le disse: »Va’ a prendermi un po’ di acqua in un vaso perché possa bere«. Mentre essa andava a prenderla la chiamò e disse: »Portami anche un pezzo di pane«. Ella rispose: »Com’è vero che vive l’Eterno, il tuo DIO pane non ne ho, ma solo una manciata di farina in un vaso e un po’ di olio in un orcio; ed ora sto raccogliendo due pezzi di legna, per andare a prepararla per me e per mio figlio; la mangeremo e poi moriremo«. Elia le disse: »Non temere; va’ e fa’ come hai detto, ma fanne prima una piccola focaccia per me e portamela; quindi ne farai per te e per tuo figlio. Poiché cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: il vaso della farina non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà, fino al giorno che l’Eterno manderà la pioggia sulla terra"«. Cosí ella andò e fece secondo la parola di Elia; e mangiarono lei, Elia e la sua famiglia per parecchio tempo. Il vaso della farina non si esaurí e l’orcio dell’olio non calò, secondo la parola che l’Eterno aveva pronunciato per mezzo di Elia. In seguito a queste cose, il figlio della donna che era la padrona di casa si ammalò; la sua malattia fu cosí grave, che non gli rimase piú soffio di vita. Ella allora disse ad Elia: »Che ho io da far con te o uomo di DIO? Sei forse venuto da me per farmi ricordare il mio peccato e per uccidermi il figlio?«. Egli le rispose: »Dammi tuo figlio«. Cosí lo prese dal suo seno, lo portò nella stanza di sopra e lo coricò sul suo letto. Poi invocò l’Eterno e disse »O Eterno, DIO mio, hai forse colpito di sventura anche questa vedova, che mi ospita, facendole morire il figlio?«. Si distese quindi tre volte sul fanciullo e invocò l’Eterno, dicendo: »O Eterno DIO mio, ti prego, fa’ che l’anima di questo fanciullo ritorni in lui«. L’Eterno esaudí la voce di Elia: l’anima del fanciullo ritornò in lui ed egli riprese vita. Allora Elia prese il fanciullo, Io porto giú dalla stanza di sopra in casa e lo diede a sua madre dicendole: »Guarda, tuo figlio è vivo!«. Allora la donna disse ad Elia: »Ora riconosco che tu, sei un uomo di DIO e che la parola dell’Eterno sulla tua bocca è verità«. Molto tempo dopo, durante il terzo anno, la parola dell’Eterno fu indirizzata ad Elia, dicendo: »Va’ presentati ad Achab e io manderò la pioggia sul paese«. Elia andò a presentarsi ad Achab. Ora in Samaria c’era una grande carestia Achab mandò a chiamare Abdia che era il suo maggiordomo. (Abdia temeva grandemente l’Eterno; così, quando Jezebel sterminava i profeti dell’Eterno, Abdia prese cento profeti e li nascose cinquanta in una caverna e provvide loro pane e acqua). Achab disse ad Abdia: »Va’ attraverso il paese verso tutte le sorgenti e tutti i corsi d’acqua; forse troveremo erba sufficiente per poter conservare in vita i cavalli e i muli e non dovremo uccidere nessuno dei nostri animali«. Così si divisero il paese da percorrere Achab se ne andò da solo da una parte e Abdia da solo da un’altra parte. Mentre Abdia era in viaggio, ecco venirgli incontro Elia; Abdia lo riconobbe e si prostrò con la faccia a terra, dicendo: »Sei tu il mio signore Elia?«. Gli rispose: »Sono io; va’ a dire al tuo signore: C’è qui Elia«. Ma Abdia rispose: »Che peccato ho fatto perché tu consegni il tuo servo nelle mani di Achab per farmi morire? Com’è vero che l’Eterno, il tuo DIO, vive, non c’è nazione e regno in cui il mio signore non abbia mandato a cercarti; e quando dicevano: »Non è qui«, facevo giurare il regno e la nazione che non avevano potuto trovarti. E ora tu dici: »Va’ a dire al tuo signore: C’è qui Elia!«. Ma avverrà che, appena mi sarò allontanato da te, lo Spirito dell’Eterno ti trasporterà in un luogo a me sconosciuto; cosí io andrò a riferirlo ad Achab, ed egli, non trovandoti, mi ucciderà. Eppure il tuo servo teme l’Eterno fin dalla sua giovinezza! Non hanno riferito al mio signore ciò che io feci quando Jezebel uccideva i profeti dell’Eterno? Come io nascosi cento di quei profeti dell’Eterno, cinquanta in una caverna e cinquanta in un’altra e provvidi loro pane e acqua? E ora tu dici: »Va’ a dire al tuo signore: C’è qui Elia!«. Ma egli mi ucciderà«. Allora Elia rispose: »Com’è vero che vive l’Eterno degli eserciti alla cui presenza io sto, oggi mi presenterò ad Achab«. Abdia dunque andò a trovare Achab e gli riferí la cosa; e Achab andò incontro ad Elia. Con appena Achab vide Elia, gli disse: »Sei proprio tu che metti sossopra Israele?«. Elia rispose: »Non sono io che metto sossopra Israele, ma tu e la casa di tuo padre, perché avete abbandonato i comandamenti dell’Eterno e tu sei andato dietro ai Baal. Perciò ora manda a chiamare tutto Israele presso di me sul monte Karmel, insieme ai quattrocentocinquanta profeti di Baal e ai quattrocento profeti di Ascerah che mangiano alla mensa di Jezebel«. Cosí Achab mandò a chiamare tutti i figli d’Israele e radunò i profeti sul monte Karmel. Allora Elia si avvicinò a tutto il popolo e disse: »Fino a quando tentennerete fra due opinioni? Se l’Eterno è DIO, seguitelo; ma se invece lo è Baal, seguite lui«. Il popolo non rispose parola. Allora Elia disse al popolo: »Sono rimasto io solo dei profeti dell’Eterno, mentre i profeti di Baal sono in quattrocentocinquanta. Ci siano dunque dati due torelli; essi scelgano un torello per loro lo facciano a pezzi e lo mettano sulla legna senza appiccarvi il fuoco; io preparerò l’altro torello e lo metterò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Voi invocherete quindi il nome del vostro dio e io invocherò il nome dell’Eterno; il dio che risponderà mediante il fuoco è DIO«. Tutto il popolo rispose e disse: »Ben detto!«. Allora Elia disse ai profeti di Baal: »Sceglietevi un torello e preparatelo per primi, perché siete i piú numerosi; poi invocate il vostro dio, ma senza appiccare il fuoco«. Cosí essi presero il torello che fu dato loro e lo prepararono; poi invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, dicendo: »O Baal, rispondici!«. Ma non si udí alcuna voce e nessuno rispose; intanto essi saltavano intorno all’altare che avevano fatto. A mezzogiorno Elia incominciò a beffarsi di loro e a dire: »Gridate piú forte perché egli è dio; forse sta meditando o è indaffarato o è in viaggio, o magari si è addormentato e dev’essere svegliato«. Cosí essi si misero a gridare piú forte e a farsi incisioni con spade e lance secondo le loro usanze finché grondavano sangue. Passato mezzogiorno, essi profetizzarono fino al tempo di offrire l’oblazione; ma non si udí alcuna voce nessuno rispose e nessuno diede loro retta. Allora Ella disse a tutto il popolo: »Avvicinatevi a me!«. Cosí tutto il popolo si avvicinò a lui, ed egli restaurò l’altare dell’Eterno che era stato demolito. Poi Elia prese dodici pietre, secondo il numero delle tribú dei figli di Giacobbe al quale l’Eterno aveva detto: »Il tuo nome sarà Israele«. Con le pietre edificò un altare al nome dell’Eterno e fece intorno all’altare un fosso della capacità di due misure di grano. Poi vi sistemò la legna, fece a pezzi il torello e lo pose sopra la legna. E disse: »Riempite quattro brocche d’acqua e versatela sull’olocausto e sulla legna«. Di nuovo disse: »Fatelo una seconda volta«. Ed essi lo fecero una seconda volta. Egli disse ancora: »Fatelo per la terza volta«. Ed essi lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva attorno all’altare ed egli riempí d’acqua anche il fosso. All’ora in cui si offriva l’oblazione, il profeta Elia si avvicinò e disse: »O Eterno DIO di Abrahamo d’Isacco e d’Israele, fa’ che oggi si sappia che tu sei DIO in Israele, che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose per tuo comando. Rispondimi, o Eterno, rispondimi, affinché questo popolo riconosca che tu, o Eterno, sei DIO, e che hai fatto ritornare i loro cuori a te«. Allora cadde il fuoco dell’Eterno e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la polvere, e prosciugò l’acqua che era nel fosso. A tale vista, tutto il popolo si gettò con la faccia a terra e disse: »L’Eterno è DIO! L’Eterno è DIO!«. Quindi Elia disse loro: »Prendete i profeti di Baal; non lasciatene scappare neppure uno!«. Cosí essi li presero ed Elia li fece scendere al torrente Kishon, dove li scannò. Poi Elia disse ad Achab: »Risali, mangia e bevi, perché si ode già il rumore di grande pioggia«. Cosí Achab risalí per mangiare e bere; ma Elia salí in vetta al Karmel si piegò fino a terra e si mise la faccia tra le ginocchia, e disse al suo servo: »Ora sali e guarda dalla parte del mare!«. Egli salí, guardò e disse: »Non c’è niente«. Elia gli disse: »Ritorna a vedere, per sette volte«. La settima volta, il servo disse: »C’è una nuvoletta grossa come la palma di una mano, che sale dal mare«. Allora Elia disse: »Sali e di’ ad Achab: »Attacca i cavalli al carro e scendi prima che la pioggia ti sorprenda««. In breve tempo il cielo si oscurò a motivo delle nuvole e del vento e cadde una grande pioggia. Cosí Achab salí sul carro e andò a Jezreel La mano dell’Eterno fu sopra Elia, che si cinse i lombi e corse davanti ad Achab fino all’ingresso di Jezreel. Achab riferí a Jezebel tutto ciò che Elia aveva fatto e come aveva ucciso con la spada tutti i profeti. Allora Jezebel inviò un messaggero a Elia per dirgli: »Gli dèi mi facciano cosí e anche peggio, se domani a quest’ora non avrò fatto di te come uno di loro«. Quando sentí questo, Elia si levò e se ne andò per mettersi in salvo. Giunse a Beer-Sceba, che appartiene a Giuda, e vi lasciò il suo servo. Egli invece si inoltrò nel deserto una giornata di cammino, andò a sedersi sotto una ginestra e chiese di poter morire dicendo: »Ora basta, o Eterno! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri«. Poi si coricò e si addormentò sotto la ginestra; ma ecco un angelo lo toccò e gli disse: »Alzati e mangia«. Egli guardò e vide vicino al suo capo una focaccia cotta su delle pietre calde e una brocca d’acqua. Egli mangiò e bevve poi tornò a coricarsi. L’angelo dell’Eterno tornò una seconda volta, lo toccò e disse: »Alzati e mangia, poiché il cammino è troppo lungo per te«. Egli si alzò, mangiò e bevve, poi, nella forza datagli da quel cibo, camminò quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l’Horeb. Là entrò in una caverna e vi passò la notte. Ed ecco, la parola dell’Eterno gli fu rivolta e gli disse: »Che fai qui, Elia?«. Egli rispose: »Sono stato mosso da una grande gelosia per l’Eterno, il DIO degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti. Sono rimasto io solo ed essi cercano di togliermi la vita«. DIO gli disse: »Esci e fermati sul monte davanti all’Eterno«. Ed ecco, passava l’Eterno. Un vento forte e impetuoso squarciava i monti e spezzava le rocce davanti all’Eterno, ma l’Eterno non era nel vento. Dopo il vento un terremoto, ma l’Eterno non era nel terremoto. Dopo il terremoto un fuoco ma l’Eterno non era nel fuoco. Dopo il fuoco una voce, come un dolce sussurro. Come udí questo, Elia si coperse la faccia col mantello, uscí e si fermò all’ingresso della caverna; ed ecco una voce che gli diceva: »Che fai qui Elia?«. Egli rispose: »Sono stato mosso da una grande gelosia per l’Eterno, per il DIO degli eserciti, perché i figli d’Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno demolito i tuoi altari e hanno ucciso con la spada i tuoi profeti. Sono rimasto io solo ed essi cercano di togliermi la vita« L’Eterno gli disse: »Va’, rifa’ la strada del ritorno fino al deserto di Damasco; giunto là, ungerai Hazael come re di Siria. Ungerai pure Jehu, figlio di Nimsci, come re d’Israele; ungerai quindi Eliseo, figlio di Shafat di Abel-Meholah, come profeta al tuo posto. Cosí chiunque scamperà dalla spada di Hazael, sarà ucciso da Jehu; e chiunque scamperà dalla spada di Jehu, sarà ucciso da Eliseo. Ma ho lasciato in Israele un residuo di settemila uomini, tutti che non hanno piegato le loro ginocchia davanti a Baal e che non l’hanno baciato con la loro bocca«. Elia partí di là e trovò Eliseo figlio di Shafat mentre arava con dodici paia di buoi davanti a sé ed egli stesso si trovava con il dodicesimo paio. Elia gli passò vicino e gli gettò addosso il suo mantello. Allora Eliseo lasciò i buoi e corse dietro a Elia e disse: »Ti prego, lasciami andare a baciare mio padre e mia madre. poi ti seguirò«. Elia gli rispose: »Va’ e torna, perché che ti ho fatto?«. Allontanatosi da lui. Eliseo prese un paio di buoi e li offrí in sacrificio; con gli attrezzi dei buoi ne fece cuocere la carne e la diede alla gente, che la mangiò. Poi si levò seguí Elia e si mise al suo servizio. Ben-Hadad re di Siria, radunò tutto il suo esercito; con lui c’erano trentadue re con cavalli e carri; poi salí, cinse d’assedio Samaria e l’attaccò. Inviò quindi messaggeri in città ad Achab, re d’Israele per dirgli: »Cosí dice Ben-Hadad: »Il tuo argento ed il tuo oro sono miei anche le tue mogli e i tuoi migliori figli sono miei««. Il re d’Israele rispose: »E’ come tu dici, o re mio signore; io e tutto ciò che ho siamo tuoi«. I messaggeri tornarono di nuovo e dissero: »Cosí parla Ben-Hadad: »Io ti ho mandato a dire che mi devi dare il tuo argento e il tuo oro, le tue mogli e i tuoi figli; ma domani, a quest’ora manderò da te i miei servi, che frugheranno la tua casa e le case dei tuoi servi; essi metteranno le mani su tutto ciò che hai di piú caro e lo porteranno via"«. Allora il re d’Israele chiamò tutti gli anziani del paese e disse: »Guardate, vi prego, e vedete come quest’uomo cerca la nostra rovina, perché mi ha mandato a chiedere le mie mogli e i miei figli il mio argento e il mio oro, e io non gli ho rifiutato nulla«. Tutti gli anziani e tutto il popolo gli dissero: »Non dargli ascolto e non acconsentire«. Achab rispose quindi ai messaggeri di Ben-Hadad: »Dite al re, mio signore: »Tutto ciò che hai richiesto al tuo servo la prima volta lo farò, ma questo non lo posso fare««. Cosí i messaggeri andarono a riferire la risposta a Ben-Hadad. Allora Ben-Hadad mandò a dire ad Achab: »Gli dèi mi facciano cosí e anche peggio, se la polvere di Samaria basterà a riempire il pugno di tutta la gente che mi segue!«. Il re d’Israele rispose: »Ditegli: »Chi indossa l’armatura non si glori come chi la depone««. Quando Ben-Hadad ricevette questa risposta, egli si trovava assieme ai re a bere sotto le tende, e disse ai suoi servi: »Preparatevi ad attaccare!«. Cosí essi si prepararono ad attaccare la città. Ma ecco un profeta si avvicinò ad Achab, re d’Israele, e disse: »Cosí dice l’Eterno: »Vedi tutta questa grande moltitudine? Ecco, oggi stesso io la darò nelle tue mani e tu saprai che io sono l’Eterno««. Achab disse: »Per mezzo di chi?«. Quegli rispose: »Cosí dice l’Eterno: »Per mezzo dei giovani al servizio dei capi delle province««. Achab riprese: »Chi comincerà la battaglia?«. Il profeta rispose: »Tu«. Allora Achab passò in rassegna i giovani che erano al servizio dei capi delle province, ed erano duecentotrentadue. Dopo di loro passò in rassegna tutto il popolo, tutti i figli d’Israele, ed erano settemila. A mezzogiorno fecero una sortita, mentre Ben-Hadad stava a bere e ad ubriacarsi sotto le tende assieme ai trentadue re, venuti in suo aiuto. I giovani al servizio dei capi delle province uscirono per primi. Ben-Hadad mandò a vedere, e gli fu riferito, dicendo: »Da Samaria sono usciti alcuni uomini«. Il re disse: »Se sono usciti con intenzioni pacifiche, catturateli vivi; se sono usciti per combattere, catturateli ugualmente vivi«. Cosí i giovani al servizio dei capi delle province uscirono dalla città assieme all’esercito che li seguiva, e ciascuno di loro uccise il suo uomo. Cosí i Siri si diedero alla fuga e gl’Israeliti li inseguirono, e Ben-Hadad, re di Siria, fuggí a cavallo con alcuni cavalieri. Il re d’Israele uscí anch’egli, mise in rotta cavalli e carri ed inflisse ai Siri una grande sconfitta. Allora il profeta si avvicinò al re d’Israele e gli disse: »Va’, rafforzati e considera bene quel che devi fare, perché fra un anno il re di Siria salirà contro di te«. I servi del re di Siria gli dissero: »Il loro DIO è un DIO delle montagne: per questo sono stati piú forti di noi, ma se diamo loro battaglia in pianura, saremo certamente noi i piú forti. Perciò fa’ cosí: rimuovi tutti i re dalla loro posizione di comando e metti al posto loro dei capitani. Metti insieme un esercito pari a quello che hai perso, con altrettanti cavalli e altrettanti carri; poi daremo loro battaglia in pianura e noi saremo certamente piú forti di loro«. Egli accettò il loro consiglio e fece cosí. L’anno seguente Ben-Hadad passò in rassegna i Siri e salí verso Afek per combattere con Israele. Anche i figli d’Israele furono chiamati a raccolta e provvisti di viveri mossero quindi contro i Siri e si accamparono di fronte a loro; sembravano due piccoli greggi di capre, mentre i Siri inondavano il paese. Allora un uomo di DIO si avvicinò al re d’Israele e gli disse: »Cosí dice l’Eterno: »Poiché i Siri hanno detto: L’Eterno è DIO delle montagne e non è DIO delle valli, io darò nelle tue mani tutta questa grande moltitudine; e voi conoscerete che io sono l’Eterno««. Per sette giorni stettero accampati gli uni di fronte agli altri, ma al settimo giorno si attaccò battaglia, e i figli d’Israele uccisero in un sol giorno centomila fanti siriani. I superstiti fuggirono nella città di Afek, dove le mura caddero su ventisettemila superstiti. Anche Ben-Hadad fuggí e andò nella città a nascondersi in una stanza interna. I suoi servi gli dissero: »Ecco, abbiamo sentito dire che i re della casa d’Israele sono re clementi; mettiamoci quindi dei sacchi attorno ai fianchi e delle corde al collo e usciamo incontro al re d’Israele; forse egli ti lascerà in vita«. Così essi si misero dei sacchi intorno ai fianchi e delle corde al collo, andarono dal re d’Israele e dissero: »Il tuo servo Ben-Hadad dice: »Ti prego, lasciami in vita««. Achab rispose: »E’ ancora vivo? Egli è mio fratello«. Quegli uomini presero questo come segno di buon auspicio e si affrettarono a chiederne la conferma, dicendo: »Ben-Hadad è dunque tuo fratello!«. Egli rispose: »Andate a prenderlo«. Cosí Ben-Hadad si recò da Achab, che lo fece salire sul suo carro. Allora Ben-Hadad, gli disse: »Io restituirò le città che mio padre tolse a tuo padre; e tu potrai stabilire mercati in Damasco, come mio padre aveva fatto in Samaria«. Achab disse: »A questo patto ti lascerò andare«; cosí Achab fece un patto con lui e lo lasciò andare. Allora uno dei figli dei profeti disse al suo compagno per ordine dell’Eterno: »Colpiscimi!«. Ma questi si rifiutò di colpirlo. Allora il primo gli disse: »Poiché non hai ubbidito alla voce dell’Eterno, ecco che appena ti sarai allontanato da me, un leone ti ucciderà«. Cosí, non appena si fu allontanato da lui, un leone lo incontrò e lo uccise. Poi il profeta trovò un altro uomo e gli disse: »Colpiscimi!«. Questi lo percosse e lo ferí. Allora il profeta andò ad aspettare il re sulla strada, camuffandosi con una benda sugli occhi. Come il re passava, gli gridò e disse: »Il tuo servo era entrato in mezzo alla battaglia, quand’ecco uno si trasse in disparte e mi condusse un uomo, dicendomi: »Custodisci quest’uomo; se mai venisse a mancare, la tua vita pagherà per la sua, oppure pagherai un talento d’argento«. Mentre il tuo servo era occupato qua e là, quel tale scomparve«. Il re d’Israele gli disse: »Ecco la tua sentenza; l’hai pronunciata tu stesso«. Egli allora si tolse in fretta la benda dagli occhi e il re d’Israele si rese conto che era uno dei profeti. Il profeta quindi disse al re: »Cosí dice l’Eterno: »Poiché ti sei lasciato sfuggir di mano l’uomo che io avevo votato allo sterminio, la tua vita pagherà per la sua e il tuo popolo per il suo popolo«. Cosí il re d’Israele tornò a casa sua triste e adirato e si recò a Samaria. Dopo queste cose avvenne che Naboth di Jezreel aveva in Jezreel una vigna vicina al palazzo di Achab re di Samaria. Cosí Achab parlò a Naboth e gli disse: »Dammi la tua vigna per farne un orto, perché si trova vicina alla mia casa. In cambio ti darò una vigna migliore o, se preferisci, ti darò l’equivalente in denaro«. Ma Naboth rispose ad Achab: »Mi guardi l’Eterno dal cederti l’eredità dei miei padri"!«. Perciò Achab tornò a casa sua triste e adirato per la risposta che Naboth di Jezreel gli aveva dato: »Non ti cederò l’eredità dei miei padri!«. Si gettò sul suo letto, volse la faccia da un lato e non volle prendere cibo. Allora Jezebel, sua moglie, venne da lui e gli disse: »Perché hai lo spirito cosí contristato e non mangi?«. Egli le rispose: »Perché ho parlato a Naboth di Jezreel e gli ho detto: »Cedimi la tua vigna per denaro o, se preferisci, ti darò un’altra vigna in cambio«. Ma egli mi ha risposto: »Non ti cederò la mia vigna!««. Allora sua moglie Jezebel gli disse: »Non sei tu che regni ora sopra Israele? Alzati, prendi cibo e il tuo cuore si rallegri; la vigna di Naboth di Jezreel te la farò avere io«. Cosí ella scrisse alcune lettere a nome di Achab, le sigillò col suo sigillo e le mandò agli anziani ed ai notabili che abitavano nella stessa città con Naboth. Nelle lettere scrisse cosí: »Bandite un digiuno e fate sedere Naboth in prima fila davanti al popolo; ponetegli di fronte due scellerati che depongano contro di lui, dicendo: »Tu hai bestemmiato DIO e il re«; poi conducetelo fuori, lapidatelo e così muoia«. La gente della città di Naboth, gli anziani e i notabili che abitavano nella sua città fecero come Jezebel aveva mandato loro a dire, come era scritto nelle lettere che ella aveva loro inviato. Bandirono il digiuno e fecero sedere Naboth davanti al popolo. Poi vennero due scellerati che si sedettero di fronte a lui; e questi scellerati deposero contro Naboth davanti al popolo dicendo: »Naboth ha maledetto DIO e il re«. Quindi lo condussero fuori della città e lo lapidarono con pietre; cosí egli morì. Poi mandarono a dire a Jezebel: »Naboth è stato lapidato ed è morto«. Quando Jezebel venne a sapere che Naboth era stato lapidato ed era morto, disse ad Achab: »Lèvati e prendi possesso della vigna di Naboth di Jezreel, che egli rifiutò di darti per denaro, perché Naboth non vive piú ma è morto«. Come Achab udí che Naboth era morto, si levò e scese a prendere possesso della vigna di Naboth di Jezreel. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta ad Elia, il Tishbita, in questi termini, dicendo: »Lèvati e scendi incontro ad Achab, re d’Israele, che sta in Samaria; ecco, egli è nella vigna di Naboth, dove è sceso a prenderne possesso. Gli parlerai in questo modo: Cosí dice l’Eterno: »Prima hai ucciso un uomo e poi ne hai usurpato la proprietà«. Quindi gli dirai: Cosí dice l’Eterno: »Nel medesimo luogo dove i cani hanno leccato il sangue di Naboth, i cani leccheranno« anche il tuo stesso sangue"«. Achab disse ad Elia: »Mi hai dunque trovato, o mio nemico?«. Elia rispose: »Sí, ti ho trovato, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno. Ecco, io farò venire su di te la sventura, spazzerò via i tuoi discendenti e sterminerò della casa di Achab ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasha, figlio d’Ahijah, perché tu mi hai provocato ad ira e hai fatto peccare Israele. Anche riguardo a Jezebel l’Eterno parla e dice: »I cani divoreranno Jezebel sotto le mura di Jezreel«. Quelli di Achab che moriranno in città saranno divorati dai cani, quelli invece che moriranno nei campi saranno divorati dagli uccelli del cielo«. In verità non ci fu mai alcuno che si vendette a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno come Achab, perché era sospinto da sua moglie Jezebel. Egli si comportò in modo abominevole, andando dietro agli idoli, come avevano fatto gli Amorei che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele. Quando Achab udí queste parole, si stracciò le vesti, si coperse il corpo con un sacco e digiunò; si coricava avvolto nel sacco e camminava dimesso. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta ad Elia, il Tishbita, dicendo: »Hai visto come Achab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, io non farò venire la sciagura mentre egli è in vita; ma manderò la sciagura sulla sua casa, durante la vita di suo figlio«. Trascorsero tre anni senza guerra, tra la Siria e Israele. Ma il terzo anno Giosafat, re di Giuda, scese a trovare il re d’Israele. Ora il re d’Israele aveva detto ai suoi servi: »Non sapete voi che Ramoth di Galaad è nostra e noi ce ne stiamo tranquilli, senza riprenderla dalle mani del re di Siria?« Disse quindi a Giosafat: »Verresti a combattere con me a Ramoth di Galaad?«. Giosafat rispose al re d’Israele »Conta su di me come su te stesso, sulla mia gente come sulla tua gente, sui miei cavalli come sui tuoi cavalli«. Giosafat disse ancora al re d’Israele: »Ti prego, consulta oggi stesso la parola dell’Eterno«. Allora il re d’Israele convocò i profeti, in numero di circa quattrocento, e disse loro: »Devo andare a combattere contro Ramoth di Galaad, oppure devo rinunciarvi?«. Quelli risposero: »Va’pure, perché il Signore la darà nelle mani del re«. Ma Giosafat disse: »Non c’è qui un altro profeta dell’Eterno? che possiamo consultare?«. Il re d’Israele rispose a Giosafat: »C’è ancora un uomo, Mikaiah, figlio di Imlah, per mezzo del quale si potrebbe consultare l’Eterno; io però lo odio perché non profetizza mai nulla di buono nei miei confronti ma soltanto del male«. Giosafat rispose: »Il re non parli cosí!«. Allora il re d’Israele chiamò un eunuco e gli disse: »Fa’ venire subito Mikaiah, figlio di Imlah«. Or il re d’Israele e Giosafat, re di Giuda, sedevano ciascuno sul suo trono vestiti dei loro abiti reali, nell’aia che si trova all’ingresso della porta di Samaria; e tutti i profeti profetizzavano davanti a loro. Sedekia, figlio di Kenaanah, che si era fatto delle corna di ferro, disse: »Cosí dice l’Eterno: »Con queste corna trafiggerai i Siri fino a distruggerli completamente««. Tutti i profeti profetizzavano allo stesso modo, dicendo: »Sali contro Ramoth di Galaad e riuscirai, perché l’Eterno la darà nelle mani del re«. Il messaggero che era andato a chiamare Mikaiah gli parlò cosí e disse: »Ecco, le parole dei profeti sono concordi nel dichiarare cose buone al re; ti prego sia la tua parola come la parola di ognuno di loro, e dichiara anche tu cose buone«. Ma Mikaiah rispose: »Com ‘è vero che l’Eterno vive, io dirò ciò che l’Eterno mi dirà«. Come giunse davanti al re, il re gli disse: »Mikaiah, dobbiamo andare a combattere contro Ramoth di Galaad, oppure dobbiamo rinunciarvi?«. Egli rispose: »Va’ pure, tu riuscirai, perché l’Eterno la darà nelle mani del re«. Allora il re gli disse: »Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome dell’Eterno?«. Mikaiah rispose: »Ho visto tutto Israele disperso sui monti, come pecore che non hanno pastore"; e l’Eterno ha detto: »Essi non hanno piú padrone; se ne torni ciascuno in pace a casa sua««. Il re d’Israele disse a Giosafat: »Non ti avevo io detto che nei miei confronti costui non avrebbe profetizzato nulla di buono? ma solo del male?«. Allora Mikaiah disse: »Perciò ascolta la parola dell’Eterno. Io ho visto l’Eterno assiso sul suo trono, mentre tutto l’esercito del cielo gli stava intorno a destra e a sinistra. L’Eterno disse: »Chi sedurrà Achab perché salga e perisca a Ramoth di Galaad?«. Ora chi rispose in un modo e chi in un altro. Allora si fece avanti uno spirito, che si presentò davanti all’Eterno e disse: »Lo sedurrò io«. L’Eterno gli disse: »In che modo?«. Egli rispose: »Uscirò e sarò spirito di menzogna in bocca a tutti i suoi profeti«. L’Eterno gli disse: »Riuscirai certamente a sedurlo; esci e fa’ cosí«. Perciò ecco, l’Eterno ha posto uno spirito di menzogna in bocca a tutti questi tuoi profeti; ma l’Eterno pronuncia sciagura contro di te«. Allora Sedekia, figlio di Kenaanah, si avvicinò e diede uno schiaffo a Mikaiah, e disse: »Per dove è passato lo Spirito dell’Eterno quando è uscito da me per parlare a te?«. Mikaiah rispose: »Lo vedrai il giorno in cui andrai in una stanza interna a nasconderti«. Allora il re d’Israele disse: »Prendi Mikaiah e conducilo da Amon, governatore della città, e da Joas, figlio del re e di’ loro: Cosí dice il re: »Mettete costui in prigione e nutritelo con pane e acqua di afflizione, finché ritornerò sano e salvo«. Allora Mikaiah disse: »Se tu dovessi mai ritornare sano e salvo, significa che l’Eterno non ha parlato per mio mezzo«. E aggiunse: »Ascoltate, o voi popoli tutti!«. Il re d’Israele e Giosafat, re di Giuda, salirono dunque contro Ramoth di Galaad. Il re d’Israele disse a Giosafat: »lo mi travestirò e poi andrò a combattere; ma tu indossa i tuoi abiti reali«. Cosí il re d’Israele si travestí e andò a combattere. Ora il re di Siria aveva dato quest’ordine ai trentadue capitani dei suoi carri, dicendo: »Non combattete contro nessuno, piccolo o grande, ma solamente contro il re d’Israele«. Così, quando i capitani dei carri videro Giosafat, dissero: »Costui è certamente il re d’Israele«. E si volsero contro di lui per attaccarlo; ma Giosafat lanciò un grido. Quando i capitani dei carri si resero conto che non era il re d’Israele, smisero di inseguirlo. Ma un uomo tirò a caso una freccia col suo arco e colpí il re d’Israele tra le maglie della corazza; per cui il re disse al suo cocchiere: »Gira e portami fuori dalla mischia. perché sono ferito«. Ma la battaglia fu cosí aspra quel giorno, che il re fu costretto a rimanere sul suo carro di fronte ai Siri, e morì verso sera; il sangue della ferita era colato nel fondo del carro. Come il sole tramontava, un grido corse attraverso le file dell’esercito: »Ognuno alla sua città, ognuno al suo paese!«. Cosí il re morí e fu portato a Samaria; quindi seppellirono il re in Samaria. Lavarono poi il carro e le armi a una piscina in Samaria e i cani leccarono il suo sangue secondo la parola che l’Eterno aveva pronunciato. Il resto delle gesta di Achab, tutto ciò che fece, la casa d’avorio che costruí e tutte le città che edificò, non sono forse scritti nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Così Achab si addormentò con i suoi padri. Al suo posto regnò suo figlio Achaziah. Giosafat, figlio di Asa, iniziò a regnare su Giuda l’anno quarto di Achab, re d’Israele. Giosafat aveva trentacinque anni quando iniziò a regnare, e regnò venticinque anni a Gerusalemme. Il nome di sua madre era Azubah, figlia di Scilhi. Egli seguí in tutto le vie di Asa suo padre e non se ne allontanò facendo ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno. Tuttavia gli alti luoghi non furono rimossi; così il popolo offriva ancora sacrifici e bruciava incenso sugli alti luoghi. E Giosafat visse in pace con il re d’Israele. Il resto delle gesta di Giosafat, le prodezze che fece e le sue guerre non sono forse scritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Egli eliminò dal paese il resto di quelli che si davano alla prostituzione sacra che erano rimasti al tempo di Asa suo padre. A quel tempo non c’era alcun re in Edom, ma solo un rappresentante del re. Giosafat fece costruire navi di Tarshish per andare a Ofir in cerca d’oro; ma non riuscirono mai a salpare perché le navi andarono distrutte a Etsion-Gheber. Allora Achaziah, figlio di Achab disse a Giosafat: »Lascia che i miei servi vadano sulle navi con i tuoi servi«. Ma Giosafat non volle. Giosafat si addormentò con i suoi padri e con essi fu sepolto nella città di Davide, suo padre. Al suo posto regnò suo figlio Jehoram. Achaziah, figlio di Achab, iniziò a regnare su Israele a Samaria l’anno diciassettesimo di Giosafat, re di Giuda, e regnò due anni su Israele. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e seguí la via di suo padre, la via di sua madre e la via di Geroboamo figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele. Serví a Baal e si prostrò davanti a lui, provocando ad ira l’Eterno, il DIO d’Israele, proprio come aveva fatto suo padre.
Dopo la morte di Achab, Moab si ribellò contro Israele. Achaziah cadde dalla finestra del piano superiore in Samaria e si fece male. Allora mandò messaggeri, ai quali disse: »Andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ekron, per sapere se mi riprenderò da questa infermità«. Ma un angelo dell’Eterno disse ad Elia il Tishbita: »Lèvati e va’ Incontro ai messaggeri del re di Samaria e di’ loro: »E’ forse perché non c’è DIO in Israele che voi andate a consultare Baal-Zebub, dio di Ekron? Perciò cosí dice l’Eterno: Tu non scenderai più dal letto sul quale sei salito, ma certamente morirai"«. Poi Elia se ne andò. I messaggeri ritornarono da Achaziah, che domandò loro: »Perché siete tornati?«. Essi gli risposero: »Un uomo ci è venuto incontro e ci ha detto: »Andate, ritornate dal re che vi ha mandato e ditegli: Cosí dice l’Eterno: E forse perchè non c ‘è alcun DIO in Israele che tu mandi a consultare Baal-Zebub, dio di Ekron? Per questo non scenderai dal letto sul quale sei salito, ma certamente morirai««. Allora il re chiese loro: »Com’era l’uomo che vi è venuto incontro e vi ha detto queste parole?«. Essi gli risposero: »Era un uomo con un vestito di pelo e con una cintura di cuoio intorno ai fianchi"«. Achaziah, disse: »E’ Elia il Tishbita!«. Allora il re mandò da Elia un capitano di cinquanta con i suoi cinquanta uomini; egli salí da lui e trovò Elia seduto in cima al monte. Il capitano gli disse: »O uomo di DIO, il re ti ordina di scendere«. Elia rispose e disse al capitano dei cinquanta: »Se sono un uomo di DIO, scenda fuoco dal cielo e consumi te e i tuoi cinquanta uomini!«. E dal cielo scese un fuoco, che consumò lui e i suoi cinquanta. Allora il re, gli mandò un altro capitano di cinquanta con i suoi cinquanta uomini, che si rivolse ad Elia e gli disse »O uomo di DIO, il re ti ordina di scendere subito«. Elia rispose e disse loro: »Se sono un uomo di DIO, scenda fuoco dal cielo e consumi te e i tuoi cinquanta uomini«. E dal cielo scese il fuoco di DIO che consumò lui e i suoi cinquanta Il re mandò ancora un terzo capitano di cinquanta con i suoi cinquanta uomini. Questo terzo capitano di cinquanta salí e andò a gettarsi davanti a Elia, e lo supplicò, dicendo: »O uomo di DIO, ti prego, la mia vita e la vita di questi cinquanta tuoi servi siano preziose ai tuoi occhi! Ecco, un fuoco è disceso dal cielo e ha consumato i due primi capitani di cinquanta con i loro cinquanta uomini ma ora la mia vita sia preziosa ai tuoi occhi«. L’angelo dell’Eterno disse ad Elia: »Scendi con lui e non aver paura di lui«. Perciò Elia si levò e scese con lui dal re e gli disse: »Cosí dice l’Eterno: »E’ perché non c’è alcun DIO in Israele, di cui si possa consultare la parola che tu hai mandato messaggeri da Baal-Zebub, il dio di Ekron? Per questo non scenderai dal letto sul quale sei salito, ma certamente morirai««. Cosí Achaziah morì, secondo la parola dell’Eterno pronunciata da Elia. Poiché egli non aveva figli, Jehoram iniziò a regnare al suo posto, nell’anno secondo di Jehoram, figlio di Giosafat, re di Giuda. Il resto delle gesta compiute da Achaziah non sta forse scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Ora, quando l’Eterno volle portare in cielo Elia in un turbine, Elia partí da Ghilgal con Eliseo. Allora Elia disse ad Eliseo: »Fermati qui, ti prego, perché l’Eterno mi manda fino a Bethel«. Ma Eliseo rispose: »Come è vero che l’Eterno vive e che tu stesso vivi, io non ti lascerò«. Cosí discesero a Bethel. I discepoli dei profeti che erano a Bethel andarono quindi a trovare Eliseo e gli dissero: »Sai che l’Eterno quest’oggi porterà via il tuo signore al di sopra di te?«. Quegli rispose: »Sí, lo so; tacete!«. Poi Elia gli disse: »Eliseo, fermati qui, ti prego, perché l’Eterno mi manda a Gerico«. Egli rispose: »Come è vero che l’Eterno vive e che tu stesso vivi, io non ti lascerò«. Cosí discesero a Gerico. Allora i discepoli dei profeti che erano a Gerico si avvicinarono a Eliseo e gli dissero: »Sai che l’Eterno quest’oggi porterà via il tuo signore al di sopra di te?«. Egli rispose: »Sí, lo so; tacete!«. Poi Elia gli disse: »Fermati qui, ti prego, perché l’Eterno mi manda al Giordano«. Egli rispose: »Come è vero che l’Eterno vive e che tu stesso vivi, io non ti lascerò«. Cosí proseguirono il cammino assieme. Ora cinquanta uomini tra i discepoli dei profeti li seguirono e si fermarono di fronte a loro, da lontano, mentre Elia ed Eliseo si fermarono sulla riva del Giordano. Allora Elia prese il suo mantello, lo rotolò e percosse le acque, che si divisero, di qua e di là; cosí passarono entrambi all’asciutto. Dopo che furono passati, Elia disse ad Eliseo: »Chiedi ciò che vuoi che io faccia per te, prima che sia portato via da te«. Eliseo rispose: »Ti prego, fa’ che una doppia porzione del tuo spirito venga su di me«. Elia disse: »Tu hai chiesto una cosa difficile; tuttavia, se mi vedrai quando sarò portato via da te, ciò ti sarà concesso, altrimenti non l’avrai«. Ora, mentre essi camminavano discorrendo, ecco un carro di fuoco, e cavalli di fuoco li separarono l’uno dall’altro, ed Elia salí al cielo in un turbine. Eliseo vide ciò e si mise a gridare: »Padre mio, padre mio, carro d’Israele e sua cavalleria!«. Poi non lo vide piú. Allora afferrò le sue vesti e le stracciò in due pezzi. Raccolse quindi il mantello di Elia che gli era caduto di dosso, tornò indietro e si fermò sulla riva del Giordano. Poi prese il mantello di Elia che gli era caduto di dosso, percosse le acque e disse: »Dov’è l’Eterno, il DIO di Elia?«. Quando anch’egli ebbe percosso le acque, queste si divisero di qua e di là ed Eliseo passò. Quando i discepoli dei profeti che erano a Gerico e stavano quindi di fronte al Giordano videro Eliseo, dissero: »Lo spirito di Elia si è posato su Eliseo«. Poi gli andarono incontro, si inchinarono fino a terra davanti a lui e gli dissero: »Ecco, ci sono fra i tuoi servi cinquanta uomini robusti; lascia che vadano a cercare il tuo signore nel caso che lo Spirito dell’Eterno l’avesse preso e gettato su qualche monte o in qualche valle«. Eliseo rispose: »Non mandate nessuno«. Ma essi insistettero tanto con lui che egli ne fu confuso e disse: »Mandateli« Allora essi mandarono cinquanta uomini che cercarono Elia per tre giorni, ma non lo trovarono. Quando essi tornarono da Eliseo, che si era fermato a Gerico, egli disse loro: »Non vi avevo detto: Non andate?«. Or gli abitanti della città dissero a Eliseo »Ecco, il soggiorno di questa città è piacevole, come il mio signore può constatare, ma le acque sono cattive e il paese è sterile«. Egli disse: »Portatemi un piatto nuovo e mettetevi del sale«. Essi glielo portarono. Allora egli si recò alla sorgente delle acque, vi gettò il sale e disse: »Cosí dice l’Eterno: »Io rendo sane queste acque, da esse non verrà piú né morte né sterilità««. Così le acque sono rimaste sane fino al giorno d’oggi, secondo la parola che Eliseo aveva pronunciato. Poi di là Eliseo salí a Bethel. Mentre egli saliva per la strada uscirono dalla città alcuni giovani e si misero a schernirlo, dicendo: »Sali, testa pelata! Sali, testa pelata«. Egli si voltò, li vide e li maledisse nel nome dell’Eterno; allora uscirono dalla foresta due orse, che fecero a pezzi quarantadue di quei giovani. Di là Eliseo si recò sul monte Karmel, e di là tornò quindi a Samaria. Jehoram, figlio di Achab, cominciò a regnare sopra Israele a Samaria l’anno diciottesimo di Giosafat, re di Giuda, e regnò dodici anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, ma non come suo padre e sua madre, perché tolse via la stele di Baal che suo padre aveva fatto. Tuttavia egli rimase attaccato ai peccati di Geroboamo figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele, e non se ne allontanò. Mesha, re di Moab, era un allevatore di pecore e pagava al re d’Israele un tributo di centomila agnelli e la lana di centomila montoni. Ma alla morte di Achab, il re di Moab si ribellò al re d’Israele. Allora il re Jehoram uscí di Samaria e chiamò a raccolta tutto Israele; poi si mise in via e mandò a dire a Giosafat, re di Giuda: »Il re di Moab si è ribellato contro di me; vuoi venire con me a combattere contro Moab?«. Quegli rispose: »Verrò, conta su di me come su di te, sul mio popolo come sul tuo popolo, sui miei cavalli come sui tuoi cavalli« Poi domandò: »Per quale via saliremo?«. Jehoram rispose: »Per la via del deserto di Edom«. Cosí il re d’Israele, il re di Giuda e il re di Edom si misero in marcia; dopo aver compiuto un percorso intorno al deserto per sette giorni venne a mancare l’acqua all’esercito e alle bestie che li seguivano. Allora il re d’Israele disse: »Ahimè l’Eterno ha chiamato assieme questi tre re, per darli nelle mani di Moab!«. Ma Giosafat chiese: »Non c’è qui un profeta dell’Eterno per mezzo del quale possiamo consultare l’Eterno?«. Uno dei servi del re d’Israele rispose e disse: »C’è qui Eliseo, figlio di Shafat, il quale versava l’acqua sulle mani d’Elia«. Giosafat disse: »La parola dell’Eterno è con lui«. Cosí il re d’Israele Giosafat e il re di Edom discesero da lui. Ma Eliseo disse al re d’Israele: »Che ho io da fare con te? Va’ dai profeti di tuo padre e dai profeti di tua madre!«. Il re d’Israele gli rispose: »No, perché l’Eterno ha chiamato insieme questi tre re per darli nelle mani di Moab«. Allora Eliseo disse: »Come è vero che vive l’Eterno degli eserciti, alla cui presenza io sto, se non fosse per il rispetto che ho per Giosafat, re di Giuda, non avrei neppure badato a te e non ti avrei degnato di uno sguardo. Ma ora conducetemi un suonatore«. E avvenne che, mentre il suonatore arpeggiava, la mano dell’Eterno fu sopra Eliseo. Allora egli disse: »Cosí parla l’Eterno: »Scavate molte fosse in questa valle«. Poiché cosí dice l’Eterno: »Voi non vedrete né vento né pioggia; tuttavia questa valle si riempirà di acqua; e berrete voi, il vostro bestiame e le vostre bestie da soma. Ma questo è ancora poca cosa agli occhi dell’Eterno, perché egli darà anche Moab nelle vostre mani. Voi distruggerete tutte le città fortificate e tutte le migliori città, abbatterete tutti gli alberi buoni, turerete tutte le sorgenti d’acqua e rovinerete ogni buon appezzamento di terra con pietre"«. Al mattino seguente nell’ora in cui era offerta l’oblazione di cibo, ecco arrivare l’acqua dal lato di Edom e il paese ne fu ripieno. Ora tutti i Moabiti saputo che quei re erano saliti per muovere loro guerra, radunarono tutti quelli che erano in grado di portare le armi, giovani e vecchi, e si schierarono alla frontiera. Quando si alzarono al mattino presto, il sole splendeva sulle acque; allora i Moabiti videro davanti a loro le acque rosse come sangue; e dissero: »Quello è sangue! Certamente quei re sono venuti alle mani e si sono uccisi l’un l’altro; or dunque, Moab, alla preda!«. Cosí avanzarono verso il campo d’Israele; ma gli Israeliti si levarono e sbaragliarono i Moabiti, che fuggirono davanti a loro. Si inoltrarono quindi nel paese, continuando a uccidere i Moabiti. Distrussero le città; ogni buon appezzamento di terra lo riempirono di pietre ciascuno gettandovi la sua; turarono tutte le sorgenti d’acqua e abbatterono tutti gli alberi buoni. Di Kir-Hareseth rimanevano soltanto le pietre, ma i frombolieri la circondarono e l’attaccarono. Il re di Moab, vedendo che la battaglia era troppo forte per lui, prese con sé settecento uomini che brandivano la spada, per aprirsi un varco fino al re di Edom; ma non poterono. Allora prese il suo figlio primogenito, che avrebbe dovuto regnare al suo posto, e l’offerse in olocausto sopra le mura. Vi fu allora grande indignazione contro quei d’Israele, che si allontanarono da lui e ritornarono al loro paese. Una donna, moglie di un discepolo dei profeti, gridò a Eliseo, dicendo: »Il tuo servo, mio marito, è morto, e tu sai che il tuo servo temeva l’Eterno; ora il creditore è venuto a prendersi i miei due figli per farli suoi schiavi«. Eliseo le disse: »Che cosa devo fare per te? Dimmi, che cosa hai in casa?« Ella rispose: »La tua serva in casa non ha altro che un vasetto d’olio«. Allora egli disse: »Va’ e chiedi in prestito a tutti i tuoi vicini dei vasi vuoti, e non chiederne pochi. Quando sei rientrata, chiudi la porta dietro di te e dei tuoi figli, poi versa l’olio in tutti quei vasi mettendoli da parte man mano che saranno pieni«. Ella dunque si allontanò da lui e chiuse la porta dietro di sé e dei suoi figli; questi le portavano i vasi ed ella vi versava l’olio. Quando i vasi furono pieni, ella disse a suo figlio: »Portami ancora un vaso«. Ma egli le rispose: »Non ci sono piú vasi«. E l’olio si fermò. Allora essa andò a riferire la cosa all’uomo di DIO, che le disse: »Va’ a vendere l’olio e paga il tuo debito; con quel che resta vivrete tu e i tuoi figli«. Or avvenne che un giorno Eliseo andò a Shunem, dove abitava una donna facoltosa, e questa lo costrinse a prendere un po’ di cibo. Cosí, tutte le volte che passava di là, si recava a mangiare da lei. Ella disse a suo marito: »Ecco, io sono certa che colui che passa sempre da noi è un santo uomo di DIO. Ti prego, facciamo una piccola stanza in muratura al piano di sopra e mettiamoci per lui un letto, un tavolo, una sedia e un candeliere, cosí quando verrà da noi, vi si potrà ritirare«. Un giorno che Eliseo passava di là, si ritirò nella stanza di sopra e vi si coricò. Poi disse a Ghehazi, suo servo: »Chiama questa Shunamita«. Egli la chiamò ed ella si presentò davanti a lui. Eliseo disse quindi al suo servo: »Or dille cosí: »Ecco, tu hai avuto per noi tutta questa premura; cosa posso fare per te? Vuoi che dica qualcosa a nome tuo al re o al capo dell’esercito?««. Ella rispose: »Io vivo in mezzo al mio popolo«. Allora Eliseo disse: »Cosa posso dunque fare per lei?«. Ghehazi rispose: »A dire il vero, lei non ha figli e suo marito è vecchio«. Eliseo gli disse: »Chiamala!«. Egli la chiamò, ed ella si fermò sulla porta. Allora Eliseo le disse: »In questa stagione, l’anno prossimo, tu abbraccerai un figlio«. Ella rispose: »No, mio signore; o uomo di DIO, non ingannare la tua serva!«. La donna concepí e partorí un figlio, l’anno seguente in quella stessa stagione, come Eliseo le aveva detto. Ora il bambino crebbe; un giorno che era andato da suo padre con i mietitori, disse a suo padre: »La mia testa, la mia testa!«. Il padre ordinò al suo servo: »Portalo da sua madre!«. Questi lo prese e lo portò da sua madre. Il fanciullo rimase sulle ginocchia di lei fino a mezzogiorno, poi morí. Allora ella salí, lo adagiò sul letto dell’uomo di DIO, chiuse la porta dietro di lui ed uscí. Poi chiamò suo marito e gli disse: »Ti prego, mandami uno dei servi e un’asina; corro dall’uomo di DIO e torno«. Egli le domandò: »Perché vuoi andare da lui proprio oggi? Non è il novilunio e neppure sabato«. Ella rispose: »Andrà tutto bene!«. Poi fece sellare l’asina e ordinò al suo servo: »Conducimi e va’ avanti, non rallentare il passo per me, a meno che te lo ordini«. Cosí ella partí e si recò dall’uomo di DIO, sul monte Karmel. Non appena l’uomo di DIO la vide da lontano, disse a Ghehazi, suo servo: »Ecco la Shunamita! Ti prego, corri ad incontrarla e dille: »Stai bene? Sta bene tuo marito? E il fanciullo sta bene?««. Ella rispose: »Stanno bene«. Quando giunse dall’uomo di DIO sul monte, gli abbracciò i piedi. Ghehazi si avvicinò per allontanarla, ma l’uomo di DIO disse: »Lasciala stare, perché la sua anima è amareggiata, e l’Eterno me l’ha nascosto e non me l’ha rivelato«. Ella disse: »Avevo forse chiesto al mio signore un figlio? Non ti avevo forse detto: »Non m’ingannare«?«. Allora Eliseo disse a Ghehazi: »Cingiti i lombi, prendi in mano il mio bastone e parti. Se incontri qualcuno, non salutarlo"; e se qualcuno ti saluta non rispondergli; poserai il mio bastone sulla faccia del fanciullo«. La madre del fanciullo disse a Eliseo »Com’è vero che l’Eterno vive e che tu pure vivi, io non ti lascerò«. Cosí Eliseo si levo e la seguí. Or Ghehazi li aveva preceduti e aveva posto il bastone sulla faccia del fanciullo, ma non ci fu né voce né risposta. Perciò egli tornò incontro ad Eliseo e gli riferí la cosa, dicendo: »Il fanciullo non si è svegliato«. Quando Eliseo entrò in casa, vide il fanciullo morto e sdraiato sul suo letto. Egli allora entrò, chiuse la porta dietro loro due e pregò l’Eterno. Poi salí sul letto e si coricò sul fanciullo; pose la propria bocca sulla sua bocca, i propri occhi sui suoi occhi, le proprie mani sulle sue mani; si distese sopra di lui e la carne del fanciullo si riscaldò. Quindi Eliseo si tirò indietro e andò qua e là per la casa; poi salí di nuovo e si distese sopra il fanciullo; il fanciullo starnutí sette volte ed aperse gli occhi. Allora egli chiamò Ghehazi e gli disse: »Chiama questa Shunamita«. Egli la chiamò quando ella giunse da Eliseo, questi le disse: »Prendi tuo figlio«. Cosí ella entrò e gli si gettò ai piedi, prostrandosi fino a terra; poi prese suo figlio ed uscí. Poi Eliseo tornò a Ghilgal; or c’era carestia nel paese. Mentre i discepoli dei profeti erano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: »Metti sul, fuoco la pentola grande e fa’ cuocere una minestra per i discepoli dei profeti«. Uno di essi, che era uscito nei campi per cogliere delle erbe, trovò una pianta rampicante selvatica, da cui raccolse delle coloquintidi, e ne riempí la veste; quindi ritornò e le tagliò a pezzi nella pentola della minestra, benché non sapessero che cosa fossero. Poi versarono la minestra agli uomini perché mangiassero; come essi l’assaggiarono, esclamarono: »C’è la morte nella pentola, o uomo di DIO«, e non ne poterono mangiare. Eliseo allora ordinò: »Portatemi della farina!«. La gettò nella pentola, poi disse: »Versatene alla gente perché ne mangi«. E non c’era piú nulla di cattivo nella pentola. Giunse poi un uomo da Baal-Shalisha, che portò all’uomo di DIO del pane delle primizie: venti pani d’orzo e alcune spighe di frumento nel loro guscio. Eliseo disse: »Dallo alla gente perché ne mangi«. Ma il suo servo rispose: »Come posso mettere questo davanti a cento persone?«. Eliseo ordinò nuovamente: »Dallo alla gente perché ne mangi, poiché cosí dice l’Eterno: »Mangeranno e ne avanzerà««. Cosí egli lo pose davanti alla gente, che mangiò e ne avanzò, secondo la parola dell’Eterno. Or Naaman, capo dell’esercito del re di Siria, era un uomo grande e altamente stimato agli occhi del suo signore, perché per mezzo suo l’Eterno aveva dato vittoria alla Siria; ma quest’uomo forte e valoroso era lebbroso. Or alcune bande di Siri in una razzìa avevano portato via come prigioniera dal paese d’Israele una piccola fanciulla, che era finita al servizio della moglie di Naaman. Ella disse alla sua padrona: »Se il mio signore potesse andare dal profeta che è in Samaria, certamente egli lo libererebbe dalla sua lebbra!«. Così Naaman andò dal suo signore e gli riferí la cosa, dicendo: »La fanciulla del paese d’Israele ha detto cosí e cosí«. Allora il re di Siria disse: »Va’ pure io manderò una lettera al re d’Israele«. Egli dunque partí, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci cambi di vesti. Portò quindi al re d’Israele la lettera che diceva: »Quando ti giungerà questa lettera, sappi che ti mando il mio servo Naaman, perché lo guarisca dalla sua lebbra«. Dopo aver letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti e disse »Sono io DIO, col potere di far morire e vivere, che costui mi manda un uomo perché lo guarisca dalla sua lebbra? Perciò state ora a vedere che egli cerca pretesti contro di me«. Quando Eliseo, l’uomo di DIO, seppe che il re d’Israele si era stracciato le vesti, mandò a dire al re: »Perché ti sei stracciato le vesti? Costui venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele« Cosí Naaman venne con i suoi cavalli e i suoi carri e si fermò alla porta della casa di Eliseo. Allora Eliseo gli inviò un messaggero a dirgli: »Va’ a lavarti sette volte nel Giordano, e la tua carne tornerà come prima e sarai mondato«. Ma Naaman si adirò e se ne andò dicendo: »Ecco, io pensavo: »Egli uscirà certamente incontro a me, si fermerà, invocherà il nome dell’Eterno, il suo DIO, agiterà la mano sulla parte malata e mi guarirà dalla lebbra«. I fiumi di Damasco, l’Abanah e il Farpar, non sono forse migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei lavarmi in quelli ed essere mondato?«. Cosí si voltò e se ne andò tutto infuriato. Ma i suoi servi gli si avvicinarono e gli parlarono, dicendo: »Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una grande cosa, non l’avresti fatta? Tanto piú ora che ti ha detto: »Lavati e sarai mondato««. Allora egli scese e si immerse sette volte nel Giordano, secondo la parola dell’uomo di DIO; la sua carne tornò come la carne di un piccolo fanciullo e fu mondato. Poi tornò con tutto il suo seguito dall’uomo di DIO, andò a presentarsi davanti a lui e disse: »Ecco, ora riconosco che non c’è alcun DIO in tutta la terra, se non in Israele. Perciò ora, ti prego, accetta un dono dal tuo servo«. Ma egli rispose: »Com’è vero che vive l’Eterno alla cui presenza io sto, non accetterò nulla«. Naaman insisteva con lui perché accettasse, ma egli rifiutò. Allora Naaman disse: »Poiché non vuoi, permetti che sia data al tuo servo tanta terra quanta ne portano due muli, perché il tuo servo non offrirà piú olocausti e sacrifici ad altri dèi, ma solo all ‘Eterno. Tuttavia l’Eterno perdoni il tuo servo per questa cosa: quando il mio signore si reca nel tempio di Rimmon; per farvi adorazione e si appoggia al mio braccio, se anch’io mi prostro nel tempio di Rimmon; voglia l’Eterno perdonare il tuo servo per questa cosa, quando io mi prostrerò nel tempio di Rimmon«. Il profeta gli disse: »Va’ in pace!«. Cosí partì da lui e fece un buon tratto di strada. Ma Ghehazi, servo di Eliseo, uomo di DIO, disse fra sé: »Ecco, il mio signore ha usato troppa gentilezza con Naaman, questo Siro, non accettando dalla sua mano ciò che egli aveva portato; com’è vero che l’Eterno vive, gli correrò dietro e prenderò da lui qualcosa«. Così Ghehazi inseguí Naaman quando Naaman vide che gli correva dietro, saltò giú dal carro per andargli incontro e gli disse: »Va tutto bene?«. Quegli rispose: »Tutto bene, Il mio signore mi manda a dirti: »Ecco, proprio ora sono giunti da me dalla regione montuosa di Efraim, due giovani dei discepoli dei profeti; ti prego, da’ loro un talento d’argento e due cambi di vesti««. Allora Naaman disse: »Ti prego, accetta due talenti!«, e insistette con lui. Legò quindi due talenti d’argento in due sacchi con due cambi di vesti e li consegnò a due dei suoi servi, che li portarono davanti a lui. Giunto alla collina, prese i sacchi dalle loro mani, li ripose nella casa, poi rimandò indietro gli uomini, che se ne andarono. Andò quindi a presentarsi davanti al suo signore. Eliseo gli disse: »Dove sei andato, Ghehazi?«. Questi rispose: »Il tuo servo non è andato in nessun luogo«. Ma Eliseo gli disse: »Il mio spirito non ti aveva forse seguito, quando quell’uomo è tornato indietro dal suo carro per venirti incontro? E’ forse questo il momento di prender denaro, di prendere vesti, uliveti e vigne, pecore e buoi, servi e serve? La lebbra di Naaman si attaccherà perciò a te e alla tua discendenza per sempre«. Cosí Ghehazi uscí dalla presenza di Eliseo tutto lebbroso, bianco come la neve. I discepoli dei profeti dissero ad Eliseo: »Ecco, il luogo nel quale noi abitiamo con te è troppo piccolo per noi. Lasciaci andare fino al Giordano; là ciascuno di noi prenderà una trave e là ci faremo un luogo per abitarvi«. Eliseo rispose: »Andate«. Uno di loro disse: »Ti prego, degnati di venire con i tuoi servi«. Egli rispose: »Verrò«. Cosí andò con loro. Giunti al Giordano, si misero a tagliare alcuni alberi. Mentre uno abbatteva un tronco, il ferro della scure gli cadde nell’acqua. Egli si mise quindi a gridare e disse: »Ah, mio signore, questo l’avevo preso in prestito«. L’uomo di DIO domandò: »Dov’è caduto?«. Egli indicò a lui il posto. Allora Eliseo tagliò un pezzo di legno, lo getto in quel punto e fece venire a galla il ferro. Poi disse: »Prendilo«. Cosí egli stese la mano e lo prese. Mentre il re di Siria era in guerra contro Israele, consultandosi con i suoi servi, disse: »Il mio accampamento sarà nel tal posto«. Allora l’uomo di DIO mandò a dire al re d’Israele: »Guardati dal trascurare quel tal luogo, perchè vi stanno scendendo i Siri«. Perciò il re d’Israele mandò gente verso il luogo che l’uomo di DIO gli aveva indicato e di cui l’aveva messo in guardia. Cosí egli mantenne in quel luogo vigilanza; e ciò avvenne non una o due volte soltanto. Molto turbato in cuor suo per questa cosa, il re di Siria convocò i suoi servi e disse loro: »Non sapete dirmi chi dei nostri parteggia per il re d’Israele?«. Uno dei suoi servi rispose: »Nessuno, o re mio signore, ma Eliseo, il profeta che è in Israele, fa sapere al re d’Israele perfino le parole che tu dici nella camera da letto«. Allora il re disse: »Andate a vedere dove si trova, perché lo possa mandare a prendere«. Gli fu riferito: »Ecco, si trova a Dothan«. Cosí il re vi mandò cavalli, carri e un grande esercito; essi giunsero di notte e circondarono la città. L’indomani il servo dell’uomo di DIO si alzò al mattino presto e uscí? ed ecco, la città era circondata da un esercito con cavalli e cavalieri. Allora il suo servo gli disse: »Ah, cosa faremo, mio signore?«. Egli rispose: »Non temere, perché quelli che sono con noi, sono piú numerosi di quelli che sono con loro«. Poi Eliseo pregò e disse: »O Eterno, ti prego, apri i suoi occhi, perché possa vedere«. L’Eterno allora aperse gli occhi del giovane e questi vide; ed ecco il monte era pieno di cavalli e di carri di fuoco, tutt’intorno ad Eliseo. Come i Siri scendevano verso Eliseo, questi pregò l’Eterno e disse: »Ti prego, colpisci questa gente di cecità« Ed egli li accecò, secondo la parola d’Eliseo. Allora Eliseo disse loro: »Non è questa la strada e non è questa la città: seguitemi e io vi condurrò dall’uomo che cercate«. Quindi li condusse a Samaria. Quando giunsero a Samaria, Eliseo disse: »O Eterno, apri loro gli occhi, perché vedano«. L’Eterno aperse loro gli occhi ed essi videro; ed ecco, si trovavano dentro Samaria. Quando il re d’Israele li vide, disse ad Eliseo: »Padre mio, li devo uccidere? Li devo uccidere?«. Egli rispose: »Non ucciderli! Uccideresti forse quelli che hai fatto prigionieri con la tua spada e col tuo arco? Metti loro davanti pane e acqua, affinché mangino e bevano e poi ritornino dal loro signore«. Allora egli preparò per loro un grande banchetto. Dopo che ebbero mangiato e bevuto, li congedò, ed essi ritornarono dal loro signore. Cosí le bande dei Siri, non vennero piú a fare incursioni nel territorio d’Israele. Dopo queste cose avvenne che Ben-Hadad, re di Siria, radunò tutto il suo esercito e salí contro Samaria per stringerla d’assedio. Or ci fu una grande carestia in Samaria; e i Siri la tennero assediata a tal punto che una testa d’asino era venduta per ottanta sicli d’argento e il quarto di un kab di sterco di colombi per cinque sicli d’argento. Mentre il re d’Israele passava sulle mura, una donna gli gridò e disse: »Aiuto, o re, mio signore!«. Egli le rispose: »Se non ti aiuta l’Eterno, dove posso io trovare aiuto per te? Forse con i prodotti dell’aia o del torchio?«. Poi il re aggiunse: »Che cos’hai?« Ella rispose: »Questa donna mi ha detto »Dammi tuo figlio perché lo mangiamo oggi; mio figlio lo mangeremo domani«. Cosí abbiamo fatto cuocere mio figlio e l’abbiamo mangiato. Il giorno seguente io le ho detto: »Dammi tuo figlio perché lo mangiamo«. Ma essa ha nascosto suo figlio«. Quando il re udí le parole della donna, si stracciò le vesti. Mentre passava sulle mura, il popolo guardò, ed ecco sotto egli portava un cilicio sulla carne. Allora il re disse: »DIO mi faccia questo e anche peggio, se oggi la testa di Eliseo, figlio di Shafat, resterà ancora sulle sue spalle!«. Or Eliseo se ne stava seduto in casa sua, e con lui sedevano gli anziani. Il re mandò davanti a sé un uomo, prima però che il messaggero giungesse da lui egli disse agli anziani: »Vedete che questo figlio di un assassino ha mandato qualcuno a tagliarmi la testa? Fate attenzione, quando il messaggero arriva, chiudete la porta e tenetelo fermo alla porta. Non si sente forse dietro di lui il rumore dei passi del suo signore?«. Mentre egli stava ancora parlando con loro, ecco scendere da lui il messaggero. Il re allora disse: »Ecco questa calamità viene dall’Eterno; cosa potrei ancora io sperare dall’Eterno?«. Allora Eliseo disse: »Ascoltate la parola dell’Eterno! Cosí dice l’Eterno: »Domani, a quest’ora, alla porta di Samaria una misura di fior di farina costerà un siclo e due misure di orzo costeranno pure un siclo««. Ma il capitano, sul cui braccio il re si appoggiava, rispose all’uomo di DIO: »Ecco, anche se l’Eterno facesse delle finestre in cielo, avverrà mai una cosa del genere?«. Eliseo rispose: »Ebbene, lo vedrai con i tuoi, stessi occhi, ma non ne mangerai«. Or c’erano quattro lebbrosi all’ingresso della porta, i quali dissero tra di loro »Perché stiamo seduti qui aspettando di morire? Se diciamo: »Entriamo in città«, in città c’è la fame e vi moriremo; se restiamo qui, moriremo ugualmente. Or dunque venite, andiamo a presentarci nell’accampamento dei Siri; se ci lasceranno vivere, vivremo; se ci daranno la morte, moriremo«. Al crepuscolo si alzarono per andare all’accampamento dei Siri; come giunsero all’estremità dell’accampamento dei Siri ecco che non c’era nessuno. Il Signore infatti aveva fatto udire all’esercito dei Siri un rumore di carri e un rumore di cavalli, il rumore di un grande esercito, ed essi si erano detti l’un l’altro: »Ecco, il re d’Israele ha assoldato contro di noi i re degli Hittei e i re degli Egiziani per assalirci«. Perciò essi, al crepuscolo, si erano levati ed erano fuggiti abbandonando le loro tende, i loro cavalli e i loro asini, l’intero accampamento cosí com’era erano cosí fuggiti per salvare la loro vita. Giunti all’estremità dell’accampamento, quei lebbrosi entrarono in una tenda, e mangiarono e bevvero; poi portarono via argento, oro e vesti e andarono a nasconderli. Quindi ritornarono e entrarono in un’altra tenda; anche di là portarono via varie cose e andarono a nasconderle. Ma poi dissero fra di loro: »Non facciamo bene cosí; questo è un giorno di buone novelle, ma noi ce ne stiamo zitti. Se aspettiamo fino alla luce del mattino ci potrebbe venire addosso un castigo. Perciò ora sbrighiamoci e andiamo ad informare la casa del re«. Cosí andarono e chiamarono i guardiani della città, e li informarono della cosa, dicendo: »Siamo andati all’accampamento dei Siri, ed ecco non c’era nessuno né si sentiva voce d’uomo; ma c’erano soltanto i cavalli e gli asini legati e le tende intatte«. Allora i guardiani chiamarono e fecero giungere la notizia all’interno della casa del re. Cosí il re si levò di notte e disse ai suoi servi: »Vi dirò io quel che ci hanno fatto i Siri. Sapendo che noi siamo affamati sono usciti dall’accampamento per nascondersi nella campagna, dicendo: »Come usciranno dalla città, li prenderemo vivi e poi entreremo nella città«« Uno dei suoi servi gli rispose: »Ti prego, lascia che alcuni uomini prendano cinque dei cavalli che ancora rimangono in città. Ecco, essi saranno al massimo come tutta la moltitudine d’Israele che è rimasta in città, oppure saranno come la moltitudine d’Israele che è già perita, e mandiamoli a vedere«. Presero dunque due carri con i loro cavalli e il re li mandò in traccia dell’esercito dei Siri, dicendo: »Andate e vedete«. Cosí essi andarono dietro a loro fino al Giordano; ed ecco, tutta la strada era cosparsa di vesti e di armi che i Siri avevano gettato via nella loro fuga precipitosa. I messaggeri quindi tornarono e riferirono la cosa al re. Allora il popolo uscí fuori e saccheggiò l’accampamento dei Siri; una misura di fior di farina costava un siclo, e due misure d’orzo costavano pure un siclo, secondo la parola dell’Eterno. Il re aveva messo a guardia della porta il capitano al cui braccio egli si appoggiava; ma il popolo lo calpestò presso la porta, ed egli morí, come aveva detto l’uomo di Dio, quando parlò al re che era sceso a trovarlo. Cosí avvenne come aveva parlato l’uomo di DIO al re, dicendo: »Domani a quest’ora, alla porta di Samaria due misure di orzo costeranno un siclo e una misura di fior di farina costerà pure un siclo«. ll capitano aveva quindi risposto all’uomo di DIO e gli aveva detto: »Ecco, anche se l’Eterno facesse delle finestre in cielo, avverrà mai una cosa del genere?«. Eliseo gli aveva allora risposto: »Ebbene, lo vedrai con i tuoi stessi occhi, ma non ne mangerai«. Gli capitò proprio questo: il popolo lo calpestò presso la porta ed egli morí. Or Eliseo disse alla donna di cui aveva risuscitato il figlio: »Lèvati e vattene, tu con la tua famiglia, a risiedere fuori dove ti sarà possibile, perché l’Eterno ha decretato la carestia, la quale verrà sul paese per sette anni«. Cosí la donna si levò e fece secondo la parola dell’uomo di DIO; se ne andò con la sua famiglia e risiedè nel paese dei Filistei per sette anni. Trascorsi i sette anni, la donna tornò dal paese dei Filistei e andò dal re a reclamare la sua casa e le sue terre. Or il re stava parlando con Ghehazi, servo dell’uomo di DIO, e gli diceva: »Raccontami, ti prego, tutte le grandi cose fatte da Eliseo«. Ora, proprio mentre egli raccontava al re come Eliseo aveva risuscitato il morto, ecco presentarsi la donna a cui egli aveva risuscitato il figlio per reclamare dal re la sua casa e le sue terre. Ghehazi allora disse: »O re, mio signore, questa è la donna e questo è suo figlio che Eliseo ha risuscitato«. Il re interrogò la donna ed essa gli raccontò il fatto; allora il re l’affidò a un funzionario, al quale disse: »Restituiscile tutto ciò che le appartiene e tutte le rendite delle terre, dal giorno in cui ella lasciò il paese fino ad ora«. Poi Eliseo si recò a Damasco. Ben-Hadad, re di Siria, era ammalato e gli fu riferito: »L’uomo di DIO è venuto fin qui«. Allora il re disse ad Hazael: »Prendi con te un dono e va’ incontro all’uomo di DIO, e consulta per mezzo di lui l’Eterno, dicendo: »Guarirò da questa malattia?««. Cosí Hazael andò incontro a Eliseo portando con sé in dono le migliori cose di Damasco: un carico di quaranta cammelli. Egli quindi andò, si presentò a lui e gli disse: »Il tuo figlio Ben-Hadad, re di Siria, mi ha mandato da te per domandarti, dicendo: »Guarirò da questa malattia?««. Eliseo gli rispose: »Vagli a dire: »Guarirai sicuramente«. Ma l’Eterno mi ha fatto vedere che certamente egli morirà«. Poi egli irrigidí il suo volto con uno sguardo fisso fino ad arrossire; quindi l’uomo di DIO pianse. Allora Hazael domandò: »Perché piange il mio signore?«. Egli rispose: »Perché so il male che tu farai ai figli d’Israele: tu darai alle fiamme le loro fortezze, ucciderai i loro giovani con la spada, sfracellerai i loro bambini e sventrerai le loro donne incinte« Hazael disse: »Ma cos’è mai il tuo servo, un cane, per fare cosí grandi cose?«. Eliseo rispose: »L’Eterno mi ha fatto vedere che tu diventerai re di Siria«. Poi Hazael si allontanò da Eliseo e tornò dal suo signore, che gli chiese: »Che cosa ti ha detto Eliseo?«. Egli rispose: »Mi ha detto che guarirai certamente«. Il giorno dopo Hazael prese una coperta, la immerse nell’acqua e la stese sulla faccia del re che morí. Cosí Hazael regnò al suo posto. Jehoram, re di Giuda. Nel quinto anno di Joram figlio di Achab, re d’Israele, Jehoram figlio di Giosafat, re di Giuda, iniziò a regnare su Giuda. Egli aveva trentadue anni, quando iniziò a regnare, e regnò otto anni in Gerusalemme. Seguí la via dei re d’Israele, come aveva fatto la casa di Achab, perché sua moglie era una figlia di Achab, e fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno. Tuttavia l’Eterno non volle distruggere Giuda, per amore di Davide suo servo, perché aveva promesso di dare a lui e ai suoi figli una lampada per sempre. Durante i giorni del suo regno, Edom si ribellò al potere di Giuda e si diede un re. Allora Joram si recò a Tsair con tutti i suoi carri, poi di notte si levò e sconfisse gli Edomiti che lo avevano accerchiato e i capitani dei carri, mentre la sua gente potè fuggire alle proprie tende. Cosí Edom è stato ribelle al potere di Giuda fino al giorno d’oggi. In quel tempo anche Libnah si ribellò. Il resto delle gesta di Joram e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Cosí Joram si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con i suoi padri nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Achaziah. Nell’anno dodicesimo di Joram, figlio di Achab, re d’Israele, iniziò a regnare Achaziah, figlio di Jehoram, re di Giuda. Achaziah aveva ventidue anni quando iniziò a regnare, e regnò un anno a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Athaliah, nipote di Omri, re d’Israele. Egli seguí la via della casa di Achab e fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come la casa di Achab, perché era imparentato con la casa di Achab. Con Joram, figlio di Achab, egli andò a combattere contro Hazael, re di Siria, a Ramoth di Galaad; ma i Siri ferirono Joram; allora il re Joram tornò a Jezreel per farsi curare delle ferite che aveva ricevute dai Siri a Ramah, mentre combatteva contro Hazael, re di Siria. E Achaziah, figlio di Jehoram re di Giuda, scese a Jezreel a vedere Joram, figlio di Achab, perché questi era malato. Allora il profeta Eliseo chiamò uno dei discepoli dei profeti e gli disse: »Cingiti i lombi, prendi con te questo vasetto di olio e va’ a Ramoth di Galaad. Quando vi sarai arrivato, cerca di vedere Jehu, figlio di Giosafat, figlio di Nimsci; entra, fallo alzare di mezzo ai suoi fratelli e conducilo in una stanza appartata. Prenderai quindi il vasetto dell’olio e lo verserai sul suo capo, dicendo: Cosí dice l’Eterno: »lo ti ungo re d’Israele«. Poi aprirai la porta e fuggirai senza alcun indugio«. Allora il giovane, il servo del profeta, partì per Ramoth di Galaad. Quando vi giunse, trovò i capitani dell’esercito seduti insieme e disse: »Ho un messaggio per te, o capitano«. Jehu chiese: »Per chi di noi?«. Egli rispose: »Per te, capitano«. Allora egli si alzò ed entrò in casa; il giovane allora gli versò l’olio sul capo, dicendogli: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »lo ti ungo re sul popolo dell’Eterno, su Israele. Tu colpirai la casa di Achab, tuo signore, cosí vendicherò il sangue dei profeti miei servi e il sangue di tutti i servi dell’Eterno, sparso per mano di Jezebel. Tutta la casa di Achab perirà, e io sterminerò dalla casa di Achab tutti i maschi, schiavi o liberi, in Israele. Cosí ridurrò la casa di Achab come la casa di Geroboamo, figlio di Nebat, e come la casa di Baasha, figlio di Ahijah I cani divoreranno Jezebel nel campo di Jezreel e non vi sarà alcuno che le darà sepoltura"«. Poi il giovane aperse la porta e fuggí. Quando Jehu uscí dai servi del suo signore, uno gli chiese: »Va tutto bene? Perché quel pazzo è venuto da te?«. Egli rispose loro: »Voi conoscete l’uomo e i suoi discorsi!«. Ma essi dissero: »E’ falso! Orsú, diccelo!«. Jehu rispose: »Egli mi ha detto cosí e cosí. dichiarando: Cosí dice l’Eterno: »lo ti ungo re d’Israele««. Allora essi si affrettarono a prendere ciascuno il proprio mantello e a stenderlo sotto di lui sugli stessi gradini; poi suonarono la tromba e dissero: »Jehu è re!«. Cosí Jehu, figlio di Giosafat, figlio di Nimsci, ordí una congiura contro Joram. (Or Joram, con tutto Israele, stava difendendo Ramoth di Galaad contro Hazael, re di Siria; poi il re Joram era tornato a Jezreel per farsi curare delle ferite che i Siri gli avevano inflitte mentre combatteva contro Hazael re di Siria). Jehu disse: »Se pensate allo stesso modo, nessuno esca o fugga dalla città per andare ad annunciarlo a Jezreel«. Poi Jehu montò sopra un carro e partí per Jezreel perché là giaceva ammalato Joram, e Achaziah, re di Giuda, era sceso per visitare Joram. La sentinella che stava sulla torre di Jezreel scorse la schiera numerosa di Jehu che veniva e disse: »Vedo una schiera numerosa!«. Joram ordinò: »Prendi un cavaliere e mandalo loro incontro per chiedere: »Recate pace?««. Allora un uomo a cavallo gli andò incontro e gli disse: »Cosí chiede il re: »Recate pace?««. Jehu rispose: »Che importa a te della pace? Passa dietro e seguimi«. La sentinella riferí, dicendo: »Il messaggero è giunto da loro, ma non torna indietro«. Allora Joram mandò un secondo cavaliere che, giunto da loro, disse: »Cosí chiede il re: »Recate pace?««. Jehu rispose: »Che importa a te della pace? Passa dietro e seguimi«. La sentinella riferì dicendo: »Il messaggero è giunto da loro, ma non torna indietro. Il suo modo di guidare e quello di Jehu, figlio di Nimsci perché guida all’impazzata«. Allora Joram disse: »Allestite il carro!«. Cosí gli allestirono il carro. Poi Joram, re d’Israele, e Achaziah, re di Giuda, uscirono ciascuno sul proprio carro per andare incontro a Jehu e lo trovarono nel campo di Naboth di Jezreel. Quando Joram vide Jehu, gli disse: »Rechi pace, Jehu?«. Jehu rispose: »Che pace vi può essere finché durano le prostituzioni di tua madre Jezebel e le sue numerose magie?« Allora Joram voltò il carro e fuggí dicendo ad Achaziah: »Tradimento, Achaziah!«. Ma Jehu tese l’arco con tutta la forza e colpí Joram fra le sue spalle; or la freccia gli trapassò il cuore ed egli stramazzò nel suo carro. Poi Jehu disse a Bidkar, suo aiutante: »Piglialo e buttalo nel campo di Naboth di Jezreel perché ricordo, quando tu e io cavalcavamo insieme al seguito di Achab, suo padre, l’Eterno pronunciò contro di lui questo oracolo: "Ieri ho certamente visto il sangue di Naboth e il sangue dei suoi figli," dice l’Eterno, »e io ti ripagherò in questo stesso campo«, dice l’Eterno! Piglialo dunque e buttalo nel campo, secondo la parola dell’Eterno«. Vedendo questo, Achaziah re di Giuda fuggí per la strada della casa del giardino; ma Jehu gli corse dietro e disse: »Tirate anche a lui sul carro!«. E, gli tirarono alla salita di Gur, che è vicino a Ibleam. Ma egli fuggí a Meghiddo, dove morí. Allora i suoi servi lo trasportarono sopra un carro a Gerusalemme, e lo seppellirono nel suo sepolcro assieme ai suoi padri, nella città di Davide. Achaziah aveva cominciato a regnare sopra Giuda nell’undicesimo anno di Joram, figlio di Achab. Quando Jehu giunse a Jezreel, Jeze-bel lo venne a sapere. Allora ella si diede il belletto agli occhi, si acconciò la testa e si mise alla finestra a guardare. Come Jehu entrava per la porta, ella gli disse: »Rechi pace, Zimri, uccisore del tuo signore?«. Jehu alzò gli occhi verso la finestra e disse: »Chi è con me? Chi?«. Due o tre eunuchi si affacciarono guardando verso di lui. Egli disse: »Buttatela giù!«. Essi la buttarono e un po’ del suo sangue schizzò contro il muro e contro i cavalli; e Jehu le passò sopra. Poi entrò, mangiò e bevve; infine disse: »Andate a vedere quella maledetta donna e seppellitela, perché è figlia di re«. Andarono dunque per seppellirla, ma non trovarono di lei altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani. Tornarono cosí a riferire la cosa a Jehu, che disse: »Questa è la parola dell’Eterno pronunciata per mezzo del suo servo Elia il Tishbita, quando disse: »I cani divoreranno la carne di Jezebel nel campo di Jezreel; il cadavere di Jezebel sarà nel campo di Jezreel come letame sulla superficie del suolo; cosí non potranno dire: Qui giace Jezebel"«. Achab in Samaria, aveva settanta figli. Jehu scrisse delle lettere e le mandò a Samaria ai capi della città, agli anzianie ai tutori dei figli di Achab; in esse diceva: »Appena vi giungerà questa lettera, siccome avete con voi i figli del vostro signore e avete carri e cavalli, una città fortificata e le armi, scegliete il figlio migliore e piú adatto del vostro signore, mettetelo sul trono di suo padre e combattete per la casa del vostro signore«. Ma quelli ebbero una grande paura e dissero: »Ecco due re non hanno potuto resistergli; come potremo resistergli noi?«. Perciò il prefetto del palazzo, il governatore della città, gli anziani e i tutori dei figli di Achab mandarono a dire a Jehu: »Noi siamo tuoi servi e faremo tutto quello che ci ordinerai; non eleggeremo re nessuno; fa’ ciò che meglio ti pare« Allora egli scrisse loro una seconda lettera, in cui diceva: »Se siete con me e volete ubbidire alla mia voce, prendete le teste di quegli uomini, dei figli del vostro signore e venite da me a Jezreel, domani a quest’ora«. Ora i figli del re, in numero di settanta, stavano con i nobili della città, che li educavano. Come questi ricevettero la lettera, presero i figli del re e li scannarono tutti e settanta, poi misero le loro teste in ceste e le mandarono a Jehu in Jezreel. Cosí venne un messaggero a riferirgli la cosa, dicendo: »Hanno portato le teste dei figli del re«. Jehu rispose: »Mettetele in due mucchi all’entrata della porta fino a domani mattina«. Il mattino seguente egli uscí e, stando in piedi, disse a tutto il popolo: »Voi siete giusti, ecco, io ho cospirato contro il mio signore e l’ho ucciso, ma chi ha uccisi tutti questi? Riconoscete dunque, che non è caduta a terra neppure una delle parole dell’Eterno che l’Eterno ha pronunciato contro la casa di Achab, l’Eterno infatti ha compiuto ciò che aveva detto per mezzo del suo servo Elia. Cosí Jehu fece morire tutti quelli che erano rimasti della casa di Achab a Jezreel, tutti i suoi grandi i suoi amici e i suoi sacerdoti, senza lasciarne neppure uno. Poi si levò e partí per andare a Samaria. Lungo la strada, giunto a Beth-Eked, Jehu incontrò i fratelli di Achaziah re di Giuda, e disse: »Chi siete?«. Quelli risposero: »Siamo i fratelli di Achaziah, e scendiamo a salutare i figli del re e i figli della regina«. Allora egli ordinò: »Prendeteli vivi!« Cosí li presero vivi e li scannarono presso il pozzo di Beth-Eked, in numero di quarantadue; non ne risparmiò neppure uno Partito di là, trovò Jehonadab, figlio di Rekab, che gli veniva incontro; lo salutò e gli disse: »E il tuo cuore retto come il mio è verso il tuo?«. Jehonadab rispose: »Lo è«. »Se è cosí«. disse Jehu, »dammi la mano«. Allora egli gli diede la mano, cosí lo fece salire con sé sul carro e gli disse: »Vieni con me e vedrai il mio zelo per l’Eterno!«. Quindi lo portò via nel suo carro. Giunto a Samaria, uccise tutti quelli che erano rimasti della casa di Achab in Samaria, fino alla sua completa distruzione, secondo la parola che l’Eterno aveva detto a Elia. Poi Jehu radunò tutto il popolo e gli disse: »Achab ha servito un poco Baal, ma Jehu lo servirà molto di piú. Ora convocate presso di me tutti i profeti di Baal, tutti i suoi servi e tutti i suoi sacerdoti, non ne manchi neppure uno, perché devo fare un grande sacrificio a Baal, chiunque mancherà non sarà lasciato in vita«. Ma Jehu agiva con inganno per distruggere gli adoratori di Baal. Quindi Jehu ordinò: »Proclamate una festa solenne in onore di Baal!«. Cosí la proclamarono. Poi Jehu inviò messaggeri per tutto Israele; cosí tutti gli adoratori di Baal vennero, e non vi fu neppure uno che si astenesse di venire, entrarono nel tempio di Baal, e il tempio di Baal fu ripieno da un capo all’altro. Jehu disse quindi al guardarobiere: »Tira fuori le vesti per tutti gli adoratori di Baal«. Cosí egli tirò fuori le vesti per loro. Allora Jehu, assieme a Jehonadab figlio di Rekab, entrò nel tempio di Baal e disse agli adoratori di Baal: »Cercate bene e guardate che qui con voi non vi sia alcun servo dell’Eterno, ma soltanto adoratori di Baal«. Cosí essi entrarono per offrire sacrifici e olocausti. Ora Jehu aveva appostato fuori del tempio ottanta uomini, ai quali aveva detto: »Se qualcuno lascerà fuggire uno solo degli uomini che metto nelle vostre mani, pagherà con la propria vita la vita di quel tale«. Cosí, appena terminò di compiere l’offerta dell’olocausto, Jehu ordinò alle guardie e ai capitani: »Entrate, uccideteli e non lasciate che alcuno scappi!«. Perciò essi li passarono a fil di spada; poi le guardie e i capitani li buttarono fuori e penetrarono nella parte interna del tempio di Baal; quindi portarono fuori le colonne sacre del tempio di Baal e le bruciarono. Poi demolirono la statua di Baal e demolirono il tempio di Baal, e lo ridussero in un immondezzaio che rimane fino ad oggi. Cosí Jehu fece scomparire Baal da Israele; tuttavia egli non si ritrasse dai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, con i quali aveva fatto peccare Israele, e cioè, dai vitelli d’oro che erano a Bethel e a Dan. L’Eterno quindi disse a Jehu: »Poiché hai agito bene, facendo ciò che è giusto ai miei occhi, e hai fatto alla casa di Achab tutto quello che avevo in cuore, i tuoi figli siederanno sul trono d’Israele fino alla quarta generazione« Ma Jehu non si curò di seguire con tutto il cuore la legge dell’Eterno, il DIO d’Israele; egli infatti non si allontanò dai peccati di Geroboamo, con i quali aveva fatto peccare Israele. In quel tempo l’Eterno cominciò a tagliar via alcune parti da Israele; infatti Hazael sconfisse gl’Israeliti su tutta la loro frontiera: dal Giordano verso oriente, occupò tutto il paese di Galaad, i Gaditi, i Rubeniti e i Manassiti, da Aroer, che è vicino al torrente Arnon, fino a Galaad e Bashan. Il resto delle gesta di Jehu, tutto ciò che fece e tutte le sue prodezze non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Poi Jehu si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono a Samaria. Al suo posto regnò suo figlio Jehoahaz. Il tempo in cui Jehu regnò sopra Israele a Samaria, fu di ventotto anni. Quando Athaliah, madre di Achaziah, vide che suo figlio era morto, si levò e distrusse tutta la discendenza reale. Ma Jehosceba, figlia del re Joram e sorella di Achaziah, prese Joas, figlio di Achaziah, lo trafugò di mezzo ai figli del re che erano uccisi e lo mise con la nutrice nella camera dei letti; cosí lo nascosero ad Athaliah e non fu ucciso. Rimase quindi nascosto con lei per sei anni nella casa dell’Eterno, mentre Athaliah regnava sul paese. Il settimo anno Jehoiada mandò a chiamare i capi di centinaia delle guardie del corpo e delle guardie e li fece venire presso di sé nella casa dell’Eterno; egli stipulò con loro un patto, li fece giurare nella casa dell’Eterno e mostrò loro il figlio del re. Poi ordinò loro, dicendo: »Questo è ciò che voi farete: un terzo di quelli tra di voi che entrano in servizio il giorno di sabato, starà di guardia alla casa del re; un terzo alla porta di Sur e un terzo alla porta dietro le guardie. Voi farete la guardia alla casa, impedendone l’ingresso. Le altre due parti di voi, tutti quelli cioè che escono di servizio il giorno di sabato, staranno di guardia alla casa dell’Eterno attorno al re. Voi vi metterete tutt’intorno al re, ognuno con le sue armi in mano; e chiunque cercherà di penetrare tra le vostre file sia messo a morte. Voi rimarrete col re sia quando esce che quando entra«. Cosí i capi di centinaia fecero esattamente come il sacerdote Jehoiada aveva comandato. Ciascuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio il giorno di sabato e quelli che uscivano di servizio il giorno di sabato, e andarono dal sacerdote Jehoiada. Il sacerdote diede ai capi di centinaia le lance e gli scudi che erano appartenuti al re Davide e che erano nella casa dell’Eterno. Le guardie, ognuna con le sue armi in pugno, si disposero dal lato sud del tempio, fino al lato nord del tempio, vicino all’altare e vicino al tempio, tutt’intorno al re. Poi Jehoiada condusse fuori il figlio del re, gli pose in testa il diadema e gli consegnò la legge. Lo proclamarono re e lo unsero; quindi batterono le mani e esclamarono: »Viva il re!«. Quando Athaliah udí il rumore delle guardie e del popolo, andò verso il popolo nella casa dell’Eterno. Guardò e vide il re in piedi sul palco, secondo l’usanza; i capitani e trombettieri erano accanto al re, mentre tutto il popolo del paese era in festa e suonava le trombe. Allora Athaliah si stracciò le vesti e gridò: »Tradimento, tradimento!«. Ma il sacerdote Jehoiada ordinò ai capi di centinaia, che comandavano l’esercito, e disse loro: »Fatela uscire di mezzo alle file, e chiunque la segue sia ucciso di spada!«. Il sacerdote infatti aveva detto: »Non permettete che sia uccisa nella casa dell’Eterno«. Cosí essi la afferrarono e, come ella giunse alla casa del re per la strada della porta dei cavalli, là fu uccisa. Poi Jehoiada fece un patto tra l’Eterno, il re e il popolo, perché Israele fosse il popolo dell’Eterno; fece pure un patto fra il re e il popolo. Allora tutto il popolo del paese andò al tempio di Baal e lo demolí; fece interamente a pezzi i suoi altari e le sue immagini e uccise davanti agli altari Mattan, sacerdote di Baal, Poi il sacerdote Jehoiada pose delle guardie intorno alla casa dell’Eterno. Quindi prese i capi di centinaia delle guardie del corpo e delle guardie e tutto il popolo del paese; essi fecero scendere il re dalla casa dell’Eterno e, seguendo la strada della porta delle guardie lo condussero alla casa del re, dove egli si sedette sul trono dei re. Cosí il popolo del paese fu in festa e la città rimase tranquilla, perchè avevano ucciso con la spada Athaliah nella casa del re. Joas aveva sette anni quando iniziò a regnare. Nell’anno settimo di Jehu, Joas iniziò a regnare e regnò quaranta anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Tsibiah di Beer-Sceba. Joas fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno per tutto il tempo in cui fu ammaestrato dal sacerdote Jehoiada. Tuttavia gli alti luoghi non vennero rimossi; il popolo continuava a fare sacrifici e a bruciare incenso sugli alti luoghi. Joas disse ai sacerdoti: »Tutto il denaro delle cose consacrate che è portato nella casa dell’Eterno, il denaro messo da parte, il denaro fissato per il proprio riscatto e tutto il denaro che ognuno si sente in cuore di portare alla casa dell’Eterno, i sacerdoti lo ricevano, ognuno dal proprio conoscente, e riparino i guasti del tempio, ovunque i guasti si trovino«. Ma nel ventitreesimo anno del re Joas, i sacerdoti non avevano ancora riparato i guasti del tempio. Allora il re Joas chiamò il sacerdote Jehoiada e gli altri sacerdoti e disse loro: »Perché non avete riparato i guasti del tempio? Perciò ora non prendete piú denaro dai vostri conoscenti, ma datelo per riparare i guasti del tempio«. I sacerdoti acconsentirono a non ricevere piú denaro dal popolo né a riparare i guasti del tempio. Poi il sacerdote Jehoiada prese una cassa, vi fece un buco nel coperchio e la collocò a fianco dell’altare, sul lato destro di chi entra nella casa dell’Eterno; i sacerdoti che custodivano l’ingresso vi mettevano tutto il denaro portato alla casa dell’Eterno. Quando essi vedevano che nella cassa c ‘era molto denaro, venivano il segretario del re e il sommo sacerdote, che mettevano in borse e contavano il denaro trovato nella casa dell’Eterno. Poi consegnavano il denaro che era stato pesato nelle mani di coloro che facevano il lavoro, a cui era affidata la sorveglianza della casa dell’Eterno: e questi lo passavano ai falegnami e ai costruttori che lavoravano alla casa dell’Eterno, ai muratori e ai tagliapietre, per comprare legname e pietre squadrate, necessarie per riparare i guasti della casa dell’Eterno e per tutte le spese fatte per riparare il tempio. Ma con il denaro portato alla casa dell’Eterno non si fecero, per la casa dell’Eterno, né coppe d’argento, né smoccolatoi, né vasi, né trombe, né alcun oggetto d’oro o alcun oggetto d’argento; essi lo davano solo a quelli che facevano i lavori, che lo usavano per restaurare la casa dell’Eterno. Inoltre non si chiedeva alcun conto a coloro nelle cui mani si consegnava il denaro, che doveva essere dato agli esecutori dei lavori, perché agivano con fedeltà. Il denaro dei sacrifici di riparazione e quello dei sacrifici per il peccato non si portava nella casa dell’Eterno, era per i sacerdoti. In quel tempo Hazael, re di Siria, salí a combattere contro Gath e la prese: poi Hazael si accinse a salire contro Gerusalemme. Allora Joas, re di Giuda, prese tutte le cose sacre che i suoi padri Giosafat, Jehoram e Achaziah, re di Giuda, avevano consacrato, quelle consacrate da lui stesso e tutto l’oro che si trovava nei tesori della casa dell’Eterno e della casa del re, e mandò ogni cosa a Hazael, re di Siria, il quale si ritirò da Gerusalemme. Il resto delle gesta di Joas e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? I servi di Joas si sollevarono, ordirono una congiura e lo uccisero nella casa di Millo. sulla discesa verso Silla. Jozakar, figlio di Scimeath, e Jehozabad, figlio di Shomer, suoi servi, lo colpirono ed egli morí. Lo seppellirono quindi con i suoi padri nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Amatsiah. Nell’anno ventitreesimo di Joas, figlio di Achaziah, re di Giuda Jehoahaz, figlio di Jehu, iniziò a regnare sopra Israele in Samaria, e regnò diciassette anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e seguí i peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, con i quali aveva fatto peccare Israele, e non se ne allontanò. Allora l’ira dell’Eterno si accese contro Israele e li diede nelle mani di Hazael, re di Siria, e nelle mani di Ben-Hadad figlio di Hazael, per tutto quel tempo. Ma Jehoahaz implorò l’Eterno e l’ Eterno lo esaudì, perché vide l’oppressione d’Israele e come il re di Siria li opprimeva. Perciò l’Eterno diede un liberatore a Israele, ed essi riuscirono a sottrarsi al potere dei Siri; cosí i figli d’Israele poterono abitare nelle loro tende come nel passato. Tuttavia non si allontanarono dai peccati della casa di Geroboamo con i quali aveva fatto peccare Israele, ma camminarono in essi; perfino l’Ascerah rimase in piedi in Samaria. Di tutte le truppe di Jehoahaz l’Eterno lasciò soltanto cinquanta cavalieri, dieci carri e diecimila fanti, perché il re di Siria li aveva distrutti e li aveva ridotti come la polvere da calpestare. Il resto delle gesta di Jehoahaz, tutto ciò che fece e tutte le sue prodezze non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Cosí Jehoahaz si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in Samaria. Al suo posto regnò suo figlio Joas. Nell’anno trentasettesimo di Joas, re di Giuda, Joas, figlio di Jehoahaz, iniziò a regnare sopra Israele in Samaria, e regnò sedici anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno e non si allontanò dai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, con i quali aveva fatto peccare Israele, ma cammino in essi. Il resto delle gesta di Joas, tutto ciò che fece e il valore con il quale combattè contro Amatsiah re di Giuda, non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Cosí Joas si addormentò con i suoi padri e Geroboamo si sedette sul suo trono. Joas fu quindi sepolto a Samaria con i re d’Israele Vittoria di Joas sopra i Siri Or Eliseo si ammalò di quella malattia di cui doveva morire; perciò Joas re d’Israele, scese a trovarlo e pianse su lui, e, disse: »Padre mio, padre mio, carro d’Israele e sua cavalleria!«. Allora Eliseo gli disse: »Prendi un arco e delle frecce«; egli prese un arco e delle frecce Eliseo disse quindi al re d’Israele: »Impugna l’arco«; egli lo impugnò e Eliseo posò le sue mani sulle mani del re. Poi gli disse: »Apri la finestra verso oriente!«. Egli l’aperse. Allora Eliseo disse: »Tira!«. Egli tirò. Eliseo quindi disse: »La freccia della vittoria dell’Eterno e la freccia della vittoria contro la Siria, perché tu sconfiggerai i Siri in Afek, fino a sterminarli«. Poi disse: »Prendi le frecce!«, ed egli le prese. Eliseo disse quindi al re d’Israele: »Percuoti il suolo«; egli lo percosse tre volte, poi si fermò. Ma l’uomo di DIO si adirò con lui e disse: »Avresti dovuto percuoterlo cinque o sei volte; allora avresti sconfitto i Siri fino a sterminarli; ora invece sconfiggerai i Siri solo tre volte«. Poi Eliseo morí e fu sepolto. All’inizio dell’anno seguente, alcune bande di Moabiti, invasero il paese. Or avvenne che, mentre alcuni seppellivano un uomo, scorsero una banda di razziatori; cosí gettarono l’uomo nel sepolcro di Eliseo. Appena l’uomo giunse a toccare le ossa di Eliseo, risuscitò e si alzò in piedi. Hazael, re di Siria, oppresse Israele durante tutta la vita di Jehoahaz; ma l’Eterno fece loro grazia, ne ebbe compassione e si volse verso di loro a motivo del suo patto con Abrahamo, con Isacco, e con Giacobbe, e per questa volta non volle distruggerli o rigettarli dalla sua presenza. Poi Hazael, re di Siria, morí, e al suo posto regnò suo figlio Ben-Hadad. Allora Joas, figlio di Jehoahaz, riprese dalle mani di Ben-Hadad, figlio di Hazael, le città che egli aveva preso in guerra a Jehoahaz suo padre. Per ben tre volte Joas lo sconfisse e riprese cosí le città d’Israele. Nel secondo anno di Joas figlio di Jehoahaz, re d’Israele, iniziò a regnare Amatsiah, figlio di Joas, re di Giuda. Quando iniziò a regnare aveva venticinque anni, e regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jehoaddan ed era di Gerusalemme. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, ma non come Davide suo padre; fece in tutto come aveva fatto Joas suo padre. Tuttavia gli alti luoghi non vennero rimossi; il popolo continuava a fare sacrifici e a bruciare incenso sugli alti luoghi. Ora, non appena il regno fu saldo nelle sue mani, egli fece morire i suoi servi che avevano ucciso il re suo padre; ma non fece morire i figli degli uccisori, secondo ciò che è scritto nel libro della legge di Mosè, in cui l’Eterno ha comandato, dicendo: »I padri non saranno messi a morte per i figli né i figli saranno messi a morte per i padri; ma ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato« Egli uccise diecimila Idumei nella valle del Sale; e in guerra prese Sela e le diede il nome di Joktheel, che è rimasto fino al giorno d’oggi. Allora Amatsiah inviò messaggeri a Joas figlio di Jehoahaz, figlio di Jehu, re d’Israele, per dirgli: »Vieni, affrontiamoci l’un l’altro in battaglia«. Joas, re d’Israele, mandò a dire ad Amatsiah, re di Giuda: »La spina del Libano mandò a dire al cedro del Libano: »Da’ tua figlia in moglie a mio figlio«. Ma di lí passò una bestia selvaggia del Libano e calpestò la spina. Tu hai sconfitto Edom e il tuo cuore ti ha reso orgoglioso. Gloriati pure, ma resta a casa tua. Perché vorresti provocare una sciagura, mandando in rovina te e Giuda con te?«. Ma Amatsiah non gli diede ascolto. Cosí Joas, re d’Israele, salí; perciò egli ed Amatsiah, re di Giuda, si affrontarono l’un l’altro a Beth-Scemesh, che apparteneva a Giuda. Giuda fu sconfitto da Israele, e ognuno fuggí alla propria tenda. A Beth-Scemesh Joas, re d’Israele, catturò Amatsiah re di Giuda, figlio di Joas, figlio di Achaziah. Poi andò a Gerusalemme e fece una breccia di quattrocento cubiti nelle mura di Gerusalemme, dalla porta di Efraim alla porta dell’Angolo. Inoltre prese tutto l’oro e l’argento e tutti gli oggetti che si trovavano nella casa dell’Eterno e nei tesori della casa del re, insieme con gli ostaggi, e tornò in Samaria. Il resto delle gesta compiute da Joas, il suo valore e come combattè contro Amatsiah re di Giuda, non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Cosí Joas si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in Samaria con i re d’Israele. Al suo posto regnò suo figlio Geroboamo. Amatsiah figlio di Joas, re di Giuda visse ancora quindici anni dopo la morte di Joas figlio di Jehoahaz, re d’Israele. Il resto delle gesta di Amatsiah non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Contro di lui si ordí una congiura a Gerusalemme ed egli fuggí a Lakish; ma lo fecero Inseguire fino a Lakish, dove lo uccisero. Lo trasportarono quindi su cavalli e fu sepolto a Gerusalemme con i suoi padri nella città di Davide. Allora tutto il popolo di Giuda prese Azariah, che aveva allora sedici anni, e lo fece re al posto di suo padre Amatsiah. Dopo che il re si addormentò con i suoi padri egli riedificò Elath e la riconquistò a Giuda. Nel quindicesimo anno di Amatsiah figlio di Joas, re di Giuda, iniziò a regnare a Samaria Geroboamo figlio di Joas, re d’Israele, e regnò quarantun anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno; non si allontanò da nessuno dei peccati di Geroboamo figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele. Egli ristabilí i confini d’Israele dall’ingresso di Hamath al mare dell’Arabah, secondo la parola dell’Eterno, il DIO d’Israele, pronunciata per mezzo del profeta Giona figlio di Amittai, che era di Gath-Hefer. L’Eterno infatti aveva visto che l’afflizione d’Israele era amarissima; non c’era piú né schiavo né libero, e non c’era alcuno che venisse in aiuto a Israele. L’Eterno non aveva ancora detto di cancellare il nome d’Israele di sotto il cielo; perciò li salvò per mezzo di Geroboamo figlio di Joas. Il resto delle gesta di Geroboamo, tutto ciò che fece, il suo valore in guerra e come riconquistò a Israele Damasco e Hamath che erano appartenuti a Giuda non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Cosí Geroboamo si addormentò con i suoi padri, i re d’Israele. Al suo posto regnò suo figlio Zaccaria. Nell’anno ventisettesimo di Geroboamo re d’Israele, iniziò a regnare Azariah figlio di Amatsiah, re di Giuda. Aveva sedici anni quando iniziò a regnare, e regnò cinquantadue anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jekoliah ed era di Gerusalemme. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto Amatsiah suo padre. Tuttavia gli alti luoghi non vennero rimossi; il popolo continuava a fare sacrifici e a bruciare incenso sugli alti luoghi. Poi l’Eterno colpí il re, che fu lebbroso fino al giorno della sua morte e visse in una casa isolata; Jotham, figlio del re, era sovrintendente del palazzo reale e rendeva giustizia al popolo del paese. Il resto delle gesta di Azariah e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Cosí Azariah si addormentò con i suoi padri e lo seppellirono con i suoi padri nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Jotham. Nel trentottesimo anno di Azariah re di Giuda, Zaccaria, figlio di Geroboamo, iniziò a regnare sopra Israele in Samaria, e regnò sei mesi. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come avevano fatto i suoi padri, non si allontanò dai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele. Poi Shallum, figlio di Jabesh, ordì una congiura contro di lui; lo colpí e lo uccise davanti al popolo, e regnò al suo posto. Il resto delle gesta di Zaccaria non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Questa era la parola dell’Eterno che aveva detto a Jehu: »I tuoi figli siederanno sul trono d’Israele fino alla quarta generazione«. E cosí avvenne. Shallum, figlio di Jabesh, cominciò a regnare l’anno trentanovesimo di Uzziah re di Giuda. e regnò un intero mese a Samaria. Quindi Manahem, figlio di Gadi, salì da Tirtsah ed entrò in Samaria; in Samaria colpí Shallum, figlio di Jabesh, lo uccise e regnò al suo posto. Il resto delle gesta di Shallum e la congiura che egli; ordí non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Poi Menahem, partendo da Tirtsah, colpí Tifsah, tutti quelli che vi si trovavano, e il suo territorio, perché non gli aveva aperto le porte; cosí egli la colpí e fece sventrare tutte le donne incinte. Menahem, re d’Israele Nell’anno trentanovesimo del regno di Azariah re di Giuda, Menahem figlio di Gadi, iniziò a regnare sopra Israele, e regnò dieci anni a Samaria. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno; non si allontanò dai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele. Pul, re d’Assiria, venne contro il paese. Allora Menahem diede a Pul mille talenti, d’argento affinché lo aiutasse a consolidare nelle sue mani il regno. Menahem fece pagare quel denaro a Israele, a tutte le persone facoltose, nella misura di cinquanta sicli d’argento a testa, per darlo al re di Assiria. Cosí il re d’Assiria se ne ritornò e non rimase là nel paese. Il resto delle gesta di Menahem e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Cosí Menahem si addormentò con i suoi padri. Al suo posto regnò suo figlio Pekahiah. Nel cinquantesimo anno di Azariah re di Giuda, Pekahiah figlio di Menahem, iniziò a regnare sopra Israele in Samaria, e regnò due anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno; non si allontanò dai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele. Poi Pekah, figlio di Remaliah suo capitano, ordí una congiura contro di lui e lo colpí in Samaria nella torre del palazzo reale, assieme a Argob e Arieh, avendo con sé cinquanta uomini di Galaad. Egli lo uccise e regnò al suo posto. Il resto delle gesta di Pekahiah e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Nell’anno cinquantaduesimo di Aza-riah re di Giuda, Pekah figlio di Remaliah, iniziò a regnare sopra Israele in Samaria, e regnò vent’anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, non si allontanò dai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele. Al tempo di Pekah re d’Israele, venne Tiglath-Pileser re di Assiria e prese Ijon, Abel-Beth-Maakah, Janoah, Kcde-sh, Hatsor, Galaad, la Galilea e tutto il paese di Neftali, e ne deportò gli abitanti in Assiria. Poi Hosea, figlio di Elah ordí una congiura contro Pekah, figlio di Remaliah, lo colpí e lo uccise; cosí regnò al suo posto, l’anno ventesimo del regno di Jotham figlio di Uzziah. Il resto delle gesta di Pekah e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re d’Israele? Nel secondo anno del regno di Pekah figlio di Remaliah, re d’Israele iniziò a regnare Jotham figlio di Uzziah, re di Giuda. Quando iniziò a regnare aveva venti cinque anni, e regnò sedici anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jerusha, figlia di Tsadok. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto Uzziah suo padre. Tuttavia gli alti luoghi non vennero rimossi; il popolo continuava a fare sacrifici e a bruciare incenso sugli alti luoghi. Egli costruí la porta superiore della casa dell’Eterno. Il resto delle gesta di Jotham e tutto ciò che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? In quel tempo l’Eterno cominciò a mandare contro Giuda, Retsin re di Siria, e Pekah, figlio di Remaliah. Cosí Jotham si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con i suoi padri nella città di Davide, suo padre. Al suo posto regnò suo figlio Achaz. Nell’anno diciassettesimo di Pekah, figlio di Remaliah, iniziò a regnare Achaz, figlio di Jotham, re di Giuda. Quando iniziò a regnare, Achaz aveva vent’anni, e regnò sedici anni a Gerusalemme. Egli non fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, suo DIO, come aveva fatto Davide suo padre; ma seguí la via dei re d’Israele e fece perfino passare suo figlio per il fuoco, secondo le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciate davanti ai figli d’Israele. inoltre faceva sacrifici e bruciava incenso sugli alti luoghi, sulle colline e sotto ogni albero verdeggiante. Allora Retsin re di Siria, e Pekah figlio di Remaliah, re d’Israele, salirono per combattere contro Gerusalemme; vi assediarono Achaz, ma non riuscirono a vincerlo. In quel tempo, Retsin, re di Siria, riconquistò Elath alla Siria e scacciò i Giudei da Elath; cosí i Siri, entrarono in Elath e vi sono rimasti fino al giorno d’oggi. Achaz inviò messaggeri a Tiglath-Pileser, re degli Assiri, per dirgli: »lo sono tuo servo e tuo figlio, sali e liberami dalle mani del re di Siria e dalle mani del re d’Israele, che si sono levati contro di me« Achaz prese quindi l’argento e l’oro che si trovava nella casa dell’Eterno e nei tesori del palazzo reale e li mandò in dono al re di Assiria Allora il re di Assiria gli prestò ascolto, quindi il re di Assiria salí contro Damasco, la prese e ne deportò gli abitanti a Kir, e uccise Retsin. Allora il re Achaz andò a Damasco incontro a Tiglath-Pileser, re di Assiria; visto l’altare che era a Damasco, il re Achaz mandò al sacerdote Uria il disegno dell’altare e il suo modello, in tutti i particolari per la sua esecuzione. Cosí il sacerdote Uria costruí un altare, secondo tutto ciò che il re Achaz gli aveva mandato da Damasco; il sacerdote Uria lo costruí prima che il re Achaz tornasse da Damasco. Quando ritornò da Damasco il re vide l’altare il re quindi si avvicinò all’altare e vi offerse sopra sacrifici. Poi vi bruciò il suo olocausto e la sua offerta di cibo e versò la sua libazione e spruzzò sull’altare il sangue dei suoi sacrifici di ringraziamento. Quanto all’altare di bronzo che era davanti all’Eterno, lo rimosse dal suo posto di fronte al tempio tra l’altare e la casa dell’Eterno e lo collocò a nord dell’altare Poi il re Achaz ordinò al sacerdote Uria e disse: »Fa’ fumare sull’altare grande l’olocausto del mattino e l’oblazione di cibo della sera l’olocausto del re e la sua oblazione di cibo, gli olocausti di tutto il popolo del paese e le sue oblazioni di cibo e le sue libazioni; e spruzzerai su di esso tutto il sangue degli olocausti e tutto il sangue dei sacrifici; all’altare di bronzo provvederò io stesso« Cosí il sacerdote Uria fece tutto quello che il re Achaz gli aveva comandato. Il re Achaz rimosse pure i pannelli dei carrelli e ne asportò le bacinelle, tolse giú il mare dai buoi di bronzo che lo reggevano e lo posò sopra un pavimento di pietre. A motivo del re di Assiria, egli rimosse il portico del sabato, che avevano costruito nel tempio, e dalla casa dell’Eterno rimosse pure l’ingresso esterno del re. Il resto delle gesta compiute da Achaz non sta forse scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Cosí Achaz si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con i suoi padri nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Ezechia. Nell’anno dodicesimo di Achaz, re di Giuda. Hosea figlio di Elah, iniziò a regnare sopra Israele in Samaria, e regnò nove anni. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, ma non come i re d’Israele che erano stati prima di lui. Shalmaneser, re di Assiria, salí contro di lui; Hosea divenne quindi suo servo e gli pagò un tributo. Ma il re di Assiria scoprí una congiura in Hosea, perché egli aveva inviato dei messaggeri a So, re d’Egitto, e non portava piú il tributo al re di Assiria come era solito fare ogni anno. Perciò il re di Assiria lo fece imprigionare e lo rinchiuse in carcere. Poi il re di Assiria invase tutto il paese, salí contro Samaria e l’assediò per tre anni. Nell’anno nono di Hosea, il re di Assiria espugnò Samaria, deportò gl’lsraeliti in Assiria e li stabilí in Halah e sull’Habor, fiume di Gozan, e nelle città dei Medi. Questo avvenne perché i figli d’Israele avevano peccato contro l’Eterno, il loro DIO, che li aveva fatti uscire dal paese d’Egitto liberandoli dal potere del Faraone re d’Egitto e avevano riverito altri dèi; essi avevano seguito le usanze delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele e quelle introdotte dai re d’Israele. Inoltre i figli d’Israele avevano fatto in segreto contro l’Eterno, il loro DIO, cose non giuste e si erano costruiti alti luoghi in tutte le loro città, dalle torri di guardia alle città fortificate. Avevano eretto per sé colonne sacre e Ascerim su ogni alto colle e sotto ogni albero verdeggiante; e là, su tutti gli alti luoghi, avevano bruciato incenso, come avevano fatto le nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti a loro, e avevano commesso azioni malvagie, provocando ad ira l’Eterno; avevano inoltre servito gli idoli intorno ai quali l’Eterno aveva loro detto: »Non fate una simile cosa!«. Eppure l’Eterno aveva avvertito Israele e Giuda per mezzo di tutti i profeti e di tutti i veggenti, dicendo: »Tornate indietro dalle vostre vie malvagie e osservate i miei comandamenti e i miei statuti, secondo tutta la legge che io prescrissi ai vostri padri e che ho mandato a voi per mezzo dei miei servi i profeti«. Ma essi non prestarono ascolto e indurirono il loro collo, come l’avevano indurito i loro padri che non ebbero fede nell’Eterno, il loro DIO. E rigettarono i suoi statuti e il patto che egli aveva stabilito con i loro padri e gli avvertimenti che egli aveva loro dato. Perciò seguirono cose vane, diventando fatui essi stessi, e andarono dietro le nazioni che li circondavano, che l’Eterno aveva loro proibito di imitare. Cosí essi abbandonarono tutti i comandamenti dell’Eterno, il loro DIO; si fecero due vitelli di metallo fuso e fecero un’Ascerah e adorarono tutto l’esercito del cielo e servirono Baal, fecero passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie, praticarono la divinazione, interpretarono presagi e si diedero a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno, provocandolo ad ira. Per questo l’Eterno si adirò grandemente contro Israele e lo allontanò dalla sua presenza; non rimase se non la sola tribú di Giuda. Neppure Giuda osservò i comandamenti dell’Eterno, il suo DIO, ma seguí le usanze introdotte da Israele. Perciò l’Eterno rigettò tutta la stirpe d’Israele, li umiliò e li abbandonò in mano dei predoni, finché li scacciò dalla sua presenza. Quando egli strappò Israele dalla casa di Davide, essi proclamarono re Geroboamo, figlio di Nebat: poi Geroboamo distolse Israele dal seguire l’Eterno e gli fece commettere un gran peccato. Cosí i figli d’Israele seguirono tutti i peccati che Geroboamo aveva commesso e non se ne allontanarono. fino a che l’Eterno mandò via Israele dalla sua presenza, come aveva detto per mezzo di tutti i profeti suoi servi; e Israele fu cosí deportato dal suo paese in Assiria, dove si trova fino al giorno d’oggi. Poi il re di Assiria fece venire gente da Babilonia, da Kuthah, da Avva, da Hamath e da Sefarvaim e la stabilí nelle città della Samaria al posto dei figli d’Israele; cosí essi presero possesso della Samaria e abitarono nelle sue città. Ma, all’inizio del loro insediamento colà, essi non temevano l’Eterno; perciò l’Eterno mandò in mezzo a loro dei leoni che uccisero alcuni di loro. Allora dissero al re di Assiria: »Le genti che tu hai trasferito e stabilito nelle città della Samaria non conoscono la legge del DIO del paese; perciò egli ha mandato in mezzo a loro dei leoni che li uccidono, perché essi non conoscono la legge del DIO del paese«. Allora il re di Assiria diede quest’ordine, dicendo: »Fatevi ritornare uno dei sacerdoti che avete deportato di là; egli vada, vi si stabilisca ed insegni loro la legge del DIO del paese«. Così uno dei sacerdoti, che erano stati deportati dalla Samaria, venne a stabilirsi a Bethel e insegnò loro come dovevano temere l’Eterno. Ciò nonostante, tutte quelle nazioni continuarono a fare i propri dèi e li collocarono nei templi degli alti luoghi che i Samaritani avevano costruito, ogni nazione nella città in cui abitava. Quei di Babilonia fecero Sukkoth-Benoth; quelli di Kuth fecero Nergal quelli di Hamath fecero Ascima; quelli di Avva fecero Nibhaz e Tartak e quelli di Sefarvaim bruciavano i loro figli col fuoco in onore di Adrammelek e di Anammelek, dèi di Sefarvaim. Essi temevano l’Eterno, ma si scelsero dei sacerdoti degli alti luoghi provenienti da ogni classe e che offrivano per loro sacrifici nei templi degli alti luoghi. Cosí essi temevano l’Eterno e servivano i loro dèi, secondo le usanze delle quali erano stati deportati. A tutt’oggi essi continuano a seguire le antiche usanze: non temono l’Eterno e non agiscono secondo i suoi statuti e i suoi decreti e neppure secondo la legge e i comandamenti che l’Eterno prescrisse ai figli di Giacobbe, da lui chiamato Israele. Con essi infatti l’Eterno aveva stabilito e aveva loro ordinato: »Non temete altri dèi, non prostratevi davanti a loro, non serviteli e non offrite loro sacrifici, ma temete l’Eterno, che vi ha fatto salire dal paese d’Egitto con grande potenza e con braccio disteso; davanti a lui prostratevi e a lui offrite sacrifici. Abbiate cura di mettere sempre in pratica gli statuti, i decreti, la legge e i comandamenti che egli scrisse per voi; ma non temete altri dèi. Non dimenticate il patto che io ho stabilito con voi e non temete altri dèi; ma temete l’Eterno, il vostro DIO, ed egli vi libererà dalle mani di tutti i vostri nemici«. Essi però non ubbidirono e continuarono invece a seguire le loro antiche usanze. Cosí quelle nazioni temevano l’Eterno e servivano i loro idoli. Anche i loro figli e i figli dei loro figli hanno continuato a fare fino al giorno d’oggi come avevano fatto i loro padri. Nel terzo anno di Hosea, figlio di Elah, re d’Israele, iniziò a regnare Ezechia, figlio di Achaz, re di Giuda. Aveva venticinque anni quando iniziò a regnare, e regnò ventinove anni a Gerusalemme, Sua madre si chiamava Abi, figlia di Zaccaria. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, secondo tutto ciò che aveva fatto Davide suo padre. Rimosse gli alti luoghi, frantumò le colonne sacre, abbattè l’Ascerah e fece a pezzi il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto, perché fino a quel tempo i figli d’Israele gli avevano offerto incenso e lo chiamò Nehushtan. Egli ripose la sua fiducia nell’Eterno, il DIO d’Israele; e dopo di lui, fra tutti i re di Giuda, non ci fu alcuno come lui, né alcuno tra quelli che erano stati prima di lui. Rimase attaccato all’Eterno, non cessò di seguirlo e osservò i comandamenti che l’Eterno aveva prescritto a Mosè. Cosí l’Eterno fu con lui, ed egli riusciva in tutte le sue imprese. Si ribellò al re di Assiria e non gli fu piú soggetto; sconfisse i Filistei fino a Gaza e dove giungeva il loro territorio, dalla torre di guardia alla città fortificata. Il quarto anno del re Ezechia, che era il settimo anno di Hosea, figlio di Elah re d’Israele, Shalmaneser, re di Assiria, salí contro Samaria e la cinse d’assedio. Dopo tre anni, la espugnò; il sesto anno di Ezechia, che era il nono anno di Hosea, re d’Israele, Samaria fu espugnata. Il re di Assiria deportò quindi gl’lsraeliti in Assiria e li stabilí in Halah, e sull’Habor, fiume di Gozan, e nelle città dei Medi, perché non avevano ubbidito alla voce dell’Eterno, il loro DIO, e avevano trasgredito il suo patto; tutto ciò che Mosè, servo dell’Eterno, aveva comandato essi non l’avevano né ascoltato né messo in pratica. Il quattordicesimo anno del re Ezechia, Sennacherib, re di Assiria, salí contro tutte le città fortificate di Giuda e le prese. Allora Ezechia, re di Giuda, mandò a dire al re di Assiria a Lakish: »Ho peccato; ritirati da me, e io accetterò tutto ciò che m’imporrai«. Il re di Assiria impose ad Ezechia, re di Giuda, trecento talenti, d’argento e trenta talenti d’oro. Cosí Ezechia diede tutto l’argento che si trovava nella casa dell’Eterno e nei tesori del palazzo del re. In quel tempo Ezechia staccò dalle porte del tempio, dell’Eterno e dagli stipiti l’oro di cui Ezechia, re di Giuda li aveva rivestiti e lo diede al re di Assiria. Allora il re di Assiria mandò ad Ezechia, da Lakish a Gerusalemme, Tartan, Rabsaris e Rabshakeh con un grande esercito. Essi salirono e giunsero a Gerusalemme. Quando giunsero a Gerusalemme, andarono a fermarsi presso l’acquedotto dello stagno superiore, che è sulla strada del campo del lavandaio. Quando chiamarono il re, uscirono loro incontro Eliakim, figlio di Hilkiah, il prefetto del palazzo. Scebna, il segretario e Joah figlio di Asaf, l’archivista Allora Rabshakeh disse loro: »Andate a dire a Ezechia: Cosí dice il gran re, il re di Assiria: Che fiducia è quella a cui ti affidi? Pensi forse che consiglio e forza per far guerra siano soltanto parole vane? In chi confidi per esserti ribellato a me? Ora ecco, tu confidi sul sostegno di questa canna rotta, che è l’Egitto, che penetra nella mano di chi vi si appoggi e la fora. Tale è appunto il Faraone, re d’Egitto, per tutti quelli che confidano in lui. Forse mi direte: »Noi confidiamo nell’Eterno, il nostro DIO«. Ma non forse quello stesso di cui Ezechia ha rimosso gli alti luoghi e gli altari, dicendo a Giuda e a Gerusalemme: »Voi adorerete soltanto davanti a questo altare a Gerusalemme«? Ora dunque fa’ una scommessa con il mio signore, il re di Assiria! lo ti darò duemila cavalli, se tu sei in grado di procurare i cavalieri che li montino. Come potresti far retrocedere un sol capitano tra i piú piccoli servi del mio signore? Eppure tu confidi nell’Egitto per avere carri e cavalieri. Ora, sono io forse salito senza l’Eterno contro questo luogo per distruggerlo? L’Eterno mi ha detto: »Sali contro questo paese e distruggilo««. Allora Eliakim, figlio di Hilkiah, Scebna e Joah dissero a Rabshakeh: »Ti prego, parla ai tuoi servi in aramaico perché noi lo comprendiamo; ma non parlarci in ebraico, perchè il popolo che è sulle mura ascolta«. Ma Rabshakeh rispose loro: »Il mio signore mi ha forse mandato a dire queste cose al tuo signore e a te, e non piuttosto agli uomini seduti sulle mura, condannati a mangiare i loro escrementi e a bere la loro urina con voi?«. Rabshakeh allora si alzò e gridò a gran voce in ebraico, dicendo: »Udite la parola del gran re, il re di Assiria! Cosí dice il re: »Non v’inganni Ezechia perché egli non potrà liberarvi dalle mie mani; né v’induca Ezechia a confidare nell’Eterno, dicendo: Certamente l’Eterno ci libererà e questa città non sarà data nelle mani del re di Assiria". Non date ascolto ad Ezechia, poiché cosí dice il re di Assiria: »Fate pace con me e arrendetevi a me, e ciascuno di voi mangerà i frutti della sua vigna e del suo fico e berrà l’acqua della sua cisterna, finché io non venga per condurvi in un paese simile al vostro, paese di grano e di vino, paese di pane e di vigne, paese di ulivi, di olio e di miele; e voi vivrete e non morirete". Non date dunque ascolto ad Ezechia che cerca d’ingannarvi, dicendo: »L’Eterno ci libererà.«. Ha qualcuno degli dèi delle genti liberato il proprio paese dalle mani del re di Assiria? Dove sono gli dèi di Hamath e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvaim, di Hena e d’Ivvah? Hanno essi forse liberato Samaria dalle mie mani? Chi fra tutti gli dèi di quei paesi ha liberato il proprio paese dalle mie mani, perché l’Eterno possa liberare Gerusalemme dalle mie mani?«. Ma il popolo tacque e non gli rispose neppure una parola, perché l’ordine del re era: »Non rispondetegli«. Allora Eliakim figlio di Hilkiah, prefetto del palazzo, Scebna il segretario, e Joah figlio di Asaf, l’archivista, andarono da Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole di Rabshakeh. Quando il re Ezechia udí queste cose, si stracciò le vesti, si coprí di sacco ed entrò nella casa dell’Eterno. Quindi mandò Eliakim, prefetto del palazzo, Scebna il segretario e gli anziani dei sacerdoti, coperti di sacco, dal profeta Isaia, figlio di Amots. Essi gli dissero: »Cosí dice Ezechia: »Questo giorno è un giorno di angoscia di castigo e di vergogna, perché i figli stanno per nascere, ma non c’è forza per partorirli. Forse l’Eterno, il tuo DIO, ha udito tutte le parole di Rabshakeh, che il re di Assiria, suo signore, ha mandato a insultare il DIO vivente, e lo castigherà a motivo delle parole che l’Eterno, il tuo DIO ha udito Innalza dunque una preghiera per il residuo che ancora rimane"« Cosí i servi del re Ezechia si recarono da Isaia. E Isaia disse loro: »Questo direte al vostro signore: Cosí dice l’Eterno: »Non aver paura a motivo delle parole che hai udito, con le quali i servi del re di Assiria mi hanno insultato. Ecco, io manderò su di lui uno spirito e, appena avrà udito una certa notizia, ritornerà al suo paese, e nel suo paese io lo farò cadere di spada"«. Cosí Rabshakeh ritornò e trovò il re di Assiria che assediava Libnah, perché aveva saputo che egli era partito da Lakish. Or egli ricevette notizie di Tirhakah, re d’Etiopia, che dicevano: »Ecco, si è mosso per combattere contro di te«. Allora egli mandò di nuovo messaggeri a Ezechia, dicendo: »Parlerete cosí a Ezechia, re di Giuda, dicendo: »Non lasciare che il tuo DIO, nel quale confidi, t’inganni dicendo: Gerusalemme non sarà data nelle mani del re di Assiria. Ecco, tu hai udito ciò che i re di Assiria hanno fatto a tutti i paesi, votandoli alla distruzione. Scamperesti tu soltanto? Hanno forse gli dèi delle nazioni liberato quelli che i miei padri hanno distrutto: Gozan, Haran, Retsef e i figli di Eden che erano a Telassar? Dov’è il re di Hamath, il re di Arpad e il re della città di Sefarvaim, di Hena d’Ivvah?"«. Ezechia prese la lettera dalle man dei messaggeri e la lesse; poi salí alla casa dell’Eterno e la distese davanti all ‘Eterno. Poi Ezechia pregò davanti all’Eterno, dicendo: »O Eterno, DIO d’Israele, che siedi sopra i cherubini, tu sei DIO, tu solo, di tutti i regni della terra. Tu hai fatto i cieli e la terra. Porgi il tuo orecchio, o Eterno, e ascolta; apri i tuoi occhi, o Eterno, e guarda! Ascolta le parole di Sennacherib, che ha mandato quest’uomo per insultare il DIO vivente! E’ vero, o Eterno, che i re di Assiria hanno devastato le nazioni e i loro paesi, e hanno gettato nel fuoco i loro dèi, perché quelli non erano dèi, ma opera delle mani d’uomo, legno e pietra; per questo li hanno distrutti. Ma ora, o Eterno, DIO nostro, salvaci, ti prego, dalle sue mani, affinché tutti i regni della terra sappiano che tu solo, o Eterno, sei DIO«. Allora Isaia, figlio di Amots, mandò a dire a Ezechia: »Cosí parla l’Eterno, il DIO d’Israele: »Ho udito la preghiera che tu mi hai rivolto riguardo a Sennacherib, re di Assiria. Questa è la parola che l’Eterno ha pronunciato contro di lui: La vergine figlia di Sion ti disprezza e si fa beffe di te la figlia di Gerusalemme scuote il capo dietro a te. Chi hai insultato e oltraggiato? Contro chi hai alzato la voce e arrogantemente levato i tuoi occhi? Contro il Santo d’Israele! Per mezzo dei tuoi messaggeri hai insultato il Signore e hai detto: »Con la moltitudine dei miei carri sono salito in cima ai monti, nei recessi del Libano. Abbatterò i suoi cedri piú alti e i suoi cipressi piú belli; giungerò al suo rifugio piú remoto nella parte piú lussureggiante della foresta. Io ho scavato e ho bevuto acque straniere; con la pianta dei miei piedi ho disseccato tutti i fiumi d’Egitto". Non hai forse udito che da lungo tempo ho preparato questo e dai tempi antichi ne ho formato il disegno? E ora ho fatto accadere questo: che tu riducessi in cumuli di rovine città fortificate. Perciò i loro abitanti, privi di forza, erano spaventati e confusi; erano come l’erba dei campi, come l’erbetta verde come l’erba sui tetti, che è bruciata prima che cresca. Ma io conosco il tuo sederti, il tuo uscire e il tuo entrare e anche il tuo infuriarti contro di me. Poiché questo tuo infuriarti contro di me e la tua arroganza sono giunti alle mie orecchie, ti metterò il mio anello alle narici, il mio morso in bocca, e ti farò ritornare per la strada per la quale sei venuto". Questo sarà il segno per te: Quest’anno mangerete ciò che cresce spontaneamente, il secondo anno ciò che nasce dallo stesso, ma il terzo anno seminerete e mieterete, pianterete vigne e ne mangerete il frutto. Il residuo della casa di Giuda che scamperà, continuerà a mettere radici in basso e a fare frutto in alto. Poiché da Gerusalemme, uscirà un residuo e dal monte Sion quelli che sono scampati. Lo zelo dell’Eterno degli eserciti farà questo. Perciò cosí dice l’Eterno riguardo al re di Assiria: »Egli non entrerà in questa città né vi lancerà freccia, non le verrà davanti con scudi né costruirà contro di essa alcun terrapieno. Egli ritornerà per la stessa strada da cui è venuto, e non entrerà in questa città, dice l’Eterno. Io proteggerò questa città per salvarla, per amore di me stesso e per amore di Davide mio servo"«. Quella notte avvenne che l’angelo dell’Eterno uscí e uccise nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini; quando la gente si alzò al mattino, ecco, erano tutti cadaveri. Allora Sennacherib re di Assiria levò le tende, partí e fece ritorno a casa e rimase a Ninive. E avvenne che, mentre egli stava adorando nella casa del suo dio Nisrok, i suoi figli Adrammelek e Sharetser lo uccisero a colpi di spada; poi si rifugiarono nel paese di Ararat. Al suo posto regnò suo figlio Esarhaddon. In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente. Allora il profeta Isaia, figlio di Amots, si recò da lui e gli disse: »Cosí parla l’Eterno: »Metti la tua casa in ordine, perché morirai e non guarirai««. Egli allora voltò la faccia verso la parete e pregò l’Eterno, dicendo: »Ti supplico, o Eterno, ricordati come ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro e ho fatto ciò che è; bene ai tuoi occhi«. Poi Ezechia scoppio in un gran pianto. Isaia non era ancora giunto al cortile centrale che la parola dell’Eterno gli fu rivolta dicendo: »Torna indietro e di’ a Ezechia, principe del mio popolo: »Cosí parla l’Eterno, il DIO di Davide tuo padre: Ho udito la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco, io ti guarisco; nel terzo giorno salirai alla casa dell’Eterno. Aggiungerò alla tua vita quindici anni, libererò te e questa città dalle mani del re di Assiria e proteggerò questa città per amore di me stesso e per amore di Davide mio servo"«. Poi Isaia disse: »Prendete un impiastro di fichi«. Cosí essi lo presero e lo applicarono sull’ulcera, e il re guarí. Or Ezechia disse a Isaia: »Qual è il segno che l’Eterno mi guarirà e che nel terzo giorno salirò alla casa dell’Eterno?«. Isaia allora gli rispose: »Questo è per te il segno da parte dell’Eterno che l’Eterno adempirà la cosa che ha detto: Vuoi che l’ombra avanzi di dieci gradini oppure retroceda di dieci gradini?«. Ezechia rispose: »E facile per l’ombra avanzare di dieci gradini. No! L’ombra retroceda piuttosto di dieci gradini«. Allora il profeta Isaia invocò l’Eterno, che fece retrocedere l’ombra di dieci gradini che essa aveva già percorso sulla scala di Achaz. In quel tempo Berodak-Baladan, figlio di Baladan, re di Babilonia, mandò lettere e un dono a Ezechia, perché aveva sentito che Ezechia era stato ammalato. Ezechia diede udienza agli inviati e mostrò loro tutta la casa del suo tesoro l’argento, l’oro, gli aromi, gli oli finissimi, il suo arsenale e tutto ciò che si trovava nei suoi magazzini. Non ci fu nulla nella sua casa e in tutti i suoi domini che Ezechia non facesse loro vedere. Allora il profeta Isaia si recò dal re Ezechia e gli disse: »Che cosa hanno detto quegli uomini e da dove sono venuti a te?«. Ezechia rispose: »Sono venuti da un paese lontano, da Babilonia«. Isaia disse: »Che cosa hanno visto in casa tua?«. Ezechia rispose: »Hanno visto tutto ciò che si trova in casa mia, non c’è nulla nei miei magazzini che io non abbia fatto loro vedere«. Allora Isaia disse a Ezechia: »Ascolta la parola dell’Eterno: "Ecco, verranno i giorni, quando tutto ciò che si trova in casa tua e tutto ciò che i tuoi padri hanno accumulato fino al giorno d’oggi, sarà portato in Babilonia; nulla sarà lasciato, dice l’Eterno. Inoltre alcuni dei tuoi figli, che saranno usciti da te e che tu avrai generato saranno presi e diventeranno eunuchi nel palazzo del re di Babilonia"«. Ezechia rispose quindi a Isaia: »La parola dell’Eterno che tu hai pronunciato è buona«. Egli infatti pensava: »Non sarà forse una bella cosa, se ci sarà pace e sicurezza durante la mia vita?«. Il resto delle gesta di Ezechia e tutte le sue prodezze, e come egli fece il serbatoio e l’acquedotto, mediante il quale condusse le acque nella città, non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Poi Ezechia si addormentò con i suoi padri, e al suo posto regnò suo figlio Manasse. Manasse aveva dodici anni quando iniziò a regnare, e regnò cinquantacinque anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Heftsibah. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, secondo le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele. Egli ricostruí gli alti luoghi che Ezechia suo padre aveva distrutto, eresse altari a Baal, fece un’Ascerah come aveva fatto Achab, re d’Israele; e adorò tutto l’esercito del cielo e lo serví. Inoltre eresse altari nella casa dell’Eterno, riguardo alla quale l’Eterno aveva detto: »In Gerusalemme porrò il mio nome«. Eresse altari a tutto l’esercito del cielo nei due cortili della casa dell’Eterno. Fece anche passare per il fuoco a suo figlio, praticò la magia e la divinazione e consultò i medium e i maghi. Si diede completamente a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno, provocandolo ad ira. Mise addirittura un’immagine scolpita di Ascerah, che aveva fatto, nel tempio, di cui l’Eterno aveva detto a Davide e a Salomone suo figlio: »In questo tempio e a Gerusalemme, che ho scelto fra tutte le tribú d’Israele, porrò il mio nome per sempre; e non farò piú errare il piede d’Israele lontano dal paese che ho dato ai loro padri, purché essi abbiano cura di mettere in pratica tutto ciò che ho loro comandato e tutta la legge che il mio servo Mosè ha loro prescritto«. Ma essi non ascoltarono, e Manasse li indusse a fare peggio delle nazioni che l’Eterno aveva distrutto davanti ai figli d’Israele. Allora l’Eterno parlò per mezzo dei suoi servi, i profeti, dicendo: »Poiché Manasse, re di Giuda, ha commesso queste abominazioni (ha fatto maggior male di tutto quello fatto dagli Amorei, che furono prima di lui, e mediante i suoi idoli ha pure fatto peccare Giuda), cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: »Ecco, io faccio venire su Gerusalemme e su Giuda una tale sciagura, che chiunque ne sentirà parlare ne avrà entrambe le orecchie rintronate. Stenderò su Gerusalemme la cordicella di misurazione di Samaria e il piombino della casa di Achab, e ripulirò Gerusalemme come si ripulisce un piatto che, una volta ripulito, lo si capovolge. Cosí abbandonerò il residuo della mia eredità e li darò nelle mani dei loro nemici, ed essi diventeranno preda e bottino di tutti i loro nemici, perché hanno fatto ciò che è male ai miei occhi e mi hanno provocato ad ira dal giorno che i loro padri uscirono dall’Egitto fino ad oggi"«. Manasse versò pure moltissimo sangue innocente, fino a riempire Gerusalemme da una estremità all’altra, oltre al suo peccato di far peccare Giuda, facendo ciò che è male agli occhi dell’Eterno. Il resto delle gesta di Manasse, tutto ciò che fece e i peccati che commise, non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Cosí Manasse si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nel giardino del suo palazzo, nel giardino di Uzza. Al suo posto regnò suo figlio Amon. Amon aveva ventidue anni quando iniziò a regnare, e regnò due anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Meshullemeth, figlia di Haruts di Jotbah. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come aveva fatto suo padre Manasse. Seguí interamente la via seguita da suo padre, serví gli idoli che aveva servito suo padre e li adorò. Abbandonò l’Eterno, il DIO dei suoi padri, e non camminò nella via dell’Eterno. Ora i servi di Amon ordirono una congiura contro di lui e uccisero il re nel suo palazzo. Ma il popolo del paese mise a morte tutti quelli che avevano congiurato contro il re Amon e, al suo posto, fece re suo figlio Giosia. Il resto delle gesta compiute da Amon non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Egli fu sepolto nel suo sepolcro, nel giardino di Uzza. Al suo posto regnò suo figlio Giosia. Giosia aveva otto anni quando iniziò a regnare, e regnò trentun anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jedidah, figlia di Adaiah di Botskath. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno e seguí in tutto la via di Davide suo padre, senza deviare né a destra né a sinistra. Nell’anno diciottesimo del re Giosia avvenne che il re mandò nella casa dell’Eterno Shafan, il segretario, figlio di Atsaliah, figlio di Meshullam, dicendo: »Sali dal sommo sacerdote Hilkiah e digli che metta assieme il denaro che è stato portato nella casa dell’Eterno e che i portinai hanno raccolto dal popolo, Lo si consegni nelle mani di coloro che fanno il lavoro, a cui è affidata la sorveglianza della casa dell’Eterno; e questi lo consegnino agli operai che sono nella casa dell’Eterno per riparare i guasti del tempio: ai falegnami, ai costruttori e ai muratori, e per comprare legname e pietre squadrate, necessarie per riparare il tempio. Ma non si chieda loro alcun conto del denaro consegnato nelle loro mani, perché agiscono con fedeltà«. Allora il sommo sacerdote Hilkiah disse a Shafan, il segretario: »Ho trovato nella casa dell’Eterno il libro della legge«. Hilkiah diede quindi il libro a Shafan, che lo lesse. Cosí Shafan, il segretario, andò dal re a riferire la cosa, dicendo: »I tuoi servi hanno raccolto il denaro trovato nel tempio e l’hanno consegnato nelle mani di coloro che fanno il lavoro, a cui è affidata la sorveglianza della casa dell’Eterno«. Inoltre Shafan, il segretario, riferì al re: »Il sacerdote Hilkiah mi ha dato un libro«. E Shafan lo lesse alla presenza del re. Or avvenne che, quando il re udì le parole del libro della legge, si stracciò le vesti. Poi il re ordinò al sacerdote Hilkiah ad Ahikam figlio di Shafan, ad Akbor figlio di Mikaiah, a Shafan il segretario e ad Asaiah servo del re: »Andate a consultare l’Eterno per me, per il popolo e per tutto Giuda, riguardo alle parole di questo libro che è stato trovato; poiché grande è l’ira dell’Eterno che si è accesa contro di noi perché i nostri padri non hanno ubbidito alle parole di questo libro e non hanno agito in conformità a tutto ciò che è scritto per noi«. Allora il sacerdote Hilkiah, Ahikam, Akbor, Shafan e Asaiah andarono dalla profetessa Huldah, moglie di Shallum figlio di Tikvah, figlio di Harhas, il guardarobiere, (ella abitava a Gerusalemme nel secondo quartiere), e parlarono con lei. Ella rispose loro: »Così dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Riferite a colui che vi ha mandati da me: "Cosi dice l’Eterno: Ecco, io farò venire una sciagura su questo luogo e sui suoi abitanti, tutte le parole del libro che il re di Giuda ha letto, perché essi mi hanno abbandonato e hanno bruciato incenso ad altri dèi per provocarmi ad ira con tutte le opere delle loro mani. Perciò la mia ira si è accesa contro questo luogo e non si spegnerà". Ma al re di Giuda che vi ha mandato a consultare l’Eterno, gli direte questo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: riguardo alle parole che tu hai udito, poiché il tuo cuore si è intenerito e ti sei umiliato davanti all’Eterno quando hai udito ciò che ho detto contro questo luogo e contro i suoi abitanti, che sarebbero divenuti una desolazione e una maledizione, e ti sei stracciato le vesti e hai pianto davanti a me, anch’io ti ho ascoltato," dice l’Eterno. "Perciò, ecco, io ti riunirò ai tuoi padri e sarai deposto in pace nel tuo sepolcro; e i tuoi occhi non vedranno tutto il male che io farò venire su questo luogo"«. E quelli riferirono il messaggio al re. Allora il re mandò a far radunare presso di sé tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme. Il re salí quindi alla casa dell’Eterno, e con lui salirono tutti gli uomini di Giuda tutti gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo dal piú piccolo al piu grande; ed egli lesse alla loro presenza tutte le parole del libro del patto, che era stato trovato nella casa dell’Eterno. Poi il re, stando in piedi sul palco, stabilí un patto davanti all’Eterno, impegnandosi a seguire l’Eterno e a osservare i suoi comandamenti, i suoi precetti e i suoi statuti con tutto il cuore e con tutta l’anima, per mettere in pratica le parole di questo patto, scritte in quel libro. Tutto il popolo aderí al patto. Il re comandò quindi al sommo sacerdote Hilkiah, ai sacerdoti del secondo ordine e ai portinai di portare fuori dal tempio dell’Eterno tutti gli oggetti che erano stati fatti per Baal, per Ascerah e per tutto l’esercito del cielo; poi li bruciò fuori di Gerusalemme nei campi del Kidron e portò le loro ceneri a Bethel. Inoltre soppresse i sacerdoti idolatri che i re di Giuda avevano stabilito per bruciare incenso negli alti luoghi nelle città di Giuda e nei dintorni di Gerusalemme, e quelli che bruciavano incenso a Baal, al sole, alla luna, ai segni dello zodiaco e a tutto l’esercito del cielo. Fece portare l’Ascerah dalla casa dell’Eterno fuori di Gerusalemme al torrente Kidron; la bruciò presso il torrente Kidron, la ridusse in cenere e fece gettare le sue ceneri sui sepolcri della gente del popolo. Demolí anche le case degli uomini che si davano alla prostituzione sacra che si trovavano nella casa dell’Eterno, dove le donne tessevano tende per Ascerah. Fece venire tutti i sacerdoti dalle città di Giuda e profanò gli alti luoghi dove i sacerdoti avevano bruciato incenso da Gheba fino Beer-Sceba. Abbattè pure gli alti luoghi delle porte, che erano all’ingresso della porta di Giosuè, governatore della città, e che erano a sinistra di chi entra nella porta della città. Tuttavia i sacerdoti degli alti luoghi non salirono all’altare dell’Eterno a Gerusalemme, ma mangiarono pane azzimo in mezzo ai loro fratelli. Inoltre egli profanò Tofeth che si trova nella valle dei figli di Hinnom affinché nessuno facesse piú passare il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore di Molek. Poi egli rimosse i cavalli che i re di Giuda avevano consacrato al sole all’ingresso della casa dell’Eterno, vicino alla camera dell’eunuco Nethan-Melek, che era nel cortile; e diede alle fiamme i carri del sole. Il re demolí gli altari che erano sulla terrazza della camera superiore di Achaz e che i re di Giuda avevano fatto, e gli altari che Manasse aveva fatto nei due cortili, della casa dell’Eterno, e li fece a pezzi e gettò la loro polvere nel torrente Kidron. Il re profanò pure gli alti luoghi che erano di fronte a Gerusalemme, a sud del monte della corruzione, che Salomone re d’Israele aveva costruito per Ash-toreth, l’abominazione dei Sidoni per Kemosh, l’abominazione di Moab e per Milkom, l’abominazione dei figli di Ammon. Egli fece a pezzi anche le colonne sacre, abbattè gli Ascerim e riempí i loro posti di ossa umane. Abbattè pure l’altare che era a Bethel e l’alto luogo fatto da Geroboamo, figlio di Nebat, che aveva fatto peccare Israele: bruciò l’alto luogo e lo ridusse in polvere, e bruciò l’Ascerah. Come Giosia si voltava, vide i sepolcri che erano là sul monte; allora egli mandò a prelevare le ossa dai sepolcri e le bruciò sull’altare, contaminandolo, secondo la parola dell’Eterno pronunciata dall’uomo di DIO, che aveva annunciato queste cose. Poi disse: »Che monumento è quello che vedo?«. La gente della città gli rispose: »E’ il sepolcro dell’uomo di DIO che venne da Giuda e che proclamò contro l’altare di Bethel queste cose che tu hai fatto«. Egli disse: »Lasciatelo stare; nessuno muova le sue ossa!«. Cosí essi risparmiarono le sue ossa assieme alle ossa del profeta che era venuto da Samaria. Giosia rimosse pure tutti i templi degli alti luoghi che erano nelle città di Samaria e che i re d’Israele avevano fatto per provocare ad ira l’Eterno. Egli fece ad essi esattamente ciò che aveva fatto a Bethel. Immolò sugli altari tutti i sacerdoti degli alti luoghi che erano là e vi bruciò sopra ossa umane. Poi fece ritorno a Gerusalemme. Il re diede a tutto il popolo quest’ordine: »Fate la Pasqua in onore dell’Eterno, il vostro DIO, come sta scritto in questo libro del patto«. Per certo una simile Pasqua non era più stata celebrata dal tempo dei giudici che avevano governato Israele, e neppure in tutto il tempo dei re d’Israele e dei re di Giuda. Ma nel diciottesimo anno del re Giosia questa Pasqua fu celebrata in onore dell’Eterno a Gerusalemme. Giosia eliminò anche i medium e i maghi, le divinità familiari e gli idoli, e tutte le abominazioni che si vedevano nel paese di Giuda e a Gerusalemme, per mettere in pratica le parole della legge, scritte nel libro che il sacerdote Hil-kiah aveva trovato nella casa dell’Eterno. Prima di lui non ci fu alcun re che, come lui, sia ritornato all’Eterno con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutta la sua forza, secondo tutta la legge di Mosè; neppure dopo di lui è sorto alcuno come lui. Tuttavia l’Eterno non acquetò l’ardore della sua grande ira, di cui era acceso contro Giuda, a motivo di tutte le provocazioni con le quali Manasse l’aveva provocato Cosí l’Eterno disse: »Allontanerò anche Giuda dalla mia presenza, come ho allontanato Israele, e rigetterò questa città, Gerusalemme, che io avevo scelto, e il tempio del quale avevo detto: »Là sarà il mio nome««. Il resto delle gesta di Giosia e tutto quello che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Durante il suo regno, il Faraone Neko, re d’Egitto, salí contro il re di Assiria sul fiume Eufrate. Il re Giosia gli marciò contro, ma il Faraone lo uccise a Meghiddo al primo incontro. Allora i suoi servi lo portarono via morto sopra un carro da Meghiddo e lo trasportarono a Gerusalemme dove lo seppellirono nel suo sepolcro. Poi il popolo del paese prese Jehoahaz, figlio di Giosia, lo unse e lo fece re al posto di suo padre. Jehoahaz aveva ventitré anni quando iniziò a regnare, e regnò tre mesi a Gerusalemme. Il nome di sua madre era Hamutal, figlia di Geremia di Libnah. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, in tutto come avevano fatto i suoi padri. Il Faraone Neko lo mise in catene a Riblah, nel paese di Hamath, perché non regnasse piú a Gerusalemme, e impose al paese un tributo di cento talenti d’argento e di un talento d’oro. Poi il Faraone Neko fece re Eliakim, figlio di Giosia, al posto di Giosia suo padre e cambiò il suo nome in quello di Jehoiakim Poi prese Jehoahaz e andò in Egitto, dove morí. Jehoiakim diede al Faraone l’argento e l’oro; ma per pagare il denaro secondo l’ordine del Faraone tassò il paese. Per pagare il Faraone Neko, egli riscosse l’argento e l’oro dal popolo del paese, ciascuno in base alla valutazione dei suoi beni. Jehoiakim aveva venticinque anni quando iniziò a regnare, e regnò undici anni a Gerusalemme. Il nome di sua madre era Zebidah, figlia di Pedaiah di Rumah. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, in tutto come avevano fatto i suoi padri. Durante il suo regno venne Nebukadnetsar, re di Babilonia, e Jehoiakim divenne suo servo per tre anni; poi tornò a ribellarsi contro di lui. Allora l’Eterno mandò contro di lui bande di Caldei, bande di Siri, bande di Moabiti e bande di Ammoniti, le mandò contro Giuda per distruggerlo, secondo la parola dell’Eterno che egli aveva pronunciato per mezzo dei suoi servi i profeti. Questo accadde a Giuda unicamente per comando dell’Eterno, che voleva allontanarlo dalla sua presenza a motivo dei peccati di Manasse, per tutto ciò che aveva fatto, e anche a motivo del sangue innocente da lui versato, perché egli aveva riempito Gerusalemme di sangue innocente. Per questo l’Eterno non volle perdonare. Il resto delle gesta di Jehoiakim e tutto quello che fece non è scritto nel libro delle Cronache dei re di Giuda? Così Jehoiakim si addormentò con i suoi padri, e al suo posto regnò suo figlio Jehoiakin. Or il re d’Egitto non uscí più dal suo paese, perché il re di Babilonia aveva preso tutto ciò che apparteneva al re d’Egitto, dal torrente d’Egitto al fiume Eufrate. Jehoiakin aveva diciotto anni quando iniziò a regnare, e regnò a Gerusalemme tre mesi. Sua madre si chiamava Nehushta, figlia di Elnathan di Gerusalemme. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto suo padre. In quel tempo i servi di Nebukadnetsar, re di Babilonia, salirono contro Gerusalemme, e la città fu stretta d’assedio. Nebukadnetsar, re di Babilonia, giunse davanti alla città, mentre i suoi servi l’assediavano. Allora Jehoiakin, re di Giuda, uscì incontro al re di Babilonia con sua madre, i suoi servi, i suoi capi e i suoi eunuchi. Cosí il re di Babilonia lo fece prigioniero nell’ottavo anno del suo regno. Poi, come l’Eterno aveva detto, portò via di là tutti i tesori della casa dell’Eterno e i tesori del palazzo reale e frantumò tutti gli utensili d’oro che Salomone, re d’Israele, aveva fatto per il tempio dell’Eterno. Deportò quindi tutta Gerusalemme, tutti i capi, tutti gli uomini valorosi, in numero di diecimila prigionieri, e tutti gli artigiani e i fabbri; non rimase che la gente piú povera del paese. Cosí deportò Jehoiakin in Babilonia; egli condusse pure in cattività da Gerusalemme in Babilonia la madre del re, le mogli del re, i suoi eunuchi e i nobili del paese, tutti gli uomini di valore in numero di settemila, gli artigiani e i fabbri, in numero di mille, tutti uomini valorosi e idonei alla guerra. Il re di Babilonia li deportò in Babilonia. Al posto di Jehoiakin il re di Babilonia fece re Mattaniah, suo zio, a cui cambiò il nome in quello di Sedekia. Sedekia aveva ventun anni quando iniziò a regnare, e regnò a Gerusalemme undici anni. Sua madre si chiamava Hamutal, figlia di Geremia di Libnah. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto Jehoiakim. Questo accadde in Gerusalemme e Giuda a motivo dell’ira dell’Eterno, che alla fine li cacciò via dalla sua presenza. Sedekia poi si ribellò al re di Babilonia. Nel nono anno del suo regno nel decimo mese, il dieci del mese, avvenne che Nebukadnetsar, re di Babilonia, venne con tutto il suo esercito contro Gerusalemme, si accampò contro di lei e le costruí intorno opere d’assedio. Cosí la città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedekia. Al nono giorno del quarto mese, la fame era cosí grave in città, che non c’era piú pane per il popolo del paese. Allora fu aperta una breccia nelle mura della città e tutti gli uomini di guerra fuggirono di notte, per la via della porta fra le due mura, che si trovava presso il giardino del re, nonostante i Caldei fossero tutt’intorno alla città. Cosí il re prese la via dell’Arabah. Ma l’esercito dei Caldei inseguí il re e lo raggiunse nella pianura di Gerico, mentre tutto il suo esercito si disperdeva lontano da lui. Cosí essi catturarono il re e lo condussero dal re di Babilonia a Riblah, dove fu pronunciata contro di lui la sentenza. Uccisero quindi i figli di Sedekia sotto i suoi occhi; poi cavarono gli occhi a Sedekia, lo legarono con catene di bronzo e lo condussero in Babilonia. Il settimo giorno del quinto mese (era il diciannovesimo anno di Nebukadnetsar, re di Babilonia), giunse a Gerusalemme Nebuzaradan, capitano della guardia del corpo, servo del re di Babilonia. Egli bruciò la casa dell’Eterno e il palazzo del re e diede alle fiamme tutte le case di Gerusalemme, cioè tutte le case dei nobili. Così tutto l’esercito dei Caldei che era con il capitano della guardia, demolí le mura tutt’intorno a Gerusalemme. Poi Nebuzaradan, capitano della guardia, deportò il resto del popolo che era rimasto in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e il resto della folla. Ma il capitano della guardia lasciò alcuni dei piú poveri del paese a coltivare le vigne e i campi. I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nella casa dell’Eterno, i carrelli e il mare di bronzo che erano nella casa dell’Eterno, e ne portarono il bronzo a Babilonia. Essi presero anche le padelle le palette i coltelli, le coppe e tutti gli utensili di bronzo usati nel servizio del tempio. Il capitano della guardia prese pure i bracieri e le coppe, ciò che era d’oro puro e d’argento puro. Quanto alle due colonne, al mare e ai carrelli che Salomone aveva fatto per la casa dell’Eterno, il bronzo di tutti questi oggetti aveva un peso che non si poteva calcolare. L’altezza di una colonna era di diciotto cubiti; su di essa vi era un capitello di bronzo. L’altezza del capitello era di tre cubiti; tutt’intorno al capitello c’era un reticolo e delle melagrane, tutto di bronzo. L’altra colonna, con il reticolo era identica a questa. Il capitano della guardia prese Seraiah, il sommo sacerdote, Sofonia, il secondo sacerdote, e i tre portinai. Dalla città egli prese anche un eunuco che comandava gli uomini di guerra, cinque uomini fra i consiglieri personali del re che furono trovati in città il segretario del capo dell’esercito che arruolava il popolo del paese, e sessanta uomini del popolo del paese che furono trovati in città. Cosí Nebuzaradan, capitano della guardia, li prese e li condusse dal re di Babilonia a Riblah; e il re di Babilonia li fece uccidere a Riblah nel paese di Hamath. Cosí Giuda fu deportato lontano dal suo paese. Quanto al popolo che rimase nel paese di Giuda, lasciatovi da Nebukadnetsar, re di Babilonia, questi pose loro a capo Ghedaliah, figlio di Ahikam figlio di Shafan. Quando tutti i capitani delle truppe e i loro uomini sentirono che il re di Babilonia aveva fatto Ghedaliah governatore, si recarono da Ghedaliah a Mit-spah, essi erano Ishmael figlio di Nethaniah, Johanan figlio di Kareah, Seraiah figlio di Tanhumeth di Netofah, Jaazaniah figlio di un Maakathita, assieme ai loro uomini. Ghedaliah giurò ad essi e ai loro uomini, dicendo: »Non abbiate paura dei servi dei Caldei, rimanete nel paese, servite il re di Babilonia e vi troverete bene«. Ma il settimo mese, Ishmael, figlio di Nethaniah, figlio di Elishama, di stirpe reale, venne assieme a dieci uomini, essi colpirono e uccisero Ghedaliah e anche i Giudei e i Caldei che erano con lui a Mitspah. Allora tutto il popolo, dal piú piccolo al piú grande, e i capitani delle truppe si levarono e andarono in Egitto, perché avevano paura dei Caldei. Nel trentasettesimo anno della cattività di Jehoiakin, re di Giuda, nel dodicesimo mese, il ventisette del mese, Evilmerodak, re di Babilonia, nell’anno stesso in cui iniziò a regnare, fece grazia a Jehoiakin, re di Giuda, e lo fece uscire dalla prigione Gli parlò con benevolenza e gli assegnò un seggio piú alto dei seggi dei re che erano con lui in Babilonia. Cosí Jehoiakin cambiò i suoi abiti di prigioniero e mangiò sempre alla presenza del re per tutti i giorni della sua vita. Il suo sostentamento gli era procurato regolarmente dal re, una razione ogni giorno, per tutti i giorni della sua vita.
Adamo, Seth Enosh, Kenan, Mahalaleel, Jared, Enok, Methuselah, Lamek, Noè, Sem, Cam e Jafet. I figli di Jafet furono Gomer, Magog, Madai Javan, Tubal, Mescek e Tiras. I figli di Gomer furono Ashkenaz, Rifath e Togarmah. I figli di Javan furono Elisham, Tarshish, Kittim e Dodanim. I figli di Cam furono Kush, Mitsraim, Put e Canaan. I figli di Kush furono Seba, Havilah, Sabtah, Raamah e Sabtekah. I figli di Raamah furono Sceba e Dedan. Kush generò Nimrod, che cominciò a essere un uomo potente sulla terra. Mitsraim generò: i Ludim, gli Anamim, i Lehabim, i Naftuhim, i Pathrusim, i Kasluhim (da cui uscirono i Filistei) e i Kaftorim. Canaan generò Sidon, suo primogenito, e Heth, i Gebusei, gli Amorei, i Ghirgasei, gli Hivvei, gli Arkei, i Sinei, gli Arvadei, i Tsemarei e gli Hamathei. I figli di Sem furono Elam, Assur, Arpakshad, Lud e Aram, Uz, Hul, Ghether e Mescek. Arpakshad generò Scelah, e Scelah generò Eber. A Eber nacquero due figli: il nome dell’uno fu Peleg, perché ai suoi giorni la terra fu divisa; e il nome di suo fratello fu Joktan. Joktan generò Almodad, Scelef, Hatsarmaveth, Jerah, Hadoram, Uzal, Diklah, Ebal, Abimael, Sceba. Ofir, Havilah e Jobab. Tutti questi furono figli di Joktan. Sem, Arpakshad, Scelah, Eber, Peleg, Reu, Serug, Nahor, Terah, Abramo, che è Abrahamo. I figli di Abrahamo furono Isacco e Ismaele. Questi sono i loro discendenti: il primogenito di Ismaele fu Nebajoth; poi, Kedar, Adbeel, Mibsam, Mishma, Dumah, Massa, Hadad, Tema, Jetur, Nafish e Kedemah. Questi furono i figli di Ismaele. I figli di Keturah, concubina di Abrahamo: ella partorí Zimran, Jokshan, Medan, Madian, Ishbak e Shuah. I figli di Jokshan furono Sceba e Dedan. I figli di Madian furono Efah, Efer, Hanok, Abidah ed Eldaah. Tutti Questi furono i figli di Keturah. Abrahamo generò Isacco. I figli di Isacco furono Esaù e Israele. I figli di Esaù furono, Elifaz, Reuel, Jeush, Jalam e Korah. I figli di Elifaz furono Teman, Omar, Tsefo, Gatam, Kenaz, Timna e Amalek. I figli di Reuel furono Nahath, Zerah, Shammah e Mizzah. I figli di Seir furono Lotan, Shobal, Tsibeon, Anah, Dishon, Etser e Dishan. I figli di Lotan furono Hori e Hemam; la sorella di Lotan fu Timna. I figli di Shobal furono Alian, Manahath, Ebal, Scefi e Onam. I figli di Tsibeon furono Ajah e Anah. Il figlio di Anah fu Dishon. I figli di Dishon furono Hemdan, Eshban, Ithran e Keran. I figli di Etser furono Bilhan, Zaavan e Akan. I figli di Dishan furono Uts e Aran. Questi sono i re che regnarono nel paese di Edom prima che alcun re regnasse sui figli d’Israele: Bela, figlio di Beor; il nome della sua città era Dinhabah. Quando Bela morì al suo posto regnò Jobab, figlio di Zerah di Botsrah. Quando Jobab morí, al suo posto regnò Husham del paese dei Temaniti. Quando Husham morí, al suo posto regnò Hadad, figlio di Bedad, che sconfisse i Madianiti nei campi di Moab; il nome della sua città era Avith. Quando Hadad morì al suo posto regnò Samlah di Masre Kah. Quando Samlah morí, al suo posto regnò Saul, di Rehoboth, sul Fiume. Quando Saul morì al suo posto regnò Baal-Hanan, figlio di Akbor. Quando Baal-Hanan morì, al suo posto regnò Hadab. Il nome della sua città, era Pan, e il nome di sua moglie Mehetabeel, figlia di Matred, figlia di Mezahab. Poi Hadab morì. I capi di Edom furono: il capo Timnah, il capo Alvah, il capo Jetheth, il capo Oholibamah, il capo Elah, il capo Pinon, il capo Kenaz, il capo Teman, il capo Mibtsar, il capo Magdiel, il capo Iram. Questi furono i capi di Edom. Questi furono i figli d’Israele: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zabulon, Dan, Giuseppe, Beniamino, Nefta-li, Gad, e Ascer. I figli di Giuda furono Er, Onan e Scelah, questi tre gli nacquero dalla figlia di Shua, la Cananea. Er, primogenito di Giuda, era malvagio agli occhi dell’Eterno, che perciò lo fece morire. Tamar, sua nuora, gli partorí Perets e Zerah. Totale dei figli di Giuda: cinque. I figli di Perets furono Hetsron e Hamul I figli di Zerah furono Zimri, Ethan, Heman, Kalkol e Dara; in tutto: cinque. Il figlio di Karmi fu Akan che mise in pericolo Israele, commettendo una trasgressione circa le cose votate allo sterminio. Il figlio di Ethan fu Arariah. I figli che nacquero a Hetsron furono Jerahmeel, Ram e Kelubai. Ram generò Amminadab; Amminadab generò Nahshon, principe dei figli di Giuda, Nahshon generò Salma; Salma generò Boaz. Boaz generò Obed. Obed generò Isai. Isai generò Eliab, suo primogenito. Abinadab il secondo, Scimeah il terzo. Nethaneel il quarto, Raddai il quinto. Otsem il sesto e Davide, il settimo. Le loro sorelle furono Tseruiah e Abigail. I figli di Tseruiah furono Abishai, Joab e Asahel: tre. Abigail partorí Amasa, il cui padre fu Jether, l’Ismaelita. Caleb, figlio di Hetsron, ebbe figli da sua moglie Azubah e da Jerioth. Questi furono i figli di lei, Jescer, Shobab e Ardon. Quando Azubah morí, Caleb sposò Efrath che gli partorí Hur. Hur generò Uri, e Uri generò Betsa-leel. Poi Hetsron entrò dalla figlia di Makir, padre di Galaad, che egli aveva sposato quando avevasessant’anni; ed essa gli partorí Segub. Segub generò Jair, a cui appartennero ventitré città nel paese di Galaad. (Gheshur e Aram presero loro i villaggi di Jair, Kenath e i villaggi satelliti sessanta città). Tutti questi appartenevano ai figli di Makir, padre di Galaad. Dopo la morte di Hetsron a Caleb-Efrathah, Abiah, moglie di Hetsron, gli partorí Ashur padre di Tekoa, I figli di Jerahmeel, primogenito di Hetsron, furono Ram, il primogenito, Bunah, Oren, Otsem e Ahijah. Jerahmeel ebbe un’altra moglie, di nome Atarah, che fu madre di Onam. I figli di Ram, primogenito di Jerahmeel, furono Maats, Jamin e Eker. I figli di Onam furono Shammai e Jada. I figli di Shammai furono Nadab e Abishur. La moglie di Abishur si chiamava Abihail e gli partorí Ahban e Molid. I figli di Nadab furono Seled e Appaim. Seled morí senza figli. Il figlio di Appaim fu Isci; il figlio di Isci fu Sceshan; il figlio di Sceshan fu Ahlai. I figli di Jada, fratello di Shammai furono Jether e Gionathan. Jether morì senza figli. I figli di Gionathan furono Peleth e Zaza. Questi furono i figli di Jerahmeel. Sceshan non ebbe figli ma solo figlie. Ora Sceshan aveva uno schiavo egiziano chiamato Jarha. Sceshan diede sua figlia in moglie a Jarha, suo schiavo, ed essa gli partorí Attai. Attai generò Nathan; Nathan generò Zabad; Zabad generò Eflal; Eflal generò Obed; Obed generò Jehu; Jehu generò Azariah; Azariah generò Helets; Helets generò Eleasah; Eleasah generò Sismai; Sismai generò Shallum; Shallum generò Jekamiah e Jekamiah generò Elishama. I figli di Caleb, fratello di Jerahmeel furono Mesha, suo primogenito che fu padre di Zif, e i figli di Mareshah, il padre di Hebron. I figli di Hebron furono Korah, Tappuah, Rekem e Scema. Scema generò Raham, padre di Jorkeam, e Rekem generò Shammai. Il figlio di Shammai fu Maon, e Maon fu il padre di Beth-Tsur. Efah, concubina di Caleb, partorí Haran, Motsa e Gazez. Haran generò Gazez. I figli di Jahdai furono Reghem, Jotham, Gheshan, Pelet, Efah e Shaaf. Maakah, concubina di Caleb, partorí Sceber e Tirhanah. Essa partorí anche Shaaf, padre di Madmannah, Sceva, padre di Makbena e padre di Ghibea. La figlia di Caleb era Aksah. Questi furono i figli di Caleb: il figlio di Hur, primogenito di Efratah, Sho-bal, padre di Kirjath-Jearim, Salma, padre di Betlemme, e Haref, padre di Beth-Gader. Shobal, padre di Kirjath-Jearim, ebbe per figli: Haroeh e la metà di Menuhoth. Le famiglie di Kirjath-Jearim furono gli Ithrei, i Puthei, gli Sumathei e i Misharaei; da costoro derivarono gli Tsorathiti e gli Eshtaoliti. I figli di Salma furono Betlemme e i Netofathei, Atroth-Beth-Joab, la metà dei Menathei, gli Tsorei. E le famiglie di scribi, che abitavano a Jabets erano i Tirathei, gli Scimeathei e i Sukathei. Questi erano i Kenei che discesero da Hamath, padre della casa di Rekab. Questi furono i figli di Davide, che gli nacquero a Hebron il primogenito fu Amnon, da Ahinoam, la Jezreelita; il secondo fu Daniel, da Abigail la Karmelita; Il terzo fu Absalom, figlio di Maakah figlia di Talmai, re di Gheshur; il quarto fu Adonijah, figlio di Hagghith; il quinto fu Scefatiah, da Abital; il sesto fu Ithream, da Eglah, sua moglie. Questi sei gli nacquero a Hebron. Egli là regnò sette anni e sei mesi, mentre in Gerusalemme, regnò trentatre anni. Questi invece gli nacquero in Gerusalemme: Scimea, Shobab, Nathan e Salomone, ossia quattro figli natigli da Bath-Sceba, figlia di Ammiel. C’erano inoltre Ibhar, Elishama, Elifelet, Nogah, Nefeg, Jafia, Elishama, Eliada ed Elifelet, nove in tutto. Tutti questi furono i figli di Davide, senza contare i figli delle sue concubine. Tamar era loro sorella. Il figlio di Salomone fu Roboamo, il cui figlio fu Abijah, il cui figlio fu Asa, il cui figlio fu Giosafat, il cui figlio fu Joram, il cui figlio fu Ahaziah, il cui figlio fu Joas, il cui figlio fu Amatsiah, il cui figlio fu Azariah, il cui figlio fu Jotham il cui figlio fu Achaz, il cui figlio fu Ezechia, il cui figlio fu Manasse, il cui figlio fu Amon, il cui figlio fu Giosia. I figli di Giosia furono Johnan il primogenito, Jehoiakim il secondo, Sedekia il terzo e Shallum il quarto. I figli di Jehoiakim furono suo figlio Jekoniah, il cui figlio fu Sedekia. I figli di Jekoniah, il prigioniero, furono suo figlio Scealtiel, e Malkiram, Pedaiah, Scenatsar, Jekamiah, Hoshama e Nedabiah. I figli di Pedaiah furono Zorobabele e Scimei. I figli di Zorobabele furono Meshullam e Hananiah, e Scelomith, loro sorella: poi Hashubah, Ohel, Berekiah, Hasadiah e Jushab-Hesed, cinque in tutto. I figli di Hananiah furono Pelatiah e Jeshaiah, i figli di Refaiah, i figli di Arnan, i figli di Obadiah, i figli di Scekaniah. Il figlio di Scekaniah fu Scemaiah. I figli di Scemaiah furono Hattush, Igal, Bariah, Neariah e Shafath, sei in tutto. I figli di Neariah furono Elioenai, Ezechia e Azrikam, tre in tutto. I figli di Elioenai furono Hodaviah, Eliascib. Pelaiah. Akkub, Johanan, Delaiah e Anani, sette in tutto. I figli di Giuda furono Perets. Hetsron, Karmi, Hur e Shobal. Reaiah, figlio di Shobal, generò Jahath; Jahath generò Ahumai e Lahad. Queste furono le famiglie degli Tsorathei. Questi furono i figli del padre di Etam: Jezreel, Ishma e Idbash; la loro sorella si chiamava Hatselelponi. Penuel fu padre di Ghedor; Ezer fu padre di Hushah. Questi furono i figli di Hur, primogenito di Efratah, padre di Betlemme. Ashur, padre di Tekoa ebbe due mogli, Helah e Naarah. Naarah gli partorí Ahuzam. Hefer. Tememi e Ahashtari. Questi furono i figli di Naarah. I figli di Helah furono Tsereth. Tsohar e Ethnan. Kotz generò Anub. Tsobebah e le famiglie di Aharhel, figlio di Harum. Jabets fu piú onorato dei suoi fratelli; sua madre l’aveva chiamato Jabets, perché diceva: »L’ho partorito con dolore«. Jabets invocò il DIO d’Israele, dicendo: »Oh, se tu mi benedicessi e allargassi i miei confini e la tua mano fosse con me e mi preservassi dal male sí che io non abbia a soffrire!«. E DIO gli concesse ciò che aveva chiesto. Kelub, fratello di Shuhah, generò Mehir, che fu padre di Eshton. Eshton generò Beth-Rafa, Paseah e Tehinnah, padre di Ir-Nahash. Questi furono gli uomini di Rehah. I figli di Kenaz furono Othniel e Seraiah. I figli di Othniel furono Hathath. e Meonothai che generò Ofrah. Seraiah generò Joab, padre degli abitanti della valle degli artigiani, perché erano artigiani. I figli di Caleb, il figlio di Jefunneh, furono Iru, Elah e Naam. Il figlio di Elah fu Kenaz. I figli di Jehalleleel furono Zif, Zifah. Tiria e Asareel. I figli di Ezrah furono Jether, Mered, Efer e Jalon. La moglie di Mered partorí Miriam, Shammai e Ishbah, padre di Eshtemo. (Sua moglie Jehudijah partorí Jered padre di Ghedor, Heber padre di Sokoh e Jekuthiel padre di Zanoah). Questi furono i figli di Bithiah, figlia del Faraone, che Mered aveva presa in moglie. I figli della moglie di Hodijah, sorella di Naham furono il padre di Keliah, il Garmeo e Eshtemo il Maakatheo. I figli di Scimon furono Amnon, Rinnah, Benhanan e Tilon. I figli di Isci furono Zoheth e Ben-Zoheth. I figli di Scelah, figlio di Giuda furono Er padre di Lekah, Laadah padre di Mareshah, e le famigli e della casa dei lavoratori di bisso di Beth-Ashbea, Jokim e la gente di Kozeba, Joas e Saraf, che dominarono in Moab, e Jashubi-Lehem. Ma questi fatti sono antichi. Essi erano vasai e abitavano a Netaim e a Ghederah; abitavano là con il re, al suo servizio. I figli di Simeone furono Jemuel Jamin, Jarib, Zerah, Shaul, il cui figlio fu Shallum, il cui figlio fu Mibsam, il cui figlio fu Mishma. I figli di Mishma furono suo figlio Hammuel, il cui figlio fu Zakkur, il cui figlio fu Scimei. Scimei ebbe sedici figli e sei figlie ma i suoi fratelli non ebbero molti figli, e il loro parentado non si moltiplicò come i figli di Giuda. Essi si stabilirono a Beer-Sceba, a Moladah, a Hatsar-Shual, a Bilhah, a Etsem, a Tolad, a Bethuel, a Hormah, a Tsiklag, a Beth-Markaboth, a Hatsar-Susim, a Beth-Biri e a Shaaraim. Queste furono le loro città, fino al regno di Davide. I loro villaggi erano Etam, Ain, Rimmon, Token e Ashan: cinque città, e tutti i villaggi che erano attorno a queste città, fino a Baal. Queste furono le loro dimore, ed essi conservarono la loro genealogia: Meshobab, Jamlek, Joshah, figlio di Amatsiah, Joel e Jehu, figlio di Joscibiah, figlio di Seraiah figlio, di Asiel, Elioenai, Jaakobah, Jeshohaiah Asaiah, Adiel, Jesimiel e Benaiah, Ziza, figlio di Scifi, figlio di Allon, figlio di Jedaiah, figlio di Scimri, figlio di Scemaiah. Questi, menzionati per nome, erano, principi nelle loro famiglie, e le loro case paterne aumentarono grandemente. Andarono verso l’ingresso di Ghedor fino a ovest della valle in cerca di pascoli per le loro greggi. Trovarono pascoli pingui e buoni, e il paese era vasto, quieto e tranquillo, perché prima vi abitavano i discendenti di Cam. Quelli indicati per nome, al tempo di Ezechia, re di Giuda, vennero e attaccarono le loro tende e i Meuniti che si trovavano là e li votarono allo sterminio; cosí è rimasto fino al giorno d’oggi quindi si stabilirono al loro posto, perché là c’erano pascoli per le loro greggi. Poi alcuni di essi, cinquecento uomini dei figli di Simeone, si recarono a monte Seir con a capo Pelatiah, Neariah, Refaiah e Uzziel figli di Isci Quindi essi uccisero il rimanente degli Amalekiti che era sopravvissuto e hanno abitato fino al giorno d’oggi. Figli di Ruben, primogenito d’Israele. Egli era davvero il primogenito, ma siccome aveva profanato il letto di suo padre, la sua primogenitura fu data ai figli di Giuseppe, figlio d’Israele, così la genealogia non è riportata in base alla primogenitura. Anche se Giuda prevalse sui suoi fratelli e da lui è disceso un capo, il diritto di primogenitura apparteneva a Giuseppe. I figli di Ruben primogenito d’Israele furono Hanok, Pallu, Hetsron e Karmi. I figli di Joel furono Scemaiah, il cui figlio fu Gog, il cui figlio fu Scimei. il cui figlio, fu Mikah, il cui figlio fu Reaiah, il cui figlio fu Baal il cui figlio fu Beerah, che fu condotto in cattività da Tilgath-Pilneser re di Assiria. Egli era principe dei Rubeniti. I suoi fratelli, secondo le loro famiglie, come sono elencati nelle genealogie secondo le loro generazioni, furono: il primo Jeiel, poi Zaccaria. Bela, figlio di Azaz, figlio di Scema, figlio di Joel, che abitava in Aroer e fino al Nebo e a Baal-Meon. Ed essi si stabilirono a ovest giungendo fino all’inizio del deserto, da questa parte del fiume Eufrate, perché il loro bestiame si era moltiplicato nel paese di Galaad. Al tempo di Saul mossero guerra agli Hagareni, che furono da loro sconfitti; quindi essi si stabilirono nelle loro tende, su tutta la parte a ovest di Galaad. I figli di Gad dimoravano di fronte a loro nel paese di Bashan, fino a Salkah. Joel era il capo, Shafam il secondo, poi Janai e Shafat in Bashan. I loro fratelli, secondo le loro case paterne, furono: Mikael, Meshullam, Sceba. Jorai, Jakan, Zia e Eber, sette in tutto. Essi erano figli di Abihail, figlio di Huri, figlio di Jaroah, figlio di Galaad, figlio di Mikael, figlio di Jescishai, figlio di Jahdo, figlio di Buz Ahi, figlio di Abdiel, figlio di Guni, era il capo della loro casa paterna. Essi abitavano in Galaad e in Bashan, nei suoi villaggi e in tutti i terreni da pascolo di Sharon fin dove arrivavano. Tutti questi furono registrati negli elenchi genealogici al tempo di Jotham re di Giuda e al tempo di Geroboamo re d’Israele. I figli di Ruben, i Gaditi e la mezza tribú di Manasse avevano quarantaquattromila settecentosessanta uomini valorosi, uomini che portavano scudo e spada, tiravano l’arco ed erano addestrati alla guerra e pronti ad andare a combattere. Essi mossero guerra agli Hagareni, a Jetur, a Nafish e a Nodab. Essi furono aiutati contro di loro, perché durante il combattimento gridarono a DIO, che diede ascolto alla loro preghiera, poiché avevano avuto fiducia in lui; cosí gli Hagareni e tutti quelli che erano con loro furono dati nelle loro mani. Essi presero quindi il loro bestiame: cinquantamila cammelli, duecentocinquantamila pecore, duemila asini e centomila persone. Molti infatti caddero uccisi, perché quella guerra era voluta da DIO. Essi si stabilirono quindi al loro posto fino alla cattività, Cosí i figli della mezza tribú di Manasse abitarono nel paese; essi si estesero da Bashan fino a Baal-Hermon, a Senir e al monte Hermon. Questi erano i capi delle loro case paterne: Efer, Isci, Eliel, Azriel, Geremia, Hodavia e Jahdiel, uomini forti e valorosi, uomini famosi, capi delle loro case paterne. Ma furono infedeli al DIO dei loro padri e si prostituirono, seguendo gli dèi dei popoli del paese che DIO aveva distrutto davanti a loro. Perciò il DIO d’Israele eccitò lo spirito di Pul, re di Assiria cioe lo spirito di Tilgath-Pilneser, re di Assiria, che deportò i Rubeniti, i Gaditi e la mezza tribú di Manasse, e li stabilí a Halah, a Habor, a Hara e presso il fiume di Gozan, dove si trovano tutt’ora. I figli di Levi furono Ghershom Kehath e Merari. I figli di Kehath furono Amram, Itshar, Hebron e Uzziel. I figli di Amram furono Aaronne. Mosè e Miriam. I figli di Aaronne furono Nadab, Abihu, Eleazar ed Ithamar. Eleazar generò Finehas; Finehas generò Abishua; Abishua generò Bukki; Bukki generò Uzzi; Uzzi generò Zerahiah; Zerahiah generò Meraioth Meraioth generò Amariah; Amariah generò Ahitub Ahitub generò Tsadok, Tsadok generò Ahimaats; Ahimaats generò Azariah, Azariah generò Johanan; Johanan generò Azariah (fu lui che serví come sacerdote nel tempio, che Salomone costruí a Gerusalemme); Azariah generò Amariah; Amariah generò Ahitub; Ahitub generò Tsadok; Tsadok generò Shallum; Shallum generò Hilkiah; Hilkiah generò Azariah; Azariah generò Seraiah; Seraiah generò Jehotsadak; Jehotsadak andò in esilio quando l’Eterno fece condurre in cattività Giuda e Gerusalemme per mezzo di Nebukadnetsar I figli di Levi furono Ghershom, Kehath e Merari. Questi sono i nomi dei figli di Ghershom: Libni e Scimei. I figli di Kehath furono Amram, Itshar, Hebron e Uzziel. I figli di Merari furono Mahli e Musci. Queste sono le famiglie di Levi, secondo i loro padri. Ghershom ebbe per figlio Libni, il cui figlio fu Jahath, il cui figlio fu Zimmah, il cui figlio fu Joah, il cui figlio fu Iddo, il cui figlio fu Zerah, il cui figlio fu Jeatherai. I figli di Kehath furono suo figlio Amminadab, il cui figlio fu Kore, il cui figlio fu Assir, il cui figlio fu Elkanah, il cui figlio fu Ebiasaf, il cui figlio fu Assir, il cui figlio fu Tahath, il cui figlio fu Uriel, il cui figlio fu Uzziah, il cui figlio fu Shaul. I figli di Elkanah furono Amasai ed Ahimoth, il cui figlio fu Elkanah, il cui figlio fu Tsofai, il cui figlio fu Nahath, il cui figlio fu Eliab, il cui figlio fu Jeroham, il cui figlio fu Elkanah. I figli di Samuele furono Joel, il primogenito, e Abia, il secondo. I figli di Merari furono Mahli, il cui figlio fu Libni, il cui figlio fu Scimei, il cui figlio fu Uzzah, il cui figlio fu Scimea, il cui figlio fu Hagghiah, il cui figlio fu Asaiah. Questi sono quelli che Davide stabilì sopra il servizio del canto nella casa dell’Eterno, dopo che l’arca ebbe un luogo di riposo. Essi esercitarono il loro servizio col canto davanti al tabernacolo, della tenda di convegno, finché Salomone ebbe edificato la casa dell’Eterno in Gerusalemme; e prestavano il loro servizio, secondo la regola loro prescritta. Questi sono coloro che prestavano il loro servizio e questi i loro figli: Dei figli dei Kehathiti c’era Heman, il cantore, figlio di Joel, figlio di Samuele, figlio di Elkanah, figlio di Jeroham, figlio di Eliel, figlio di Toah, figlio di Tsuf, figlio di Elkanah, figlio di Mahath, figlio di Amasai. figlio di Elkanah, figlio di Joel, figlio di Azariah, figlio di Sofonia, figlio di Tahath, figlio di Assir, figlio di Ebiasaf, figlio di Kore, figlio di Itshar, figlio di Kehath, figlio di Levi, figlio d’Israele. Poi c’era suo fratello Asaf, che stava alla sua destra: Asaf, figlio di Berekiah, figlio di Scimea figlio di Mikael, figlio di Baaseiah, figlio di Malkijah, figlio di Ethni, figlio di Zerah, figlio di Adaiah, figlio di Ethan, figlio di Zimmah, figlio di Scimei, figlio di Jahath, figlio di Ghershom, figlio di Levi. I figli di Merari, loro fratelli, stavano a sinistra ed erano Ethan, figlio di Kisci, figlio di Abdi, figlio di Malluk, figlio di Hashabiah, figlio di Amatsiah, figlio di Hilkiah, figlio di Amtsi, figlio di Bani, figlio di Scemer, figlio di Mahli, figlio di Musci figlio di Merari, figlio di Levi. I loro fratelli, i Leviti, erano designati per ogni genere di servizio del tabernacolo della casa di Dio. Ma Aaronne e i suoi figli offrivano i sacrifici sull’altare degli olocausti e sull’altare dell’incenso, compiendo tutto il servizio nel luogo santissimo, e per fare espiazione, per Israele, secondo tutto ciò che Mosè, servo di DIO, aveva comandato. Questi furono i figli di Aaronne: Eleazar il cui figlio fu Finehas, il cui figlio fu Abishua, il cui figlio fu Bukki, il cui figlio fu Uzzi, il cui figlio fu Zerahiah, il cui figlio tu Meraioth, il cui figlio fu Amariah, il cui figlio fu Ahitub, il cui figlio fu Tsadok, il cui figlio fu Ahimaats. Questi furono i luoghi delle loro dimore, secondo i loro insediamenti nei loro territori, che furono assegnati in sorte ai figli di Aaronne della famiglia dei Kehathiti: a loro fu dato Hebron nel paese di Giuda con i suoi terreni attigui da pascolo; mai campi della città e i suoi villaggi furono dati a Caleb, figlio di Jefunneh. Ai figli di Aaronne fu data Hebron, una delle città di rifugio, Libnah con i suoi terreni da pascolo, Jattir, Eshtemoa con i suoi terreni da pascolo, Hilen con i suoi terreni da pascolo, Debir con i suoi terreni da pascolo, Ashan con i suoi terreni da pascolo, Beth-Scemesh con i suoi terreni da pascolo. Dalla tribú di Beniamino ricevettero Gheba con i suoi terreni da pascolo, Alemeth con i suoi terreni da pascolo e Anathoth con i suoi terreni da pascolo. Tutte le loro città ripartite fra le loro famiglie erano in numero di tredici città. Al resto dei figli di Kehath furono assegnate in sorte dieci città da parte della famiglia della tribú, prese dalla mezza tribú, cioè, dalla mezza tribú di Manasse. Ai figli di Ghershom, secondo le loro famiglie, furono assegnate tredici città, prese dalla tribú di Issacar dalla tribú di Ascer, dalla tribú di Neftali e dalla tribú di Manasse in Bashan. Ai figli di Merari, secondo le loro famiglie, furono assegnate in sorte dodici città prese dalla tribú di Ruben, dalla tribú di Gad e dalla tribú di Zabulon. Cosí i figli d’Israele diedero ai Leviti queste città con i loro terreni da pascolo. Essi diedero in sorte queste città, che sono state menzionate per nome, prese dalla tribú dei figli di Giuda, dalla tribú dei figli di Simeone e dalla tribú dei figli di Beniamino. Alcune famiglie dei figli di Kehath, ebbero città nel territorio loro assegnato prese dalla tribú di Efraim. Essi diedero loro anche Sichem, una delle città di rifugio, con i suoi terreni da pascolo nella regione montuosa di Efraim, e Ghezer con i suoi terreni da pascolo. Jokmeam con i suoi terreni da pascolo, Beth-Horon con i suoi terreni da pascolo. Ajalon con i suoi terreni da pascolo, Gath-Rimmon con i suoi terreni da pascolo. E dalla mezza tribú di Manasse. Aner con i suoi terreni da pascolo, Bileam con i suoi terreni da pascolo, per il resto della famiglia dei figli di Kehath. Ai figli di Ghershom furono assegnate, prendendole dalla famiglia della mezza tribú di Manasse, Golanin Bashan con i suoi terreni da pascolo e Ashtaroth con i suoi terreni da pascolo. Della tribú di Issacar: Kedesh con i suoi terreni da pascolo, Daberath con i suoi terreni da pascolo, Ramoth con i suoi terreni da pascolo, e Anem con i suoi terreni da pascolo. Dalla tribú di Ascer: Mashal con i suoi terreni da pascolo, Abdon con i suoi terreni da pascolo, Hukok con i suoi terreni da pascolo, e Rehob con i suoi terreni da pascolo, Dalla tribú di Neftali: Kedesh in Galilea con i suoi terreni da pascolo, Hammon con i suoi terreni da pascolo e Kirjathaim con i suoi terreni da pascolo, Agli altri figli di Merari furono assegnate, dalla tribú di Zabulon, Rimmon con i suoi terreni da pascolo e Tabor con i suoi terreni da pascolo. Al di là del Giordano, vicino a Gerico, a est del Giordano, dalla tribú di Ruben: Betser nel deserto coni suoi terreni da pascolo, Jahtsah con i suoi terreni da pascolo. Kedemoth con i suoi terreni da pascolo e Mefaath con i suoi terreni da pascolo, Dalla tribú di Gad: Ramoth in Galaad con i suoi terreni da pascolo, Mahanaim con i suoi terreni da pascolo. Heshbon con i suoi terreni da pascolo e Jazer con i suoi terreni da pascolo. I figli di Issacar furono Tola, Puvah, Jashub e Scimrom, quattro in tutto. I figli di Tola furono Uzzi, Refaiah, Jeriel Jahmai, Jibsam e Scemuel, capi delle loro case paterne. I figli di Tola furono uomini forti e valorosi nelle loro generazioni; il loro numero, al tempo di Davide, era diventiduemilaseicento. Il figlio di Uzzi fu Izrahiah. I figli di Izrahiah furono Mikael, Obadiah, Joel e Isciah; essi erano tutti e cinque capi. Con loro avevano, secondo le loro generazioni e in base alle loro case paterne, schiere pronte a combattere che ammontavano a trentaseimila soldati, perché avevano un gran numero di mogli e figli. I loro fratelli, appartenenti a tutte le varie famiglie di Issacar e registrati nelle loro genealogie, erano in tutto ottantaseimila uomini forti e valorosi. I figli di Beniamino furono Belah, Beker e Jediael tre in tutto. I figli di Belah furono Etsbon, Uzzi, Uzziel, Jerimoth e Iri, cinque capi delle loro case paterne, uomini forti e valorosi, ed erano registrati nelle genealogie in numero di ventiduemilatrentaquattro. I figli di Beker furono Zemirah, Joash, Eliezer, Elioenai Omri, Jeremoth, Abijah, Anathoth e Alemeth. Tutti questi erano figli di Beker; essi erano registrati nelle genealogie secondo le loro generazioni, e come capi delle loro case paterne, uomini forti e valorosi, in numero di ventimiladuecento. Il figlio di Jediael fu Bilhan. I figli di Bilhan furono Jeush, Beniamino, Ehud, Kenaanah, Zethan, Tarshish e Ahishahar. Tutti questi erano figli di Jediael, capi delle loro case paterne, uomini forti e valorosi, in numero didiciassettemiladuecento pronti ad andare in guerra a combattere. Shupim e Huppim furono figli di Ir; Huscim fu figlio di Aher. I figli di Neftali furono Jahtsiel, Guni, Jetser, Shallum, figli di Bilhah. I figli di Manasse furono Asriel, che la sua concubina sira gli partorì assieme a Makir, padre di Galaad; Makir prese una moglie per Huppim e per Shuppim, il nome di sua sorella era Maakah e il nome della seconda Zelofehad; Zelofehad ebbe solo figlie. (Maakah, moglie di Makir, partorì un figlio, al quale pose nome Peresh; suo fratello invece si chiamava Sceresh e i suoi figli Ulam e Rekem. Il figlio di Ulam fu Bedan). Questi furono i figli di Galaad, figlio di Makir, figlio di Manasse. La sua sorella Hammoleketh partorì Ishod, Abiezer e Mahlah. I figli di Scemida furono Ahian, Scekem, Likhi e Aniam. I figli di Efraim furono Shuthelah, il cui figlio fu Bered, il cui figlio fu Tahath il cui figlio fu Eladah, il cui figlio fu Tahath, il cui figlio fu Zabad, i cui figli furono Shuthelah, Ezer e Elead, che furono uccisi dagli uomini di Gath, nativi del paese, perché erano scesi a razziare il loro bestiame. Il loro padre Efraim li pianse per molto tempo e i suoi fratelli vennero a consolarlo. Poi entrò da sua moglie, che concepí e partorí un figlio; ed egli lo chiamò Beriah, perché sulla sua casa era caduta l’avversità. Egli ebbe per figlia Sceerah che edificò Beth-Horon inferiore e superiore e Uzzen-Sceerah. Suo figlio fu Refah, assieme a Rescef di cui fu figlio Telah, di cui fu figlio Tahan, di cui fu figlio Ladan, di cui fu figlio Ammihud, di cui fu figlio Elishama, di cui fu figlio Nun, di cui fu figlio Giosuè. Le loro proprietà e abitazioni furono Bethel, e i suoi villaggi limitrofi: a est Naaran, a ovest Ghezer coni suoi villaggi limitrofi, e Sichem con i suoi villaggi limitrofi fino a Gaza con i suoi villaggi limitrofi. Lungo i confini di Manasse c’erano: Beth-Scean con i suoi villaggi limitrofi, Taanak con i suoi villaggi limitrofi, Meghiddo con i suoi villaggi limitrofi e Dor con i suoi villaggi limitrofi. In queste località abitarono i figli di Giuseppe, figlio d’Israele. I figli di Ascer furono Jimnah, Ishvah, Ishvi, Beriah e loro sorella Serah. I figli di Beriah furono Heber e Malkel, che fu il padre di Birzavith. Heber generò Jaflet, Shomer, Hotham e loro sorella Shua. I figli di Jaflet furono Pasak, Bimhal e Ashvath. Questi erano i figli di Jaflet. I figli di Scemer furono Ahi, Rohagah, Jehubbah e Aram. I figli di suo fratello Helem furono Tsofah, Imna, Scelesh e Amal. I figli di Tsofah furono Suah, Harmefer, Shual, Beri, Imrah, Betser, Hod, Shamma, Scilshah, Jithran e Beera. I figli di Jether furono Jefunneh, Pispah e Ara. I figli di Ulla furono Arah, Anniel e Ritsia. Tutti questi furono figli di Ascer, capi delle loro case paterne, uomini scelti, forti e valorosi, capi tra i principi. Essi erano registrati secondo le genealogie nel servizio militare per andare a combattere; il loro numero era di ventiseimila uomini. Beniamino generò Belah, suo primogenito, Ashbel il secondo, Aharah il terzo, Nohah il quarto e Rafa il quinto. I figli di Belah furono Addar, Ghera, Abihud, Abishua, Naaman, Ahoah, Ghera, Scefufan e Huram, Questi furono i figli di Ehud (che erano capi delle case paterne degli abitanti di Gheba e che furono deportati a Manahath): Naaman, Ahijah e Ghera, che li deportò; egli generò Uzza e Ahihud. Shaharaim generò figli nella terra di Moab, dopo aver ripudiato le sue mogli Huscim e Baara. Da Hodesh sua moglie generò Jobab, Tsibia, Mesha, Malkam, Jeuts, Shakia e Mirmah, Questi furono i suoi figli, capi delle loro case paterne, Da Huscim generò Abitub ed Elpaal, I figli di Elpaal furono Eber, Misham, Scemed, che edificò Ono, Lod e i suoi villaggi limitrofi, Beria e Scema, che furono i capi delle case paterne degli abitanti di Ajalon e misero in fuga gli abitanti di Gath, Ahio, Shashak, Jeremoth, Zebadiah, Arad, Eder, Mikael, Ishpah, Joha furono i figli di Beriah, Zebadiah, Meshullam, Hizki, Heber, Ishmerai, Jizliah e Jobab furono i figli di Elpaal, Jakim, Zikri, Zabdi, Elienai, Tsillethai, Eliel, Adaiah, Beraiah e Scimrath furono i figli di Scimei, Ishpan, Eber, Eliel, Abdon, Zikri, Hanan, Hananiah, Elam, Anthothijah, Ifdeiah e Penuel furono i figli di Shashak, Shamscerai, Scehariah, Athaliah, Jaaresciah, Elijah e Zikri furono i figli di Jeroham, Questi furono i capi piú importanti delle case paterne nelle loro generazioni essi abitavano a Gerusalemme. Il padre di Gabaon abitava a Gabaon, e sua moglie si chiamava Maakah, Il suo figlio primogenito fu Abdon; poi ebbe Tsur, Kish, Baal, Nadab, Ghedor, Ahio, Zeker, e Mikloth che generò Scimeah. Anch’essi abitarono di fronte ai loro fratelli a Gerusalemme assieme ai loro fratelli. Ner generò Kish; Kish generò Saul; Saul generò Gionathan, Malkishua, Abinadab e Eshbaal. Il figlio di Gionathan fu Merib-Baal. Merib-Baal generò Mikaha. I figli di Mikah furono Pithon, Melek, Taarea e Achaz. Achaz generò Jehoaddah; Jehoaddah generò Ameleth, Azmaveth e Zimri; Zimri generò Motsa. Motsa generò Binea, il cui figlio fu Rafah, il cui figlio fu Eleasah, il cui figlio fu Atsel. Atsel ebbe sei figli, i cui nomi erano questi: Azrikam, Bokeru, Ishmael, Sceariah, Obadiah e Hanan. Tutti questi erano figli di Atsel. I figli di Escek suo fratello furono Ulam il suo primogenito, Jeush il secondo, e Elifelet il terzo. I figli di Ulam furono uomini forti e valorosi, tiratori di arco, essi ebbero molti figli e nipoti: centocinquanta. Tutti questi furono discendenti di Beniamino. Cosí tutti gli Israeliti furono registrati secondo le genealogie e furono iscritti nel libro dei re d’Israele. Ma Giuda fu deportato a Babilonia, a motivo delle sue infedeltà. Ora i primi abitanti che si stabilirono nuovamente nelle loro proprietà, nelle loro città, erano Israeliti, sacerdoti, Leviti e Nethinei. A Gerusalemme si stabilirono alcuni dei figli di Giuda, dei figli di Beniamino e dei figli di Efraim e di Manasse: Uthai, figlio di Ammihud, figlio di Omri, figlio di Imri, figlio di Bani dei discendenti di Perets, figlio di Giuda. Dei Sciloniti: Asaiah il primogenito e i suoi figli. Dei figli di Zerah: Jeuel e i suoi fratelli, seicentonovanta in tutto. Dei figli di Beniamino: Sallu figlio di Meshullam, figlio di Hodavia, figlio di Hassennah; Ibneiah figlio di Jeroham, Elah figlio di Uzzi, figlio di Mikri, e Meshullam figlio di Scefatiah, figlio di Reuel, figlio di Ibnijah, i loro fratelli, secondo le loro generazioni erano novecentocinquantasei. Tutti questi erano capi di una casa paterna nelle loro case paterne. Dei sacerdoti: Jedaiah, Jehoiarib e Jakin, Azariah, figlio di Hilkiah, figlio di Meshullam figlio di Tsadok, figlio di Meraioth, figlio di Ahitub, l’ufficiale a capo della casa di DIO, Adaiah, figlio di Jeroham, figlio di Pashur, figlio di Malkijah; Maasai, figlio di Adiel, figlio di Jahzerah, figlio di Meshullam, figlio di Mescillemith, figlio di Immer, e i loro fratelli, capi delle loro case paterne, millesettecentosessanta, uomini abilissimi occupati nel servizio della casa di DIO. Dei Leviti: Scemaiah, figlio di Hasshub, figlio di Azrikam, figlio di Hashabiah, dei figli di Merari; Bakbakkar, Heresh, Galal, Mattaniah, figlio di Mikah, figlio di Zikri, figlio di Asaf; Obadiah, figlio di Scemaiah, figlio di Galal, figlio di Jeduthun; Berakiah, figlio di Asa, figlio di Elkanah, che abitava nei villaggi dei Netofathiti. I portinai erano Shallum, Akkub, Talmon, Ahiman e i loro fratelli; Shallum era il capo. Essi sono rimasti finora i portinai del campo dei figli di Levi alla porta del re, ad est. Shallum, figlio di Kore, figlio di Ebiasaf, figlio di Korah, e i suoi fratelli, i Korahiti, della casa di suo padre, erano preposti al lavoro di servizio, come portinai del tabernacolo, i loro padri erano stati preposti al campo dell’Eterno, come portinai. Finehas, figlio di Eleazar, nel passato era stato il loro capo; e l’Eterno era con lui. Zaccaria, figlio di Mescelemiah era il portinaio all’ingresso della tenda di convegno. Tutti quelli scelti come portinai erano in numero di duecentododici; essi erano registrati secondo le genealogie nei loro villaggi. Davide e Samuele, il veggente li avevano stabiliti nel loro ufficio. Essi e i loro figli avevano la responsabilità di custodire le porte della casa dell’Eterno, cioè della casa del tabernacolo, come portinai. C’erano portinai ai quattro punti cardinali: est, ovest, nord e sud. I loro fratelli, che abitavano nei loro villaggi, dovevano venire di tanto in tanto a stare con loro per sette giorni, poiché i quattro principali portinai, che erano Leviti, erano sempre in funzione. Essi avevano pure la sorveglianza delle camere e dei tesori della casa di DIO; alloggiavano nelle vicinanze della casa di DIO, perché ad essi era affidata la sua custodia, come pure l’apertura ogni mattina. Alcuni di essi avevano la responsabilità degli arredi usati nel servizio del tempio, che essi contavano quando li portavano dentro e quando li riportavano fuori. Altri invece erano incaricati degli arredi, di tutti gli utensili, del fior di farina, del vino, dell’olio, dell’incenso, e degli aromi. Alcuni figli dei sacerdoti preparavano l’unguento degli aromi. Mattithiah, uno dei Leviti, primogenito di Shallum, il Korahita, aveva la responsabilità delle cose che si cuocevano nei tegami. Alcuni dei loro fratelli fra i Kehathiti erano invece incaricati di preparare ogni sabato i pani della presentazione. Questi erano i cantori, capi delle case paterne dei Leviti, che abitavano nelle stanze del tempio; essi erano liberi da ogni altro servizio, perché erano impegnati nel loro lavoro giorno e notte. Questi erano i capi delle case paterne dei Leviti, capi secondo le loro generazioni; essi abitavano in Gerusalemme. A Gabaon abitavano Jeiel, padre di Gabaon, la cui moglie si chiamava Maakah. Il suo figlio primogenito fu Abdon quindi Tsur, Kish, Baal, Ner, Nadab, Ghedor, Ahio, Zaccaria e Mikloth, Mikloth generò Scimeam, Anch’essi abitavano di fronte ai loro fratelli a Gerusalemme assieme ai loro fratelli. Ner generò Kish, Kish generò Saul, e Saul generò Gionathan, Malkishua, Abinadab ed Eshbaal. Il figlio di Gionathan fu Merib-Baal, e Merib-Baal generò Mikah. I figli di Mikah furono Pithon, Melek, Tahrea e Achaz. Achaz generò Jarah; Jarah generò Alemeth, Azmaveth e Zimri. Zimri generò Motsa. Motsa generò Binea, il cui figlio fu Refaih, il cui figlio fu Eleasah, il cui figlio fu Atsel, Atsel ebbe sei figli, e questi erano i loro nomi: Azrikam, Bokeru, Ismaele, Sceariah, Obadiah e Hanan. Questi furono i figli di Atsel. Ora i Filistei combatterono contro Israele, e gli Israeliti fuggirono davanti ai Filistei e caddero uccisi sul monte Ghilboa. I Filistei inseguirono da vicino Saul e i suoi figli e uccisero Gionathan Abinadab e Malkishua, figli di Saul. La battaglia si fece aspra contro Saul; gli arcieri lo raggiunsero, ed egli fu gravemente ferito dagli arcieri. Allora Saul disse al suo scudiero: »Sfodera la tua spada e trafiggimi con essa, affinché non vengano questi incirconcisi a farsi beffe di me«. Ma il suo scudiero non volle farlo, perché era tutto spaventato. Allora Saul prese la spada e vi si gettò sopra. Quando il suo scudiero vide che Saul era morto, si gettò anch’egli sulla propria spada e morí. Cosí morí Saul con i suoi tre figli, tutta la sua casa perí insieme. Quando tutti gli Israeliti che abitavano nella valle videro che i loro erano fuggiti e che Saul e i suoi figli erano morti abbandonarono le loro città e fuggirono. Allora vennero i Filistei e vi si stabilirono. Il giorno dopo i Filistei vennero a spogliare gli uccisi e trovarono Saul e i suoi figli caduti sul monte Ghilboa. Spogliarono Saul, portarono via la sua testa e la sua armatura e mandarono messaggeri per tutto il paese dei Filistei a portare la notizia nel tempio dei loro idoli e a tutto il popolo. Collocarono quindi la sua armatura nel tempio dei loro dèi e inchiodarono la sua testa nel tempio di Dagon. Quando tutti gli abitanti di Jabesh di Galaad vennero a sapere tutto ciò che i Filistei avevano fatto a Saul, tutti gli uomini valorosi si levarono, presero il cadavere di Saul e i cadaveri dei suoi figli e li portarono a Jabesh; seppellirono quindi le loro ossa sotto il tamerisco di Jabesh e digiunarono per sette giorni. Cosí Saul morí a motivo della sua infedeltà commessa contro l’Eterno, perché non aveva osservato la parola dell’Eterno e anche perché aveva consultato una medium per avere consiglio. e non aveva invece consultato l’Eterno. Per questo l’Eterno lo fece morire e trasferí il regno a Davide, figlio di Isai. Allora tutto Israele si radunò presso Davide a Hebron e gli disse: »Ecco noi siamo tue ossa e tua carne; Già in passato quando era re Saul, eri tu quel che guidavi e riconducevi Israele; e l’Eterno, il tuo DIO, ti ha detto: »Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai principe sopra il mio popolo Israele««. Così tutti gli anziani d’Israele vennero dal re a Hebron, e Davide fece alleanza con loro a Hebron davanti all’Eterno; quindi essi unsero Davide re sopra Israele, secondo la parola dell’Eterno pronunciata per mezzo di Samuele. Davide con tutto Israele, si mosse contro Gerusalemme, che è Gebus, dove c’erano i Gebusei, abitanti del paese. Allora gli abitanti di Gebus dissero a Davide: »Non entrerai qui«. Ma Davide prese la roccaforte di Sion, che è la città di Davide. Ora Davide aveva detto: »Chiunque batterà per primo i Gebusei diventerà capo e principe«. Salí per primo Joab, figlio di Tseruiah, che divenne cosí capo. Davide si stabilí quindi nella roccaforte che fu perciò chiamata »la città di Davide«. Poi egli fece costruzioni tutt’intorno alla città, dal Millo per tutto il suo perimetro; Joab riparò il resto della città. Cosí Davide diventava sempre piú grande e l’Eterno degli eserciti era con lui. Questi sono i capi dei valorosi guerrieri che furono al servizio di Davide e che gli diedero un grande appoggio con tutto Israele nel suo regno per farlo re, secondo la parola dell’Eterno riguardo ad Israele. Questo è l’elenco dei valorosi guerrieri che furono al servizio di Davide: Jashobeam, figlio di un Hakmonita, capo dei trenta capitani; egli impugnò la lancia contro trecento uomini, che uccise in un solo scontro. Dopo di lui c’era Eleazar, figlio di Dodo, lo Ahohita; era uno dei tre valorosi guerrieri. Egli era con Davide a Pas-Dammim, dove i Filistei si erano radunati per combattere e dove c’era un campo pieno d’orzo. Il popolo fuggí davanti ai Filistei, ma essi si piantarono in mezzo al campo, lo difesero e sconfissero i Filistei; cosí l’Eterno operò una grande vittoria. Tre dei trenta capi scesero alla roccia da Davide, nella caverna di Adullam, mentre l’esercito dei Filistei era accampato nella valle dei Refaim. Davide si trovava allora nella fortezza, mentre a Betlemme c’era una guarnigione di Filistei. Davide ebbe un forte desiderio e disse: »Oh, se qualcuno mi desse da bere l’acqua del pozzo di Betlemme che è vicino alla porta!«. Cosí i tre si aprirono un varco attraverso il campo filisteo e attinsero l’acqua dal pozzo di Betlemme che era alla porta; quindi la presero e la portarono a Davide. Ma Davide non ne volle bere, ma la versò in libazione, davanti all’Eterno. dicendo: »Mi guardi il mio DIO dal fare una cosa simile! Berrei io il sangue di questi uomini, che hanno rischiato la loro vita? Poiché l’hanno portata a rischio della loro vita«. E non la volle bere. Questo fecero quei tre prodi. Abishai fratello di Joab, fu il capo di altri tre. Egli brandí la sua lancia contro trecento uomini e li uccise; cosí divenne famoso fra i tre. Fu il piú illustre dei tre e perciò fu fatto loro capo, ma non giunse a eguagliare i primi tre. Benaiah, figlio di Jehoiada, figlio di un uomo valoroso da Kabtseel, fece grandi prodezze. Egli uccise i due eroi di Moab, che erano come leoni. Discese anche in mezzo a una cisterna, dove uccise un leone in un giorno di neve. Uccise pure un gigantesco Egiziano, alto cinque cubiti, che aveva in mano una lancia simile a un subbio da tessitore, ma Benaiah gli scese contro con un bastone, strappò di mano all’Egiziano la lancia, e lo uccise con la sua stessa lancia. Queste cose fece Benaiah, figlio di Jehoiada, e si acquistò fama fra i tre prodi Fu il piú illustre dei trenta, ma non giunse ad eguagliare i primi tre. Davide lo pose a capo del suo corpo di guardia. Altri uomini forti e valorosi erano: Asahel fratello di Joab, Elhanan figlio di Dodo, di Betlemme, Shammoth di Haror, Helets di Pelon Ira figlio di Ikkesh di Tekoa, Abiezer di Anathoth, Sibbekai di Husha, Ilai di Ahoa, Maharai di Netofa, Heled figlio di Baanah di Netofa Ithai figlio di Ribai, di Ghibeah dei figli di Beniamino, Benaiah di Pirathon, Hurai di Nahale-Gaash, Abiel di Arbath Azmaveth di Baharum, Eliahba di Shaalbon, i figli di Hascem di Ghizon, Jonathan figlio di Shaghè di Harar, Hahiam figlio di Sakar, di Harar, Elifal figlio di Ur, Hefer di Mekera, Ahijah di Palon, Hetsro di Karmel, Naarai figlio di Ezbai, Joel fratello di Nathan, Mibhar figlio di Hagri, Tselek l’Ammonita, Naharai di Beroth (scudiero di Joab figlio di Tseruiah) Ira di Jether, Gareb di Jether, Uria lo Hitteo, Zabad figlio di Ahlai, Adina, figlio di Sciza, il Rubenita (capo dei Rubeniti) e altri trenta con lui Hanan figlio di Maakah, Joshafat di Mithni, Uzzia di Ashtaroth, Shama e Jeiel figli di Hotham di Aroer, Jediael figlio di Scimri e Joha suo fratello, il Titsita, Eliel di Mahavim, Jeribai e Joshaviah figli di Elnaam, Ithmah il Moabita, Eliel, Obed e Jaasiel, il Metsobaita. Questi sono gli uomini che vennero da Davide a Tsiklag, quando egli si teneva lontano dalla presenza di Saul, figlio di Kish; essi erano parte dei prodi che l’aiutarono in guerra; erano armati d’arco e potevano usare tanto la mano destra che la sinistra per lanciare sassi e tirare frecce con l’arco; erano della tribú di Beniamino, fratelli di Saul. Il capo era Ahiezer, poi Joas, figli di Scemaah, di Ghiberah, Jeziel e Pelet, figli di Azmaveth; Berakahe Jehu di Anathoth; Ishmaiah di Gabaon, valoroso fra i trenta e capo dei trenta; Geremia, Jahaziel, Johanan, Jozabad di Ghedera Eluzai, Jerimoth, Bealiah, Scemariah Scefatiah di Haruf; Elkanah, Jishshiah, Azareeh Joezer e Jashobeam, Koraiti; Joelah e Zebadiah figli di Jeroham di Ghedor. Fra i Gaditi alcuni uomini scelsero di unirsi a Davide nella fortezza del deserto; erano uomini forti e valorosi, addestrati alla guerra, abili nel maneggiare scudo e lancia; le loro facce erano come le facce dei leoni e sui monti erano veloci come gazzelle. Ezer era il capo, Obadiah il secondo Eliab il terzo. Mishmannah il quarto, Geremia il quinto. Attai il sesto, Eliel il settimo Johanan l’ottavo, Elzabad il nono, Geremia il decimo, Makbannai l’undicesimo. Questi Gaditi erano capi dell’esercito; il piú piccolo ne comandava cento, il piú grande mille. Questi sono coloro che passarono il Giordano nel primo mese quando era straripato su tutti gli argini, e misero in fuga tutti gli abitanti delle valli, a est e a ovest. Anche alcuni dei figli di Beniamino e di Giuda andarono da Davide nella fortezza. Davide uscí loro incontro e, prendendo la parola, disse: »Se siete venuti da me con intenzioni pacifiche per aiutarmi, sono disposto a unirmi a voi, ma se è per tradirmi e consegnarmi ai miei avversari, benché io non abbia commesso alcuna violenza, il DIO dei nostri padri veda e punisca«. Allora lo Spirito investí Amasai, capo dei trenta, che esclamò: »Noi siamo tuoi, Davide; siamo con te, figlio di Isai! Pace, pace a te e pace a chi ti aiuta, perché il tuo DIO ti aiuta«. Allora Davide li accolse e li fece capi di schiere. Anche da Manasse alcuni passarono a Davide, quando questi andò con i Filistei a combattere contro Saul; ma essi non furono di alcun aiuto ai Filistei, perché i principi dei Filistei, dopo essersi consultati, rimandarono Davide, dicendo: »Egli passerebbe dalla parte del suo signore Saul a prezzo delle nostre teste«. Mentre andava a Tsiklag, quelli di Manasse che passarono a lui furono Adnah, Jozbad, Jediael, Mikael; Jozabad, Elihu, Tsillethai, capi di migliaia che appartenevano a Manasse. Costoro aiutarono Davide contro le bande dei razziatori perché erano tutti uomini forti e valorosi e divennero capi nell’esercito. A quel tempo, infatti, ogni giorno alcuni venivano da Davide per aiutarlo finché si formò un grande esercito come l’esercito di DIO. Questo è il numero dei capi armati per la guerra, che si recarono da Davide a Hebron a per trasferire a lui il regno di Saul, secondo la parola dell’Eterno. I figli di Giuda, che portavano scudo e lancia erano seimilaottocento, armati per la guerra. Dei figli di Simeone, uomini forti e valorosi in guerra, settemilacento. Dei figli di Levi, quattromilaseicento; inoltre Jehoiada, principe della famiglia di Aaronne, e con lui tremilasettecento uomini, e Tsadok, giovane forte e valoroso, con ventidue capi della sua casa paterna. Dei figli di Beniamino, fratelli di Saul, tremila (perché la maggior parte di essi fino allora era rimasta fedele alla casa di Saul). Dei figli di Efraim, ventimilaottocento, uomini forti e valorosi, uomini famosi, secondo le loro case paterne. Della mezza tribú di Manasse, diciottomila, che furono scelti individualmente per andare a proclamare re Davide. Dei figli di Issacar, che avevano intendimento dei tempi e sapevano quindi ciò che Israele doveva fare: duecento capi e tutti i loro fratelli ai loro ordini. Di Zabulon, cinquantamila, che andavano a combattere, abili a disporsi in ordine di battaglia con tutte le armi da guerra e capaci di tenere la propria posizione con cuore fermo. Di Neftali, mille capi, e con essi trentasettemila uomini con scudo e lancia. Dei Daniti, abili a disporsi In ordine di battaglia, ventottomilaseicento. Di Ascer, quarantamila, che andavano a combattere e abili a disporsi in ordine di battaglia. Dall’altra parte del Giordano, dei Rubeniti, dei Gaditi e della mezza tribú di Manasse, centoventimila, forniti di tutte le armi da guerra per combattere. Tutti questi uomini di guerra, capaci di tenere la propria posizione con cuore fermo, vennero a Hebron, per proclamare Davide re sopra tutto Israele; anche tutto il resto d’Israele era unanime per fare re Davide. Essi rimasero là tre giorni con Davide mangiando e bevendo, perché i loro fratelli avevano provveduto viveri per loro. Anche i loro vicini e persino da Issacar, da Zabulon e da Neftali portavano viveri su asini, su cammelli, su muli e su buoi, grandi provviste di farina, schiacciate di fichi secchi e di uva passa, vino, olio, buoi e pecore in abbondanza; perchè c’era gioia in Israele. Davide tenne consiglio con i capi di migliaia e di centinaia e con tutti i principi. Poi Davide disse a tutta l’assemblea d’Israele: »Se sembra bene e se è da parte dell’Eterno, il nostro DIO, mandiamo a dire ai nostri fratelli che sono rimasti in tutte le regioni d’Israele, e con loro anche ai sacerdoti e ai Leviti nelle loro città e terreni da pascolo di radunarsi presso di noi e riportiamo da noi l’arca del nostro DIO, perché non l’abbiamo ricercata ai tempi di Saul«. Tutta l’assemblea acconsentí a fare cosí, perché la cosa parve giusta agli occhi di tutto il popolo. Allora Davide radunò tutto Israele, da Scihor d’Egitto fino all’ingresso di Hamath, per riportare l’arcadi DIO da Kirjath-Jearim. Quindi Davide con tutto Israele salí verso Baalah, cioè verso Kirjath-Jearim che apparteneva a Giuda, per trasportare di là l’arca di DIO, l’Eterno, che siede sopra i cherubini, dove è invocato il suo nome. Dalla casa di Abinadab trasportarono l’arca di DIO sopra un carro nuovo: Uzza e Ah io guidavano il carro. Davide e tutto Israele facevano festa davanti a DIO con tutte le loro forze, con canti e con cetre, arpe, tamburelli, cembali e trombe. Quando giunsero all’aia di Kidon, Uzza stese la mano per sostenere l’arca, perché i buoi inciamparono. Allora l’ira dell’Eterno si accese contro Uzza e lo colpí, perché aveva steso la sua mano sull’arca; egli morí là davanti a DIO. Davide fu grandemente amareggiato perché l’Eterno aveva aperto una breccia nel popolo colpendo Uzza. Cosí quel luogo è stato chiamato la Breccia di Uzza fino ad oggi. Davide in quel giorno ebbe paura di DIO e disse: »Come posso trasportare l’arca di DIO a casa mia?«. Cosí Davide non volle trasportare l’arca presso di sé nella città di Davide, ma la fece trasferire in casa di Obed-Edom di Gath. L’arca di DIO rimase tre mesi con la famiglia di Obed-Edom in casa sua; e l’Eterno benedisse la casa di Obed-Edom e tutto ciò che gli apparteneva. Hiram, re di Tiro, inviò a Davide messaggeri, legname di cedro, muratori e falegnami per costruirgli una casa. Allora Davide riconobbe che l’Eterno lo aveva stabilito come re d’Israele, perché il suo regno era grandemente esaltato a motivo del suo popolo Israele. Davide prese altre mogli in Gerusalemme, e generò figli e figlie. Questi sono i nomi dei figli che gli nacquero in Gerusalemme: Shammua, Shobab, Nathan, Salomone, Ibhar, Elishua, Elpelet, Nogah, Nefegh, Jafia. Elishama, Beeliada ed Elifelet. Quando i Filistei vennero a sapere che Davide era stato unto re di tutto Israele, salirono tutti in cerca di Davide. Appena lo seppe, Davide uscí loro incontro. I Filistei giunsero e si sparpagliarono per la valle dei Refaim. Allora Davide consultò Dio, dicendo: »Devo io salire contro i Filistei? Me li darai tu nelle mani?«. L’Eterno gli rispose: »Sali, e io li darò nelle tue mani«. Essi salirono a Baal-Peratsim, dove Davide li sconfisse e disse: »DIO ha aperto per mano mia un varco tra i miei nemici, come un varco aperto dalle acque«. Per questo misero a quel luogo il nome di Baal-Peratsim. I Filistei abbandonarono là i loro dèi, e Davide ordinò che fossero bruciati nel fuoco. In seguito i Filistei tornarono a sparpagliarsi per la valle. Davide consultò di nuovo DIO, e DIO gli disse: »Non salire dietro di loro ma aggirali alle spalle e piomba su di loro di fronte ai balsami. Quando udrai un rumore di passi sulle cime dei balsami, lanciati subito all’attacco, perché DIO uscirà davanti a te per sconfiggere l’esercito dei Filistei«. Davide fece come DIO gli aveva comandato, ed essi sconfissero l’esercito dei Filistei da Gabaon fino a Ghezer. Cosí la fama di Davide si sparse per tutti i paesi, e l’Eterno fece venire il terrore di lui su tutte le nazioni. Davide si costrui delle case nella città di Davide, preparò un posto per l’arca di DIO ed eresse una tenda per essa. Allora Davide disse: »Nessuno deve portare l’arca di DIO all’infuori dei Leviti perché l’Eterno ha scelto loro per portare l’arca di DIO e per servirlo per sempre«. Davide radunò tutto Israele a Gerusalemme, per trasportare l’arca dell’Eterno nel luogo che le aveva preparato. Davide radunò pure i figli di Aaronne e i Leviti. Dei figli di Kehath, Uriel, il capo, e i suoi centoventi fratelli dei figli di Merari, Asaiah, il capo, e i suoi duecentoventi fratelli; dei figli di Ghershom, Joel, il capo, e i suoi centotrenta fratelli; dei figli di Elitsafan, Scemaiah, il capo, e i suoi duecento fratelli; dei figli di Hebron, Eliel, il capo, e i suoi ottanta fratelli; dei figli di Uzziel, Amminadab, il capo, e i suoi centododici fratelli. Quindi Davide chiamò i sacerdoti Tsadok e Abiathar, e i Leviti Uriel, Asaiah, Joel, Scemaiah, Eliel e Amminadab, e disse loro: »Voi siete i capi delle case paterne dei Leviti; santificatevi, voi e i vostri fratelli, affinché possiate trasportare l’arca dell’Eterno, il DIO d’Israele, nel posto che io le ho preparato. Poiché la prima volta voi non c’eravate e l’Eterno, il nostro DIO, aperse una breccia fra noi, perché non lo avevamo cercato secondo le regole stabilite«. Cosí i sacerdoti e i Leviti si santificarono per trasportare l’arca dell’Eterno, il DIO d’Israele. I figli dei Leviti portarono l’arca di DIO sulle loro spalle per mezzo di stanghe, come aveva ordinato Mosè secondo la parola dell’Eterno. Davide ordinò quindi ai capi dei Leviti di designare i loro fratelli cantori con strumenti musicali, arpe, cetre e cembali per alzare suoni di gioia. Perciò i Leviti designarono Heman, figlio di Joel, tra i suoi fratelli, Asaf, figlio di Berekiah, e tra i figli di Merari, loro fratelli, Ethan, figlio di Kushaiah. Con loro c’erano i loro fratelli della classe successiva: Zaccaria, Ben, Jaaziel, Scemiramoth, Jehiel, Unni, Eliab, Benaiah, Maaseiah, Mattithiah, Elifalehu, Mikneiah, Obed-Edom e Jeiel, i portinai. I cantori Heman, Asaf ed Ethan, per suonare usavano cembali di bronzo; Zaccaria, Aziel, Scemiramoth, Jehiel, Unni, Eliab, Maaseiah e Benaiah suonavano arpe per voci di soprano; Mattithiah, Elifalehu, Mikneiah, Obed-Edom, Jeiel e Azaziah suonavano cetre sull’ottava per guidare il canto; Kenaniah, capo dei Leviti, era incaricato del canto; egli dirigeva il canto, perché competente in questo. Berekiah e Elkanah erano portinai presso l’arca. I sacerdoti Scebarniah, Joshafat, Nethaneel, Amasai, Zaccaria, Benaiah e Eliezer, suonavano le trombe davanti all’arca di DIO, mentre Obed-Edom e Jehijah fungevano da portinai presso l’arca. Allora Davide, gli anziani, d’Israele e i capi di migliaia procedettero con gioia a trasportare l’arca del patto dell’Eterno dalla casa di Obed-Edom. Cosí, poiché DIO prestò assistenza ai Leviti, che portavano l’arca del patto dell’Eterno, si offrirono in sacrificio sette torelli e sette montoni. Davide indossava un manto di lino fino, come pure tutti i Leviti che portavano l’arca, i cantori e Kenaniah, capo del canto assieme ai cantori; Davide indossava inoltre un efod di lino. Cosí tutto Israele portò su l’arca del patto dell’Eterno con grida di giubilo e al suono di corni, di trombe, di cembali, di cetre e di arpe. Or avvenne che, mentre l’arca del patto dell’Eterno giunse alla città di Davide, Mikal, figlia di Saul, guardando dalla finestra, vide il re Davide che danzava e saltava, e lo disprezzò in cuor suo. Portarono dunque l’arca di DIO e la collocarono in mezzo al tabernacolo, che Davide aveva eretto per essa; poi offrirono olocausti e sacrifici di ringraziamento davanti a DIO. Quando Davide ebbe finito di offrire gli olocausti e i sacrifici di ringraziamento, benedisse il popolo nel nome dell’Eterno; quindi distribuí a tutti gli Israeliti, uomini e donne, a ciascuno di essi, una focaccia di pane, una porzione di carne e una schiacciata di uva passa. Poi stabilí davanti all’arca dell’Eterno alcuni fra i Leviti a prestare servizio, per far ricordare, per ringraziare e per lodare l’Eterno, il DIO d’Israele: Asaf il capo, Zaccaria il secondo dopo di lui, poi Jeiel. Scemiramoth, Jehieh, Mattithiah, Eliab, Benaiah, Obed-Edom e Jeiel. Essi suonavano arpe e cetre, mentre Asaf suonava cembali. I sacerdoti Benaiah e Jahaziel invece suonavano del continuo la tromba davanti all’arca del patto di DIO. In quel giorno Davide affidò per la prima volta ad Asaf e ai suoi fratelli l’incarico di cantare le lodi dell’Eterno. Celebrate l’Eterno, invocate il suo nome; fate conoscere le sue opere fra i popoli. Cantate a lui, cantate lodi a lui, meditate su tutte le sue meraviglie. Gloriatevi nel suo santo nome; si rallegri il cuore di quanti cercano l’Eterno! Cercate l’Eterno e la sua forza, cercate del continuo la sua faccia! Ricordate le meraviglie che egli ha fatto, i suoi miracoli e i giudizi della sua bocca voi, o progenie d’Israele, suo servo, o figli di Giacobbe, suoi eletti! Egli è l’Eterno, il nostro DIO; i suoi giudizi sono su tutta la terra. Ricordatevi sempre del suo patto, della parola da lui comandata per mille generazioni, del patto che stipulò con Abrahamo, del suo giuramento fatto a Isacco. che confermò a Giacobbe come uno statuto e a Israele come un patto eterno. dicendo »Io ti darò il paese di Canaan come porzione della vostra eredità«. quando non eravate che un piccolo numero, pochissimi e stranieri nel paese. Quando andavano da nazione a nazione, da un regno a un altro popolo, egli non permise che alcuno li opprimesse; anzi puní dei re per amor loro, dicendo: »Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti«. Cantate all’Eterno, o abitanti di tutta la terra, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza! Proclamate la sua gloria fra le nazioni e le sue meraviglie fra tutti i popoli! Poiché l’Eterno è grande e degno di somma lode; egli va temuto sopra tutti gli dèi. Poiché tutti gli dèi delle nazioni sono idoli, ma l’Eterno ha fatto i cieli. Splendore e maestà sono davanti a lui, forza e gioia sono nella sua dimora. Date all’Eterno, o famiglie dei popoli, date all’Eterno gloria e forza. Date all’Eterno la gloria dovuta al suo nome, portategli offerte e venite davanti a lui. Prostratevi davanti all’Eterno nello splendore della sua SANTITA’; tremate davanti a lui, o abitanti di tutta la terra! Sí, il mondo è stabile e non sarà smosso. Si rallegrino i cieli e gioisca la terra e dicano fra le nazioni: »L’Eterno regna«. Rumoreggi il mare e tutto ciò che è in esso allora tutti gli alberi della foresta manderanno grida di gioia davanti all’Eterno, perché egli viene a giudicare la terra. Celebrate l’Eterno, perché egli è buono, perché la sua benignità dura in eterno. Dite: »Salvaci, o DIO della nostra salvezza! Raccoglici e liberaci dalle nazioni, affinché celebriamo il tuo santo nome e ci gloriamo nel lodarti«. Benedetto sia l’Eterno, il DIO d’Israele, d’eternità in eternità! E tutto il popolo disse: »Amen«, e lodò l’Eterno. Cosí Davide lasciò Asaf e i suoi fratelli là davanti all’arca, del patto dell’Eterno, perché prestassero continuamente servizio davanti all’arca, secondo le necessità di ogni giorno. Lasciò anche Obed-Edom e i suoi sessantotto fratelli (Obed-Edom figlio di Jeduthun, e Hosah come portinai) e il sacerdote Tsadok e i sacerdoti suoi fratelli davanti al tabernacolo dell’Eterno sull’alto luogo che era a Gabaon, perché offrissero all’Eterno olocausti sull’altare, degli olocausti, continuamente mattina e sera, secondo tutto ciò che sta scritto nella legge dell’Eterno che egli aveva imposto a Israele. E con essi erano Heman Jeduthun e gli altri che erano stati scelti e designati per nome per lodare l’Eterno perché la sua benignità dura in eterno. Con essi c’erano pure Heman e Jeduthun con trombe e cembali, per quelli che dovevano suonare, e con strumenti musicali per accompagnare i canti di DIO. I figli di Jeduthun dovevano stare alla porta. Infine tutto il popolo fece ritorno ciascuno a casa sua, e Davide ritornò per benedire la propria casa. Or avvenne che Davide dopo che si era stabilito nella sua casa disse al profeta Nathan: »Ecco, io abito in una casa di cedro mentre l’arca del patto dell’Eterno si trova sotto una tenda«. Nathan rispose a Davide: »Fa’ tutto ciò che hai in cuore, perché Dio è con te«. Ma quella stessa notte la parola di DIO fu rivolta a Nathan, dicendo: »Va’ a dire al mio servo Davide "Cosí dice l’Eterno: Non sarai tu a costruirmi una casa in cui possa dimorare. Infatti non ho mai abitato in una casa dal giorno in cui feci uscire Israele dall’Egitto fino ad oggi; ma sono andato di tenda in tenda e da una dimora all’altra. Dovunque sono andato con tutto Israele, ho io mai parlato ad alcuno dei giudici d’Israele, ai quali avevo comandato di pascere il mio popolo, dicendo: »Perché non mi costruite una casa di cedro?«. Ora dunque parlerai cosí al mio servo Davide: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: lo ti presi dall’ovile, mentre seguivi le pecore, per costituirti principe sul mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho sterminato davanti a te tutti i tuoi nemici e ho reso il tuo nome come quello dei grandi che sono sulla terra. Inoltre assegnerò un posto al mio popolo Israele e lo pianterò perché abiti in casa sua e non sia piú sballottato, e i malvagi non continuino a devastarlo come prima, fin da quando ho stabilito i giudici sul mio popolo Israele, Umilierò pure tutti i tuoi nemici. Inoltre ti annunzio che l’Eterno ti costruirà una casa. Quando i tuoi giorni si compiranno e tu andrai a raggiungere i tuoi padri, io farò sorgere un tuo discendente, che sarà uno dei tuoi figli, e consoliderò il suo regno. Egli mi costruirà una casa e io renderò saldo il suo trono per sempre. lo sarò per lui un padre ed egli sarà per me un figlio; e non ritirerò da lui il mio favore come l’ho ritirato da colui che ti ha preceduto. Io lo renderò saldo per sempre nella mia casa e nel mio regno, e il suo trono sarà reso stabile per sempre"«. Nathan parlò a Davide, secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione. Allora il re Davide entrò, si sedette davanti all’Eterno e disse: »Chi sono io, o Eterno DIO, che cosa è la mia casa, perché tu mi abbia fatto arrivare fino qui? Eppure questo è parso poca cosa ai tuoi occhi, o DIO; tu hai pure parlato della casa del tuo servo per un lontano avvenire e mi hai riguardato come se fossi un uomo di alto rango, o Eterno DIO. Che cosa potrebbe ancora dirti Davide per l’onore fatto al tuo servo? Tu che conosci infatti il tuo servo. O Eterno, per amore del tuo servo secondo il tuo cuore, hai compiuto tutto queste opere potenti per far conoscere tutte queste grandi cose. O Eterno, nessuno è simile a te e non c’è altro DIO fuori di te, secondo tutto ciò che abbiamo udito con le nostre orecchie. E chi è come il tuo popolo Israele l’unica nazione sulla terra che DIO sia venuto a redimere per farne il suo popolo, per farti un nome con cose grandi tremende, scacciando le nazioni davanti al tuo popolo che tu hai redento dall’Egitto? Tu hai fatto del tuo popolo Israele tuo proprio popolo per sempre; e tu, Eterno, sei divenuto il loro DIO. Or dunque, o Eterno, la parola che hai pronunciato riguardo al tuo servo alla sua casa rimanga stabile per sempre! Fa’ come hai detto! Sí, rimanga stabile, affinché il tuo nome sia magnificato per sempre e si possa dire: »L’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, è veramente DIO per Israele«; e la casa del tuo servo Davide sia resa stabile davanti a te! Poiché tu stesso, o mio DIO, hai rivelato al tuo servo che gli avresti costruito una casa. Per questo il tuo servo ha trovato il coraggio di pregare alla tua presenza. E ora, o Eterno, tu Sei DIO e hai promesso questo bene al tuo servo. Pertanto ti piaccia di benedire la casa del tuo servo, perché sussista per sempre davanti a te, perché ciò che tu benedici, o Eterno, è benedetto per sempre«. Dopo queste cose, Davide sconfisse i Filistei e li umiliò, e tolse di mano ai Filistei Gath e i suoi villaggi limitrofi. Sconfisse pure i Moabiti; e i Moabiti divennero sudditi e tributari di Davide. Davide sconfisse inoltre Hadarezer, re di Tsobah, fino a Hamath, mentre egli andava a stabilire il suo dominio lungo il fiume Eufrate. Davide gli prese mille carri, settemila cavalieri e ventimila fanti. Davide tagliò pure i garetti a tutti i cavalli, ma ne risparmiò abbastanza per cento carri Quando i Siri, di Damasco vennero per soccorrere Hadarezer, re di Tsobah, Davide uccise ventiduemila uomini dei Siri. Poi Davide mise delle guarnigioni nella Siria, di Damasco, e i Siri divennero sudditi e tributari di Davide; e l’Eterno proteggeva Davide dovunque egli andava. Davide prese gli scudi d’oro che i servi di Hadarezer avevano con sé e li portò a Gerusalemme. Davide prese anche una grande quantità di bronzo a Tibhath e a Kun, città di Hadarezer. Con questo Salomone fece il mare di bronzo, le colonne, e gli utensili di bronzo. Quando Tou, re di Hamath, venne a sapere che Davide aveva sconfitto tutto l’esercito di Hadarezer, redi Tsobah, mandò al re Davide Hadoram, suo figlio, per salutarlo e per benedirlo, perché aveva mosso guerra a Hadarezer e l’aveva sconfitto (Hadarezer era sempre in guerra con Tou); e Hadoram portò con sé ogni sorta di vasi d’oro, d’argento e di bronzo. Il re Davide consacrò anche questi all’Eterno, come aveva già consacrato l’argento e l’oro che aveva preso a tutte le nazioni, e cioè, agli Edomiti, ai Moabiti, agli Ammoniti, ai Filistei e agli Amalekiti. Inoltre Abishai, figlio di Tseruiah, sconfisse diciottomila Edomiti nella valle del Sale. Pose guarnigioni anche in Idumea e tutti gli Edomiti divennero sudditi di Davide; e l’Eterno proteggeva Davide dovunque egli andava. Cosí Davide regnò su tutto Israele, pronunciando giudizi e amministrando la giustizia a tutto il suo popolo. Joab, figlio di Tseruiah, era capo dell’esercito; Giosafat, figlio di Ahilud, era archivista; Tsadok, figlio di Ahitub, e Abimelek, figlio di Abiathar, erano sacerdoti; Shavsha era segretario; Benaiah, figlio di Jehoiada, era capo dei Kerethei e dei Pelethei, i figli di Davide erano i primi al fianco del re. Dopo queste cose avvenne che Nahash, re dei figli di Ammon, morí e suo figlio regnò al suo posto. Davide disse: »lo voglio usare con Hanun figlio di Nahash, la stessa benevolenza che suo padre usò con me«. Così Davide inviò messaggeri per consolarlo della perdita del padre. Ma quando i servi di Davide giunsero nel paese dei figli di Ammon presso Hanun per consolarlo, i capi dei figli di Ammon dissero a Hanun: »Credi che Davide ti abbia mandato dei consolatori per onorare tuo padre? I suoi servi non sono forse venuti da te per esplorare, distruggere e spiare il paese?«. Allora Hanun prese i servi di Davide, li fece radere e fece tagliare le loro vesti a metà fino alle natiche, poi li lasciò andare. Intanto alcuni andarono a riferire a Davide ciò che era accaduto a quegli uomini; allora Davide mandò ad incontrarli, perché essi erano pieni di vergogna. Il re fece dire loro: »Rimanete a Gerico, finché vi ricresca la barba, poi tornerete«. Quando i figli di Ammon si accorsero di essersi resi odiosi a Davide. Hanun e gli Ammoniti mandarono mille talenti, d’argento per assoldare al loro servizio carri e cavalieri dalla Mesopotamia, dai Siri di Maakah e da Tsobah. Assoldarono pure trentaduemila carri e il re di Maakah con il suo popolo, che vennero ad accamparsi di fronte a Medeba. Intanto i figli di Ammon si erano radunati dalle loro città per andare a combattere. Quando Davide udí questo, inviò contro di loro Joab e tutto l’esercito di uomini valorosi. I figli di Ammon uscirono e si schierarono in ordine di battaglia alla porta della città, mentre i re che erano venuti in loro aiuto stavano a parte nella campagna. Quando Joab si rese conto che aveva contro di sé due fronti di battaglia, uno davanti e l’altro dietro, scelse alcuni fra gli uomini migliori d’Israele, e li dispose in ordine di battaglia contro i Siri; affidò quindi il resto del popolo agli ordini di suo fratello Abishai; questi si schierarono contro i figli di Ammon; poi gli disse: »Se i Siri sono piú forti di me, tu mi verrai in aiuto; se invece i figli di Ammon sono piú forti di te, allora verrò io in tuo aiuto. Sii coraggioso e mostriamoci forti per il nostro popolo e per le città del nostro DIO; e l’Eterno faccia ciò che a lui piacerà«. Poi Joab con la gente che aveva con sé avanzò per dar battaglia ai Siri; ma essi fuggirono davanti a lui. Quando i figli di Ammon videro che i Siri erano fuggiti, fuggirono anch’essi davanti ad Abishai, fratello di Joab, e rientrarono nella città. Allora Joab tornò a Gerusalemme. I Siri, visto che erano stati sconfitti da Israele, inviarono messaggeri e fecero venire i Siri che stavano al di là del fiume. Alla loro testa era Shofak, capo dell’esercito di Hadarezer. Quando Davide fu informato della cosa, radunò tutto Israele, passò il Giordano, marciò contro di loro e si schierò in ordine di battaglia contro di loro. Come Davide si fu schierato in ordine di battaglia contro i Siri, questi gli diedero battaglia. Ma i Siri fuggirono davanti a Israele; e Davide uccise ai Siri settemila cavalieri e quarantamila fanti; uccise pure Shofak, capo dell’esercito. Quando i servi di Hadarezer si videro sconfitti da Israele fecero pace con Davide e furono a lui sottoposti. Cosí i Siri, non vollero piú prestare aiuto ai figli di Ammon. Con l’inizio del nuovo anno, nel tempo in cui i re vanno a combattere, Joab condusse fuori un poderoso esercito e devastò il paese dei figli di Ammon; quindi andò ad assediare Rabbah, mentre Davide rimase a Gerusalemme; Joab battè Rabbah e la distrusse. Allora Davide tolse dalla testa del loro re la corona e trovò che pesava un talento, d’oro, e in essa c’erano delle pietre preziose; essa fu quindi posta sulla testa di Davide. Inoltre egli portò via dalla città un grandissimo bottino. Fece poi uscire gli abitanti che erano nella città e li mise al lavoro con seghe, erpici di ferro e scuri. Cosí fece Davide a tutte le città dei figli di Ammon. Poi Davide tornò a Gerusalemme con tutto il popolo. Dopo queste cose ci fu a Ghezer una battaglia con i Filistei; allora Sibbekai di Hushah uccise Sippai, uno dei discendenti dei giganti; e i Filistei furono umiliati. Ci fu un’altra battaglia con i Filistei Elhanan, figlio di Jair, uccise Lahmi, fratello di Goliath di Gath, l’asta della cui lancia era come un subbio da tessitore. Ci fu ancora una battaglia a Gath, dove vi era un uomo di grande statura, che aveva sei dita per ogni mano e sei dita per ogni piede, in tutto ventiquattro dita; anch’egli era un discendente dei giganti. Egli insultò Israele e Gionathan figlio di Scimeah, fratello di Davide, lo uccise. Questi erano nati dai giganti a Gath. Essi perirono per mano di Davide e per mano dei suoi servi. Or Satana si levò contro Israele, e istigò Davide a fare il censimento d’Israele. Cosí Davide disse a Joab e ai capi del popolo: »Andate, fate il censimento degli Israeliti da Beer-Sceba, a Dan; quindi presentatemi il rapporto perché conosca il loro numero«. Joab rispose: »L’Eterno moltiplichi il suo popolo cento volte tanto. Ma, o re mio signore, non sono forse tutti servi del mio signore? Perche il mio signore richiede questo? Perché rendere Israele colpevole?«. Ma la richiesta del re prevalse contro Joab. Perciò Joab partí, percorse tutto Israele e tornò quindi a Gerusalemme. Joab consegnò a Davide il numero del censimento del popolo: in tutto Israele c’erano unmilionecentomila uomini atti a maneggiare la spada, e in Giuda quattrocentosettantamila uomini atti a maneggiare la spada. Ma nel censimento di questi Joab non incluse Levi e Beniamino, perché la richiesta del re era per lui abominevole. Questa cosa dispiacque a DIO, perciò colpí Israele. Cosí Davide disse a DIO: »Ho gravemente peccato facendo questa cosa; ma ora, ti prego, rimuovi l’iniquità del tuo servo, perché ho agito con grande stoltezza«. Allora l’Eterno parlò a Gad, il veggente di Davide, dicendo: »Va’ a dire a Davide: »Cosí dice l’Eterno: lo ti propongo tre cose: scegliti una di queste, e io la eseguirò per te««. Gad andò da Davide e gli disse: »Cosí dice l’Eterno: Scegliti o tre anni di carestia, oppure tre mesi di distruzione davanti ai tuoi avversari, durante i quali la spada dei tuoi nemici ti raggiungerà, oppure tre giorni di spada dell’Eterno, ossia la peste nel paese, durante i quali l’angelo, dell’Eterno porterà la distruzione in tutto il territorio d’Israele. Ora fammi sapere la risposta che devo riferire a colui che mi ha mandato«. Davide disse a Gad: »Io sono in una grande angoscia! Deh, che io cada nelle mani dell’Eterno, perché le sue compassioni sono grandissime, ma che non cada nelle mani degli uomini!«. L’erezione dell’altare e l’offerta dei sacrifici da parte di Davide pone fine alla calamità Cosí l’Eterno mandò la peste in Israele, e morirono settantamila Israeliti. DIO mandò pure un angelo a Gerusalemme per distruggerla; ma, mentre egli si apprestava a distruggere, l’Eterno volse lo sguardo, si pentí della calamità inflitta e disse all’angelo che distruggeva: »Ora basta! Trattieni la tua mano!«. L’angelo dell’Eterno stava in piedi presso l’aia di Ornan, il Gebuseo. Davide, alzati gli occhi, vide l’angelo dell’Eterno che stava fra terra e cielo con in mano una spada sguainata, tesa sopra Gerusalemme. Allora Davide e gli anziani, vestiti di sacco, caddero con la faccia a terra. Davide disse a DIO: »Non sono forse stato io a ordinare il censimento del popolo? Sono stato io a peccare e a fare il male, ma costoro, il gregge, che cosa hanno fatto? Ti prego, o Eterno, DIO mio, si volga la tua mano contro di me e contro la casa di mio padre, ma non colpisca il tuo popolo con questa calamità«. Allora l’angelo dell’Eterno ordinò a Gad di dire a Davide che Davide salisse ad erigere un altare, all’Eterno nell’aia di Ornan, il Gebuseo. Cosí Davide salí secondo la parola che Gad aveva pronunziato nel nome dell’Eterno. Ornan si voltò e vide l’angelo; perciò i suoi quattro figli che erano con lui si nascosero, ma Ornan continuò a battere il grano. Quando Davide giunse presso Ornan, Ornan guardò e riconobbe Davide; uscí quindi dall’aia e si prostrò davanti a Davide con la faccia a terra. Allora Davide disse a Ornan: »Cedimi l’area dell’aia, perché vi costruisca un altare all’Eterno; cedimelo per tutto il suo valore, affinché la calamità cessi di infierire sul popolo«. Ornan disse a Davide: »Prenditelo, e Il re, mio signore, faccia ciò che meglio gli pare; ecco, lo ti do anche i buoi per gli olocausti, gli attrezzi da trebbiare per legna e il grano per l’oblazione di cibo, ti do tutto«. Ma il re Davide disse a Ornan: »No! Io lo voglio acquistare per l’intero suo valore, perché non prenderò per l’Eterno ciò che appartiene a te e non offrirò un olocausto che non mi costi nulla«. Cosí Davide diede a Ornan come prezzo del terreno il peso di seicento sicli, d’oro. Quindi Davide vi costruí un altare all’Eterno, offrí olocausti e sacrifici di ringraziamento e invocò l’Eterno, che gli rispose con il fuoco, che discese dal cielo sull’altare dell’olocausto. Allora l’Eterno comandò all’angelo, di rimettere la sua spada nel fodero. In quel tempo Davide, vedendo che l’Eterno lo aveva esaudito nell’aia d’Ornan, il Gebuseo, vi offrí dei sacrifici. Infatti il tabernacolo dell’Eterno che Mosè aveva costruito nel deserto e l’altare degli olocausti si trovavano allora sull’alto luogo di Gabaon, Ma Davide non poteva andare davanti a quell’altare a consultare DIO, perché si era spaventato davanti alla spada dell’angelo dell’Eterno. Poi Davide disse: »Questa è la casa dell’Eterno DIO e questo è l’altare degli olocausti per Israele«. Allora Davide ordinò di radunare gli stranieri che erano nel paese d’Israele e diede incarico agli scalpellini di squadrare pietre per costruire la casa di DIO. Davide preparò pure ferro in abbondanza per i chiodi dei battenti delle porte e per i ganci, una quantità di bronzo di peso incalcolabile, e legno di cedro da non potersi contare, perché i Sidoni e i Tiri avevano portato a Davide legno di cedro, in abbondanza. Davide diceva: »Salomone, mio figlio, è giovane e inesperto e la casa che si deve costruire all’Eterno, sarà estremamente magnifica e acquisterà fama e gloria in tutti i paesi; farò quindi i preparativi per essa«. Cosí Davide, prima di morire, fece ingenti preparativi. Poi chiamò suo figlio Salomone e gli ordinò di costruire una casa all’Eterno, il DIO d’Israele. Davide disse a Salomone: »Figlio mio, lo stesso avevo in cuore di costruire una casa, al nome dell’Eterno, il mio DIO; ma la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Tu hai versato molto sangue e hai fatto molte guerre; perciò non costruirai una casa al mio nome, perché hai versato molto sangue sulla terra davanti a me. Ma ecco, ti nascerà un figlio, che sarà uomo pacifico e io gli darò riposo da parte di tutti i suoi nemici tutt’intorno. Egli si chiamerà Salomone e nei suoi giorni darò pace e tranquillità a Israele. Egli costruirà una casa al mio nome; egli sarà per me un figlio e io sarò per lui un padre; e renderò stabile il trono del suo regno su Israele per sempre". Ora, figlio mio, l’Eterno sia con te affinché tu prosperi e costruisca la casa dell’Eterno, il tuo DIO, come egli ha detto di te. Solamente l’Eterno ti dia sapienza e intelligenza e ti affidi la responsabilità su Israele, per osservare la legge dell’Eterno, il tuo DIO. Allora prospererai, se avrai cura di mettere in pratica gli statuti e i decreti che l’Eterno prescrisse a Mosè per Israele. Sii forte e coraggioso, non temere e non sgomentarti. Ecco, io mi sono preoccupato di preparare per la casa dell’Eterno centomila talenti d’oro, un milione di talenti d’argento e una tale quantità di bronzo e di ferro da non potersi pesare. Ho anche preparato legname e pietre; e tu potrai aggiungerne ancora. Inoltre hai con te molti operai: scalpellini, lavoratori della pietra e del legno e ogni sorta di esperti in qualsiasi genere di lavoro. Di oro argento, bronzo e ferro, ce n’è una quantità incalcolabile. Levati dunque e mettiti al lavoro, e l’Eterno sia con te!«. Davide ordinò pure a tutti i capi d’Israele di aiutare Salomone, suo figlio, e disse loro: »Non è forse l’Eterno, il vostro DIO con voi, e non vi ha dato riposo tutt’intorno? Infatti egli ha messo nelle mie mani gli abitanti del paese, e il paese è assoggettato davanti all’Eterno e davanti al suo popolo. Ora perciò disponete il vostro cuore e la vostra anima a cercare l’Eterno, vostro DIO; poi levatevi e costruite il santuario dell’Eterno DIO, per trasferire l’arca del patto dell’Eterno e gli oggetti consacrati a DIO nel tempio che sarà costruito al nome dell’Eterno«. Davide, ormai vecchio e sazio di giorni, costituí re su Israele suo figlio Salomone. Egli radunò tutti i capi d’Israele assieme ai sacerdoti e ai Leviti. Si contarono i Leviti da trent’anni in su; e il numero degli individui maschi fu di trentottomila. Di questi ventiquattromila furono preposti a dirigere il lavoro della casa dell’Eterno, seimila erano magistrati e giudici, quattromila erano portinai e quattromila dovevano lodare l’Eterno con gli strumenti che Davide aveva fatto per celebrarlo. Davide li divise in classi, secondo i figli di Levi: Ghershom, Kehath e Merari. Dei Ghershoniti: Ladan e Scimei. Figli di Ladan: Jeiel, il capo, Zetham e Joel; tre in tutto. Figli di Scimei: Scelomith, Haziel e Haran, tre in tutto. Questi erano i capi delle famiglie paterne di Ladan. Figli di Scimei: Jahath, Zina, Jeush e Beriah. Questi erano i quattro figli di Scimei. Jahath era il capo, Zina, il secondo; Jeush e Beriah non ebbero molti figli perciò nel censimento formarono una sola casa paterna. Figli di Kehath: Amram, Itshar, Hebron e Uzziel; quattro in tutto. Figli di Amram: Aaronne e Mosè Aaronne fu appartato per consacrare le cose sacrosante, lui e i suoi figli per sempre, per bruciare incenso, davanti all’Eterno, per servirlo e per benedire il suo nome per sempre. Quanto a Mosè, l’uomo di DIO, i suoi figli furono calcolati nella tribú di Levi. I figli di Mosè furono Gershom e Eliezer. Dei figli di Ghershom, Scebuel fu il capo. Dei figli di Eliezer, Rehabiah fu il capo. Eliezer non ebbe altri figli, ma i figli di Rehabiah furono numerosissimi. Dei figli di Itshar. Scelomith fu il capo. Dei figli di Hebron Jerijah fu il capo, Amariah il secondo, Jahaziel il terzo e Jekameam il quarto. Dei figli di Uzziel, Mikah fu il capo e Ishshiah il secondo. I figli di Merari furono Mahli e Musci. I figli di Mahli furono Eleazar e Kish. Eleazar morí e non ebbe figli, ma solo figlie le quali sposarono i figli di Kish, loro fratelli. I figli di Musci furono Mahli, Eder e Jeremoth; tre in tutto. Questi furono i figli di Levi secondo le loro case paterne, i capi delle case paterne secondo il censimento, fatto contando i nomi uno per uno. Essi erano incaricati del servizio della casa dell’Eterno dai vent’anni in su. Poiché Davide aveva detto: »L’Eterno, DIO d’Israele, ha dato riposo al suo popolo, perché egli potesse dimorare in Gerusalemme per sempre. Cosí i Leviti, non avranno piú da trasportare il tabernacolo, e tutti gli oggetti per il suo servizio«. Secondo le ultime disposizioni di Davide si fece il censimento dei figli di Levi dai vent’anni in su. Poiché il loro compito era quello di aiutare i figli di Aaronne nel servizio della casa dell’Eterno nei cortili, nelle camere, nella purificazione di tutte le cose sacre, nel lavoro di servizio della casa di DIO. con i pani della presentazione, con il fior di farina per l’offerta di cibo, con le focacce non lievitate, con le cose da cuocere nella padella, con ciò che era mescolato con olio e con tutte le misure, e dimensioni. Essi dovevano inoltre presentarsi ogni mattina per celebrare e lodare l’Eterno, e cosí pure ogni sera e per offrire del continuo davanti all’Eterno tutti gli olocausti, secondo il numero che la legge imponeva loro nei sabati, nei noviluni e nelle feste solenni. Essi dovevano inoltre eseguire i compiti riguardanti la tenda di convegno e il santuario, e assistere i figli di Aaronne loro fratelli nel servizio della casa dell’Eterno. Le classi dei figli di Aaronne furono queste. I figli di Aaronne furono Nadab, Abihu Eleazar e Ithamar. Nadab e Abihu morirono prima del loro padre senza lasciare figli; perciò esercitarono il sacerdozio Eleazar e Ithamar. Poi Davide, insieme a Tsadok dei figli di Eleazar e ad Ahimelek dei figli di Ithamar li divise secondo i compiti del loro servizio. Poiché si trovarono piú capifamiglia tra i figli di Eleazar che tra i figli di Ithamar, essi furono divisi cosí: per i figli di Eleazar, sedici capi di case paterne, e per i figli di Ithamar, otto capi secondo le loro case paterne. Essi furono divisi a sorte tanto gli uni che gli altri, perché c’erano principi del santuario e principi di DIO sia fra i figli di Eleazar che tra i figli di Ithamar. Lo scriba Scemaiah, figlio di Nathaneel, un Levita, li iscrisse alla presenza del re, dei principi del sacerdote Tsadok, di Ahimelek figlio di Abiathar e dei capi delle case paterne dei sacerdoti e dei Leviti. Si tirò a sorte una casa paterna per Eleazar e una per Ithamar. Il primo designato dalla sorte fu Jehoiarib il secondo Jedaiah. il terzo Harim, il quarto Seorim. il quinto Malkijah il sesto Mijamim, il settimo Hakkots l’ottavo Abijah. il nono Jeshua, il decimo Scekaniah, l’undicesimo Eliascib, il dodicesimo Jakim, il tredicesimo Huppah il quattordicesimo Jescebeab, il quindicesimo Bilgah, il sedicesimo Immer, il diciassettesimo Hezir, il diciottesimo Happitsets, il diciannovesimo Pethahiah, il ventesimo Jehezekel, il ventunesimo Jakin, il ventiduesimo Gamul, il ventitreesimo Delaiah, il ventiquattresimo Maaziah. Questi erano i turni per il loro servizio, quando entravano nella casa dell’Eterno, secondo le norme stabilite per loro da Aaronne, loro padre, come gli aveva comandato l’Eterno il DIO d’Israele. Quanto al resto dei figli di Levi, dei figli di Amram, Shubael; dei figli di Shubael, Jehdia. Per Rehabiah, dei figli di Rehabiah il capo era Ishshiah. Per gli Itshariti, Scelomoth; per i figli di Scelomoth, Jahath. Dei figli di Hebron, Jeriah fu il primo, Amariah il secondo, Jahaziel il terzo e Jekameam il quarto. Dei figli di Uzziel, Mikah, dei figli di Mikah, Shamir; il fratello di Mikah, Ishshiah; dei figli di Ishshiah, Zaccaria. I figli di Merari furono Mahli e Musci; il figlio di Jaaziah, Beno. I figli di Merari tramite Jaaziah furono Beno, Shoham, Zakkur e Ibri. Di Mahli, Eleazar, che non ebbe figli. Di Kish, il figlio di Kish, Jerahmeel. I figli di Musci furono Mahli, Eder e Jerimoth. Questi furono i figli dei Leviti, secondo le loro case paterne. Anch’essi, come i figli di Aaronne loro fratelli, tirarono a sorte alla presenza del re Davide, di Tsadok, di Ahimelek e dei capi delle case paterne dei sacerdoti e dei Leviti. I capi delle case paterne furono trattati nello stesso modo dei loro giovani fratelli. Poi Davide e i capi dell’esercito appartarono per il servizio alcuni dei figli di Asaf, di Heman, e di Jeduthun perché cantassero inni sotto ispirazione con cetre, con arpe e con cembali. Il numero degli uomini che prestavano questo servizio era: dei figli di Asaf: Zakkur, Josef, Nethaniah, Asarelah; i figli di Asaf erano sotto la direzione di Asaf, che cantava gli inni sotto ispirazione in base agli ordini del re. Di Jeduthun, i figli di Jeduthun: Ghedaliah, Tseri, Jeshaiah, Scimei, Hashabiah e Mattihiah, sei, sotto la direzione del loro padre Jeduthun, che cantava inni sotto ispirazione con la cetra per celebrare e lodare l’Eterno. Di Heman, i figli di Heman: Bukkiah, Mattaniah, Uzziel, Scebuel, Jerimoth, Hananiah, Hanani, Eliathah, Ghiddalti, Romamti-Ezer, Joshbekashah, Mallothi, Hothir e Mahazioth. Tutti questi erano figli di Heman veggente del re, secondo la parola di DIO di esaltare la sua potenza. DIO infatti aveva dato a Heman quattordici figli e tre figlie. Tutti questi erano sotto la direzione del loro padre per cantare nella casa dell’Eterno con cembali, arpe e cetre per il servizio della casa di DIO. Asaf, Jeduthun e Heman stavano agli ordini del re. Il loro numero, insieme ai loro fratelli addestrati a cantare all’Eterno, tutti quelli veramente capaci, era di duecentottantotto. Per i loro turni di servizio tirarono a sorte i piccoli come i grandi, i maestri come i discepoli. Il primo designato dalla sorte per Asaf fu Josef, il secondo Ghedaliah, con i suoi fratelli e i suoi figli, dodici in tutto; il terzo fu Zakkur, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il quarto fu Jitsri, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il quinto fu Nethaniah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il sesto fu Bukkiah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il settimo fu Jesharelah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; l’ottavo fu Jeshaiah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il nono fu Mattaniah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il decimo fu Scimei, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; l’undicesimo fu Azarel, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il dodicesimo fu Hashabiah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il tredicesimo fu Shubael, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il quattordicesimo fu Mattithiah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il quindicesimo fu Jerimoth, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il sedicesimo fu Hananiah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il diciassettesimo fu Joshbekashah, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il diciottesimo fu Hanani, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il diciannovesimo fu Mallothi, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il ventesimo fu Eliathah, con i suoi figli e i suoi fratelli dodici in tutto; il ventunesimo fu Hothir, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il ventiduesimo fu Ghiddalti, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il ventitreesimo fu Mahazioth, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto; il ventiquattresimo fu Romamti-Ezer, con i suoi figli e i suoi fratelli, dodici in tutto. Per le classi dei portinai: dei Korahiti, Mescelemiah, figlio di Kore, dei figli di Asaf. I figli di Mescelemiah furono Zaccaria il primogenito, Jediael il secondo, Zebadiah il terzo, Jathniel il quarto. Elam il quinto, Jehohanan il sesto, Eljehoenai il settimo. I figli di Obed-Edom furono Scemaiah il primogenito, Jehozabad il secondo, Joah il terzo, Sakar il quarto, Nethanel il quinto; Ammiel il sesto, Issacar il settimo, Peulthai l’ottavo, poiché DIO l’aveva benedetto. A Scemaiah, suo figlio, nacquero dei figli che signoreggiarono sulle loro case paterne, perché erano uomini forti e valorosi. I figli di Scemaiah furono Othni, Rafael Obed e Elzabad, i cui fratelli Elihu e Semakiah furono uomini valorosi. Tutti questi erano figli di Obededom; essi, i loro figli e i loro fratelli erano uomini valenti e pieni di forza e adatti per il servizio: sessantadue discendenti di Obed-Edom. Mescelemiah ebbe figli e fratelli, diciotto uomini valorosi. Hosah, dei figli di Merari, ebbe per figli: Scimri il capo (sebbene non fosse il primogenito, suo padre lo costituí capo), Hilkiah il secondo, Tebaliah il terzo Zaccaria il quarto: tutti insieme i figli e i fratelli di Hosah erano tredici. A queste classi di portinai, tramite i loro capi, come anche ai loro fratelli furono affidati i compiti del servizio della casa dell’Eterno. Tirarono a sorte per ciascuna porta, i piccoli come i grandi, secondo le loro case paterne. Per la porta a est la sorte designò Scelemiah. Tirarono poi a sorte per suo figlio Zaccaria, un consigliere assennato e la sorte gli assegnò la porta a nord; A Obed-Edom a sud, e ai suoi figli i magazzini. A Shuppim e a Hosah a ovest, con la porta Shalleketh, sulla via della salita: un posto di guardia di fronte all’altro. Sul lato est erano fissi sei Leviti ogni giorno, sul lato nord quattro ogni giorno, sul lato sud quattro ogni giorno, e ai magazzini due per ciascuno. Al Parbar, sul lato ovest, erano addetti quattro per la strada e due per il Parbar. Queste erano le classi dei portinai scelti tra i figli di Kore e i figli di Merari. Dei Leviti, Ahijah era preposto ai tesori della casa di DIO e ai tesori delle cose consacrate. I figli di Ladan, i figli dei Ghershoniti discesi da Ladan, i capi delle case paterne di Ladan, il Ghershonita, cioè Jehieli. I figli di Jehieli, Zetham e Joel suo fratello, erano preposti ai tesori della casa dell’Eterno. Fra gli Amramiti, gli Jitshariti, gli Hebroniti e gli Uzzieliti; Scebuel, figlio di Ghershom, figlio di Mosè, era sovrintendente dei tesori. I suoi fratelli, tramite Eliezer, furono suo figlio Rehabiah, il cui figlio fu Jeshaiah, il cui figlio fu Joramil cui figlio fu Zikri, il cui figlio fu Scelomith. Questo Scelomith e i suoi fratelli erano preposti a tutti i tesori delle cose sacre, che il re Davide, i capi delle case paterne e i capi dell’esercito avevano consacrate. Essi avevano consacrato parte del bottino ottenuto in guerra per mantenere la casa dell’Eterno. Inoltre tutto ciò che era stato consacrato da Samuele il veggente, da Saul figlio di Kish, da Abner figlio di Ner e da Joab figlio di Tseruiah, e qualunque cosa consacrata da qualsiasi altro era sotto la responsabilità di Scelomith e dei suoi fratelli. Fra gli Jitshariti, Kenaiah e i suoi figli erano addetti agli affari esterni d’Israele, in qualità di magistrati e giudici. Fra gli Hebroniti Hashabiah e i suoi fratelli millesettecento uomini valorosi, furono preposti alla sorveglianza d’Israele, di qui dal Giordano, a occidente in tutti gli affari dell’Eterno e nel servizio del re. Jerijah era il capo degli Hebroniti secondo le generazioni delle loro case paterne. Nel quarantesimo anno del regno di Davide si fecero ricerche e si trovarono fra loro uomini forti e valorosi a Jazer di Galaad. I suoi fratelli erano duemilasettecento uomini valorosi, capi di case paterne. Il re Davide affidò loro la sorveglianza dei Rubeniti, dei Gaditi della mezza tribú di Manasse, per tutte le cose che riguardavano DIO e gli affari del re. Ora ecco i figli d’Israele, secondo il loro numero, i capi delle case materne i capi di migliaia e di centinaia e i loro ufficiali al servizio del re in tutto ciò che riguardava le divisioni che entravano e uscivano mese dopo mese, tutti i mesi dell’anno; ogni divisione era composta di ventiquattromila uomini. A capo della prima divisione, per il primo mese, c’era Jashobeam, figlio di Zabdiel, e la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Egli era dei figli di Perets ed era il capo di tutti gli ufficiali dell’esercito per il primo mese. A capo della divisione del secondo mese c’era Dodai, lo Ahohita; nella sua divisione l’ufficiale piú importante era Mikloth; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il capo della terza divisione per il terzo mese era Benaiah, figlio del sacerdote Jehoiada; egli era capo e la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Questo Benaiah era un prode fra i trenta e ora capo dei trenta; nella sua divisione c’era anche suo figlio Ammizabad. Il quarto capo per il quarto mese era Asahel, fratello di Joab; dopo di lui veniva suo figlio Zebadiah, la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il quinto capo per il quinto mese era il comandante Shamhuth, lo Izrahita; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il sesto capo per il sesto mese era Ira, figlio di Ikkesh il Tekoita; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il settimo capo per il settimo mese era Helets il Pelonita, dei figli di Efraim; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. L’ottavo capo per l’ottavo mese era Sibbekai lo Hushathita, degli Zarhiti; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il nono capo per il nono mese era Abiezer di Anatoth, dei Beniaminiti; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il decimo capo per il decimo mese era Maharai di Netofa degli Zerahiti; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. L’undicesimo capo per l’undicesimo mese era Benaiah di Pirathon, dei figli di Efraim; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Il dodicesimo capo per il dodicesimo mese era Heldai di Netofa, della famiglia di Othniel; la sua divisione comprendeva ventiquattromila uomini. Inoltre i capi sulle tribú d’Israele erano i seguenti: il capo sui Rubeniti era Eliezer figlio di Zikri; sui Simeoniti, Scefatiah figlio di Maakah; sui Leviti, Hashabiah figlio di Kemuel; su Aaronne Tsadok; su Giuda, Elihu, uno dei fratelli di Davide; su Issacar, Omri figlio di Mikael; su Zabulon, Ishmaiah figlio di Obadiah; su Neftali, Jerimoth figlio di Azriel; sui figli di Efraim, Hoshea figlio di Azariah; sulla mezza tribú di Manasse, Ioel figlio di Pedaiah; sulla mezza tribú di Manasse in Galaad Iddo figlio di Zaccaria, su Beniamino, Jaasiel figlio di Abner; su Dan, Azareel figlio di Jeroham. Questi erano i capi delle tribú d’Israele. Ma Davide non fece il censimento di quelli al di sotto dei vent’anni, perché l’Eterno aveva detto che avrebbe moltiplicato Israele come le stelle del cielo. Joab, figlio di Tseruiah, aveva cominciato il censimento, ma non lo portò a termine; per esso l’ira dell’Eterno si rovesciò su Israele e il numero dei censiti non fu riportato nelle Cronache del re Davide. Azmaveth, figlio di Adiel era preposto ai tesori del re; Gionathan, figlio di Uzziah, era preposto ai tesori che erano nella campagna, nelle città, nei villaggi e nelle torri; Ezri, figlio di Kelub, era preposto ai lavoratori dei campi che coltivavano la terra; Scimei da Ramah era preposto alle vigne; Zabdi di Sefam era preposto al prodotto delle vigne depositato nelle cantine; Baal-Hanan di Gheder era preposto agli uliveti e ai sicomori che erano in pianura; Joash era preposto ai depositi d’olio; Scitrai di Sharon era preposto alle mandrie che pascolavano a Sharon; Shafat, figlio di Adlai, era preposto alle mandrie che erano nelle valli; Obil, l’Ismaelita, era preposto ai cammelli, Jehdeiah di Merenoth era preposto agli asini; Jaziz, lo Hagarita, era preposto alle greggi. Tutti questi erano amministratori dei beni del re Davide. Gionathan, zio di Davide, era consigliere, uomo intelligente e scriba, Jehiel figlio di Hakmoni, stava con i figli del re; Ahithofel era consigliere del re Hushai, l’Arkita, era amico del re. Ad Ahithofel successero Jehoiada, figlio di Benaiah, e Abiathar; il capo dell’esercito del re era Joab. Or Davide convocò a Gerusalemme tutti i capi d’Israele, i capi delle tribú, i capi delle divisioni che erano al servizio del re, i capi di migliaia, i capi di centinaia, gli amministratori di tutti i beni e del bestiame appartenente al re e ai suoi figli, insieme con i funzionari, i prodi e tutti i guerrieri valorosi. Poi il re Davide si alzò in piedi e disse: »Ascoltatemi, fratelli miei e popolo mio! Io avevo in cuore di costruire una casa di riposo per l’arca, del patto dell’Eterno, per lo sgabello dei piedi del nostro DIO, e avevo fatto preparativi per costruirla. Ma DIO mi disse: »Tu non costruirai una casa al mio nome, perché sei stato uomo di guerra e hai sparso sangue«. Tuttavia l’Eterno, il DIO d’Israele, ha scelto me fra tutta la casa di mio padre, perché divenissi re d’Israele per sempre. Egli infatti ha scelto Giuda come principe e nella casa di Giuda la casa di mio padre e tra i figli di mio padre gli è piaciuto di fare me re di tutto Israele. Fra tutti i miei figli (poiché l’Eterno mi ha dato molti figli) egli ha scelto mio figlio Salomone, perché sieda sul trono del regno dell’Eterno sopra Israele. Egli mi ha detto: »Sarà tuo figlio Salomone che costruirà la mia casa e i miei cortili, perché mi sono scelto lui come figlio, e io sarò per lui come un padre. Renderò stabile il suo regno per sempre, se persevererà fermamente nei miei comandamenti e nei miei decreti, come fa oggi". Or dunque davanti a tutto Israele, l’assemblea dell’Eterno, e davanti al nostro DIO che ci ascolta, osservate e ricercate tutti i comandamenti dell’Eterno, il nostro DIO, affinché possiate possedere questo buon paese e lasciarlo in eredità ai vostri figli dopo di voi, per sempre. Tu, Salomone figlio mio, riconosci il DIO di tuo padre e servilo con cuore integro e con animo volenteroso, perché l’Eterno investiga tutti i cuori e comprende tutti gli intenti dei pensieri. Se tu lo cerchi, egli si lascerà trovare da te; ma se lo abbandoni, egli ti rigetterà per sempre. Ora considera che l’Eterno ti ha scelto per costruire una casa come santuario, sii forte e mettiti al lavoro!«. Allora Davide diede a suo figlio Salomone il progetto del portico del tempio, dei suoi edifici, delle sue stanze, dei cuoi tesori, delle sue stanze superiori, delle sue camere interne e del luogo per propiziatorio, e il progetto di tutto ciò che aveva in mente per lo Spirito riguardo ai cortili della casa dell’Eterno, a tutte le stanze laterali, ai tesori della casa di DIO e ai tesori delle cose consacrate. alle classi dei sacerdoti e dei Leviti, tutto il lavoro riguardante il servizio della casa dell’Eterno e a tutti gli utensili, necessari al servizio della casa dell’Eterno. Gli diede l’oro indicando il peso per gli oggetti d’oro, per tutti gli utensili usati in ogni genere di servizio, e l’argento indicando il peso per tutti gli utensili, d’argento, per tutti gli utensili usati in ogni genere di servizio. Gli diede pure il peso d’oro per i candelabri d’oro e per le loro lampade d’oro, indicando il peso di ogni candelabro e delle sue lampade, e il peso d’argento per i candelabri d’argento, indicando il peso per ogni candelabro e per le sue lampade, secondo l’uso di ogni candelabro. Gli diede, indicando il peso, l’oro per le tavole dei pani della presentazione, per ogni tavola, e l’argento per le tavole d’argento, e l’oro puro per i forchettoni, per le bacinelle e per i calici, e l’oro, indicando il peso, per le coppe d’oro, per ogni coppa, e l’argento, indicando il peso, per le coppe d’argento, per ogni coppa. Gli diede anche oro raffinato per l’altare, dell’incenso, indicando il peso, e per il modello del carro, cioè i cherubini d’oro che spiegavano le ali e coprivano l’arca del patto dell’Eterno. »Tutto questo«. disse Davide, »mi è stato dato per iscritto dalla mano dell’Eterno, che mi ha fatto comprendere tutti i lavori di questo progetto«. Davide disse quindi a suo figlio Salomone: »Sii forte e coraggioso e mettiti al lavoro, non temere e non sgomentarti, perché l’Eterno DIO il mio DIO, sarà con te. Egli non ti lascerà e non ti abbandonerà, finché non avrai terminato tutto il lavoro per il servizio della casa dell’Eterno. Ed ecco le classi dei sacerdoti e dei Leviti per tutto il servizio della casa di DIO; inoltre per ogni lavoro saranno a tua disposizione ogni sorta di esperti volenterosi in ogni attività; anche i capi e tutto il popolo saranno interamente ai tuoi ordini«. Poi il re Davide disse a tutta l’assemblea: »Salomone, mio figlio, il solo che DIO abbia scelto, è ancora giovane e inesperto, mentre l’opera è grande, perché questo palazzo non destinato a un uomo, ma all’Eterno DIO. Con tutte le mie possibilità ho fatto preparare per la casa del mio DIO oro per le cose d’oro, argento perle cose d’argento, bronzo per le cose di bronzo, ferro per le cose di ferro, legno per le cose di legno, pietre d’onice e pietre da incastonare, pietre brillanti e di diversi colori, ogni sorta di pietre preziose e marmo in gran quantità. Inoltre, poiché ho riposto il mio amore sulla casa del mio DIO, oltre a tutto ciò che ho preparato per la casa del santuario, dono per la casa del mio DIO il mio personale tesoro d’oro e d’argento: tremila talenti d’oro, dell’oro di Ofir, e settemila talenti d’argento raffinato per rivestire le pareti del santuario, l’oro per le cose d’oro, l’argento per le cose d’argento e per tutti i lavori da eseguirsi a mano da abili artigiani. Chi è oggi disposto a riempire la sua mano per consacrarla all’Eterno?«. Allora i capi delle case paterne i capi delle tribú d’Israele, i capi delle migliaia e delle centinaia e gli amministratori degli affari del re fecero delle offerte volontarie, e diedero per il lavoro della casa di DIO cinquemila talenti d’oro, diecimila darici, d’oro, diecimila talenti d’argento, diciottomila talenti di bronzo e centomila talenti di ferro. Chiunque possedeva pietre preziose, le consegnò nelle mani di Jehiel, il Gherhonita, perché fossero riposte nel tesoro della casa dell’Eterno. Il popolo si rallegrò delle loro offerte volontarie, perché avevano fatto quelle offerte all’Eterno con tutto il cuore; anche il re Davide si rallegrò grandemente. Cosí Davide benedisse l’Eterno davanti a tutta l’assemblea e disse: »Benedetto sei tu, o Eterno, DIO di Israele, nostro padre, per tutta l’eternità. Tua, o Eterno è la grandezza, la potenza, la gloria, lo splendore, la maestà, perché tutto ciò che è in cielo e sulla terra è tuo. Tuo, o Eterno, è il regno, e tu ti innalzi sovrano sopra ogni cosa. Da te vengono la ricchezza e la gloria; tu domini su tutto; nella tua mano, sono la forza e la potenza, e tu hai il potere di rendere grande e di dare forza a tutti. Ora dunque, o DIO nostro, noi ti ringraziamo e celebriamo il tuo nome glorioso. Ma chi sono io e chi è il mio popolo, che siamo in grado di offrirti tutto questo spontaneamente? Tutte le cose infatti vengono da te, e noi ti abbiamo semplicemente dato ciò che abbiamo ricevuto dalla tua mano. Poiché noi siamo stranieri e pellegrini davanti a te come furono i nostri padri. I nostri giorni sulla terra sono come un’ombra e non c’è speranza. O Eterno, DIO nostro, tutta questa abbondanza di cose che abbiamo preparato per costruire un tempio a te, al tuo santo nome, viene dalla tua mano, è tutto tuo. lo so o mio DIO, che tu provi il cuore e ti compiaci della rettitudine. Perciò nella rettitudine del mio cuore ti ho offerto spontaneamente tutte queste cose, e ora vedo con gioia il tuo popolo, che è qui presente fare le sue offerte spontaneamente. O Eterno DIO di Abrahamo, di Isacco e di Israele, nostri padri, mantieni sempre queste disposizioni e pensieri nel cuore del tuo popolo e dirigi i loro cuori verso di te; e da’ a Salomone, mio figlio, un cuore integro, perché osservi i tuoi comandamenti, i tuoi precetti e i tuoi statuti, perché faccia tutte queste cose e costruisca il tempio per il quale ho fatto i preparativi«. Poi Davide disse a tutta l’assemblea: »Ora benedite l’Eterno, il vostro DIO«. Tutta l’assemblea allora benedisse l’Eterno, il DIO dei loro padri; si inchinarono e si prostrarono davanti all’Eterno e davanti al re. Il giorno dopo immolarono sacrifici all’Eterno e gli offrirono olocausti: mille torelli, mille montoni, mille agnelli con le relative libazioni, e numerosi sacrifici per tutto Israele. In quel giorno mangiarono e bevvero davanti all’Eterno con grande gioia; e per la seconda volta proclamarono re Salomone, figlio di Davide e lo unsero davanti all’Eterno perchè fosse principe e Tsadok perché fosse sacerdote. Poi Salomone sedette sul trono dell’Eterno come re al posto di Davide, suo padre; prosperò e tutto Israele gli ubbidí. Tutti i capi, gli uomini prodi e anche tutti i figli del re Davide si sottomisero al re Salomone. Cosí l’Eterno rese assai grande Salomone davanti a tutto Israele e gli diede una maestà regale che nessun altro re prima di lui in Israele aveva mai avuto. Ora Davide, figlio di Isai, regnò su tutto Israele. Il tempo che regnò sopra Israele fu di quarant’anni: a Hebron regnò sette anni, e a Gerusalemme regnò trentatrè anni. Morí molto vecchio d’età, sazio di giorni, di ricchezze e di gloria. Al suo posto regnò suo figlio Salomone. Ora le gesta del re Davide, le prime come le ultime, sono scritte nel libro del veggente Samuele, nel libro del profeta Nathan e nel libro del veggente Gad, con tutto ciò che riguarda il suo regno, la sua potenza e i fatti che accaddero a lui a Israele e a tutti i regni degli altri paesi.
Salomone, figlio di Davide, si stabilí saldamente nel suo regno, e l’Eterno, il suo DIO, fu con lui e lo rese estremamente grande. Salomone parlò a tutto Israele, ai capi delle migliaia e delle centinaia, ai giudici, a tutti i principi di tutto Israele, capi delle case paterne. Poi Salomone insieme a tutta l’assemblea si recò all’alto luogo, che c’era a Gabaon, perché là si trovava la tenda di convegno di DIO che Mosè, servo dell’Eterno, aveva costruito nel deserto. L’arca di DIO, invece, Davide l’aveva trasportata da Kirjath-Jearim al luogo che egli aveva preparato per essa; egli infatti aveva piantato per essa una tenda a Gerusalemme. L’altare di bronzo, fatto da Betsaleel, figlio di Uri, figlio di Ur, lo pose davanti al tabernacolo dell’Eterno. Salomone e l’assemblea vi andarono a ricercare l’Eterno. Là Salomone salí all’altare di bronzo davanti all’Eterno che era alla tenda di convegno, e su di esso offrí mille olocausti. In quella notte DIO apparve a Salomone e gli disse: »Chiedi ciò che vuoi che io ti conceda«. Salomone rispose a Dio: »Tu hai usato grande benevolenza a Davide, mio padre, e hai fatto regnare me al suo posto. Ora, o Eterno DIO, si avveri la tua promessa fatta a Davide mio padre, perché tu mi hai fatto re sopra un popolo numeroso come la polvere della terra! Dammi dunque sapienza e intelligenza, affinché io possa uscire ed entrare davanti a questo popolo, perché chi mai potrebbe governare questo tuo grande popolo?«. DIO disse a Salomone: »Poiché questa era la cosa che avevi in cuore e non mi hai chiesto né ricchezze né beni né gloria né la vita dei tuoi nemici e neppure hai chiesto una lunga vita, ma hai chiesto per te sapienza e intelligenza per poter governare il mio popolo sul quale ti ho costituito re, sapienza e intelligenza ti sono concesse. Ti darò inoltre ricchezze, beni e gloria, quali nessuno dei re che è stato prima di te ha mai avuto, né alcuno dopo di te avrà«. Salomone tornò quindi dall’alto luogo che era a Gabaon, dalla tenda di convegno, a Gerusalemme, e regnò sopra Israele. Salomone radunò carri e cavalieri, ed ebbe millequattrocento carri e dodicimila cavalieri, che collocò nelle città dei carri e presso il re a Gerusalemme. Inoltre il re fece in modo che in Gerusalemme l’argento e l’oro fossero comuni come le pietre, e i cedri abbondanti come i sicomori della pianura. I cavalli di Salomone erano importati dall’Egitto e da Kue; i mercanti del re li andavano a prendere a Kue per un prezzo convenuto. Essi facevano pure venire e importavano dall’Egitto un carro per seicento sicli, d’argento e un cavallo per centocinquanta. Cosí, per mezzo di questi mercanti, li esportavano a tutti i re degli Hittei e ai re della Siria. Poi Salomone decise di costruire un tempio per il nome dell’Eterno e una reggia per sé. Salomone arruolò settantamila uomini per portare pesi, ottantamila per estrarre pietre nelle montagne e tremilaseicento per sorvegliare su di loro. Poi Salomone mandò a dire a Hiram re di Tiro: »Come hai fatto con Davide mio padre, al quale mandasti cedri per costruirsi una casa in cui abitare, fa’ altrettanto con me. Ecco io sto per costruire un tempio al nome dell’Eterno, il mio DIO, per consacrarglielo, per bruciare davanti a lui incenso odoroso, esporre continuamente i pani della presentazione e offrire gli olocausti mattina e sera, nei sabati, nei noviluni e nelle feste stabilite dall’Eterno, il nostro DIO. Questa è una legge perpetua per Israele. Il tempio che io sto per costruire sarà grande, perché il nostro DIO è piú grande di tutti gli dèi. Ma chi sarà in grado di costruirgli un tempio dato che i cieli e i cieli dei cieli non lo possono contenere? E chi sono io da costruirgli un tempio, anche solo per bruciare incenso davanti a lui? Perciò ora mandami un uomo abile a lavorare l’oro, l’argento, il bronzo, il ferro, la porpora, lo scarlatto, il violaceo e che sappia fare ogni sorta d’intagli, lavorando insieme agli esperti che sono presso di me in Giuda, e a Gerusalemme, e che mio padre Davide ha preparato. Mandami anche dal Libano legname di cedro, di cipresso e di sandalo, perché so che i tuoi servi sono abili nel tagliare il legname del Libano; ed ecco, i miei servi lavoreranno con i servi tuoi, per prepararmi legname in abbondanza, perché il tempio che io sto per costruire sarà grande e meraviglioso. E ai tuoi servi che abbatteranno e taglieranno gli alberi io darò ventimila cori di grano, ventimila cori di orzo ventimila bati di vino e ventimila bati di olio«. E Hiram, re di Tiro, rispose con uno scritto, che mandò a Salomone: »Poiché l’Eterno ama il suo popolo, ti ha costituito re su di esso«. Hiram diceva anche: »Benedetto sia l’Eterno, il DIO d’Israele, che ha fatto i cieli e la terra, perché ha dato al re Davide un figlio saggio, pieno di intelligenza e di capacità, che edificherà un tempio per l’Eterno e una reggia per sé! Io ti mando un uomo abile e sapiente di mio padre Hiram, figlio di una donna delle figlie di Dan, mentre suo padre era un uomo di Tiro. Egli sa lavorare l’oro, l’argento, il bronzo, il ferro, la pietra, il legno, la porpora, il violaceo, il bisso, lo scarlatto, e sa fare qualsiasi intaglio e ogni disegno che gli venga affidato. Egli lavorerà con i tuoi esperti e con gli esperti del mio signore Davide, tuo padre. Ora dunque il mio signore mandi ai suoi servi il grano, l’orzo, l’olio e il vino, che egli ha promesso; e noi taglieremo tutti gli alberi del Libano di cui hai bisogno; te li porteremo quindi su zattere per mare fino a Jafo, e tu li farai trasportare a Gerusalemme«. Salomone recensí tutti gli stranieri che si trovavano nel paese d’Israele dopo il censimento che Davide suo padre aveva fatto di loro, ne furono trovati centocinquantatremilaseicento, e ne prese settantamila per portare pesi, ottantamila per tagliare pietre nella montagna e tremilaseicento sorveglianti che facessero lavorare il popolo. Salomone iniziò quindi a costruire la casa dell’Eterno a Gerusalemme sul monte Moriah, dove l’Eterno era apparso a Davide suo padre, nel luogo che Davide aveva preparato sull’aia di Ornan, il Gebuseo. Egli incominciò a costruire nel secondo giorno del secondo mese del quarto anno del suo regno. Queste sono le misure delle fondamenta gettate da Salomone per la costruzione della casa di DIO. La lunghezza era di sessanta cubiti (in cubiti dell’antica misura), e la larghezza di venti cubiti. Il portico davanti al tempio aveva venti cubiti di lunghezza, eguagliando la larghezza stessa del tempio, e centoventi di altezza. Egli rivestí l’interno di oro finissimo. Ricoprí l’aula maggiore di legno di cipresso, poi la rivesti d’oro fino e sopra vi fece scolpire palme e catenelle, Inoltre decorò l’aula di pietre preziose per ornamento; e l’oro era quello di Parvaim. Rivestí pure d’oro il tempio, le travi, le soglie, le pareti e le porte; e sulle pareti fece scolpire cherubini. Poi costruí il luogo santissimo. Esso aveva venti cubiti di lunghezza, eguagliando cosí la larghezza del tempio, e venti cubiti di larghezza. Lo ricoprí di oro fino del valore di seicento talenti. Il peso dell’oro per i chiodi era di cinquanta sicli. Rivestí d’oro anche le camere superiori. Nel luogo santissimo fece due cherubini scolpiti e li rivestí d’oro. L’apertura alare dei cherubini era di venti cubiti; un’ala di un cherubino lunga cinque cubiti, toccava la parete del tempio, mentre l’altra ala, pure lunga cinque cubiti, toccava l’ala del secondo cherubino. Un’ala del secondo cherubino, lunga cinque cubiti, toccava la parete del tempio, mentre l’altra ala, pure lunga cinque cubiti, toccava l’ala dell’altro cherubino. Le ali dispiegate di questi cherubini misuravano venti cubiti. Essi stavano ritti in piedi con la faccia rivolta verso l’interno del tempio. Fece pure il velo di filo violaceo, porporino, scarlatto e di bisso, e su di esso fece ricamare dei cherubini. Davanti al tempio fece due colonne di trentacinque cubiti di altezza; il capitello in cima a ciascuna di essa era di cinque cubiti. Fece pure delle catenelle, come quelle che erano nel santuario, e le pose in cima alle colonne; fece quindi cento melagrane e le mise sulle catenelle. Poi rizzó le colonne davanti al tempio una a destra e l’altra a sinistra: e quella di destra la chiamò Jakin e quella di sinistra Boaz. Poi fece un altare di bronzo lungo venti cubiti, largo venti cubiti e alto dieci cubiti. Fece pure il mare di metallo fuso, di forma circolare, che da un orlo all’altro misurava dieci cubiti; la sua altezza di cinque cubiti e la sua circonferenza di trenta cubiti. Sotto l’orlo vi erano figure simili a buoi, dieci per cubito, che circondavano il mare tutt’intorno. I buoi, disposti su due file, erano stati fusi insieme con il mare. Questo poggiava su dodici buoi, di cui tre guardavano a nord, tre a ovest, tre a sud e tre a est. Il mare era posto su di essi, e le loro parti posteriori erano rivolte verso l’interno. Esso aveva lo spessore di un palmo; il suo orlo era fatto come l’orlo di un calice, come il fiore di un giglio, il mare poteva contenere tremila bati. Fece dieci conche per le purificazioni e ne collocò cinque a destra e cinque a sinistra; in esse si lavavano le cose che servivano all’olocausto; nel mare invece si lavavano i sacerdoti. Fece dieci candelabri d’oro, secondo le norme prescritte, e li pose nel tempio, cinque a destra e cinque a sinistra. Fece dieci tavole e le collocò nel tempio, cinque a destra e cinque a sinistra. Fece anche cento coppe d’oro. Fece il cortile dei sacerdoti e il grande cortile con le porte del cortile che rivestí di bronzo. Collocò quindi il mare dal lato destro, verso sud-est. Hiram fece pure i vasi, le palette e le bacinelle. Cosí Hiram portò a termine il lavoro che doveva fare per il re Salomone nella casa di DIO: le due colonne, i due capitelli a vaso in cima alle colonne, i due reticoli per coprire i due capitelli a vaso in cima alle colonne, le quattrocento melagrane per i due reticoli (due file di melagrane per ogni reticolo per coprire i due capitelli a vaso in cima alle colonne). Fece anche i carrelli e le conche sui carrelli, il mare, uno solo, e i dodici buoi sotto il mare, e i vasi, le palette, i forchettoni e tutti i loro oggetti che il maestro Hiram fece di bronzo lucente per il re Salomone, per la casa dell’Eterno. Il re li fece fondere nella pianura del Giordano, in un suolo argilloso, fra Sukkoth e Tseredah. Salomone fece tutti questi utensili in cosí gran quantità, che il peso del bronzo non fu accertato. Cosí Salomone fece fabbricare tutti gli arredi per la casa di DIO: l’altare d’oro e le tavole su cui si ponevano i pani della presentazione. I candelabri con le loro lampade d’oro puro che dovevano ardere secondo la norma stabilita davanti al santuario; i fiori, le lampade e gli smoccolatoi d’oro: erano d’oro purissimo; i coltelli, le bacinelle, le coppe e i bracieri d’oro fino. Quanto all’ingresso del tempio, le porte interne che immettevano nel luogo santissimo e le porte che immettevano alla navata del tempio erano d’oro. Cosí fu ultimato tutto il lavoro che Salomone fece eseguire per la casa dell’Eterno. Allora Salomone fece portare tutto le cose che suo padre aveva consacrato: l’argento, l’oro e tutti gli utensili, e li mise nei tesori della casa di DIO. Allora Salomone radunò a Gerusalemme gli anziani d’Israele e tutti i capi delle tribù, i principi delle famiglie paterne dei figli d’Israele, per portare su l’arca del patto dell’Eterno dalla città di Davide, cioè da Sion. Tutti gli uomini d’Israele si radunarono presso il re per la festa che cadeva il settimo mese. Cosí tutti gli anziani d’Israele vennero e i Leviti, presero l’arca. Essi portarono su l’arca, la tenda di convegno e tutti gli utensili sacri che erano nella tenda. Furono i sacerdoti e i Leviti a trasportare queste cose. Il re Salomone e tutta l’assemblea d’Israele, radunata attorno a lui, si raccolsero davanti all’arca e immolarono una tale quantità di pecore e buoi che non si potevano né contare né calcolare. I sacerdoti portarono quindi l’arca del patto dell’Eterno al suo posto, nel santuario del tempio, nel luogo santissimo, sotto le ali dei cherubini. I cherubini infatti stendevano le loro ali sopra il luogo dell’arca e coprivano dall’alto l’arca e le sue stanghe. Le stanghe erano cosí lunghe che le estremità delle stanghe dell’arca si potevano vedere di fronte al luogo santissimo, ma non si vedevano dal di fuori. Esse sono rimaste là fino al giorno d’oggi. Nell’arca non c’era nient’altro che le due tavole che Mosè vi aveva deposto al monte Horeb, quando l’Eterno fece un patto con i figli d’Israele, dopo che questi erano usciti dall’Egitto. Ora, mentre i sacerdoti uscivano dal luogo santo (tutti i sacerdoti presenti infatti si erano santificati senza osservare l’ordine delle classi, e tutti i Leviti cantori, Asaf, Heman, Jeduthun, i loro figli e i loro fratelli vestiti di bianco lino, con cembali, arpe e cetre stavano in piedi a est dell’altare, e con essi centoventi sacerdoti che suonavano le trombe) e quando i trombettieri e i cantori come uno solo fecero udire all’unisono la loro voce per lodare e celebrare l’Eterno e alzarono la voce al suono delle trombe, dei cembali e di altri strumenti musicali e lodarono l’Eterno: »Perché è buono, perché la sua benignità dura in eterno«, avvenne che la casa, la casa dell’Eterno, fu riempita da una nuvola, e i sacerdoti non poterono rimanere a servire a motivo della nuvola, perché la gloria dell’Eterno riempiva la casa di DIO. Allora Salomone disse: »L’Eterno, ha dichiarato che abiterebbe nella densa nuvola. E io ho costruito per te una casa sontuosa, nel luogo in cui tu dimorerai per sempre«. Poi il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi. E disse: »Benedetto sia l’Eterno, il DIO d’Israele, che ha adempiuto con la sua potenza e io che aveva promesso con la sua stessa bocca a mio padre Davide, dicendo: "Dal giorno in cui feci uscire il mio popolo d’Israele dal paese d’Egitto, io non ho scelto alcuna città fra tutte le tribú d’Israele, per edificarvi una casa, dove il mio nome dimorasse, e non ho scelto alcun uomo perché fosse principe sul mio popolo d’Israele, ma ho scelto Gerusalemme perché il mio nome vi dimori, e ho scelto Davide perché regnasse sul mio popolo d’Israele". Ora Davide, mio padre, aveva in cuore di costruire un tempio al nome dell’Eterno il DIO d’Israele, ma l’Eterno disse a Davide mio padre: »Tu avevi in cuore di costruire un tempio al mio nome, e hai fatto bene ad avere questo in cuore; ma non sarai tu che costruirai il tempio, sarà invece il figlio che uscirà dai tuoi lombi, sarà lui che costruirà il tempio al mio nome". Cosí l’Eterno ha adempiuto la parola che aveva pronunciato, e io ho preso il posto di Davide mio padre e mi sono seduto sul trono d’Israele, come l’Eterno aveva promesso, e ho costruito il tempio al nome dell’Eterno, il DIO d’Israele. Là ho posto l’arca, in cui si trova il patto dell’Eterno, che egli fece con i figli d’Israele«. Poi Salomone si pose davanti all’altare dell’Eterno, di fronte a tutta l’assemblea d’Israele e stese le sue mani (Salomone infatti aveva fatto costruire una tribuna di bronzo, lunga cinque cubiti, larga cinque cubiti e alta tre cubiti, e l’aveva posta in mezzo al cortile; egli vi salí, si inginocchiò di fronte a tutta l’assemblea d’Israele, stese le mani verso il cielo). e disse: »O Eterno DIO d’Israele, non c’è alcun DIO simile a te, né in cielo né sulla terra. Tu mantieni il patto e la misericordia verso i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il loro cuore. Tu hai mantenuto col tuo servo Davide, mio padre, ciò che gli avevi promesso; sí oggi hai compiuto con la tua mano ciò che avevi promesso con la tua bocca. Ora dunque, o Eterno, DIO d’Israele, mantieni col tuo servo Davide, mio padre, ciò che gli hai promesso dicendo: »A te non mancherà mai alcuno che sieda davanti a me sul trono d’Israele, purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta e per camminare nella mia legge, come tu hai camminato davanti a me« Ora dunque, o Eterno, DIO d’Israele, si adempia la parola che hai detto al tuo servo Davide! Ma è proprio vero che DIO abita con gli uomini sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questo tempio che io ho costruito! Tuttavia, o Eterno, DIO mio, presta attenzione alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, ascoltando il grido e la preghiera che il tuo servo innalza davanti a te. I tuoi occhi siano rivolti giorno e notte verso questo tempio, verso il luogo di cui hai detto: »Lí sarà il mio nome«, per ascoltare le preghiere che il tuo servo farà rivolto a questo luogo. Ascolta le suppliche del tuo servo e del tuo popolo Israele quando pregheranno rivolti a questo luogo. Ascolta dal luogo della tua dimora, dai cieli; ascolta e perdona. Se uno pecca contro il suo prossimo e, perché costretto a giurare, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio, tu ascolta dal cielo, intervieni e giudica i tuoi servi, condanna il colpevole, facendo ricadere sul suo capo la sua condotta, e dichiara giusto l’innocente col rendergli secondo la sua giustizia. Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto davanti al nemico perché ha peccato contro di te, se torna a te e loda il tuo nome, se ti prega e ti supplica in questo tempio, ascolta dal cielo e perdona il peccato del tuo popolo Israele, e fallo tornare nel paese che hai dato a lui e ai suoi padri. Quando il cielo sarà chiuso e non vi sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, se essi pregano rivolti a questo luogo, se lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché li hai afflitti, tu ascolta dal cielo, perdona il peccato dei tuoi servi e del tuo popolo Israele, insegnando loro la buona strada per la quale devono camminare, e manda la pioggia sulla terra che hai dato in eredità al tuo popolo. Quando nel paese vi sarà carestia o peste, ruggine o carbonchio, invasione di locuste o di bruchi, quando il nemico li assedierà nel loro paese o nelle loro città, quando, scoppierà una calamità o un’epidemia qualsiasi, ogni preghiera, ogni supplica che ti sarà rivolta da qualsiasi individuo o dall’intero tuo popolo Israele, quando ciascuno ha riconosciuto la propria piaga e il proprio dolore e ha steso le sue mani verso questo tempio, tu ascolta dal cielo, il luogo della tua dimora e perdona; e rendi a ciascuno secondo la sua condotta, tu che conosci il cuore di ognuno (tu solo infatti conosci il cuore dei figli degli uomini) affinché essi ti temano e camminino nelle tue vie tutto il tempo che vivranno nel paese che hai dato ai nostri padri. Anche lo straniero, che non appartiene al tuo popolo Israele, quando verrà da un paese lontano a motivo del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio disteso, quando verrà a pregarti rivolto a questo tempio, tu ascolta dal cielo, dal luogo della tua dimora e concedi allo straniero tutto ciò che ti domanda, affinché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome per temerti, come fa il tuo popolo Israele e sappiano che il tuo nome è invocato su questo tempio che io ho costruito, Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro i suoi nemici seguendo la via per cui l’hai mandato, se ti pregano rivolti verso questa città che tu hai scelto e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome, ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e sostieni la loro causa, Quando peccheranno contro di te (perche non c’è alcun uomo che non pecchi) e tu, adirato contro di loro, li abbandonerai in balìa del nemico che li deporterà in un paese lontano o vicino. se nel paese in cui sono stati deportati rientrano in sé, se tornano a te e ti supplicano nel paese della loro prigionia dicendo: »Abbiamo peccato, abbiamo agito iniquamente, abbiamo fatto del male«, se tornano a te con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima nel paese della loro prigionia dove sono stati deportati, e ti pregano rivolti verso il loro paese, il paese che hai dato ai loro padri, verso la città che tu hai scelto e al tempio che ho costruito al tuo nome, ascolta dal cielo, il luogo della tua dimora, la loro preghiera e le loro suppliche, sostieni la loro causa e perdona al tuo popolo che ha peccato contro di te! Ora, o DIO mio, siano aperti i tuoi occhi e siano attente le tue orecchie alla preghiera fatta in questo luogo! Ora dunque, levati, o Eterno DIO, e vieni al luogo del tuo riposo, tu e l’arca della tua forza. Siano i tuoi sacerdoti, o Eterno DIO, rivestiti di salvezza, e giubilino nel bene i tuoi santi. 0 Eterno DIO, non respingere la faccia del tuo unto; ricordati dei favori fatti a Davide tuo servo!«. Quando Salomone ebbe finito di pregare, dal cielo cadde un fuoco che consumò l’olocausto e i sacrifici e la gloria dell’Eterno riempí il tempio. I sacerdoti non potevano entrare nella casa dell’Eterno, perché la gloria dell’Eterno riempiva la casa dell’Eterno. Tutti i figli d’Israele, quando videro il fuoco scendere e la gloria dell’Eterno posarsi sul tempio, si prostrarono con la faccia a terra sul pavimento adorarono e lodarono l’Eterno, »perché è buono, perché la sua benignità dura in eterno«. Poi il re e tutto il popolo offrirono sacrifici davanti all’Eterno. il re Salomone offrí in sacrificio ventiduemila buoi e centoventimila pecore. Cosí il re e tutto il popolo dedicarono la casa di DIO. I sacerdoti attendevano alle loro mansioni: cosí pure i Leviti con gli strumenti musicali consacrati all’Eterno, che il re Davide aveva fatto per lodare l’Eterno, »perché la sua benignità dura in eterno«, ogni volta che Davide lodava per mezzo di essi. I sacerdoti suonavano le trombe di fronte a loro, mentre tutto Israele stava in piedi. Salomone consacrò la parte centrale del cortile che era di fronte alla casa dell’Eterno; là infatti offrí gli olocausti e il grasso dei sacrifici di ringraziamento, perché l’altare di bronzo che Salomone aveva fatto non poteva contenere gli olocausti, le oblazioni di cibo e il grasso. In quel tempo Salomone celebrò la festa per sette giorni, e tutto Israele con lui. A lui si uní una grandissima assemblea di gente, venuta dai dintorni di Hamath fino al torrente d’Egitto. L’ottavo giorno fecero una riunione solenne, perché avevano celebrato la dedicazione dell’altare per sette giorni, e la festa per altri sette giorni. Nel ventitreesimo giorno del settimo mese egli rimandò alle sue tende il popolo allegro e con la gioia nel cuore per il bene che l’Eterno aveva fatto a Davide, a Salomone e a Israele, suo popolo Cosí Salomone ultimò la casa dell’Eterno e la reggia e riuscí a portare a termine tutto ciò che aveva in cuore di fare nella casa dell’Eterno e nella sua propria casa. Poi l’Eterno apparve di notte a Salomone e gli disse: »Ho esaudito la tua preghiera e ho scelto questo luogo per me come casa di sacrifici. Quando chiuderò il cielo e non ci sarà piú pioggia, quando ordinerò alle locuste di divorare il paese quando manderò la peste al mio popolo, se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia e torna indietro dalle sue vie malvagie, io ascolterò dal ciclo, perdonerò il suo peccato e guarirò il suo paese. Ora i miei occhi saranno aperti e le mie orecchie attente alla preghiera fatta in questo luogo. perché ora ho scelto e santificato questo tempio, affinché il mio nome vi rimanga per sempre; i miei occhi e il mio cuore saranno sempre lí. Quanto a te, se camminerai davanti a me come ha camminato Davide tuo padre, facendo tutto ciò che ti ho comandato, e se osserverai i miei statuti e i miei decreti, renderò stabile il trono del tuo regno, come ho pattuito con Davide tuo padre, dicendo: »Non ti mancherà mai qualcuno che regni su Israele«. Ma se vi volgerete altrove e abbandonerete i miei statuti e i miei comandamenti che vi ho posto davanti e andrete a servire altri dèi e a prostrarvi davanti a loro, vi sradicherò dal mio paese che vi ho dato e rigetterò dalla mia presenza questo tempio che ho consacrato al mio nome, e lo renderò la favola e lo zimbello fra tutti i popoli. Chiunque passerà vicino a questo tempio, pur cosí imponente, stupirà e dirà: »Perché l’Eterno ha trattato cosí questo paese e questo tempio?«. Allora gli risponderanno: »Perché hanno abbandonato l’Eterno, il DIO dei loro padri che li fece uscire dal paese d’Egitto, hanno aderito ad altri dèi, si sono prostrati davanti a loro e li hanno serviti, per questo l’Eterno ha fatto venire su di loro tutta questa calamità««. Venti anni dopo che Salomone aveva costruito la casa dell’Eterno e il proprio palazzo, Salomone ricostruí le città che Hiram aveva dato a Salomone e vi fece abitare i figli d’Israele. Salomone marciò quindi contro Hamath-Tsobah e se ne impadroní. Inoltre ricostruí Tadmor nel deserto e tutte le città di rifornimento che aveva edificato in Hamath. Ricostruí Beth-Horon superiore e Beth-Horon inferiore, città fortificate con mura, porte e sbarre, e anche Baalath e tutte le città di rifornimento che appartenevano a Salomone, tutte le città dei carri, le città della cavalleria, insomma tutto ciò che gli piacque di costruire a Gerusalemme, nel Libano e in tutto il paese sotto il suo dominio. Tutta la gente rimasta degli Hittei, degli Amorei, dei Perezei, degli Hivvei e dei Gebusei, che non erano d’Israele, (cioè i loro discendenti che erano rimasti dopo di loro nel paese e che gli Israeliti non erano riusciti a distruggere) Salomone li reclutò per il lavoro forzato, fino al giorno d’oggi. Ma dei figli d’Israele Salomone non impiegò alcuno come servo per i suoi lavori, essi erano invece i suoi uomini di guerra, capi dei suoi condottieri e comandanti dei suoi carri e della sua cavalleria. I capi dei funzionari del re Salomone che sorvegliavano il popolo erano duecentocinquanta. Or Salomone fece salire la figlia del Faraone dalla città di Davide alla casa che aveva costruito per lei, perché pensava: »Mia moglie non deve abitare nella casa di Davide re d’Israele, perchè i luoghi dove è entrata l’arca dell’Eterno sono santi« Allora Salomone offrí olocausti all’Eterno sull’altare dell’Eterno, che egli aveva costruito davanti al portico del tempio; e faceva ciò in base al numero richiesto ogni giorno, offrendoli secondo il comandamento di Mosè, nei sabati, nei noviluni e nelle feste solenni, tre volte all’anno, e cioè, nella festa degli azzimi, nella festa delle settimane e nella festa delle capanne. Stando quindi alle norme di Davide, suo padre, egli stabilí le classi dei sacerdoti per il loro servizio, i Leviti nelle loro mansioni (di lodare l’Eterno e di prestare servizio davanti ai sacerdoti) secondo i compiti di ogni giorno, e i portinai secondo le loro classi a ciascuna porta, perché cosí aveva ordinato Davide l’uomo di DIO. Essi non si allontanarono dall’ordine del re, dato ai sacerdoti e ai Leviti, in ogni questione e riguardo ai tesori. Tutto il lavoro di Salomone fu ben organizzato dal giorno in cui si gettarono le fondamenta della casa dell’Eterno fino a quando fu terminato. Cosí la casa dell’Eterno fu portata a compimento. Allora il re Salomone andò a Etsion-Gheber e a Elath sulla riva del mare, nel paese di Edom. Hiram per mezzo dei suoi servi gli mandò navi e servi che conoscevano il mare. Questi andarono con i servi di Salomone ad Ofir, vi presero quattrocentocinquanta talenti d’oro e li portarono al re Salomone. Quando la regina di Sceba sentí parlare della fama di Salomone venne a Gerusalemme per mettere alla prova Salomone con difficili domande, accompagnata da un grandissimo seguito, con cammelli carichi di aromi e con una grande quantità di oro e di pietre preziose: essa andò da Salomone e parlò con lui di tutto ciò che aveva in cuore. Salomone rispose a tutte le sue domande, e non ci fu cosa alcuna che fosse nascosta a Salomone e che egli non sapesse spiegare. Quando la regina di Sceba vide la sapienza di Salomone e la casa che egli aveva costruito, i cibi della sua mensa, gli alloggi dei suoi servi, il servizio dei suoi camerieri e le loro vesti, i suoi coppieri e le loro vesti e gli olocausti che egli offriva nella casa dell’Eterno, rimase senza fiato. Disse quindi al re: »Era dunque vero ciò che avevo sentito nel mio paese circa le tue parole e la tua sapienza. Ma non ho creduto a queste cose finché non sono venuta io stessa e non ho visto con i miei occhi; ebbene, non mi era stato riferito neppure la metà della grandezza della tua sapienza. Tu sorpassi la fama di cui avevo sentito parlare. Beata la tua gente, beati questi tuoi servi che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua sapienza! Sia benedetto l’Eterno, il tuo DIO, che si è compiaciuto di te, mettendoti sul suo trono come re per l’Eterno, il tuo DIO! Poiché il tuo DIO ama Israele e vuole renderlo stabile per sempre, ti ha stabilito re su di loro, per esercitare il giudizio e la giustizia«. Poi ella donò al re centoventi talenti d’oro e una grande quantità di aromi e di pietre preziose. Non vi furono mai piú aromi come quelli che la regina di Sceba diede al re Salomone. I servi di Hiram e i servi di Salomone che portavano oro da Ofir, portarono anche legno di sandalo e pietre preziose; con il legno di sandalo il re fece scale per la casa dell’Eterno e per la reggia e anche cetere e arpe per i cantori. Nessuno strumento come questi era mai stato visto prima nel paese di Giuda. Il re Salomone diede alla regina di Sceba tutte le cose desiderate che ella chiese, molto di più di ciò che ella aveva portato al re. Poi ella fece ritorno, andando con i suoi servi al suo paese. Ora il peso dell’oro che Salomone riceveva ogni anno era di seicentosessantasei talenti d’oro. in aggiunta a quello che proveniva dai mercanti e dai commercianti; inoltre tutti i re d’Arabia e i governanti del paese portavano a Salomone oro e argento. Il re Salomone fece fare duecento scudi grandi d’oro battuto, per ognuno dei quali adoperò seicento sicli d’oro battuto. e trecento scudi d’oro battuto, per ognuno dei quali adoperò trecento sicli d’oro; il re li pose quindi nel palazzo della foresta del Libano. Il re fece pure un gran trono d’avorio che rivestí d’oro puro. ll trono aveva sei gradini e uno sgabello d’oro, che erano attaccati al trono c’erano due bracci ai lati del seggio e due leoni stavano presso i bracci. Dodici leoni stavano su entrambe le estremità dei sei gradini. Nulla di simile era stato fatto in alcun altro regno. Tutte le coppe per le bevande del re Salomone erano d’oro, e anche le coppe del palazzo della foresta del Libano erano d’oro puro. Al tempo di Salomone infatti l’argento non aveva alcun valore. Poiché le navi del re andavano a Tarshish con i servi di Hiram; e una volta ogni tre anni venivano le navi di Tarshish, recando oro, argento, avorio, scimmie e pavoni. Cosí il re Salomone superò in ricchezza e sapienza tutti i re della terra. Tutti i re della terra cercavano la presenza di Salomone per ascoltare la sapienza che DIO gli aveva posto in cuore. Ognuno di essi portava il suo dono: oggetti d’argento, oggetti d’oro, vesti, armi, aromi, cavalli e muli, una certa quantità ogni anno. Salomone aveva quattromila scuderie per cavalli e carri e dodicimila cavalieri, che distribuí nelle città per i carri e in Gerusalemme vicino a sé. Cosí egli dominava su tutti i re dal Fiume, fino al paese dei Filistei e fino al confine d’Egitto. Il re fece in modo che in Gerusalemme l’argento fosse comune come le pietre e i cedri abbondanti come i sicomori della pianura. A Salomone portavano cavalli dall’Egitto e da tutti i paesi. Ora il resto delle gesta di Salomone, dalle prime alle ultime, non sono forse scritte nel libro di Nathan, il profeta, nella profezia di Ahijah di Sciloh e nelle visioni di Iddo il veggente, riguardanti Geroboamo, figlio di Nebat? Salomone regnò in Gerusalemme su tutto Israele quarant’anni. Poi Salomone si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide suo padre. Al suo posto regnò suo figlio Roboamo. Roboamo andò a Sichem, perché tutto Israele era venuto a Sichem per farlo re. Quando Geroboamo, figlio di Nebat, venne a saperlo (egli era ancora in Egitto, dove era fuggito lontano dalla presenza del re Salomone). Geroboamo ritornò dall’Egitto. Lo mandarono perciò a chiamare. Cosí Geroboamo e tutto Israele vennero a parlare a Roboamo e gli dissero: »Tuo padre ha reso il nostro giogo pesante; ora tu alleggerisci la dura servitú di tuo padre e il giogo pesante che egli ci ha imposto, e noi ti serviremo«. Egli rispose loro: »Tornate da me fra tre giorni«. Quindi il popolo se ne andò. Allora il re Roboamo si consigliò con gli anziani che erano stati al servizio di suo padre Salomone, quando era in vita, e disse: »Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo?«. Essi gli parlarono, dicendo: »Se ti mostri benevolo verso questo popolo e li accontenti, dando loro una risposta favorevole, essi saranno tuoi servi per sempre«. Ma Roboamo rifiutò il consiglio che gli anziani gli avevano dato e si consigliò con i giovani che erano cresciuti con lui ed erano al suo servizio, e disse loro: »Che cosa mi consigliate di rispondere a questo popolo che mi ha parlato dicendo: »Alleggerisci il giogo impostoci da tuo padre«?«. Allora i giovani che erano cresciuti con lui gli parlarono, dicendo: »Cosí risponderai a questo popolo che si è rivolto a te dicendo: »Tuo padre ha reso pesante il nostro giogo; ora tu alleggeriscilo«. Cosí dirai loro: »Il mio dito mignolo è piú grosso dei fianchi di mio padre; perciò, se mio padre vi ha caricati di un giogo pesante, io lo renderò ancora piú pesante; se mio padre vi ha castigati con la frusta, io vi castigherò con flagelli"«. Tre giorni dopo, Geroboamo e tutto il popolo vennero da Roboamo come aveva ordinato il re, dicendo: »Tornate da me fra tre giorni«. Il re rispose loro duramente cosí il re Roboamo, rifiutando il consiglio degli anziani, parlò loro secondo il consiglio dei giovani, dicendo: »Mio padre ha reso pesante il vostro giogo, ma io lo renderò ancora piú pesante; mio padre vi ha castigati con fruste, ma io vi castigherò con flagelli«. Cosí il re non diede ascolto al popolo, perché l’andamento delle cose dipendeva da DIO, affinché l’Eterno portasse a compimento la sua parola, che aveva rivolto a Geroboamo, figlio di Nebat, per mezzo di Ahijah di Sciloh. Quando tutto Israele vide che il re non gli dava ascolto, rispose al re, dicendo: »Che parte abbiamo noi con Davide? Non abbiamo alcuna eredità con il figlio di Isai! Ognuno alle sue tende, o Israele! Ora provvedi alla tua casa, o Davide!«. Cosí tutto Israele se ne andó alle sue tende. Ma sui figli d’Israele che abitavano nelle città di Giuda regnò Roboamo. Il re Roboamo mandò Hadoram, incaricato dei tributi, ma i figli d’Israele lo lapidarono, ed egli morì. Allora il re Roboamo si affrettò a salire su un carro per fuggire a Gerusalemme. Cosí Israele è stato ribelle alla casa di Davide fino al giorno d’oggi. Roboamo, giunto a Gerusalemme, convocò la casa di Giuda e di Beniamino, centottantamila guerrieri scelti, per combattere contro Israele e cosí restituire il regno a Roboamo. Ma la parola dell’Eterno fu cosí rivolta a Scemaiah, uomo di DIO, dicendo: »Parla a Roboamo, figlio di Salomone, re di Giuda, e a tutto Israele, in Giuda e in Beniamino, e di’ loro: Cosí parla l’Eterno: »Non salite a combattere contro i vostri fratelli. Ognuno torni a casa sua, perché questa cosa viene da me««. Essi allora ubbidirono alla parola dell’Eterno e tornarono indietro senza andare contro Geroboamo. Roboamo abitò in Gerusalemme e costruí alcune città per difesa in Giuda. Costruí Betlemme, Etam, Tekoa, Beth-Tsur, Soko, Adullam, Gath, Mareshah, Zif, Adoraim, Lakish, Azekah, Tsorah, Ajalon e Hebrom che divennero città fortificate in Giuda e in Beniamino. Rafforzò le fortezze e vi pose comandanti e depositi di viveri, di olio e di vino. In ogni città mise scudi e lance e le rese estremamente forti. Cosí egli ebbe dalla sua parte Giuda e Beniamino. Inoltre da tutti i loro territori i sacerdoti e i Leviti di tutto Israele presero posizione con lui. I Leviti infatti abbandonarono loro terreni da pascolo e le loro proprietà e si recarono in Giuda e a Gerusalemme, perché Geroboamo con i suoi figli li aveva rigettati dal servire come sacerdoti dell’Eterno, e si era costituito sacerdoti per gli alti luoghi, per i demoni e per i vitelli che aveva fatto. Dopo i Leviti quelli di tutte le tribú d’Israele che avevano deciso nel loro cuore di cercare l’Eterno, il DIO d’Israele, andarono a Gerusalemme per offrire sacrifici all’Eterno, il DIO dei loro padri. Cosí rafforzarono il regno di Giuda e resero stabile per tre anni Roboamo, figlio di Salomone, perché per tre anni seguirono la via di Davide e di Salomone. Roboamo prese in moglie Mahalath, figlia di Jerimoth, figlio di Davide e di Abihail figlia di Eliab, figlio di Isai. Essa gli partorí i figli Jeush, Scemariah e Zaham. Dopo di lei prese Maakah, figlia di Absalom, la quale gli partorí Abijah, Attai, Ziza e Scelomith. Roboamo amò Maakah, figlia di Absalom, piú di tutte le sue mogli e concubine (egli prese diciotto mogli e sessanta concubine e generò ventotto figli e sessanta figlie). Roboamo costituí Abijah, figlio di Maakah, come capo per essere principe tra i suoi fratelli, perché pensava di farlo re. Egli agí con accortezza e disseminò alcuni dei suoi figli in tutte le contrade di Giuda e di Beniamino, in tutte le città fortificate; diede loro viveri in abbondanza e cercò per loro molte mogli. Or avvenne che quando ebbe consolidato il regno e si fu rafforzato, Roboamo abbandonò la legge dell’Eterno e tutto Israele con lui. Nell’anno quinto del re Roboamo, Scishak, re d’Egitto, salí contro Gerusalemme (perché essi avevano peccato contro l’Eterno), con milleduecento carri e sessantamila cavalieri; e con lui dall’Egitto venne un popolo innumerevole: Libici, Sukkei ed Etiopi. Egli espugnò le città fortificate che appartenevano a Giuda e giunse fino a Gerusalemme. Allora il profeta Scemaiah si recò da Roboamo e dai capi di Giuda, che si erano radunati a Gerusalemme per paura di Scishak, e disse loro: »Cosí dice l’Eterno: »Voi avete abbandonato me, perciò anch’io ho abbandonato voi nelle mani di Scishak««. Allora i principi d’Israele e il re si umiliarono e dissero: »L’Eterno è giusto«. Quando l’Eterno vide che si erano umiliati, la parola dell’Eterno fu rivolta a Scemaiah, dicendo: »Poiché essi si sono umiliati, io non li distruggerò, ma concederò loro fra poco liberazione e la mia ira non si riverserà su Gerusalemme per mezzo di Scishak. Tuttavia saranno asserviti a lui, cosí conosceranno per esperienza cosa significa servire a me e servire ai regni delle nazioni«. Cosí Scishak, re d’Egitto, salí contro Gerusalemme e portò via i tesori della casa dell’Eterno e i tesori del palazzo reale; portò via ogni cosa; prese anche gli scudi d’oro che Salomone aveva fatto. Al loro posto il re Roboamo fece fare scudi di bronzo e ne affidò la custodia ai capitani delle guardie che sorvegliavano la porta della casa del re. Ogni volta che il re entrava nella casa dell’Eterno, le guardie andavano a prenderli e poi li riportavano nella sala delle guardie. Poiché Roboamo si era umiliato, l’ira dell’Eterno si ritirò da lui e non lo distrusse completamente; in Giuda c’erano anche delle cose buone. Cosí il re Roboamo si rafforzò in Gerusalemme e continuò a regnare. Quando iniziò a regnare, Roboamo aveva quarantun’anni, e regnò diciassette anni a Gerusalemme, la città che l’Eterno aveva scelto fra tutte le tribú d’Israele per stabilirvi il suo nome. Sua madre si chiamava Naamah, l’Ammonita. Egli fece il male, perché non applicò il suo cuore a ricercare l’Eterno. Le gesta di Roboamo, dalle prime alle ultime, non sono forse scritte negli annali del profeta Scemaiah e del veggente Iddo, secondo le genealogie? Vi furono guerre in continuazione fra Roboamo e Geroboamo. Poi Roboamo si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Abijah. Nell’anno diciottesimo del regno di Geroboamo, Abijah iniziò a regnare su Giuda. Egli regnò tre anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Mikaiah, figlia di Uriel, da Ghibeah. Ci fu guerra tra Abijah e Geroboamo. Abijah si preparò per la battaglia con un esercito di prodi guerrieri, quattrocentomila uomini scelti; anche Geroboamo si schierò in ordine di battaglia contro di lui con ottocentomila uomini scelti, uomini forti e valorosi. Stando sul monte Tsemaraim che si trova nella regione montuosa di Efraim. Abijah disse: »Ascoltatemi, Geroboamo e tutto Israele! Non sapete forse che l’Eterno, il DIO d’Israele, ha dato per sempre a Davide il regno sopra Israele, a lui e ai suoi figli, con un patto di sale? Eppure Geroboamo, figlio di Nebat, servo di Salomone, figlio di Davide, si è levato e si è ribellato, contro il suo signore. Attorno a lui si sono radunati uomini spregevoli, dei farabutti, che si sono fatti forti contro Roboamo, figlio di Salomone, quando Roboamo era giovane e inesperto, e non era forte abbastanza da resistere loro. Ora voi pensate di riuscire a resistere al regno dell’Eterno, che è nelle mani dei figli di Davide, perché siete una grande moltitudine e avete con voi i vitelli d’oro che Geroboamo ha fatto per voi come vostri dèi. Non avete voi forse scacciato i sacerdoti dell’Eterno, i figli di Aaronne, e i Leviti e non vi siete costituiti sacerdoti come i popoli degli altri paesi? Cosí chiunque viene con un giovane torello e con sette montoni per essere consacrato, può divenire sacerdoti di quelli che non sono dèi. Quanto a noi, l’Eterno è nostro DIO, e non l’abbiamo abbandonato; i sacerdoti che prestano servizio dell’Eterno, sono figli di Aaronne mentre i Leviti svolgono le loro mansioni. Ogni mattina e ogni sera essi offrono all’Eterno gli olocausti e l’incenso odoroso; inoltre essi dispongono i pani della presentazione sulla tavola pura, e ogni sera accendono il candelabro d’oro con le sue lampade, perché noi osserviamo il comando dell’Eterno, il nostro DIO; ma voi l’avete abbandonato. Ed ecco, DIO stesso è con noi alla nostra testa e i sacerdoti con trombe squillanti stanno per suonare l’allarme contro di voi. O figli d’Israele, non combattete contro l’Eterno il DIO dei vostri padri, perché non avrete successo«. Intanto Geroboamo li aggirò con un’imboscata per assalirli alle spalle; cosí, mentre egli era schierato davanti a Giuda, quelli dell’imboscata erano alle spalle. Quando quelli di Giuda si voltarono, si accorsero che li aspettava la battaglia tanto di fronte che alle spalle. Allora essi gridarono all’Eterno e i sacerdoti suonarono le trombe. Poi gli uomini di Giuda lanciarono un grido e, mentre gli uomini di Giuda gridavano, avvenne che DIO colpí Geroboamo e tutto Israele davanti ad Abijah e a Giuda. Cosí i figli d’Israele fuggirono davanti a Giuda, e DIO li diede nelle loro mani. Abijah e la sua gente inflissero loro una grande sconfitta; fra gli Israeliti caddero morti cinquecentomila uomini scelti. Cosí in quel tempo i figli d’Israele furono umiliati, mentre i figli di Giuda si rafforzarono perché si erano appoggiati sull’Eterno, il DIO dei loro padri. Abijah inseguí Geroboamo e gli tolse le seguenti città: Bethel, con i suoi villaggi satelliti, Jeshanah con i suoi villaggi satelliti, Efraim con i suoi villaggi satelliti. Cosí durante la vita di Abijah, Geroboamo non riprese piú forza, poi l’Eterno lo colpì ed egli morí. Abijah invece divenne potente, prese quattordici mogli e generò ventidue figli e sedici figlie. Il resto delle gesta di Abijah, Ia sua condotta e le sue parole sono descritte negli annali del profeta Iddo. Poi Abijah si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Asa. Ai suoi tempi il paese rimase tranquillo per dieci anni. Asa fece ciò che è buono e retto agli occhi dell’Eterno, il suo DIO. Egli rimosse gli altari degli dèi stranieri e gli alti luoghi, distrusse le colonne sacre e fece a pezzi gli Ascerim. Inoltre ordinò a Giuda di cercare l’Eterno, il DIO dei loro padri, e di mettere in pratica la legge e i comandamenti. Rimosse pure da tutte le città di Giuda gli alti luoghi e gli idoli; e sotto di lui il regno ebbe tranquillità. Egli costruí città fortificate in Giuda perché il paese era tranquillo. In quegli anni non ci fu alcuna guerra contro di lui, poiché l’Eterno gli aveva dato tranquillità. Egli diceva a quelli di Giuda: »Costruiamo queste città e circondiamole di mura, di torri, di porte e di sbarre. Il paese è ancora a nostra disposizione perché abbiamo cercato l’Eterno, il nostro DIO; noi l’abbiamo cercato, ed egli ci ha dato riposo tutt’intorno«. Cosí essi si misero a costruire e prosperarono. Asa aveva un esercito di trecentomila uomini di Giuda che portavano scudo e lancia, e di duecentottantamila di Beniamino che portavano scudo e tiravano l’arco; tutti questi erano uomini forti e valorosi. Contro di loro uscí Zerah, l’Etiope, con un esercito di un milione di uomini e con trecento carri e giunse fino a Mareshah. Asa uscí contro di lui, e si disposero in ordine di battaglia nella valle di Tsefathah presso Mareshah. Allora Asa gridò all’Eterno il suo DIO e disse: »O Eterno, non c’è nessuno all’infuori di te che possa venire in aiuto nel combattimento tra uno potente e uno che è privo di forza. Soccorrici, o Eterno, nostro DIO, perché noi ci appoggiamo su di te e andiamo contro questa moltitudine nel tuo nome. O Eterno, tu sei il nostro DIO; non permettere che l’uomo prevalga su di te!«. Cosí l’Eterno colpí gli Etiopi davanti ad Asa e davanti a Giuda, e gli Etiopi si diedero alla fuga. Allora Asa e la gente che era con lui li inseguirono fino a Gherar. Perciò gli Etiopi furono sconfitti, e di loro non ne rimase neppure uno vivo perché essi furono distrutti davanti all’Eterno e davanti al suo esercito. Ed essi portarono via un enorme bottino. Poi attaccarono tutte le città intorno a Gherar, perché il terrore dell’Eterno era caduto su di esse, e saccheggiarono tutte le città, nelle quali c’era molto bottino. Assalirono pure i recinti del bestiame e portarono via gran numero di pecore e di cammelli. Poi tornarono a Gerusalemme. Allora lo Spirito di DIO investí Azariah, figlio di Oded, che uscí a incontrare Asa e gli disse: »Asa, e voi tutti di Giuda e di Beniamino, ascoltatemi! L’Eterno è con voi, quando voi siete con lui. Se lo cercate egli si farà trovare da voi, ma se lo abbandonate egli vi abbandonerà. Per lungo tempo Israele è stato senza il vero DIO, senza sacerdote che insegnasse e senza legge. Ma nella loro avversità sono ritornati all’Eterno, il DIO d’Israele, l’hanno cercato ed egli si è lasciato trovare da loro. In quel tempo non c’era sicurezza per quelli che andavano e per quelli che venivano, perché tutti gli abitanti dei paesi erano in grande agitazione. Una nazione era schiacciata da un’altra, e una città da un’altra, perché DIO li affliggeva con sventure di ogni genere. Ma voi siate forti e non lasciate che le vostre braccia si indeboliscano, perché il vostro lavoro sarà ricompensato«. Quando Asa ebbe udito queste parole e la profezia del profeta Oded, prese coraggio e rimosse gli idoli abominevoli da tutto il paese di Giuda e di Beniamino e dalle città che aveva espugnato nella regione montuosa di Efraim, e riparò l’altare dell’Eterno che si trovava davanti all’atrio dell’Eterno. Quindi radunò tutto Giuda e Beniamino e quelli di Efraim, di Manasse e di Simeone che risiedevano con loro infatti erano venuti a lui in gran numero da Israele, quando avevano visto che l’Eterno, il suo DIO, era con lui. Cosí si radunarono a Gerusalemme nel terzo mese del quindicesimo anno del regno di Asa. In quel tempo sacrificarono all’Eterno, dal bottino che avevano preso, settecento buoi e settemila pecore. Si impegnarono quindi con un patto a cercare l’Eterno, il DIO dei loro padri, con tutto il loro cuore e con tutta la loro anima. Chiunque non avesse cercato l’Eterno, il DIO d’Israele, sarebbe stato messo a morte, grande o piccolo che fosse, uomo o donna. Inoltre fecero un giuramento all’Eterno a gran voce e con grida di giubilo, al suono delle trombe e dei corni. Tutto Giuda si rallegrò del giuramento, perché avevano giurato con tutto il loro cuore e avevano cercato l’Eterno con tutta la loro volontà, ed egli si era lasciato trovare da loro. Cosí l’Eterno diede loro riposo tutt’intorno. Egli destituí persino Maakah, madre del re Asa, dalla sua posizione di regina, perché essa aveva fatto un’immagine abominevole di Ascerah. Quindi Asa demolí l’immagine, la fece a pezzi e la bruciò presso il torrente Kidron. Ma gli alti luoghi non furono eliminati da Israele, anche se il cuore di Asa rimase integro per tutta la sua vita. Egli fece portare nella casa di DIO le cose consacrate da suo padre e le cose consacrate da lui stesso: argento, oro e vasi. E non ci fu piú guerra fino al trentacinquesimo anno del regno di Asa. Nell’anno trentaseiesimo del regno di Asa, Baasha, re d’Israele, salí contro Giuda e costruí Ramah, per impedire che alcuno uscisse o entrasse da Asa, re di Giuda. Allora Asa tirò fuori dai tesori della casa dell’Eterno e del palazzo reale argento e oro e li mandò a Ben-Hadad re di Siria, che abitava a Damasco, dicendo: »Vi sia alleanza fra me e te, come c ‘era tra mio padre e tuo padre. Ecco, ti mando argento e oro; orsù, rompi la tua alleanza con Baasha, re d’Israele, affinché egli si ritiri da me«. Ben-Hadad diede ascolto al re Asa e mandò i capi del suo esercito contro le città d’Israele. Essi attaccarono Ijon, Dan, Abel-Maim e tutte le città-deposito di Neftali. Quando Baasha seppe questo, smise di costruire Ramah e sospese i suoi lavori. Allora il re Asa prese tutti quelli di Giuda, che portarono via le pietre e il legname che Baasha aveva usato per costruire Ramah e con essi egli costruí Gheba e Mitspah. In quel tempo il veggente Hanani si recò da Asa, re di Giuda, e gli disse: »Poiché ti sei appoggiato sul re di Siria e non ti sei appoggiato sull’Eterno, il tuo DIO, l’esercito del re di Siria ti è sfuggito dalle mani. Non erano forse gli Etiopi e i Libici un esercito smisurato con numerosissimi carri e cavalieri? Tuttavia poiché ti eri appoggiato sull’Eterno, egli li diede nelle tue mani. L’Eterno infatti con i suoi occhi scorre avanti e indietro per tutta la terra per mostrare la sua forza verso quelli che hanno il cuore integro verso di lui. In questo tu hai agito da stolto; perciò d’ora in avanti avrai delle guerre«, Asa si indignò contro il veggente e lo fece gettare in carcere, perché si era adirato con lui per queste cose. In quel tempo Asa infierí anche contro alcuni del popolo. Or ecco, le gesta di Asa, dalle prime alle ultime, sono scritte nel libro dei re di Giuda e d’Israele. Nel trentanovesimo anno del suo regno Asa si ammalò ai piedi, e la sua malattia era molto grave: nella sua infermità però egli non cercò l’Eterno, ma ricorse ai medici. Cosí Asa si addormentò con i suoi padri e morí il quarantunesimo anno del suo regno. Lo seppellirono nel sepolcro che egli si era fatto scavare nella città di Davide lo deposero sopra un letto pieno di aromi e di vari unguenti profumati, preparati secondo l’arte del profumiere, e ne bruciarono una grande quantità in suo onore. Al suo posto regnò suo figlio Giosafat, che si fortificò contro Israele. Egli collocò truppe in tutte le città fortificate di Giuda e pose guarnigioni nel paese di Giuda e nelle città di Efraim, che suo padre Asa aveva conquistato. L’Eterno fu con Giosafat, perché egli camminò nelle primiere vie di Davide, suo padre. Egli non cercò i Baal, ma cercò il DIO di suo padre e camminò nei suoi comandamenti e non secondo il modo di agire d’Israele. Perciò l’Eterno consolidò il regno nelle sue mani. Tutto Giuda recava a Giosafat doni, ed egli ebbe ricchezza e gloria in abbondanza. Il suo cuore si rafforzò nelle vie dell’Eterno e rimosse nuovamente gli alti luoghi e gli Ascerim da Giuda. Il terzo anno del suo regno mandò i suoi capi Ben-Hail Obadiah, Zaccaria, Nethaneel e Mikaiah a insegnare nelle città di Giuda; e con essi mandò i Leviti, Scemaiah, Nethaniah, Zebadiah, Asahel Scemiramoth, Gionathan, Adonijah, Tobijah e Tobadonijah, e con essi anche i sacerdoti Elishama e Jehoram. Cosí essi insegnarono in Giuda, avendo con sé il libro della legge dell’Eterno; essi percorsero tutte le città di Giuda, istruendo il popolo. Il terrore a dell’Eterno cadde su tutti i regni dei paesi che erano intorno a Giuda, e cosí essi non mossero guerra a Giosafat. Alcuni dei Filistei recarono a Giosafat doni e un tributo in argento; anche gli Arabi gli portarono bestiame minuto: settemilasettecento montoni e settemilasettecento capri. Cosí Giosafat divenne sempre piú grande e costruí in Giuda fortezze e città deposito. Eseguì molti lavori nelle città di Giuda, e in Gerusalemme teneva guerrieri, uomini forti e valorosi. Questo è il loro censimento, secondo le loro case paterne. Di Giuda, i capi di migliaia erano Adnah, il capo, e con lui trecentomila uomini forti e valorosi; dopo di lui, c’era Jehohanan, il capo, e con lui duecentottantamila uomini; dopo di lui c’era Amasiah, figlio di Zikri, che si era spontaneamente consacrato all’Eterno, e con lui duecentomila uomini forti e valorosi. Di Beniamino c’era Eliada, uomo forte e valoroso, e con lui duecentomila uomini armati di arco e di scudo; dopo di lui c’era Jehozabad, e con lui centottantamila uomini pronti per la guerra. Tutti questi erano al servizio del re, oltre a quelli che il re aveva collocato nelle città fortificate in tutto Giuda. Giosafat ebbe grandi ricchezze e gloria e si imparentò con Achab. Dopo alcuni anni egli scese a Samaria da Achab. Allora Achab fece uccidere per lui e per la gente che era con lui un gran numero di pecore e di buoi e lo persuase a salire con lui contro Ramoth di Galaad. Cosí Achab, re d’Israele, disse a Giosafat, re di Giuda: »Verresti con me contro Ramoth di Galaad?«. Giosafat gli rispose: »Conta su di me come su te stesso, sulla mia gente come sulla tua; verremo con te alla guerra«. Poi Giosafat disse al re d’Israele: »Ti prego, consulta oggi stesso la parola dell’Eterno«. Allora il re d’Israele convocò i profeti, quattrocento uomini, e disse loro: »Dobbiamo andare a combattere contro Ramoth di Galaad, oppure devo rinunciarvi?«. Quelli risposero: »Va’ pure, perché DIO la darà nelle mani del re«. Ma Giosafat disse: »Non c’è qui un altro profeta dell’Eterno che possiamo consultare?«. Il re d’Israele rispose a Giosafat: »C’è ancora un uomo, Mikaiah, figlio di Imla, per mezzo del quale si potrebbe consultare l’Eterno; io però lo odio perché non profetizza mai nulla di buono nei miei confronti, ma soltanto del male«. Giosafat disse: »Il re non parli cosí«. Allora il re d’Israele chiamò un eunuco e gli disse: »Fa’ venire subito Mikaiah, figlio di Imla«. Or il re d’Israele e Giosafat, re di Giuda, sedevano ciascuno sul suo trono, vestiti dei loro abiti reali; essi erano seduti nell’aia che si trova all’ingresso della porta di Samaria; e tutti i profeti profetizzavano davanti a loro. Sedekia, figlio di Kenaanah, che si era fatto delle corna di ferro, disse: »Cosí dice l’Eterno: »Con queste corna trafiggerai i Siri, fino a distruggerli completamente««. Tutti i profeti profetizzavano allo stesso modo, dicendo: »Sali contro Ramoth di Galaad e riuscirai, perché l’Eterno la darà nelle mani del re«. Il messaggero, che era andato a chiamare Mikaiah, gli parlò, dicendo: »Ecco, le parole dei profeti sono concordi nel dichiarare cose buone al re; ti prego quindi che la tua parola sia come la parola di ognuno di loro; dichiara anche tu cose buone«. Ma Mikaiah rispose: »Come è vero che l’Eterno vive, qualunque cosa il mio DIO dirà io la dichiarerò«. Come giunse davanti al re, il re gli disse: »Mikaiah, dobbiamo andare a combattere contro Ramoth di Galaad, oppure devo rinunciarvi?«. Egli rispose: »Andate pure e riuscirete, perché essi saranno dati nelle vostre mani«. Allora il re gli disse: »Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome dell’Eterno?«. Mikaiah rispose: »Ho visto tutto Israele disperso sui monti, come pecore che non hanno pastore; e l’Eterno ha detto: »Essi non hanno piú padrone; se ne torni ciascuno in pace a casa sua««. Il re d’Israele disse a Giosafat: »Non ti avevo io detto che nei miei confronti costui non avrebbe profetizzato nulla di buono, ma soltanto del male?«. Allora Mikaiah disse: »Perciò ascolta la parola dell’Eterno. Io ho visto l’Eterno assiso sul suo trono, mentre tutto l’esercito celeste stava alla sua destra e alla sua sinistra. L’Eterno disse: »Chi sedurrà Achab, re d’Israele, perché salga e perisca a Ramoth di Galaad?«. Chi rispose in un modo e chi in un altro. Allora si fece avanti uno spirito che si presentò davanti all’Eterno e disse: »Lo sedurrò io«. L’Eterno gli disse: »In che modo?«. Egli rispose: »lo uscirò e sarò spirito di menzogna in bocca a tutti i suoi profeti«. L’Eterno gli disse: »Riuscirai certamente a sedurlo; va’ e fa’ cosí«. Perciò ecco, l’Eterno ha posto uno spirito di menzogna in bocca a questi tuoi profeti, ma l’Eterno pronuncia sciagura contro di te«. Allora Sedekia, figlio di Kenaanah, si avvicinò e diede uno schiaffo a Mikaiah, e disse: »Per dove è passato lo Spirito dell’Eterno quando è uscito da me per parlare a te?«. Mikaiah rispose: »Ecco, lo vedrai il giorno in cui andrai in una stanza interna a nasconderti!«. Allora il re d’Israele disse: »Prendete Mikaiah e conducetelo da Amon, governatore della città, e da Joas figlio del re, e dite loro: Cosí dice il re: »Mettete costui in prigione e nutritelo con pane e acqua di afflizione, finché ritornerò sano e salvo««. Mikaiah disse: »Se tu dovessi mai ritornare sano e salvo, significa che l’Eterno non ha parlato per mio mezzo«. E aggiunse: »Ascoltate, o voi popoli tutti!«. Il re d’Israele e Giosafat, re di Giuda, salirono dunque contro Ramoth di Galaad. Il re d’Israele disse a Giosafat: »Io mi travestirò e poi andrò a combattere, ma tu indossa i tuoi abiti reali«. Cosí il re d’Israele si travestí e andarono a combattere. Ora il re di Siria, aveva dato quest’ordine ai capitani dei suoi carri, dicendo: »Non combattete contro nessuno piccolo o grande, ma solamente contro il re d’Israele«. Cosí, quando i capitani dei carri scorsero Giosafat, dissero: »Quello è il re d’Israele«. Quindi lo circondarono per attaccarlo; ma Giosafat lanciò un grido, e l’Eterno gli venne in aiuto; DIO li indusse ad allontanarsi da lui. Quando i capitani dei carri si resero conto che non era il re d’Israele, smisero di inseguirlo. Ma un uomo tirò a caso una freccia con il suo arco e colpí il re d’Israele tra le maglie della corazza; per cui il re disse al suo cocchiere: »Gira e portami fuori dalla mischia, perché sono ferito«. Ma la battaglia fu cosí aspra quel giorno che il re fu costretto a rimanere sul suo carro di fronte ai Siri fino alla sera, e al tramonto del sole morí. Giosafat, re di Giuda, tornò incolume a casa sua a Gerusalemme. Ma il veggente Jehu, figlio di Hanani, gli andò incontro e disse al re Giosafat: »Dovevi tu dare aiuto a un empio e amare quelli che odiano l’Eterno? Per questo l’ira dell’Eterno è su di te. Tuttavia si sono trovate in te buone cose perché hai rimosso dal paese gli Asceroth e hai applicato il tuo cuore per ricercare DIO«. Cosí Giosafat dimorò a Gerusalemme; poi si recò di nuovo fra il popolo, da Beer-Sceba, alla regione montuosa di Efraim, e lo riportò all’Eterno, il DIO dei suoi padri. Stabilí quindi dei giudici nel paese, in tutte le città fortificate di Giuda, città per città, e disse ai giudici: »Badate a ciò che fate, perché non giudicate per l’uomo ma per l’Eterno, che sarà con voi quando amministrerete la giustizia. Perciò ora il timore dell’Eterno sia su di voi. Fate attenzione a ciò che fate, perché nell’Eterno, il nostro DIO, non c ‘è alcuna ingiustizia, né parzialità, né accettazione di doni«. Anche in Gerusalemme Giosafat stabilí alcuni Leviti, sacerdoti e capi delle case paterne d’Israele, per il giudizio dell’Eterno e per le varie contese; questi risiedevano a Gerusalemme. Egli comandò loro dicendo: »Voi agirete nel timore dell’Eterno, con fedeltà e con cuore integro. In ogni contesa che verrà portata davanti a voi da parte dei vostri fratelli che abitano nelle loro città, si tratti di sangue versato, oppure di offese contro la legge o un comandamento, contro statuti o decreti, avvertiteli perché non si rendano colpevoli davanti all’Eterno, e l’ira non cada su di voi e sui vostri fratelli. Fate cosí e non vi renderete colpevoli. Ed ecco, il sommo sacerdote Amariah sarà preposto a voi in ogni questione che riguarda l’Eterno, mentre Zebadiah figlio di Ismaele, capo della casa di Giuda, lo sarà in ogni questione che riguarda il re, anche i Leviti saranno a vostra disposizione come magistrati. Siate forti e mettetevi all’opera, e l’Eterno sarà con l’uomo retto«. Dopo queste cose avvenne che i figli di Moab, i figli di Ammon ed altri con loro assieme agli Ammoniti vennero per combattere contro Giosafat. Cosí giunsero alcuni a informare Giosafat, dicendo: »Una grande moltitudine si è mossa contro di te da oltre il mare dalla Siria; ecco, essi, sono in Hatsatson-Thamar« (che è En-Ghedi). Allora Giosafat ebbe paura e si dispose a cercare l’Eterno, e proclamò un digiuno per tutto Giuda. Cosí quei di Giuda si radunarono per cercare aiuto dall’Eterno, e da tutte le città di Giuda venivano a cercare l’Eterno. Quindi Giosafat si levò in piedi in mezzo all’assemblea di Giuda e di Gerusalemme nella casa dell’Eterno davanti al cortile nuovo e disse: »O Eterno, Dio dei nostri padri, non sei tu il DIO che è nel cielo? Sí, tu domini su tutti i regni delle nazioni; nelle tue mani sono la forza e la potenza e non c’è nessuno che ti possa resistere. Non sei stato tu, il nostro DIO, che ha scacciato gli abitanti di questo paese davanti al tuo popolo Israele e l’ha dato per sempre alla discendenza del tuo amico Abrahamo? Essi vi hanno dimorato e vi hanno costruito un santuario per il tuo nome dicendo: "Se dovesse venire su di noi una calamità, la spada, il giudizio oppure la peste o la carestia, noi ci presenteremo davanti a questo tempio e davanti a te (poiché il tuo nome è in questo tempio) noi grideremo a te dalla nostra avversità e tu ci ascolterai e ci verrai in aiuto". Ed ora, ecco i figli di Ammon, di Moab e quelli del monte Seir, nel cui territorio non permettesti a Israele di entrare quando essi uscivano dal paese d’Egitto (essi perciò si tennero da loro lontani e non li distrussero), or ecco, essi ci ricompensano, venendo a scacciarci dalla tua eredità che ci hai dato da possedere. O DIO nostro, non eseguirai tu il giudizio su di loro? Poiché noi siamo senza forza davanti a questa grande moltitudine che viene contro di noi; non sappiamo cosa fare, ma i nostri occhi sono su di te«. Ora tutti gli uomini di Giuda, con i loro bambini, le loro mogli e i loro figli, stavano in piedi davanti all’Eterno. Allora nel mezzo dell’assemblea lo Spirito dell’Eterno investí Jahaziel, figlio di Zaccaria, figlio di Benaiah, figlio di Jeiel, figlio di Mattaniah, un Levita, dei figli di Asaf. E questi disse: »Ascoltate, voi tutti di Giuda, voi abitanti di Gerusalemme, e tu, o re Giosafat! Cosí vi dice l’Eterno: »Non temete, non sgomentatevi a motivo di questa grande moltitudine, perché la battaglia non è vostra, ma di DIO. Domani scendete contro di loro; ecco, essi saliranno per la salita di Tsits e voi li troverete all’estremità della valle di fronte al deserto di Jeruel. Non sarete voi a combattere in questa battaglia; prendete posizione, state fermi e vedrete la liberazione dell’Eterno, che è con voi, O Giuda, o Gerusalemme, non temete e non sgomentatevi domani uscite contro di loro, perché l’Eterno è con voi"«. Allora Giosafat chinò la faccia a terra, e tutto Giuda e gli abitanti di Gerusalemme si prostrarono davanti all’Eterno e lo adorarono Poi i Leviti, dei figli dei Kehathiti e dei figli dei Korahiti, si levarono per lodare ad altissima voce l’Eterno, il DIO d’Israele. La mattina seguente si alzarono presto e partirono per il deserto di Tekoa; mentre si mettevano in cammino, Giosafat, stando in piedi, disse: »Ascoltatemi, o Giuda e voi abitanti di Gerusalemme! Credete nell’Eterno, il vostro DIO e sarete saldi; credete nei suoi profeti e prospererete«. Quindi, dopo essersi consigliato con il popolo, stabilí quelli che dovevano cantare all’Eterno e dovevano lodarlo per lo splendore della sua SANTITA’, mentre camminavano davanti all’esercito e dicevano: »Celebrate l’Eterno, perché la sua benignità dura in eterno«. Quando essi cominciarono a cantare e a lodare, l’Eterno tese un’imboscata contro i figli di Ammon e di Moab, e quelli del monte Seir che erano venuti contro Giuda, e rimasero sconfitti. I figli di Ammon e di Moab insorsero contro gli abitanti del monte Seir per votarli allo sterminio e distruggerli, quand’ebbero annientati gli abitanti di Seir, si aiutarono a distruggersi a vicenda. Cosí, quando quelli di Giuda giunsero sull’altura da cui si poteva osservare il deserto, si volsero verso la moltitudine, ed ecco, non c’erano che cadaveri distesi per terra; nessuno era scampato. Allora Giosafat e la sua gente andarono a portar via le loro spoglie; tra di loro trovarono una grande quantità di ricchezze sui loro cadaveri e di oggetti preziosi; ne presero per sé piú di quanto ne potessero portare; impiegarono tre giorni a portar via il bottino, tanto era copioso. Il quarto giorno si radunarono nella Valle di Benedizione, dove benedissero l’Eterno; per questo quel luogo è stato chiamato Valle di Benedizione fino al giorno d’oggi. Quindi tutti gli uomini di Giuda e di Gerusalemme, con Giosafat in testa, si misero in cammino con gioia per far ritorno a Gerusalemme, perché l’Eterno aveva loro dato motivo di rallegrarsi sui loro nemici. Cosí entrarono in Gerusalemme con arpe, cetre e trombe, diretti alla casa dell’Eterno. Il terrore di DIO cadde su tutti i regni degli altri paesi, quando vennero a sapere che l’Eterno aveva combattuto contro i nemici d’Israele. Il regno di Giosafat fu tranquillo: il suo DIO gli concesse pace tutt’intorno. Cosí Giosafat regnò sopra Giuda. Aveva trentacinque anni quando iniziò a regnare, e regnò venticinque anni a Gerusalemme; il nome di sua madre era Azubah, figlia di Scilhi. Egli seguí in tutto le vie di Asa suo padre e non se ne allontanò, facendo ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno. Tuttavia gli alti luoghi non furono rimossi, perché il popolo non aveva ancora il cuore stabilmente rivolto al DIO dei suoi padri. Il resto delle gesta di Giosafat, dalle prime alle ultime, sono scritte negli annuali di Jehu, figlio di Hanani, inseriti nel libro dei re d’Israele. Dopo questo Giosafat, re di Giuda si alleò con Achaziah, re d’Israele, che agiva empiamente; egli si alleò con lui per costruire navi che andassero a Tarshish; allestirono le navi a Etsion-Gheber. Allora Eliezer, figlio di Dodavah di Mareshah, profetizzò contro Giosafat dicendo: »Poiché ti sei associato con Achaziah l’Eterno ha distrutto le tue opere«. Cosí le navi si sfasciarono e non poterono andare a Tarshish Quindi Giosafat si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con loro nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Jehoram. Egli aveva fratelli, figli di Giosafat: Azariah, Jehiel, Zaccaria, Azariahu, Mikael e Scefatiah; tutti questi erano figli di Giosafat, re d’Israele. Il loro padre fece ad essi grandi doni di argento, oro e oggetti preziosi, insieme a città fortificate in Giuda, ma diede il regno a Jehoram, perché era il primogenito. Ma quando Jehoram ebbe preso possesso del regno di suo padre e si fu rafforzato, uccise di spada tutti i suoi fratelli e anche alcuni capi d’Israele. Jehoram aveva trentadue anni quando iniziò a regnare, e regnò otto anni in Gerusalemme. Egli seguí la via dei re d’Israele come aveva fatto la casa di Achab, perché sua moglie era una figlia di Achab, e fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno. Tuttavia l’Eterno non volle distruggere la casa di Davide, a motivo del patto che aveva stabilito con Davide e perché aveva promesso di dare a lui e ai suoi figli una lampada per sempre. Durante i giorni del suo regno, Edom si ribellò al potere di Giuda e si diede un re. Allora Jehoram partí con i suoi capi e con tutti i suoi carri, si levò quindi di notte e sconfisse gli Edomiti che avevano accerchiato lui e i capi dei carri. Cosí Edom è stato ribelle al potere di Giuda fino al giorno d’oggi. In quel tempo anche Libnah si ribellò al suo potere, perché Jehoram aveva abbandonato l’Eterno, il DIO dei suoi padri. Anche Jehoram fece degli alti luoghi sui monti di Giuda, spinse gli abitanti di Gerusalemme alla prostituzione e sviò Giuda. Allora gli giunse uno scritto da parte del profeta Elia, che diceva: »Cosí dice l’Eterno, il DIO di Davide tuo padre: »Poiché non hai seguito le vie di Giosafat, tuo padre, e le vie di Asa, re di Giuda. ma hai seguito le vie dei re d’Israele e hai spinto alla prostituzione Giuda e gli abitanti di Gerusalemme, come ha fatto la casa di Achab, e hai ucciso i tuoi fratelli, la famiglia stessa di tuo padre, che erano migliori di te, ecco, l’Eterno colpirà con una grande calamità il tuo popolo, i tuoi figli, le tue mogli e tutto ciò che ti appartiene; tu stesso sarai colpito da gravi malattie, una malattia intestinale tale, che per questa malattia le tue viscere usciranno un po’ per giorno"«. Inoltre l’Eterno risvegliò contro Jehoram lo spirito dei Filistei e degli Arabi, che abitano a fianco degli Etiopi; ed essi salirono contro Giuda, l’invasero e portarono via tutte le ricchezze che si trovavano nel palazzo reale compresi i suoi figli e le sue mogli; cosí non gli rimase piú alcun figlio se non Jehoahaz, il piú piccolo dei suoi figli. Dopo tutto questo l’Eterno lo colpí agli intestini con una malattia incurabile. Cosí, con l’andar del tempo, al termine del secondo anno, per la malattia le viscere gli uscirono fuori e morí in mezzo ad atroci sofferenze. Il suo popolo non bruciò profumi in suo onore, come aveva fatto per i suoi padri. Egli aveva trentadue anni quando iniziò a regnare, e regnò otto anni in Gerusalemme. Se ne andò senza lasciare rimpianti; lo seppellirono nella città di Davide, ma non nei sepolcri dei re. Gli abitanti di Gerusalemme proclamarono suo figlio minore Achaziah re al suo posto, perché tutti i figli piú anziani erano stati uccisi dalla banda che era penetrata nell’accampamento con gli Arabi. Cosí regnò Achaziah, figlio di Jehoram, re di Giuda. Achaziah aveva quarantadue anni quando iniziò a regnare, e regnò un anno a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Athaliah, figlia di Omri. Anch’egli seguí le vie della casa di Achab, perché sua madre lo consigliava ad agire empiamente. Perciò egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come facevano quelli della casa di Achab, perché dopo la morte di suo padre questi furono, per sua rovina, i suoi consiglieri. Seguendo il loro consiglio, egli andò con Jehoram, figlio di Achab re d’Israele, a combattere contro Hazael, re di Siria, a Ramoth di Galaad; e i Siri, ferirono Jehoram. Cosí egli ritornò a Jezreel per farsi curare delle ferite che aveva ricevuto a Ramah, combattendo contro Hazael, re di Siria. Achaziah figlio di Jehoram, re di Giuda, scese a vedere Jehoram, figlio di Achab, in Jezreel, perché questi era malato. La visita di Achaziah a Jehoram fu decretata da DIO per la sua rovina. Quando giunse, infatti, egli uscí con Jehoram contro Jehu, figlio di Nimsci, che l’Eterno aveva unto per sterminare la casa di Achab. Or avvenne che, mentre Jehu faceva giustizia della casa di Achab, incontrò i capi di Giuda e i figli dei fratelli di Achaziah che erano al servizio di Achaziah e li uccise. Fece pure ricercare Achaziah e lo catturarono (egli si era nascosto in Samaria); lo condussero quindi da Jehu che lo uccise. Poi lo seppellirono, perché dicevano: »E’ figlio di Giosafat, che cercava l’Eterno con tutto il suo cuore«. Cosí nella casa di Achaziah non rimase piú alcuno che fosse in grado di regnare. Quando Athaliah, madre di Achaziah, vide che suo figlio era morto, si levò e distrusse tutta la discendenza reale della casa di Giuda. Ma Jehoshabeath, figlia del re, prese Joas, figlio di Achaziah, lo trafugò di mezzo ai figli del re che erano uccisi e lo mise con la nutrice nella camera dei letti. Cosí Jehoshabeath, figlia del re Jehoram, moglie del sacerdote Jehoiada (era la sorella di Achaziah), lo nascose ad Athaliah, che non lo uccise. Cosí rimase nascosto con loro nella casa di DIO per sei anni, mentre Athaliah regnava sul paese. Il settimo anno Jehoiada, fattosi coraggio, prese i capi di centinaia, cioè Azariah figlio di Jeroham, Ismaele figlio di Jehohanam, Azariah figlio di Obed, Maaseiah figlio di Adaiah ed Elishafat figlio di Zikri, ed essi strinsero con lui un’alleanza. Quindi essi percorsero Giuda, radunarono i Leviti, da tutte le città di Giuda e i capi delle case paterne d’Israele e vennero a Gerusalemme. Cosí tutta l’assemblea strinse un’alleanza con il re nella casa di DIO. Quindi Jehoiada disse loro: »Ecco, il figlio del re regnerà, come l’Eterno ha detto dei figli di Davide. Questo è ciò che voi farete: un terzo di voi, sacerdoti e Leviti, che entrano in servizio il sabato, sarà addetto alle porte del tempio; un altro terzo starà nel palazzo del re, e l’altro terzo alla porta della fondazione, mentre tutto il popolo starà nei cortili della casa dell’Eterno. Ma nessuno entri nella casa dell’Eterno, tranne i sacerdoti e i Leviti di servizio; questi possono entrare, perché sono consacrati, ma tutto il popolo si atterrà all’ordine dell’Eterno. I Leviti faranno cerchio attorno al re da tutti i lati, ciascuno con le sue armi in mano; chiunque entra nel tempio sarà messo a morte; voi invece starete col re, quando entrerà e quando uscirà«. I Leviti, e tutto Giuda fecero esattamente come il sacerdote Jehoiada aveva comandato; ciascuno prese i suoi uomini, quelli che entravano in servizio di sabato, e quelli che uscivano di servizio il sabato, perché il sacerdote Jehoiada non aveva licenziato le classi uscenti. Il sacerdote Jehoiada diede ai capi di centinaia le lance e gli scudi piccoli e grandi che erano appartenuti al re Davide e che si trovavano nella casa di DIO. Dispose quindi tutto il popolo, ciascuno con la sua arma in mano, dal lato destro al lato sinistro del tempio; lungo l’altare, e accanto al tempio, intorno al re. Allora fecero uscire il figlio del re, gli posero in testa la corona, gli consegnarono la legge e lo proclamarono re; poi Jehoiada e i suoi figli lo unsero e gridarono: »Viva il re!«. Quando Athaliah udí il rumore del popolo che accorreva acclamando il re andò verso il popolo nella casa dell’Eterno. Guardò, ed ecco il re stava in piedi sul suo palco all’ingresso, i capitani e i trombettieri erano accanto al re, tutto il popolo del paese gioiva e suonava le trombe e i cantori con i loro strumenti musicali guidavano la lode. Allora Athaliah si stracciò le vesti e gridò: »Tradimento, tradimento!«. Ma il sacerdote Jehoiada fece uscire i capi di centinaia che comandavano l’esercito e disse loro: »Fatela uscire di mezzo alle file, e chiunque la segue sia ucciso di spada!«. Il sacerdote infatti aveva detto: »Non permettete che sia uccisa nella casa dell’Eterno«. Cosí essi la afferrarono e, come ella giunse alla casa del re per la strada della porta dei cavalli, lí fu uccisa. Poi Jehoiada fece un patto tra sé, tutto il popolo e il re, perché Israele fosse il popolo dell’Eterno. Allora tutto il popolo andò al tempio di Baal, e lo demolí: fece interamente a pezzi i suoi altari e le sue immagini e uccise davanti agli altari Mattan, sacerdote di Baal. Poi Jehoiada affidò la sorveglianza della casa dell’Eterno ai sacerdoti levitici, che Davide aveva stabilito nella casa dell’Eterno per offrire olocausti all’Eterno, come è scritto nella legge di Mosè, con allegrezza e con canti, come aveva ordinato Davide. Stabilí inoltre i portinai alle porte della casa dell’Eterno, affinché non vi entrasse nessuno che fosse in alcun modo impuro. Prese quindi i capi di centinaia, i nobili, quelli che avevano autorità sul popolo e tutto il popolo del paese e fece scendere il re dalla casa dell’Eterno, passando quindi per la porta superiore, giunsero al palazzo reale e fecero sedere il re sul trono del re. Cosí tutto il popolo del paese fu in festa e la città rimase tranquilla, quando Athaliah fu uccisa di spada. Joas aveva sette anni quando iniziò a regnare, e regnò quarant’anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Tsibiah di Beer-Sceba. Joas fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno durante tutto il tempo che visse il sacerdote Jehoiada. Jehoiada prese per lui due mogli, ed egli generò figli e figlie. Dopo questo venne in cuore a Joas di restaurare la casa dell’Eterno. Perciò radunò i sacerdoti e i Leviti, e disse loro: »Andate per le città di Giuda e raccogliete anno per anno da tutto Israele denaro per restaurare la casa del vostro DIO; cercate di fare la cosa in fretta«. Ma i Leviti non mostrarono alcuna fretta. Allora il re chiamò il sommo sacerdote Jehoiada e gli disse: »Perché non hai richiesto dai Leviti che portassero da Giuda e da Gerusalemme la tassa fissata da Mosè, servo dell’Eterno, e dall’assemblea d’Israele per la tenda della testimonianza?«. Infatti i figli di Athaliah, quella donna malvagia, avevano saccheggiato la casa di DIO e avevano persino usato tutte le cose consacrate della casa dell’Eterno per i Baal. Per ordine del re fecero una cassa e la misero fuori, alla porta della casa dell’Eterno. Poi fecero un proclama in Giuda e in Gerusalemme perché si portasse all’Eterno la tassa che Mosè servo di DIO, aveva imposto a Israele nel deserto. Tutti i capi e tutto il popolo si rallegrarono e portarono il denaro, gettandolo nella cassa fino a riempirla. Quando la cassa veniva dai Leviti portata all’ispettore del re, perché vedevano che c’era molto denaro, il segretario del re e l’incaricato del sommo sacerdote venivano a vuotare la cassa; quindi la prendevano e la riportavano al suo posto. Facevano cosí ogni giorno; così raccolsero una grande quantità di denaro. Poi il re e Jehoiada lo davano a quelli che facevano il lavoro di servizio della casa dell’Eterno, ed essi pagavano gli scalpellini e i falegnami per restaurare la casa dell’Eterno, e anche i lavoratori del ferro e del bronzo per riparare la casa dell’Eterno. Cosí i lavoratori eseguirono accuratamente i lavori, e per mezzo di loro le riparazioni progredirono, essi riportarono la casa di DIO alle sue condizioni originali e la consolidarono. Quando ebbero finito, portarono davanti al re e davanti a Jehoiada il denaro rimasto, e con esso fecero utensili per la casa dell’Eterno: utensili per il servizio e per gli olocausti, coppe e altri utensili d’oro e d’argento. Finché visse Jehoiada, si offrirono continuamente olocausti nella casa dell’Eterno. Ma Jehoiada, divenuto vecchio e sazio di giorni, morí; aveva centotrent’anni quando morí e fu sepolto nella città di Davide insieme ai re, perché aveva fatto del bene in Israele, nei confronti di DIO e della sua casa. Dopo la morte di Jehoiada, i capi di Giuda andarono a prostrarsi davanti al re; e il re diede loro ascolto. Essi abbandonarono quindi la casa dell’Eterno, il DIO dei loro padri, e servirono gli Ascerim e gli idoli; a motivo di questo loro peccato, l’ira di Dio cadde su Giuda e su Gerusalemme. L’Eterno mandò loro profeti per farli ritornare a lui, questi testimoniarono contro di loro, ma essi non vollero ascoltare. Allora lo Spirito di DIO investí Zaccaria, figlio del sacerdote Jehoiada, che si levò al di sopra del popolo e disse loro: »Cosí dice DIO: Perché trasgredite i comandamenti dell’Eterno e non prosperate? Poiché avete abbandonato l’Eterno, anch’egli vi abbandonerà« Ma quelli fecero una congiura contro di lui e per ordine del re lo lapidarono nel cortile della casa dell’Eterno. Cosí il re Joas non si ricordò della bontà che Jehoiada, padre di Zaccaria, aveva usato verso di lui e ne uccise il figlio, che morendo disse: »L’Eterno veda e ne chieda conto!«. Cosí avvenne che, all’inizio del nuovo anno, l’esercito dei Siri salí contro Joas. Essi vennero in Giuda e a Gerusalemme, e sterminarono fra il popolo tutti i suoi capi, e ne inviarono l’intero bottino al re di Damasco. Sebbene l’esercito dei Siri fosse venuto con pochi uomini, l’Eterno diede nelle loro mani un grandissimo esercito, perché avevano abbandonato l’Eterno, il DIO dei loro padri. Cosí essi fecero giustizia di Joas. Quando i Siri si ritirarono da lui (perché lo avevano lasciato molto malato), i suoi servi ordirono una congiura contro di lui, a motivo dell’uccisione dei figli del sacerdote Jehoiada, e lo uccisero nel suo letto. Cosí egli morí, e lo seppellirono nella città di Davide, ma non nei sepolcri dei re. Questi sono coloro che congiurarono contro di lui: Zabad figlio di Scimeath l’Ammonita, e Jehozabad figlio di Scimrith, la Moabita. Quanto riguarda i suoi figli, le molte profezie dette contro di lui e il restauro della casa di DIO, ecco, queste cose sono scritte negli annali del libro dei re. Al suo posto regnò suo figlio Amatsiah. Amatsiah aveva venticinque anni, quando iniziò a regnare, e regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jehoaddan, di Gerusalemme. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno ma non di tutto cuore. Ora, quando ebbe consolidato il suo regno, egli uccise i suoi servi che avevano assassinato il re, suo padre. Tuttavia non mise a morte i loro figli, ma fece come è scritto nella legge nel libro di Mosè, a cui l’Eterno comandò, dicendo: »I padri non saranno messi a morte per colpa dei figli, né i figli saranno messi a morte per colpa dei padri, ma ognuno sarà messo a morte per il proprio peccato«. Inoltre Amatsiah radunò quelli di Giuda e costituí su di loro capi di migliaia e capi di centinaia, secondo le loro case paterne, per tutto Giuda e Beniamino, fece quindi il censimento di quelli dai vent’anni in su e trovò che erano trecentomila uomini scelti, atti alla guerra e capaci di maneggiare la lancia e lo scudo. Assoldò pure centomila uomini d’Israele, forti e valorosi, per cento talenti, d’argento. Ma un uomo di DIO venne a lui e gli disse: »O re, l’esercito d’Israele non venga con te, perché l’Eterno non è con Israele, né con alcuno dei figli di Efraim! Ma se vuoi andare, va’ pure; anche se sarai valoroso in battaglia, DIO ti farà cadere davanti al nemico, perché DIO ha il potere di soccorrere e di far cadere«. Amatsiah allora disse all’uomo di DIO: »Ma che farò dei cento talenti che ho dato all’esercito d’Israele?«. L’uomo di DIO rispose: »L’Eterno può darti molto piú di questo«. Allora Amatsiah congedò l’esercito che era venuto a lui da Efraim, perché tornasse a casa sua; ma la loro ira si accese grandemente contro Giuda e tornarono a casa fortemente adirati. Amatsiah quindi, fattosi animo, si mise alla testa del suo popolo, andò nella valle del Sale e uccise diecimila uomini di Seir. I figli di Giuda ne catturarono vivi altri diecimila e, condottili in cima alla rupe, li precipitarono giú dall’alto della rupe; e tutti si sfracellarono. Ma gli uomini dell’esercito, che Amatsiah aveva licenziato perché non andassero con lui a combattere, piombarono sulle città di Giuda, da Samaria, fino a Beth-Horon, uccidendo tremila abitanti e portando via un grande bottino. Dopo essere tornato dalla strage degli Edomiti, Amatsiah, si fece portare gli dèi dei figli di Seir, li stabilí come suoi dèi, si prostrò davanti a loro e offerse loro incenso. Per questo l’ira dell’Eterno si accese contro Amatsiah e gli mandò un profeta per dirgli: »Perché hai cercato gli dèi di questo popolo, che non sono stati capaci di liberare il loro popolo dalla tua mano?«. Mentre stava ancora parlando a lui il re gli disse »Ti abbiamo forse fatto consigliere del re? Smettila! Perché vorresti essere ucciso?«. Allora il profeta smise, ma disse: »Io so che DIO ha deciso di distruggerti, perché hai fatto questo e non hai dato ascolto al mio consiglio«. Allora Amatsiah, re di Giuda, dopo essersi consigliato, mandò a dire a Joas, figlio di Jehoahaz, figlio di Jehu, re d’Israele: »Vieni, affrontiamoci l’un l’altro in battaglia«. Ma Joas, re d’Israele, mandò a dire ad Amatsiah, re di Giuda: »La spina del Libano mandò a dire al cedro del Libano: »Da’ tua figlia in moglie a mio figlio«. Ma una bestia selvaggia del Libano passò e calpestò la spina. Tu hai detto: »Ecco, ho sconfitto Edom, e il tuo cuore ti ha inorgoglito fino a farti vantare. Resta a casa tua. Perché vorresti provocare una sciagura, mandando in rovina te e Giuda con te?«. Amatsiah però non gli diede ascolto; la cosa infatti veniva da DIO affinché fossero dati in mano del nemico, perché avevano cercato gli dèi di Edom. Cosí Joas, re d’Israele, salí contro Giuda; e lui e Amatsiah, re di Giuda, si affrontarono l’un l’altro a Beth-Scemesh che apparteneva a Giuda. Giuda fu sconfitto da Israele, e ognuno fuggí alla propria tenda. Joas, re d’Israele, a Beth-Scemesh catturò Amatsiah, re di Giuda, figlio di Joas, figlio di Jehoahaz; lo condusse a Gerusalemme e fece una breccia di quattrocento cubiti, nelle mura di Gerusalemme, dalla porta di Efraim alla porta dell’Angolo. Prese tutto l’oro e l’argento e tutti gli oggetti che si trovavano nella casa di DIO, affidati a Obed-Edom, i tesori del palazzo reale e alcuni ostaggi, e poi ritornò in Samaria. Amatsiah, figlio di Joas, re di Giuda, visse ancora quindici anni dopo la morte di Joas, figlio di Jehoahaz, re d’Israele. Il resto delle gesta di Amatsiah, dalle prime alle ultime, non si trova forse scritto nel libro dei re di Giuda e d’Israele? Dopo che Amatsiah si era allontanato dall’Eterno, fu ordita contro di lui una congiura a Gerusalemme; egli fuggì a Lakish, ma lo fecero inseguire fino a Lakish e là lo uccisero. Lo caricarono quindi su dei cavalli e lo seppellirono con i suoi padri nella città di Giuda. Poi tutto il popolo di Giuda prese Uzziah, che aveva allora sedici anni, e lo fece re al posto di suo padre Amatsiah. Egli costruí Elath e la riconquistò Giuda, dopo che il re si fu addormentato con i suoi padri. Uzziah aveva sedici anni quando iniziò a regnare, e regnò cinquantadue anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jekoliah, ed era di Gerusalemme. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto Amatsiah suo padre. Egli cercò DIO durante la vita di Zaccaria, che aveva intendimento delle visioni di DIO; finché cercò l’Eterno DIO, lo fece prosperare. Egli uscí e fece guerra ai Filistei, abbattè le mura di Gath, le mura di Jabneh e le mura di Ashdod e costruí città nelle vicinanze di Ashdod e tra i Filistei. DIO lo aiutò contro i Filistei, contro gli Arabi che abitavano a Gur-Baal e contro i Meuniti. Gli Ammoniti pagavano un tributo a Uzziah; la sua fama si sparse fino ai confini dell’Egitto, perché era divenuto molto potente. Uzziah costruí pure delle torri a Gerusalemme alla porta dell’Angolo alla porta della Valle e sul Cantone delle mura e le fortificò. Egli costruí torri anche nel deserto e scavò molti pozzi, perché aveva un gran numero di bestiame, tanto nella parte bassa del paese che nella pianura; aveva pure agricoltori e vignaiuoli sui monti e in Karmel perché amava la terra. Uzziah aveva inoltre un esercito di combattenti che andava alla guerra per schiere, secondo il numero registrato dal segretario Jeiel e dal commissario Maaseiah agli ordini di Hananiah, uno dei capitani del re. Il numero totale dei capi delle case paterne, degli uomini forti e valorosi era di duemilaseicento. Sotto il loro comando c’era un esercito di trecentosettemilacinquecento uomini capaci di combattere con grande valore, per aiutare il re contro il nemico. Uzziah forní a loro, cioè a tutto l’esercito, scudi, lance, elmi, corazze, archi, e fionde per scagliare sassi. In Gerusalemme, fece pure costruire alcune macchine da uomini esperti, che collocò sulle torri e sugli angoli, per scagliare frecce e grosse pietre. La sua fama giunse lontano, perché fu meravigliosamente aiutato finché divenne potente. Ma, divenuto potente, il suo cuore si inorgoglí fino a corrompersi e peccò contro l’Eterno, il suo DIO, entrando nel tempio, dell’Eterno per bruciare incenso, sull’altare, dell’incenso. Dopo di lui entrò il sacerdote Azariah con ottanta sacerdoti dell’Eterno, uomini coraggiosi. Essi si opposero al re Uzziah e gli dissero: »Non tocca a te, o Uzziah, offrire incenso all’Eterno, ma ai sacerdoti, figli di Aaronne, che sono consacrati per offrire l’incenso. Esci dal santuario, perché hai peccato! Questo non ti procurerà alcun onore da parte dell’Eterno DIO«. Allora Uzziah, che aveva in mano un turibolo per offrire l’incenso, si adirò; ma mentre si adirava contro i sacerdoti, sulla sua fronte scoppiò la lebbra, davanti ai sacerdoti, nella casa dell’Eterno, presso l’altare dell’incenso. Il sommo sacerdote Azariah e tutti gli altri sacerdoti si voltarono verso di lui, ed ecco, sulla sua fronte era lebbroso. Cosí lo fecero uscire in fretta ed egli stesso si affrettò ad uscire perché l’Eterno lo aveva colpito. Il re Uzziah fu lebbroso fino al giorno della sua morte e visse in una casa Isolata, perché era lebbroso, poiché era escluso dalla casa dell’Eterno, e suo figlio Jotham era sovrintendente del palazzo reale e rendeva giustizia al popolo del paese. Il resto delle gesta di Uzziah, dalle prime alle ultime, sono state scritte dal profeta Isaia, figlio di Amots. Cosí Uzziah si addormentò con i suoi padri e fu sepolto con i suoi padri nel campo delle sepolture che apparteneva ai re, perché si diceva: »è lebbroso«. Al suo posto regnò suo figlio Jotham. Jotham aveva venticinque anni quando iniziò a regnare, e regnò sedici anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Jerushah, figlia di Tsadok. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto suo padre Uzziah, (tuttavia non entrò nel tempio dell’Eterno), ma il popolo continuava a corrompersi. Egli costruí la porta superiore della casa dell’Eterno e fece molti lavori sulle mura di Ofel. Inoltre costruí delle città nella regione montuosa di Giuda e nelle foreste costruí fortezze e torri. Fece pure guerra al re dei figli di Ammon e li vinse. I figli di Ammon gli diedero quell’anno cento talenti d’argento, diecimila cori di grano e diecimila d’orzo. La stessa quantità gli fu consegnata dai figli di Ammon il secondo e il terzo anno. Cosí Jotham divenne potente, perché regolò il suo cammino davanti all’Eterno, il suo DIO. Il resto delle gesta di Jotham, tutte le sue guerre e le sue imprese, ecco, sono scritte nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Egli aveva venticinque anni quando iniziò a regnare, e regnò sedici anni a Gerusalemme. Poi Jotham si addormentò con i suoi padri e fu sepolto nella città di Davide. Al suo posto regnò suo figlio Achaz. Achaz aveva vent’anni quando iniziò a regnare, e regnò sedici anni a Gerusalemme. Egli non fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, come aveva fatto Davide suo padre; ma seguí le vie dei re d’Israele e fece perfino immagini di metallo fuso per i Baal. Egli bruciò incenso nella valle del Figlio di Hinnom e bruciò nel fuoco i suoi figli, seguendo le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele; inoltre faceva sacrifici e bruciava incenso sugli alti luoghi, sulle colline e sotto ogni albero verdeggiante. Perciò l’Eterno, il suo DIO lo diede nelle mani del re di Siria; essi lo sconfissero e gli presero un gran numero di prigionieri che condussero a Damasco. Fu pure dato nelle mani del re d’Israele che gli inflisse una grande sconfitta. Infatti Pekah, figlio di Remaliah, in un giorno uccise centoventimila uomini in Giuda, tutti uomini valorosi, perché avevano abbandonato l’Eterno, il DIO dei loro padri. Zikri un prode di Efraim, uccise Maaseiah, figlio del re, Azrikam prefetto del palazzo ed Elkanah che veniva al secondo posto, dopo il re. I figli d’Israele condussero prigionieri, tra i loro fratelli, duecentomila donne, figli e figlie, tolsero pure loro un gran bottino, che portarono a Samaria. Ma là c’era un profeta dell’Eterno, di nome Obed. Egli uscí incontro all’esercito che tornava a Samaria e disse loro: »Ecco, poiché l’Eterno, il DIO dei vostri padri, era adirato contro Giuda, li ha dati nelle vostre mani ma voi li avete uccisi con furore, che è giunto fino al cielo. E ora intendete soggiogare, come vostri schiavi e schiave, i figli e le figlie di Giuda e di Gerusalemme. Ma non siete in realtà voi stessi colpevoli davanti all’Eterno il vostro DIO? Ascoltatemi dunque e rimandate i prigionieri che avete catturato tra i vostri fratelli perché altrimenti l’ardente ira dell’Eterno cadrà su di voi«. Allora alcuni dei capi dei figli di Efraim, Azariah figlio di Johanan, Berekiah figlio di Mescillemoth, Ezechia figlio di Shallum e Amasa figlio di Hadlai si levarono contro quelli che tornavano dalla guerra, e dissero loro: »Voi non porterete qui i prigionieri, perché su di noi pesa già una colpa contro l’Eterno; ciò che intendete fare accrescerà i nostri peccati e la nostra colpa, perché la nostra colpa è già grande e un’ira ardente incombe su Israele«. Allora i soldati abbandonarono i prigionieri e il bottino davanti ai capi e a tutta l’assemblea. Quindi alcuni uomini designati per nome si levarono e presero i prigionieri, e con il vestiario del bottino rivestirono tutti quelli di loro che erano nudi; provvidero loro vesti e sandali, diedero loro da mangiare e da bere e li unsero; poi trasportarono tutti i deboli su degli asini e li condussero a Gerico, la città delle palme, presso i loro fratelli, quindi tornarono a Samaria. In quel tempo il re Achaz andò a chiedere aiuto al re di Assiria. Gli Edomiti erano venuti di nuovo, avevano sconfitto Giuda e avevano condotto dei prigionieri. I Filistei avevano anche invaso le città della pianura e del Neghev di Giuda e avevano preso Beth-Scemesh Ajalon Ghederoth. Soko con i suoi villaggi. Timnah con i suoi villaggi. Ghimzo con i suoi villaggi, e vi si erano stabiliti. L’Eterno infatti aveva umiliato Giuda a motivo di Achaz, re di Israele, perché aveva fomentato il decadimento morale in Giuda e aveva gravemente peccato contro l’Eterno. Cosí Tilgath-Pilneser, re d’Assiria venne contro di lui e lo oppresse anziché aiutarlo, anche se Achaz aveva preso una parte dei tesori dalla casa dell’Eterno, dal palazzo del re e dei capi, e aveva dato tutto al re di Assiria; ciò nonostante non gli era giovato nulla. Anche quando era oppresso, questo re Achaz peccò ancor di piú contro l’Eterno. Offrí sacrifici agli dèi di Damasco, che lo avevano sconfitto, dicendo: »Poiché gli dèi dei re di Siria aiutano quelli, io offrirò loro sacrifici perché aiutino anche me«. Ma furono proprio loro a provocare la sua rovina e quella di tutto Israele. Achaz radunò gli utensili della casa di DIO, fece a pezzi gli utensili della casa di DIO, chiuse le porte della casa dell’Eterno, si fece degli altari in ogni angolo di Gerusalemme, e in ogni città di Giuda stabilí alti luoghi per bruciare incenso ad altri dèi provocando cosí ad ira l’Eterno, il DIO dei suoi padri. Il resto delle sue gesta e di tutti i suoi modi di agire, dai primi agli ultimi, ecco, sono scritti nel libro dei re di Giuda e d’Israele. Poi Achaz si addormentò con i suoi padri, e lo seppellirono in città, a Gerusalemme, ma non lo vollero mettere nei sepolcri dei re d’Israele. Al suo posto regnò suo figlio Ezechia. Ezechia aveva venticinque anni quando iniziò a regnare, e regnò ventinove anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Abijah, figlia di Zaccaria. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto Davide, suo padre. Nel primo anno del suo regno, nel primo mese, egli aperse le porte della casa dell’Eterno e le restaurò. Poi fece venire i sacerdoti e i Leviti e li radunò nella piazza orientale e disse loro: »Ascoltatemi, o Leviti! Ora santificatevi e santificate la casa dell’Eterno, il DIO dei vostri padri, e portate fuori dal santuario ogni cosa immonda. Poiché i nostri padri hanno peccato e hanno fatto ciò che è male agli occhi dell’Eterno, il nostro DIO e l’hanno abbandonato, distogliendo le loro facce dalla dimora dell’Eterno e voltandogli le spalle. Essi hanno persino chiuso le porte del portico, hanno spento le lampade e non hanno piú bruciato incenso né offerto olocausti nel santuario al DIO d’Israele. Perciò l’ira dell’Eterno si è riversata su Giuda e Gerusalemme, ed egli li ha abbandonati ai guai, alla desolazione e allo scherno, come potete vedere con i vostri occhi. Ed ecco, a causa di questo, i nostri padri sono caduti di spada, e i nostri figli, le nostre figlie e le nostre mogli, sono in cattività. Ora io ho in cuore di fare un patto con l’Eterno, il DIO d’Israele, affinché l’ardore della sua ira si allontani da noi. Figli miei, non siate ora negligenti, perché l’Eterno ha scelto voi per stare davanti a lui per servirlo, per essere suoi ministri e per offrirgli incenso«. Allora i Leviti si levarono: Mahath figlio di Amasai, Joel figlio di Azariah, dei figli di Kehath. Dei figli di Merari, Kish figlio di Abdi e Azariah figlio di Jehallelel. Dei Ghershoniti, Joah figlio di Zimmah e Eden figlio di Joah. Dei figli di Elitsafan, Scimri e Jeiel. Dei figli di Asaf, Zaccaria e Mattaniah. Dei figli di Heman, Jehiel e Scimei. Dei figli di Jeduthun, Scemaiah e Uzziel. Essi radunarono i loro fratelli e si santificarono; quindi entrarono a purificare la casa dell’Eterno, secondo l’ordine del re, conformemente alle parole dell’Eterno. Cosí i sacerdoti entrarono nell’interno della casa dell’Eterno per purificarla e portarono fuori, nel cortile della casa dell’Eterno, tutte le cose immonde che trovarono nel tempio dell’Eterno; i Leviti le presero per portarle fuori al torrente Kidron. Cominciarono a santificarsi il primo giorno del primo mese; nel giorno ottavo del mese entrarono nel portico dell’Eterno; in otto giorni purificarono la casa dell’Eterno e terminarono il sedicesimo giorno del primo mese. Quindi entrarono nel palazzo del re Ezechia e gli dissero: »Abbiamo purificato tutta la casa dell’Eterno, l’altare, degli olocausti con tutti i suoi utensili e la tavola dei pani della presentazione con tutti i suoi utensili. Inoltre abbiamo rimesso a posto e purificato tutti gli utensili che il re Achaz nel suo peccato aveva gettato via durante il suo regno; ed ecco, ora sono davanti all’altare dell’Eterno«. Allora il re Ezechia si alzò presto, radunò i capi della città e salí alla casa dell’Eterno. Essi portarono sette torelli, sette montoni, sette agnelli e sette capri, come sacrificio per il peccato per il regno, per il santuario e per Giuda. Quindi il re ordinò ai sacerdoti, figli di Aaronne, di offrirli sull’altare dell’Eterno. Cosí scannarono i tori, e i sacerdoti ne raccolsero il sangue e lo spruzzarono sull’altare; allo stesso modo scannarono i montoni e ne spruzzarono il sangue sull’altare, poi scannarono gli agnelli e ne spruzzarono il sangue sull’altare. Quindi presentarono al re e all’assemblea i capri del sacrificio per il peccato, ed essi posarono su di loro le mani. I sacerdoti li scannarono e ne offrirono il sangue sull’altare come sacrificio per il peccato, in espiazione, per tutto Israele, perché il re aveva ordinato di offrire l’olocausto e il sacrificio per il peccato, per tutto Israele. Il re stabilí inoltre i Leviti, nella casa dell’Eterno con cembali, con arpe e con cetre, secondo l’ordine di Davide, di Gad, il veggente del re, e del profeta Nathan, perché l’ordine era dato dall’Eterno per mezzo dei suoi profeti. Cosí i Leviti presero posto con gli strumenti di Davide, e i sacerdoti con le trombe. Allora Ezechia ordinò di offrire l’olocausto sull’altare; e nel momento in cui iniziò l’olocausto, ebbe pure inizio il canto dell’Eterno assieme alle trombe e l’accompagnamento degli strumenti di Davide, re d’Israele. Allora tutta l’assemblea si prostrò, mentre i cantori cantavano e i trombettieri suonavano; tutto questo continuò fino alla fine dell’olocausto. Terminato l’olocausto, il re e tutti quelli che erano con lui s’inchinarono e adorarono. Poi il re Ezechia e i capi ordinarono ai Leviti di lodare l’Eterno con le parole di Davide e del veggente Asaf; essi lo lodarono con gioia, quindi s’inchinarono e adorarono. Allora Ezechia prese la parola e disse: »Ora che vi siete consacrati all’Eterno, avvicinatevi e portate sacrifici e offerte di ringraziamento nella casa dell’Eterno«. Cosí l’assemblea portò sacrifici e offerte di ringraziamento; e tutti quelli di cuore volenteroso portarono olocausti. Il numero degli olocausti portati dall’assemblea fu di settanta tori, cento montoni e duecento agnelli; tutti questi erano in olocausto all’Eterno. Gli animali consacrati, furono seicento buoi e tremila pecore. Ma i sacerdoti erano troppo pochi e non potevano scuoiare tutti gli olocausti, perciò i loro fratelli, i Leviti, li aiutarono finché il lavoro non fu terminato e finché gli altri sacerdoti non si furono santificati, perché i Leviti avevano maggior rettitudine di cuore nel santificarsi dei sacerdoti. Ci fu anche un gran numero di olocausti assieme al grasso dei sacrifici di ringraziamento e alle libazioni degli olocausti. Cosí fu ristabilito il servizio della casa dell’Eterno. Ezechia e tutto il popolo si rallegrarono che DIO avesse preparato il popolo; la cosa infatti era avvenuta in fretta. Poi Ezechia inviò messaggeri a tutto Israele e a Giuda e scrisse pure lettere a Efraim e a Manasse, perché venissero alla casa dell’Eterno a Gerusalemme, per celebrare la Pasqua in onore dell’Eterno, il DIO d’Israele. Il re, i suoi capi e tutta l’assemblea in Gerusalemme decisero di celebrare la Pasqua nel secondo mese; infatti non avevano potuto celebrarla nel tempo stabilito, perché i sacerdoti non si erano santificati in numero sufficiente e il popolo non si era radunato in Gerusalemme. La cosa piacque al re e a tutta l’assemblea. Stabilirono cosí di proclamare un bando in tutto Israele, da Beer-Sceba fino a Dan, perché venissero a Gerusalemme a celebrare la Pasqua in onore dell’Eterno, il DIO d’Israele, poiché da molti anni non l’avevano celebrata nel modo prescritto. I corrieri andarono dunque in tutto Israele e Giuda con le lettere da parte del re e dei suoi capi, proclamando secondo l’ordine del re: »Figli d’Israele, tornate all’Eterno, il DIO di Abrahamo, d’Isacco e d’Israele, affinché egli ritorni al residuo di voi che è scampato dalle mani dei re di Assiria. Non siate come i vostri padri e come i vostri fratelli, che hanno peccato contro l’Eterno, il DIO dei loro padri, che perciò li ha abbandonati in preda alla desolazione, come voi vedete. Ora non indurite la vostra cervice come i vostri padri, ma date la mano all’Eterno, venite al suo santuario che egli ha santificato per sempre e servite l’Eterno, il vostro DIO, affinché l’ardore della sua ira si allontani da voi. Poiché, se tornate all’Eterno, i vostri fratelli e i vostri figli saranno trattati con compassione da quelli che li hanno deportati e ritorneranno in questo paese, perché l’Eterno, il vostro DIO, è clemente e misericordioso e non ritirerà la sua faccia da voi, se ritornerete a lui«. I corrieri passarono quindi di città in città nel paese di Efraim e Manasse fino a Zabulon; ma la gente li derideva e si faceva beffe di loro. Tuttavia alcuni uomini di Ascer, di Manasse e di Zabulon si umiliarono e vennero a Gerusalemme. Ma in Giuda la mano di DIO operò dando loro uno stesso cuore per eseguire l’ordine del re e dei capi, secondo la parola dell’Eterno. Una grande folla si riuní a Gerusalemme per celebrare la festa degli Azzimi nel secondo mese; era un’assemblea enorme. Si levarono ed eliminarono gli altari che erano in Gerusalemme; eliminarono pure tutti gli altari per l’incenso e li gettarono nel torrente Kidron. Poi immolarono la Pasqua, il quattordicesimo giorno del secondo mese. I sacerdoti e i Leviti, pieni di vergogna, si santificarono e offrirono olocausti nella casa dell’Eterno. Essi occuparono il proprio posto secondo le norme loro imposte dalla legge di Mosè, uomo di DIO. I sacerdoti spruzzavano il sangue, che ricevevano dalle mani dei Leviti. Poiché molti nell’assemblea non si erano santificati, i Leviti avevano l’incarico di immolare gli agnelli della Pasqua per tutti quelli che non erano puri, per consacrarli all’Eterno. Infatti una gran parte del popolo, molti di Efraim, di Manasse, di Issacar e di Zabulon non si erano purificati, e mangiarono ugualmente la Pasqua, facendo diversamente di come era scritto. Ma Ezechia pregò per loro, dicendo: »L’Eterno, che è buono, perdoni chiunque ha disposto il proprio cuore a ricercare DIO, l’Eterno, il DIO dei suoi padri, anche senza la purificazione richiesta dal santuario«. E l’Eterno ascoltò Ezechia e guarí il popolo. Cosí i figli d’Israele, che si trovavano a Gerusalemme, celebrarono la festa degli Azzimi per sette giorni con grande allegrezza, mentre i Leviti e i sacerdoti lodavano ogni giorno l’Eterno, cantando con strumenti sonori all’Eterno. Ezechia parlò al cuore di tutti i Leviti che mostravano buon intendimento delle cose dell’Eterno. Cosí essi mangiarono per i sette giorni stabiliti dalla festa, offrendo sacrifici di ringraziamento e lodando l’Eterno, il DIO dei loro padri. Quindi tutta l’assemblea decise di celebrare la festa per altri sette giorni; cosí la celebrarono per altri sette giorni con gioia. Infatti Ezechia, re di Giuda, aveva donato all’assemblea mille torelli e settemila pecore; anche i capi avevano donato all’assemblea mille torelli e diecimila pecore, e un gran numero di sacerdoti si era santificato. Tutta l’assemblea di Giuda fu in festa, assieme ai sacerdoti, ai Leviti, a tutta l’assemblea di quelli venuti da Israele e agli stranieri giunti dal paese d’Israele o che risiedevano in Giuda. Cosí vi fu gran gioia in Gerusalemme. Dal tempo di Salomone figlio di Davide re d’Israele, non c’era stato nulla di simile in Gerusalemme. Poi i sacerdoti Leviti si levarono e benedissero il popolo, la loro voce fu udita e la loro preghiera giunse fino alla santa dimora dell’Eterno nel cielo. Terminato tutto questo, tutti gli Israeliti presenti partirono per le città di Giuda, per fare a pezzi le colonne sacre abbattere gli Ascerim e demolire gli alti luoghi e gli altari in tutto Giuda e Beniamino, come pure in Efraim e Manasse, fino alla completa distruzione. Poi tutti i figli d’Israele tornarono nelle loro città, ognuno nella sua proprietà. Ezechia ricostruí le classi dei sacerdoti e dei Leviti, in base alle loro classi, ognuno secondo il suo servizio, i sacerdoti e i Leviti per gli olocausti e i sacrifici di ringraziamento per servire, per ringraziare e per lodare alle porte degli accampamenti dell’Eterno. Il re stabilí pure la parte dei suoi beni che sarebbe destinata per gli olocausti: gli olocausti del mattino e della sera, gli olocausti dei sabati, dei noviluni e delle feste solenni come sta scritto nella legge dell ‘Eterno. Inoltre ordinò al popolo a quelli che abitavano in Gerusalemme, di dare ai sacerdoti e ai Leviti la parte loro dovuta affinché fossero resi fermi nella legge dell’Eterno. Appena l’ordine fu diffuso, i figli d’Israele diedero in abbondanza le primizie del grano, del vino, dell’olio, del miele e di tutti i prodotti dei campi; e portarono una decima abbondante di ogni cosa. I figli d’Israele e di Giuda che abitavano nelle città di Giuda portarono anch’essi la decima dei buoi e delle pecore come pure la decima delle cose sante che erano consacrate all’Eterno il loro DIO, e ne fecero tanti mucchi. Incominciarono a fare i mucchi nel terzo mese e finirono nel settimo mese. Quando Ezechia e i capi vennero a vedere i mucchi, benedissero l’Eterno e il suo popolo d’Israele. Poi Ezechia interrogò i sacerdoti e i Leviti riguardo ai mucchi; il sommo sacerdote Azariah della casa di Tsadok, gli rispose: »Da quando si è cominciato a portare le offerte nella casa dell’Eterno, abbiamo mangiato a sazietà ed è rimasta roba in abbondanza, perché l’Eterno ha benedetto il suo popolo; e questa è la grande quantità rimasta«. Allora Ezechia ordinò loro di preparare delle stanze nella casa dell’Eterno. Essi le prepararono, e vi portarono fedelmente le offerte, la decima e le cose consacrate. Il Levita Konaniah ne ebbe la sovrintendenza e dopo di lui c’era suo fratello Scimei. Jehiel, Ahaziah, Nahath, Asahel Jerimoth, Jozabad, Eliel, Ismakiah. Mahath e Benaiah erano sorveglianti agli ordini di Konaniah e di suo fratello Scimei per comando del re Ezechia e di Azariah capo della casa di DIO. Il Levita Kore figlio di Imnah, guardiano della porta orientale, era preposto alle offerte volontarie fatte a DIO per distribuire le offerte elevate dell’Eterno e le cose santissime. Ai suoi ordini c’erano Eden Miniamin, Jeshua, Scemaiah, Amariah Scekaniah nelle città dei sacerdoti che dovevano compiere fedelmente la distribuzione ai loro fratelli, grandi e piccoli secondo le loro classi; ad eccezione dei maschi che erano registrati nelle loro genealogie dall’età di tre anni in su, essi distribuivano a tutti quelli che entravano nella casa dell’Eterno la loro porzione giornaliera per il loro servizio, secondo le loro funzioni e in base alle loro classi. ai sacerdoti registrati nelle genealogie secondo le case paterne e ai Leviti dall’età di vent’anni in su, secondo le loro mansioni e secondo le loro classi, e a tutti quelli che erano scritti nella genealogia, e cioè, i loro piccoli, le loro mogli, i loro figli e le loro figlie, come membri dell’intera assemblea; poiché nell’ufficio loro assegnato si consacrarono nella SANTITA’. Anche per i sacerdoti, figli di Aaronne, che dimoravano in campagna, nelle zone attorno alle loro città, c’erano in ogni città uomini designati per nome per distribuire le porzioni a ogni maschio tra i sacerdoti, e a tutti i Leviti registrati nelle genealogie. Ezechia fece cosí in tutto Giuda; fece ciò che è buono, retto e vero davanti all’Eterno, il suo DIO. In ogni lavoro che intraprese per il servizio della casa di DIO, per la legge e per i comandamenti, per cercare il suo DIO, egli lo fece con tutto il suo cuore; per questo egli prosperò. Dopo queste cose e questi atti di fedeltà di Ezechia, Sennacherib, re di Assiria, venne, entrò in Giuda e cinse d’assedio le città fortificate, con l’intenzione d’impadronirsene. Quando Ezechia vide che Sennacherib era giunto con il proposito di attaccare Gerusalemme, decise con i suoi capi e con i suoi uomini valorosi di chiudere le acque delle sorgenti che erano fuori della città; ed essi gli prestarono aiuto. Cosí si radunò un gran numero di gente e chiusero tutte le sorgenti e il torrente, che scorreva attraverso il paese, dicendo: »Perché il re di Assiria dovrebbe venire e trovare acqua in abbondanza?«. Ezechia allora prese coraggio, ricostruí tutte le mura diroccate, vi eresse torri e al di fuori costruí un muro esterno; fortificò pure Millo nella città di Davide e fece fare un gran numero di lance e scudi. Stabilí dei capi militari sopra il popolo, li riuní presso di sé nella piazza della città e parlò al loro cuore, dicendo: »Siate forti e coraggiosi! Non temete e non sgomentatevi davanti al re di Assiria e davanti alla moltitudine che è insieme a lui, perché con noi c’e uno piú grande che con lui. Con lui vi è un braccio di carne, ma con noi vi è l’Eterno, il nostro DIO, per soccorrerci e per combattere le nostre battaglie« Il popolo fu rassicurato dalle parole di Ezechia, re di Giuda. Dopo questo Sennacherib, re di Assiria, mentre si trovava di fronte a Lakish con tutte le sue forze, mandò i suoi servi a Gerusalemme per dire a Ezechia, re di Giuda, e a tutti quei di Giuda che si trovavano a Gerusalemme: »Cosí parla Sennacherib, re degli Assiri: In che cosa confidate per rimanere assediati in Gerusalemme? Non sta Ezechia ingannandovi per farvi morire di fame e di sete, dicendo: »L’Eterno, il nostro DIO, ci libererà dalle mani del re di Assiria«? Non ha forse lo stesso Ezechia rimosso i suoi alti luoghi e i suoi altari, dicendo a Giuda e a Gerusalemme: »Voi adorerete davanti a un solo altare e su di esso offrirete incenso«? Non sapete ciò che io e i miei padri abbiamo fatto a tutti i popoli degli altri paesi? Gli dèi delle nazioni di quei paesi sono stati in qualche modo capaci di liberare i loro paesi dalla mia mano? Tra tutti gli dèi di queste nazioni che i miei padri hanno votato allo sterminio, chi mai ha potuto liberare il suo popolo dalla mia mano? Come potrà quindi il vostro DIO liberarvi dalla mia mano? Ora perciò non lasciate che Ezechia vi inganni e vi seduca in questo modo; non prestategli fede! Poiché nessun dio di alcuna nazione o regno ha potuto liberare il suo popolo dalla mia mano o dalla mano dei miei padri, tanto meno il vostro DIO potrà liberarvi dalla mia mano!«. I suoi servi parlarono ancora contro l’Eterno DIO e contro il suo servo Ezechia. Sennacherib scrisse pure lettere, per insultare l’Eterno, il DIO d’Israele, e per parlare contro di lui, dicendo: »Come gli dèi delle nazioni degli altri paesi non hanno liberato i loro popoli dalla mia mano cosí neppure il DIO di Ezechia libererà il suo popolo dalla mia mano«. Essi gridarono ad alta voce in lingua giudaica rivolgendosi al popolo di Gerusalemme, che stava sulle mura, per spaventarlo e atterrirlo, e cosí impadronirsi della città. Essi parlarono contro il DIO di Gerusalemme come contro gli dèi dei popoli della terra, che sono opera di mano d’uomo. Ma il re Ezechia e il profeta Isaia, figlio di Amots, pregarono a questo proposito e gridarono al cielo. Allora l’Eterno mandò un angelo, che sterminò tutti gli uomini forti e valorosi, i principi e i capi nell’accampamento del re di Assiria. Questi tornò al suo paese coperto di vergogna; entrò quindi nel tempio del suo dio, dove i suoi stessi figli lo uccisero di spada. Cosí l’Eterno salvò Ezechia e gli abitanti di Gerusalemme dalla mano di Sennacherib, re di Assiria, e dalla mano di tutti gli altri e li protesse tutt’intorno. Molti portarono offerte all’Eterno a Gerusalemme e oggetti preziosi a Ezechia, re di Giuda, che da allora fu magnificato agli occhi di tutte le nazioni. In quei giorni Ezechia si ammalò mortalmente Egli pregò l’Eterno, che gli parlò e gli diede un segno. Ma Ezechia non corrispose al beneficio a lui fatto, perché il suo cuore si era inorgoglito, perciò su di lui, su Giuda e su Gerusalemme si riversò l’ira dell’Eterno. Poi Ezechia si umiliò dell’orgoglio del suo cuore, lui e gli abitanti di Gerusalemme; perciò l’ira dell’Eterno non venne sopra di loro durante la vita di Ezechia. Ezechia ebbe immense ricchezze e onore. Egli si fece depositi per argento, oro, pietre preziose, aromi, scudi, e per ogni genere di oggetti preziosi, magazzini per i prodotti di grano, vino e olio, stalle per ogni genere di bestiame e ovili per le pecore. Inoltre si costruí città ed ebbe un gran numero di greggi e mandrie, perché DIO gli aveva dato grandissime ricchezze. Fu Ezechia stesso a chiudere la sorgente superiore delle acque di Ghihon e a incanalarle in basso al lato occidentale della città di Davide. Ezechia riuscí in tutte le sue imprese. Ma quando i capi di Babilonia gli inviarono messaggeri per informarsi del prodigio che era avvenuto nel paese, DIO lo abbandonò per metterlo alla prova e conoscere tutto ciò che era nel suo cuore. Il resto delle gesta di Ezechia e le sue opere di bene sono scritte nella visione del profeta Isaia, figlio di Amots, e nel libro dei re di Giuda e d’Israele. Poi Ezechia si addormentò con i suoi padri e fu sepolto sulla salita dei sepolcri dei figli di Davide; alla sua morte tutto Giuda e gli abitanti di Gerusalemme gli resero onore. Al suo posto regnò suo figlio Manasse. Manasse aveva dodici anni quando iniziò a regnare, e regnò cinquantacinque anni a Gerusalemme. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, seguendo le abominazioni delle nazioni che l’Eterno aveva scacciato davanti ai figli d’Israele. Egli riedificò gli alti luoghi che Ezechia, suo padre, aveva demolito, eresse altari ai Baal, fece gli Ascerim, e si prostrò davanti a tutto l’esercito del cielo e lo serví. Eresse pure altari nella casa dell’Eterno, della quale l’Eterno aveva detto: »Il mio nome rimarrà in Gerusalemme per sempre«. Costruí altari a tutto l’esercito del cielo nei due cortili della casa dell’Eterno. Fece anche passare i suoi figli attraverso il fuoco nella valle del figlio di Hinnom; praticò la magia, la divinazione e la stregoneria, e consultò i medium e i maghi. Si diede interamente a fare ciò che è male agli occhi dell’Eterno, provocandolo ad ira. Mise addirittura un’immagine scolpita, l’idolo che aveva fatto, nella casa di DIO, della quale DIO aveva detto a Davide e a Salomone, suo figlio: »In questa casa e a Gerusalemme, che ho scelta fra tutte le tribú d’Israele, porró il mio nome per sempre; e non farò piú errare il piede d’Israele lontano dal paese che ho assegnato ai vostri padri, purché essi abbiano cura di mettere in pratica tutto ciò che ho loro comandato, secondo tutta la legge, gli statuti e i decreti dati per mezzo di Mosè«. Ma Manasse fece sviare Giuda e gli abitanti di Gerusalemme inducendoli a fare peggio delle nazioni che l’Eterno aveva distrutto davanti ai figli d’Israele. L’Eterno parlò a Manasse e al suo popolo, ma essi non prestarono attenzione. Allora l’Eterno fece venire contro di loro i capi dell’esercito del re di Assiria che presero Manasse con uncini al naso, lo legarono con catene di bronzo e lo condussero a Babilonia. Quando si trovò nell’avversità, egli implorò l’Eterno, il suo DIO, e si umiliò profondamente davanti al DIO dei suoi padri. Quindi lo pregò e lo supplicò e DIO ascoltò la sua supplica e lo ricondusse a Gerusalemme nel suo regno. Allora Manasse riconobbe che l’Eterno è DIO. Dopo questo, Manasse costruí un muro fuori della città di Davide, a ovest di Ghihon nella valle, fino alla porta dei pesci, che girava attorno a Ofel, e lo fece molto alto. Poi in tutte le città fortificate di Giuda pose capi militari. Inoltre rimosse dalla casa dell’Eterno gli dèi stranieri e l’idolo, insieme a tutti gli altari che aveva costruito sul monte della casa dell’Eterno e a Gerusalemme, e li gettò fuori della città. Poi restaurò l’altare, dell’Eterno e su di esso offrí sacrifici di ringraziamento e di lode, e comandò a Giuda di servire l’Eterno, il DIO d’Israele. Tuttavia il popolo continuava a offrire sacrifici sugli alti luoghi, ma solamente all’Eterno, il suo DIO. Il resto delle gesta di Manasse, la preghiera che rivolse al suo DIO e le parole dei veggenti che gli parlarono in nome dell’Eterno, il DIO d’Israele, sono scritte nel libro dei re d’Israele. Invece la sua preghiera e come DIO gli diede ascolto, tutti i suoi peccati e tutte le sue infedeltà, i luoghi dove costruí gli alti luoghi e vi eresse gli Ascerim, e le immagini scolpite, prima di essere umiliato, ecco, sono scritti nel libro di Hozai. Poi Manasse si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in casa sua. Al suo posto regnò suo figlio Amon. Amon aveva ventidue anni quando iniziò a regnare, e regnò due anni a Gerusalemme. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, come aveva fatto Manasse suo padre; Amon infatti offriva sacrifici a tutte le immagini scolpite fatte da Manasse, suo padre, e le serviva. Egli non si umiliò davanti all’Eterno, come si era umiliato Manasse, suo padre; anzi Amon peccò sempre di piú. Poi i suoi servi ordirono una congiura contro di lui e lo uccisero in casa sua. Ma il popolo del paese mise a morte tutti quelli che avevano congiurato contro il re Amon; quindi il popolo del paese fece re al suo posto Giosia, suo figlio. Giosia aveva otto anni quando iniziò a regnare, e regnò trentun anni a Gerusalemme. Egli fece ciò che è giusto agli occhi dell’Eterno e seguí le vie di Davide, suo padre, senza deviare né a destra né a sinistra. Nell’ottavo anno del suo regno, quando era ancora un ragazzo, cominciò a cercare il DIO di Davide, suo padre, e nel dodicesimo anno cominciò a purificare Giuda e Gerusalemme dagli alti luoghi, dagli Ascerim, dalle immagini scolpite e dalle immagini di metallo fuso. Davanti a lui furono demoliti gli altari dei Baal, inoltre abbattè gli altari d’incenso che vi erano sopra, e frantumò gli Ascerim, le immagini scolpite e le immagini di metallo fuso e le ridusse in polvere, che sparse sui sepolcri di coloro che avevano offerto loro sacrifici. Poi bruciò le ossa dei sacerdoti sui loro altari, e cosí purificò Giuda e Gerusalemme. Lo stesso fece nelle città di Manasse, di Efraim e di Simeone fino a Neftali, con le loro scuri, tutt’intorno. Cosí egli demolí gli altari e gli Ascerim, ridusse in polvere le immagini scolpite e abbattè tutti gli altari d’incenso in tutto il paese d’Israele, poi tornò a Gerusalemme. Nell’anno diciottesimo del suo regno dopo aver purificato il paese e il tempio, mandò Shafan figlio di Atsaliah, Maaseiah governatore della città e Joah figlio di Joahaz, l’archivista, per restaurare la casa dell’Eterno, il suo DIO. Essi si recarono dal sommo sacerdote Hilkiah e consegnarono il denaro che era stato portato nella casa di DIO, che i Leviti, portinai avevano raccolto da Manasse, da Efraim, da tutto il resto d’Israele, da tutto Giuda e Beniamino e dagli abitanti di Gerusalemme. Quindi lo consegnarono nelle mani dei lavoratori incaricati della sorveglianza della casa dell’Eterno, i quali lo diedero agli operai che lavoravano nella casa dell’Eterno per riparare e restaurare il tempio. Lo consegnarono ai falegnami e ai costruttori per acquistare pietre squadrate e legname per le armature e le travature delle case che i re di Giuda avevano distrutto. Quegli uomini facevano il lavoro con fedeltà. I sorveglianti loro preposti erano Jahath e Obadiah, Leviti dei figli di Merari, e Zaccaria e Meshullam dei figli di Kehath, e tutti quelli dei Leviti che erano esperti in strumenti musicali. Questi sorvegliavano pure i portatori di pesi e dirigevano tutti quelli che eseguivano lavori di qualsiasi genere; inoltre alcuni Leviti erano scribi, ispettori e portinai. Mentre si prelevava il denaro che era stato portato nella casa dell’Eterno, il sacerdote Hilkiah trovò il libro della Legge dell’Eterno, data per mezzo di Mosè. Hilkiah prese allora la parola e disse al segretario Shafan: »Ho trovato nella casa dell’Eterno il libro della legge«. Quindi Hilkiah diede il libro a Shafan. Shafan portò il libro al re, a cui per di piú riferí e disse: »I tuoi servi stanno facendo tutto ciò che è stato loro ordinato. Essi hanno raccolto il denaro trovato nella casa dell’Eterno e l’hanno consegnato nelle mani dei sorveglianti e degli operai«. Shafan, il segretario, disse ancora al re: »Il sacerdote Hilkiah mi ha dato un libro«. Quindi Shafan lo lesse in presenza del re. Or avvenne che, quando il re udí le parole della legge, si stracciò le vesti. Poi il re diede quest’ordine a Hilkiah, ad Ahikam figlio di Shafan, ad Abdon figlio di Mikah, a Shafan il segretario e ad Asaiah servo del re, dicendo: »Andate a consultare l’Eterno per me e per quelli che sono rimasti in Israele e in Giuda, circa le parole del libro, che è stato trovato; grande infatti è l’ira dell’Eterno che si è riversata su di noi, perché i nostri padri non hanno osservato la parola dell’Eterno, agendo interamente secondo quanto è scritto in questo libro«. Cosí Hilkiah e quelli che il re aveva designato andarono dalla profetessa Huldah, moglie di Shallum, figlio di Tokhath, figlio di Hasrah, il guardarobiere; (essa abitava a Gerusalemme nel secondo quartiere), e le parlarono in merito a ciò. Ella rispose loro: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Riferite a colui che vi ha mandati da me: Così dice l’Eterno: »Ecco, io farò venire una sciagura su questo luogo e sui suoi abitanti, tutte le maledizioni che sono scritte nel libro, che hanno letto davanti al re di Giuda. Poiché mi hanno abbandonato e hanno offerto incenso ad altri dèi per provocarmi ad ira con tutte le opere delle loro mani, la mia ira si riverserà su questo luogo e non si estinguerà". Invece al re di Giuda che vi ha mandati a consultare l’Eterno, riferite questo: Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele, circa le parole che hai udito: Poiché il tuo cuore si è intenerito, poiché ti sei umiliato davanti a DIO, udendo le sue parole contro questo luogo e contro i suoi abitanti, ti sei umiliato davanti a me, ti sei stracciato le vesti e hai pianto davanti a me, anch’io ti ho ascoltato," dice l’Eterno. "Ecco, io ti riunirò ai tuoi padri, e sarai deposto in pace nel tuo sepolcro; i tuoi occhi non vedranno tutto il male che io farò venire su questo luogo e sui suoi abitanti"«. Quelli riferirono il messaggio al re. Allora il re mandò a far radunare presso di sé tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme. Il re salí quindi alla casa dell’Eterno con tutti gli uomini di Giuda, tutti gli abitanti di Gerusalemme, i sacerdoti, i Leviti, e tutto il popolo, dal piú piccolo al piú grande, e lesse alla loro presenza tutte le parole del libro del patto, che era stato trovato nella casa dell’Eterno. Poi il re, stando in piedi sul palco fece un patto davanti all’Eterno, impegnandosi a seguire l’Eterno e a osservare i suoi comandamenti, i suoi precetti e i suoi statuti con tutto il cuore e con tutta l’anima, per mettere in pratica le parole del patto scritte in quel libro. E vi fece aderire tutti quelli che si trovavano a Gerusalemme e in Beniamino; gli abitanti di Gerusalemme agirono in conformità al patto di DIO, il DIO dei loro padri. Cosí Giosia fece sparire tutte le abominazioni da tutti i paesi che appartenevano ai figli d’Israele e costrinse tutti quelli che si trovavano in Israele a servire l’Eterno, il loro DIO. Durante tutta la sua vita essi non smisero di seguire l’Eterno, il DIO dei loro padri. Giosia celebrò in Gerusalemme la Pasqua in onore dell’Eterno; si immolò la Pasqua il quattordicesimo giorno del primo mese, Egli stabilí i sacerdoti nelle loro mansioni e li incoraggiò nel servizio della casa dell’Eterno. Disse quindi ai Leviti che ammaestravano tutto Israele e che si erano consacrati all’Eterno: »Collocate l’arca santa nel tempio, costruito da Salomone, figlio di Davide, re d’Israele; essa non sarà piú un peso per le vostre spalle. Ora servite l’Eterno, il vostro DIO, e il suo popolo d’Israele. Disponetevi secondo le vostre case paterne, secondo le vostre classi, in base alle istruzioni scritte di Davide, re d’Israele, e di Salomone, suo figlio: state nel santuario secondo le divisioni delle case paterne dei vostri fratelli, figli del popolo, e la parte della casa paterna dei Leviti. Immolate la Pasqua, santificatevi e mettetevi a disposizione dei vostri fratelli, seguendo la parola dell’Eterno trasmessa per mezzo di Mosè«. Poi Giosia diede alla gente del popolo, a tutti quelli che erano presenti, del bestiame minuto, agnelli e capretti in numero di trentamila, tutti per la Pasqua, e anche tremila buoi; questo proveniva dai beni del re. Anche i suoi principi fecero un dono spontaneo al popolo, ai sacerdoti e ai Leviti. Hilkiah, Zaccaria e Jehiel, conduttori della casa di DIO, diedero ai sacerdoti per i sacrifici della Pasqua, duemilaseicento agnelli e capretti e trecento buoi. Inoltre Konaniah, assieme ai suoi fratelli Scemaiah e Nethaneel, e Hashabiah, Jeiel e Jozabad, capi dei Leviti diedero ai Leviti per i sacrifici della Pasqua cinquemila agnelli e capretti e cinquecento buoi. Come il servizio fu pronto, i sacerdoti si misero al loro posto, e i Leviti secondo le loro classi, in base al comando del re. Quindi immolarono la Pasqua, i sacerdoti spruzzavano il sangue con le loro mani, mentre i Leviti scuoiavano gli animali. Cosí misero da parte gli olocausti per distribuirli ai figli del popolo, secondo le divisioni delle case paterne, perché li offrissero all’Eterno, come sta scritto nel libro di Mosè. Lo stesso fecero per i buoi. Poi arrostirono gli agnelli della Pasqua sul fuoco secondo le norme prescritte; ma le altre offerte consacrate le cossero in pentole, in caldaie e in tegami e le distribuirono immediatamente a tutti i figli del popolo. Poi prepararono porzioni per se stessi e per i sacerdoti, perché i sacerdoti, figli di Aaronne, furono occupati fino a notte nell’offrire gli olocausti e le parti grasse; cosí i Leviti prepararono porzioni per se stessi e per i sacerdoti, figli di Aaronne. I cantori, figli di Asaf, erano al loro posto, secondo il comando di Davide, di Asaf, di Heman e di Jeduthun, il veggente del re. Ad ogni porta c’erano i portinai; essi non ebbero bisogno di allontanarsi dal loro servizio, perché i Leviti, loro fratelli, preparavano porzioni per loro. Cosí in quel giorno tutto il servizio dell’Eterno fu preparato per celebrare la Pasqua e per offrire olocausti sull’altare, dell’Eterno, secondo l’ordine del re Giosia. I figli d’Israele, che erano presenti, celebrarono allora la Pasqua e la festa degli azzimi per sette giorni. In Israele non era stata celebrata una Pasqua come quella dai giorni del profeta Samuele. Nessuno dei re d’Israele aveva mai celebrato una Pasqua, come quella celebrata da Giosia, con la partecipazione dei sacerdoti, dei Leviti e di tutto Giuda e Israele, presenti assieme agli abitanti di Gerusalemme. Questa Pasqua fu celebrata nel diciottesimo anno del regno di Giosia. Dopo tutto questo, quando Giosia ebbe rimesso in ordine il tempio, Neko, re d’Egitto, salí per combattere a Karkemish sull’Eufrate; e Giosia gli mosse contro. Ma Neko gli mandò messaggeri a dirgli: »Che c’è fra me e te, o re di Giuda? Questa volta io non sono venuto contro di te, ma contro una casa con cui mi trovo in guerra; DIO mi ha comandato di affrettarmi; smettila quindi di opporti a DIO che è con me, affinché egli non ti distrugga«. Ma Giosia non volle ritirarsi da lui ma per combattere contro di lui si travestí, e non diede ascolto alle parole di Neko, che venivano dalla bocca di DIO. Cosí venne a dare battaglia nella valle di Meghiddo. Ma gli arcieri tirarono al re Giosia allora il re disse ai suoi servi: »Portatemi via, perché sono gravemente ferito«. I suoi servi perciò lo tolsero dal suo carro, lo misero su un secondo carro che aveva e lo portarono a Gerusalemme. Cosí egli morí e fu sepolto nei sepolcri dei suoi padri. Tutto Giuda e Gerusalemme fecero lutto per Giosia. Geremia compose un lamento su Giosia, tutti i cantori e le cantanti nei loro lamenti hanno parlato di Giosia fino al giorno d’oggi; e questi sono divenuti un’usanza in Israele; ed ecco, essi sono scritti nei Lamenti. Il resto delle gesta di Giosia, le sue opere di bene secondo ciò che è scritto nella legge dell’Eterno, le sue azioni, dalle prime alle ultime, sono scritte nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Allora il popolo del paese prese Jehoahaz, figlio di Giosia, e lo fece re a Gerusalemme al posto di suo padre. Jehoahaz aveva ventitre anni quando iniziò a regnare, e regnò tre mesi a Gerusalemme. Il re d’Egitto lo depose a Gerusalemme, e impose al paese una multa di cento talenti d’argento e di un talento d’oro. Quindi il re d’Egitto fece re su Giuda e Gerusalemme suo fratello Eliakim, a cui cambiò il nome in Jehoiakim. Neko prese invece suo fratello Jehoahaz e lo condusse in Egitto. Jehoiakim aveva venticinque anni quando iniziò a regnare, e regnò undici anni a Gerusalemme. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, il suo DIO. Nebukadnetsar, re di Babilonia, salí contro di lui e lo legò con catene di bronzo per condurlo a Babilonia. Nebukadnetsar portò pure a Babilonia parte degli oggetti della casa dell’Eterno e li mise nel suo palazzo a Babilonia. Il resto delle gesta di Jehoiakim, le abominazioni che commise e tutto ciò che fu trovato contro di lui, ecco, sono scritte nel libro dei re d’Israele e di Giuda. Al suo posto regnò suo figlio Jehoiakin. Jehoiakin aveva otto anni quando iniziò a regnare e regnò tre mesi e dieci giorni a Gerusalemme. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno. All’inizio del nuovo anno il re Nebukadnetsar mandò a prenderlo e lo fece condurre a Babilonia con gli oggetti preziosi della casa dell’Eterno, Quindi fece re su Giuda e Gerusalemme Sedekia, fratello di Jehoiakin. Sedekia aveva ventun anni quando iniziò a regnare, e regnò a Gerusalemme undici anni Anch’egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, il suo DIO, e non si umiliò davanti al profeta Geremia, che parlava da parte dell’Eterno, Si ribellò pure contro il re Nebukadnetsar, che lo aveva fatto giurare in nome di DIO; ma egli irrigidí la sua cervice e indurí il suo cuore rifiutandosi di fare ritorno all’Eterno, il DIO d’Israele. Anche tutti i capi dei sacerdoti e il popolo peccarono sempre di piú seguendo tutte le abominazioni delle nazioni e contaminarono la casa dell’Eterno, che egli aveva santificato a Gerusalemme. L’Eterno, il DIO dei loro padri, mandò loro, fin dall’inizio e con insistenza, avvertimenti per mezzo dei suoi messaggeri, perché voleva risparmiare il suo popolo e la sua dimora. Ma essi si beffarono dei messaggeri di DIO, disprezzarono le sue parole e schernirono i suoi profeti, finché l’ira dell’Eterno contro il suo popolo raggiunse un punto in cui non c’era piú rimedio. Allora egli fece salire contro di loro il re dei Caldei, che uccise di spada i loro giovani nella casa del loro santuario, senza avere pietà per il giovane, la vergine, l’anziano, o la persona canuta. L’Eterno li diede tutti nelle sue mani. Nebukadnetsar portò a Babilonia tutti gli oggetti della casa di DIO, grandi e piccoli, i tesori della casa dell’Eterno e i tesori del re e dei suoi capi. Poi incendiarono la casa di DIO, demolirono le mura di Gerusalemme, diedero alle fiamme tutti i suoi palazzi e ne distrussero tutti gli oggetti di valore. Inoltre Nebukadnetsar, deportò a Babilonia quelli che erano scampati alla spada essi divennero servitori suoi e dei suoi figli, fino all’avvento del regno di Persia, affinché si adempisse la parola dell’Eterno pronunciata per bocca di Geremia, finché il paese avesse osservato i suoi sabati, Infatti esso osservò il sabato per tutto il tempo della sua desolazione finché furono compiuti i settant’anni. Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola dell’Eterno pronunciata per la bocca di Geremia, l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, perché facesse un editto per tutto il suo regno e lo mettesse per scritto, dicendo: »Così dice Ciro, re di Persia; L’Eterno, il DIO dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di costruirgli una casa in Gerusalemme, che è in Giuda. Chi di voi appartiene al suo popolo? L’Eterno, il suo DIO, sia con lui e parta!«.
Nel primo anno di Ciro, re di Persia, affinché si adempisse la parola dell’Eterno pronunciata per bocca di Geremia l’Eterno destò lo spirito di Ciro, re di Persia, perché facesse un editto per tutto il suo regno e lo mettesse per Iscritto dicendo: »Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, il DIO dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra. Egli mi ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda. Chi di voi appartiene al suo popolo? L’Eterno, il suo DIO, sia con lui, salga a Gerusalemme, che è in Giuda, e ricostruisca la casa dell’Eterno, DIO d’Israele, il DIO che è in Gerusalemme. La gente di ciascun luogo, dove qualche sopravvissuto giudeo ancora risiede, lo fornisca d’argento, d’oro, di beni e di bestiame oltre alle offerte volontarie per la casa di DIO che è in Gerusalemme«. Allora i capifamiglia di Giuda e Beniamino, i sacerdoti e i Leviti, assieme a tutti quelli ai quali DIO aveva destato lo spirito, si levarono per andare a ricostruire la casa dell’Eterno che è in Gerusalemme. Tutti i loro vicini li aiutarono con oggetti d’argento, d’oro, con beni, con bestiame e con cose preziose oltre a tutte le offerte volontarie. Anche il re Ciro trasse fuori gli utensili della casa dell’Eterno che Nebukadnetsar aveva portato via da Gerusalemme e aveva posto nel tempio del suo dio. Ciro, re di Persia, li fece portar fuori per mezzo di Mithredath, il tesoriere, e li contò davanti a Sceshbatsar, principe di Giuda. Eccone il numero: trenta bacinelle d’oro, mille bacinelle d’argento, ventinove coltelli, trenta coppe d’oro, quattrocentodieci coppe d’argento di second’ordine e mille altri utensili. Tutti gli oggetti d’oro e d’argento erano in numero di cinquemilaquattrocento, Sceshbatsar li riportò tutti, assieme agli esuli che furono ricondotti da Babilonia a Gerusalemme. Questi sono gli uomini della provincia che tornarono dalla cattività, fra quelli che Nebukadnetsar, re di Babilonia, aveva condotto in cattività a Babilonia, e che tornarono a Gerusalemme e in Giuda, ciascuno nella sua città. Coloro che vennero con Zorobabel erano Jeshua, Nehemia, Seraiah, Reelaiah, Mardocheo, Bilshan, Mispar, Bigvai, Rehum e Baanah. Numero degli uomini del popolo d’Israele: I figli di Parosh, duemilacentosettantadue. I figli di Scefatiah, trecentosettantadue. I figli di Arah, settecentosettantacinque. I figli di Pahath-Moab, discendenti di Jeshua e di Joab, duemilaottocentododici. I figli di Elam, milleduecentocinquantaquattro. I figli di Zattu, novecentoquarantacinque. I figli di Zakkai, settecentosessanta. I figli di Bani, seicentoquarantadue. I figli di Bebai, seicentoventitre. I figli di Azgad, milleduecentoventidue. I figli di Adonikam, seicentosessantasei. I figli di Bigvai, duemilacinquantasei. I figli di Adin, quattrocentocinquantaquattro. I figli di Ater, cioè di Ezechia novantotto. I figli di Betsai, trecentoventitre. I figli di Jorah, centododici. I figli di Hashum, duecentoventitre. I figli di Ghibbar, novantacinque. I figli di Betlemme, centoventitre. Gli uomini di Netofah, cinquantasei. Gli uomini di Anathoth, centoventotto. Gli uomini di Azmaveth, quarantadue. Gli uomini di Kirjath-Arim, di Kefirah e di Beeroth, settecentoquarantatre. Gli uomini di Ramah e di Gheba, seicentoventuno. Gli uomini di Mikmas, centoventidue. Gli uomini di Bethel, e di Ai, duecentoventitre. I figli di Nebo, cinquantadue. I figli di Magbish, centocinquantasei. I figli di un altro Elam, milleduecentocinquantaquattro. I figli di Harim, trecentoventi. I figli di Lod, Hadid e Ono, settecentoventicinque. I figli di Gerico, trecentoquarantacinque. I figli di Senaah, tremilaseicentotrenta. I sacerdoti: i figli di Jedaiah, della casa di Jeshua, novecentosettantatre. I figli di Immer, millecinquantadue. I figli di Pashur, milleduecentoquarantasette. I figli di Harim, millediciassette. I Leviti: i figli di Jeshua e di Kadmiel, discendenti di Hodaviah, settantaquattro. I cantori: i figli di Asaf, centoventotto. I figli dei portinai: i figli di Shallum, i figli di Ater i figli di Talmon, i figli di Akkub, i figli di Hatita, i figli di Shobai, in tutto centotrentanove. I Nethinei: i figli di Tsiha, i figli di Hasufa, i figli di Tabbaoth, i figli di Keros, i figli di Siaha, i figli di Padon, i figli di Lebanah, i figli di Hagabah, i figli di Akkub, i figli di Hagab, i figli di Shamlai, i figli di Hanan, i figli di Ghiddel, i figli di Gahar, i figli di Reaiah, i figli di Retsin, i figli di Nekoda, i figli di Gazzam, i figli di Uzza, i figli di Paseah, i figli di Besai, i figli di Asnah, i figli di Mehunim, i figli di Nefusim, i figli di Bakbuk, i figli di Hakufa, i figli di Harhur, i figli di Batsluth, i figli di Mehida, i figli di Harsha, i figli di Barkos, i figli di Sisera, i figli di Thamah, i figli di Netsiah, i figli di Hatifa. I figli dei servi di Salomone: i figli di Sotai, i figli di Sofereth, i figli di Peruda, i figli di Jaala, i figli di Darkom i figli di Ghiddel, i figli di Scefatiah, i figli di Hattih i figli di Pokereth-Hatsebaim, i figli di Ami. Tutti i Nethinei e i figli dei servi di Salomone erano trecentonovantadue. Questi furono quelli che tornarono da Tel-Melah, da Tel-Harsha, da Kerub-Addan e da Immer; ma essi non furono in grado di indicare la loro casa paterna e la loro discendenza, per provare se erano d’Israele: i figli di Delaiah, i figli di Tobiah, i figli di Nekoda, in tutto seicentocinquantadue. Tra i figli dei sacerdoti: i figli di Habaiah, i figli di Hakkots, i figli di Barzillai, che aveva preso in moglie una delle figlie di Barzillai, il Galaadita, e fu chiamato col loro nome. Questi cercarono il loro elenco tra quelli registrati nelle genealogie, ma non lo trovarono; perciò furono esclusi dal sacerdozio come impuri. Il governatore ordinò loro di non mangiare alcuna delle cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con l’Urim, e il Thummim, Tutta l’assemblea insieme era di quarantaduemila trecentosessanta persone senza contare i loro servi e le loro serve, che erano in numero di settemilatrecentotrentasette, tra di loro vi erano pure duecento cantori e cantanti. I loro cavalli erano settecentotrentasei, i loro muli duecentoquarantacinque, i loro cammelli quattrocentotrentacinque e i loro asini seimilasettecentoventi. Alcuni capi delle case paterne, al loro arrivo alla casa dell’Eterno che è in Gerusalemme, diedero generosamente dei doni per la casa di DIO, per farla risorgere sul luogo di prima. Diedero al tesoro dell’opera, secondo i loro mezzi, sessantunomila darici d’oro, cinquemila mine, d’argento e cento vesti sacerdotali. Cosí i sacerdoti, i Leviti, la gente del popolo, i cantori, i portinai e i Nethinei si stabilirono nelle loro città, e tutti gli Israeliti nelle loro città, Come giunse il settimo mese e i figli d’Israele erano nelle loro città, il popolo si radunò come un sol uomo a Gerusalemme. Allora Jeshua, figlio di Jotsadak, assieme al suoi fratelli sacerdoti e a Zorobabel, figlio di Scealtiel con i suoi fratelli, si levarono e costruirono l’altare del DIO d’Israele, per offrirvi olocausti, come sta scritto nella legge di Mosè, uomo di DIO. Ristabilirono l’altare sulle sue basi, benché avessero paura a motivo dei popoli delle terre vicine, e su di esso offrirono olocausti all’Eterno, gli olocausti del mattino e della sera. Celebrarono pure la festa delle Capanne, come sta scritto, e offersero giorno per giorno olocausti, in base al numero richiesto per ogni giorno. In seguito offersero l’olocausto perpetuo, gli olocausti dei noviluni e di tutte le feste stabilite dall’Eterno, e quelli di chiunque faceva un’offerta volontaria all’Eterno. Dal primo giorno del settimo mese cominciarono a offrire olocausti all’Eterno, ma le fondamenta del tempio, dell’Eterno non erano ancora state gettate. Diedero quindi denaro ai tagliapietre e ai falegnami, e viveri, bevande e olio a quelli di Sidonea e di Tiro perché portassero legname di cedro dal Libano, secondo la concessione ottenuta da parte di Ciro, re di Persia. Nel secondo mese del secondo anno del loro arrivo alla casa di DIO in Gerusalemme, Zorobabel figlio di Scealtiel Jeshua figlio di Jotsadak, gli altri loro fratelli sacerdoti e Leviti e tutti quelli che erano tornati dalla cattività a Gerusalemme diedero inizio ai lavori, e incaricarono i Leviti dai vent’anni in su di dirigere i lavori della casa dell’Eterno. Allora Jeshua con i suoi figli e i suoi fratelli, Kadmiel con i suoi figli e i figli di Giuda si levarono come un sol uomo per dirigere quelli che lavoravano alla casa di DIO; lo stesso fecero i figli di Henadad con i loro figli e i loro fratelli, i Leviti. Quando i costruttori gettarono le fondamenta del tempio dell’Eterno, erano presenti i sacerdoti vestiti dei loro paramenti con trombe e i Leviti, figli di Asaf, con cembali per lodare l’Eterno, secondo le istruzioni di Davide, re d’Israele. Essi cantavano, celebrando e lodando l’Eternò, »Perché egli è buono, perché la sua benignità verso Israele dura in eterno«. Tutto il popolo mandava alte grida di gioia, lodando l’Eterno, perché erano state gettate le fondamenta della casa dell’Eterno. Molti sacerdoti, Leviti e capi delle case paterne, anziani, che avevano visto il primo tempio, piangevano ad alta voce mentre si gettavano le fondamenta di questo tempio sotto i loro occhi. Molti altri invece alzavano forti grida di allegrezza, cosicché la gente non poteva distinguere il rumore delle grida di allegrezza da quello del pianto del popolo, perché il popolo lanciava alte grida, e il rumore si udiva da lontano. Quando i nemici di Giuda e di Beniamino vennero a sapere che quelli che erano stati in cattività stavano ricostruendo il tempio all’Eterno, il DIO d’Israele, si avvicinarono a Zorobabel, e ai capi delle case paterne e dissero loro: »Lasciateci costruire con voi, perché anche noi cerchiamo il vostro DIO, come voi; a lui abbiamo offerto sacrifici dal tempo di Esar-Haddona, re di Assiria, che ci condusse qui«. Ma Zorobabel, Jeshua e gli altri capi delle case paterne d’Israele risposero loro: »Non avete alcun diritto di costruire con noi una casa al nostro DIO, ma noi soli la costruiremo all’Eterno, il DIO d’Israele, come ci ha comandato il re Ciro, re di Persia«. Allora la gente del paese si mise a scoraggiare il popolo di Giuda e a spaventarli, perché non costruissero. Inoltre assoldarono alcuni consiglieri contro di loro per frustrare il loro intento, e ciò per tutto il tempo di Ciro, re di Persia, fino al regno di Dario, re di Persia. Durante il regno di Assuero, all’inizio del suo regno, essi scrissero una lettera di accusa contro gli abitanti di Giuda e di Gerusalemme. In seguito, al tempo di Artaserse, Bishlam, Mithredath, Tabeel e gli altri loro colleghi scrissero ad Artaserse, re di Persia. La lettera era scritta in caratteri aramaici e tradotta in aramaico. Rehum il governatore e Scimshai il segretario scrissero una lettera contro Gerusalemme al re Artaserse dal seguente tenore: »Rehum il governatore, Scimshai il segretario e gli altri loro colleghi, i Dinaiti, gli Afarsathkiti, i Tarpeliti, gli Afaresiti, gli Arkeviti, i Babilonesi, i Shushankiti, i Dehaviti, gli Elamiti, e gli altri popoli che il grande e illustre Osnappar ha deportato e stabilito nella città di Samaria e nel resto della regione oltre il Fiume, eccetera«. Ecco la copia della lettera che essi gli inviarono: »Al re Artaserse, dai tuoi servi, gli uomini della regione oltre il Fiume, eccetera. Sia reso noto al re che i Giudei, che sono partiti da te e sono venuti presso di noi a Gerusalemme stanno riedificando la città ribelle, e malvagia, e ne ricostruiscono le mura e riparano le fondamenta. Ora sia reso noto al re che se questa città viene riedificata e le sue mura terminate, essi non pagheranno piú alcun tributo, imposta o pedaggio, e il tesoro del re ne soffrirà. Ora, poiché noi riceviamo sostentamento dal palazzo e non ci sembra giusto vedere il disonore del re, perciò mandiamo questa informazione al re, perché si facciano ricerche nel libro delle memorie dei tuoi padri, e nel libro delle memorie troverai e verrai a conoscere che questa città è una città ribelle, perniciosa ai re e alle province, e vi si fomentano ribellioni fin dai tempi antichi. Per questa ragione la città fu distrutta. Noi facciamo sapere al re che, se questa città viene riedificata e le sue mura terminate, non ti resterà piú alcun possedimento nella regione oltre il Fiume«. Il re mandò questa risposta: »A Rehum il governatore, a Scimshai il segretario e al resto dei loro colleghi che dimorano in Samaria e nel resto della regione oltre il Fiume: Salute, eccetera. La lettera che ci avete mandata è stata accuratamente letta davanti a me. Io ho dato ordine di far ricerche, e si è trovato che questa città fin dai tempi antichi è insorta contro i re e in essa si sono fatte ribellioni e sedizioni. A Gerusalemme ci sono stati re potenti che hanno dominato su tutto il paese oltre il Fiume, e ai quali si pagavano tributi, imposte e pedaggi. Date dunque ordine che quegli uomini sospendano i lavori e che quella città non sia ricostruita fino a che da me ne sia dato ordine. State attenti ora e non trascurate di fare questo. Perché mai il danno dovrebbe crescere a scapito del re?«. Non appena la copia della lettera del re Artaserse fu letta davanti a Rehum, a Scimshai il segretario e ai loro colleghi, essi andarono in fretta a Gerusalemme dai Giudei e li obbligarono a sospendere i lavori con la forza delle armi. Così fu sospeso il lavoro della casa di Dio che è a Gerusalemme, e rimase sospeso fino al secondo anno del regno di Dario, re di Persia. Ma i profeti Aggeo e Zaccaria, figlio di Iddo, profetizzarono ai Giudei che erano in Giuda e a Gerusalemme nel nome del Dio d’Israele, che era su di loro. Allora Zorobabel, figlio di Scealtiel, e Jeshua, figlio di Jotsadak, si levarono e cominciarono a costruire la casa di Dio a Gerusalemme; e con essi erano i profeti di Dio, che li aiutavano. In quel tempo giunsero da loro Tattenai, governatore della regione oltre il Fiume, Scethar-Boznai e i loro colleghi e parlarono loro cosí: »Chi vi ha dato ordine di edificare questo tempio, e di ricostruire queste mura?«. Poi noi dicemmo loro quali erano i nomi degli uomini che costruivano questo edificio. Ma sugli anziani dei Giudei vegliava l’occhio del loro Dio; e quelli non poterono farli smettere finché non fosse inviato a Dario un rapporto e non venisse una risposta in merito. Questa è una copia della lettera mandata al re Dario da Tattenai, governatore della regione oltre il Fiume, da Scethar-Boznai e dai suoi colleghi, gli Afarsekiti, che erano oltre il Fiume. Gli inviarono una lettera scritta in questo modo: »Al re Dario, perfetta salute! Sia noto al re che noi siamo andati nella provincia di Giuda, al tempio del grande Dio. Esso viene costruito con grosse pietre e mettendo legname nelle pareti. Questo lavoro viene fatto con cura e procede bene nelle loro mani. Noi abbiamo interrogato quegli anziani e abbiamo parlato loro cosí: »Chi vi ha dato ordine di edificare questo tempio e di costruire queste mura?«. Abbiamo anche loro chiesto i loro nomi, perché potessimo mettere per scritto i nomi degli uomini che stanno loro a capo, e quindi farteli conoscere. Ed essi ci hanno cosí risposto, dicendo: »Noi siamo i servi del Dio del cielo e della terra e riedifichiamo il tempio che era stato edificato molti anni fa; un grande re d’Israele l’aveva edificato e portato a termine. Avendo però i nostri padri provocato ad ira il Dio del cielo, egli li diede in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, il Caldeo, il quale distrusse questo tempio e deportò il popolo a Babilonia. Ma nel primo anno di Ciro, re di Babilonia, il re Ciro diede ordine di costruire questa casa a Dio. Inoltre il re Ciro tirò fuori dal tempio di Babilonia gli utensili d’oro e d’argento della casa di Dio, che Nebukadnetsar aveva tolto dal tempio di Gerusalemme e portato nel tempio di Babilonia, e li fece consegnare a uno chiamato Sceshbatsar, che egli aveva fatto governatore, dicendogli: Prendi questi utensili e va’ a riporli nel tempio che è in Gerusalemme, e la casa di Dio sia riedificata nel suo luogo. Allora lo stesso Sceshbatsar venne e gettò le fondamenta della casa di Dio che è in Gerusalemme; da quel tempo fino ad ora essa è in costruzione, ma non è ancora finita". Perciò ora, se cosí piace al re, si facciano ricerche nella casa dei tesori del re che è in Babilonia, per vedere se il re Ciro ha veramente emesso un ordine di costruire questa casa di Dio a Gerusalemme; e il re ci faccia pervenire la sua decisione in proposito«. Allora il re Dario ordinò che si facessero ricerche nella casa degli archivi dove si conservavano i tesori a Babilonia; e ad Ahmetha, nel castello che è nella provincia di Media, si trovò un rotolo, e in esso un documento cosí scritto: »Nel primo anno del re Ciro, il re Ciro pubblicò un editto riguardo alla casa di Dio a Gerusalemme: »Il tempio, il luogo dove si offrono sacrifici, sia ricostruito. Le sue fondamenta siano saldamente gettate. Abbia sessanta cubiti di altezza e sessanta cubiti di larghezza, con tre ordini di grosse pietre e un ordine di legname nuovo; e le spese siano pagate dalla reggia. Inoltre, gli utensili d’oro e d’argento della casa di Dio, che Nebukadnetsar aveva tolto dal tempio, che è a Gerusalemme e portati a Babilonia, siano restituiti e riportati al tempio che è a Gerusalemme; e ciascuno sia rimesso al suo posto nella casa di Dio"«. »Ora dunque, Tattenai, governatore della regione oltre il Fiume, Scethar-Boznai e vostri colleghi, Afarsekiti, che sono oltre il Fiume, tenetevi lontani da quel luogo! Lasciate proseguire il lavoro di questa casa di Dio; il governatore dei Giudei e gli anziani dei Giudei ricostruiscano questa casa di Dio nel suo luogo. Inoltre emetto un ordine riguardo a ciò che dovete fare per questi anziani dei Giudei nella ricostruzione di questa casa di Dio: a questi uomini siano pagate le intere spese delle entrate del re provenienti dalle tasse raccolte oltre il Fiume, affinché i lavori non siano interrotti. Le cose necessarie per gli olocausti al Dio del cielo: torelli, montoni, agnelli, assieme al frumento, sale, vino, olio, siano consegnate loro giorno per giorno, senza mai venir meno in base alle richieste dei sacerdoti che sono in Gerusalemme, affinché offrano sacrifici di odore soave al Dio del cielo e preghino per la vita del re e dei suoi figli. Ho pure dato ordine che se qualcuno altera questo decreto, si tolga una trave dalla sua casa, la si rizzi ed egli vi sia appeso, e la sua casa sia ridotta in un immondezzaio a motivo di questo. Il Dio che ha fatto dimorare là il suo nome distrugga ogni re e ogni popolo che osa stendere la sua mano per alterare questo o per distruggere la casa di Dio che è in Gerusalemme! Io Dario ho emanato questo decreto; sia eseguito con accuratezza«. Allora Tattenai, governatore della regione oltre il Fiume, Scethar-Boznai e i loro colleghi fecero esattamente come il re Dario aveva mandato a dire. Cosí gli anziani dei Giudei continuarono a costruire e a far progressi, sostenuti dalle parole ispirate del profeta Aggeo e di Zaccaria figlio di Iddo. Essi terminarono la costruzione secondo il comando del Dio d’Israele e secondo l’ordine di Ciro, di Dario e di Artaserse, re di Persia. Il tempio fu ultimato il terzo giorno del mese di Adar, che era il sesto anno del regno di Dario. Allora i figli d’Israele, i sacerdoti, i Leviti e gli altri reduci dalla cattività celebrarono con gioia la dedicazione di questa casa di Dio. Per la dedicazione di questa casa di Dio offrirono cento torelli, duecento montoni, quattrocento agnelli e dodici capri, secondo il numero delle tribú d’Israele, come sacrificio per il peccato per tutto Israele. Stabilirono quindi i sacerdoti secondo le loro classi e i Leviti secondo le loro divisioni, per il servizio di Dio a Gerusalemme, come sta scritto nel libro di Mosè. I reduci dalla cattività celebrarono la Pasqua il quattordicesimo giorno del primo mese, poiché i sacerdoti e i Leviti si erano purificati insieme; tutti erano puri. Allora immolarono la Pasqua per tutti i reduci dalla cattività, per i loro fratelli sacerdoti e per se stessi. Cosí i figli d’Israele che erano tornati dalla cattività mangiarono la Pasqua assieme a tutti quelli che si erano separati dall’impurità dei popoli del paese e si erano uniti a loro per cercare l’Eterno, il DIO d’Israele. E celebrarono con gioia la festa degli Azzimi per sette giorni, perché l’Eterno li aveva colmati di gioia, piegando a loro favore il cuore del re di Assiria, cosí da rafforzare le loro mani nel lavoro della casa di DIO, il DIO d’Israele. Dopo queste cose, sotto il regno di Artaserse, re di Persia, Esdra, figlio di Seraiah, figlio di Azaria, figlio di Hilkiah, figlio di Shallum, figlio di Tsadok, figlio di Ahitub, figlio di Amariah, figlio di Azaria, figlio di Meraioth, figlio di Zerahiah, figlio di Uzzi, figlio di Bukki, figlio di Abishua, figlio di Finehas, figlio di Eleazar, figlio di Aaronne, il sommo sacerdote; questo Esdra veniva da Babilonia. Egli era uno scriba, esperto nella legge di Mosè data dall’Eterno, il DIO d’Israele. Il re gli concesse tutto ciò che egli domandò, perché la mano dell’Eterno, il suo DIO, era su di lui. Nel settimo anno del re Artaserse, salirono pure a Gerusalemme alcuni dei figli d’Israele e dei sacerdoti, Leviti, cantori, portinai e Nethinei. Esdra giunse a Gerusalemme nel quinto mese, che era l’anno settimo del re. Egli iniziò il suo viaggio da Babilonia il primo giorno del primo mese e arrivò a Gerusalemme il primo giorno del quinto mese, poiché la benefica mano del suo DIO era su di lui. Infatti Esdra si era dedicato con il suo cuore a ricercare la legge dell’Eterno, a metterla in pratica e a insegnare in Israele statuti e decreti. Ecco la copia della lettera che il re Artaserse consegnò al sacerdote Esdra, lo scriba, uno scriba esperto nei comandamenti dell’Eterno e nei suoi statuti dati a Israele: »Artaserse, re dei re, al sacerdote Esdra, uno scriba esperto nella legge del DIO del cielo. Salute, eccetera. Io ho emanato un decreto che chiunque del popolo d’Israele e dei suoi sacerdoti e Leviti nel mio regno ha liberamente deciso di andare a Gerusalemme, può venire con te. Infatti tu sei mandato da parte del re e dai suoi sette consiglieri per fare indagini in Giuda e a Gerusalemme intorno alla legge del tuo Dio, che è nelle tue mani, e per portare l’argento e l’oro che il re e i suoi consiglieri hanno spontaneamente offerto al Dio d’Israele, la cui dimora è a Gerusalemme, e tutto l’argento e l’oro che potrai trovare in tutta la provincia di Babilonia, insieme all’offerta volontaria, fatta spontaneamente dal popolo e dai sacerdoti per la casa del loro Dio a Gerusalemme. Perciò con questo denaro tu avrai cura di comprare torelli, montoni e agnelli con le loro offerte di cibo e libazioni, e li offrirai sull’altare della casa del vostro Dio che è a Gerusalemme. Quanto al resto dell’argento e dell’oro, farete ciò che sembrerà bene a te e ai tuoi fratelli, secondo la volontà del vostro Dio. Anche gli utensili che ti sono dati per il servizio della casa del tuo Dio, rimettili davanti al Dio di Gerusalemme. Per qualsiasi altro bisogno della casa del tuo Dio che spetta a te di provvedere, lo provvederai a spese del tesoro reale. Io, il re Artaserse, do ordine a tutti i tesorieri della regione oltre il Fiume: tutto ciò che chiederà il sacerdote Esdra lo scriba della legge del Dio del cielo, sia eseguito prontamente fino a cento talenti d’argento, cento cori di grano, cento bati di vino, cento bati di olio e sale in quantità illimitata. Tutto quello che è comandato dal Dio del cielo venga eseguito diligentemente per la casa del Dio del cielo. Perché l’ira dovrebbe venire sul regno del re e dei suoi figli? Inoltre vi rendiamo noto che non è lecito riscuotere tributo, imposta o pedaggio da alcuno dei sacerdoti, Leviti, cantori, portinai, Nethinei e servi di questa casa di Dio. E tu, o Esdra, secondo la sapienza del tuo Dio, che tu possiedi, stabilisci magistrati e giudici che amministrino la giustizia a tutto il popolo che si trova nella regione oltre il Fiume, a tutti quelli che conoscono le leggi del tuo Dio; e a quelli che non le conoscono insegnatele. Di chiunque poi non osserva la legge del tuo Dio e la legge del re sia fatta prontamente giustizia, o con la morte o con il bando o con la confisca dei beni o con la prigione«. Benedetto sia l’Eterno, il DIO dei nostri padri, che ha messo una cosa come questa nel cuore del re, di abbellire la casa dell’Eterno che è a Gerusalemme, e mi ha fatto trovare favore presso il re, i suoi consiglieri e tutti i potenti principi reali. Cosí mi sentii incoraggiato, perché la mano dell’Eterno, il mio DIO, era su di me, e radunai i capi d’Israele perché partissero con me. Questi sono i capi delle case paterne e la lista genealogica di quelli che tornarono con me da Babilonia, sotto il regno di Artaserse. Dei figli di Finehas, Ghershom, dei figli di lthamar, Daniele; dei figli di Davide, Hattush. Dei figli di Scecaniah: dei figli di Parosh, Zaccaria, e con lui furono registrati centocinquanta maschi. Dei figli di Pahath-Moab, Elihoenai, figlio di Zerahiah, e con lui duecento maschi. Dei figli di Scekaniah, figlio di Jahaziel, e con lui trecento maschi. Dei figli di Adin, Ebed, figlio di Gionathan, e con lui cinquanta maschi. Dei figli di Elam, Isaia, figlio di Athaliah, e con lui settanta maschi. Dei figli di Seefatiah, Zebadiah, figlio di Mikael, e con lui ottanta maschi. Dei figli di Joab, Obadiah, figlio di Jehiel, e con lui duecentodiciotto maschi. Dei figli di Seelomith, figlio di Josifiah, e con lui centosessanta maschi. Dei figli di Bebai, Zaccaria, figlio di Bebai, e con lui ventotto maschi. Dei figli di Azgad, Johanan, figlio di Hakkata, e con lui centodieci maschi. Dei figli di Adonikam, gli ultimi, dei quali questi erano i nomi: Elifelet, Jehiel e Scemaiah, e con loro sessanta maschi. Dei figli di Bigvai, Uthai e Zabbud, e con lui settanta maschi. lo li radunai presso il fiume che scorre verso Ahava, e là rimanemmo accampati per tre giorni. Quando passai in rassegna il popolo e i sacerdoti, non trovai alcun figlio di Levi. Allora mandai a chiamare Eliezer, Ariel, Scemaiah, Elnathan, Jarib, Elnathan, Nathan, Zaccaria e Meshullam, che erano capi, e anche Joiarib e Elnathan che erano uomini saggi, e ordinai loro di andare da Iddo capo nella località di Kasifia, e misi loro in bocca le parole che dovevano dire a Iddo e ai suoi fratelli, i Nethinei nella località di Kasifia, perché ci mandassero uomini che facessero servizio nella casa del nostro DIO. Poiché la mano benefica del nostro DIO era su di noi, ci mandarono Scerebiah, uomo assennato, dei figli di Mahli, figlio di Levi, figlio d’Israele, con i suoi figli e fratelli, in numero di diciotto; e Hashabiah, e con lui Isaia dei figli di Merari, i suoi fratelli e i loro figli, in numero di venti; e dei Nethinei, che Davide e i capi avevano assegnato al servizio dei Leviti, duecentoventi Nethinei, tutti quanti designati per nome. Là, presso il fiume Ahava, io proclamai un digiuno per umiliarci davanti al nostro DIO, per chiedergli un viaggio sicuro per noi, per i nostri bambini e per tutti i nostri beni. Infatti io avevo vergogna di chiedere al re una scorta di soldati e cavalieri per difenderci lungo il cammino dal nemico, perché avevamo detto al re: »La mano del nostro DIO è su tutti quelli che lo cercano per il loro bene, ma la sua potenza e la sua ira sono contro tutti quelli che lo abbandonano«. Cosí digiunammo e invocammo il nostro DIO per questo motivo, ed egli diede ascolto alla nostra preghiera. Allora io scelsi dodici tra i capi dei sacerdoti: Scerebiah, Hashabiah e con essi dieci dei loro fratelli, e pesai loro l’argento, l’oro, gli utensili, che erano l’offerta fatta per la casa del nostro DIO dal re, dai suoi consiglieri, dai suoi capi e da tutti gli Israeliti che si trovavano là. Nelle loro mani pesai pure seicentocinquanta talenti d’argento, utensili d’argento del valore di cento talenti, cento talenti d’oro, venti coppe d’oro del valore di mille darici, due vasi di bronzo fino e lucente, prezioso come l’oro. Poi dissi loro: »Voi siete consacrati all’Eterno; anche gli utensili sono sacri, e l’argento e l’oro sono un’offerta volontaria all’Eterno, il DIO dei vostri padri. Vigilate e custoditeli finché li peserete davanti ai capi dei sacerdoti, ai Leviti e ai capi delle case paterne d’Israele a Gerusalemme, nelle camere della casa dell’Eterno«. Cosí i sacerdoti e i Leviti ricevettero l’argento, l’oro e gli utensili allora pesati, per portarli a Gerusalemme nella casa del nostro DIO. Il dodici del primo mese partimmo dal fiume Ahava per andare a Gerusalemme; la mano del nostro DIO fu su di noi e lungo il cammino ci liberò dal nemico e dalle imboscate. Arrivammo cosí a Gerusalemme e là ci fermammo tre giorni. Il quarto giorno nella casa del nostro DIO furono pesati l’argento, l’oro e gli utensili nelle mani di Meremoth, figlio del sacerdote Uriah, col quale vi era Eleazar, figlio di Finehas, e con loro i Leviti Jozabad, figlio di Jeshua, e Noadiah, figlio di Binnui. Si contò e si pesò ogni cosa; e il peso di tutto fu messo per scritto. Gli esuli, tornati dalla cattività, offersero come olocausti al DIO d’Israele dodici torelli per tutto Israele, novantasei montoni, settantasette agnelli e dodici capri come sacrificio per il peccato, tutto questo in olocausto all’Eterno. Poi consegnarono i decreti del re ai satrapi del re e ai governatori della regione oltre il Fiume, e questi aiutarono il popolo e la casa di DIO. Ultimate queste cose, i capi vennero da me, dicendo: »Il popolo d’Israele, i sacerdoti e i Leviti non si sono separati dai popoli di questi paesi, per quanto riguarda le abominazioni dei Cananei, degli Hittei, dei Perezei, dei Gebusei degli Ammoniti, dei Moabiti, degli Egiziani e degli Amorei. Essi infatti hanno preso in moglie alcune delle loro figlie per sé e per i propri figli mescolando cosí la stirpe santa con i popoli di questi paesi. Purtroppo i capi e i magistrati sono stati i primi a commettere questo peccato«. Quando udii questa cosa, mi stracciai le vesti e il mantello, mi strappai i capelli della testa e della barba, e mi sedetti costernato. Allora tutti coloro che tremavano alle parole del DIO d’Israele si radunarono presso di me a motivo del peccato di quelli ritornati dalla cattività; e io rimasi seduto e costernato fino all’oblazione della sera. All’oblazione della sera mi alzai dal mio digiuno, con la veste e il mantello stracciati; poi caddi in ginocchio e stesi le mani verso l’Eterno, il mio DIO, e dissi: »O mio DIO, io sono confuso e mi vergogno di alzare la mia faccia a te, o mio DIO, poiché le nostre iniquità si sono moltiplicate fin sopra il nostro capo, e la nostra colpa è giunta fino al cielo. Dai giorni dei nostri padri fino al giorno d’oggi siamo stati grandemente colpevoli, e a motivo delle nostre iniquità noi, i nostri re e i nostri sacerdoti siamo stati dati in mano dei re delle nazioni straniere, in balìa della spada, dell’esilio, del saccheggio e dell’obbrobrio, come è al presente. Ma ora l’Eterno, il nostro DIO, ci ha fatto grazia per un breve istante, lasciandoci un residuo e dandoci un asilo nel suo santo luogo, e cosí il nostro DIO ha illuminato i nostri occhi e ci ha dato un piccolo risveglio nella nostra schiavitù. Infatti noi eravamo schiavi, tuttavia il nostro DIO non ci ha abbandonati nella nostra schiavitú, ma ci ha ottenuto il favore dei re di Persia, risvegliandoci per rialzare la casa del nostro DIO, restaurandone le rovine e per darci un muro di protezione in Giuda e a Gerusalemme. Ma ora, o nostro DIO, che diremo dopo questo? Poiché abbiamo abbandonato i tuoi comandamenti, che ci avevi ingiunto per mezzo dei tuoi servi, i profeti, dicendo: »Il paese in cui entrate per prenderne possesso è un paese impuro per l’impurità dei popoli di questi paesi, per le abominazioni con cui l’hanno riempito da un capo all’altro con le loro contaminazioni. Ora dunque non date le vostre figlie ai loro figli, né prendete le loro figlie per i vostri figli; non cercate mai la loro prosperità né il loro benessere, perché cosí diventerete forti, mangerete i migliori prodotti del paese e lo lascerete in eredità ai vostri figli per sempre". Ma dopo tutto quanto ci è venuto addosso a motivo delle nostre azioni malvagie e delle nostre grandi colpe, poiché tu, o DIO nostro, ci hai punito meno di quanto meritavano le nostre colpe e ci hai lasciato un residuo come questo, torneremo noi di nuovo a violare i tuoi comandamenti e a unirci in matrimonio con i popoli che commettono queste abominazioni? Non ti adireresti contro di noi fino a distruggerci senza lasciare piú alcun residuo o superstite? O Eterno, DIO d’Israele, tu sei giusto, e perciò oggi siamo rimasti noi, un residuo di scampati. Eccoci davanti a te con la nostra colpa, benché a causa di essa nessuno può reggere davanti a te!«. Mentre Esdra pregava e faceva questa confessione, piangendo e prostrato davanti alla casa di DIO, si radunò intorno a lui una grandissima moltitudine d’Israele: uomini, donne e fanciulli; e il popolo piangeva a dirotto. Allora Scekaniah, figlio di Jehiel, uno dei figli di Elam, prese a dire a Esdra: »Noi abbiamo peccato contro il nostro DIO, sposando donne straniere prese dai popoli di questo paese; tuttavia rimane ancora una speranza per Israele nonostante questo. Ora dunque facciamo un patto con il nostro DIO, di rimandare tutte queste donne e i figli nati da esse, secondo il consiglio del Signore e di quelli che tremano al comando del nostro DIO. E si faccia secondo la legge. Alzati perché questa cosa spetta a te; noi saremo con te. Fatti coraggio e agisci!«. Allora Esdra si alzò e fece giurare ai capi dei sacerdoti, ai Leviti, e a tutto Israele che farebbero com’era stato detto. Ed essi giurarono. Poi Esdra si alzò davanti alla casa di DIO e andò nella camera di Jehohanan, figlio di Eliascib. Mentre era là, egli non mangiò pane né bevve acqua, perché faceva cordoglio per il peccato dei reduci dalla cattività. E si fece un proclama in Giuda e a Gerusalemme, per tutti i reduci dalla cattività, affinché si radunassero a Gerusalemme; se qualcuno non fosse venuto entro tre giorni secondo il consiglio dei capi e degli anziani, tutti i suoi beni sarebbero stati confiscati e lui stesso sarebbe stato escluso dall’assemblea dei reduci dalla cattività. Cosí tutti gli uomini di Giuda e di Beniamino si radunarono a Gerusalemme entro tre giorni. Era il ventesimo giorno del nono mese. Tutto il popolo prese posto nella piazza della casa di DIO, tremante a motivo di questa cosa e per la forte pioggia. Allora il sacerdote Esdra si levò e disse loro: »Voi avete peccato, sposando donne straniere, e avete cosí accresciuto la colpa d’Israele. Ma ora fate confessione, all’Eterno, il DIO dei vostri padri, e fate la sua volontà, separandovi dai popoli di questo paese e dalle donne straniere!«. Allora tutta l’assemblea rispose e disse a gran voce: »Sí, dobbiamo fare come tu hai detto! Ma il popolo è numeroso ed è la stagione delle grandi piogge; non è quindi possibile restare all’aperto. Non è certo il lavoro di un giorno o due, perché siamo in molti ad aver peccato in questo. Rimangano qui perciò i nostri capi al posto dell’intera assemblea e tutti quelli che nelle nostre città hanno sposato donne straniere vengano in tempi determinati assieme agli anziani e ai giudici di ogni città, finché non sia allontanata da noi l’ardente ira del nostro DIO a motivo di questa cosa. Soltanto Gionathan, figlio di Asahel, e Jahziah, figlio di Tikvah, si opposero a questo, appoggiati da Meshullam e dal Levita Shabbethai. Cosí i reduci dalla cattività fecero com’era stato detto e furono scelti il sacerdote Esdra e alcuni capi-famiglia secondo le loro case patriarcali, tutti designati per nome, essi iniziarono le sedute il primo giorno del decimo mese per esaminare i vari casi. Il primo giorno del primo mese terminarono tutti i casi degli uomini che avevano sposato donne straniere. Tra i figli dei sacerdoti che avevano sposato donne straniere si trovarono: dei figli di Jeshua il figlio di Jotsadak, e tra i suoi fratelli: Maaseiah, Eliezer, Jarib e Ghedaliah. Essi si impegnarono a rimandare le loro donne; poi, a motivo della loro colpa, ciascuno presentò un montone in espiazione del suo peccato. Dei figli di Immer: Hanani e Zebadiah. Dei figli di Harim: Maaseiah, Elia, Scemaiah, Jehiel ed Uzziah. Dei figli di Pashur: Elioenai, Maaseiah, Ishmael, Nethaneel Jozabad e Elasah. Dei Leviti: Jozabad, Scimei, Kelaiah, cioè Kelita, Pethaiah, Giuda e Eliezer. Dei cantori: Eliascib. Dei portinai: Shallum, Telem e Uri. Tra gli Israeliti: dei figli di Parosh: Ramiah, Izziah, Malkiah, Mijamin, Eleazar, Malkiah e Benaiah. Dei figli di Elam: Mattaniah, Zaccaria, Jehiel, Abdi, Jeremoth ed Elia. Dei figli di Zattu: Elioenai, Eliascib Mattaniah Jeremoth, Zabad e Aziza. Dei figli di Bebai: Jehohanan, Hananiah, Zabbai e Athlai. Dei figli di Bani: Meshullam, Malluk, Adaiah, Jashub, Sceal e Ramoth. Dei figli di Pahath-Moab: Adna, Kelal, Benaiah, Maaseiah, Mattaniah, Betsaleel, Binnui e Manasse. Dei figli di Harim: Eliezer, Ishshijah, Malkiah, Scemaiah, Simeone, Beniamino, Malluk e Scemariah. Dei figli di Hashum: Mattenai, Mattattah, Zabad, Elifelet, Jeremai, Manasse e Scimei. Dei figli di Bani: Maadai, Amram, Uel Benaiah, Bedeiah, Keluhi, Vaniah, Meremoth, Eliascib, Mattaniah, Mattenai, Jaasai, Bani, Binnui, Scimei, Scelemiah, Nathan, Adaiah, Maknadbai, Shashai, Sharai, Azarel, Scelemiah, Scemariah, Shallum, Amariah e Giuseppe. Dei figli di Nebo: Jeiel, Mattithiah, Zabad, Zebina, Jaddai, Joel e Benaiah, Tutti questi avevano sposato donne straniere; e alcuni di essi avevano avuto da queste donne dei figli.
Parole di Nehemia, figlio di Hakaliah, or avvenne che nel mese di Kisleu, nell’anno ventesimo, mentre mi trovavo nella fortezza di Susa, arrivò da Giuda Hanani uno dei miei fratelli, assieme ad alcuni altri uomini. Io li interrogai riguardo ai Giudei scampati, superstiti della cattività, e riguardo a Gerusalemme Essi mi dissero: »I superstiti che sono scampati dalla cattività sono laggiú nella provincia, in grande miseria e obbrobrio; inoltre le mura di Gerusalemme sono piene di brecce e le sue porte consumate dal fuoco«. Come udii queste parole, mi posi a sedere e piansi, quindi feci cordoglio per vari giorni, e digiunai e pregai davanti al DIO del cielo. E dissi: »Ti supplico, o Eterno, DIO del cielo, Dio grande e tremendo, che mantieni il patto e la misericordia con quelli che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, siano le tue orecchie attente e i tuoi occhi aperti, per ascoltare la preghiera del tuo servo, che rivolgo ora a te giorno e notte per i figli d’Israele tuoi servi, confessando i peccati dei figli d’Israele, che noi abbiamo commesso contro di te. Sí, io e la casa di mio padre abbiamo peccato. Ci siamo comportati molto malvagiamente contro di te e non abbiamo osservato i comandamenti, gli statuti e i decreti che tu ordinasti a Mosè, tuo servo. Ricordati della parola che ordinasti a Mosè, tuo servo, dicendo: »Se peccherete, io vi disperderò fra i popoli; ma se tornerete a me e osserverete i miei comandamenti e li metterete in pratica, anche se i vostri dispersi fossero ai confini del cielo, io di là li raccoglierò e li ricondurrò al luogo che ho scelto per farvi abitare il mio nome" Ora questi sono i tuoi servi e il tuo popolo, che tu hai redento con la tua grande potenza e con la tua forte mano. O Signore, ti prego, siano le tue orecchie attente alla preghiera del tuo servo e alla preghiera dei tuoi servi che prendono diletto nel temere il tuo nome; concedi Oggi stesso, ti prego, buon successo al tuo servo, facendogli trovare clemenza agli occhi di quest’uomo«. Io ero allora coppiere del re. Nel mese di Nisan, l’anno ventesimo del re Artaserse, come il vino era portato davanti a lui, io presi il vino e lo porsi al re. Ora io non ero mai stato triste in sua presenza. Perciò il re mi disse: »Perché hai l’aspetto triste, anche se non sei malato? Non può esser altro che un’afflizione del cuore«. Allora fui preso da una grandissima paura e dissi al re: »Viva il re per sempre! Come potrebbe il mio volto non essere triste quando la città dove sono i sepolcri dei miei padri è distrutta e le sue porte sono consumate dal fuoco?«. Il re mi disse: »Che cosa domandi?«. Allora io pregai il DIO del cielo e poi risposi al re: »Se questo piace al re e il tuo servo ha trovato favore agli occhi tuoi, lasciami andare in Giudea, nella città dei sepolcri dei miei padri, perchè possa ricostruirla«. Il re mi disse (la regina stava seduta al suo fianco): »Quanto durerà il viaggio e quando ritornerai?«. Cosí piacque al re di lasciarmi andare, e io gli indicai un termine di tempo. Poi dissi al re: »Se cosí piace al re, mi si diano delle lettere per i governatori della regione oltre il Fiume, affinché mi diano il lasciapassare finché sia giunto in Giuda, e una lettera per Asaf, sorvegliante della foresta del re, affinché mi dia il legname per costruire le porte della cittadella annessa al tempio, per le mura della città e per la casa in cui andrò ad abitare«. Il re mi diede le lettere, perché la mano benefica del mio DIO era su di me. Giunsi cosí presso i governatori della regione oltre il Fiume e diedi loro le lettere del re. Con me il re aveva pure mandato una scorta di capi dell’esercito e di cavalieri. Quando però Sanballat, lo Horonita, e Tobiah, il servo Ammonita, vennero a saperlo, furono grandemente turbati, perché era giunto un uomo che cercava il bene dei figli d’Israele. Cosí giunsi a Gerusalemme, e vi rimasi tre giorni. Poi mi levai di notte assieme a pochi altri uomini, ma non dissi nulla ad alcuno di ciò che il mio DIO mi aveva messo in cuore di fare per Gerusalemme. Non avevo con me alcun altro giumento all’infuori di quello che io cavalcavo. Uscii di notte per la porta della Valle, nella direzione della sorgente del Dragone e della porta del Letame, ispezionando cosí le mura di Gerusalemme che erano piene di brecce e le sue porte che erano consumate dal fuoco. Proseguii quindi per la porta della Sorgente e la piscina del Re, ma non v’era posto per cui far passare il giumento sul quale ero. Allora risalii di notte la valle, sempre ispezionando le mura; infine ritornai indietro, rientrando per la porta della Valle, e cosí feci ritorno. I magistrati non sapevano dove io fossi andato né che cosa avessi fatto. Fino a quel momento non avevo ancora detto nulla né ai Giudei né ai sacerdoti né ai notabili né ai magistrati né ad alcuno di quelli che si occupavano dei lavori Allora io dissi loro: »Voi vedete la misera condizione nella quale ci troviamo: Gerusalemme è distrutta e le sue porte sono consumate dal fuoco Venite, ricostruiamo le mura di Gerusalemme, e cosí non saremo piú nell’obbrobrio!«. Raccontai quindi loro come la mano benefica del mio DIO era stata su di me e anche le parole che il re mi aveva detto. Essi allora dissero: »Leviamoci e mettiamoci a costruire!«. Cosí presero coraggio per mettere mano a questo importante lavoro. Quando però Sanballat, lo Horonita e Tobiah, il servo Ammonita, e Ghescem, l’arabo, vennero a saperlo, ci schernirono e ci disprezzarono, dicendo: »Che cosa state facendo? Volete forse ribellarvi al re?«. Allora io risposi e dissi loro: »Sarà il DIO stesso del cielo a darci buon successo. Noi, suoi servi, ci metteremo a costruire, ma per voi non ci sarà né parte né diritto né ricordo in Gerusalemme«. Eliascib, sommo sacerdote si levò allora assieme ai suoi fratelli sacerdoti e costruirono la porta delle Pecore; la consacrarono e vi misero i suoi battenti. Continuarono a costruire fino alla torre di Meah, che poi consacrarono, e fino alla Torre di Hananeel. Vicino a Eliascib edificarono gli uomini di Gerico, e vicino a loro edificò Zakkur, figlio di Imri. I figli di Senaah costruirono la porta dei Pesci, ne fecero l’intelaiatura e vi misero i suoi battenti, le serrature e le sbarre. Vicino a loro lavorava alle riparazioni Meremoth, figlio di Uria, figlio di Kots; vicino a loro lavorava alle riparazioni Meshullam, figlio di Berekiah, figlio di Mescezabeel; vicino a loro lavorava alle riparazioni Tsadok, figlio di Baana; vicino a loro lavoravano alle riparazioni i Tekoiti; ma i nobili fra di loro non piegarono il collo per fare il lavoro del loro Signore. Jehoiada, figlio di Paseah, e Meshullam, figlio di Besodeiah, restaurarono la porta Vecchia, ne fecero l’intelaiatura e vi misero i suoi battenti, le serrature e le sbarre. Vicino a loro lavoravano alle riparazioni per la residenza del governatore della regione oltre il Fiume Melatiah il Gabaonita, Jadon il Meronothita e gli uomini di Gabaon e di Mitspah. Vicino a loro lavorava alle riparazioni Uzziel, figlio di Harhaiah, uno degli orefici; vicino a lui lavorava alle riparazioni Hananiah, uno dei profumieri. Essi fortificarono Gerusalemme fino al Muro Largo. Vicino a loro lavorò alle riparazioni Refaiah, figlio di Hur, capo di metà del distretto di Gerusalemme. Vicino a loro lavorava alle riparazioni, di fronte alla sua casa, Jedaiah, figlio di Harumaf, vicino a lui lavorava alle riparazioni Hattush figlio di Hashabneiah. Malkijah, figlio di Harim, e Hashshub, figlio di Pahath-Moab, ripararono un’altra parte delle mura e la torre dei Forni. Vicino a lui lavorava alle riparazioni, insieme alle sue figlie, Shallum, figlio di Hallohesh, capo di metà del distretto di Gerusalemme. Hanun e gli abitanti di Zanoah ripararono la porta della Valle; la costruirono e vi misero i suoi battenti, le serrature e le sbarre. Ripararono inoltre mille cubiti di muro fino alla porta del Letame. Malkijah, figlio di Rekab, capo del distretto di Beth-Hakkerem, riparò la porta del Letame; la costruí, e vi mise i suoi battenti, le serrature e le sbarre. Shallum, figlio di Kol-Hezeh, capo del distretto di Mitspah, riparò la porta della Sorgente; la costruí, la coperse e vi mise i suoi battenti, le serrature e le sbarre. Riparò inoltre il muro della piscina di Siloe, presso il giardino del re, fino ai gradini che scendono dalla città di Davide. Dopo di lui Nehemia, figlio di Azbuk, capo di metà del distretto di Beth-Zur, lavorò alle riparazioni fin davanti alle tombe di Davide, fino alla piscina artificiale e fino alla casa dei Prodi. Dopo di lui lavorarono alle riparazioni i Leviti, sotto Rehum, figlio di Bani, vicino a lui lavorava alle riparazioni per il suo distretto Hashabia, capo di metà del distretto di Keilah. Dopo di lui lavorarono alle riparazioni i loro fratelli, sotto Bavvai, figlio di Henadad, capo dell’altra metà del distretto di Keilah. Vicino a lui Ezer, figlio di Jeshua capo di Mitspah, riparò un’altra parte delle mura, di fronte alla salita dell’arsenale, all’angolo. Dopo di lui Baruk, figlio di Zabbai, ne riparò con ardore un’altra parte, dall’angolo fino alla porta della casa di Eliascib, il sommo sacerdote. Dopo di lui Meremoth, figlio di Uria, figlio di Kots, ne riparò un’altra parte, dalla porta della casa di Eliascib fino all’estremità della casa di Eliascib. Dopo di lui lavorarono alle riparazioni i sacerdoti che abitavano nei dintorni. Dopo di loro Beniamino, e Hashub lavorarono alle riparazioni di fronte alla loro casa. Dopo di loro Azaria, figlio di Maaseiah, figlio di Ananiah, lavorò alle riparazioni presso la sua casa. Dopo di lui Binnui, figlio di Henadad, riparò un’altra parte delle mura, dalla casa di Azaria fino alla svolta, cioè all’angolo. Palal, figlio di Uzai, fece riparazioni di fronte alla svolta e alla torre sporgente dalla casa superiore del re, che era vicino al cortile della prigione. Dopo di lui fece riparazioni Pedaiah, figlio di Parosh. I Nethinei, che abitavano sull’Ofel, fecero riparazioni fin davanti alla porta delle Acque, verso est, e di fronte alla torre sporgente. Dopo di loro i Tekoiti ne ripararono un’altra parte, di fronte alla grande torre sporgente e fino al muro dell’Ofel. Al di sopra della porta dei Cavalli, i sacerdoti lavorarono alle riparazioni, ciascuno di fronte alla propria casa. Dopo di loro Tsadok, figlio di Immer, lavorò alle riparazioni di fronte alla sua casa. Dopo di lui lavorò Scemaiah, figlio di Scekaniah, custode della porta orientale. Dopo di lui Hananiah, figlio di Scelemiah, e Hanun, sesto figlio di Tsalaf, ripararono un’altra parte delle mura. Dopo di loro Meshullam, figlio di Berekiah, lavorò alle riparazioni di fronte alla sua dimora. Dopo di lui Malkijah, uno degli orefici, lavorò alle riparazioni fino alle case dei Nethinei e dei mercanti, di fronte alla porta di Mifkad e fino alla salita dell’angolo. Fra la salita dell’angolo e la porta delle Pecore lavorarono alle riparazioni gli orefici e i mercanti. Quando Sanballat venne a sapere che noi stavamo ricostruendo le mura, si adirò, s’indignò grandemente e scherní i Giudei, e disse davanti ai suoi fratelli e ai soldati di Samaria: »Che cosa stanno facendo questi rammolliti Giudei? Si fortificheranno? Offriranno sacrifici? Finiranno in un giorno? Faranno forse rivivere le pietre consumate dal fuoco dai mucchi di macerie?«. Tobiah l’Ammonita, che gli stava a fianco, disse: »Costruiscano pure! Ma se una volpe vi sale sopra, farà crollare il loro muro di pietra!«. »Ascolta, o DIO nostro, perché siamo disprezzati! Fa’ ricadere sul loro capo il loro vituperio e abbandonali al saccheggio in un paese di schiavitú! Non coprire la loro iniquità e non permettere che il loro peccato sia cancellato davanti a te, perché ti hanno provocato ad ira davanti ai costruttori«. Noi dunque ricostruimmo le mura che furono congiunte assieme fino a metà della loro altezza; il popolo aveva preso a cuore il lavoro. Quando però Sanballat, Tobiah, gli Arabi, gli Ammoniti e gli Asdodei vennero a sapere che la riparazione delle mura di Gerusalemme, progrediva e che le brecce cominciavano a chiudersi, si adirarono grandemente, e tutti assieme congiurarono di venire ad attaccare Gerusalemme e a crearvi disordini. Ma noi pregammo il nostro DIO e a causa di loro ponemmo contro di loro delle sentinelle di giorno e di notte. Quelli di Giuda però dicevano: »Le forze dei portatori di pesi vengono meno, e le macerie sono tante che noi non riusciremo a costruire le mura!«. Inoltre i nostri avversari dicevano: »Essi non sapranno e non vedranno nulla, finché noi piomberemo in mezzo a loro e li uccideremo; cosí faremo cessare i lavori«. Ma quando i Giudei che dimoravano vicino a loro vennero per ben dieci volte a dirci: »Da qualsiasi parte vi volgerete, ci saranno addosso«, io disposi uomini armati nei luoghi piú bassi dietro le mura; vi disposi il popolo per famiglie, con le loro spade, le loro lance e i loro archi. Dopo aver esaminato la cosa mi levai e dissi ai notabili, ai magistrati e al resto del popolo: »Non abbiate paura di loro! Ricordatevi del Signore grande e tremendo e combattete per i vostri fratelli, per i vostri figli e figlie, per le vostre mogli e per le vostre case!«. Quando i nostri nemici seppero che eravamo informati della cosa e che DIO aveva fatto fallire il loro disegno, noi tutti tornammo alle mura, ciascuno al suo lavoro. Da quel giorno, la metà dei miei servi si occupava dei lavori, mentre l’altra metà impugnava le lance, gli scudi, gli archi e indossava le corazze; i capi erano dietro tutta la casa di Giuda. Quelli invece che costruivano le mura e quelli che portavano o caricavano i pesi, con una mano si occupavano dei lavori e con l’altra tenevano la loro arma. Tutti i costruttori, lavorando, portavano ciascuno la spada cinta ai fianchi, mentre il trombettiere stava accanto a me. lo dissi allora ai notabili, ai magistrati e al resto del popolo: »Il lavoro è grande ed esteso, e noi siamo sparsi sulle mura, distanti l’uno dall’altro. Dovunque udrete il suono della tromba, là raccoglietevi presso di noi; il nostro DIO combatterà per noi«. Cosí proseguivamo il lavoro, mentre la metà degli uomini impugnava la lancia dallo spuntare dell’alba fino all’apparire delle stelle. Nello stesso tempo dissi pure al popolo: »Ciascuno di voi rimanga con il suo servo dentro Gerusalemme, per fare la guardia per noi di notte e lavorare poi di giorno«. Cosí, né io né i miei fratelli né i miei servi né gli uomini di guardia che mi seguivano, ci toglievamo i vestiti; ma ognuno aveva la sua arma con acqua. Or si levò un gran lamento da parte del popolo e delle loro mogli contro i Giudei, loro fratelli. Alcuni dicevano: »Noi, i nostri figli e le nostre figlie siamo numerosi, ci procureremo quindi del grano perché possiamo mangiare e vivere!«. Altri dicevano: »Abbiamo ipotecato i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per comprare grano durante la carestia!«. Altri ancora dicevano: »Abbiamo preso denaro in prestito per pagare il tributo del re sui nostri campi e sulle nostre vigne. Anche se la nostra carne è come la carne dei nostri fratelli e i nostri figli sono come i loro figli, siamo in realtà obbligati a fare diventare schiavi i nostri figli e le nostre figlie; alcune delle nostre figlie sono già state ridotte in schiavitú e non abbiamo alcuna possibilità di riscattarle, perché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano di altri«. Quando udii i loro lamenti e queste parole, io mi indignai fortemente. Dopo aver ben riflettuto sulla cosa ripresi i notabili e i magistrati e dissi loro: »Ciascuno di voi esige un interesse da usuraio dal proprio fratello«. Cosí convocai contro di loro una grande assemblea e dissi loro: »Secondo la nostra possibilità noi abbiamo riscattato i nostri fratelli Giudei che si erano venduti ai Gentili; ma ora vendereste i vostri fratelli, o dovrebbero essi vendersi a noi?«. Allora essi tacquero non trovando parole da dire. Io aggiunsi: »Ciò che state facendo non è buono. Non dovreste invece camminare nel timore del nostro DIO per evitare l’oltraggio delle nazioni nostre nemiche? Anch’io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo prestato loro denaro e grano. Vi prego, smettiamo di esigere l’interesse di questo! Restituite loro oggi stesso i loro campi, le loro vigne, i loro uliveti e le loro case, e anche la centesima parte del denaro, del grano, del vino e dell’olio che avete loro richiesto«. Essi risposero: »Restituiremo e non richiederemo piú nulla da loro, faremo come tu dici«. Allora chiamai i sacerdoti e davanti a loro li feci giurare che avrebbero fatto secondo questa promessa. Scossi quindi la piega del mio vestito e dissi: »Cosí scuota DIO dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non manterrà questa promessa! Cosí sia egli scosso e svuotato di tutto!«. Tutta l’assemblea allora disse: »Amen!«, e lodarono l’Eterno. Il popolo fece secondo quella promessa. Inoltre dal giorno in cui fui designato ad essere loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, per dodici anni, io e i miei fratelli non mangiammo della provvigione del governatore. Invece i passati governatori che mi avevano preceduto avevano gravato il popolo prendendo da esso pane e vino, oltre a quaranta sicli d’argento. Perfino i loro servi spadroneggiavano sul popolo; ma io non ho fatto cosí, perché ho avuto timore di DIO. Anzi mi sono grandemente impegnato nel lavoro di riparazione di queste mura e non abbiamo comprato alcun terreno; inoltre tutti i miei servi si sono radunati là a lavorare. Avevo pure alla mia mensa centocinquanta Giudei e magistrati, oltre quelli che venivano a noi dalle nazioni circonvicine. Ciò che veniva preparato ogni giorno era un bue e sei capi scelti presi dal gregge; per me venivano pure preparati uccelli, e ogni dieci giorni si forniva ogni sorta di vini in abbondanza; tuttavia, nonostante questo, non ho mai chiesto la provvigione del governatore, perché su questo popolo pesava già la servitú. Ricordati di me, o mio DIO, per tutto il bene che ho fatto per questo popolo. Quando Sanballat, Tobiah e Ghescem l’Arabo e gli altri nostri nemici seppero che io avevo ricostruito le mura e che non vi era piú rimasta alcuna breccia (quantunque allora non avessi ancora messo i battenti alle porte) Sanballat e Ghescem mi mandarono a dire: »Vieni e troviamoci assieme in uno dei villaggi della valle di Ono«. Essi però pensavano di farmi del male. Cosí io mandai loro dei messaggeri a dire: »Sto facendo un grande lavoro e non posso scendere. Perché si dovrebbe interrompere il lavoro, mentre io lo lascio per scendere da voi?«. Per ben quattro volte essi mi mandarono a dire la stessa cosa, e io risposi loro nello stesso modo. Allora Sanballat mi mandò il suo servo a dirmi la stessa cosa per la quinta volta con in mano una lettera aperta, nella quale stava scritto: »Corre voce fra le nazioni, e Gashmu l’afferma, che tu e i Giudei tramate di ribellarvi perciò, secondo queste voci, tu stai ricostruendo le mura, per diventare il loro re, e avresti persino stabilito dei profeti per fare la tua proclamazione a Gerusalemme, dicendo: »C’è un re in Giuda! Ora, queste cose saranno riferite al re. Perciò vieni e consultiamoci assieme«. Ma io gli mandai a dire: »Le cose non stanno come tu vai dicendo, ma tu le inventi nella tua stessa mente«. Tutta quella gente infatti voleva farci paura e diceva: »Le loro mani lasceranno il lavoro che rimarrà incompiuto«. Ora perciò, o DIO, fortifica le mie mani! Io andai allora a casa di Scemaiah, figlio di Delaiah, figlio di Mehetabeel, che si era rinchiuso là dentro; egli mi disse: »Troviamoci assieme nella casa di DIO, dentro il tempio, e chiudiamo le porte del tempio, perché verranno ad ucciderti; essi verranno a ucciderti di notte«. Ma io risposi: »Può un uomo come me darsi alla fuga? Potrebbe un uomo simile a me entrare nel tempio per salvare la vita? No, io non entrerò«. Compresi poi che DIO non l’aveva mandato, ma aveva pronunciato quella profezia contro di me, perché Tobiah e Sanballat l’avevano pagato. Era stato pagato proprio per questo: per farmi paura e indurmi ad agire in quel modo e a peccare, e cosí acquistare una cattiva fama e coprirmi di vergogna. O mio DIO, ricordati di Tobiah e di Sanballat, per queste loro opere, e anche della profetessa Noadiah e degli altri profeti che hanno cercato di spaventarmi! Or le mura furono condotte a termine il venticinquesimo giorno del mese di Elul, in cinquantadue giorni. Quando tutti i nostri nemici lo vennero a sapere e tutte le nazioni che ci stavano attorno lo videro, si sentirono grandemente abbattuti, perché si resero conto che quest’opera si era compiuta con l’aiuto del nostro DIO. In quei giorni anche i notabili di Giuda mandavano frequenti lettere a Tobiah, e ne ricevevano da Tobiah. Molti in Giuda erano infatti legati a lui con giuramento, perché egli era genero di Scekaniah figlio di Arah, e suo figlio Jehohanan aveva sposato la figlia di Meshullam, figlio di Berekiah. Anche in mia presenza parlavano bene di lui e gli riferivano le mie parole. E Tobiah mandava lettere per spaventarmi Quando le mura furono terminate e io ebbi messo a posto le porte, e i portinai, i cantori e i Leviti, furono stabiliti nelle loro mansioni, io diedi il comando di Gerusalemme ad Hanani mio fratello e ad Hananiah governatore della cittadella, perché era un uomo fedele e temeva DIO piú di tanti altri. E dissi loro: »Le porte di Gerusalemme non devono essere aperte finché il sole non scotta; e mentre le sentinelle sono ancora al loro posto di guardia le porte vengano chiuse e sbarrate. Si stabiliscano delle guardie fra gli abitanti di Gerusalemme, alcuni al loro posto sulle mura e altri davanti alla loro casa«. La città era spaziosa e grande, ma dentro vi era poca gente e non si costruivano case Allora il mio DIO mi mise in cuore di radunare i notabili, i magistrati e il popolo, per registrarli secondo le loro genealogie. E trovai il registro genealogico di quelli che erano tornati dall’esilio la prima volta e in esso trovai scritto: Questi sono quelli della provincia che tornarono dalla cattività, quelli che Nebukadnetsar, re di Babilonia aveva deportati e che erano tornati a Gerusalemme, e in Giuda ciascuno nella sua città. Essi sono quelli che tornarono con Zorobabel, Jeshua, Nehemia, Azaria, Raamiah, Nahamani, Mardocheo, Bilshan, Mispereth, Bigvai, Nehum e Baanah. Numero degli uomini del popolo d’Israele: figli di Parosh, duemilacentosettantadue. Figli di Scefatiah, trecentosettantadue. Figli di Arah, seicentocinquantadue. Figli di Pahath-Moab, dei figli di Jeshua e di Joab, duemilaottocentodiciotto. Figli di Elam, milleduecentocinquantaquattro. Figli di Zattu, ottocentoquarantacinque. Figli di Zakkai, settecentosessanta. Figli di Binnui, seicentoquarantotto. Figli di Bebai, seicentoventotto. Figli di Azgad, duemilatrecentoventidue. Figli di Adonikam, seicentosessantasette. Figli di Bigvai, duemilasessantasette. Figli di Adin, seicentocinquantacinque. Figli di Ater, della famiglia di Ezechia, novantotto. Figli di Hashum, trecentoventotto. Figli di Bezai, trecentoventiquattro. Figli di Harif, centododici. Figli di Gabaon, novantacinque. Uomini di Betlemme e di Netofah, centottantotto. Uomini di Anathoth, centoventotto. Uomini di Beth-Azmaveth, quarantadue. Uomini di Kirjiath-Jearim, di Kefirah e di Beeroth, settecentoquarantatre Uomini di Ramah e di Gheba, seicentoventuno. Uomini di Mikmas, centoventidue Uomini di Bethel, e di Ai, Uomini di un altro Nebo, cinquantadue. Figli di un altro Elam, milleduecentocinquantaquattro. Figli di Harim, trecentoventi. Figli di Gerico, trecentoquarantacinque. Figli di Lod, di Hadid e di Ono, settecentoventuno. Figli di Senaah, tremilanovecentotrenta. I sacerdoti: figli di Jedaiah, della casa di Jeshua, novecentosessantatre. Figli di Immer, millecinquantadue. Figli di Pashhur, milleduecentoquarantasette. Figli di Harim, millediciassette. I Leviti: figli di Jeshua, della famiglia di Kadmiel, dei figli di Hodevah, settantaquattro. I cantori: figli di Asaf, centoquarantotto. I portinai: figli di Shallum, figli di Ater, figli di Talmon, figli di Akkub, figli di Hatita, figli di Shobai, centotrentotto. I Nethinei: figli di Tsiha, figli di Hasufa, figli di Tabaoth figli di Keros, figli di Sia, figli di Padon, figli di Lebana, figli di Hagaba, figli di Salmai, figli di Hanan, figli di Ghiddel, figli di Gahar, figli di Reaiah, figli di Retsin, figli di Nekoda, figli di Gazzam, figli di Uzza, figli di Paseah figli di Besai, figli di Meunim, figli di Nefiscesim figli di Bakbuk, figli di Hakufa, figli di Harhur figli di Bazlith, figli di Mehida, figli di Harsha figli di Barkos, figli di Sisera, figli di Tamah, figli di Netsiah, figli di Hatifa. Figli dei servi di Salomone: figli di Sotai, figli di Sofereth, figli di Perida, figli di Jaala, figli di Darkon, figli di Ghidel, figli di Scefatiah, figli di Hattil, figli di Pokereth di Tsebaim, figli di Amon. Totale dei Nethinei e dei figli dei servi di Salomone, trecentonovantadue. Questi sono quelli che tornarono da Tel-Melah, da Tel-Harsha, da Kerub da Addon e da Immer, e che non furono in grado di stabilire la loro casa paterna o la loro discendenza, per dimostrare che appartenevano a Israele: figli di Delaiah, figli di Tobiah, figli di Nekoda, seicentoquarantadue. Tra i sacerdoti: figli di Habaiah, figli di Kots, figli di Barzillai, il quale aveva sposato una delle figlie di Barzillai, il Galaadita, e fu chiamato con il loro nome. Questi cercarono i loro elenchi fra quelli che erano registrati nelle genealogie, ma non li trovarono; furono cosí esclusi dal sacerdozio come impuri; il governatore ordinò loro di non mangiare cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con l’urim e il Thummin, L’intera assemblea raggiungeva un totale di quarantaduemila trecentosessanta persone, oltre ai loro servi e alle loro serve, in numero di settemilatrecentotrentasette. Avevano pure duecentoquarantacinque cantori e cantanti. Avevano settecentotrentasei cavalli, duecentoquarantacinque muli, quattrocentotrentacinque cammelli e seimilasettecentoventi asini. Alcuni capi delle case paterne donarono per il lavoro di costruzione. Il governatore diede al tesoro mille darici d’oro, cinquanta coppe, cinquecentotrenta vesti sacerdotali. Alcuni capi delle case paterne diedero al tesoro per il lavoro di costruzione ventimila darici d’oro e duemiladuecento mine d’argento Il resto del popolo diede ventimila darici d’oro, duemila mine d’argento e sessantasette vesti sacerdotali. Cosí i sacerdoti, i Leviti, i portinai, i cantori, alcuni del popolo, i Nethinei e tutti gli Israeliti si stabilirono nelle loro città. Quando giunse il settimo mese, i figli d’Israele erano nelle loro città. Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza che era davanti alla porta delle Acque; dissero poi ad Esdra lo scriba, che portasse il libro della legge di Mosè che l’Eterno aveva dato a Israele. Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, donne e di tutti quelli capaci di intendere. Quindi lo lesse sulla piazza che sta davanti alla porta delle Acque, dallo spuntar del giorno fino a mezzogiorno, davanti agli uomini, alle donne e a quelli capaci di intendere; e le orecchie di tutto il popolo stavano attente al libro della legge. Esdra, lo scriba, stava su una tribuna di legno che avevano fatto per l’occasione. Accanto a lui stavano, a destra, Mattithiah, Scema, Ananiah, Uria, Hilkiah e Maaseiah, a sinistra, Pedaiah, Mishael, Malkijah, Hashum, Hashbaddana, Zaccaria e Meshullam. Esdra aprí il libro alla presenza di tutto il popolo, perché stava piú in alto di tutto il popolo; come l’aperse, tutto il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse l’Eterno, il grande DIO, e tutto il popolo rispose: »Amen, amen«, alzando le mani; poi s’inchinarono e si prostrarono con la faccia a terra davanti all’Eterno. Jeshua, Bani, Scerebiah, Jamin, Akkub, Shabbethai, Hodijah, Maaseiah, Kelita, Azaria, Jozabad, Hanan, Pelaiah e i Leviti aiutavano il popolo a capire la legge, mentre il popolo stava in piedi al suo posto. Essi leggevano nel libro della legge di DIO distintamente, spiegandone il significato, per far loro capire ciò che si leggeva. Nehemia, che era il governatore Esdra, sacerdote e scriba, e i Leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: »Questo giorno è consacrato all’Eterno, il vostro DIO, non fate cordoglio e non piangete!«. Tutto il popolo infatti, ascoltando le parole della legge, piangeva. Poi Nehemia disse loro: »Andate, mangiate cibi squisiti e bevete vini dolci, e mandatene porzioni a chi non ha nulla di preparato, perché questo giorno è consacrato al Signore nostro. Non rattristatevi, perché la gioia dell’Eterno è la vostra forza«. I Leviti tenevano zitto tutto il popolo, dicendo: »Tacete, perché questo giorno è santo. Non rattristatevi!«. Allora tutto il popolo andò a mangiare, a bere, a mandar porzioni ai poveri e a festeggiare con grande esultanza perché avevano compreso le parole che erano state loro spiegate. Il secondo giorno, i capi delle case paterne di tutto il popolo, i sacerdoti e i Leviti si radunarono presso Esdra, lo scriba, per poter intendere le parole della legge. Trovarono scritto nella legge che l’Eterno aveva comandato per mezzo di Mosè, che i figli d’Israele dovevano dimorare in capanne durante la festa del settimo mese, e che in tutte le loro città e a Gerusalemme dovevano divulgare e proclamare un bando che diceva: »Andate al monte e portatene rami di ulivo, rami di ulivastro, rami di mirto, rami di palma e rami dal folto fogliame, per farne capanne, come sta scritto«. Allora il popolo andò fuori e portò i rami, e si costruirono le capanne, chi sul tetto della propria casa, chi nei loro cortili, altri nei cortili della casa di DIO, sulla piazza della porta delle Acque e sulla piazza della porta di Efraim. Cosí tutta l’assemblea di quelli che erano tornati dalla cattività costruí capanne e dimorò nelle capanne. Dal tempo di Giosué, figlio di Nun, fino a quel giorno, i figli d’Israele, non avevano fatto nulla di simile. E vi fu grandissima allegrezza. Esdra fece la lettura del libro della legge di DIO ogni giorno, dal primo giorno fino all’ultimo giorno. Celebrarono la festa per sette giorni; nell’ottavo giorno ci fu una solenne assemblea, come prescrive la legge. Il ventiquattresimo giorno dello stesso mese, i figli d’Israele si radunarono per un digiuno, vestiti di sacco e coperti di terra. Quelli che appartenevano alla stirpe d’Israele si separarono da tutti gli stranieri e si presentarono per confessare i loro peccati e le iniquità dei loro padri. Quindi si alzarono in piedi al loro posto e lessero il libro della legge dell’Eterno, il loro DIO, per la quarta parte del giorno, e per un’altra quarta parte fecero la confessione dei peccati e si prostrarono davanti all’Eterno, il loro DIO. Poi Jeshua, Bani e Kadmiel, Scebaniah, Bunni, Scerebiah, Bani e Kenani salirono sulla tribuna dei Leviti e gridarono ad alta voce all’Eterno, il loro DIO. I Leviti Jeshua, Kadmiel, Bani, Hashabneiah, Scerebiah, Hodijah, Scebaniah e Pethahiah dissero: »Alzatevi e benedite l’Eterno, il vostro DIO, d’eternità in eternità! Si benedica il nome tuo glorioso, che è esaltato al disopra di ogni benedizione e lode! Tu solo sei l’Eterno! Tu hai fatto i cieli dei cieli dei cieli e tutto il loro esercito, la terra e tutto ciò che sta su di essa, i mari e tutto ciò che è in essi. Tu conservi in vita tutte queste cose, e l’esercito dei cieli ti adora. Tu sei l’Eterno, il DIO che ha scelto Abramo; lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e gli hai dato il nome di Abrahamo, Tu hai trovato il suo cuore fedele davanti a te e hai stabilito un patto con lui, per dare alla sua discendenza il paese dei Cananei, degli Hittei, degli Amorei, dei Perezei, dei Gebusei e dei Ghirgasei; tu hai adempiuto la tua parola, perché sei giusto. Tu hai visto l’afflizione dei nostri padri in Egitto e hai udito il loro grido presso il Mar Rosso. Hai operato miracoli e prodigi contro il Faraone, contro tutti i suoi servi e contro tutto il popolo del suo paese, perché sapevi che essi avevano trattato i nostri padri con insolenza. Cosí ti sei fatto un nome che rimane anche oggi. Tu hai diviso il mare davanti a loro, ed essi sono passati in mezzo al mare sull’asciutto, mentre invece tu precipitavi nell’abisso i loro inseguitori come una pietra in acque impetuose. Tu li hai guidati di giorno con una colonna di nuvola e di notte con una colonna di fuoco per illuminare loro la via su cui camminare. Sei pure disceso sul monte Sinai, hai parlato loro dal cielo e hai dato loro giusti decreti e leggi di verità, buoni statuti e comandamenti, Hai fatto loro conoscere il tuo santo sabato e hai dato loro comandamenti, statuti e una legge per mezzo di Mosè, tuo servo. Tu hai pure dato loro pane dal cielo quando erano affamati e hai fatto scaturire acqua dalla roccia quando erano assetati, e comandasti loro di andare a prendere possesso del paese che avevi giurato di dare loro. Ma essi e i nostri padri si comportarono con superbia, indurirono la loro cervice e non ubbidirono ai tuoi comandamenti. Si rifiutarono di ubbidire e non si ricordarono delle meraviglie che tu avevi compiuto in mezzo a loro; indurirono invece la loro cervice e nella loro ribellione si scelsero un capo per tornare alla loro schiavitú. Ma tu sei un Dio pronto a perdonare, misericordioso, pieno di compassione, lento all’ira e di grande benignità. Tu non li hai abbandonati, neppure quando si fecero un vitello di metallo fuso e dissero: »Questo è il tuo dio che ti ha fatto uscire dall’Egitto!«, fecero cosí una cosa blasfema. Tuttavia nella tua grande misericordia non li hai abbandonati nel deserto, la colonna di nuvola non si allontanò da loro durante il giorno per guidarli nel cammino, e la colonna di fuoco durante la notte per illuminare loro la via su cui camminare. Hai dato il tuo buono Spirito per istruirli; non hai rifiutato la tua manna alle loro bocche e hai dato loro acqua quando erano assetati. Per quarant’anni li hai nutriti nel deserto, e non mancò loro nulla; le loro vesti non si logorarono e i loro piedi non si gonfiarono. Hai inoltre dato loro regni e popoli assegnando loro le regioni piú lontane cosi essi entrarono in possesso del paese di Sihon, del paese del re di Heshbon e del paese di Og, re di Bashan. Hai moltiplicato i loro figli come le stelle del cielo e li hai introdotti nel paese in cui avevi detto ai padri loro di entrare per possederlo. Cosí i loro figli entrarono e presero possesso del paese; tu hai umiliato davanti a loro gli abitanti del paese, i Cananei, e li hai dati nelle loro mani con i loro re e con i popoli del paese, perché ne facessero quel che a loro piaceva. Essi si impadronirono di città fortificate e di una terra fertile ed entrarono in possesso di case piene di ogni bene, di cisterne già scavate, di vigne, di uliveti e d’alberi fruttiferi in abbondanza, mangiarono, si saziarono, ingrassarono e vissero nelle delizie per la tua grande bontà. Ciò nonostante essi furono disubbidirono, si ribellarono contro di te, gettarono la tua legge dietro le spalle, uccisero i tuoi profeti che li esortavano a ritornare a te e commisero cose blasfeme. Perciò tu li desti nelle mani dei loro nemici, che li oppressero; ma al tempo della loro sventura essi gridarono a te, e tu li ascoltasti dal cielo e, nella tua grande misericordia, tu desti loro dei liberatori, che li salvarono dalle mani dei loro nemici. Quando però avevano riposo, essi ricominciavano a compiere il male davanti a te; perciò tu li abbandonavi nelle mani dei loro nemici, che li dominavano; tuttavia, quando tornavano a gridare a te, tu li ascoltavi dal cielo, cosí nella tua misericordia molte volte li hai liberati. Tu li esortavi per farli tornare alla tua legge, ma essi si inorgoglivano e non ubbidivano ai tuoi comandamenti, e peccavano contro i tuoi decreti per mezzo dei quali, se uno li mette in pratica salva la vita; ritraevano le loro spalle dal giogo, indurivano la loro cervice e rifiutavano di ubbidire. Pazientasti con essi per molti anni esortandoli mediante il tuo Spirito e per bocca dei tuoi profeti, ma essi non vollero prestare orecchio; allora tu li desti nelle mani dei popoli dei vari paesi. Però nella tua grande compassione non li hai interamente distrutti e non li hai abbandonati, perché sei un Dio clemente e misericordioso. Ora dunque, o DIO nostro, Dio grande, potente e tremendo, che mantieni il patto e la misericordia, non sembri poca cosa davanti a te la sciagura che è venuta su di noi, sui nostri re, sui nostri sacerdoti, sui nostri profeti, sui nostri padri e su tutto il tuo popolo, dal tempo dei re di Assiria fino al giorno d’oggi. Tuttavia tu sei stato giusto in tutto quello che ci è accaduto, perché tu hai agito fedelmente, mentre noi abbiamo agito empiamente. I nostri re, i nostri capi, i nostri sacerdoti i nostri padri non hanno messo in pratica la tua legge né hanno ubbidito ai tuoi comandamenti e ai tuoi precetti con cui li esortavi. Persino quando si trovavano nel loro regno, nella grande prosperità che tu avevi loro largito e nel vasto e fertile paese che avevi messo a loro disposizione, non ti servirono e non abbandonarono le loro opere malvagie. E oggi eccoci schiavi! Siamo schiavi nel paese che avevi dato ai nostri padri perché ne mangiassero i frutti e ne godessero i beni. Cosí i suoi abbondanti prodotti vanno ai re che tu hai stabilito sopra di noi, a causa dei nostri peccati; essi signoreggiano sui nostri corpi e sul nostro bestiame come vogliono; e noi siamo in grande angoscia. A motivo di tutto questo, noi prendiamo un fermo impegno e lo mettiamo per scritto; e i nostri capi, i nostri Leviti, e i nostri sacerdoti vi metteranno il loro sigillo«. Quelli che misero il loro sigillo sul documento furono: Nehemia, il governatore, figlio di Hakaliah, e Sedekia, Seraiah, Azaria, Geremia, Pashuhur, Amariah, Malkija, Hattush, Scebaniah, Malluk, Harim, Meremoth, Obadiah, Daniele, Ghinnethon, Baruk, Meshullam, Abijah, Mijamin, Maaziah, Bilgai e Scemaiah. Questi erano sacerdoti. I Leviti: Jeshua, figlio di Azaniah, Binnui dei figli di Henadad e Kadmiel, e i loro fratelli Scebaniah, Hodijah, Kelita, Pelaiah, Hanan, Mika, Rehob, Hashabiah, Zakkur, Scerebiah, Scebaniah, Hodijah, Bani e Beninu. I capi del popolo: Parosh, Pahathmoab, Elam, Zattu, Bani, Bunni, Azgab, Bebai, Adonijah, Bigvai, Adin, Ater, Ezechia, Azzur, Hodijah, Hashum, Betsai, Harif, Anatoth, Nebai, Magpiash, Meshullam, Hezir, Mescezabeel, Tsadok, Jaddua, Pelatiah, Hanan, Anaiah, Hoscea, Hananiah, Hasshub, Hallohesh, Pilha, Shobek, Rehum, Hashabnah, Maaseiah, Ahijah, Hanan, Anan, Malluk, Harim e Baanah. Il resto del popolo, i sacerdoti, i Leviti, i portinai, i cantori, i Nethinei, e tutti quelli che si erano separati dai popoli dei paesi stranieri per seguire la legge di DIO, le loro mogli, i loro figli e le loro figlie, tutti quelli che avevano conoscenza e intelligenza, si unirono ai loro fratelli, i piú ragguardevoli fra loro, e si impegnarono con esecrazione e giuramento a camminare nella legge di DIO data per mezzo di Mosè servo di DIO, e ad osservare e mettere in pratica tutti i comandamenti dell’Eterno, il nostro Signore, i suoi decreti e i suoi statuti, a non dare le nostre figlie ai popoli del paese e a non prendere le loro figlie per i nostri figli, a non comprare nulla in giorno di sabato o in altro giorno sacro dai popoli che portassero a vendere in giorno di sabato qualunque genere di merci e di cereali, a lasciar riposare la terra ogni settimo anno e a non riscuotere alcun debito. Ci impegnammo tassativamente di pagare ogni anno il terzo di un per il servizio della casa del nostro DIO, per i pani della presentazione, per l’oblazione perpetua di cibo, per l’olocausto perpetuo dei sabati, dei noviluni, delle feste stabilite, per le cose consacrate, per le offerte per il peccato, per fare espiazione, per Israele e per ogni lavoro della casa del nostro DIO. Inoltre tirammo a sorte tra i sacerdoti, i Leviti e il popolo circa l’offerta della legna da portare nella casa del nostro DIO, ogni anno a tempi fissati, secondo le nostre case paterne, perché bruciasse sull’altare dell’Eterno, il nostro DIO, come sta scritto nella legge. Ci impegnammo pure a portare ogni anno nella casa dell’Eterno le primizie del nostro suolo e le primizie di tutti i frutti di ogni albero, e i primogeniti dei nostri figli e del nostro bestiame, come sta scritto nella legge, e i primogeniti delle nostre mandrie e delle nostre greggi per presentarli nella casa del nostro DIO ai sacerdoti che prestano servizio nella casa del nostro DIO. Inoltre ci impegnammo a portare ai sacerdoti nelle camere della casa del nostro DIO le primizie della nostra pasta, le nostre offerte, i frutti di ogni albero, del mosto e dell’olio, e ai Leviti la decima del nostro suolo; i Leviti stessi preleveranno le decime in tutte le città dove noi lavoriamo. Un sacerdote, discendente di Aaronne, sarà con i Leviti quando i Leviti preleveranno le decime; e i Leviti porteranno la decima della decima alla casa del nostro DIO nelle camere della tesoreria, perché in quelle camere i figli d’Israele e i figli di Levi porteranno l’offerta del frumento, del mosto e dell’olio; qui sono gli utensili del santuario, i sacerdoti che prestano servizio, i portinai e i cantori. Noi non abbandoneremo la casa del nostro DIO. capi del popolo si stabilirono a Gerusalemme; il resto del popolo tirò a sorte per far venire uno su dieci ad abitare a Gerusalemme, la città santa gli altri nove decimi invece dovevano rimanere nelle altre città. Il popolo benedisse tutti quelli che spontaneamente si offrirono di abitare a Gerusalemme. Questi sono i capi della provincia che si stabilirono a Gerusalemme (ma nelle citta di Giuda ognuno si stabilí nella sua proprietà, nella sua città: Israeliti, sacerdoti, Leviti, Nethinei e i figli dei servi di Salomone). A Gerusalemme si stabilirono una parte dei figli di Giuda e dei figli di Beniamino. Dei figli di Giuda: Atahiah, figlio di Uzziah, figlio di Zaccaria, figlio di Amariah, figlio di Scefatiah, figlio di Mahalaleel, dei figli di Perets, e Maaseia, figlio di Baruk, figlio di Col-Hozeh, figlio di Hazaiah, figlio di Adaiah, figlio di Joiarib, figlio di Zaccaria, figlio dello Scilonita. Totale dei figli di Perets che si stabilirono a Gerusalemme: quattrocentosessantotto uomini valorosi. Questi sono i figli di Beniamino Sallu, figlio di Mashullam, figlio di Joed, figlio di Pedaiah, figlio di Kolaiah figlio di Maaseiah, figlio di Ithiel figlio di Isaia; dopo lui, Gabbai e Sallai: in tutto, novecentoventotto. Gioele, figlio di Zikri, era il loro capo, e Giuda, figlio di Senuah, era il secondo capo della città. Dei sacerdoti: Jedaiah, figlio di Joiarib e Jakin. Seraiah, figlio di Hilkiah, figlio di Meshullam, figlio di Tsadok, figlio di Meraioth, figlio di Ahitub, era capo della casa di DIO; i loro fratelli addetti al lavoro del tempio, erano in numero di ottocentoventidue; e Adaiah, figlio di Jeroham, figlio di Pelaliah, figlio di Amtsi, figlio di Zaccaria, figlio di Pashhur, figlio di Malkijah, e i suoi fratelli, capi delle case paterne, erano in numero di duecentoquarantadue; e Amashsai, figlio di Azareel, figlio di Ahzai, figlio di Meshillemoth, figlio di Immer e i loro fratelli, uomini valorosi, erano in numero di centoventotto. Zabdiel figlio di Ghedolim, era loro capo. Dei Leviti: Scemaiah, figlio di Hashshub, figlio di Azrikam, figlio di Hashablah, figlio di Bunni. Shabbethai e Jozabad, preposti al servizio esterno della casa di DIO, fra i capi dei Leviti; e Mattaniah, figlio di Mika, figlio di Zabdi, figlio di Asaf, il capo che iniziava le lodi durante la preghiera, e Bakbukiah il secondo tra i suoi fratelli, e Abda figlio di Shammua, figlio di Galal, figlio di Joduthun. Totale dei Leviti nella città santa duecentottantaquattro. I portinai: Akkub, Talmon e i loro fratelli, custodi delle porte: centosettantadue. Il resto d’Israele, dei sacerdoti e dei Leviti si stabilí in tutte le città di Giuda ognuno nella sua proprietà. I Nethinei si stabilirono sull’Ofel; Tsiha e Ghishpa erano a capo dei Nethinei. Il capo dei Leviti a Gerusalemme era Uzzi, figlio, di Bani, figlio di Hashabiah, figlio di Mattaniah, figlio di Mika, dei figli di Asaf, che erano i cantori addetti al servizio della casa di DIO. Nei loro confronti infatti il re aveva emesso l’ordine che ogni giorno fosse assegnata ai cantori una certa provvista. Pethahiah, figlio di Mescezabeel, dei figli di Zerah, figlio di Giuda, era il delegato del re per tutti gli affari del popolo. Quanto ai villaggi con le loro campagne, alcuni dei figli di Giuda si stabilirono in Kirjath-Arba e nei suoi villaggi, in Dibon e nei suoi villaggi, in Jekabtseel e nei suoi villaggi, in Jeshua, in Moladah, in Bethpeleth, in Atsar-Shual, in Beer-Sceba, e nei suoi villaggi, in Tsiklag, in Mekona e nei suoi villaggi, in En-Rimmon, in Tsorah, in Jarmuth, in Zanoah, in Adullam e nei loro villaggi, in Lakish e nelle sue campagne, in Azekah e nei suoi villaggi. Si stabilirono a Beer-Sceba fino alla valle di Hinnom. I figli di Beniamino si stabilirono a Gheba, Mikmash, Aijah, Bethel e nei loro villaggi, ad Anathoth, Nob, Ananiah, a Atsor, Ramah, Ghittaim, a Hadid, Tseboim, Neballat, a Lod e Ono, la valle degli artigiani. Alcune divisioni dei Leviti di Giuda, si unirono a Beniamino. Questi sono i sacerdoti e i Leviti che tornarono con Zorobabel, figlio di Scealthiel, e con Jeshua: Seraiah, Geremia, Esdra, Amariah, Malluk, Hattush, Scekaniah, Rehum, Meremoth Iddo, Ghinnethoi, Abijah, Mijamin, Maadiah, Bilgah Scemaiah, Joiarib, Jedaiah, Sallu, Amok, Hilkiah e Jedaiah. Questi erano i capi dei sacerdoti e dei loro fratelli al tempo di Jeshua, I Leviti erano Jeshua, Binnui, Kadmiel, Scerebiah, Giuda e Mattaniah, che era preposto con i suoi fratelli al canto di ringraziamento. Bakbukiah e Unni, loro fratelli, stavano di fronte a loro secondo le loro mansioni. Jeshua generò Joiakim; Joiakim generò Eliascib; Eliascib generò Joiada, Joiada generò Gionathan; Gionathan generò Jaddua. Al tempo di Joiakim, i sacerdoti, capi delle case paterne, erano i seguenti: della casa di Seraiah, Meraiah, di quella di Geremia, Hananiah; di quella di Esdra, Meshullam; di quella di Amariah, Jehohanan; di quella di Meliku, Gionathan; di quella di Scebaniah, Giuseppe; di quella di Harim, Adna, di quella di Meraioth, Helkai; di quella di Iddo, Zaccaria; di quella di Ghinnethon, Meshullam; di quella di Abijah, Zikri; di quella di Miniamin e di Moadiah, Piltai; di quella di Bilgah, Shammua; di quella di Scemaiah, Gionathan; di quella di Joiarib, Mattenai; di quella di Jedaiah, Uzzi; di quella di Sallai, Kallai; di quella di Amok, Eber; di quella di Hilkiah, Hashabiah e di quella di Jedaiah, Nethaneel. Durante il regno di Dario, il Persiano, furono registrati assieme ai sacerdoti i Leviti che erano capi delle case paterne al tempo di Eliascib, di Joiada, di Johanan e di Jaddua. I figli di Levi, che erano capi delle case paterne, furono invece registrati nel libro delle Cronache fino al tempo di Johanan, figlio di Eliascib. I capi dei Leviti Hashabiah, Scerebiah e Jeshua, figlio di Kadmiel, assieme ai loro fratelli, che stavano di fronte a loro, cantavano inni di lode e di ringraziamento a gruppi alternati, secondo l’ordine di Davide, uomo di DIO. Mattaniah, Bakbukiah, Obadiah Meshullam, Talmon e Akkub erano portinai e facevano la guardia ai magazzini delle porte. Questi vivevano al tempo di Joiakim figlio di Jeshua, figlio di Jotsadak e ai tempo di Nehemia, il governatore, e di Esdra, sacerdote e scriba. Alla dedicazione delle mura di Gerusalemme, mandarono a cercare i Leviti da tutti i loro luoghi, per farli venire a Gerusalemme per celebrare la dedicazione con allegrezza, con lodi e con canti, cembali, arpe e cetre. E i figli dei cantori si radunarono dalla regione intorno a Gerusalemme, dai villaggi dei Netofathiti. da Beth-Ghilgal, e dalle campagne di Gheba e di Azmaveth, poiché i cantori si erano costruiti villaggi tutt’intorno a Gerusalemme. I sacerdoti e i Leviti si purificarono e purificarono il popolo, le porte e le mura. Poi io feci salire sulle mura i capi di Giuda e formai due grandi cori di lode. Il primo s’incamminò a destra, sulle mura, verso la porta del Letame; dietro ad esso camminavano Hoshaiah, la metà dei capi di Giuda, Azaria, Esdra, Meshullam, Giuda, Beniamino, Scemaiah, Geremia. e alcuni dei figli dei sacerdoti con le loro trombe: Zaccaria, figlio di Gionathan, figlio di Scemaiah, figlio di Mattaniah, figlio di Mikaiah, figlio di Zakkur, figlio di Asaf, e i suoi fratelli Scemaiah, Azareel, Milalai, Ghilalai, Maai, Nethaneel Giuda e Hanani, con gli strumenti musicali di Davide, uomo di DIO. Esdra, lo scriba, camminava alla loro testa. Giunti alla porta della Sorgente, salirono direttamente per la scalinata della città di Davide, dove le mura salgono sopra la casa di Davide, fino alla porta delle Acque, a est. Il secondo coro di lode s’incamminò nella direzione opposta, io lo seguivo con metà del popolo, sulle mura, sopra la torre dei Forni, fino al muro Largo, quindi sopra la porta di Efrairn, la porta Vecchia, la porta dei Pesci, la torre di Hananeel, la torre di Meah, fino alla porta delle Pecore; il coro si fermò alla porta della Prigione. I due cori di lode si fermarono nella casa di DIO; cosí feci io, con la metà dei magistrati che erano con me, e i sacerdoti Eliakim Maaseiah, Miniamin, Mikaiah, Elioenai, Zaccaria, Hananiah con le trombe. e Maaseiah, Scemaiah, Eleazar, Uzzi, Jehohanan, Malkijah, Elam e Ezer. I cantori cantarono a voce alta, sotto la direzione di Jezrahiah. In quel giorno offrirono grandi sacrifici e si rallegrarono perché DIO li aveva allietati con una grande gioia. Anche le donne e i fanciulli si rallegrarono; e la gioia di Gerusalemme si udiva da lontano. In quel tempo alcuni uomini furono preposti alle stanze che servivano da magazzini per le offerte, per le primizie e per le decime, per raccogliervi dalle campagne delle città le parti fissate dalla legge per i sacerdoti e i Leviti, perché i Giudei gioivano nel vedere i sacerdoti e i Leviti che prestavano servizio. Essi eseguivano il servizio del loro DIO e il servizio della purificazione, assieme ai cantori e ai portinai, secondo l’ordine di Davide e di Salomone, suo figlio. Anticamente, al tempo di Davide di Asaf, c’erano infatti capi cantori canti di lode e di ringraziamento a DIO. Al tempo di Zerubbabel e al tempo di Nehemia, tutto Israele dava ogni giorno le porzioni assegnate ai cantori ai portinai; inoltre metteva da parte la porzione consacrata per i Leviti, e i Leviti mettevano da parte la porzione consacrata per i figli di Aaronne. In quel giorno si lesse alla presenza del popolo il libro di Mosè e vi si trovò scritto che l’Ammonita e i Moabita non dovrebbero mai entrare nell’assemblea di DIO, perché non erano venuti incontro ai figli d’Israele con pane e acqua e perchè avevano assoldato contro di loro Balaam, per maledirli; ma il nostro DIO cambiò la maledizione in benedizione. Come ebbero udito la legge, essi separarono da Israele tutta le gente straniera che si era mescolata a loro. Prima di questo, il sacerdote Eliascib, che era preposto alle camere della casa del nostro DIO ed era imparentato con Tobiah, aveva preparato per costui una grande camera, dove prima riponevano le offerte, l’incenso, gli utensili, la decima del grano, del vino e dell’olio, tutto ciò che spettava per legge ai Leviti, ai cantori, ai portinai, come pure le offerte raccolte per i sacerdoti. Ma durante tutto questo tempo io non ero a Gerusalemme, perché nell’anno trentaduesimo di Artaserse, re di Babilonia, ero tornato presso il re. Un po’ di tempo dopo ottenni un congedo dal re e tornai a Gerusalemme; cosí mi resi conto del male che Eliascib aveva fatto per favorire Tobiah, preparando per lui una camera nei cortili della casa di DIO. La cosa mi dispiacque grandemente, e cosí feci gettare fuori dalla camera tutte le masserizie di casa appartenenti a Tobiah; poi ordinai che si purificassero quelle camere e vi feci ricollocare gli utensili della casa di DIO, le offerte e l’incenso. Venni anche a sapere che le porzioni dovute ai Leviti non erano state loro date e che i Leviti e i cantori, che prestavano servizio, erano fuggiti ciascuno alla sua terra. Allora rimproverai i magistrati e dissi loro: »Perché la casa di DIO è stata abbandonata?«. Poi li radunai e li ristabilii nel loro ufficio. Tutto Giuda quindi portò nei magazzini le decime a del frumento, del mosto e dell’olio. Affidai la sorveglianza dei magazzini al sacerdote Scelemiah, allo scriba, Tsadok e a Pedaiah, uno dei Leviti; come loro aiutante, scelsi Hanan, figlio di Zakkur, figlio di Mattaniah, perché costoro erano ritenuti uomini fedeli. A loro spettava il compito di fare le ripartizioni tra i loro fratelli. Per questo ricordati di me, o DIO mio, e non cancellare le buone opere che ho fatto per la casa del mio DIO e per la sua custodia. In quei giorni osservai in Giuda alcuni che pigiavano l’uva in giorno di sabato e portavano sacchi di grano, caricandoli sugli asini, assieme a vino, uva, fichi e ogni sorta di fardelli che facevano venire a Gerusalemme, in giorno di sabato; e io li rimproverai a motivo del giorno in cui vendevano i generi alimentari. Inoltre alcuni uomini di Tiro, che risiedevano a Gerusalemme, importavano pesce e ogni genere di mercanzie e le vendevano ai figli di Giuda in giorno di sabato e in Gerusalemme. Allora rimproverai i notabili di Giuda e dissi loro: »Che cos’è questo male che fate profanando il giorno di sabato? Non fecero i nostri padri la stessa cosa? E non fece il nostro DIO cadere su di noi e su questa città tutta questa calamità? Ma voi fate venire maggior ira su Israele, profanando il sabato!«. Cosí, appena le porte di Gerusalemme cominciavano ad essere al buio, prima che il sabato cominciasse, io ordinai che le porte fossero chiuse e che non si riaprissero fin dopo il sabato; collocai pure alcuni dei miei servi alle porte, affinché nessun carico entrasse in città durante il sabato. Ma i mercanti e i venditori di ogni genere di mercanzie passarono la notte fuori di Gerusalemme una o due volte. Allora io li rimproverai e dissi loro: »Perché passate la notte davanti alle mura? Se lo fate un’altra volta, metterò le mani su di voi«. Da quel momento non vennero piú in giorno di sabato. Ordinai pure ai Leviti, che si purificassero e venissero a custodire le porte per santificare il giorno del sabato. Anche per questo ricordati di me, o mio DIO, e abbi pietà di me secondo la grandezza della tua misericordia! In quei giorni vidi pure alcuni Giudei che avevano sposato donne di Ashdod, di Ammon e di Moab; la metà dei loro figli parlava la lingua di Ashdod e non sapeva parlare la lingua giudaica, ma parlava soltanto la lingua di questo o di quel popolo. Allora io li rimproverai, li maledissi, ne picchiai alcuni, strappai loro i capelli, li feci quindi giurare nel nome di DIO che non avrebbero dato le loro figlie ai figli di costoro e non avrebbero preso le figlie di quelli per i loro figli né per se stessi. E dissi: »Non peccò forse Salomone, re d’Israele, per queste cose? Eppure fra tante nazioni, non ci fu re simile a lui; era amato dal suo DIO, e DIO l’aveva stabilito re su tutto Israele; ma le donne straniere fecero peccare anche lui. Dovremmo dunque udire di voi che commettete questo grande male, che peccate contro il nostro DIO, prendendo mogli straniere?«. Uno dei figli di Joiada, figlio di Eliscib, il sommo sacerdote, era genero di Sanballat, lo Horonita; io lo cacciai via da me. Ricordati di loro, o mio DIO, perché hanno contaminato il sacerdozio e il patto del sacerdozio e dei Leviti! Cosí io li purificai da ogni persona straniera e assegnai le mansioni ai sacerdoti e ai Leviti, ciascuno al suo compito. Diedi pure disposizioni circa l’offerta della legna ai tempi stabiliti e circa le primizie. Ricordati di me, o DIO mio, per farmi del bene!
Al tempo di Assuero, (quell’Assuero che regnava dall’India fino all’Etiopia sopra centoventisette province), in quel tempo, quando il re Assuero sedeva sul trono del suo regno che era nella cittadella di Susa, nell’anno terzo del suo regno, fece un banchetto per tutti i suoi principi e servi; i capi dell’esercito di Persia e di Media, i nobili e i principi delle province furono riuniti davanti a lui. Egli allora mostrò le ricchezze e la gloria del suo regno e lo splendore e l’eccellenza della sua maestà per molti giorni, centottanta giorni. Trascorsi questi giorni, il re fece un altro banchetto di sette giorni, nel cortile del giardino del palazzo reale, per tutto il popolo che si trovava nella cittadella di Susa, dal piú grande al piú piccolo. C’erano tende bianche e violacee, sospese con cordoni di bisso e di scarlatto ad anelli d’argento e a colonne di marmo. C’erano divani d’oro e d’argento su un pavimento di marmo rosso e bianco, di madreperla e di alabastro. Si porgeva da bere in vasi d’oro, uno diverso dall’altro, e c’era vino reale in abbondanza, grazie alla liberalità del re. In base alla legge nessuno era obbligato a bere, il re infatti aveva ordinato a tutti i funzionari della sua casa di servire a ognuno quel che voleva. Anche la regina Vashti fece un banchetto per le donne nella reggia del re Assuero. La regina Vashti viene deposta, in seguito al suo rifiuto di ubbidire all’ordine del re Il settimo giorno, quando il cuore del re era allegro per il vino, egli ordinò a Mehuman, a Biztha, a Harbona, a Bigtha, ad Abagtha, a Zethar e a Karkas, i sette eunuchi che servivano alla presenza del re Assuero, di far venire davanti al re la regina Vashti con la corona reale, per mostrare al popolo e ai principi la sua bellezza; ella infatti era di bell’aspetto. Ma la regina Vashti rifiutò di venire secondo l’ordine del re trasmessole per mezzo degli eunuchi; il re ne fu irritatissimo e l’ira si accese dentro di lui. Allora il re interrogò i sapienti che conoscevano i tempi (questo infatti era il modo di procedere del re nei confronti di tutti quelli che conoscevano la legge e la giustizia; i piú vicini a lui erano Karscena, Scethar, Admatha, Tarshish, Meres, Marsena e Memukan, sette principi di Persia e di Media che erano ammessi alla presenza del re e occupavano i primi posti nel regno): »Secondo la legge, che cosa si deve fare alla regina Vashti, che non ha eseguito l’ordine del re Assuero trasmessole per mezzo degli eunuchi?«. Memukan rispose davanti al re e ai principi: »La regina Vashti ha mancato non soltanto nei riguardi del re, ma anche nei riguardi di tutti i principi e di tutti i popoli che sono in tutte le province del re Assuero. Il comportamento della regina verrà risaputo da tutte le donne, che saranno indotte a disprezzare i loro mariti e a dire: »Il re Assuero aveva ordinato che si conducesse alla sua presenza la regina Vashti, ma ella non vi è andata« Quest’oggi stesso le principesse di Persia e di Media, che hanno saputo del comportamento della regina, ne parleranno a tutti i principi del re e ne nascerà un gran disprezzo e sdegno. Se sembra bene al re, emani egli un editto reale da inserire nelle leggi di Persia e di Media e sia irrevocabile, in forza del quale Vashti non compaia piú alla presenza del re Assuero; il re conferisca quindi la sua posizione reale ad un’altra migliore di lei. Quando l’editto emanato dal re sarà diffuso nell’intero suo regno, che è vasto, tutte le donne renderanno onore ai loro mariti dal piú grande al piú piccolo«. La proposta piacque al re e ai principi, e il re fece come aveva detto Memukan; mandò lettere a tutte le province del regno, ogni provincia secondo la sua scrittura e a ogni popolo secondo la sua lingua, affinché ogni uomo fosse padrone in casa sua e parlasse la lingua del suo popolo. Dopo queste cose, quando l’Ira del re Assuero si fu calmata, egli si ricordò di Vashti, di ciò che essa. Aveva fatto e di quanto era stato deciso a suo riguardo. Allora i servi del re che stavano al suo servizio dissero: »Si cerchino per il re fanciulle vergini e di bell’Aspetto stabilisca il re in tutte le province del suo regno dei commissari, i quali radunino tutte le fanciulle vergini e di bell’aspetto nella cittadella di Susa, nella casa delle donne sotto la sorveglianza di Hegai, eunuco del re e guardiano delle donne, che darà loro gli unguenti per purificarsi La fanciulla che piacerà al re diventi regina al posto di Vashti«. La proposta piacque al re, e cosí fu fatto. Nella cittadella di Susa c’era un giudeo chiamato Mardocheo, figlio di Jair, figlio di Scimei, figlio di Kish, un Beniaminita, che era stato deportato da Gerusalemme, assieme agli esuli portati in cattività con Jeconiah, re di Giuda, da Nebukadnetsar, re di Babilonia. Egli aveva allevato Hadassah, cioè Ester, la figlia di suo zio, perché ella non aveva né padre né madre. La fanciulla era avvenente di forma e di bell’aspetto; alla morte del padre e della madre Mardocheo la prese come sua figlia. Quando l’ordine del re e il suo editto furono divulgati, e molte fanciulle furono radunate nella cittadella di Susa sotto la sorveglianza di Hegai, anche Ester fu condotta nel palazzo del re sotto la sorveglianza di Hegai, guardiano delle donne. La fanciulla gli piacque e si guadagnò il suo favore; cosí egli si affrettò a darle gli unguenti per la purificazione e il suo vitto; inoltre le diede sette donzelle scelte nel palazzo del re e la spostò assieme alle sue donzelle nell’appartamento migliore nella casa delle donne. Ester non aveva fatto sapere nulla né del suo popolo né del suo paese d’origine, perché Mardocheo le aveva ordinato di non dirlo. Mardocheo tutti i giorni passeggiava davanti al cortile della casa delle donne per sapere come stava Ester e che cosa si faceva di lei. Quando veniva il turno per ciascuna fanciulla di entrare dal re Assuero, dopo aver trascorso dodici mesi di preparazione, secondo i regolamenti delle donne, perché cosí erano ultimati i giorni della loro purificazione: sei mesi per ungersi con olio di mirra e sei mesi con aromi e unguenti delle donne per purificarsi, la fanciulla andava dal re; le si permetteva di portare con sé dalla casa delle donne al palazzo del re tutto quello che chiedeva. Vi andava la sera e la mattina dopo passava nella seconda casa delle donne sotto la sorveglianza di Shaashgaz, eunuco del re e guardiano delle concubine Ella non tornava piú dal re, a meno che il re la desiderasse ed ella fosse chiamata per nome. Quando giunse per Ester, la figlia di Abihall, zio di Mardocheo, che l’aveva presa con sé come figlia, il turno di andare dal re, ella non chiese nulla se non quello che le fu indicato da Hegai, eunuco del re, guardiano delle donne. Ed Ester si guadagnò il favore di tutti quelli che la vedevano. Ester fu condotta dal re Assuero nel suo palazzo reale il decimo mese, cioè il mese di Tebeth, il settimo anno del suo regno. Il re amò Ester piú di tutte le altre donne, ed ella trovò grazia e favore ai suoi occhi piú di tutte le altre fanciulle. Cosí egli le pose in capo la corona reale e la fece regina al posto di Vashti. Poi il re fece un gran banchetto per tutti i suoi principi e servi, il banchetto di Ester, inoltre concesse un giorno di riposo nelle province e fece doni con munificenza regale. Quando le fanciulle si radunarono la seconda volta, Mardocheo stava seduto alla porta del re. Ester, secondo l’ordine che Mardocheo le aveva dato, non aveva fatto sapere nulla né del suo paese d’origine né del suo popolo. Ester infatti eseguiva gli ordini di Mardocheo, come quando era sotto la sua tutela, Mardocheo sventa una congiura contro il re In quei giorni, come Mardocheo stava seduto alla porta del re, Bightan e Teresh, due eunuchi del re e guardie della soglia, andarono in collera e cercarono di stendere la mano contro il re Assuero. Venuto a conoscenza della cosa, Mardocheo avvertí la regina Ester, ed Ester informò il re a nome di Mardocheo. Si fecero indagini e, trovato che la cosa era vera, i due eunuchi furono impiccati sul patibolo; il fatto fu poi registrato nel libro delle Cronache, alla presenza del re. Dopo queste cose, il re Assuero promosse Haman, figlio di Hammedatha, l’Agaghita, lo elevò in dignità e pose il suo seggio al di sopra di quelli di tutti i principi che erano con lui. Tutti i servi del re che stavano alla porta del re si inchinavano e si prostravano davanti a Haman, perché così aveva ordinato il re nei suoi confronti. Ma Mardocheo non si inchinava né si prostrava. Allora i servi del re che stavano alla porta del re dissero a Mardocheo: »Perché trasgredisci l’ordine del re?«. Ma, sebbene glielo ripetessero tutti i giorni, egli non dava loro ascolto; per cui essi riferirono la cosa a Haman, per vedere se Mardocheo avesse persistito nel suo comportamento. Egli aveva infatti loro detto che era giudeo. Quando Haman vide che Mardocheo non si inchinava né si prostrava davanti a lui, fu pieno d’ira; ma sdegnò di stendere la sua mano solamente contro Mardocheo, perché gli avevano riferito a quale popolo Mardocheo appartenesse; cosí Haman si propose di distruggere tutti i Giudei, il popolo di Mardocheo, che si trovavano nell’intero regno di Assuero. Il primo mese, che è il mese di Nisan, il dodicesimo anno del re Assuero, alla presenza di Haman, si gettò il Pur (cioè si tirò la sorte), per stabilire il giorno e il mese; e la sorte cadde sul tredicesimo giorno del dodicesimo mese, che è il mese di Adar. Allora Haman disse al re Assuero: »C’è un popolo disseminato e separato fra i popoli in tutte le province del tuo regno, le cui leggi sono diverse da quelle di ogni altro popolo e che non osserva le leggi del re, il re non ha perciò alcun vantaggio a lasciarli in vita. Se cosí piace al re, si rediga un decreto, perché vengano distrutti; e io pagherò diecimila talenti d’argento nelle mani di quelli che compiono il lavoro, perché siano versati nei tesori del re«. Allora il re si tolse di mano l’anello con il sigillo e lo diede a Hamam l’Agaghita, figlio di Hammedatha e nemico dei Giudei. Quindi il re disse a Haman: »Il denaro ti è dato e il popolo pure, fa’ di esso ciò che ti pare«. Il tredicesimo giorno del primo mese furono chiamati i segretari del re e fu redatto un decreto, in base a tutto ciò che Haman aveva ordinato, da inviare ai satrapi del re, ai governatori di ogni provincia e ai capi di ogni popolo, a ogni provincia secondo la sua scrittura, e a ogni popolo nella sua lingua. Il decreto fu redatto in nome del re Assuero e sigillato con il sigillo del re Questi documenti furono mandati per mezzo di corrieri in tutte le province del re, perché si distruggessero, si uccidessero e si sterminassero tutti i Giudei giovani e vecchi, bambini e donne, in un sol giorno, il tredici del dodicesimo mese, che è il mese di Adar e si dessero al saccheggio i loro beni. Una copia del decreto doveva essere emanato come legge in ogni provincia e promulgato per tutti i popoli, perché si tenessero pronti per quel giorno. I corrieri partirono in tutta fretta per ordine del re, e il decreto fu promulgato nella cittadella di Susa. Il re e Haman sedevano a bere, ma la città di Susa era costernata. Quando Mardocheo seppe tutto ciò che era stato fatto, si stracciò le vesti, si coprí di sacco e di cenere e uscí per la città, mandando alte ed amare grida; e giunse fin davanti alla porta del re, perché non era permesso entrare per la porta del re a nessuno coperto di sacco. In ogni provincia, dove giunsero l’ordine del re e il suo decreto, ci fu grande cordoglio fra i Giudei, con digiuno, pianti e lamenti; e molti si coprirono di sacco e di cenere. Le donzelle di Ester e i suoi eunuchi vennero a riferirle la cosa, e la regina ne fu grandemente angosciata; quindi mandò vesti a Mardocheo, perché se le mettesse e si togliesse di dosso il sacco, ma egli non le accettò. Allora Ester chiamò Hathak, uno degli eunuchi del re da lui assegnato a prestarle servizio, e gli ordinò di andare da Mardocheo per sapere che cosa lo affliggeva e perché. Hathak dunque si recò da Mardocheo sulla piazza della città, che si trovava di fronte alla porta del re. Mardocheo gli raccontò tutto ciò che gli era successo e accennò pure alla somma di denaro che Haman aveva promesso di versare al tesoro reale per ottenere la distruzione dei Giudei; gli diede pure una copia del testo del decreto che era stato promulgato a Susa per il loro sterminio, affinché lo mostrasse a Ester, glielo spiegasse e le ordinasse di andare dal re per supplicarlo e intercedere davanti a lui in favore del suo popolo. Cosí Hathak ritornò da Ester e le riferí le parole di Mardocheo. Allora Ester parlò a Hathak e gli ordinò di andare a dire a Mardocheo: »Tutti i servi del re e il popolo delle sue province sanno che qualsiasi uomo o donna entra nel cortile interno per andare dal re, senza essere stato chiamato deve essere messo a morte, in base a una particolare legge, a meno che il re non stenda verso di lui il suo scettro d’oro; solo cosí egli avrà salva la vita. E sono già trenta giorni che non sono stata chiamata per andare dal re«. Cosí riferirono a Mardocheo le parole di Ester, e Mardocheo fece rispondere a Ester: »Non pensare di scampare tu sola fra tutti i Giudei, perché li trovi nel palazzo del re. Poiché se in questo momento tu taci, soccorso e liberazione sorgeranno per i Giudei da un’altra parte; ma tu e la casa di tuo padre perirete. Inoltre chi sa se è proprio per un tempo come questo che tu sei pervenuta alla regalità?«. Allora Ester ordinò di rispondere a Mardocheo cosí: »Va raduna tutti i Giudei che si trovano a Susa, e digiunate per me; state senza né mangiare né bere per tre giorni, notte e giorno. Anch’io con le mie donzelle digiunerò nello stesso modo; poi entrerò dal re, sebbene ciò sia contro la legge; e se dovrò perire, perirò«. Mardocheo se ne andò e fece tutto ciò che Ester gli aveva ordinato. Il terzo giorno, Ester si mise la veste reale e si presentò nel cortile interno reale nel palazzo reale, di fronte all’ingresso del palazzo. Come il re vide la regina Ester in piedi nel cortile, ella si guadagnò il suo favore. Cosí il re stese verso Ester lo scettro d’oro che teneva in mano, e Ester si avvicinò e toccò la punta dello scettro. Allora il re le disse: »Che cosa vuoi, regina Ester? Qual è la tua richiesta? Fosse anche la metà del mio regno, ti sarà dato«. Ester rispose: »Se cosí piace al re, venga oggi il re con Haman al banchetto che gli ho preparato«. Allora il re disse: »Fate venire subito Haman, per fare ciò che Ester ha detto«. Cosí il re e Haman andarono al banchetto che Ester aveva preparato. Mentre durante il banchetto veniva servito il vino, il re disse a Ester: »Qual è la tua richiesta? Ti sarà concessa. Che cosa domandi? Fosse anche la metà del mio regno, sarà fatto«. Ester rispose e disse: »Ecco la mia richiesta e ciò che domando: Se ho trovato grazia agli occhi del re e se piace al re di accordare la mia richiesta e di concedermi quel che domando, venga il re con Haman al banchetto che io preparerò loro, e domani faró come il re ha detto«. Quel giorno Haman uscí tutto allegro e con il cuore contento, ma quando Haman alla porta del re vide Mardocheo che non si alzava né si muoveva per lui fu pieno d’ira contro Mardocheo. Tuttavia Haman si trattenne, andò a casa e mandò a chiamare i suoi amici e Zeresh, sua moglie. Quindi Haman parlò loro dello splendore delle sue ricchezze, del gran numero dei suoi figli, di tutte le cose in cui il re l’aveva onorato, e del come lo aveva innalzato al di sopra dei principi e dei servi del re. Haman aggiunse pure: »Anche la regina Ester non ha fatto venire assieme al re al banchetto che ha preparato nessun altro che me; anche domani sono invitato da lei assieme al re. Ma tutto questo non mi basta fin quando vedrò Mardocheo, il Giudeo, sedere alla porta del re«. Allora sua moglie Zeresh e tutti i suoi amici gli dissero: »Si prepari una forca alta cinquanta cubiti; domani mattina di’ al re che vi si impicchi Mardocheo; poi va’ pure contento al banchetto con il re«. La cosa piacque a Haman, che fece preparare la forca. Quella notte il re non poteva prendere sonno. Allora ordinò che gli si portasse il libro dei fatti memorabili, le Cronache; e se ne fece la lettura davanti al re. Vi si trovò scritto che Mardocheo aveva denunciato Bigthana e Teresh, i due eunuchi del re fra i portinai, che avevano cercato di stendere la mano contro il re Assuero. Allora il re chiese: »Quale onore e riconoscimento è stato dato a Mardocheo per questo?«. I servi del re che gli prestavano servizio risposero: »Non si è fatto nulla per lui«. Il re allora disse: »Chi è nel cortile?«. (Ora Haman era appena entrato nel cortile esterno del palazzo del re, per chiedere al re di far impiccare Mardocheo alla forca che aveva preparato per lui). I servi del re gli risposero: »Ecco, è Haman nel cortile«. Il re disse: »Fatelo entrare«. Allora Haman entrò e il re gli disse: »Che cosa si deve fare a un uomo che il re vuole onorare?«. Haman pensò in cuor suo: »Chi piú di me vorrebbe il re onorare?«. Haman rispose al re: »Per l’uomo che il re vuole onorare, si prenda la veste reale che il re ha indossato e il cavallo che il re ha montato, e si metta sulla sua testa una corona reale. Si consegni la veste e il cavallo a uno dei principi piú nobili del re e si rivesta di quella veste l’uomo che il re vuole onorare; quindi lo si conduca a cavallo per le vie della città e si proclami davanti a lui: »Cosí si fa all’uomo che il re vuole onorare!««. Allora il re disse a Haman: »Presto, prendi la veste e il cavallo, come hai detto, e fa’ cosí a Mardocheo il Giudeo, che siede alla porta del re; non tralasciare nulla di ciò che hai detto«. Haman prese dunque la veste e il cavallo, rivestí della veste Mardocheo e lo condusse a cavallo per le vie della città, proclamando davanti a lui: »Cosí si fa all’uomo che il re vuole onorare!«. Poi Mardocheo tornò alla porta del re, ma Haman si affrettò a tornare a casa sua, tutto addolorato e con il capo coperto. Haman raccontò a sua moglie Zeresh e a tutti i suoi amici tutto ciò che gli era accaduto. Allora i suoi saggi e sua moglie Zeresh gli dissero: »Se Mardocheo davanti al quale tu hai cominciato a cadere è della stirpe dei Giudei, tu non riuscirai a vincere contro di lui, ma cadrai completamente davanti a lui«. Essi stavano ancora parlando con lui, quando giunsero gli eunuchi del re, i quali si affrettarono a condurre Haman al banchetto che Ester aveva preparato. Il re e Haman andarono dunque al banchetto con la regina Ester. Anche il secondo giorno, mentre durante il banchetto veniva servito il vino, il re disse a Ester: »Qual è la tua richiesta, o regina Ester? Ti sarà concessa. Che cosa domandi? Fosse anche la metà del mio regno, sarà fatto«. Allora la regina Ester rispose dicendo: »Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, o re, e se cosí piace al re, la mia richiesta è che mi sia concessa la vita; e domando che il mio popolo sia risparmiato. Poiché io e il mio popolo siamo stati venduti per essere distrutti, uccisi e sterminati. Se fossimo stati venduti per diventare schiavi e schiave, avrei taciuto; ma il nemico non potrebbe mai compensare il danno che ne verrebbe al re«. Il re Assuero disse alla regina Ester: »Chi è e dov’è colui che avrebbe l’ardire di fare una tale cosa?«. Ester rispose: »Il nemico e l’avversario è quel malvagio di Haman«. Allora Haman fu preso da terrore alla presenza del re e della regina. Il re si alzò tutto adirato dal banchetto in cui veniva servito il vino e si recò nel giardino del palazzo mentre Haman rimase a supplicare la regina Ester per la sua vita, perché aveva capito che il re aveva già deciso la sua rovina. Poi il re tornò dal giardino del palazzo nel luogo del banchetto dove era servito il vino; intanto Haman si era lasciato cadere sul divano su cui stava Ester. Allora il re esclamò: »Vuol pure far violenza alla regina, mentre io stesso sono in casa?«. Non appena questa parola fu uscita dalla bocca del re, copersero la faccia di Haman. Poi Harbonah, uno degli eunuchi, disse davanti al re: »Ecco, in casa di Haman stesso è stata rizzata una forca alta cinquanta cubiti, che Haman ha fatto preparare per Mardocheo, il quale aveva parlato per il bene del re«. Il re disse: »Impiccatevi lui!«. Cosí Haman fu impiccato alla forca che egli aveva preparato per Mardocheo. E l’ira del re si placò. In quello stesso giorno il re Assuero diede alla regina Ester la casa di Haman, il nemico dei Giudei; e Mardocheo venne davanti al re, al quale Ester aveva spiegato chi era per lei. Cosí il re si tolse l’anello che aveva ripreso da Haman e lo diede a Mardocheo. Ester stabilí poi Mardocheo sopra la casa di Haman. Ester parlò ancora davanti al re, cadde ai suoi piedi e lo supplicò con le lacrime agli occhi di impedire il malvagio complotto di Haman, l’Agaghita, e il piano che egli aveva ideato contro i Giudei. Allora il re stese lo scettro d’oro verso Ester; cosí Ester si alzò, rimase in piedi davanti al re e disse: »Se sembra bene al re, se ho trovato grazia ai suoi occhi, se la cosa pare giusta al re e se io sono gradita ai suoi occhi, si scriva per revocare i documenti ideati da Haman, figlio di Hammedatha, l’Agaghita, che egli scrisse per distruggere i Giudei che sono in tutte le province del re. Come potrei infatti io resistere nel vedere la calamità che colpirebbe il mio popolo? O come potrei resistere nel vedere la distruzione della mia stirpe?«. Allora il re Assuero disse alla regina Ester e a Mardocheo, il Giudeo: »Ecco io ho dato a Ester la casa di Haman, e questi è stato impiccato alla forca, perché aveva cercato di stendere la sua mano contro i Giudei. Voi stessi scrivete un decreto in favore dei Giudei a nome del re, come meglio vi sembra, e sigillatelo con l’anello reale perché il decreto scritto a nome del re e sigillato con l’anello reale è irrevocabile«. Allora, il ventitre del terzo mese, che è il mese di Sivan, furono chiamati i segretari del re e, secondo tutto ciò che Mardocheo aveva ordinato, fu scritto ai Giudei, ai satrapi, ai governatori e ai capi delle centoventisette province, dall’India all’Etiopia, a ogni provincia secondo la sua scrittura, a ogni popolo nella sua lingua, e ai Giudei secondo la loro scrittura e nella loro lingua. Cosí egli scrisse a nome del re Assuero, mettendo il sigillo con l’anello reale, e mandò i documenti per mezzo di corrieri a cavallo che montavano veloci corsieri, nati da cavalli di razza. In essi il re dava ai Giudei, in qualunque città si trovassero, il diritto di riunirsi e di difendere la loro vita, distruggendo, uccidendo e sterminando tutta la gente armata di qualsiasi popolo o provincia che li assalisse compresi bambini e donne e di saccheggiare i suoi beni, in un sol giorno, in tutte le province del re Assuero: il tredici del dodicesimo mese, che è il mese di Adar. Una copia del decreto, emanato come legge in ogni provincia, doveva essere promulgato per tutti i popoli, perche i Giudei si tenessero pronti per quel giorno a vendicarsi dei loro nemici. Cosí i corrieri che montavano veloci corsieri partirono sollecitati e stimolati dall’ordine del re; e il decreto fu promulgato nella cittadella di Susa. Mardocheo uscí dalla presenza del re con una veste reale di porpora e di lino bianco, con una grande corona d’oro e un manto di bisso e di scarlatto, la città di Susa mandava grida di gioia ed era in festa. Per i Giudei fu luce, allegrezza, gioia e gloria. In ogni provincia e in ogni città, dovunque giungeva l’ordine del re e il suo decreto, c’era per i Giudei gioia e allegrezza, banchetti e giorni lieti. E molti appartenenti ai popoli del paese si fecero Giudei, perché il terrore dei Giudei era caduto su di loro. Il dodicesimo mese, che è il mese di Adar, il tredicesimo giorno del mese, quando l’ordine del re e il suo decreto dovevano essere eseguiti, il giorno in cui i nemici dei Giudei speravano di avere il dominio su di loro, la situazione fu interamente rovesciata e i Giudei ebbero il dominio sui loro nemici. I Giudei si radunarono nelle loro città, in tutte le province del re Assuero, per stendere la mano su quelli che cercavano di fare loro del male; e nessuno potè resistere loro, perché il terrore dei Giudei era caduto su tutti i popoli. Tutti i capi delle province, i satrapi, i governatori e quelli che curavano gli affari del re diedero man forte ai Giudei, perché il terrore di Mardocheo era caduto su di loro. Mardocheo infatti era grande nel palazzo del re, e la sua fama si spargeva per tutte le province, perché quest’uomo, Mardocheo, diventava sempre piú grande. I Giudei dunque colpirono tutti i loro nemici, passandoli a fil di spada, e compiendo un grande massacro e distruzione; fecero dei loro nemici quello che vollero. Nella cittadella di Susa i Giudei uccisero e sterminarono cinquecento uomini; misero a morte anche Parshandatha Dalfon, Aspatha, Poratha, Adalia, Aridatha Parmashta, Arisai, Aridai e Vajezatha, i dieci figli di Haman, figlio di Hammedatha, il nemico dei Giudei, ma non si diedero al saccheggio. Quel giorno stesso il numero di quelli che erano stati uccisi nella cittadella di Susa fu portato a conoscenza del re. Il re allora disse alla regina Ester: »Nella cittadella di Susa i Giudei hanno ucciso e sterminato cinquecento uomini e dieci figli di Haman; che avranno mai fatto nelle altre province del re? Ora qual’è la tua richiesta? Ti sarà concessa. Che cos’altro domandi? Sarà fatto«. Allora Ester disse: »Se cosí piace al re, sia permesso ai Giudei che sono a Susa di fare anche domani ciò che era stato decretato per oggi; e siano appesi alla forca i dieci figli di Haman«. Il re ordinò che fosse fatto esattamente cosí. Il decreto fu promulgato a Susa, e i dieci figli di Haman furono appesi alla forca. I Giudei che erano a Susa si radunarono anche il quattordicesimo giorno del mese di Adar e uccisero a Susa trecento uomini; ma non si diedero al saccheggio. Anche gli altri Giudei che erano nelle province del re si radunarono, per difendere la loro vita e stare al sicuro dagli attacchi dei loro nemici; uccisero settantacinquemila di quelli che li odiavano, ma non si diedero al saccheggio. Questo avvenne il tredicesimo giorno del mese di Adar: il quattordicesimo giorno si riposarono e ne fecero un giorno di banchetto e di gioia. I Giudei che erano a Susa si radunarono invece il tredicesimo e il quattordicesimo giorno; il quindicesimo giorno del mese si riposarono, ne fecero un giorno di banchetto e di gioia. Per questo i Giudei della campagna che abitano in città senza mura fanno del quattordicesimo giorno del mese di Adar un giorno di gioia, di banchetti e di festa, e in cui si mandano regali gli uni agli altri. Mardocheo mise per scritto queste cose e mandò lettere a tutti i Giudei che erano in tutte le province del re Assuero, vicini e lontani, per comandare loro di celebrare ogni anno il quattordicesimo giorno e il quindicesimo giorno del mese di Adar, come i giorni nei quali i Giudei ebbero riposo dagli attacchi dei loro nemici, e il mese in cui per loro il dolore fu mutato in gioia e il lutto in festa, e perché facessero di essi giorni di banchetto c di gioia, nei quali si mandassero regali gli uni agli altri e facessero doni ai poveri. I Giudei si impegnarono a osservare ciò che avevano già cominciato a fare, come Mardocheo aveva loro scritto. Haman infatti, figlio di Hammedatha, l’Agaghita, il nemico di tutti i Giudei, aveva cospirato contro i Giudei per distruggerli e aveva gettato il Pur (cioè aveva tirato la sorte), per sterminarli e distruggerli. Quando però Ester si presentò davanti al re, questi ordinò per scritto che il malvagio complotto che Haman aveva ordito contro i Giudei fosse fatto ricadere sul suo capo e che lui e i suoi figli fossero appesi alla forca. Perciò quei giorni furono chiamati Purim, dalla parola Pur. In conformità quindi a tutto ciò che era scritto in quella lettera, a tutto ciò che avevano visto a questo proposito e che era loro avvenuto, i Giudei stabilirono di prendere l’impegno senza mai venir meno per se stessi, per i loro discendenti e per tutti quelli che si sarebbero uniti a loro, di celebrare ogni anno quei due giorni secondo le indicazioni scritte e secondo il tempo stabilito. Quei giorni dovevano essere ricordati e celebrati di generazione in generazione, in ogni famiglia, in ogni provincia, in ogni città, non si doveva mai venir meno fra i Giudei di celebrare questi giorni di Purim, e il loro ricordo non doveva scomparire fra i loro discendenti. La regina Ester, figlia di Abihail, e il Giudeo Mardocheo scrissero con ogni autorità, per confermare questa loro seconda lettera relativa ai Purim. Mardocheo, mandò lettere a tutti i Giudei nelle centoventisette province del regno di Assuero, con parole di pace e di verità, per stabilire quei giorni di Purim nel tempo fissato, come avevano loro stabilito il Giudeo Mardocheo e la regina Ester, e come essi stessi avevano stabilito per sé e per i loro discendenti in occasione del loro digiuno e del loro grido. Cosí il decreto di Ester fissò l’istituzione dei Purim e fu scritto in un libro. Il re Assuero impose un tributo al paese e alle isole del mare. Ora tutti i fatti della sua forza e potenza e l’accurata descrizione della grandezza di Mardocheo, alla quale fu dal re elevato, non stanno forse scritti nel libro delle Cronache dei re di Media e di Persia? Il Giudeo Mardocheo era infatti il secondo dopo il re Assuero, grande fra i Giudei e ben voluto dalla moltitudine dei suoi fratelli; egli cercava il bene del suo popolo e aveva parole di pace per tutta la sua stirpe.
C’era nel paese di Uz un uomo chiamato Giobbe. Quest’uomo era integro e retto, temeva DIO e fuggiva il male. Gli erano nati sette figli e tre figlie. Inoltre possedeva settemila pecore, tremila cammelli, cinquecento paia di buoi, cinquecento asine e un grandissimo numero di servi. Cosí quest’uomo era il piú grande di tutti gli Orientali. I suoi figli solevano andare a banchettare in casa di ciascuno, nel suo giorno, e mandavano a chiamare le loro tre sorelle perché venissero a mangiare e a bere con loro. Quando la serie dei giorni di banchetto era terminata. Giobbe li andava a chiamare per purificarli, si alzava al mattino presto e offriva olocausti secondo il numero di tutti loro, perché Giobbe pensava: »Può darsi che i miei figli abbiano peccato e abbiano bestemmiato DIO nel loro cuore«. Cosí faceva Giobbe ogni volta. Un giorno avvenne che i figli di DIO andarono a presentarsi davanti all’Eterno e in mezzo a loro andò anche Satana. L’Eterno disse a Satana: »Da dove vieni?«. Satana rispose all’Eterno e disse: »Dall’andare avanti e indietro sulla terra e dal percorrerla su e giú«. L’Eterno disse a Satana: »Hai notato il mio servo Giobbe? Poiché sulla terra non c’è nessun altro come lui, che è integro retto, tema DIO e fugga il male«. Allora Satana rispose all’Eterno e disse: »E’ forse per nulla che Giobbe teme DIO?« Non hai tu messo un riparo tutt’intorno a lui, alla sua casa e a tutto ciò che possiede? Tu hai benedetto l’opera delle sue mani e il suo bestiame è grandemente cresciuto nel paese. Ma stendi la tua mano e tocca tutto ciò che possiede e vedrai se non ti maledice in faccia«. L’Eterno disse a Satana: »Ecco, tutto ciò che possiede è in tuo potere non stendere però la mano sulla sua persona«. Così Satana si ritirò dalla presenza dell’Eterno. Cosí un giorno avvenne che mentre i suoi figli e le sue figlie mangiavano e bevevano vino in casa del loro fratello maggiore, giunse da Giobbe un messaggero a dirgli: »I buoi stavano arando e le asine pascolavano nelle vicinanze, quando i Sabei sono piombati loro addosso, e li hanno portati via e hanno passato a fil di spada i servi. Io solo sono scampato per venire a dirtelo«. Egli stava ancora parlando, quando giunse un altro e disse: »Il fuoco di DIO è caduto dal cielo, ha investito pecore e servi e li ha divorati. Io solo sono scampato per venire a dirtelo«. Egli stava ancora parlando, quando giunse un altro e disse: »I Caldei hanno formato tre bande, si sono gettati sui cammelli e li hanno portati via, e hanno passato a fil di spada i servi. Io solo sono scampato per venire a dirtelo«. Egli stava ancora parlando, quando giunse un altro e disse: »I tuoi figli e le tue figlie stavano mangiando e bevendo vino in casa del loro fratello maggiore. quand’ecco un vento impetuoso, venuto dal deserto, ha investito i quattro angoli della casa che è caduta sui giovani, ed essi sono morti. Io solo sono scampato per venire a dirtelo«. Allora Giobbe si alzò, si stracciò il suo mantello e si rase il capo; poi cadde a terra e adorò, e disse: »Nudo sono uscito dal grembo di mia madre e nudo vi ritornerò. L’Eterno ha dato e l’Eterno ha tolto. Sia benedetto il nome dell’Eterno«. In tutto questo Giobbe non peccò e non accusò DIO di alcuna ingiustizia. Un giorno avvenne che i figli di DIO, andarono a presentarsi davanti all’Eterno, e in mezzo a loro andò anche Satana a presentarsi davanti all’Eterno. L’Eterno disse a Satana: »Da dove vieni?«. Satana rispose all’Eterno: »Dall’andare avanti e indietro sulla terra e dal percorrerla su e giú«. L’Eterno disse a Satana: »Hai notato il mio servo Giobbe? Poiché sulla terra non c’è nessun altro come lui, che sia integro, retto, tema DIO e fugga il male. Egli si mantiene saldo nella sua integrità, nonostante tu mi abbia istigato contro di lui per rovinarlo senza alcun motivo«. Allora Satana rispose all’Eterno e disse: »Pelle per pelle! Tutto ciò che possiede, l’uomo è disposto a darlo per la sua vita. Ma stendi la tua mano e tocca le sue ossa e la sua carne e vedrai se non ti maledice in faccia«. L’Eterno disse a Satana: »Eccolo in tuo potere; risparmia però la sua vita«. Cosí Satana si ritirò dalla presenza dell’Eterno e colpí Giobbe di un’ulcera maligna dalla pianta dei piedi alla sommità del capo. Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. Allora sua moglie gli disse: »Rimani ancora fermo nella tua integrità? Maledici DIO e muori!«. Ma egli disse a lei: »Tu parli come parlerebbe una donna insensata. Se da DIO accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?«. In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra. Quando tre amici di Giobbe vennero a sapere di tutte queste sciagure che si erano abbattute su di lui, vennero ciascuno dal suo paese, Elifaz di Teman, Bildad di Shuah e Tsofar di Naamath; essi infatti si erano messi d’accordo per venire a fargli le condoglianze e a consolarlo. Alzarono gli occhi da lontano ma non lo poterono riconoscere; allora si misero a piangere a gran voce, e ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere gettandola verso il cielo. Poi si sedettero accanto a lui per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una sola parola, perché vedevano che il suo dolore era molto grande. Allora Giobbe aprí la bocca e maledisse il giorno della sua nascita. Cosí Giobbe prese la parola e disse: »Perisca il giorno in cui nacqui e la notte che disse: E’ stato concepito un maschio!". Quel giorno sia tenebre, non se ne curi Dio dall’alto, né splenda su di esso la luce! Se lo riprendano le tenebre e l’ombra di morte, si posi su di esso una nube, la tempesta del giorno lo spaventi! Quella notte se la prenda l’oscurità non sia inclusa nei giorni dell’anno, non entri nel conto dei mesi! Sí, quella notte sia notte sterile, non penetri in essa alcun grido di gioia. La maledicano quelli che maledicono il giorno, quelli esperti nell’evocare Leviathan. Si oscurino le stelle del suo crepuscolo, aspetti la luce, ma non ne abbia alcuna e non veda lo spuntar del giorno perché non chiuse la porta del grembo di mia madre e non celò il dolore ai miei occhi. Perché non sono morto nel grembo di mia madre? Perché non spirai appena uscito dal suo ventre? Perché mai mi hanno accolto le ginocchia, e le mammelle per poppare? Sí, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei riposo, insieme ai re e ai consiglieri della terra, che si sono costruiti rovine desolate, o insieme ai principi che possedevano oro o che riempirono d’argento i loro palazzi. O perché non sono stato come un aborto nascosto, come bimbi che non hanno mal visto la luce? Laggiú i malvagi smettono di tormentare, laggiú riposano gli stanchi. Laggiú I prigionieri stanno tranquilli insieme, senza piú sentire la voce dell’aguzzino. Laggiú ci sono piccoli e grandi, e lo schiavo è libero dal suo padrone. Perché dar la luce all’infelice e la vita a chi ha l’anima nell’amarezza i quali aspettano la morte che non viene e la ricercano piú dei tesori nascosti; Si rallegrano grandemente ed esultano quando trovano la tomba? Perché dar la luce a un uomo la cui via è nascosta, e che Dio ha rinchiuso da ogni parte? Invece che prender cibo io sospiro, e I miei gemiti sgorgano come acqua. Poiché quel che grandemente temo mi piomba addosso, e ciò che mi spaventa mi succede. Non ho tranquillità, non ho quiete non ho riposo, ma mi assale l’agitazione«. Allora Elifaz di Teman rispose e disse: »Se qualcuno provasse a parlarti. ti darebbe fastidio? Ma chi potrebbe trattenere le parole? Ecco tu ne hai ammaestrati molti e hai fortificato le mani stanche, le tue parole hanno sorretto i vacillanti, e hai rinfrancato le ginocchia che si piegavano. Ma ora che il male succede a te, vieni meno; ha colpito te, e sei tutto smarrito. La tua pietà non è forse la tua fiducia, e l’integrità della tua condotta, la tua speranza? Ricorda: quale innocente è mai perito, e quando mai furono distrutti gli uomini retti? Come io stesso ho visto, quelli che arano iniquità e seminano guai, ne raccolgono i frutti. Al soffio di Dio periscono dal vento della sua ira sono consumati. Il ruggito del leone la voce del leone feroce e i denti dei leoncelli sono spezzati. Il leone trova la morte per mancanza di preda, e i piccoli della leonessa sono dispersi. Una parola mi è furtivamente giunta, e il mio orecchio ne ha colto il sussurro. Fra i pensieri delle visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, uno spavento mi prese e un fremito che fece tremare tutte le mie ossa. Uno spirito mi passò davanti e i peli del mio corpo si rizzarono. Si fermò, ma non potei riconoscere i suo aspetto; una figura mi stava davanti agli occhi; c’era silenzio poi udii una voce che diceva: "Può un mortale essere piú giusto di Dio? Può un uomo essere piú puro del suo Fattore Ecco, egli non si fida neppure dei suoi servi, e riscontra difetti persino nei suoi angeli; quanto piú in quelli che abitano in case di argilla, il cui fondamento è nella polvere, e sono schiacciati come una tarma. Dalla mattina alla sera sono distrutti; periscono per sempre, senza che nessuno ci badi. La corda della loro tenda non viene forse strappata? Essi muoiono, ma senza sapienza"«. »Grida pure! C’è forse qualcuno che ti risponde? A chi tra i santi ti rivolgerai? L’ira infatti uccide lo stolto, e la gelosia fa morire lo sciocco. Ho visto lo stolto mettere radici, ma ben presto ho maledetto la sua dimora. I suoi figli non hanno alcuna sicurezza, sono oppressi alla porta, e non c’è alcuno che li difenda. L’affamato divora la sua messe, gliela porta via anche tra le spine, e un laccio ne divora i beni. Poiché la malvagità non esce fuori dalla polvere, e la fatica non germoglia dalla terra; ma l’uomo nasce per soffrire, come la favilla per volare in alto. Io però cercherei Dio, e a Dio affiderei la mia causa, a lui, che fa cose grandi e imperscrutabili meraviglie senza numero, che dà la pioggia sulla terra e manda le acque sui campi innalza gli umili e mette al sicuro in alto gli amitti. Rende vani i disegni degli scaltri, e così le loro mani non possono eseguire i loro piani; prende i savi nella loro astuzia, e il consiglio dei disonesti va presto in fumo. Di giorno essi incappano nelle tenebre, in pieno mezzodí brancolano come di notte; ma Dio salva il bisognoso dalla spada, dalla bocca dei potenti e dalle loro mani. Cosí c’è speranza per il misero, ma l’ingiustizia chiude la sua bocca. Ecco, beato l’uomo che Dio castiga perciò tu non disprezzare la correzione dell’Onnipotente; poiche egli fa la piaga, ma poi la fascia, ferisce, ma le sue mani guariscono. In sei sventure egli ti libererà, sí, in sette il male non ti toccherà. In tempo di carestia ti scamperà dalla morte, in tempo di guerra dalla forza della spada. Sarai sottratto al flagello della lingua, non temerai quando verrà la distruzione. Riderai della distruzione e della carestia, e non avrai paura delle belve della terra; poiché avrai un patto con le pietre del suolo, e le bestie dei campi saranno in pace con te. Saprai che la tua tenda è al sicuro; visiterai i tuoi pascoli e troverai che nulla manca. Ti renderai conto che i tuoi discendenti sono numerosi, e i tuoi rampoli come l’erba dei campi. Scenderai nella tomba in età avanzata, come nella sua stagione si raduna un mucchio di covoni. Ecco ciò che abbiamo trovato; è cosí. Ascoltalo e fanne profitto«. Allora Giobbe rispose e disse: »Ah, se il mio dolore fosse interamente pesato, e la mia sventura si mettesse insieme sulla bilancia, sarebbe certamente piú pesante della sabbia del mare! Per questo le mie parole sono state sconsiderate. Poiché le frecce dell’Onnipotente sono dentro di me, il mio spirito ne beve il veleno; I terrori di Dio sono schierati contro di me. L’asino selvatico raglia forse di fronte all’erba, o muggisce il bue davanti al suo foraggio? Si mangia forse un cibo insipido senza sale?, o c’è qualche gusto nel chiaro d’uovo? La mia anima rifiuta di toccare simili cose, esse sono per me come un cibo ripugnante. Oh, potessi avere ciò che chiedo, e Dio mi concedesse ciò che spero! Volesse Dio schiacciarmi, stendere la sua mano e distruggermi! Ho tuttavia questa consolazione ed esulto nei dolori che non mi risparmiano, perchè non ho nascosto le parole del Santo. Qual è la mia forza, perché possa ancora sperare, e qual è la mia fine perché debba prolungare la mia vita? La mia forza è forse quella delle pietre, o la mia carne di bronzo? Non e il mio aiuto dentro di me, e la sapienza allontanata da me? A colui che è afflitto, l’amico dovrebbe mostrare clemenza, anche se egli dovesse abbandonare il timore dell’Onnipotente. Ma i miei fratelli mi hanno deluso come un torrente, come l’acqua dei torrenti che svaniscono. S’intorbidiscono a motivo del ghiaccio, e in essi la neve si nasconde, ma nella stagione calda svaniscono con il calore estivo scompaiono dal loro posto. Il percorso del loro cammino devia si inoltrano nel deserto e si dissolvono. Le carovane di Tema li cercano attentamente, i viandanti di Sceba sperano In essi, ma rimangono delusi nonostante la loro aspettativa; quando vi giungono rimangono confusi. Ora per me voi siete lo stesso, vedete il mio sgomento e avete paura. Vi ho forse detto: »datemi qualcosa, o fatemi un regalo preso dai vostri beni«. O liberatemi dalle mani del nemico o riscattatemi dalle mani dei violenti Istruitemi, starò in silenzio; fatemi capire in che cosa ho sbagliato. Quanto sono efficaci le parole rette! Ma che cosa provano i vostri argomenti? Intendete forse censurare le mie parole e i discorsi di un disperato, che sono come il vento? Voi gettereste la sorte anche su un orfano e scavereste una fossa per il vostro amico. Ma ora degnatevi di guardarmi, perché non mentirò davanti a voi. Ricredetevi, vi prego, non si faccia ingiustizia! Sì ricredetevi, perché c’è di mezzo la mia giustizia. C’è forse iniquità sulla mia lingua o il mio palato non distingue piú le sventure?«. »Non compie forse un duro lavoro l’uomo sulla terra, e i suoi giorni non sono come i giorni di un bracciante? Come lo schiavo sospira l’ombra e come il bracciante aspetta il suo salario, cosí a me sono toccati in sorte mesi di calamità e mi sono state assegnate notti di dolore. Appena mi corico, dico: »quando mi alzerò?« Ma la notte si prolunga e sono continuamente agitato fino all’alba. La mia carne è coperta di vermi e di vermi e di zolle di terra, la mia pelle si screpola ed è ripugnante. I mie giorni sono più veloci di una spola da tessitore e si consumano senza speranza. Ricordati che la mia vita è un soffio il mio occhio non vedrà piú il bene. L’occhio di chi mi vede non mi scorgerà piú; i tuoi occhi saranno su di me ma io non sarò piú. Come una nuvola svanisce e si dilegua, cosí chi scende nello Sceol, non risale piú; non tornerà piú nella sua casa, e la sua dimora non lo riconoscerà piú Perciò non terrò chiusa la bocca parlerò nell’angoscia del mio spirito, mi lamenterò nell’amarezza della mia anima. Sono io forse il mare o un mostro marino che tu mi faccia sorvegliare da una guardia? Quando dico: il mio letto mi darà sollievo, il mio giaciglio allevierà il mio dolore tu mi spaventi con sogni e mi atterrisci con visioni; Cosí l’anima mia preferisce soffoca e morire piuttosto che questa vita. Mi disfaccio; non vivrò per sempre lasciami stare, i giorni miei non sono che un soffio. Che cosa è l’uomo perché tu lo renda grande e presti a lui attenzione, e lo visiti ogni mattina mettendolo alla prova ad ogni istante? Quando distoglierai il tuo sguardo da me, e mi lascerai inghiottire la mia saliva? Se ho peccato, che cosa ti ho fatto, o guardiano degli uomini? Perché mi hai fatto il tuo bersaglio, al punto di essere divenuto un peso a me stesso? Perché non perdoni le mie trasgressioni e non passi sopra la mia iniquità? Perché presto giacerò nella polvere; tu mi cercherai, ma io non sarò piú«. Allora Bildad di Shuah rispose e disse: »Fino a quando parlerai in questo modo, e le parole della tua bocca saranno come un vento impetuoso? Può Dio distorcere il giudizio, e l’Onnipotente sovvertire la giustizia? Se i tuoi figli hanno peccato contro di lui, egli li ha abbandonati in balìa del loro misfatto. Ma se tu ricerchi Dio e supplichi l’Onnipotente, se sei puro e integro, certamente egli sorgerà in tuo favore e ristabilirà la dimora della tua giustizia. Anche se la tua condizione passata è stata ben piccola cosa il tuo futuro sarà grande. Interroga quindi le generazioni passate e considera le cose scoperte dai loro padri, noi infatti siamo di ieri e non sappiamo nulla, perché i nostri giorni sulla terra sono come un’ombra. Non ti insegneranno forse essi e non ti parleranno, traendo parole dal loro cuore? Può il papiro crescere fuori della palude, e il giunco svilupparsi senz’acqua? Mentre è ancora verde e senza essere tagliato, si secca prima di ogni altra erba. Tali sono le vie di tutti quelli che dimenticano Dio; cosí la speranza dell’empio perirà. La sua fiducia sarà troncata e la sua sicurezza è come una tela di ragno. Egli si appoggia alla sua casa, ma essa non regge; vi si aggrappa, ma essa non tiene. Egli è tutto verdeggiante al sole e i suoi rami si protendono sul suo giardino; le sue radici si intrecciano intorno a un mucchio di pietre, e penetra fra le pietre della casa. Ma se è strappato dal suo luogo, questo lo rinnega, dicendo: »non ti ho mai visto«! Ecco, questa è la gioia del suo modo di vivere, mentre altri spunteranno dalla polvere. Ecco, Dio non rigetta l’uomo integro né presta aiuto ai malfattori. Egli renderà ancora il sorriso alla tua bocca, e alle tue labbra canti di gioia. Quelli che ti odiano saranno coperti di vergogna, e la tenda degli empi sparirà«. Allora Giobbe rispose e disse: »Sí, io so che è cosí, ma come può un uomo essere giusto davanti a Dio? Se uno volesse disputare con lui, non potrebbe rispondergli una volta su mille. Dio è saggio di cuore e potente per la forza; chi mai si è indurito contro di lui e ha prosperato? Egli sposta le montagne senza che se ne avvedano, quando nella sua ira le sconvolge. Egli scuote la terra dal suo posto, e le sue colonne tremano. Comanda al sole, ed esso non sorge, e mette un sigillo alle stelle. Da solo dispiega i cieli e cammina sulle alte onde del mare. Ha fatto l’Orsa e l’Orione, le Pleiadi e le regioni del sud. Egli fa cose grandi e imperscrutabili, meraviglie senza numero Ecco, mi passa vicino e non lo vedo, passa oltre e non me ne accorgo. Ecco, afferra la preda, e chi gliela può riprendere? Chi può dirgli: »che cosa fai?« Dio non ritira la sua collera, sotto di lui si curvano gli aiutanti di Rahab, Come dunque potrei io rispondergli e scegliere le mie parole per discutere con lui? Anche se avessi ragione, non potrei rispondergli, ma chiederei grazia al mio giudice. Se io lo invocassi ed egli mi rispondesse, non potrei ancora credere che ha ascoltato la mia voce, lui, che mi colpisce con la tempesta, e moltiplica le mie ferite senza motivo. Non mi lascia riprendere fiato, anzi mi sazia di amarezze. Se si tratta di forza, ecco, egli è potente; se di giudizio, chi mi fisserà un giorno per comparire? Anche se fossi giusto, il mio stesso parlare mi condannerebbe; anche se fossi integro, egli proverebbe che sono perverso. Sono integro, ma non ho alcuna stima di me stesso e disprezzo la mia vita. E la stessa cosa; perciò dico: Egli distrugge l’integro e il malvagio Se un flagello semina improvvisamente la morte, egli ride della sofferenza degli innocenti. La terra è data in balìa dei malvagi; egli vela gli occhi ai giudici di essa; se non è lui, chi potrebbe dunque essere? Ora i miei giorni passano piú veloci di un corridore, fuggono via senza vedere alcun bene. Passano rapidi come navi di giunchi, come l’aquila che piomba sulla preda. Se dico: »voglio dimenticare il mio lamento. deporre il mio aspetto triste e mostrarmi contento«, mi spavento per tutti i miei dolori; so bene che non mi riterrai innocente. Se sono già stato condannato, perché affaticarmi invano? Anche se mi lavassi con la neve e pulissi le mie mani con la soda, tu mi getteresti nel fango di una fossa, le mie stesse vesti mi avrebbero in orrore. Egli infatti non è un uomo come me, a cui possa rispondere e che possiamo comparire in giudizio assieme. Non c’è alcun arbitro fra noi, che ponga la mano su tutti e due. Allontani da me la sua verga, e il suo terrore non mi spaventi. Allora potrò parlare senza temerlo. perché non sono cosí con me stesso«. »Sono nauseato della mia vita; darò libero sfogo al mio lamento, parlando nell’amarezza dell’anima mia! Dirò a Dio: »Non condannarmi! Fammi sapere perché contendi con me. Ti par bene opprimere, disprezzare l’opera delle tue mani e mostrarti favorevole ai disegni dei malvagi? Hai tu occhi di carne, o vedi anche tu come vede l’uomo? Sono forse i tuoi giorni come i giorni di un mortale, i tuoi anni come i giorni di un uomo? perché tu debba indagare sulla mia colpa e andare in cerca del mio peccato, pur sapendo che non sono colpevole e che non c’è nessuno che mi può liberare dalla tua mano? Le tue mani mi hanno fatto e plasmato tutt’insieme, ma ora vorresti distruggermi. Ricordati, ti prego, che mi hai plasmato come argilla, e che mi farai ritornare in polvere! Non mi hai forse versato come il latte, e fatto coagulare come il formaggio? Tu mi hai rivestito di pelle e di carne, e mi hai intessuto di ossa e di nervi. Mi hai concesso vita e benevolenza, e la tua provvidenza ha vegliato sul mio spirito, ma nascondevi queste cose nel tuo cuore; ora so che pensavi questo. Se pecco, tu mi tieni d’occhio e non mi lasci impunito della mia colpa. Se sono malvagio, guai a me! Anche se fossi giusto, non oserei alzare il capo, sazio come sono d’ignominia e vedendo la mia miseria. Se alzo il capo, tu mi dai la caccia come un leone, compiendo nuovamente meraviglie contro di me. Tu rinnovi i tuoi testimoni contro di me, accresci la tua ira contro di me e truppe sempre fresche mi assalgono. Perché dunque mi hai fatto uscire dal grembo? Fossi morto, senza che alcun occhio mi avesse visto! Sarei stato come se non fossi mai esistito, portato dal grembo alla tomba. Non sono forse pochi i miei giorni? Smettila dunque, lasciami stare, perché possa riprendermi un po’ prima che me ne vada per non tornare piú, verso la terra di tenebre e di ombra di morte, terra di oscurità e di grandi tenebre di ombra di morte e senza alcun ordine dove persino la luce è come le tenebre"«. Primo discorso di Zofar: Dio trascende la conoscenza dell’uomo. Invito a Giobbe a ravvedersi Allora Zofar di Naamath rispose e disse: »Una tale moltitudine di parole rimarrà senza risposta? Dovrà un uomo di tante parole aver ragione? Le tue chiacchiere faranno tacere la gente? Ti farai beffe senza che alcuno ti svergogni? Tu hai detto: »La mia dottrina è pura e sono ineccepibile davanti a te« Ma se Dio volesse parlare e aprisse le sue labbra contro di te, per rivelarti i segreti della sapienza perché la vera sapienza è multiforme, allora sapresti che Dio dimentica parte della tua colpa. Puoi tu scandagliare le profondità di Dio? Puoi tu penetrare la perfezione dell’Onnipotente? Sono piú alte del cielo: che cosa puoi fare? Sono piú profonde dello Sceol: che cosa puoi sapere? La loro misura è piú lunga della terra e piú larga del mare. Se Dio passa, imprigiona e riunisce in giudizio, chi glielo può impedire? Poiché egli conosce gli uomini falsi; vede l’iniquità e l’osserva. L’uomo stolto diventerà savio, quando il puledro di un onagro diventerà uomo. Se tu disponi il tuo cuore e stendi verso di lui le tue mani se allontani l’iniquità che è nelle tue mani e non permetti alla perversità di abitare nelle tue tende, allora potrai alzare la tua fronte senza macchia, starai saldo e non avrai paura, perché dimenticherai i tuoi affanni li ricorderai come acqua passata; la tua vita sarà piú luminosa del mezzodí, anche l’oscurità per te sarebbe come il mattino. Sarai sicuro perché c’è speranza; ti guarderai attorno e riposerai al sicuro. Ti coricherai senza che nessuno ti spaventi, e molti cercheranno il tuo favore. Ma gli occhi degli empi verranno meno; ogni scampo verrà loro a mancare, e la loro speranza sarà l’ultimo respiro«. Allora Giobbe rispose e disse: »Senza dubbio voi siete gente saggia, e la sapienza morirà con voi. Ma ho anch’io intendimento come voi, e non sono da meno di voi; inoltre chi ignora cose come queste? Sono diventato lo zimbello dei miei amici; io, a cui Dio rispondeva, quando lo invocavo; il giusto, l’integro è messo in ridicolo. Una lampada, disprezzata nei pensieri di quelli che vivono negli agi, è preparata per coloro i cui piedi vacillano. Sono invece tranquille le tende dei ladroni, e sono al sicuro quelli che provocano Dio e quelli che fanno della propria forza un dio. Ma interroga ora le bestie e ti istruiranno, gli uccelli del cielo e te lo diranno. o parla alla terra, ed essa ti istruirà, e i pesci del mare te lo racconteranno. Fra tutte queste creature chi non sa che la mano dell’Eterno ha fatto questo? Egli ha nelle sue mani la vita di ogni cosa vivente e lo spirito di ogni essere umano. L’orecchio non esamina forse le parole, come il palato assapora i cibi? Nei vecchi si trova la sapienza, e lunghezza di giorni conferisce intendimento. Ma in lui risiedono la sapienza e la forza, a lui appartengono il consiglio e l’intendimento. Ecco, se egli distrugge, nessuno può ricostruire; se imprigiona qualcuno, nessuno gli può aprire. Se trattiene le acque, tutto inaridisce; se le lascia andare, sconvolgono la terra. Egli possiede forza e sapienza; da lui dipendono chi è ingannato e chi inganna. Egli fa camminare scalzi i consiglieri, rende stolti i giudici. Scioglie i legami imposti dai re e cinge i loro lombi, con una cintura. Fa camminare scalzi i sacerdoti e rovescia i potenti. Toglie la parola a quelli in cui si pone fiducia e priva di intendimento i vecchi. Versa il disprezzo sui nobili, e allenta la cintura ai forti. Palesa le cose profonde nascoste nelle tenebre, e porta alla luce l’ombra di morte. Rende grandi le nazioni e poi le distrugge, estende le nazioni e poi le porta in esilio. Toglie il senno ai capi della terra e li fa vagare in solitudini senza strade. Brancolano nelle tenebre senza luce, e li fa barcollare come ubriachi«. »Ecco, tutto questo il mio occhio l’ha visto, e il mio orecchio l’ha udito e l’ha compreso. Quel che voi sapete lo so anch’io, non sono da meno di voi. Ma vorrei parlare all’Onnipotente, avrei piacere di discutere con Dio; perché voi siete dei fabbricanti di menzogne, siete tutti medici da nulla. Oh, se taceste del tutto, questo sarebbe la vostra sapienza. Ascoltate ora la mia difesa e fate attenzione alle dichiarazioni delle mie labbra. Volete forse parlare iniquamente in difesa di Dio e parlare in suo favore con inganno? Vorreste usare parzialità con lui o patrocinare una causa per Dio? Sarebbe bene per voi se egli vi scrutasse, o vi beffate di lui come ci si beffa di un uomo? Certamente egli vi riprenderà, se in segreto usate parzialità. La sua maestà non vi incuterà forse paura e il suo terrore non piomberà su di voi? I vostri detti memorandi sono massime di cenere, i vostri migliori argomenti non sono che argomenti d’argilla. Tacete e lasciate parlare me e mi avvenga poi quel che vuole. Perché dovrei tenere la mia carne con i denti, e mettere la mia vita nelle mie mani? Ecco, egli mi ucciderà, non ho piú speranza, tuttavia difenderò in faccia a lui la mia condotta. Egli sarà anche la mia salvezza perché un empio non ardirebbe presentarsi a lui. Ascoltate attentamente il mio discorso e le mie dichiarazioni con i vostri orecchi. Ecco, io ho preparato la mia causa; so che sarò riconosciuto giusto. Chi vuole dunque contendere con me? Perché allora tacerei e morirei. Soltanto non fare due cose con me, e non mi nasconderò dalla tua presenza: ritira da me la tua mano, e il tuo terrore non mi spaventi piú. Poi chiamami pure e io risponderò, oppure parlerò io e tu risponderai. Quante sono le mie colpe e i miei peccati? Fammi conoscere la mia trasgressione e il mio peccato! Perché nascondi il tuo volto e mi consideri come un tuo nemico? Vuoi forse spaventare una foglia sospinta qua e là e dar la caccia a della paglia secca? Perché tu scrivi contro di me cose amare e mi fai pesare l’eredità delle colpe della mia giovinezza? Tu metti i miei piedi nei ceppi e osservi attentamente le mie vie; tu stabilisci un limite per la pianta dei miei piedi. Intanto il mio corpo si disfa come un oggetto rotto, come un vestito corroso dalle tarme«. »L’uomo nato da donna vive pochi giorni ed è pieno di inquietudini. Spunta come un fiore poi è reciso; fugge come un’ombra e non dura. Sopra un tale essere tu tieni gli occhi aperti, e mi fai comparire in giudizio con te. Chi può trarre una cosa pura da una impura? Nessuno. Poiché i suoi giorni sono fissati, il numero dei suoi mesi dipende da te, e tu gli hai posto dei limiti che non può oltrepassare; distogli da lui lo sguardo e lascialo stare, finché abbia terminato la sua giornata come un bracciante, Almeno per l’albero c’è speranza; se è tagliato, cresce nuovamente e continua a mettere germoglio. Anche se la sua radice invecchia sotto terra e il suo tronco muore nel suolo al sentore dell’acqua germoglia nuovamente e mette rami come una pianta. L’uomo invece muore e rimane atterrato; quando egli esala l’ultimo respiro, dov’è mai? Possono venir meno le acque nel mare e un fiume prosciugarsi e seccare. ma l’uomo che giace non si rialza piú; finché non vi siano piú cieli, non si risveglierà né piú si desterà dal suo sonno. Oh, volessi tu nascondermi nello Sceol, occultarmi finché la tua ira sia passata, fissarmi un termine e ricordarti di me! Se l’uomo muore può ancora tornare in vita? Aspetterei tutti i giorni del mio duro servizio, finché giungesse l’ora del mio cambiamento. Mi chiameresti e io risponderei; tu avresti un grande desiderio per l’opera delle tue mani. Allora tu conteresti i miei passi ma non osserveresti i miei peccati; sigilleresti il mio peccato in un sacco e copriresti la mia colpa. Ma come una montagna cade e si sgretola e come una rupe è rimossa dal suo posto; come le acque corrodono le pietre e come le alluvioni portano via il suolo della terra, cosí tu distruggi la speranza dell’uomo. Tu lo sopraffai per sempre, ed egli se ne va; tu sfiguri il suo volto e lo cacci via. Se i suoi figli sono onorati, egli non lo sa; se sono disprezzati, egli non lo nota. Egli sente solamente il grande dolore della sua carne e si affligge per se stesso«. Allora Elifaz di Teman rispose e, disse: »Un uomo saggio risponde forse con una conoscenza vana, e si riempie di vento orientale? Discute forse con discorsi inutili e con parole che non servono a nulla? Sì tu abolisci la pietà ed elimini la preghiera davanti a Dio. Poiché il tuo misfatto ti suggerisce le parole e scegli il linguaggio degli astuti. Non io, ma la tua stessa bocca ti condanna e le tue stesse labbra testimoniano contro di te. Sei tu forse il primo uomo che è nato o sei stato formato prima dei colli? Hai tu udito il segreto consiglio di Dio o possiedi tu solo la sapienza? Che cosa sai tu che noi non sappiamo, o che cosa comprendi che non sia inteso anche da noi? Tra di noi ci sono uomini canuti e vecchi, piú attempati di tuo padre. Ti sembrano poca cosa le consolazioni di Dio e le dolci parole a te rivolte? Perché mai ti porta via il cuore, e perché i tuoi occhi lampeggiano, volgendo la tua collera contro Dio e lasciando uscire dalla tua bocca tali parole?«. »Che cos’è l’uomo da ritenersi puro, e il nato di donna per essere giusto? Ecco, Dio non si fida neppure dei suoi santi e i cieli non sono puri ai suoi occhi; quanto meno un essere abominevole e corrotto, l’uomo, che beve l’iniquità come acqua! Voglio parlarti, ascoltami; ti racconterò ciò che ho visto, ciò che i saggi riferiscono senza celare nulla di ciò che hanno udito dai loro padri, ai quali soli fu concesso questo paese e senza che nessun straniero fosse passato in mezzo a loro. Il malvagio soffre dolori tutta la sua vita, e sono numerati gli anni riservati al tiranno. Rumori spaventosi giungono ai suoi orecchi, e nella prosperità gli piomba addosso il distruttore. Non ha speranza di far ritorno dalle tenebre, e la spada lo aspetta. Va errando in cerca di pane; ma dove trovarne? Egli sa che il giorno di tenebre è preparato al suo fianco. Avversità e angoscia lo spaventano, l’assalgono come un re pronto alla battaglia, perché ha steso la sua mano contro Dio, ha sfidato l’Onnipotente, lanciandosi ostinatamente contro di lui con i suoi forti scudi ornati di borchie. Anche se la sua faccia è coperta di grasso, e i suoi fianchi sono rigonfi di pinguedine egli abita in città desolate, in case disabitate, destinate a diventare mucchi di rovine. Egli non si arricchirà e la sua fortuna non durerà, né i suoi averi si estenderanno sulla terra. Non riuscirà a liberarsi dalle tenebre, la fiamma farà seccare i suoi germogli, e sarà portato via dal soffio della sua bocca. Non confidi nella vanità, ingannando se stesso, perché la vanità sarà la sua ricompensa. Si compirà prima del tempo, e i suoi rami non rinverdiranno piú. Sarà come una vite da cui si strappa l’uva ancora acerba, come l’ulivo da cui si scuote il fiore. Poiché la famiglia degli ipocriti sarà sterile, e il fuoco divorerà le tende dell’uomo venale. Essi concepiscono iniquità e partoriscono rovina; e il loro seno cova l’inganno«. Allora Giobbe rispose e disse: »Di cose come queste ne ho udite tante! Siete tutti dei consolatori molesti! Quando finiranno i vostri discorsi vuoti? O che cosa ti spinge a rispondere? Anch’io potrei parlare come voi, se foste al mio posto, potrei mettere assieme parole contro di voi scuotendo il mio capo contro di voi. Ma vi incoraggerei con la mia bocca e il conforto delle mie labbra allevierebbe il vostro dolore. Se parlo il mio dolore non è alleviato: se cesso di parlare, che sollievo ne ho? Ora però egli mi ha ridotto allo stremo delle forze. Tu hai devastato l’intera mia famiglia mi hai coperto di rughe e questo testimonia contro di me, la mia magrezza si leva e testimonia contro di me. La sua ira mi dilania e mi perseguita, digrigna i denti contro di me. Il mio nemico aguzza il suo sguardo su di me. Spalancando la loro bocca contro di me, mi percuotono con disprezzo sulle guance, si radunano assieme contro di me. Dio mi ha dato in balìa degli empi, mi ha consegnato nelle mani dei malvagi. Vivevo tranquillo ma egli mi ha distrutto, mi ha preso per il collo e mi ha fatto a pezzi, e ha fatto di me il suo bersaglio. I suoi arcieri mi circondano da ogni parte, mi trafigge i reni senza pietà, versa a terra il mio fiele. Egli mi assale ripetutamente con violenza, mi si avventa contro come un guerriero. Ho cucito un cilicio, sulla mia pelle, ho abbassato la mia fronte nella polvere. Il mio viso è rosso per il pianto, e sulle mie palpebre si posa l’ombra di morte anche se non c’è alcuna violenza nelle mie mani e la mia preghiera e pura. O terra, non coprire il mio sangue, e il mio grido non trovi alcun luogo di riposo. Già fin d’ora, ecco, il mio testimone è in cielo, il mio garante è in alto. I miei amici mi deridono, ma i miei occhi versano lacrime davanti a Dio. Possa egli sostenere le ragioni dell’uomo presso Dio, come fa un uomo con il suo vicino. Passeranno infatti pochi anni ancora, e me ne andrò quindi per una via senza piú ritorno«. »Il mio spirito è infranto, i miei giorni si estinguono, il sepolcro mi aspetta. Non sono io circondato da schernitori? Il mio occhio si sofferma sui loro insulti. Dammi ora un pegno presso di te, altrimenti chi stringerebbe la mano con me come garante? Poiché hai impedito alla loro mente di intendere, perciò non li farai trionfare. Chi tradisce gli amici fino a depredarli, vedrà venir meno gli occhi dei suoi figli. Ma egli mi ha reso la favola dei popoli, e sono divenuto uno a cui si sputa in faccia. Il mio occhio si offusca per il dolore e tutte le mie membra non sono che ombra. Gli uomini retti si stupiscono di questo, e l’innocente insorge contro l’empio. Tuttavia il giusto rimane saldamente attaccato alla sua via, e chi ha le mani pure si fortifica sempre di piú. Quanto a voi tutti, ritornate, venite pure, perché tra di voi non trovo alcun saggio. I miei giorni sono passati e i miei progetti sono stati stroncati, proprio quei desideri che nutrivo in cuore. Costoro cambiano la notte in giorno »la luce è vicina«, dicono, a motivo delle tenebre. Se aspetto lo Sceol, come la mia casa, se distendo il mio giaciglio nelle tenebre, se dico al sepolcro: »Tu sei mio padre« e ai vermi: »Siete mia madre e mia sorella« dov’è dunque la mia speranza? Chi può scorgere alcuna speranza per me? Scenderà forse alle porte dello Sceol, quando troveremo assieme riposo nella polvere?«. Allora Bildad di Shuah rispose e disse: »Quando porrai fine alle parole? Acquista intendimento e poi parleremo. Perché siamo considerati come bestie e ritenuti spregevoli ai tuoi occhi? Tu che laceri te stesso nella tua ira, dovrebbe la terra essere abbandonata per causa tua o la roccia essere rimossa dal suo posto? Sí, la luce del malvagio si spegne e la fiamma del suo fuoco non brilla piú. La luce nella sua tenda si oscura e la sua lampada sopra di lui si estingue. I suoi passi vigorosi si raccorciano e i suoi stessi disegni lo portano in rovina. Poiché i suoi piedi lo spingono nella rete e andrà ad incappare in un laccio. Una trappola lo afferra per il calcagno e un laccio lo trattiene saldamente. Per lui c’è un laccio nascosto in terra e una trappola sul sentiero. Terrori lo spaventano da ogni lato e lo incalzano ad ogni passo. La sua forza viene meno per la fame e la rovina è pronta a colpirlo al suo fianco. Divora pezzi della sua pelle; il primogenito della morte divora le sue membra. Egli è strappato dalla sua tenda che riteneva sicura ed è condotto davanti al re degli spaventi. Nella sua tenda dimora chi non è dei suoi, e sulla sua casa si sparge zolfo. In basso le sue radici si seccano, e in alto i suoi rami sono recisi. Il suo ricordo scompare dalla terra e non si farà piú il suo nome per le strade E’ sospinto dalla luce nelle tenebre ed è scacciato dal mondo. Non ha né figli né discendenza tra il suo popolo e nessun superstite nella sua dimora. Della sua fine rimangono stupiti quelli che l’hanno seguito e sono spaventati quelli che l’hanno preceduto. Proprio cosí sono le dimore dei malvagi e questo è il luogo di chi non conosce Dio«. Allora Giobbe rispose e disse: »Fino a quando affliggerete la mia anima e mi opprimerete coi vostri discorsi? Sono già dieci volte che mi schernite e non vi vergognate di offendermi. Anche se fosse vero che ho mancato, il mio errore riguarderebbe me solo. Ma se proprio volete insuperbire contro di me rimproverandomi l’oggetto della mia vergogna. sappiate allora che Dio mi ha trattato ingiustamente e mi ha avvolto nelle sue reti Ecco, io grido: »Violenza!« ma non ho alcuna risposta; grido per aiuto, ma non c’è giustizia! Mi ha sbarrato la strada e cosí non posso passare; ha sparso le tenebre sul mio cammino. Mi ha spogliato del mio onore e mi ha tolto dal capo la corona. Mi ha demolito da ogni lato e io me ne vado; ha sradicato come un albero la mia speranza. La sua ira si è accesa contro di me e mi considera come suo nemico, Le sue schiere sono venute tutte insieme e hanno costruito la loro strada contro di me, si sono accampate intorno alla mia tenda. Egli ha allontanato da me i miei fratelli, e i miei conoscenti si sono interamente estraniati da me. I miei parenti mi hanno abbandonato e i miei intimi amici mi hanno dimenticato. I miei domestici e le mie serve mi trattano come un estraneo, ai loro occhi sono un forestiero. Chiamo il mio servo, ma egli non risponde; devo supplicarlo con la mia bocca. Il mio fiato è ripugnante per mia moglie, e sono nauseante ai figli del mio stesso grembo. Persino i bambini mi disprezzano; e provo ad alzarmi, parlano contro di me. Tutti gli amici piú intimi mi hanno in orrore, e quelli che amavo si sono rivoltati contro di me. Le mie ossa si attaccano alla mia pelle e alla mia carne e non mi è rimasto che la pelle dei denti. Pietà di me, pietà di me, almeno voi amici miei, perché la mano di Dio mi ha colpito. Perché mi perseguitate come fa Dio e non siete mai sazi della mia carne? Oh, se le mie parole fossero scritte oh, se fossero incise in un libro; se fossero scolpite per sempre su una roccia con uno stilo di ferro e col piombo! Ma io so che il mio Redentore, vive e che alla fine si leverà sulla terra. Dopo che questa mia pelle sarà distrutta, nella mia carne vedrò Dio. Lo vedrò io stesso; i miei occhi lo contempleranno, e non un altro. Il mio cuore si strugge dentro di me. Se dite: »Perché lo perseguitiamo?« quando la radice di questi mali si trova in me, temete per voi stessi la spada, perché l’ira porta la punizione della spada, affinché sappiate che c’è un giudizio« Allora Zofar di Naamath rispose e disse: »Per questo i miei pensieri mi spingono a rispondere, a motivo dell’agitazione che sento dentro di me. Ho udito un rimprovero che mi disonora, ma il mio spirito mi spinge a rispondere in base al mio intendimento. Non sai tu che da sempre, da quando l’uomo fu posto sulla terra, il trionfo dei malvagi dura poco e la gioia degli empi non dura che un istante? Anche se la sua grandezza giungesse fino al cielo e il suo capo toccasse le nubi. perirà per sempre come il suo sterco; quelli che l’hanno visto diranno: »Dov’è?« Volerà via come un sogno e non si troverà piú; si dileguerà come una visione notturna. L’occhio che lo guardava, non lo scorgerà piú; anche la sua dimora non lo vedrà piú. I suoi figli cercheranno di guadagnarsi il favore dei poveri e le sue mani ristabiliranno la sua ricchezza. Il vigore giovanile che gli riempiva le ossa giacerà nella polvere con lui. Anche se il male è dolce nella sua bocca se lo nasconde sotto la lingua, non tollera di lasciarlo andare ma continua a tenerlo in bocca. Il suo cibo però nelle sue viscere si trasforma e diventa un veleno di aspide dentro di lui. Egli vomiterà le ricchezze che ha inghiottito; Dio stesso gliele farà uscire dal ventre. Ha succhiato veleno di aspide, la lingua di una vipera lo ucciderà. Non vedrà piú corsi d’acqua né torrenti, che scorrono con miele e burro. Restituirà ciò per cui ha faticato senza neppure ingoiarlo; non avrà alcuna gioia dai profitti del suo commercio. Poiché ha oppresso e abbandonato il povero, si è impadronito con la forza di una casa che non aveva costruito. Poiché la sua ingordigia non ha mai conosciuto requie, egli non salverà nulla delle cose tanto desiderate. Nulla sfuggirà alla sua voracità, perciò il suo benessere non durerà. Nel colmo della sua abbondanza si troverà in strettezze; la mano di tutti quelli che soffrono si leverà contro di lui. Quando starà per riempire il suo ventre. Dio manderà su di lui l’ardore della sua ira, che pioverà su di lui mentre sta mangiando. Egli può sfuggire a un’arma di ferro, ma lo trafiggerà un arco di bronzo. Si estrae la freccia che esce dal suo corpo, la scintillante punta esce fuori dal suo fiele; i terrori lo assalgono. Tenebre totali sono riservate per i suoi tesori, lo consumerà un fuoco non attizzato; quelli lasciati nella sua tenda saranno in angoscia. Il cielo rivelerà la sua iniquità e la terra insorgerà contro di lui. Le rendite della sua casa saranno rimosse, portate via nel giorno della sua ira. Questa è la sorte che DIO riserva all’uomo malvagio, l’eredità che gli è assegnata da Dio«. Allora Giobbe rispose e disse: »Ascoltate attentamente ciò che dico, e sia questo il conforto che mi date. Abbiate pazienza con me e lasciatemi parlare e, quando avrò parlato, deridetemi pure. Mi lamento forse di un uomo? E perché il mio spirito non dovrebbe rattristarsi? Guardatemi e stupite, e mettetevi la mano sulla bocca. Quando ci penso, ne sono spaventato e la mia carne è presa da un tremito. Perché mai vivono gli empi, e perchè invecchiano ed accrescono le loro ricchezze? La loro discendenza si afferma insieme ad essi sotto i loro sguardi e i loro rampolli fioriscono sotto i loro occhi. Le loro case sono al sicuro, senza spaventi, e la verga di Dio non grava su di loro. Il loro toro feconda e non falla, la loro vacca figlia senza abortire. Mandano fuori come un gregge i loro piccoli, e i loro figli saltano. Cantano al suono di timpano e di cetra e si rallegrano al suono del flauto. Trascorrono nel benessere i loro giorni, poi in un momento scendono nello Sceol. Eppure dicevano a Dio: »Allontanati da noi, perché non desideriamo affatto conoscere le tue vie. Chi è l’Onnipotente perché dobbiamo servirlo? Che ci giova inoltre pregarlo? Ecco, la loro prosperità non sta forse nelle loro mani? Il consiglio degli empi è ben lontano da me. Quante volte si spegne la lampada dei malvagi o la distruzione si abbatte su di loro, le sofferenze che Dio assegna nella sua ira? Sono essi come paglia davanti al vento o come pula portata via dall’uragano? Voi dite che Dio conserva la punizione dell’iniquità di uno per i suoi figli. Lo ripaghi Dio, perché egli possa capire. Veda con i suoi occhi la sua distruzione e beva dell’ira dell’Onnipotente! Che cosa gl’importa infatti della sua casa dopo la morte, quando il numero dei suoi mesi è compiuto? Può qualcuno insegnare a Dio conoscenza, a lui che giudica quelli di lassú? Uno muore nel suo pieno vigore, tutto tranquillo e sicuro ha i secchi pieni di latte e il midollo delle sue ossa è fresco. Un altro invece muore con l’anima amareggiata, senza aver mai gustato il bene. Ambedue giacciono insieme nella polvere e i vermi li ricoprono. Ecco, io conosco i vostri pensieri e i piani con i quali mi vorreste fare violenza Infatti voi dite: »Dov’è la casa del principe, e dov’è la tenda, la dimora dei malvagi? Non avete interrogato quelli che viaggiano e non riconoscete i loro segni? I malvagi infatti sono risparmiati nel giorno della distruzione e sono portati in salvo nel giorno dell’ira. Chi gli rinfaccia la sua condotta e chi lo ripaga per ciò che ha fatto? Egli è portato alla sepoltura e si farà la guardia sulla sua tomba. Le zolle della valle gli saranno dolci, tutta la gente lo seguirà, mentre una folla immensa lo precede. Come potete dunque consolarmi con parole vane, dato che dalle vostre parole non rimane che falsità?«. Allora Elifaz di Teman rispose e disse: »Può forse l’Uomo recare qualche beneficio a Dio? Certamente il saggio reca beneficio a se stesso. Quale piacere ne riceve l’Onnipotente, se tu sei giusto, o quale guadagno ne ha, se la tua condotta è integra? E’ forse per la paura che ha di te che ti castiga e viene in giudizio con te? Non è piuttosto per la tua grande malvagità e per le tue innumerevoli colpe? Senza motivo infatti prendevi pegni dai tuoi fratelli e spogliavi gli ignudi delle loro vesti. Non davi da bere acqua allo stanco e rifiutavi il pane all’affamato. La terra apparteneva all’uomo potente e vi abitava l’uomo onorato. Rimandavi la vedova a mani vuote, e le braccia degli orfani erano spezzate. Ecco perché sei circondato ovunque da lacci e spaventi improvvisi ti turbano, oppure un’oscurità non ti permette di vedere e una piena di acque ti sommerge. Non è forse Dio nell’alto dei cieli? Guarda le stelle eccelse, quanto sono alte! E tu dici: che cosa sa Dio? Può forse giudicare attraverso dense tenebre? Fitte nubi lo coprono cosí non può vedere, e passeggia sulla volta dei cieli. Vuoi tu seguire la via antica già percorsa da uomini malvagi, che furono portati via prima del tempo, e il cui fondamento fu spazzato via da un fiume, in piena? Essi dicevano a Dio: Allontanati da noi! Che cosa ci può fare l’Onnipotente? Eppure Dio aveva colmato le loro case di beni. Ma io mi tengo lontano dal consiglio degli empi. I giusti vedono ciò e si rallegrano, e l’innocente si fa beffe di loro: sí certo, i nostri nemici sono distrutti, e il fuoco ne divora quel che resta. Riconciliati dunque con Dio e sarai al sicuro; cosí avrai benessere. Ricevi istruzioni dalla sua bocca e riponi le sue parole nel tuo cuore. Se ritorni all’Onnipotente, sarai ristabilito; se allontani dalle tue tende l’iniquità e getti l’oro nella polvere e l’oro d’Ofir tra i sassi del torrente, allora l’Onnipotente sarà il tuo oro, il tuo tesoro d’argento. Poiché allora troverai il tuo diletto nell’Onnipotente e alzerai la faccia verso Dio. Lo pregherai ed egli ti esaudirà, e tu adempirai i tuoi voti. Deciderai una cosa e ti riuscirà, e sul tuo cammino splenderà la luce. Quando ti umiliano, dirai: »L’innalzamento verrà«. Egli soccorrerà l’umile e libererà anche chi non è innocente sí, egli sarà liberato per la purità delle tue mani«. Allora Giobbe rispose e disse: »Anche oggi il mio lamento è doloroso; la mia mano è fiacca a motivo del mio gemito. Oh, sapessi dove trovarlo, per poter arrivare fino al suo trono! Esporrei la mia causa davanti a lui, riempirei la mia bocca di argomenti. Saprei le parole con le quali mi risponderebbe, e capirei ciò che avrebbe da dirmi. Contenderebbe egli con me con grande forza? No, invece mi presterebbe attenzione. Là l’uomo retto potrebbe discutere con lui, cosí sarei assolto dal mio giudice per sempre. Ecco, vado ad oriente, ma là non c’è; ad occidente, ma non lo scorgo; opera a settentrione, ma non lo vedo; si volge a mezzogiorno, ma non riesco a vederlo. Ma egli conosce la strada che io prendo; se mi provasse, ne uscirei come l’oro. Il mio piede ha seguito fedelmente le sue orme, mi sono tenuto sulla sua via senza deviare; non mi sono allontanato dai comandamenti delle sue labbra, ho fatto tesoro delle parole della sua bocca piú della mia porzione di cibo. Ma egli non ha uguali, e chi mai può farlo cambiare? Ciò che egli vuole, lo fa; cosí egli compirà ciò che ha decretato nei miei confronti e di piani come questo ne ha molti altri. Perciò alla sua presenza io sono atterrito; quando considero questo, ho paura di lui. Dio fa venire meno il mio cuore, l’Onnipotente mi spaventa. Poiché non sono stato messo a tacere davanti alle tenebre; ed egli non ha nascosto la fitta oscurità alla mia faccia«. »Perché mai l’Onnipotente non si riserva dei tempi e quelli che lo conoscono non vedono i suoi giorni? Alcuni spostano i confini, prendono a forza le greggi e le portano al pascolo; portano via l’asino degli orfani e prendono in pegno il bue della vedova: spingono fuori strada i bisognosi, cosí tutti i poveri del paese sono costretti a nascondersi. Eccoli, come onagri nel deserto escono al loro lavoro di buon mattino in cerca di cibo; il deserto fornisce cibo per loro e per i loro figli. Raccolgono il loro foraggio nei campi e racimolano nella vigna dell’empio Passano la notte nudi, senza vestiti, e non hanno di che coprirsi dal freddo. Bagnati dagli acquazzoni dei monti, per mancanza di riparo si stringono alle rocce. Altri strappano dalla mammella l’orfano e prendono pegni dai poveri. Costringono il povero ad andare senza vestiti e portano via i covoni dell’affamato. Fanno l’olio fra le mura degli empi, pigiano l’uva nei torchi, ma hanno sete. Il gemito dei morenti sale dalla città; l’anima dei feriti implora aiuto, ma Dio non presta attenzione al male loro fatto. Altri si ribellano alla luce, non conoscono le sue vie e non rimangono nei suoi sentieri. L’assassino si alza sul far del giorno, per uccidere il povero e il bisognoso; nella notte invece fa come il ladro. L’occhio dell’adultero aspetta il crepuscolo, pensando: »Nessuno mi vedrà« e si mette un velo sulla faccia. Di notte penetrano nelle case; di giorno se ne stanno rinchiusi; non conoscono la luce. Il mattino è per loro come ombra di morte, perché essi conoscono bene i terrori dell’ombra di morte. Passano velocemente sulla superficie delle acque, la loro porzione è maledetta sulla terra, e nessuno entrerebbe piú nelle loro vigne. Come la siccità e il calore consumano le acque della neve, cosí fa lo Sceol con chi ha peccato. Il grembo materno lo dimentica, i vermi ne mangiano con gusto e non sarà piú ricordato; il malvagio sarà troncato come un albero. Egli divorava la sterile che non ha figli e non faceva alcun bene alla vedova! Ma Dio con la sua forza trascina via i potenti e, anche se sorgono di nuovo, nessuno può essere sicuro della vita. Dà loro sicurezza, ed essi fanno affidamento su di essa; tuttavia i suoi occhi osservano le loro vie. Sono innalzati per breve tempo, ma poi non sono piú; sono abbattuti e sono portati via come tutti gli altri; sono falciati come le teste delle spighe di grano. Se cosí non è, chi potrà smentirmi e annullare il valore delle mie parole?«. Allora Bildad di Shuah rispose e disse: »A lui appartiene il dominio e il terrore: egli produce la pace nei suoi luoghi altissimi Si possono forse contare le sue schiere? E sopra chi non sorge la sua luce? Come può dunque l’uomo essere giusto davanti a Dio, o come può essere puro un nato di donna? Se neppure la luna è splendente, e le stelle non sono pure ai suoi occhi, quanto meno l’uomo, che è un bruco, il figlio d’uomo che è un verme!«. Allora Giobbe rispose e disse: »Come hai aiutato il debole, o come hai soccorso il braccio senza forza? Come hai consigliato chi è privo di sapienza, e quale grande conoscenza hai comunicato? A chi hai rivolto le tue parole, e di chi è lo spirito che è uscito da te? I morti tremano sotto le acque e cosí pure i loro abitanti. Davanti a lui lo Sceol è scoperto Abaddon è senza velo. Egli distende il settentrione sul vuoto e tiene sospesa la terra sul nulla. Rinchiude le acque nelle sue nubi, senza che queste si squarcino sotto il loro peso. Copre la vista del suo trono, stendendovi sopra le sue nuvole. Ha tracciato un particolare limite sulla superficie delle acque, al confine della luce con le tenebre. Le colonne del cielo tremano e si stupiscono alla sua minaccia. Con la sua forza calma il mare, con la sua intelligenza abbatte Rahab. Con il suo Spirito ha abbellito i cieli, la sua mano ha trafitto il serpente tortuoso. Ecco, questi sono solamente le frange delle sue opere. Quale debole sussurro di lui riusciamo a percepire! Ma chi potrà mai comprendere il tuono della sua potenza?«. Giobbe riprese il suo discorso e é disse: »Come vive Dio che mi ha privato del mio diritto, e l’Onnipotente che mi ha amareggiato l’anima, finché ci sarà in me un soffio di vita, e il soffio di Dio nelle mie narici, le mie labbra non diranno alcuna cattiveria né la mia lingua proferirà alcuna falsità. Lungi da me ammettere che voi avete ragione; fino all’ultimo respiro non rinunzierò alla mia integrità. Rimarrò saldo nella mia giustizia, senza cedere; il cuore non mi rimprovera uno solo dei miei giorni. Il mio nemico sia come il malvagio, e chi si leva contro di me come l’ingiusto. Quale speranza infatti può avere l’empio anche se riesce a fare guadagni quando Dio gli toglie la vita? Ascolterà Dio il suo grido, quando verrà su di lui la sventura? Porrà forse il suo diletto nell’Onnipotente e invocherà Dio in ogni tempo? Vi darò insegnamenti sulla potenza di Dio, non vi nasconderò i disegni dell’Onnipotente. Ma voi tutti avete osservato queste cose, perché dunque vi comportate in modo cosí vano? Questa è la sorte che Dio riserva al malvagio, l’eredità che i violenti ricevono dall’Onnipotente. Se ha un gran numero di figli, sono destinati alla spada, e i suoi discendenti non avranno pane per saziarsi. I sopravvissuti dopo di lui saranno sepolti dalla morte, e le loro vedove non piangeranno. Se ammassa argento come polvere e accumula vestiti come fango, egli li accumula, ma li indosserà il giusto, e l’argento lo spartirà l’innocente. Egli costruisce la sua casa come una tarma, come un capanno fatto da un guardiano. Il ricco si corica, ma non sarà riunito ai suoi; apre gli occhi e non è piú. Terrori lo sorprendono come acque; nel cuore della notte un uragano lo rapisce furtivamente. Il vento orientale lo porta via e se ne va, lo spazza via come un turbine dal suo posto. Esso gli si scaglia contro senza pietà, mentre egli cerca disperatamente di sfuggire alla sua mano, la gente batte beffardamente le mani nei suoi confronti e fischia dietro a lui dal suo posto«. »Certamente c’è una miniera per l’argento, e un posto e si raffina l’oro. Il ferro viene estratto dal suolo, e la pietra fusa dà il rame. L’uomo pone fine alle tenebre ed esplora i piú profondi recessi in cerca di pietre sepolte nell’oscurità e nell’ombra di morte. Perfora un pozzo lontano dall’abitato, in posti dimenticati dai pedoni; sono sospesi e oscillano lontani dagli uomini. Quanto alla terra da essa viene il pane, ma di sotto è sconvolta come dal fuoco. Le sue pietre sono la dimora di zaffiri e contiene polvere d’oro. L’uccello rapace non ne conosce il sentiero né l’ha mai scorto l’occhio del falco. Le bestie feroci non l’hanno battuto e il leone non vi è mai passato. L’uomo mette la mano sulla selce e rovescia dalle radici le montagne. Scava gallerie nelle rocce, e il suo occhio vede tutto ciò che è prezioso. Ostruisce corsi d’acqua perché non scorrano, e porta alla luce le cose nascoste. Ma dove si può trovare la sapienza, e dov’è il luogo dell’intelligenza? L’uomo non ne conosce il valore e non si trova sulla terra dei viventi. L’abisso dice: »Non è in me«; il mare dice: »Non sta presso di me« Non la si ottiene in cambio d’oro raffinato né la si compra a peso d’argento. Non la si acquista con l’oro di Ofir, con l’onice prezioso o con lo zaffiro. L’oro e il cristallo non la possono uguagliare né si scambia per vasi d’oro fino. Il corallo e il cristallo non meritano neppure di essere nominati; il valore della sapienza val piú delle perle. Il topazio di Etiopia non la può uguagliare e non può essere valutata con oro puro. Ma allora da dove viene la sapienza e dov’è il luogo dell’intelligenza? Essa è nascosta agli occhi di ogni vivente, è celata agli uccelli del cielo. Abaddon e la morte dicono: »Ne abbiamo sentito parlare con i nostri orecchi« DIO solo ne conosce la via, egli solo sa dove si trovi, perché egli osserva le estremità della terra e vede tutto ciò che è sotto i cieli. Quando stabilí il peso del vento e assegnò alle acque una misura, quando fece una legge per la pioggia e una via al lampo dei tuoni, allora la vide e la rivelò, la stabili e anche la investigò. E disse all’uomo: »Ecco, temere il Signore, questo è sapienza, e fuggire il male è intelligenza««. Giobbe riprese il suo discorso e disse: »Oh, potessi essere come nei mesi di un tempo, come nei giorni in cui Dio mi proteggeva, quando la sua lampada brillava sopra il mio capo e alla sua luce camminavo in mezzo alle tenebre; com’ero ai giorni della mia maturità, quando il consiglio segreto di Dio vegliava sulla mia tenda, quando l’Onnipotente era ancora con me e i miei figli mi stavano intorno; quando mi lavavo i piedi nel burro e la roccia versava per me ruscelli d’olio. Quando uscivo verso la porta della città e rizzavo il mio seggio in piazza, i giovani, al vedermi, si tiravano in disparte, i vecchi si alzavano e rimanevano in piedi; i principi smettevano di parlare e si mettevano la mano alla bocca; la voce dei capi si smorzava e la loro lingua si attaccava al palato. L’orecchio che mi udiva, mi proclamava beato, e l’occhio che mi vedeva, mi rendeva testimonianza, perché liberavo il povero che gridava in cerca di aiuto, e l’orfano che non aveva alcuno che l’aiutasse. La benedizione del morente scendeva su di me e facevo esultare il cuore della vedova. Avevo indossato la giustizia ed essa mi rivestiva; la mia equità mi faceva da mantello e turbante. Ero occhi per il cieco e piedi per lo zoppo; ero un padre per i poveri e investigavo il caso che non conoscevo. Spezzavo le mascelle del malvagio e strappavo dai suoi denti la preda. E pensavo: »Morirò nel mio nido e moltiplicherò i miei giorni come la sabbia; le mie radici si stenderanno verso le acque, la rugiada rimarrà tutta la notte sul mio ramo; la mia gloria sarà sempre nuova in me e il mio arco acquisterà nuova forza nella mia mano. Gli astanti mi ascoltavano in aspettazione e tacevano per udire il mio consiglio. Dopo che avevo parlato non replicavano, e le mie parole cadevano su di loro come gocce di rugiada. Mi aspettavano come si aspetta la pioggia e spalancavano la loro bocca come per l’ultima pioggia. Io sorridevo loro quando erano sfiduciati, e non potevano sminuire la luce del mio volto. Quando andavo da loro, mi sedevo come capo e stavo come un re tra le sue schiere, come uno che consola gli afflitti«. »Ora invece i piú giovani di me mi deridono, quelli i cui padri avrei rifiutato di mettere fra i cani del mio gregge. Del resto, a che cosa mi sarebbe valsa la forza delle loro mani? Il loro vigore è distrutto. Emaciati per la miseria e per la fame, fuggono di notte nel deserto desolato e arido. strappando erba amara accanto ai cespugli e radici di ginestra per loro cibo. Sono scacciati di mezzo agli uomini che gridano dietro a loro come a ladri. Sono costretti a vivere nei dirupi delle valli, nelle caverne della terra e fra le rocce; urlano fra i cespugli e si stringono insieme sotto i rovi; gente stupida, sí, gente spregevole, cacciati via dal paese. Ora sono diventato il loro canto di scherno, sí, sono il loro zimbello. Hanno orrore di me, stanno lontano da me e non esitano a sputarmi in faccia. Poiché Dio ha allentato la corda della mia tenda e mi ha umiliato, essi hanno rotto ogni freno davanti a me. Questa gentaglia si leva alla mia destra, spingono lontano i miei piedi e preparano contro di me le vie per distruggermi. Sovvertono il mio cammino, peggiorano la mia sventura, anche se nessuno li soccorre. Si avvicinano come attraverso un’ampia breccia, si lanciano su di me come un uragano. Mi piombano addosso terrori, danno la caccia al mio onore come il vento, e la mia prosperità si dilegua come una nube. Ora mi struggo dentro di me, e i giorni di afflizione mi sono venuti addosso, Di notte mi sento trafiggere le ossa, e i dolori che mi rodono non mi danno tregua. Per la grande violenza la mia veste si deforma, mi stringe attorno come il colletto del mio mantello. Egli mi ha gettato nel fango e sono diventato come polvere e cenere. Io grido a te, e tu non mi rispondi; ti sto davanti, ma tu mi stai ad osservare. Sei divenuto crudele verso di me; mi perseguiti con la potenza della tua mano. Mi sollevi in alto sul vento, mi fai cavalcare su di esso e mi fai scomparire nella tempesta. So infatti che tu mi conduci alla morte, alla casa di convegno di tutti i viventi. Certamente non stenderà la sua mano alla tomba, anche se nella sua sventura grida in cerca di aiuto. Non ho forse io pianto per chi era nell’avversità, e non mi sono addolorato per il povero? Quando aspettavo il bene, è venuto il male; quando aspettavo la luce, è venuta l’oscurità. Le mie viscere ribollono senza tregua, sono venuti per me giorni d’afflizione. Vado attorno tutto annerito, ma non dal sole; mi alzo nell’assemblea e grido in cerca di aiuto. Sono diventato fratello degli sciacalli e compagno degli struzzi. La mia pelle si è annerita su di me e le mie ossa bruciano dal calore. La mia cetra serve solo per lamenti e il mio flauto per voci di pianto« »Io avevo stretto un patto con i miei occhi; come potevo quindi fissare lo sguardo su una vergine? Qual è la sorte assegnatami da Dio da lassú, e l’eredità dell’Onnipotente dai luoghi eccelsi? Non è forse la sventura per il perverso e la calamità per ehi fa il male Non vede egli le mie vie e non conta tutti i miei passi? Se ho agito con falsità, o il mio piede si è affrettato a seguire la frode, mi pesi pure con una giusta bilancia, e Dio riconoscerà la mia integrità. Se i miei passi sono usciti dalla retta via, e il mio cuore ha seguito i miei occhi, o qualche macchia si è attaccata alle mie mani, che io semini e un altro mangi, e i miei discendenti siano sradicati. Se il mio cuore è stato sedotto da una donna e ho spiato alla porta del mio prossimo, che mia moglie macini per un altro, e che altri si pieghino sopra di lei. Poiché quella sarebbe una scelleratezza, una colpa che deve essere punita dai giudici, un fuoco che consuma fino ad Abaddon, e avrebbe distrutto fin dalle radici tutto il mio raccolto. Se ho respinto il diritto del mio servo e della mia serva, quando erano in lite con me, che cosa farei quando Dio si levasse contro di me, e che cosa risponderei quando mi chiedesse conto? Chi ha fatto me nel grembo materno, non ha fatto anche lui? Non fu lo stesso Dio a formarci nel grembo? Se ho rifiutato ai poveri ciò che desideravano e ho fatto languire gli occhi della vedova se ho mangiato da solo il mio tozzo di pane senza che ne mangiasse una parte l’orfano, (ma fin dalla mia giovinezza io l’ho allevato come un padre, e fin dal grembo di mia madre sono stato guida alla vedova), se ho visto alcuno perire per mancanza di vesti o un povero che non aveva di che coprirsi, se i suoi lombi non mi hanno benedetto, e non si è riscaldato con la lana dei miei agnelli, se ho alzato la mano contro l’orfano perché sapevo di avere aiuto alla porta, che la mia spalla si stacchi dalla sua scapola, il mio braccio si rompa al gomito! Poiché la calamità che viene da Dio mi incute spavento, e a motivo della sua maestà non potevo fare nulla. Se ho riposto la mia fiducia nell’oro, e all’oro fino ho detto: »Tu sei la mia speranza«, se mi sono rallegrato perché le mie ricchezze erano grandi, e perché la mia mano ha accumulato tanti beni, se ho guardato il sole quando brilla o la luna che avanzava splendente, e il mio cuore si è lasciato segretamente sedurre e la mia bocca ha baciato la mia mano; anche questa sarebbe una colpa che deve essere punita dai giudici perché avrei rinnegato Dio che sta in alto. Se mi sono rallegrato della sciagura del mio nemico e mi sono innalzato, perché lo aveva colpito la sventura. (ma io non ho permesso alla mia bocca di peccare, augurandogli la morte con una maledizione); se la gente della mia tenda non ha detto: »chi può trovare uno che non si è saziato con la sua carne? (inoltre nessun forestiero passava la notte all’aperto, perchè aprivo le mie porte al viandante) se ho coperto i miei peccati come Adamo celando la mia colpa in petto, perché avevo paura della grande folla e il disprezzo delle famiglie mi spaventava, sí da star zitto senza uscir di casa. Oh, avessi uno che mi ascoltasse! Ecco la mia firma! L’Onnipotente mi risponda! Il mio avversario scriva un documento, e io lo porterei certamente sulle mie spalle e lo cingerei come un diadema; gli renderei conto di tutti i miei passi, presentandomi a lui come un principe. Se la mia terra grida contro di me e i suoi solchi piangono insieme ad essa, se ho mangiato il suo frutto senza pagare, se ho fatto esalare l’ultimo respiro ai suoi padroni, invece di grano crescano spine, ed erbacce al posto dell’orzo«. Qui terminano le parole di Giobbe. Allora questi tre uomini cessarono di rispondere a Giobbe, perché egli si riteneva giusto. Ma l’ira di Elihu, figlio di Barakel, il Buzita, del clan di Ram, si accese contro Giobbe; la sua ira si accese, perché questi riteneva giusto se stesso anziché DIO. La sua ira si accese anche contro i suoi tre amici, perché non avevano trovato la giusta risposta, sebbene condannassero Giobbe. Elihu aveva aspettato a parlare a Giobbe, perché essi erano piú anziani di lui. Quando però Elihu si rese conto che non c’era piú risposta sulla bocca di quei tre uomini, si accese d’ira. Cosí Elihu, figlio di Barakel, il Buzita, prese la parola e disse: »lo sono ancora giovane di età e voi siete vecchi; perciò ho esitato e ho avuto paura a esporvi la mia opinione. Dicevo: »Parlerà l’età, e il gran numero degli anni insegnerà la sapienza Ma nell’uomo c’è uno spirito, ed è il soffio dell’Onnipotente che gli dà intelligenza. Non sono necessariamente i grandi ad avere sapienza o i vecchi a intendere la giustizia. Perciò dico: Ascoltatemi, esporrò anch’io la mia opinione. Ecco, ho atteso i vostri discorsi, ho ascoltato i vostri argomenti, mentre cercavate qualcosa da dire. Vi ho seguito attentamente, ed ecco, nessuno di voi ha convinto Giobbe o risposto alle sue parole. Non dite dunque: »abbiamo trovato la sapienza; solo Dio lo può completamente sconfiggere, non l’uomo!« Egli non ha diretto i suoi discorsi contro di me, perciò non gli risponderò con le vostre parole. Sono sconcertati, non rispondono piú, mancano loro le parole. Devo aspettare ancora, perché non parlano piú, perché stanno lí senza dare alcuna risposta. Presenterò anch’io la mia parte, esporrò anch’io la mia opinione. Poiché sono pieno di parole e lo spirito dentro di me mi costringe. Ecco, il mio seno è come vino che non ha sfogo; come otri nuovi, sta per scoppiare. Parlerò dunque per averne un po’ di sollievo, aprirò le labbra e risponderò. Permettetemi ora di parlare senza mostrare parzialità con alcuno e senza adulare alcuno; perché io non so adulare, altrimenti il mio Fattore mi toglierebbe presto di mezzo«. »Ora dunque, Giobbe, ascolta ciò che ho da dire e porgi orecchio a tutte le mie parole! Ecco, io apro la bocca e la mia lingua parla nella mia bocca. Le mie parole vengono da un cuore retto, le mie labbra proferiranno pura conoscenza. Lo Spirito di Dio mi ha fatto e il soffio dell’Onnipotente mi dà la vita, Se puoi, rispondimi; preparati pure a difendere le tue posizioni. Ecco, io sono uguale a te davanti a Dio; anch’io sono stato formato dall’argilla. Ecco, nessuna paura di me ti dovrebbe spaventare, e la mia mano non graverà su di te. Tu però hai detto alle mie orecchie, e ho udito il suono delle tue parole, che dicevano: "Io sono puro, senza peccato, sono innocente, non c’è in me alcuna colpa. Ma Dio trova contro di me motivi di ostilità e mi considera suo nemico. pone i miei piedi nei ceppi e osserva tutti i miei passi". Ebbene, io ti dico che in questo non hai ragione, perché Dio è piú grande dell’uomo. Perché contendi con lui, dato che egli non rende conto di alcuno dei suoi atti? Dio infatti parla in un modo o nell’altro, ma l’uomo non ci bada: in un sogno, in una visione notturna, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando stanno assopiti sui loro letti. Allora egli apre le orecchie degli uomini e sigilla gli ammonimenti che dà loro. per distogliere l’uomo dalle sue azioni e tener l’uomo lontano dalla superbia. per scampare la sua anima dalla fossa e impedire che la sua vita perisca per la spada. L’uomo è pure ammonito con il dolore sul suo letto e con il tormento incessante nelle sue ossa. sí da aver nausea del pane e persino dei cibi più squisiti. La carne si consuma a vista d’occhio, mentre le sue ossa, che prima non si vedevano, spuntano fuori; cosí la sua anima si avvicina alla fossa e la sua vita a quelli che danno la morte. Ma se presso a lui vi è un angelo, un interprete, uno solo fra mille, che mostri all’uomo il suo dovere. Dio ha pietà di lui e dice: »risparmialo dallo scendere nella fossa; ho trovato il riscatto per lui« Allora la sua carne diventerà piú fresca che nella, sua fanciullezza ed egli tornerà ai giorni della sua giovinezza. Supplicherà Dio, troverà grazia presso di lui e potrà contemplare il suo volto con giubilo, perché Dio avrà ristabilito l’uomo nella sua giustizia. Rivolgendosi alla gente dirà: »ho peccato e violato la giustizia, e non sono stato punito come meritavo. Dio ha riscattato la mia anima, perché non scendesse nella fossa e la mia vita può vedere la luce". Ecco. Dio fa tutto questo due volte, tre volte con l’uomo. per scampare la sua anima dalla fossa e per illuminarlo con la luce della vita. Sta’ attento, Giobbe, ascoltami; sta in silenzio, e io parlerò. Se hai qualcosa da dire, rispondimi, parla, perché vorrei poterti dar ragione. Se no, ascoltami; taci, e io ti insegnerò la sapienza«. Elihu riprese a parlare e disse: »Ascoltate, o saggi, le mie parole, e voi, dotti, prestatemi orecchio! Poiché l’orecchio esamina le parole, come il palato assapora i cibi. Scegliamo noi stessi ciò che è giusto, riconosciamo fra noi ciò che è buono. Poiché Giobbe ha detto: Sono giusto ma Dio ha tolto via la mia giustizia. Dovrei mentire contro la mia giustizia? La mia ferita è incurabile, benché sia senza peccato". Chi è come Giobbe, che beve la derisione come l’acqua, che cammina in compagnia dei malfattori e vada assieme ai malvagi? Poiché ha detto: »Non giova nulla all’uomo riporre il proprio diletto in DIO Ascoltatemi dunque, o uomini di senno! Lungi da Dio l’iniquità e dall’Onnipotente la malvagità! Poiché egli rende all’uomo secondo le sue opere e fa trovare a ognuno il salario della sua condotta. Certamente Dio non compie il male e l’Onnipotente non sovverte la giustizia. Chi gli ha affidato la cura della terra, o chi lo ha costituito sul mondo intero? Se Dio dovesse decidere in cuor suo di ritirare a sé il suo Spirito e il suo soffio, ogni carne perirebbe assieme, e l’uomo ritornerebbe in polvere, Se hai intendimento, ascolta questo, porgi orecchio a ciò che ti dico. Uno che odia la giustizia potrebbe governare? Osi tu condannare il Giusto, il Potente? Lui che dice a un re, »Sei spregevole« e ai principi: »Siete malvagi«. Ma egli non usa alcuna parzialità con i grandi né considera il ricco piú del povero, perché sono tutti opera delle sue mani. In un attimo, essi muoiono nel cuore della notte la gente è scossa e scompare, i potenti son portati via senza mano d’uomo. Poiché egli tiene gli occhi sulle vie dell’uomo, e vede tutti i suoi passi. Non vi sono tenebre né ombra di morte, dove possano nascondersi i malfattori. Dio infatti non ha bisogno di osservare a lungo un uomo prima di farlo comparire davanti a sé in giudizio. Egli fiacca i potenti senza fare inchiesta e ne mette altri al loro posto. Poiché conosce le loro opere, li abbatte nella notte e sono distrutti; li colpisce come gente malvagia alla vista di tutti. perché si sono allontanati da lui senza prestare attenzione alle sue vie, fino a far giungere a lui il grido a del povero, perché egli ode il grido degli afflitti. Quando Dio dà tranquillità, chi lo condannerà? Quando nasconde il suo volto, chi potrà vederlo, sia contro un’intera nazione o un sol uomo, per impedire all’empio di regnare e al popolo di essere preso da lacci? Può uno dire a Dio: »Io porto la mia pena non farò piú il male; mostrami ciò che non riesco a vedere; se ho commesso qualche iniquità, non lo farò piú"? Dovrebbe egli ricompensare in base alle tue condizioni, perché tu rifiuti il suo giudizio? Tu devi scegliere e non io; perciò di ciò che sai. La gente assennata, come ogni uomo saggio che mi ascolta, mi dirà: "Giobbe parla senza intendimento, le sue parole sono prive di sapienza Sia dunque Giobbe provato sino alla fine, perché le sue risposte sono come quelle degli uomini malvagi, perché aggiunge al suo peccato la ribellione, batte le mani in mezzo a noi e moltiplica le sue parole contro Dio«. Elihu continuò a parlare e disse: »Ti pare una cosa giusta quando dici: »Sono piú giusto di Dio«? Infatti hai detto: »che ti giova? Quale utilità avrei del mio peccato?«. Risponderò io a te e ai tuoi amici assieme a te. Contempla il cielo e osserva; guarda le nuvole, che sono piú alte di te. Se pecchi, che effetto ha su di lui? Se moltiplichi i tuoi misfatti, che danno gli arrechi? Se sei giusto, che cosa gli dai, o che cosa riceve dalla tua mano? La tua malvagità può solamente nuocere a un uomo come te, e la tua giustizia può solamente giovare a un figlio d’uomo. Si grida per il gran numero delle oppressioni, si grida in cerca di aiuto a motivo della forza dei potenti; ma nessuno dice: »Dov’è Dio, il mio creatore, che nella notte concede canti di gioia, che a noi insegna piú cose che alle bestie dei campi e ci fa piú saggi degli uccelli del cielo? Cosí si grida, ma egli non risponde a motivo della superbia dei malvagi. Certamente Dio non darà ascolto a discorsi vuoti, e l’Onnipotente non vi farà attenzione. Anche se tu dici di non vederlo, la tua causa sta davanti a lui, e tu devi aspettarlo. Ma ora, perché nella sua ira non punisce e non fa troppo caso alle trasgressioni, Giobbe apre inutilmente le labbra e accumula parole senza senno«. Elihu proseguí ancora, dicendo: »Aspetta un po’ e ti mostrerò che ci sono ancora cose da dire da parte di Dio. Prenderò la mia conoscenza da lontano e renderò giustizia a colui che mi ha fatto. Certamente le mie parole non sono bugiarde; davanti ti sta un uomo con una conoscenza impeccabile. Ecco, Dio è potente, ma non disprezza alcuno; è potente nella forza della sua Sapienza. Egli non lascia vivere il malvagio e rende giustizia agli oppressi. Non distoglie i suoi occhi dai giusti, ma li fa sedere per sempre con i re sul trono; cosí sono messi in alto. Se però sono legati in catene e trattenuti in lacci di afflizione, allora mostra loro le opere loro e le loro trasgressioni, perché si sono insuperbiti. Egli apre cosí i loro orecchi alla correzione e li esorta ad allontanarsi dal male. Se ascoltano e si sottomettono, finiranno i loro giorni nel benessere e i loro anni nelle delizie; se però non ascoltano periranno per la spada, moriranno senza conoscenza. Ma gli empi di cuore accumulano ira non gridano in cerca di aiuto, cosí muoiono ancora giovani e la loro vita finisce tra i sodomiti. Dio libera gli afflitti mediante la loro afflizione e apre i loro orecchi mediante la sventura. Egli vuole sottrarre anche te dal morso dell’avversità, per portarti in un luogo ampio senza restrizione, con una tavola imbandita piena di cibi succulenti. Ma tu colmi il giudizio del malvagio, e il giudizio e la giustizia ti afferreranno. Se c’è collera, bada che egli non ti porti via con un sol colpo, perché una gran somma di denaro non potrebbe allontanarlo. Darà forse valore alle tue ricchezze, quando egli ha oro e tutte le risorse della potenza? Non desiderare la notte, in cui la gente è portata via dal suo luogo. Bada di non volgerti all’iniquità, perché tu hai preferito questa afflizione. Ecco, Dio è eccelso nella sua potenza; chi può insegnare come lui? Chi mai può imporgli la via da seguire e chi può dirgli: »Tu hai fatto male«? Ricordati di magnificare le sue opere, che gli uomini hanno cantato; tutti gli uomini le ammirano, il mortale le può contemplare da lontano. Sí, Dio è grande, ma noi non lo conosciamo, e il numero dei suoi anni è imperscrutabile. Egli attira in alto le gocce d’acqua sotto forma di vapore, che si condensa poi in pioggia, che le nubi riversano e lasciano cadere sull’uomo in gran quantità. Chi può capire lo spiegamento delle nubi, il fragore che scoppia nella sua tenda? Ecco, egli spande intorno a sé la sua luce e copre le profondità del mare. Per mezzo di esse egli punisce i popoli e dà cibo in abbondanza. Si copre le mani con i fulmini e comanda loro di colpire il bersaglio. Il tuono parla di lui, anche il bestiame avverte la tempesta in arrivo. Per questo il mio cuore trema e balza fuori dal suo posto. Ascoltate attentamente il fragore della sua voce, il rombo che esce dalla sua bocca! Egli lascia andar libero il suo lampo sotto tutto il cielo e fino alle estremità della terra. Dietro di esso una voce rugge; egli tuona con la sua voce maestosa; egli non li trattiene quando si è udita la sua voce. Dio tuona meravigliosamente con la sua voce e fa grandi cose che non possiamo comprendere. Dice infatti alla neve: »Cadi sulla terra lo dice tanto alle piogge leggere che alle piogge torrenziali. Arresta la mano di ogni uomo, affinché tutti i mortali possano conoscere le sue opere. Le fiere entrano nei loro nascondigli rimangono nelle loro tane. Dai piú remoti recessi del sud viene l’uragano, e il freddo dai gelidi venti del nord. Al soffio di Dio si forma il ghiaccio e la distesa delle acque si ritira. Carica le dense nubi di umidità e di sperde lontano le sue nubi luminose. Esse vagano ovunque nel cielo, cambiando direzione in base alla sua guida per compiere qualunque cosa egli manda loro sulla faccia della terra abitata. Le manda o per castigo o per la sua terra o per bontà. Porgi l’orecchio a questo, o Giobbe, fermati e considera le meraviglie di Dio! Sai tu come Dio le diriga e come faccia brillare il lampo delle sue nubi? Sai tu come le nubi si librino nell’aria, le meraviglie di colui che sa tutto? Sai tu perché i tuoi abiti sono caldi, quando la terra si riposa a motivo dello scirocco? Hai tu forse disteso con lui il firmamento, rendendolo solido come uno specchio di metallo fuso? Insegnaci che cosa dobbiamo dirgli, perchè noi non possiamo preparare il nostro caso per l’oscurità. Gli si può forse dire che io voglio parlare? Se un uomo dovesse parlare, sarebbe certamente distrutto. Anche ora nessuno può guardare fisso il sole quando splende in cielo, dopo che è passato il vento e l’ha reso terso. Il bel tempo viene dal nord, ma intorno a Dio è tremenda maestà. L’Onnipotente noi non lo possiamo raggiungere. Egli è sublime in potenza, in rettitudine e nella sua grande giustizia; egli non opprime alcuno. Per questo gli uomini lo temono; ma egli non tiene conto di chi si ritiene sapiente«. Allora l’Eterno rispose a Giobbe di mezzo alla tempesta e disse: »Chi è costui che oscura il mio disegno con parole prive di conoscenza? Orsú, cingiti i lombi, come un prode; io ti interrogherò e tu mi risponderai. Dov’eri tu quando io gettavo le fondamenta della terra? Dillo, se hai tanta intelligenza. Chi ha stabilito le sue dimensioni, se lo sai, o chi tracciò su di essa la corda per misurarla? Dove sono fissate le sue fondamenta, o chi pose la sua pietra angolare, quando le stelle del mattino cantavano tutte insieme e tutti i figli di DIO mandavano grida di gioia? Chi racchiuse con porte il mare quando proruppe uscendo dal grembo materno, quando gli diedi le nubi per vestito e per fasce l’oscurità? Quando gli tracciai un limite e gli misi sbarre e porte, e dissi: »Tu arriverai fin qui, ma non oltre; qui si arresteranno le tue onde superbe! Da quando vivi hai mai comandato al mattino o insegnato all’aurora il suo posto, perché essa afferri le estremità della terra e ne scuota via i malvagi Si trasforma come creta sotto il sigillo, e spicca come un vestito. Ai malvagi è negata la loro luce, e il braccio alzato è spezzato. Sei forse giunto fino alle sorgenti del mare o sei mai andato in cerca delle profondità dell’abisso? Ti sono state mostrate le porte della morte, o hai forse visto le porte dell’ombra di morte? Hai tu fatto caso all’ampiezza della terra? Dillo, se sai tutto questo! Dov’è la via che guida alla dimora della luce? E le tenebre, dov’è il loro luogo. perché tu le possa condurre al loro posto, e possa conoscere i sentieri che portano alla loro casa? Tu lo sai, perché allora eri già nato, e il numero dei tuoi giorni è grande. Sei mai entrato nei depositi della neve, o hai forse visto i depositi della grandine che io tengo in serbo per i tempi di calamità, per il giorno della battaglia e della guerra? Per quali vie si diffonde la luce o propaga il vento orientale sulla terra Chi ha aperto un canale per le straripanti acque e la via al tuono dei fulmini. per far piovere su una terra disabitata, su un deserto, dove non c’è alcun uomo, per dissetare le solitudini desolate, e far germogliare e crescere l’erba? La pioggia ha forse un padre? O chi genera le gocce della rugiada? Dal grembo di chi esce il ghiaccio, e la brina del cielo chi la dà alla luce? Le acque si induriscono come pietra e la superficie dell’abisso si congela. Puoi tu unire assieme i legami delle Pleiadi, o sciogliere le catene di Orione? Fai tu apparire le costellazioni a suo tempo, o guidare l’Orsa maggiore con i suoi piccoli? Conosci tu le leggi del cielo, o puoi tu stabilire il loro dominio sulla terra? Puoi tu far giungere la tua voce fino alle nubi affinché abbondanza di pioggia ti ricopra? Sei tu forse che scagli i fulmini dove devono andare, dicendoti: »Eccoci«? Chi ha messo nella mente la sapienza o chi ha dato intendimento al cuore? Chi conta le nubi per mezzo della sapienza, e chi versa gli otri del cielo quando la polvere si fonde in una massa e le zolle si attaccano insieme? Puoi tu cacciare la preda per la leonessa o saziare la fame dei leoncelli quando si accovacciano nelle loro tane o stanno in agguato nei loro nascondigli? Chi provvede al corvo il suo cibo, quando i suoi piccini gridano a Dio e vanno errando senza cibo? Conosci tu il tempo in cui partoriscono le capre delle rocce o hai forse osservato il parto delle cerve? Sai tu contare i mesi in cui portano a termine la loro gravidanza, o conosci tu il tempo in cui devono partorire? Si accovacciano e danno alla luce i loro piccoli, mettendo cosí fine alle loro doglie. I loro piccoli si fanno forti, crescono all’aperto, se ne vanno e non ritornano piú da esse. Chi lascia andar libero l’onàgro, chi ha sciolto i legami all’asino selvatico, al quale ho assegnato come dimora il deserto e la terra salata per abitazione? Egli disprezza il frastuono della città e non ode grida di alcun padrone. Le ampie distese di montagna sono il suo pascolo, e va in cerca di tutto ciò che è verde. Il bufalo è forse disposto a servirti o a passare la notte presso la tua mangiatoia? Puoi forse legare il bufalo con la corda per arare nel solco, o erpicherà le valli dietro a te? Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande, o lascerai a lui il tuo lavoro Conterai su di lui per portare a casa il tuo grano e per ammassarlo sull’aia? Le ali dello struzzo sbattono festosamente, ma non sono certo le ali e le piume della cicogna. Esso infatti abbandona le proprie uova per terra e le lascia riscaldare nella polvere, dimenticando che un piede può schiacciarle o una bestia dei campi calpestarle. Tratta duramente i suoi piccoli, come se non fossero suoi; ma la sua fatica senza alcun interesse è vana, perché Dio la privato di sapienza e non gli ha impartito intelligenza. Ma quando si alza in piedi per scappare, si beffa del cavallo e del suo cavaliere. Sei tu che hai dato al cavallo la forza e che hai rivestito il suo collo con una fremente criniera? Sei tu che lo fai saltare come una locusta? Il fiero suo nitrito incute spavento. Scalpita nella valle rallegrandosi nella sua forza; e si slancia in mezzo alla mischia di armi. Sprezza la paura e non teme, né indietreggia davanti alla spada. Su di lui risuona la faretra, la folgorante lancia e il giavellotto. Con ardore e impeto divora le distanze e non sta piú fermo quando suona la tromba. Al primo squillo di tromba dice: »Aha!« e fiuta da lontano la battaglia, la voce tonante dei capitani e il grido di guerra. E’ forse per la tua intelligenza che si alza in volo lo sparviero e spiega le sue ali verso il sud? E’ al tuo comando che l’aquila si leva in alto e fa il suo nido nei luoghi elevati Abita sulle rocce e rimane su rupi scoscese. Da lassú spia la preda e i suoi occhi scrutano lontano. I suoi piccoli succhiano sangue e dove sono gli uccisi, là essa si trova«. L’Eterno continuò a rispondere a Giobbe e disse: »Colui che contende con l’Onnipotente, vuole forse correggerlo? Colui che rimprovera Dio, risponda a questo«. Allora Giobbe rispose all’Eterno e disse: »Ecco, sono cosí meschino, che cosa ti posso rispondere? Mi metto la mano sulla bocca. Ho parlato una volta, ma non parlerò più; sí, due volte, ma non aggiungerò altro«. L’Eterno allora rispose a Giobbe di mezzo alla tempesta e disse: »Orsú, cingiti i lombi, come un prode, io ti interrogherò e tu mi risponderai. Vorresti proprio annullare il mio giudizio, condannare me per giustificare te stesso? Hai tu un braccio come quello di Dio e puoi tuonare con una voce pari alla sua? Adornati dunque di maestà e di magnificenza e rivestiti di gloria e di splendore. Da’ libero sfogo ai furori della tua ira; guarda a tutti i superbi e abbassali, guarda a tutti i superbi e umiliali, e schiaccia i malvagi ovunque si trovino. Seppelliscili nella polvere tutti insieme, rinchiudili in luoghi segreti. Allora anch’io ti loderò, perché la tua destra ti ha dato vittoria. Guarda behemoth che ho fatto al pari di te; esso mangia l’erba come il bue. Ecco, la sua forza è nei suoi fianchi e la sua potenza nei muscoli del suo ventre. Fa oscillare la sua coda, come un cedro; i nervi delle sue cosce sono saldamente intrecciati. Le sue ossa sono come tubi di bronzo, le sue ossa come sbarre di ferro. Esso è la prima delle opere di Dio, solo colui che lo fece può avvicinarsi a lui con la sua spada. Benché i monti producono cibo per lui, e là tutte le bestie dei campi si divertano, Si sdraia sotto le piante di loto, in luoghi nascosti dei canneti e delle paludi. Le piante di loto lo coprono con la loro ombra, i salici del torrente, lo circondano. Il fiume può straripare, ma egli non ha paura; è sicuro di sé, anche se il Giordano dovesse avventarsi contro la sua stessa bocca. Chi mai potrà prenderlo per gli occhi o forargli le narici con uncini? Puoi tu tirar fuori il Leviathan con l’amo o tener ferma la sua lingua con una corda? Puoi tu mettergli un giunco nelle narici o forargli la mascella con un uncino? Ti farà egli molte suppliche o ti rivolgerà parole dolci? Farà egli un patto con te, perche tu lo prenda come servo per sempre? Scherzerai tu con lui come con un uccello o lo terrai al guinzaglio per le tue fanciulle? I tuoi amici faranno con lui splendidi intrattenimenti o lo spartiranno forse tra i mercanti? Puoi tu coprire la sua pelle di dardi o la sua testa con arpioni? Mettigli le mani addosso, ti ricorderai del combattimento e non ci riproverai. Ecco, la speranza di chi l’assale è ingannevole; al solo vederlo uno è atterrito. Nessuno è tanto audace da osare di provocarlo. Chi dunque è in grado di stare fermo davanti a me? Chi mi ha reso per primo un servizio, perché lo debba ripagare? Qualunque cosa sotto tutti i cieli è mia. Non passerò sotto silenzio le sue membra, la sua grande forza e la bellezza della sua armatura. Chi può spogliarlo della sua corazza, e chi può avvicinarlo con una doppia briglia? Chi può aprire le porte della sua bocca, circondata com’è dal terrore dei suoi denti? Superbe sono le file dei suoi scudi, strettamente saldati come da un sigillo. L’uno è cosí vicino all’altro che tra loro non passa neppure l’aria. Sono attaccati gli uni agli altri, saldamente uniti insieme, e non possono separarsi, I suoi starnuti danno guizzi di luce e i suoi occhi sono come le palpebre dell’aurora. Dalla sua bocca escono vampate, sprizzano scintille di fuoco. Dalle sue narici esce fumo, come da una pentola bollente o da un calderone. Il suo alito incendia carboni e dalla sua bocca escono fiamme. La forza risiede nel suo collo e davanti a lui danza il terrore. Le parti flosce della sua carne sono ben compatte, sono ben salde su di lui e non si muovono. Il suo cuore è duro come una pietra, duro come la parte inferiore della macina. Quando si rizza, i forti hanno paura, e per il terrore restano smarriti. La spada che lo raggiunge non gli fa nulla, e neppure la lancia, la freccia e il giavellotto. Considera il ferro come paglia e il bronzo come legno tarlato. La freccia non lo mette in fuga; le pietre della fionda per lui diventano stoppia. Le mazze gli sembrano paglia, si fa beffe del vibrare della lancia. Al di sotto ha punte acuminate e lascia come tracce d’erpice sul fango. Fa bollire l’abisso come una caldaia e fa del mare come un vaso di unguento. Si lascia dietro una scia di luce e l’abisso sembra coperto di canizie. Sulla terra non c’è nulla simile a lui, che è stato fatto senza paura alcuna. Guarda in faccia tutti gli esseri alteri; egli è il re su tutte le fiere più superbe«. Allora Giobbe rispose all’Eterno e disse: »Riconosco che puoi tutto, e che nessun tuo disegno può essere impedito. Chi è colui che offusca il tuo consiglio senza intendimento? Per questo ho detto cose che non comprendevo, cose troppo alte per me che non conoscevo. Deh, ascolta, e io parlerò; io ti interrogherò e tu mi risponderai. Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti vede. Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere«. Ora, dopo che l’Eterno ebbe rivolto queste parole a Giobbe, l’Eterno disse a Elifaz di Teman: »La mia ira si è accesa contro te e contro i tuoi due amici, perché non avete parlato di me rettamente, come ha fatto il mio servo Giobbe. Ora dunque prendete con voi sette tori e sette montoni, andate dal mio servo Giobbe e offrite un olocausto per voi stessi. Il mio servo Giobbe pregherà per voi; e cosí per riguardo a lui non vi tratterò secondo la vostra follia, perché non avete parlato di me rettamente come ha fatto il mio servo Giobbe«. Elifaz di Teman e Bildad di Shuah e Tsofar di Naamath andarono e fecero come l’Eterno aveva loro ordinato; e l’Eterno ebbe riguardo a Giobbe. Quando Giobbe ebbe pregato per i suoi amici, l’Eterno lo ristabilí nel precedente stato; cosí l’Eterno rese a Giobbe il doppio di tutto ciò che aveva posseduto. Tutti i suoi fratelli, tutte le sue sorelle e tutti i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo, mangiarono con lui in casa sua; essi lo confortarono e lo consolarono di tutte le avversità che l’Eterno aveva mandato su di lui; quindi ognuno di essi gli diede un pezzo d’argento e un anello d’oro. Ora l’Eterno benedisse gli ultimi anni di Giobbe piú dei primi, perché egli ebbe quattordicimila pecore, seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine. Ebbe pure sette figli e tre figlie; e chiamò la prima Jemimah, la seconda Ketsiah e la terza Keren-Happuk. In tutto il paese non c’erano donne cosí belle come le figlie di Giobbe; e il padre assegnò loro una eredità tra i loro fratelli. Dopo questo Giobbe visse centoquarant’anni e vide i suoi figli e i figli dei suoi figli per quattro generazioni. Poi Giobbe morí vecchio e sazio di giorni.
Beato l’uomo che non cammina nel consiglio degli empi, non si ferma nella via dei peccatori e non si siede in compagnia degli schernitori, ma il cui diletto è nella legge dell’Eterno, e sulla sua legge medita giorno e notte. Egli sarà come un albero piantato lungo i rivi d’acqua, che dà il suo frutto nella sua stagione e le cui foglie non appassiscono; e tutto quello che fa prospererà, Non cosí sono gli empi; ma sono come pula che il vento disperde. Perciò gli empi non reggeranno nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti. Poiché l’Eterno conosce la via dei giusti, ma la via degli empi porta alla rovina. Perché tumultuano le nazioni, e i popoli tramano cose vane? I re della terra si ritrovano e i principi si consigliano insieme contro l’Eterno e contro il suo Unto, dicendo: »Rompiamo i loro legami e sbarazziamoci delle loro funi«. Colui che siede nei cieli riderà, il Signore si farà beffe di loro. Allora parlerà loro nella sua ira, e nel suo grande sdegno li spaventerà, e dirà: »Ho insediato il mio re sopra Sion, il mio santo monte. Dichiarerò il decreto dell’Eterno. Egli mi ha detto: »Tu sei mio figlio oggi io ti ho generato. Chiedimi, e io ti darò le nazioni come tua eredità e le estremità della terra per tua possessione. Tu le spezzerai con una verga di ferro, le frantumerai come un vaso d’argilla"«. Ora dunque, o re, siate savi, accettate la correzione, o giudici della terra. Servite l’Eterno con timore e gioite con tremore. Sottomettetevi al Figlio, perché non si adiri e non periate per via, perché la sua ira può accendersi in un momento. Beati tutti coloro che si rifugiano in lui. Salmo di Davide quando fuggí davanti ad Absalom, suo figlio O Eterno, quanto numerosi sono i miei nemici! Molti si levano contro di me. Molti dicono di me: »Non vi è salvezza per lui presso DIO«. (Sela) Ma tu, o Eterno, sei uno scudo attorno a me, tu sei la mia gloria e colui che mi solleva il capo. Con la mia voce ho gridato all’Eterno, ed egli mi ha risposto dal suo monte santo. (Sela) Io mi sono coricato e ho dormito; poi mi sono risvegliato, perché l’Eterno mi sostiene. Io non temerò miriadi di gente, che si accampassero tutt’intorno contro di me. Levati o Eterno; salvami, o DIO mio; perché tu hai percosso tutti i miei nemici sulla mascella; tu hai rotto i denti degli empi. La salvezza appartiene all’Eterno; la tua benedizione sia sul tuo popolo. (Sela) Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo di Davide Quando grido, rispondimi, o DIO della mia giustizia; quand’ero nell’avversità, tu mi hai soccorso; abbi pietà di me ed esaudisci la mia preghiera. Fino a quando, o figli degli uomini, si farà oltraggio alla mia gloria? Fino a quando amerete la vanità e andrete dietro alla menzogna? (Sela) Or sappiate che l’Eterno si è appartato uno che è santo; l’Eterno mi esaudirà quando griderò a lui. Adiratevi e non peccate; sul vostro letto meditate nel vostro cuore e state in silenzio. (Sela) Offrite sacrifici di giustizia e confidate nell’Eterno. Molti dicono: »Chi ci farà vedere il bene?«. O Eterno, fa’ risplendere la luce del tuo volto su di noi. Tu mi hai messo piú gioia nel cuore di quanto ne provano essi, quando il loro grano ed il loro mosto abbondano. In pace mi coricherò e in pace dormirò, poiché tu solo, o Eterno, mi fai dimorare al sicuro. Al maestro del coro. Per flauto. Salmo di Davide Porgi l’orecchio alle mie parole, o Eterno; sii attento al mio lamento. Ascolta la voce del mio grido, o mio Re e mio DIO, poiché a te rivolgo la mia preghiera. O Eterno, al mattino tu dai ascolto alla mia voce, al mattino eleverò la mia preghiera a te e aspetterò. perché tu non sei un Dio che prende piacere nell’empietà; con te non può dimorare il male. Quelli che si gloriano, non potranno reggere davanti ai tuoi occhi; tu hai in odio tutti gli operatori d’iniquità. Tu farai perire tutti quelli che dicono menzogne; l’Eterno detesta l’uomo di sangue e di frode. Ma io, per la tua grande benignità entrerò nella tua casa e adorerò con gran timore, rivolto al tuo santo tempio. O Eterno, guidami per la tua giustizia, a motivo dei miei nemici; raddrizza davanti a me la tua via perché nella loro bocca non c’è alcuna rettitudine; il loro cuore non medita altro che rovina; la loro gola è un sepolcro aperto; lusingano con la loro lingua. Condannali o DIO, non riescano nei loro disegni; scacciali per la moltitudine dei loro misfatti, perché si sono ribellati contro di te. Ma si rallegrino tutti quelli che si rifugiano in te, mandino grida di gioia per sempre, perché tu li proteggi; esultino in te quelli che amano il tuo nome. perché tu, o Eterno, benedirai il giusto; tu lo circonderai con la tua grazia, come d’uno scudo. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Su un’arpa a otto corde. Salmo di Davide O Eterno non correggermi nella tua ira e non castigarmi nell’ardore del tuo sdegno. Abbi pietà di me, o Eterno; perché sono sfinito dal male; guariscimi, O Eterno, perché le mie ossa sono afflitte; Anche la mia anima è grandemente afflitta; e tu, o Eterno, fino a quando? Volgiti a me, o Eterno libera l’anima mia; salvami, per amore della tua benignità. Poiché nella morte non c’è memoria di te; chi ti celebrerà nello Sceol? Io sono sfinito a forza di sospirare; ogni notte allago di pianto il mio letto e faccio scorrere le lacrime sul mio giaciglio. Il mio occhio si strugge dal dolore e invecchia a motivo di tutti i miei nemici. Allontanatevi da me, voi tutti operatori d’iniquità, perché l’Eterno ha dato ascolto alla voce del mio pianto. L’Eterno ha dato ascolto alla mia supplica; l’Eterno accoglie la mia preghiera. Tutti i miei nemici saranno confusi e grandemente smarriti; essi volteranno le spalle e saranno confusi in un momento. Scighionot di Davide che cantò all’Eterno per le parole di Kush il Beniamita O Eterno, DIO mio, mi rifugio in te; salvami da tutti quelli che mi perseguitano e liberami perché talora il nemico non dilani l’anima mia come un leone, lacerandola senza che alcuno mi liberi. O Eterno, DIO mio, se ho fatto questo, se vi è perversità nelle mie mani. se ho reso male per bene a chi viveva in pace con me, o se ho spogliato il mio nemico senza ragione, mi perseguiti pure il nemico e mi raggiunga, calpesti a terra la mia vita e trascini la mia gloria nella polvere. Levati, o Eterno, nella tua ira; innalzati contro il furore dei miei nemici e destati in mio favore; tu hai stabilito il giudizio. L’assemblea dei popoli ti circonderà; ritorna al di sopra di essa in luogo elevato. L’Eterno giudicherà i popoli; giudicami, o Eterno, secondo la mia giustizia e la mia integrità. Deh! Fa’ cessare la malvagità dei malvagi, ma stabilisci l’uomo giusto, perché tu sei il DIO giusto, che provi i cuori e le menti, Il mio scudo è in DIO, che salva quelli che sono retti di cuore. DIO è un giusto giudice e un Dio che si adira ogni giorno contro i malfattori. Se il malvagio non si converte, egli aguzzerà la sua spada; ha già teso il suo arco e lo ha preparato. Egli ha preparato contro di lui armi mortali, tiene pronte le sue frecce infuocate. Ecco, il malvagio partorisce iniquità; egli ha concepito perversità e partorirà inganno. Egli scava una fossa e la fa profonda, ma egli stesso cade nella fossa che ha fatto. La sua perversità ritornerà sul suo stesso capo, e la sua violenza gli cadrà sulla sommità del capo. Io renderò grazie all’Eterno per la sua giustizia, e canterò le lodi al nome dell’Eterno, l’Altissimo. Al maestro del coro. Sulla Ghittea. Salmo di Davide Quanto è magnifico il tuo nome su tutta la terra, o Eterno, Signor nostro, che hai posto la tua maestà al di sopra dei cieli! Dalla bocca dei bambini e dei lattanti tu hai stabilito la lode a motivo dei tuoi nemici, per far tacere il nemico e il vendicatore. Quando considero i tuoi cieli, e che, sono opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte. che cosa è l’uomo, perché te ne ricordi, e il figlio dell’uomo, perché lo visiti? Eppure tu lo hai fatto di poco inferiore a DIO, e lo hai coronato di gloria e di onore. Lo hai fatto regnare sulle opere delle tue mani e hai posto ogni cosa sotto i suoi piedi! Pecore e buoi tutti quanti, e anche le fiere della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, tutto quello che passa per i sentieri del mare. O Eterno, Signor nostro, quanto è magnifico il tuo nome in tutta la terra! Al maestro del coro. Sul motivo: »La morte del figlio«. Salmo di Davide Io ti celebrerò, o Eterno, con tutto il mio cuore, narrerò tutte le tue meraviglie. Gioirò e mi rallegrerò in te; canterò le lodi al tuo nome, o Altissimo. Poiché i miei nemici voltano le spalle, cadono e periscono davanti a te. Tu infatti hai sostenuto la mia rettitudine e la mia causa, ti sei assiso sul trono come giusto giudice. Tu hai sgridato le nazioni, hai distrutto l’empio, hai cancellato il loro nome per sempre. Il nemico è perito, raggiunto da una desolazione eterna! E delle città che tu hai distrutto è scomparso persino il ricordo. Ma l’Eterno rimane per sempre; egli ha stabilito il suo trono per far giudizio. Egli giudicherà il mondo con giustizia giudicherà i popoli con rettitudine. L’Eterno sarà un rifugio inespugnabile per l’oppresso, un rifugio inespugnabile in tempi di distretta. E quelli che conoscono il tuo nome confideranno in te, perché tu, o Eterno, non abbandoni quelli che ti cercano. Cantate lodi all’Eterno che abita in Sion; annunziate fra i popoli le sue opere. Poiché colui che domanda ragione del sangue si ricorda di loro; egli non dimentica il grido degli afflitti. Abbi pietà di me, o Eterno, tu che mi fai risalire dalle porte della morte, vedi l’afflizione che soffro da parte di quelli che mi odiano, affinché possa raccontare tutte le tue lodi, e alle porte della figlia di Sion possa festeggiare per la tua liberazione. Le nazioni sono sprofondate nella fossa che avevano fatta; il loro piede è stato preso nella rete che avevano nascosta. L’Eterno si è fatto conoscere per mezzo del giudizio che ha fatto; l’empio è stato preso al laccio dall’opera delle sue stesse mani. (Interludio. Sela) Gli empi scenderanno nello Sceol; sí, tutte le nazioni che dimenticano DIO, Poiché il bisognoso non sarà dimenticato per sempre; la speranza degli oppressi non perirà per sempre. Levati, o Eterno; non lasciare che il mortale abbia il sopravvento; siano giudicate le nazioni davanti a te. O Eterno, infondi in loro spavento; fa’ che le nazioni riconoscano di essere semplicemente dei mortali. (Sela) O Eterno, perché te ne stai lontano? Perché ti nascondi in tempi di avversità? L’empio nella sua superbia perseguita con violenza il misero; essi saranno presi nelle macchinazioni stesse da loro ideate, perché l’empio si gloria dei desideri dell’anima sua, benedice il rapace e disprezza l’Eterno. L’empio, nell’arroganza del suo volto, non cerca l’Eterno; tutti i suoi pensieri sono: »DIO non c’è« Le sue vie prosperano in ogni tempo; i tuoi giudizi sono per lui troppo alti, lontani dalla sua portata; egli schernisce tutti i suoi nemici. Egli dice in cuor suo: »lo non sarò mai smosso; non mi accadrà mai alcun male«. La sua bocca è piena di maledizioni, di frode e d’inganno; sotto la sua lingua vi è perversità e iniquità. Egli sta in agguato nei villaggi, uccide l’innocente in luoghi nascosti, i suoi occhi spiano l’infelice. Egli sta in agguato in luoghi nascosti come il leone nella sua tana, sta in agguato per ghermire il misero; egli ghermisce il misero, attirandolo nella sua rete. Egli se ne sta quatto e chino, e gli in felici soccombono alla sua forza. Egli dice nel suo cuore: »Dio dimentica, nasconde la sua faccia, non lo vedrà mai«. Levati, o Eterno; o Dio, alza la tua mano; non dimenticare i miseri. Perché l’empio disprezza DIO? Egli dice in cuor suo: »Tu non ne chiederai conto«. Ma tu hai visto, perché tu osservi attentamente la perversità e l’afflizione, per poi ripagare con la tua mano; l’infelice si rimette a te, tu sei colui che soccorre l’orfano. Spezza il braccio dell’empio e del malvagio, se tu ricercherai la sua malvagità, non la troverai piú. L’Eterno è re per sempre; le nazioni sono scomparse dalla sua terra. O Eterno, tu dai ascolto al desiderio degli umili; tu rafforzi il loro cuore, le tue orecchie sono attente, per far ragione all’orfano e all’afflitto, affinché l’uomo fatto di terra smetta d’incutere spavento. Al maestro del coro. Salmo di Davide Io mi rifugio nell’Eterno; come potete dire all’anima mia: »Fuggi al tuo monte, come un uccelletto«? Perché ecco, gli empi tendono l’arco, aggiustano le loro frecce sulla corda, per tirarle nel buio contro i retti di cuore. Quando le fondamenta sono distrutte, che può fare il giusto? L’Eterno è nel suo tempio santo l’Eterno ha il suo trono nei cieli; i suoi occhi vedono, le sue palpebre scrutano i figli degli uomini. L’Eterno prova il giusto; ma l’anima sua odia l’empio e colui che ama la violenza. Egli farà piovere sugli empi lacci, fuoco, zolfo e vento infuocato; questa, sarà la porzione del loro calice. Poiché l’Eterno è giusto; egli ama la giustizia; gli uomini retti contempleranno il suo volto. Al maestro del coro. Su un’arpa a otto corde. Salmo di Davide. Salva, o Eterno, perché gli uomini pii son venuti meno, e i veraci sono scomparsi in mezzo ai figli degli uomini. Ciascuno mente al suo prossimo e parla con labbro adulatore e con cuore doppio. L’Eterno recida tutte le labbra adulatrici e la lingua che parla con orgoglio. di coloro che dicono: »Con la nostra lingua prevarremo; le nostre labbra ci appartengono; chi è signore sopra di noi?«. »A motivo dell’Oppressione dei miseri e del grido dei bisognosi, ora mi leverò«, dice l’Eterno, »e li salverò da quelli che li insidiano«. Le parole dell’Eterno sono parole pure, come argento raffinato in una fornace di terra, purificato sette volte. Tu, o Eterno, li proteggerai e li preserverai da questa generazione per sempre. Gli empi si aggirano impunemente d’appertutto, quando tra i figli degli uomini viene esaltato il male. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Fino a quando, o Eterno, mi dimenticherai? Sarà forse per sempre? Fino a quando mi nasconderai il tuo volto? Fino a quando farò deliberazioni nella mia anima e avrò afflizione nel mio cuore tutto il giorno? Fino a quando s’innalzerà il mio nemico sopra di me? Guarda attentamente e rispondimi, o Eterno, DIO mio, illumina i miei occhi, affinché non m’addormenti nel sonno della morte, perché il mio nemico non dica: »L’ho vinto«, e perché i miei nemici non si rallegrino, quando vacillo. Ma io confido nella tua benignità, e il mio cuore esulterà nella tua liberazione; io canterò all’Eterno, perché egli mi ha trattato con grande magnanimità. Al maestro del coro. Di Davide Lo stolto ha detto nel suo cuore: »Non c’è DIO«. Sono corrotti, fanno cose abominevoli; non c’è alcuno che faccia il bene. L’Eterno guarda dal cielo sui figli degli uomini per vedere se vi sia qualcuno che abbia intendimento, che cerchi DIO. Si sono tutti sviati, si sono tutti corrotti; non c’è alcuno che faccia il bene, neppure uno. Non hanno alcun intendimento tutti gli operatori di iniquità, che mangiano il mio popolo come se mangiassero del pane e non invocano l’Eterno? Là saranno presi da una grande paura, perché DIO è con la gente giusta. Voi cercate di frustrare i piani del misero, perché l’Eterno è il suo rifugio. Oh! Venga pure da Sion la salvezza, d’Israele! Quando l’Eterno ricondurrà dalla cattività il suo popolo, Giacobbe esulterà, Israele si rallegrerà. Salmo di Davide O Eterno, chi dimorerà nella tua tenda? Chi abiterà sul tuo santo monte? Colui che cammina in modo irreprensibile e fa ciò che è giusto, e dice la verità come l’ha nel cuore, che non calunnia con la sua lingua, non fa alcun male al suo compagno, non lancia alcun insulto contro il suo prossimo. Ai suoi occhi è disprezzata la persona spregevole, ma egli onora quelli che temono l’Eterno; anche se ha giurato a suo danno, egli non ritratta; non dà il suo denaro ad usura e non accetta doni contro l’innocente. Chi fa queste cose non sarà mai smosso. Inno di Davide Proteggimi, o Dio, perché io mi rifugio in te Ho detto all’Eterno: »Tu sei il mio Signore; non ho alcun bene all’infuori di te«. Tutta la mia affezione è riposta negli uomini santi ed onorevoli che sono sulla terra. I dolori di quelli che corrono dietro ad altri dèi saranno moltiplicati; io non verserò le loro libazioni di sangue e non pronuncerò con le mie labbra i loro nomi. L’Eterno è la mia parte di eredità e il mio calice; tu, o Eterno, tieni al sicuro quel che mi è toccato in sorte. Per me la sorte è caduta in luoghi dilettevoli; sí, una bella eredità mi è toccata. Io benedirò l’Eterno che mi consiglia; il mio cuore mi ammaestra anche di notte. Io ho continuamente posto l’Eterno davanti ai miei occhi; poiché egli è alla mia destra, io non sarò mai smosso. Perciò il mio cuore si rallegra, e la mia anima esulta per la gloria della mia eredità; anche la mia carne dimorerà fiduciosa e al sicuro, perché tu non lascerai l’anima mia nello Sceol e non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Tu mi mostrerai il sentiero della vita; c’è abbondanza di gioia alla tua presenza; alla tua destra vi sono delizie in eterno. Preghiera di Davide. O Eterno, da’ ascolto a una giusta causa, presta attenzione al mio grido, porgi l’orecchio alla mia preghiera, che non viene da labbra di frode. Venga la mia difesa dalla tua presenza; gli occhi tuoi vedano ciò che è retto. Tu hai investigato il mio cuore, l’hai visitato di notte, mi hai provato e non hai trovato nulla; mi sono proposto di non peccare con la mia bocca. Riguardo alle opere degli uomini, per la parola delle tue labbra, mi sono guardato dalle vie dei violenti. I miei passi sono rimasti fermi nei tuoi sentieri e i miei piedi non hanno vacillato. Io t’invoco, o Dio, perché tu mi esaudisci, tendi il tuo orecchio verso di me, ascolta le mie parole. Mostrami la tua meravigliosa bontà, o tu, che con la tua destra salvi dai loro avversari quelli che si rifugiano in te. Custodiscimi come la pupilla dell’occhio; nascondimi all’ombra delle tue ali, dagli empi che mi opprimono e dai nemici mortali che mi circondano. I loro cuori si sono induriti, con la loro bocca parlano con arroganza. Ora ci hanno circondati, seguono i nostri passi; fissano i loro occhi per atterrarci. Il mio nemico somiglia a un leone che si strugge dal desiderio di lacerare, e a un leoncello che sta in agguato nei nascondigli. Levati, o Eterno, affrontalo, abbattilo; libera l’anima mia dall’empio con la tua spada. O Eterno, con la tua mano liberami dagli uomini, dagli uomini del mondo la cui parte è in questa vita, e il cui ventre tu riempi coi tuoi tesori nascosti; i loro figli si satollano e lasciano il resto dei loro beni ai loro bambini. Quanto a me, per la giustizia vedrò la tua faccia; mi sazierò della tua presenza quando mi risveglierò. Al maestro del coro. Salmo di Davide, servo dell’Eterno, che rivolse all’Eterno le parole di questo cantico, nel giorno in cui l’Eterno lo liberò dalla mano di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul. Egli disse: »Ti amo, o Eterno, mia forza. L’Eterno è la mia rocca la mia fortezza e il mio liberatore, il mio Dio, la mia rupe in cui mi rifugio, il mio scudo, la potenza della mia salvezza, il mio alto rifugio. Io invoco l’Eterno, che è degno di essere lodato, e sono salvato dai miei nemici. Doglie di morte mi avevano circondato e torrenti di scellerati mi avevano spaventato. Le angosce dello Sceol mi avevano avvolto e lacci di morte mi stavano davanti. Nella mia angoscia invocai l’Eterno e gridai al mio DIO; egli udí la mia voce dal suo tempio, e il mio grido pervenne davanti a lui, ai suoi orecchi. Allora la terra fu scossa e tremò; anche le fondamenta dei monti furono smosse e scrollate, perché egli era acceso d’ira. Un fumo saliva dalle sue narici e un fuoco divorante gli usciva dalla bocca; da lui sprizzavano carboni accesi. Egli abbassò i cieli e discese con una densa caligine sotto i suoi piedi; cavalcava un cherubino e volava; volava veloce sulle ali del vento. Aveva fatto delle tenebre il suo velo, e per padiglione intorno a sé aveva posto l’oscurità delle acque e le dense nubi del cielo. Dallo splendore che lo precedeva si sprigionavano dense nubi, grandine e carboni ardenti. L’Eterno tuonò nei cieli e l’Altissimo fece udire la sua voce con grandine e carboni ardenti. Scagliò le sue saette e disperse i nemici; lanciò fulmini in gran numero e li mise in fuga. Al tuo rimprovero, o Eterno, e al soffio del vento dalle tue narici, gli alvei dei fiumi apparvero e le fondamenta del mondo furono scoperte. Egli dall’alto stese la mano, mi prese e mi trasse fuori dalle grandi acque. Mi liberò dal mio potente nemico e da quelli che mi odiavano, perché erano piú forti di me. Essi mi erano venuti contro nel giorno della mia calamità, ma l’Eterno fu il mio sostegno, e mi trasse fuori al largo; egli mi liberò perché mi gradisce. L’Eterno mi ha retribuito secondo la mia giustizia e mi ha reso secondo la purità delle mie mani, perché ho osservato le vie dell’Eterno e non mi sono eroicamente allontanato dal mio DIO. perché ho tenuto davanti a me tutte le sue leggi e non ho deviato dai suoi statuti. Sono stato integro verso di lui e mi sono guardato dalla mia iniquità. Perciò l’Eterno mi ha reso secondo la mia giustizia, secondo la purità delle mie mani davanti ai suoi occhi. Tu ti mostri pietoso verso l’uomo pio e retto verso l’uomo retto. Tu ti mostri puro con il puro e ti mostri astuto col perverso, perché tu sei colui che salva la gente afflitta e che abbassa gli occhi alteri; tu infatti, sei colui che fa risplendere la mia lampada; l’Eterno, il mio DIO, illumina le mie tenebre, perché con te posso assalire una schiera e con il mio DIO posso saltare sopra un muro. La via di Dio è perfetta; la parola dell’Eterno è purificata col fuoco; egli è lo scudo di tutti coloro che si rifugiano in lui. Infatti chi è DIO all’infuori dell’Eterno? E chi è Rocca all’infuori del nostro DIO? Dio è colui che mi cinge di forza e che rende la mia vita perfetta. Egli rende i miei piedi simili a quelli delle cerve e mi rende saldo sui miei alti luoghi; egli ammaestra le mie mani alla battaglia e con le mie braccia posso tendere un arco di rame. Tu mi hai anche dato lo scudo della tua salvezza; la tua destra mi ha sostenuto, e la tua benignità mi ha reso grande. Tu hai allargato i miei passi sotto di me, e i miei piedi non hanno vacillato. Io ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti e non me ne sono tornato indietro prima di averli distrutti. Li ho colpiti ripetutamente ed essi non hanno piú potuto rialzarsi; essi sono caduti sotto i miei piedi. Tu mi hai cinto di forza per la battaglia e hai fatto piegare sotto di me quelli che si alzavano contro di me; tu hai fatto voltare le spalle ai miei nemici davanti a me, e io ho distrutto quelli che mi odiavano. Essi gridarono, ma non vi fu alcuno che li salvasse; gridarono all’Eterno, ma egli non rispose loro. Li ho calpestati fino a ridurli come polvere davanti al vento; li ho spazzati via come il fango delle strade. Tu mi hai liberato dalle contese del popolo; tu mi hai costituito capo di nazioni; un popolo che non conoscevo mi ha servito. Al solo udire di me, essi mi hanno ascoltato e ubbidito, gli stranieri si sono sottomessi a me. Gli stranieri si sono persi d’animo e sono usciti tremanti dalle loro fortezze. Viva l’Eterno, sia benedetta la mia Rocca e sia esaltato il DIO della mia salvezza! Egli è il Dio che fa la vendetta per me e che mi sottomette i popoli; egli mi libera dai miei nemici. Tu m’innalzi su quelli che si levano contro di me e mi liberi dall’uomo violento. Perciò, o Eterno, io celebrerò fra le nazioni il tuo nome col canto. Grandi liberazioni egli concede al suo re e usa benignità verso Davide, suo unto, e verso la sua progenie per sempre«. Al maestro del coro. Salmo di Davide I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento dichiara l’Opera delle sue mani. un giorno proferisce parole all’Altro, e una notte rivela conoscenza all’altra. Non hanno favella, né parole; la loro voce non s’ode; ma la loro armonia si diffonde per tutta la terra e il loro messaggio giunge fino all’estremità del mondo; nei cieli Dio ha posto una tenda per il sole; ed esso è come uno sposo che esce dalla sua camera di nozze, esulta come un prode che percorre la sua via. Esso sorge da una estremità dei cieli, e il suo giro giunge fino all’altra estremità; niente è nascosto al suo calore. La legge dell’Eterno è perfetta, essa ristora l’anima; la testimonianza dell’Eterno è verace e rende savio il semplice. I precetti dell’Eterno sono giusti e rallegrano il cuore, il comandamento dell’Eterno è puro e illumina gli occhi. Il timore dell’Eterno è puro, rimane in eterno; i giudizi dell’Eterno sono verità, tutti quanti sono giusti; essi sono piú desiderabili dell’oro, sí, piú di molto oro finissimo; sono piú dolci del miele, di quello che stilla dai favi. Anche il tuo servo è da essi istruito vi è grande ricompensa ad osservarli. Chi conosce i suoi errori? Purificami da quelli che mi sono occulti. Preserva inoltre il tuo servo dai peccati volontari, e fa che non signoreggino su di me; allora io sarò integro e sarò puro da grandi trasgressioni. Siano gradite davanti a te le parole della mia bocca e la meditazione del mio cuore, o Eterno, mia rocca e mio redentore. Al maestro del coro. Salmo di Davide L’Eterno ti risponda nel giorno dell’avversità; il nome del DIO di Giacobbe ti metta al sicuro in alto. Ti mandi soccorso dal santuario e ti sostenga da Sion; si ricordi di tutte le tue offerte e accetti il tuo olocausto. Ti dia secondo quel che il tuo cuore desidera e porti a compimento ogni tuo progetto. Noi canteremo di gioia nella tua liberazione e alzeremo le nostre bandiere nel nome del nostro DIO. L’Eterno adempia tutte le tue richieste. Ora so che l’Eterno salva il suo unto; gli risponderà dal suo cielo santo con la forza salvatrice della sua destra. Alcuni confidano nei carri e altri nei cavalli, ma noi ricorderemo il nome dell’Eterno, il nostro DIO. Quelli si sono piegati e sono caduti; ma noi ci siamo rialzati e rimaniamo in piedi. Salva, o Eterno; ci risponda il re nel giorno in cui grideremo. Al maestro del coro. Salmo di Davide O Eterno, il re si rallegrerà nella tua forza, e quanto esulterà per la tua salvezza! Tu gli hai concesso il desiderio del suo cuore e non gli hai rifiutato la richiesta delle sue labbra. (Sela) Poiché tu gli sei venuto incontro con benedizioni di prosperità, gli hai posto sul capo una corona d’oro finissimo. Egli ti aveva chiesto vita e tu gli hai dato lunghi giorni in eterno. Grande è la sua gloria per la tua salvezza; tu gli hai conferito maestà e gloria, perché lo rendi grandemente benedetto per sempre, ricolmi di gioia alla tua presenza. Poiché il re confida nell’Eterno e nella benignità dell’Altissimo, non sarà mai smosso. La tua mano raggiungerà tutti i tuoi nemici la tua destra raggiungerà quelli che ti odiano. Tu li renderai come un forno ardente, quando apparirai adirato, nella sua ira l’Eterno li inabisserà, e il fuoco li divorerà. Tu farai perire il loro frutto dalla terra e la loro progenie tra i figli degli uomini, perché hanno ordito del male contro di te e hanno ideato piani malvagi, ma non riusciranno. Poiché tu farai voltar loro le spalle e punterai le frecce del tuo arco contro la loro faccia. Innalzati, o Eterno, con la tua forza; noi canteremo e celebreremo le lodi della tua potenza. Al maestro del coro. Sul motivo: »La cerva dell’aurora«. Salmo di Davide Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché sei cosí lontano e non vieni a liberarmi, dando ascolto alle parole del mio gemito? O DIO mio, io grido di giorno, ma tu non rispondi, e anche di notte non sto in silenzio. Eppure tu sei il Santo, che dimori nelle lodi d’Israele. I nostri padri hanno confidato in te hanno confidato in te e tu li hai liberati. Gridarono a te e furono liberati, confidarono in te e non furono delusi. Ma io sono un verme e non un uomo; il vituperio degli uomini e disprezzato dal popolo. Tutti quelli che mi vedono si fanno beffe di me, allungano il labbro e scuotono il capo, dicendo: »Egli si è affidato all’Eterno; lo liberi dunque, lo soccorra, poiché lo gradisce«. Certo. tu sei colui che mi hai tratto fuori dal grembo materno mi hai fatto avere fiducia in te da quando riposavo sulle mammelle di mia madre. Io fui abbandonato a te fin dalla mia nascita; tu sei il mio Dio fin dal grembo di mia madre. Non allontanarti da me perché l’angoscia è vicina, e non c’è nessuno che mi aiuti. Grandi tori mi hanno circondato, potenti tori di Bashan mi hanno attorniato; essi aprono la loro gola contro di me come un leone rapace e ruggente. Sono versato come acqua, e tutte le mie ossa sono slogate il mio cuore è come cera che si scioglie in mezzo alle mie viscere. Il mio vigore si è inaridito come un coccio d’argilla e la mia lingua è attaccata al mio palato; tu mi hai posto nella polvere della morte. Poiché cani mi hanno circondato; uno stuolo di malfattori mi ha attorniato; mi hanno forato le mani e i piedi. posso contare tutte le mie ossa; essi mi guardano e mi osservano. Spartiscono fra loro le mie vesti e tirano a sorte la mia tunica. Ma tu, o Eterno, non allontanarti; tu che sei la mia forza, affrettati a soccorrermi. Libera la mia vita dalla spada, l’unica mia vita dalla zampa del cane. Salvami dalla gola del leone e dalle corna dei bufali. Tu mi hai risposto. annunzierò il tuo nome ai miei fratelli; ti loderò in mezzo all’assemblea. O voi che temete l’Eterno, lodatelo; e voi tutti, discendenti di Giacobbe glorificatelo; e voi tutti o stirpe d’Israele, temetelo. Perché egli non ha disprezzato né sdegnato l’afflizione dell’afflitto, e non gli ha nascosto la sua faccia; ma quando ha gridato a lui, lo ha esaudito. Il motivo della mia lode nella grande assemblea sei tu; io adempirò i miei voti in presenza di quelli che ti temono. I bisognosi mangeranno e saranno saziati; quelli che cercano l’Eterno lo loderanno; il vostro cuore vivrà in eterno. Tutte le estremità della terra si ricorderanno dell’Eterno e si convertiranno a lui, e tutte le famiglie delle nazioni adoreranno davanti a te. Poiché all’Eterno appartiene il regno, ed egli signoreggia sulle nazioni. Tutti i ricchi della terra mangeranno e adoreranno, tutti quelli che scendono nella polvere e che non possono mantenersi in vita s’inchineranno davanti a lui. Una posterità lo servirà, si parlerà del Signore alla futura generazione. Essi verranno e proclameranno la sua giustizia a un popolo che deve ancora nascere, e che egli stesso ha fatto. Salmo di Davide L’Eterno è il mio pastore, nulla mi mancherà. Egli mi fa giacere in pascoli di tenera erba, mi guida lungo acque riposanti. Egli mi ristora l’Anima, mi conduce per sentieri di giustizia, per amore del suo nome. Quand’anche camminassi nella valle dell’ombra della morte, non temerei alcun male perché tu sei con me; il tuo bastone e la tua verga sono quelli che mi consolano. Tu apparecchi davanti a me la mensa in presenza dei miei nemici; tu ungi il mio capo con olio; la mia coppa trabocca. Per certo beni e benignità mi accompagneranno tutti i giorni della mia vita; e io abiterò nella casa dell’Eterno per lunghi giorni. Salmo di Davide All’Eterno appartiene la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e i suoi abitanti. Poiché egli l’ha fondata sui mari e l’ha stabilita sui fiumi. Chi salirà al monte dell’Eterno? Chi starà nel suo santo luogo? L’uomo innocente di mani e puro di cuore, che non eleva l’animo a vanità e non giura con frode. Egli riceverà benedizioni dall’Eterno e giustizia dal DIO della sua salvezza. Tale è la generazione di quelli che lo cercano, che cercano la tua faccia, o Dio di Giacobbe. (Sela) O porte, alzate i vostri capi; e voi, porte eterne, alzatevi, e il Re di gloria entrerà. Chi è questo Re di gloria? E’ l’Eterno forte e potente, l’Eterno potente in battaglia. porte, alzate i vostri capi; alzatevi, o porte eterne, e il Re di gloria entrerà. Chi è questo Re di gloria? E’ l’Eterno degli eserciti; egli è il Re di gloria. (Sela) Di Davide A te, o Eterno, io elevo l’Anima mia. O Dio mio, in te confido; fa’ che non sia confuso e che i miei nemici non trionfino su di me. Sí, fa’ che nessuno di quelli che sperano in te sia deluso; siano confusi quelli che si comportano slealmente senza motivo. O Eterno, fammi conoscere le tue vie, insegnami i tuoi sentieri. Guidami nella tua verità e ammaestrami, perché tu sei il DIO della mia salvezza; io spero grandemente in te tutto il giorno. Ricordati, o Eterno, delle tue compassioni e delle tue misericordie, perché sono da sempre. Non ricordarti dei peccati della mia giovinezza, né delle mie trasgressioni; ma nella tua benignità ricordati di me, o Eterno, per amore della tua bontà. L’Eterno è buono e retto, perciò egli insegnerà la via ai peccatori. Egli guiderà i mansueti nella giustizia e insegnerà la sua via agli umili. Tutte le vie dell’Eterno sono benignità e verità, per quelli che osservano il suo patto e le sue testimonianze. Per amor del tuo nome, o Eterno, perdona la mia iniquità, perché essa è grande. Chi è l’uomo che teme l’Eterno? Egli gli insegnerà la via che deve scegliere. Egli vivrà nella prosperità, e la sua progenie erediterà la terra. Il segreto dell’Eterno è rivelato a quelli che lo temono, ed egli fa loro conoscere il suo patto. I miei occhi sono rivolti del continuo all’Eterno perché egli trarrà i miei piedi dalla rete. Volgiti a me e abbi pietà di me, perché sono solo ed afflitto. Le angosce del mio cuore sono aumentate; liberami dalle mie avversità. Vedi la mia afflizione e il mio affanno, e perdona tutti i miei peccati. Osserva i miei nemici, perché sono molti e mi odiano di un odio pieno di violenza. Custodisci la mia vita e liberami; fa’ che non sia confuso, perché mi rifugio in te. L’integrità e la rettitudine mi custodiscano, perché spero in te. O DIO, libera Israele da tutte le sue tribolazioni. Di Davide Fammi giustizia, o Eterno, perché io ho camminato nella mia integrità e ho confidato nell’Eterno senza vacillare. Investigami, o Eterno, e mettimi alla prova; purifica col fuoco la mia mente e il mio cuore. Poiché la tua benignità mi sta davanti agli occhi, e cammino nella tua verità. Non mi siedo con uomini bugiardi e non vado con gli ipocriti. Io odio l’Adunanza dei malvagi e non mi associo con gli empi. Io lavo le mie mani nell’Innocenza vado intorno al tuo altare o Eterno per proclamare ad alta voce la tua lode e per raccontare tutte le tue meraviglie. O Eterno, io amo la dimora della tua casa e il luogo dove risiede la tua gloria. Non mettere l’anima mia assieme ai peccatori e non aggregarmi agli uomini di sangue, perché nelle loro mani ci sono piani malvagi e la loro destra è colma di regali. Ma io camminerò nella mia integrità, riscattami e abbi pietà di me. Il mio piede sta fermo in luogo piano. Nelle assemblee io benedirò l’Eterno. Salmo di Davide L’Eterno è la mia luce e la mia salvezza; di chi temerò? L’Eterno è la roccaforte della mia vita; di chi avrò paura? Quando i malvagi, miei nemici ed avversari, mi hanno assalito per divorare la mia carne, essi stessi hanno vacillato e sono caduti. Anche se si accampasse un esercito contro di me, il mio cuore non avrebbe paura; anche se scoppiasse una guerra contro di me, anche allora avrei fiducia. Una cosa ho chiesto all’Eterno e quella cerco: di dimorare nella casa dell’Eterno tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza dell’Eterno e ammirare il suo tempio. Perché nel giorno dell’avversità egli mi nasconderà nella sua tenda, mi occulterà nel luogo segreto della sua dimora, mi leverà in alto sopra una roccia. E ora il mio capo s’innalzerà sui miei nemici che mi accerchiano, e offrirò nella sua dimora sacrifici con grida di giubilo; canterò e celebrerò le lodi dell’Eterno. O Eterno, ascolta la mia voce, quando grido a te; abbi pietà di me e rispondimi. Il mio cuore mi dice da parte tua: »Cercate la mia faccia«. cerco la tua faccia, o Eterno. Non nascondermi il tuo volto, non rigettare con ira il tuo servo; tu sei stato il mio aiuto; non lasciarmi e non abbandonarmi, o DIO della mia salvezza. Anche se mio padre e mia madre mi avessero abbandonato, l’Eterno mi accoglierebbe. O Eterno, insegnami la tua via e guidami per un sentiero piano, a causa dei miei nemici. Non abbandonarmi alle voglie dei miei nemici, perché sono sorti contro di me falsi testimoni, gente che spira violenza. Oh, se non fossi stato certo di vedere la bontà dell’Eterno nella terra dei viventi! Spera fermamente nell’Eterno; sii forte, si rinfranchi il tuo cuore; spera fermamente nell’Eterno. Salmo di Davide A te grido, o Eterno, mia rocca; non stare in silenzio, perché se tu non parli, io divengo simile a quelli che scendono nella fossa. Ascolta la voce delle mie supplicazioni quando grido a te per aiuto, quando alzo le mani verso il tuo luogo santissimo. Non trascinarmi via con gli empi e con gli operatori d’iniquità, i quali parlano di pace coi loro vicini, ma hanno la malizia nel cuore. Rendi loro secondo le loro opere e secondo la malvagità delle loro azioni; rendi loro secondo l’opera delle loro mani; da’ loro la retribuzione che si meritano. Poiché non considerano le opere dell’Eterno e ciò che le sue mani hanno fatto, egli li atterrerà e non li farà prosperare. Benedetto sia l’Eterno, perché ha udito la voce delle mie suppliche. L’Eterno è la mia forza e il mio scudo; il mio cuore ha confidato in lui e sono stato soccorso; perciò il mio cuore esulta, e lo celebrerò col mio canto. L’Eterno è la forza del suo popolo, e il rifugio di salvezza per il suo unto. Salva il tuo popolo e benedici la tua eredità; pascili e sostienili per sempre. Salmo di Davide Date all’Eterno, o figli dei potenti, date all’Eterno gloria e forza, Date all’Eterno la gloria dovuta al suo nome adorate l’Eterno nello splendore della sua SANTITA’. La voce dell’Eterno è sulle acque; il Dio di gloria tuona; l’Eterno è sulle grandi acque. La voce dell’Eterno è potente, la voce dell’Eterno è piena di maestà. La voce dell’Eterno rompe i cedri; sí, l’Eterno spezza i cedri del Libano; li fa saltellare come un vitello, il Libano e Sirion, come un giovane bufalo. La voce dell’Eterno fende le fiamme di fuoco. La voce dell’Eterno fa tremare il deserto; l’Eterno fa tremare il deserto di Kadesh. La voce dell’Eterno fa partorire le cerve e sfronda le selve; e nel suo tempio tutto dice: »Gloria!«. L’Eterno sedeva sovrano sul diluvio; sí, l’Eterno siede re per sempre. L’Eterno darà forza al suo popolo; l’Eterno benedirà il suo popolo con la pace. Salmo. Cantico per l’inaugurazione della casa di Davide Ti esalterò, o Eterno, perché tu mi hai tratto in alto, e non hai permesso che i miei nemici si rallegrassero di me. O Eterno, mio Dio ho gridato a te e tu mi hai guarito. O Eterno, tu hai fatto risalire l’anima mia fuori dallo Sceol, mi hai tenuto in vita perché non scendessi nella fossa. Cantate lodi all’Eterno, voi suoi santi, e celebrate la sua SANTITA’, perché la sua ira dura solo un momento, ma la sua benignità dura tutta una vita. Il pianto può durare per una notte, ma al mattino erompe un grido di gioia. Nella mia prosperità dicevo: »non sarò mai smosso«. O Eterno per il tuo favore, avevi reso forte il mio monte; tu nascondesti la tua faccia, e io rimasi smarrito. Io ho gridato a te, o Eterno, ho supplicato l’Eterno, dicendo: »Che utilità avrai dal mio sangue, se scendo nella fossa? Potrà forse la polvere celebrarti? Potrà essa proclamare la tua verità? Ascolta, o Eterno, e abbi pietà di me; o Eterno, sii tu il mio aiuto«. Tu hai mutato il mio lamento in danza; hai rimosso il mio cilicio, e mi hai rivestito di gioia, affinché la mia anima possa cantare gloria a te senza posa. O Eterno, DIO mio, io ti celebrerò per sempre. Al al maestro del coro. Salmo di Davide In te, o Eterno, mi sono rifugiato; fa’ che io non sia mai confuso; liberami per la tua giustizia. Porgi a me il tuo orecchio, affrettati a liberarmi; sii per me una forte rocca e un luogo fortificato per salvarmi. Poiché tu sei la mia rocca e la mia fortezza; per amor del tuo nome guidami e conducimi. Trammi fuori dalla rete che mi han teso di nascosto, perché tu sei la mia roccaforte. Nelle tue mani io rimetto il mio spirito; tu mi hai riscattato, o Eterno, Dio di verità. Io detesto quelli che si attaccano a vanità ingannatrici, ma confido nell’Eterno. Esulterò e mi rallegrerò per la tua benignità, perché tu hai visto la mia afflizione e hai compreso le angosce della mia anima, e non mi hai dato in mano del nemico, ma hai messo i miei piedi in un luogo spazioso. Abbi pietà di me, o Eterno, perché sono angosciato; il mio occhio, la mia anima e le mie viscere sono consumati dal dolore, perché la mia vita vien meno per l’afflizione e i miei anni per il pianto; la mia forza viene meno a causa del mio peccato e le mie ossa si consumano. Sono diventato un obbrobrio per tutti i miei nemici, soprattutto per i miei vicini e uno spavento per i miei conoscenti, quelli che mi vedono in strada fuggono lontano da me. Sono dimenticato dal cuore loro come un uomo morto; sono simile a un vaso rotto. Poiché odo le calunnie di molti, tutt’intorno è spavento, mentre essi si consigliano assieme contro di me e complottano di togliermi la vita. Ma io, o Eterno, confido in te; ho detto: »Tu sei il mio DIO«. I miei giorni sono nelle tue mani; liberami dalla mano dei miei nemici e da quelli che mi perseguitano. Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo; salvami per la tua benignità. O Eterno, fa che io non resti confuso, perché ti ho invocato siano confusi gli empi, e siano ridotti ai silenzio nello Sceol. Ammutoliscano le labbra bugiarde, che parlano sfacciatamente contro il giusto, con alterigia e con disprezzo. Quanto è grande la tua bontà che riservi per quelli che ti temono, e che usi in presenza dei figli degli uomini verso quelli che si rifugiano in te! Tu li nascondi nel segreto rifugio della tua presenza, dalle insidie degli uomini, tu li custodisci in una tenda al sicuro dalle contese verbali. Sia benedetto l’Eterno, perché mi ha usato grande benignità, mettendomi come in un luogo fortificato. Quanto a me, nel mio smarrimento dicevo: »Io sono stato allontanato dalla tua presenza«; ma tu hai udito la voce delle mie suppliche quando ho gridato a te. Amate l’Eterno, voi tutti suoi santi! L’Eterno custodisce i fedeli e retribuisce largamente quelli che agiscono con alterigia. Siate forti, o voi tutti che sperate nell’Eterno ed egli renderà saldo il vostro cuore. Di Davide. Cantico Beato colui la cui trasgressione è perdonata, il cui peccato è coperto! Beato l’uomo a cui l’Eterno non imputa l’iniquità, e nel cui spirito non c’è inganno. Mentre tacevo, le mie ossa si consumavano tra i gemiti che facevo tutto il giorno. Poiché giorno e notte la tua mano pesava su di me, il mio vigore era diventato simile all’arsura d’estate. (Sela) Davanti a te ho riconosciuto il mio peccato, non ho coperto la mia iniquità. Ho detto: »Confesserò le mie trasgressioni all’Eterno«, e tu hai perdonato l’iniquità del mio peccato. (Sela) Perciò ogni uomo pio t’invocherà nel tempo che puoi essere trovato, anche se le grandi acque dovessero straripare, esse non giungeranno fino a lui. Tu sei il mio luogo di rifugio, tu mi preserverai dall’avversità, tu mi circonderai di canti di liberazione. (Sela) ti ammaestrerò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò il mio occhio su di te. Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, e la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia, altrimenti non ti si avvicinano. Molti sono i dolori dell’empio, ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità. Rallegratevi nell’Eterno ed esultate, o giusti; mandate grida di gioia voi tutti, retti di cuore. Esultate, o giusti, nell’Eterno; la lode si addice agli uomini retti. Celebrate l’Eterno con la cetra, cantate a lui con l’Arpa a dieci corde. Cantategli un cantico nuovo, suonate abilmente e acclamate. Perché la parola dell’Eterno è retta, e tutte le sue opere sono fatte con fedeltà. Egli ama la giustizia e l’equità; la terra è piena della benignità dell’Eterno. I cieli furono fatti per mezzo della parola dell’Eterno, e tutto il loro esercito mediante il soffio della sua bocca. Egli radunò le acque del mare come in un mucchio e ripose gli abissi in serbatoi. Tutta la terra tema l’Eterno, e tremino davanti a lui tutti gli abitanti del mondo. Poiché egli parlò e la cosa fu; egli comandò e la cosa sorse. L’Eterno fa fallire il piano delle nazioni e annulla i disegni dei popoli. Il piano dell’Eterno dimora per sempre e i disegni del suo cuore per ogni generazione. Beata la nazione il cui DIO è l’Eterno; beato il popolo che egli ha scelto per sua eredità. L’Eterno guarda dal cielo; egli vede tutti i figli degli uomini, Dal luogo della sua dimora egli osserva tutti gli abitanti della terra. Egli è colui che ha formato il cuore di tutti, che comprende tutte le loro opere. Il re non è salvato da un grande esercito; il prode non scampa per la sua grande forza. Il cavallo è una speranza vana per salvare e con la sua grande forza non può scampare alcuno dal pericolo. Ecco, l’occhio dell’Eterno è su quelli che lo temono, su quelli che sperano nella sua benignità. per liberare la loro anima dalla morte e per conservarli in vita in tempo di fame L’anima nostra aspetta l’Eterno; egli è il nostro aiuto e il nostro scudo. Sí, il nostro cuore si rallegrerà in lui, perché confidiamo nel suo santo nome. La tua benignità, o Eterno, sia su di noi, perché abbiamo sperato in te. Salmo di Davide, quando si finse pazzo davanti ad Abimelek, che lo scacciò via ed egli se ne andò. Io benedirò l’Eterno in ogni tempo, la sua lode sarà sempre sulla mia bocca. L’anima mia si glorierà nell’Eterno; gli umili l’udranno e si rallegreranno. Magnificate con me l’Eterno ed esaltiamo tutti insieme il suo nome. ho cercato l’Eterno, ed egli mi ha risposto e mi ha liberato da tutti i miei spaventi. Essi hanno guardato a lui e sono stati illuminati, e le loro facce non sono svergognate. Quest’afflitto ha gridato, e l’Eterno lo ha esaudito e l’ha salvato da tutte le sue avversità. dell’Eterno si accampa attorno a quelli che lo temono e li libera. Gustate e vedete quanto l’Eterno è buono; beato l’uomo che si rifugia in Lui. Temete l’Eterno, voi suoi santi, poiché nulla manca a quelli che lo temono. I leoncelli soffrono penuria e fame, ma quelli che cercano l’Eterno non mancano di alcun bene. Venite, figlioli, ascoltatemi; io vi insegnerò il timore dell’Eterno. Qual è l’uomo che desidera la vita, e che ama lunghi giorni per vedere il bene? Trattieni la tua lingua dal male e le tue labbra dal dire menzogne. Allontanati dal male e fa’ il bene, cerca la pace e procacciala. Gli occhi dell’Eterno sono sui giusti, e i suoi orecchi sono attenti al loro grido. La faccia dell’Eterno è contro quelli che fanno il male per sradicare la loro memoria dalla terra. I giusti gridano e l’Eterno li ascolta e li libera da tutte le loro sventure. L’Eterno è vicino a quelli che hanno il cuore rotto e salva quelli che hanno lo spirito affranto. Molte sono le afflizioni del giusto, ma l’Eterno lo libera da tutte. Egli preserva tutte le sue ossa, e nessuno di esse è spezzato. La malvagità ucciderà il malvagio, e quelli che odiano il giusto saranno distrutti. L’Eterno riscatta la vita dei suoi servi, e nessuno di quelli che si rifugiano in lui sarà distrutto. Di Davide O Eterno, contendi con quelli che contendono con me; combatti con quelli che combattono contro di me. Prendi lo scudo e la corazza e levati in mio aiuto. Tira fuori la lancia e sbarra il passo a quelli che mi perseguitano; dì all’anima mia: »sono la tua salvezza«. Siano confusi e svergognati quelli che cercano la mia vita, voltino le spalle e siano confusi quelli che tramano del male contro di me. Siano come pula al vento e l’angelo dell’Eterno li scacci. Sia la loro via tenebrosa e sdrucciolevole, e dell’Eterno li insegua. Poiché senza motivo mi hanno teso di nascosto la loro rete; senza motivo mi hanno scavato una fossa. Un’improvvisa rovina piombi loro addosso, siano presi nella rete che hanno nascosto e cadano nella fossa che hanno preparato per la mia rovina. Allora l’anima mia esulterà nell’Eterno e si rallegrerà nella sua salvezza. Tutte le mie ossa diranno: »O Eterno chi è pari a te, che liberi il misero da chi è piú forte di lui, il misero e il bisognoso da chi lo deruba?«. Testimoni spietati si levano contro di me e mi domandano cose delle quali non so nulla. Mi rendono male per bene, lasciando cosí sconsolata la mia vita. Eppure, quando erano infermi, io mi vestivo di cilicio, e affliggevo l’anima mia col digiuno, e pregavo col capo chino sul petto. Andavo in giro, come se si trattasse di un amico o di mio fratello, andavo tutto ricurvo per il dolore, come uno che faccia cordoglio di sua madre. Ma quando io ho inciampato, essi si sono rallegrati e si sono radunati insieme; si sono radunati contro di me dei calunniatori, che io non conoscevo, mi hanno lacerato senza posa. Assieme a dei malvagi buffoni da mensa, digrignano i denti contro di me. O Signore, fino a quando starai a guardare? Salva la mia vita dalle devastazioni da loro ordite, l’unico mio bene dalle zanne dei leoni. Io ti celebrerò nella grande assemblea, ti loderò in mezzo a un popolo numeroso. Non si rallegrino di me quelli che a torto mi sono nemici, non strizzino l’occhio quelli che mi odiano senza motivo. perché essi non parlano mai di pace, ma tramano inganni contro la gente pacifica del paese. Sí, allargano la loro bocca contro di me e dicono: »Ah, ah! L’abbiamo visto con i nostri occhi«. O Eterno, tu hai visto queste cose, non tacere; o Signore, non allontanarti da me. Risvegliati e destati, per farmi giustizia e per difendere la mia causa, o DIO mio e Signore mio. Giudicami secondo la tua giustizia, o Eterno, DIO mio, e fa’ che essi non si rallegrino di me, e non dicano in cuor loro: »Ah, proprio come volevamo«; e non dicano: »L’abbiamo divorato«. Siano svergognati e confusi tutti quelli che si rallegrano del mio male; siano coperti di vergogna e di vituperio quelli che si esaltano contro di me. Cantino e si rallegrino quelli che hanno a cuore la mia giusta causa e dicano del continuo: »Magnificato sia l’Eterno, che vuole la pace del suo servo«. La mia lingua celebrerà la tua giustizia e canterà la tua lode tutto il giorno. Al maestro del coro. di Davide, servo dell’Eterno Il peccato dell’empio dice al mio cuore: »Non c’è alcun timore di DIO davanti ai suoi occhi, Poiché egli illude se stesso nel ricercare la sua colpa e detestarla. Le parole della sua bocca sono iniquità e inganno; egli ha cessato di essere savio e di fare il bene. Egli trama iniquità sul suo letto; si mette su una via che non e buona e non aborrisce il male«. O Eterno, la tua benignità giunge fino al cielo e la tua fedeltà fino alle nuvole. La tua giustizia è come i monti di Dio, e i tuoi giudizi sono come un grande abisso. O Eterno, tu conservi uomini e bestie. O DIO, quanto è preziosa la tua benignità! Perciò i figli degli uomini si rifugiano sotto l’ombra delle tue ali; essi si saziano dell’abbondanza della tua casa, e tu li disseti al torrente delle tue delizie. Poiché presso di te è la fonte della vita, e per la tua luce noi vediamo la luce. Prolunga la tua benignità verso quelli che ti conoscono e la tua giustizia verso quelli che sono diritti di cuore. Non mi venga addosso il piede del superbo e la mano degli empi non mi porti via. Ecco, gli operatori d’iniquità sono caduti; sono stati atterrati e non possono piú risorgere. Salmo di Davide Non affliggerti a motivo dei malvagi; non portare invidia a quelli che operano perversamente. perché saranno presto falciati come il fieno e appassiranno come l’erba verde. Confida nell’Eterno e fa’ il bene, abita il paese e coltiva la fedeltà. Prendi il tuo diletto nell’Eterno ed egli ti darà i desideri del tuo cuore. Rimetti la tua sorte nell’Eterno, confida in lui, ed egli opererà. Egli farà risplendere la tua giustizia come la luce e la tua rettitudine come il mezzodí. Sta’ in silenzio davanti all’Eterno e aspettalo; non affliggerti per colui che prospera nelle sue imprese, per l’uomo che segue i suoi malvagi disegni. Cessa dall’ira e lascia lo sdegno; non affliggerti; ciò porterebbe anche te a far del male. Poiché i malvagi saranno sterminati, ma coloro che sperano nell’Eterno possederanno la terra. Ancora un po’ e l’empio non sarà piú; sí, tu cercherai attentamente il suo posto, e non ci sarà piú. Ma i mansueti possederanno la terra e godranno di una grande pace. L’empio congiura contro il giusto e digrigna i denti contro di lui. Il Signore ride di lui, perché vede arrivare il suo giorno. Gli empi hanno tratto la spada e hanno teso il loro arco per abbattere il misero e il bisognoso, per uccidere quelli che camminano rettamente. La loro spada penetrerà nel loro cuore e i loro archi saranno spezzati. Vale piú il poco del giusto che l’abbondanza di molti empi. Poiché le braccia degli empi saranno spezzate, ma l’Eterno sostiene i giusti. L’Eterno conosce i giorni degli uomini integri, e la loro eredità durerà in eterno. Essi non saranno confusi nel tempo dell’avversità e nei giorni di carestia saranno saziati. Ma gli empi periranno, e i nemici dell’Eterno saranno consumati e andranno in fumo come grasso di agnelli. L’empio prende in prestito e non restituisce, ma il giusto ha pietà e dona. Poiché i benedetti dal Signore erediteranno la terra, ma i maledetti da lui saranno sterminati. I passi dell’uomo sono guidati dall’Eterno, quando egli gradisce le sue vie. Se cade, non è però atterrato, perché l’Eterno lo sostiene per la mano. sono stato fanciullo ed ora sono divenuto vecchio, ma non ho mai visto il giusto abbandonato, né la sua progenie mendicare il pane. Egli ha pietà e presta sempre, e la sua progenie è in benedizione. Allontanati dal male e fa’ il bene e avrai una dimora in eterno. Poiché l’Eterno ama la giustizia e non abbandonerà i suoi santi; essi saranno salvaguardati in eterno, ma la progenie degli empi sarà sterminata. I giusti erediteranno la terra e vi abiteranno per sempre. La bocca del giusto proferisce sapienza e la sua lingua parla di giustizia. La Legge del suo DIO è nel suo cuore; i suoi passi non vacilleranno. L’empio spia il giusto e cerca di ucciderlo. L’Eterno non lo lascerà nelle sue mani e non permetterà che sia condannato, quando sarà giudicato. Spera fermamente nell’Eterno e segui la sua via, ed egli t’innalzerà affinché tu erediti la terra, quando gli empi saranno sterminati, tu lo vedrai. Ho visto l’uomo potente e violento prosperare come un albero verdeggiante sul suo suolo natìo, ma poi è scomparso, ed ecco, non è piú; ho cercato, ma non si è piú trovato. Sta’ attento all’uomo integro e osserva l’uomo retto, perché il futuro di tale uomo sarà pace. Ma i trasgressori saranno tutti quanti distrutti; alla fine gli empi saranno stroncati. Ma la salvezza, dei giusti viene dall’Eterno; egli è la loro roccaforte nel tempo della sventura. E l’Eterno li aiuta e li libera, li libera dagli empi e li salva, perché si sono rifugiati in lui. Salmo di Davide. Per ricordare O Eterno, non sgridarmi nella tua indignazione, e non punirmi nella tua ira. Poiché le tue frecce mi hanno trafitto, e la tua mano mi schiaccia. Non c’è nulla di sano nella mia carne, a causa della tua ira; non c’è requie alcuna nelle mie ossa, a causa del mio peccato. Le mie iniquità infatti superano il mio capo; sono come un grave carico, troppo pesante per me. Le mie piaghe sono fetide e purulenti per la mia follia. Sono tutto ricurvo e abbattuto, vado in giro tutto il giorno facendo cordoglio, perché i miei lombi sono pieni d’infiammazione, e non vi è nulla di sano nella mia carne. Sono sfinito e contuso; ruggisco per il fremito del mio cuore. O Signore, ogni mio desiderio è davanti a te, e i miei sospiri non ti sono nascosti. Il mio cuore palpita, la mia forza mi lascia; la luce stessa dei miei occhi se n’è andata. I miei amici e i miei compagni stanno lontani dalla mia piaga, e i miei vicini si fermano a distanza. Quelli che cercano la mia vita mi tendono lacci, e quelli che cercano di farmi del male parlano di rovina e meditano inganni tutto il giorno. Ma io sono come un sordo che non ode e come un muto che non apre bocca. Sí, sono come un uomo che non sente, e che non può rispondere con la sua bocca. Poiché spero in te, o Eterno, tu risponderai, o Signore, DIO mio. Poiché ho detto: »Non si rallegrino di me, e quando il mio piede vacilla, non s’innalzino contro di me«. Mentre sono sul punto di cadere e il mio dolore è continuamente davanti a me, mentre confesso il mio peccato e sono angosciato per la mia colpa, i miei nemici sono pieni di vita e sono forti, e quelli che mi odiano senza motivo si moltiplicano. Anche quelli che mi rendono male per bene mi perseguitano, perché seguo il bene. O Eterno, non abbandonarmi, DIO mio, non allontanarti da me. Affrettati in mio aiuto, o Signore, mia salvezza, Al maestro del coro. Per Jeduthun Salmo di Davide. Io dicevo: »Veglierò sulla mia condotta, per non peccare con la mia lingua metterò un freno alla mia bocca mentre l’empio mi sta davanti«. Sono rimasto muto e calmo, mi sono addirittura trattenuto dal bene, e il mio dolore si è inasprito. Il mio cuore ardeva dentro di me; mentre meditavo, un fuoco si è acceso; allora ho parlato con la mia lingua: »O Eterno, fammi conoscere la mia fine e quale sia la misura dei miei giorni; fa’ che io sappia quanto sono fragile. Ecco, tu hai ridotto i miei giorni alla lunghezza di un palmo, e la durata della mia vita è come niente davanti a te; sí, ogni uomo nel suo stato migliore non è che vapore. (Sela) Sí, l’uomo va attorno come un’ombra sí, invano si affaticano tutti e accumulano beni senza sapere chi li raccoglierà! Ma ora, o Signore, che aspetto? La mia speranza è in te, Liberami da tutte le mie colpe; non farmi essere l’oggetto di scherno dello stolto. Sto in silenzio, non aprirò bocca, perché sei tu che operi. Allontana da me il tuo flagello; io vengo meno sotto i colpi della tua mano. Tu correggi l’uomo castigando il suo peccato e consumi come un tarlo ciò che gli è prezioso. Sí, ogni uomo non è che vanità. (Sela) O Eterno, ascolta la mia preghiera e porgi l’orecchio al mio grido, non essere sordo alle mie lacrime, poiché davanti a te io sono un forestiero e un pellegrino, come tutti i miei padri. Distogli il tuo sguardo da me, perché io possa riprendere forza prima che me ne vada e non sia piú«. Al maestro del coro. Salmo di Davide. ho fermamente e pazientemente aspettato l’Eterno, ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido. Mi ha tratto fuori da una fossa di perdizione, dal fango della palude, ha stabilito i miei piedi su una roccia e ha reso saldi i miei passi. Egli ha messo nella mia bocca un nuovo cantico a lode del nostro DIO; molti vedranno questo e tremeranno, e confideranno nell’Eterno. Beato l’uomo che ripone nell’Eterno la sua fiducia e non si rivolge ai superbi, né a quelli che si sviano dietro alla menzogna. O Eterno, DIO mio, molte sono le meraviglie che hai fatto, e nessuno può enumerare le cose che hai ideato per noi. Se dovessi proclamarle e raccontarle, sarebbero troppe per elencarle. Tu non prendi piacere né in sacrificio né in offerta; mi hai forato le orecchie. Tu non hai chiesto né olocausto né sacrificio per il peccato. Allora ho detto: »Ecco io vengo, Nel rotolo del libro sta scritto di me. DIO mio, io prendo piacere nel fare la tua volontà, e la tua legge è dentro il mio cuore«. Ho proclamato la tua giustizia nella grande assemblea; ecco, io non tengo chiuse le mie labbra, o Eterno, tu lo sai. Non ho nascosto la tua giustizia nel mio cuore; ho annunziato la tua fedeltà e la tua salvezza, non ho nascosto la tua benignità né la tua verità alla grande assemblea. Non rifiutarmi, o Eterno, le tue tenere compassioni; la tua benignità e la tua verità mi custodiscano sempre. Poiché mali innumerevoli mi circondano; le mie iniquità mi hanno raggiunto e non posso vedere; sono piú numerosi dei capelli del mio capo, e il mio cuore vien meno. Degnati, o Eterno, di liberarmi. O Eterno, affrettati in mio aiuto, Siano tutti svergognati e confusi quelli che cercano di distruggere la mia vita. Siano respinti coperti di vergogna quelli che godono delle mie sventure. Siano spaventati a loro vergogna quelli che mi dicono: »Ah, ah…!«. Si rallegrino e gioiscano in te tutti quelli che ti cercano; quelli che amano la tua salvezza dicano sempre: »Magnificato sia l’Eterno«, Quanto a me, io sono povero e bisognoso, ma il Signore ha cura di me. Tu sei il mio aiuto e il mio liberatore; DIO mio, non tardare. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Beato chi si prende cura del povero; l’Eterno lo libererà nel giorno dell’avversità. L’Eterno lo custodirà e lo manterrà in vita; egli sarà reso felice sulla terra, e tu non lo darai in balía dei suoi nemici. L’Eterno lo sosterrà sul letto d’infermità; nella sua malattia tu, o Eterno, trasformerai completamente il suo letto. Io ho detto: »O Eterno, abbi pietà di me; guarisci l’anima mia, perché ho peccato contro di te«. I miei nemici mi augurano del male, dicendo: »Quando morrà e quando perirà il suo nome?«. Se uno di loro viene a vedermi, dice il falso, mentre il suo cuore accumula iniquità; poi esce fuori e la sparge in giro. Tutti quelli che mi odiano bisbigliano insieme contro di me; contro di me tramano il male, dicendo: »Un male terribile gli si è attaccato addosso e non si rialzerà mai piú dal luogo in cui giace«. Persino il mio intimo amico, su cui facevo affidamento e che mangiava il mio pane, ha alzato contro di me il suo calcagno, Ma tu, o Eterno, abbi pietà di me e rialzami perche li possa ripagare. Da questo so che tu mi gradisci: se il mio nemico non trionfa su di me. Quanto a me, tu mi hai sostenuto nella mia integrità e mi hai stabilito alla tua presenza per sempre. Sia benedetto l’Eterno, il DIO d’Israele da sempre e per sempre. Amen, amen. Al maestro del coro. Poema dei figli di Kore. Come la cerva anela ai rivi delle acque, cosí l’anima mia anela a te o DIO. L’anima mia è assetata di DIO, del Dio vivente. Quando verrò e comparirò davanti a DIO? Le mie lacrime sono divenute il mio cibo giorno e notte, mentre mi dicono del continuo: »Dov’è il tuo DIO?«. Ricordando queste cose, dentro di me do libero sfogo all’anima mia perché solevo andare con la folla, guidandola alla casa di DIO, in mezzo ai canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. Perché ti abbatti, anima mia, perché gemi dentro di me? Spera in DIO perché io lo celebrerò ancora per la liberazione della sua presenza. O DIO mio, l’anima mia è abbattuta dentro di me; perciò mi ricordo di te dal paese del Giordano e dalle cime dell’Hermon, dal monte Mitsar. Un abisso chiama un altro abisso, al fragore delle tue cascate, tutti i tuoi flutti e le tue onde sono passati sopra di me. Di giorno l’Eterno mi largisce la sua benignità, e di notte innalzo a lui un cantico, una preghiera al Dio della mia vita. Io dirò a Dio, mia rocca: »Perché mi hai dimenticato? Perché vado in giro vestito a lutto per l’oppressione del nemico?« Le mie ossa soffrono pene mortali a motivo degli insulti dei miei nemici che mi dicono del continuo: »Dov’è il tuo D?«. Perché ti abbatti, anima mia perché gemi dentro di me? Spera in DIO, perché io lo celebrerò ancora, egli è la mia salvezza e il mio DIO. Fammi giustizia, o DIO e difendi la mia causa contro gente malvagia; liberami dall’uomo falso e perverso. Poiché tu sei il DIO che mi dà forza, perché mi hai respinto? Perché vado in giro vestito a lutto per l’oppressione del nemico? Manda la tua luce e la tua verità; mi guidino esse e mi conducano al tuo santo monte e al luogo della tua dimora. Allora verrò all’altare di DIO, al Dio, che è la mia gioia e il mio giubilo; e ti celebrerò con la cetra, o DIO, DIO mio. Perché ti abbatti, anima mia, perché gemi dentro di me? Spera in DIO, perché io lo celebrerò ancora, perché egli è la mia salvezza e il mio DIO. Al maestro del coro. Poema dei figli di kore. O DIO, abbiamo udito con le nostre orecchie i nostri padri ci hanno raccontato a l’opera che tu hai compiuta ai loro giorni, nei tempi antichi. Tu per stabilirli con la tua mano hai spodestato le nazioni, hai sradicato dei popoli per far posto a loro. Infatti non fu con la loro spada che conquistarono il paese, né fu il loro braccio che li salvò, ma fu la tua destra, il tuo braccio e la luce del tuo volto, perché li gradivi. Sei tu il mio re, o DIO, che decidi le vittorie per Giacobbe. Per mezzo di te abbatteremo i nostri nemici; nel tuo nome calpesteremo coloro che si levano contro di noi. Poiché non confido nel mio arco, e non sarà la mia spada a salvarmi. Ma sei tu che ci salvi dai nostri nemici e che copri di vergogna coloro che ci odiano. Noi ci glorieremo in DIO ogni giorno, e celebreremo il tuo nome per sempre. (Sela) Ma tu ci hai scacciati e ci hai coperti di vergogna, e non esci piú coi nostri eserciti Tu ci hai fatto voltare le spalle davanti al nemico, e quelli che ci odiano ci hanno depredato. Tu ci hai dati via come pecore da macello, e ci hai dispersi fra le nazioni. Tu hai venduto il tuo popolo per niente, e non hai fatto alcun guadagno sulla loro vendita. Tu ci hai resi la vergogna dei nostri vicini, la beffa e lo scherno di chi ci sta intorno. Tu ci hai resi lo zimbello delle nazioni; nei nostri confronti i popoli scuotono il capo. La mia infamia mi sta sempre davanti, e la mia faccia è coperta di vergogna, a motivo di chi m’insulta ed oltraggia, a causa del nemico e di chi vuole vendetta. Tutto questo ci è venuto addosso, ma noi non ti abbiamo dimenticato e non abbiamo tradito il tuo patto. Il nostro cuore non si è rivolto indietro, e i nostri passi non si sono allontanati dalla tua via; ma tu ci hai frantumati, cacciandoci in luoghi di sciacalli e ci hai coperto dell’ombra di morte. Se noi avessimo dimenticato il nome del nostro DIO e avessimo teso le mani verso un dio straniero, non l’avrebbe DIO scoperto? Egli infatti conosce i segreti del cuore. Sí, per causa tua noi siamo messi a morte ogni giorno, e siamo considerati come pecore da macello. Risvegliati! Perché dormi, o Signore? Destati, non respingerci per sempre. Perché nascondi la tua faccia, e dimentichi la nostra afflizione e la nostra oppressione? Poiché le nostre anime sono state abbassate fino nella polvere, e il nostro corpo è incollato a terra. Levati in nostro aiuto e salvaci per amore della tua benignità. Al maestro del coro. Sui »Gigli«. Un poema dei figli di Kore. Un cantico d’amore. Mi sgorgano dal cuore parole soavi; io canto il mio poema al re. La mia lingua sarà come la penna di un veloce scrittore. Tu sei piú bello di tutti i figli degli uomini; le tue labbra sono ripiene di grazia perciò DIO ti ha benedetto in eterno. Cingi la spada al tuo fianco, o prode circondato dal tuo splendore e dalla tua maestà, e nella tua maestà avanza sul carro vittorioso per la causa della verità, della mansuetudine e della giustizia, e la tua destra ti farà vedere opere tremende. Le tue frecce sono affilate; i popoli cadranno sotto di te; esse penetreranno nel cuore dei nemici del re. Il tuo trono, o DIO, dura in eterno; lo scettro del tuo regno è uno scettro di giustizia. Tu ami la giustizia e odi l’empietà; perciò DIO, il tuo DIO, ti ha unto d’olio di letizia al di sopra dei tuoi compagni. Tutte le tue vesti profumano di mirra, d’aloe, e di cassia; dai palazzi d’avorio gli strumenti a corda ti rallegrano. Figlie di re sono fra le tue dame d’onore, alla tua destra è la regina, adorna d’oro di Ofir. Ascolta, fanciulla, guarda e porgi l’orecchio; dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, e il re desidererà grandemente la tua bellezza; prostrati davanti a lui, perché egli è il tuo Signore. La figlia di Tiro ti porterà dei doni, e i ricchi del popolo cercheranno i tuoi favori Tutta splendore è la figlia del re di dentro; la sua veste è tutta trapunta d’oro. Ella sarà condotta al re in vesti ricamate, seguita dalle vergini sue compagne, che saranno presentate a te. Esse saranno condotte con letizia e con giubilo, ed entreranno nel palazzo del re. I tuoi figli prenderanno il posto dei tuoi padri; tu li farai principi per tutta la terra. pubblicherò la memoria del tuo nome per ogni età; perciò i popoli ti celebreranno in eterno, per sempre. Al maestro del coro. Dei figli di Kore, per voce di soprano. Canto. DIO è per noi un rifugio ed una forza, un aiuto sempre pronto nelle avversità. Perciò noi non temeremo, anche se la terra si dovesse spostare e se i monti fossero gettati nel mezzo del mare, e le sue acque infuriassero e schiumassero, e i monti tremassero al suo gonfiarsi. (Sela) C’è un fiume i cui rivi rallegrano la città di DIO, il luogo santo dove dimora l’Altissimo. DIO è nel mezzo di lei, essa non sarà smossa, DIO la soccorrerà alle prime luci del mattino. Le nazioni tumultuarono i regni vacillarono; egli mandò fuori la sua voce, la terra si sciolse. L’Eterno degli eserciti è con noi; il DIO di Giacobbe è il nostro rifugio. (Sela) Venite e ammirate le opere dell’Eterno, che ha operato meraviglie sulla terra. Egli fa cessare le guerre fino all’estremità della terra; egli rompe gli archi e spezza le lance, e brucia i carri col fuoco. Fermatevi e riconoscete che io sono DIO; io sarò esaltato fra le nazioni, sarò esaltato sulla terra. L’Eterno degli eserciti è con noi; il DIO di Giacobbe è il nostro rifugio. (Sela) Al maestro del coro. Salmo dei figli di Kore. Battete le mani, o popoli, celebrate DIO con grida di trionfo. Perché l’Eterno, l’Altissimo, è tremendo, grande re su tutta la terra. Egli sottometterà i popoli a noi e le nazioni sotto i nostri piedi. Egli sceglierà per noi la nostra eredità, la gloria di Giacobbe, che egli ama. (Sela) DIO è salito tra acclamazioni di gioia, l’Eterno al suono di trombe. Cantate lodi a DIO, cantate lodi! Cantate lodi al nostro re, cantate lodi! Poiché DIO è re di tutta la terra; cantate lodi con bravura DIO regna sulle nazioni; DIO siede sul suo santo trono. I principi dei popoli, il popolo del DIO di Abrahamo, si sono riuniti insieme, poiché a DIO appartengono gli scudi della terra; egli è grandemente esaltato. Cantico. Salmo dei figli del Kore. Grande è l’Eterno e degno di somma lode nella città del nostro DIO, sul suo monte santo. Bello per la sua altezza, gioia di tutta la terra è il monte Sion, dalla parte del settentrione, la città del gran Re, Nei suoi palazzi DIO si è fatto conoscere come una fortezza inespugnabile. Ecco, i re si erano radunati e avanzavano assieme, ma appena la videro, rimasero sbigottiti e fuggirono terrorizzati. Là furono presi da tremore e come da doglie di parto, allo stesso modo che il vento orientale spezza le navi di Tarshish. Come avevamo udito, cosí abbiamo visto nella citta dell’Eterno degli eserciti, nella città del nostro DIO, DIO la renderà stabile per sempre. Nel tuo tempio, o DIO, noi abbiamo meditato sulla tua benignità. Come il tuo nome, o DIO, cosí la tua lode giunge all’estremità della terra, la tua destra è piena di giustizia. Si rallegri il monte Sion, esultino le figlie di Giuda per i tuoi giudizi. Fate il giro di Sion, visitatela, contate le sue torri, osservate i suoi bastioni, ammirate i suoi palazzi, affinché possiate raccontarlo alla generazione futura. Poiché questo DIO è il nostro DIO in eterno, sempre; egli sarà la nostra guida fino alla morte. Al maestro del coro. Salmo dei figli di Kore. Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio, abitanti del mondo, sí plebei e nobili, ricchi e poveri assieme. La mia bocca proferirà parole di sapienza, e la meditazione del mio cuore porterá intendimento. porgerò l’orecchio a un proverbio, esporrò il mio enigma con l’arpa. Perché dovrei temere nei giorni dell’avversità, quando mi circonda la malvagità dei miei avversari, quelli che confidano nei loro beni e si gloriano nell’abbondanza della loro ricchezza? Nessuno può in alcun modo riscattare il proprio fratello, né dare a DIO il prezzo del suo riscattó, perché il riscatto della sua anima è troppo caro, e il suo costo non basterebbe mai, per far sí che egli viva per sempre e non veda la fossa. Infatti tutti vedono che i savi muoiono e che nello stesso modo periscono gli stolti e gli insensati, e lasciano ad altri i loro beni. Internamente essi pensano che le loro case dureranno per sempre, le loro abitazioni siano eterne, e cosí danno i loro nomi alle terre. Eppure anche l’uomo che vive nelle ricchezze non dura; egli è simile alle bestie che periscono. Questo è il comportamento degli stolti e di quelli che li seguono e approvano i loro discorsi. (Sela) Sono sospinti come pecore verso lo Sceol, la morte li ingoierà, e al mattino gli uomini retti regneranno su di loro. Il loro sfarzo svanirà nello Sceol lontano dalla loro dimora. Ma DIO riscatterà la mia anima dal potere dello Sceol, perché egli mi accoglierà. (Sela) Non temere quando uno si arricchisce, quando la gloria della sua casa aumenta, perché quando morrà non porterà nulla con sé; la sua gloria non scenderà dietro di lui. Anche se in vita egli si riteneva felice (la gente infatti ti loda quanto tu prosperi) egli raggiungerà la generazione dei suoi padri, che non vedranno mai piú la luce. L’uomo che vive nelle ricchezze senza avere intendimento è simile alle bestie che periscono. Salmo di Asaf. Il DIO onnipotente, l’Eterno ha parlato e ha convocato la terra da oriente a occidente. Da Sion, la perfezione della bellezza, DIO risplende. Il nostro DIO verrà e non se ne starà in silenzio; lo precederà un fuoco divorante, e intorno a lui ci sarà una grande tempesta. Egli convocherà i cieli di sopra e la terra, per giudicare il suo popolo, e dirà: »Radunatemi i miei santi che hanno fatto con me un patto mediante il sacrificio«. E i cieli proclameranno la sua giustizia, perché è DIO stesso il giudice. (Sela) »Ascolta, o popolo mio, e io parlerò; ascolta o Israele, e io testimonierò contro di te, sono DIO, il tuo DIO. Non ti riprenderò per i tuoi sacrifici, né per i tuoi olocausti che mi stanno sempre davanti. Non prenderò alcun torello dalla tua casa né capri dai tuoi ovili. Mie infatti sono tutte le bestie della foresta; mio è il bestiame che sta a migliaia sui monti. Conosco tutti gli uccelli dei monti; e tutto ciò che si muove nei campi è mio Se avessi fame, non te lo direi; perché il mondo e quanto esso contiene è mio. Mangio forse carne di tori, o bevo sangue di capri? Offri a DIO sacrifici di lode e adempi i tuoi voti fatti all’Altissimo. Invocami nel giorno dell’avversità, io ti libererò e tu mi glorificherai«. Ma all’empio DIO dice: »Che diritto hai di elencare i miei statuti e di avere sulle labbra il mio patto, tu che detesti la correzione e getti le mie parole dietro le spalle? Se vedi un ladro, ti metti con lui volentieri, e ti fai compagno degli adulteri. Abbandoni la tua bocca al male, e la tua lingua ordisce inganni. Tu siedi, parli contro il tuo fratello e diffami il figlio di tua madre. Tu hai fatto queste cose, e io ho taciuto, tu hai pensato che io fossi del tutto simile a te. Ma io ti risponderò, e ti metterò ogni cosa davanti agli occhi. Ora comprendete questo voi che dimenticate DIO, perché io non vi faccia a brandelli senza che alcuno vi liberi. Chi offre sacrifici di lode mi glorifica, e a chi si comporta rettamente gli mostrerò la salvezza, di DIO«.? Al maestro del coro. Salmo di Davide, quando il profeta Nathan venne a lui, dopo che egli aveva peccato con Bathasceba. Abbi pietà di me, o DIO, secondo la tua benignità; per la tua grande compassione cancella i miei misfatti. Lavami completamente dalla mia iniquità e purificami dal mio peccato. Poiché riconosco i miei misfatti e il mio peccato mi sta sempre davanti. Ho peccato contro di te, contro te solo, e ho fatto ciò che è male agli occhi tuoi, affinché tu sia riconosciuto giusto quando parli e retto quando giudichi. Ecco, io sono stato formato nell’iniquità e mia madre mi ha concepito nel, peccato. Ma a te piace la verità che risiede nell’intimo, e m’insegni la sapienza nel segreto del cuore. Purificami con issopo, e sarò mondo; lavami, e sarò piú bianco della neve. Fammi sentire gioia e allegrezza, fa’ che le ossa che hai spezzato festeggino. Nascondi la tua faccia dai miei peccati e cancella tutte le mie iniquità. O DIO crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito saldo. Non rigettarmi dalla tua presenza e non togliermi il tuo santo Spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza, e sostienimi con uno spirito volenteroso. Allora insegnerò le tue vie ai trasgressori, e i peccatori si convertiranno a te. Liberami dal sangue versato, o DIO. DIO della mia salvezza, e la mia lingua celebrerà con giubilo la tua giustizia. O Signore, apri le mie labbra, e la mia bocca proclamerà la tua lode. Tu infatti non prendi piacere nel sacrificio altrimenti te l’offrirei, né gradisci l’olocausto. I sacrifici di DIO sono lo spirito rotto; o DIO tu non disprezzi il cuore rotto e contrito. Fa’ del bene a Sion per la tua benevolenza edifica le mura di Gerusalemme. Allora prenderai piacere nei sacrifici di giustizia, negli olocausti e nelle offerte da ardere interamente, allora si offriranno torelli sul tuo altare. Al maestro del coro. Cantico di Davide, quando Doeg l’Edomita venne a riferire a Saul che Davide era entrato in casa di Ahimelek. Perché ti vanti del male, o uomo potente? La benignità di DIO dura per sempre. La tua lingua macchina rovina; essa è come un rasoio affilato, o operatore d’inganni. Tu preferisci il male al bene, la menzogna piú che il parlare rettamente. (Sela) Tu ami ogni parola di distruzione o lingua fraudolenta. Perciò DIO ti distruggerà per sempre; egli ti afferrerà ti strapperà dalla tua tenda e ti sradicherà dalla terra dei viventi. (Sela) I giusti lo vedranno e temeranno e rideranno di lui, dicendo: »Ecco l’uomo che non aveva fatto di DIO la sua fortezza, ma confidava nell’abbondanza delle sue ricchezze e si faceva forte della sua malvagità«. Ma io sono come un ulivo verdeggiante nella casa di DIO; io confido sempre nella benignità di DIO. Ti celebrerò per sempre per quanto hai fatto, e alla presenza dei tuoi santi spererò fermamente nel tuo nome, perché è buono. Al maestro del coro. Cantico di Davide. Lo stolto ha detto in cuor suo: »DIO non c’è«. Sono corrotti, fanno cose abominevoli; non c’è nessuno che faccia il bene. DIO guarda dal cielo sui figli degli uomini, per vedere se vi sia qualcuno che abbia intelletto e cerchi DIO. Si sono tutti sviati, sono divenuti tutti corrotti; non c’è nessuno che faccia il bene, neppure uno. Non hanno alcuna conoscenza questi operatori d’iniquità che divorano il mio popolo come se mangiassero pane, e non invocano DIO? Perché sono presi da gran spavento dove non c’èra motivo di spavento, perché DIO ha disperso le ossa di chi si accampa contro di te. Tu li hai coperti di vergogna, perché DIO li ha rigettati. Chi manderà da Sion la salvezza, d’Israele? Quando DIO ristabilirà la sorte del suo popolo in cattività, Giacobbe esulterà, Israele si rallegrerà. Al maestro del coro. Cantico di Davide quando gli Ziffei vennero da Saul a dirgli: »Non è Davide nascosto tra di noi?«. O DIO, salvami per il tuo nome e fammi giustizia per la tua potenza. O DIO, ascolta la mia preghiera e porgi orecchio alle parole della mia bocca. Perché degli stranieri si sono levati contro di me, e dei violenti cercano la mia vita, uomini che non tengono DIO davanti ai loro occhi. (Sela) Ecco DIO è il mio aiuto, il Signore è colui che sostiene la mia vita. Egli retribuirà i miei nemici del male fattomi, nella tua fedeltà distruggili. DIO tutto cuore ti offrirò sacrifici; celebrerò il tuo nome, o Eterno, perché è buono; poiché mi hai liberato da ogni angoscia, il mio occhio ha visto sui miei nemici ciò che desideravo. "Getta il tuo peso sull’Eterno". Al maestro del coro. Cantico di Davide. O DIO, porgi l’orecchio alla mia preghiera e non ignorare la mia supplica. Dammi ascolto e rispondimi; mi lamento senza posa e gemo, per la voce del nemico, per l’oppressione dell’empio perché mi riversano addosso delle calamità e nella loro ira mi perseguitano. Il mio cuore è angosciato dentro di me, e spaventi mortali mi sono caduti addosso. Paura e tremito mi hanno assalito e il terrore mi ha sopraffatto. Perciò ho detto: »Oh, avessi io le ali come una colomba! Me ne volerei lontano per trovare riposo. Ecco, me ne fuggirei lontano e dimorerei nel deserto. (Sela) Mi affretterei per trovare un riparo dal vento impetuoso e dalla tempesta«. Distruggili, o Signore, confondi le loro lingue perché ho visto violenza e risse nella città. Giorno e notte si aggirano sulle sue mura; dentro di essa vi è malvagità e perversità. Nel suo mezzo vi è cupidigia; oppressione e inganno sono di casa nelle sue vie. Poiché non è stato un mio nemico che mi ha schernito, altrimenti l’avrei sopportato; non è stato uno che mi odiava a levarsi contro di me altrimenti mi sarei nascosto da lui. Ma sei stato tu, un uomo pari a me, mio compagno e mio intimo amico. Avevamo insieme dolci colloqui e andavamo in compagnia alla casa di DIO. Li sorprenda la morte, scendano vivi nello Sceol, perché nelle loro dimore e nel loro mezzo non vi è che malvagità. Quanto a me, io invocherò DIO, e l’Eterno mi salverà. La sera, la mattina e a mezzogiorno mi lamenterò e gemerò, ed egli udrà la mia voce. Egli riscatterà la mia vita e la metterà al sicuro dalla guerra mossa contro di me, perché sono in molti contro di me. DIO mi ascolterà e li umilierà, egli che siede sovrano da sempre, perché essi non cambiano e non temono DIO. (Sela) Egli ha steso le mani contro quelli che vivevano in pace con lui ha violato il suo patto. La sua bocca era piú dolce del burro, ma nel cuore aveva la guerra; le sue parole erano più morbide dell’olio, ma erano spade sguainate. Getta sull’Eterno il tuo peso, ed egli ti sosterrà; egli non permetterà mai che il giusto vacilli. Ma tu, o DIO, farai scendere costoro nel pozzo della perdizione; gli uomini sanguinari e fraudolenti non giungeranno alla metà dei loro giorni; ma io confiderò in te. Al maestro del coro. Sul motivo: »La colomba silenziosa in terre lontane«. Inno di Davide quando i Filistei lo presero in Gath. Abbi pietà di me, o Dio, perché gli uomini vorrebbero divorarmi; mi combattono continuamente coi loro attacchi. I miei nemici vorrebbero continuamente divorarmi. Sì sono molti coloro che mi combattono nel loro orgoglio. Quando avrò paura, confiderò in te. Con l’aiuto di DIO celebrerò la sua parola; ho posto la mia fiducia in DIO, non temerò. Che cosa mi può fare l’uomo? Essi distorcono continuamente le mie parole; tutti i loro pensieri sono volti a farmi del male. Si riuniscono insieme, stanno in agguato; spiano i miei passi, aspettando di prendere la mia vita. Essi pensano di sfuggire mediante la malvagità; nella tua ira, o DIO, atterra i popoli. Tu hai contato i passi del mio vagare; riponi le mie lacrime nel tuo otre; non le hai registrate nel tuo libro? Nel giorno che griderò a te, i miei nemici volteranno le spalle. Questo lo so, perché DIO è per me. Con l’aiuto di DIO celebrerò la sua parola; con l’aiuto dell’Eterno celebrerò la sua parola. Ho posto la mia fiducia in DIO, non temerò. Che cosa mi può fare l’uomo? I voti fatti a te, o DIO, mi vincolano. Ti renderò lode. Perché tu hai liberato l’anima mia dalla morte e hai preservato i miei piedi da caduta, affinché cammini davanti a DIO nella luce dei viventi. Al maestro del coro. Sul motivo: »on distruggere«. Inno di Davide quando, inseguito da Saul, fuggì nella caverna. Abbi pietà di me, o DIO, abbi pietà di me, perché l’anima mia si rifugia in te; mi rifugio all’ombra delle tue ali finché siano passate le calamità. griderò a DIO l’Altissimo, a DIO che porta a compimento ogni cosa per me. Egli manderà dal cielo a salvarmi; egli sgrida colui che vuole divorarmi. (Sela) DIO manderà la sua benignità e la sua verità. L’anima mia è come in mezzo ai leoni; dimoro tra gente che vomita fuoco in mezzo a uomini i cui denti sono lance e dardi, e la cui lingua è una spada affilata. Sii innalzato al di sopra dei cieli, o DIO; risplenda la tua gloria su tutta la terra. Essi han teso una rete sui miei passi; io son tutto ricurvo; hanno scavato una fossa davanti a me ma essi stessi son caduti dentro. (Sela) Il mio cuore è ben disposto, O DIO, il mio cuore è ben disposto; io canterò e loderò. Risvegliati, o spirito mio; risvegliati, salterio e cetra; io risveglierò l’alba. Ti celebrerò fra i popoli, o Signore, canterò le tue lodi fra le nazioni perché grande fino al cielo è la tua benignità, e la tua verità fino alle nuvole Sii innalzato al di sopra dei cieli, o DIO; risplenda la tua gloria su tutta la terra. Al maestro del coro. Sul motivo: »Non distruggere«. Inno di Davide. E proprio secondo giustizia che parlate, o potenti? Giudicate voi rettamente, o figli degli uomini? Nel vostro cuore voi concepite invece malvagità, le vostre mani dispensano sulla terra violenza. Questi empi si sono corrotti fin dal grembo materno; questi bugiardi si sono sviati fin dalla nascita. Il loro veleno è simile al veleno del serpente, sono come l’aspide sordo che si tura le orecchie. per non udire la voce degli incantatori o di chi è abile nel fare incantesimi. O DIO, spezza loro i denti in bocca; o Eterno, rompi le zanne dei leoni. Si dissolvano come acqua che scorre via. Quando tira le sue frecce, siano esse come dardi spuntati. Siano come lumaca che si scioglie mentre va; come aborto di donna non vedano il sole. Prima che le vostre pentole sentano il fuoco dei rovi, siano essi verdi o accesi, egli le spazzerà via come un turbine. Il giusto si rallegrerà nel vedere la vendetta; si laverà i piedi nel sangue dell’empio. E la gente dirà: »Certo vi è una ricompensa per il giusto; certo c’è un DIO che fa giustizia sulla terra«. Al maestro del coro. Sul motivo: »Non distruggere«. Inno di Davide quando Saul mandò uomini a sorvegliare la sua casa per ucciderlo. Liberami dai miei nemici, o DIO mio; mettimi al sicuro in alto, lontano da quelli che si levano contro di me Liberami dagli operatori d’iniquità, e salvami dagli uomini sanguinari. Perché, ecco, essi mi tendono agguati uomini potenti si radunano contro di me senza che vi sia, o Eterno, colpa o peccato da parte mia. Benché non vi sia alcun fallo in me essi corrono e si preparano; destati per venirmi in aiuto e vedi. Perciò tu, o Eterno, DIO degli eserciti, DIO d’Israele, risvegliati per punire tutte le nazioni; non fare grazia ad alcuno di quelli che operano perfidamente. (Sela) Essi ritornano alla sera, ululano come cani e si aggirano per la città. Ecco, vomitano insulti dalla loro bocca; hanno delle spade sulle loro labbra e dicono: »Chi ci ascolta?«. Ma tu, o Eterno, riderai di loro; ti farai beffe di tutte le nazioni. O mia forza, a te guarderò, perché DIO è la mia fortezza. Il mio DIO di misericordia mi verrà incontro; DIO mi farà vedere sui miei nemici quel che desidero. Non ucciderli, perché il mio popolo non dimentichi; per la tua potenza falli andare vagando e abbattili, o Eterno, nostro scudo. Per il peccato della loro bocca e per le parole delle loro labbra siano presi nel laccio del loro orgoglio, a motivo delle maledizioni e menzogne che proferiscono. Annientali nella tua ira, annientali e non siano piú; e sappiano che DIO regna in Giacobbe e fino ai confini della terra. (Sela) Alla sera essi ritornano, ululano come cani e si aggirano per la città. Vagano in cerca di cibo e, se non trovano da sfamarsi, passano la notte lamentandosi. Ma io celebrerò la tua potenza e al mattino loderò ad alta voce la tua benignità, perché tu sei stato per me una fortezza e un rifugio nel giorno dell’avversità. O mia forza, a te io canterò le lodi, perché tu, o DIO, sei la mia fortezza, il DIO che mi usa misericordia. Al maestro del coro. Sul motivo: »Il giglio della testimonianza«. Inno di Davide, da insegnare, quando egli combattè contro i Siri di Tsobah, e Joab ritornando sconfisse dodicimila Idumenei nella valle del Sale. O DIO, tu ci hai respinti, ci hai spersi, ti sei adirato; ora ristabiliscici. Tu hai fatto tremare la terra, l’hai squarciata; risana le sue fratture, perché essa barcolla. Tu hai inflitto al tuo popolo cose dure; ci hai dato da bere del vino di stordimento. Ma ora tu hai dato a quelli che ti temono una bandiera, perché sia innalzata in favore della verità. (Sela) Salva con la tua destra e rispondimi, affinché quelli che tu ami siano liberati DIO ha parlato nella sua SANTITA’: »trionferò, io spartirò Sichem e misurerò la valle di Sukkoth. Mio è Galaad e mio è Manasse. Efraim è la forza del mio capo, Giuda è il mio legislatore; Moab è il catino in cui mi lavo; su Edom getterò il mio sandalo, sulla Filistia alzerò grida di vittoria«. Chi mi condurrà nella città forte? Chi mi condurrà fino a Edom? Non sarai proprio tu, o DIO, che ci hai respinto? Non uscirai piú, o DIO, coi nostri eserciti? Dacci aiuto contro il nemico, perché vano è il soccorso dell’uomo. Con DIO noi faremo prodezze, ed egli calpesterà i nostri nemici. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo di Davide. O DIO, ascolta il mio grido; sii attento alla mia preghiera. Dall’estremità della terra io grido a te, mentre il mio cuore si strugge; conducimi tu alla rocca che è piú alta di me perché tu sei stato un rifugio per me e una torre fortificata davanti al nemico. Io abiterò nella tua tenda per sempre cercherò rifugio all’ombra delle tue ali (Sela) Poiché tu, o DIO, hai esaudito i miei voti, mi hai dato l’eredità di quelli che temono il tuo nome. Tu aggiungerai altri giorni alla vita del re; i suoi anni durino per molte generazioni. Egli dimorerà per sempre alla presenza di DIO; ordina alla benignità e alla verità di custodirlo. Cosí canterò per sempre le lodi al tuo nome e adempirò i miei voti giorno per giorno. Al maestro del coro. Per jeduthum. Salmo di Davide. L’anima mia trova riposo in DIO solo; da lui viene la mia salvezza. Lui solo è la mia rocca e la mia salvezza, egli è il mio alto rifugio; io non sarò mai smosso. Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per cercare tutti insieme di ucciderlo. come si fa con un muro che pende e con uno steccato vacillante? Essi pensano solo a farlo cadere dalla sua altezza; prendono piacere nella menzogna; benedicono con la loro bocca ma nel loro cuore maledicono. (Sela) Anima mia, riposati in DIO solo, perché la mia speranza viene da lui. Lui solo è la mia rocca e la mia salvezza; egli è il mio alto rifugio; io non sarò mai smosso. In DIO è la mia salvezza e la mia gloria; la mia forte rocca e il mio rifugio sono in DIO. Confida in lui continuamente, o popolo, effondi il tuo cuore davanti a lui: DIO è il nostro rifugio. (Sela) Certo, gli uomini di basso rango non sono che vapore, e gli uomini di alto rango non sono che menzogna, messi sulla bilancia tutti insieme sono piú leggeri del vapore, stesso. Non confidate nell’estorsione e non ponete vane speranze nella rapina, non datevi alla vanità; se le ricchezze abbondano, non vi attaccate il cuore. DIO ha parlato una volta; due volte ho udito questo: che la potenza appartiene a DIO; a te pure, o Signore, appartiene la benignità, perché ripagherai ognuno secondo le sue opere Salmo di Davide, quando era nel deserto di Giuda. O DIO tu sei il mio DIO, io ti cerco al mattino; l’anima mia è assetata di te a te anela la mia carne in terra arida e riarsa, senz’acqua. Cosí ti ho ammirato nel santuario, contemplando la tua forza e la tua gloria. Poiché la tua benignità vale piú della vita, le mie labbra ti loderanno. Cosí ti benedirò finché io vivo e nel tuo nome alzerò le mie mani. L’anima mia sarà saziata come di midollo e di grasso, e la mia bocca ti loderà con labbra giubilanti. Mi ricordo di te sul mio letto, penso a te nelle veglie della notte. Poiché tu sei stato il mio aiuto, io canto di gioia all’ombra delle tue ali. L’anima mia si tiene stretta a te; la tua destra mi sostiene. Ma quelli che cercano la mia vita per distruggerla, scenderanno nelle parti piú basse della terra. Essi saranno dati in potere della spada e diverranno preda degli sciacalli. Ma il re si rallegrerà in DIO; chiunque giura per lui si glorierà, perché la bocca dei bugiardi verrà costretta al silenzio. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Ascolta la mia voce, o DIO, nel mio lamento che innalzo a te; preserva la mia vita dal terrore del nemico. Nascondimi dalle macchinazioni dei malvagi e dalla folla turbolenta degli operatori d’iniquità. Essi affilano la loro lingua come una spada, e al posto di frecce scagliano parole amare per colpire di nascosto l’innocente; lo colpiscono all’improvviso senza alcun timore. S’incoraggiano a vicenda in imprese malvagie; parlano di tendere lacci di nascosto e dicono: »Chi li vedrà?«. Tramano cose malvagie e dicono: »Abbiamo messo a punto un piano perfetto«. I pensieri reconditi e il cuore dell’uomo sono imperscrutabili. Ma DIO scaglierà contro di loro le sue frecce, e saranno improvvisamente abbattuti. Essi cadranno, e il male fatto dalle loro lingue ricadrà su di loro; chiunque li vedrà scuoterà la testa. Allora tutti gli uomini temeranno e racconteranno l’opera di DIO, e riconosceranno ciò che egli ha fatto. Il giusto si rallegrerà nell’Eterno e cercherà rifugio in lui, e tutti i retti di cuore si glorieranno. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Cantico. A te, o DIO, spetta la lode in Sion; e saranno adempiuti i voti davanti a te. A te, che esaudisci la preghiera, verrà ogni creatura. I peccati mi avevano sopraffatto, ma tu provvedi il perdono per le nostre trasgressioni. Beato l’uomo che tu scegli e fai avvicinare a te, perché abiti nei tuoi cortili; noi saremo saziati dei beni della tua casa, delle cose sante del tuo tempio. Nella tua giustizia, tu ci rispondi con opere tremende, o DIO della nostra salvezza, tu che sei la speranza delle estremità della terra e dei mari lontani. Con la tua potenza hai reso stabili i monti e li hai cinti di forza. Tu calmi il fragore dei mari, il fragore delle sue onde e il tumulto dei popoli. E quelli che abitano alle estremità della terra hanno paura dei tuoi prodigi; tu fai esplodere grida di gioia dall’oriente e dall’occidente. Tu visiti la terra e la fai sovrabbondare, l’arricchisci grandemente; il fiume di DIO è pieno d’acqua; tu procuri agli uomini il loro frumento, dopo che hai cosí preparata la terra. Tu imbevi di acqua i suoi solchi, ne livelli le zolle, l’ammorbidisci con le piogge e ne benedici i germogli. Tu coroni l’annata con la tua munificenza, e le tue orme traboccano d’abbondanza di beni. I pascoli del deserto grondano acqua e le colline sono ricoperte di letizia. I pascoli si rivestono di greggi e le valli si coprono di frumento; essi mandano grida di gioia e cantano. Al maestro del coro. Cantico. Salmo Mandate grida di gioia a DIO, voi tutti abitanti della terra; inneggiate alla gloria del suo nome; rendete la sua lode gloriosa. Dite a DIO: »Come sono tremende le tue opere! Per la grandezza della tua potenza i tuoi nemici si sottometteranno a te. Tutta la terra ti adorerà e canterà a te, canterà le lodi del tuo nome«. (Sela) Venite e ammirate ciò che DIO ha fatto; egli è tremendo nelle sue opere verso i figli degli uomini. Egli cambiò il mare in terra asciutta; il suo popolo passò il fiume a piedi asciutti, rallegriamoci dunque in lui. Con la sua potenza egli regna in eterno; i suoi occhi osservano le nazioni. Non permettere che i ribelli si innalzino. (Sela) Voi popoli, benedite il nostro DIO; e proclamate ad alta voce la sua lode. Egli è colui che ci mantiene in vita, e non permette che i nostri piedi vacillino. Poiché tu ci hai messi alla prova, o DIO, tu ci hai raffinati come si raffina l’argento. Ci hai fatti cadere nella rete, hai posto un grave peso sui nostri lombi. Hai fatto cavalcare gli uomini sul nostro capo, siamo passati attraverso il fuoco e l’acqua, ma tu ci hai tratto fuori in luogo di refrigerio. Io entrerò nella tua casa con olocausti, adempirò i miei voti che le mie labbra hanno formulato e la mia bocca ha pronunziato quando ero nell’avversità. Ti offrirò olocausti di bestie grasse, col soave odore di montoni; sacrificherò buoi e capri. (Sela) Venite e ascoltate, voi tutti che temete DIO, e io vi racconterò quel che egli ha fatto per l’anima mia. Ho gridato a lui con la mia bocca e l’ho esaltato con la mia lingua. Se avessi serbato del male nel mio cuore, il Signore non mi avrebbe dato ascolto. Ma DIO mi ha ascoltato e ha prestato attenzione alla voce della mia preghiera. Sia benedetto DIO, che non ha respinto la mia preghiera e non mi ha negato la sua benignità. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Cantico. DIO abbia pietà di noi e ci benedica DIO faccia risplendere il suo volto su di noi, (Sela) affinché si conosca sulla terra la tua via e la tua salvezza, fra tutte le nazioni. I popoli ti celebreranno, o DIO, tutti quanti i popoli ti celebreranno. Le nazioni si rallegreranno e giubileranno, perché tu giudicherai i popoli rettamente e condurrai le nazioni sulla terra. (Sela) Ti lodino i popoli, o DIO, ti lodino i popoli tutti. La terra produrrà il suo frutto; DIO, il nostro DIO, ci benedirà. DIO ci benedirà, e tutte le estremità della terra lo temeranno. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Cantico. DIO si levi e siano dispersi i suoi nemici, e quelli che l’odiano fuggano davanti a lui. Tu li disperderai come si dilegua il fumo, come la cera si scioglie davanti al fuoco, cosí periranno gli empi davanti a DIO. Ma i giusti si rallegreranno giubileranno davanti a DIO ed esulteranno con canti di gioia. Cantate a DIO, cantate lodi al suo nome, preparate la via a colui che cavalca nei deserti; il suo nome è l’Eterno; esultate davanti a lui. Padre degli orfani e difensore delle vedove è DIO nella sua santa dimora. DIO fa abitare il solitario in una famiglia libera i prigionieri e dà loro prosperità; ma i ribelli dimorano in terra riarsa. O DIO, quando uscisti davanti al tuo popolo, quando tu marciasti attraverso il deserto, (Sela) la terra tremò; anche i cieli stillarono acqua alla presenza di DIO, lo stesso Sinai tremò alla presenza di DIO, al DIO d’Israele. Tu hai riversato un’abbondante pioggia o DIO, e hai ridato vigore alla tua eredità. Il tuo gregge vi trovò una dimora, e nella tua bontà, o DIO, hai provveduto per i miseri. Il Signore annunciò la parola, e grande è stato il numero di quelli che l’hanno proclamata: »I re di eserciti fuggono precipitosamente, mentre quella che rimane a casa si divide il bottino. Anche se siete rimasti a riposare fra gli ovili voi siete come le ali della colomba coperte d’argento e come le sue piume d’oro risplendente«. Quando l’Onnipotente disperse i re nel paese lo Tsalmon fu coperto di neve. Un monte di DIO è il monte di Bashan, un monte dalle molte cime è il monte di Bashan. O monti dalle molte cime, perché guardate con invidia il monte che DIO ha scelto per sua dimora? Sì, l’Eterno vi abiterà per sempre. I carri di DIO sono miriadi e migliaia di migliaia, il Signore è fra di essi come al Sinai, nella sua SANTITA’. Tu sei salito in alto, hai fatto prigioniera la prigionia, hai ricevuto doni fra gli uomini anche fra i ribelli, affinché tu, o Eterno DIO, possa dimorare là. Benedetto sia il Signore, che giorno per giorno porta per noi i nostri pesi; egli è il DIO della nostra salvezza. DIO è per noi il DIO che libera, e all’Eterno, il Signore, appartiene la liberazione dalla morte. Sì, DIO schiaccerà il capo dei suoi nemici, la testa chiomata di chi cammina nel suo peccato. Il Signore ha detto: »Li farò tornare da Bashan, li farò tornare dagli abissi del mare affinchè tu possa stritolare i tuoi nemici, affondando il tuo piede nel loro sangue, e la lingua dei tuoi cani ne abbia la sua parte«. Essi hanno visto il tuo corteo, o DIO, il corteo del mio DIO del mio Re nel santuario. Avanti andavano i cantori per ultimi venivano i suonatori, e nel mezzo stavano le fanciulle che battevano i tamburelli. Benedite DIO nelle assemblee, benedite il Signore voi che siete della fonte d’Israele. Ecco, Beniamino il piú piccolo ma loro condottiero, i principi di Giuda con le loro schiere, i principi di Zabulon, i principi di Neftali. Il tuo DIO ha stabilito la tua forza; consolida, o DIO, quanto hai fatto per noi. A motivo del tuo tempio a Gerusalemme, i re ti porteranno doni. Sgrida la bestia dei canneti, il branco dei tori con i vitelli dei popoli, fino a che si umilino a portare verghe d’argento disperdi i popoli che si dilettano in guerre. Dall’Egitto porteranno metallo splendente, l’Etiopia si affretterà a tendere le sue mani a DIO. O regni della terra, cantate a DIO; cantate le lodi al Signore, (Sela) a colui che cavalca sopra i cieli dei cieli eterni; ecco, egli manda fuori la sua voce, una voce potente. Riconoscete la potenza di DIO, la sua maestà è sopra Israele e la sua potenza è nei cieli. O DIO, tu sei tremendo dal tuo santuario; il DIO d’Israele è quello che dà forza e vigore al popolo. Benedetto sia DIO! Al maestro del coro. Su »I gigli«. Di Davide. Salvami, o DIO, perché le acque sono giunte fino alla gola. Sono affondato in un profondo pantano e non trovo alcun punto d’Appoggio; sono giunto in acque profonde, e la corrente mi travolge. Sono stanco di gridare, la mia gola è riarsa; i miei occhi si consumano nell’attesa del mio DIO. Quelli che mi odiano senza motivo sono piú numerosi dei capelli del mio capo; sono potenti quelli che vorrebbero distruggermi e che mi sono nemici ingiustamente; sono costretto a restituire ciò che non ho rubato. O DIO, tu conosci la mia follia e le mie colpe non ti sono nascoste. Non siano confusi per causa mia quelli che sperano in te, o Signore, Eterno degli eserciti; non siano svergognati per causa mia quelli che ti cercano, o DIO d’Israele. Per amor tuo io soffro vituperio, e la vergogna mi copre la faccia. sono diventato un estraneo per i miei fratelli e un forestiero per i figli di mia madre. Poiché lo zelo della tua casa mi ha divorato, e gli oltraggi di chi ti oltraggia sono caduti su di me. Ho pianto affliggendo l’anima mia col digiuno, ma ciò mi è stato motivo d’infamia. Ho pure indossato come vestito un sacco, ma sono divenuto per loro un oggetto di scherno. Quelli che siedono alla porta parlano di me, e sono divenuto la canzone degli ubriaconi. Ma quanto a me, o Signore, la mia preghiera s’indirizza a te, o Eterno, nel tempo accettevole; per la tua grande misericordia rispondimi, o DIO, nella certezza della tua salvezza. Tirami fuori dal pantano, perché non vi affondi, e fa’ che sia liberato da quelli che mi odiano e dalle acque profonde. Non mi sommerga la corrente delle acque, non m’inghiottisca l’abisso e non chiuda il pozzo la sua bocca su di me. Rispondimi, o Eterno, perché preziosa è la tua benignità; nelle tue grandi compassioni volgiti a me. Non nascondere il tuo volto dal tuo servo, perché sono nell’angoscia; affrettati a rispondermi. Avvicinati a me e riscattami; liberami a motivo dei miei nemici. Tu conosci la mia infamia, la mia vergogna e il mio disonore; i miei nemici sono tutti davanti a te. L’oltraggio mi ha rotto il cuore e sono tutto dolente; ho aspettato chi mi confortasse, ma invano; ho atteso chi mi consolasse, ma non ci fu alcuno. Mi hanno invece dato fiele per cibo, e per dissetarmi mi hanno dato da bere dell’aceto Sia la loro mensa un laccio davanti a loro, e la loro prosperità una trappola. Si offuschino i loro occhi, cosí che non vedano piú, e fa’ che i loro lombi vacillino continuamente. Riversa su di loro la tua ira e li raggiunga l’ardore del tuo sdegno. La loro dimora divenga una desolazione, e piú nessuno abiti nelle loro tende, perché perseguitano colui che tu hai percosso, e parlano con piacere del dolore di coloro che tu hai ferito. Aggiungi questa colpa alla loro colpa, e non giungano mai ad aver parte della tua giustizia. Siano cancellati dal libro della vita e non siano iscritti fra i giusti. Ora io sono afflitto e addolorato; la tua salvezza, o DIO, mi levi in alto. Io celebrerò il nome di DIO con un canto, e lo magnificherò con le lodi. E ciò sarà gradito all’Eterno piú di un bue o di un torello che abbia corna e unghie. Gli umili vedranno e si rallegreranno; e per voi che cercate DIO, si ravvivi il vostro cuore. Poiché l’Eterno esaudisce i bisognosi e non disprezza i suoi prigionieri. Lo lodino i cieli e la terra, i mari e tutto ciò che si muove in essi. Poiché DIO salverà Sion e riedificherà le città di Giuda, allora essi vi abiteranno e la possederanno. E la discendenza dei suoi servi ne avrà l’eredità, e quelli che amano il suo nome vi prenderanno dimora. Al maestro del coro. Di Davide. Per far ricordare. O DIO, affrettati a liberarmi. O Eterno, affrettati in mio aiuto. Siano svergognati e confusi quelli che cercano la mia vita, voltino le spalle e siano coperti di vergogna quelli che desiderano il mio male. Voltino le spalle a motivo della loro vergogna quelli che dicono: »Ah, ah!«. Si rallegrino e gioiscano in te tutti quelli che ti cercano, e quelli che amano la tua salvezza dicano del continuo: »Sia magnificato DIO!«. Ma io sono povero e bisognoso, o DIO, affrettati a venire in mio aiuto, tu sei il mio aiuto e il mio liberatore o Eterno, non tardare. Io mi rifugio in te, o Eterno, fa che non sia mai confuso. Per la tua giustizia, liberami e scampami; tendi verso di me il tuo orecchio e salvami. Sii per me una rocca di scampo, alla quale possa sempre venire; tu hai ordinato la mia salvezza, perché sei la mia rupe e la mia fortezza. DIO mio, liberami dalla mano dell’empio, dalla mano del perverso e del violento. Poiché tu sei la mia speranza, o Signore, o Eterno, la mia fiducia fin dalla mia fanciullezza. Tu sei stato il mio sostegno fin dal grembo di mia madre; sei tu che mi hai tratto dal grembo di mia madre; a te andrà sempre la mia lode. Sono diventato per molti come un prodigio, ma tu sei il mio forte rifugio. La mia bocca è ripiena della tua lode, e proclama la tua gloria tutto il giorno. Non rigettarmi nel tempo della vecchiaia; non abbandonarmi quando il mio vigore viene meno. Perché i miei nemici parlano contro di me, e quelli che sono in agguato alla mia vita complottano insieme, dicendo: »DIO l’ha abbandonato; inseguitelo e prendetelo, perché non c’è alcuno che lo liberi«. O DIO, non allontanarti da me DIO mio, affrettati a soccorrermi. Siano confusi e vengano annientati gli avversari della mia vita; siano coperti d’infamia e di disonore quelli che desiderano farmi del male. Ma io spererò del continuo e ti loderò sempre di piú. La mia bocca racconterà tutto il giorno la tua giustizia e le tue liberazioni, perché non ne conosco il numero. Mi addentrerò nelle potenti opere del Signore, dell’Eterno, e ricorderò la tua giustizia, la tua soltanto. O DIO, tu mi hai ammaestrato fin dalla mia fanciullezza; e fino ad oggi io ho annunziato le tue meraviglie. E anche ora che son diventato vecchio e canuto, o DIO, non abbandonarmi fino a che abbia raccontato la tua potenza a questa generazione e i tuoi prodigi a tutti quelli che verranno. Anche la tua giustizia, o DIO, giunge fino alle sommità dei cieli, tu hai fatto grandi cose, O DIO, chi è simile a te? Tu che mi hai fatto provare molte e gravi avversità, mi darai di nuovo la vita e mi farai risalire dagli abissi della terra. Tu accrescerai la mia grandezza e ritornerai a consolarmi. E io ti loderò con l’arpa per la tua fedeltà o DIO mio, e canterò le tue lodi con la cetra, o Santo d’Israele. Le mie labbra esulteranno quando canterò le tue lodi assieme alla mia anima, che tu hai riscattato. Anche la mia lingua parlerà tutto il giorno della tua giustizia, perché sono stati svergognati e sono stati confusi quelli che cercavano di farmi del male. Salmo di Salomone. O DIO, dai tuoi giudizi al re e la tua giustizia al figlio del re, ed egli giudicherà il tuo popolo con giustizia e i tuoi afflitti con rettitudine. I monti porteranno pace al popolo e i colli giustizia. Egli farà giustizia agli afflitti del popolo, salverà i figli del bisognoso e schiaccerà l’oppressore. Essi ti temeranno finché dureranno il sole e la luna, per tutte le generazioni. Egli scenderà come pioggia sull’erba falciata, come un acquazzone che annaffia la terra. Nei suoi giorni il giusto fiorirà e vi sarà abbondanza di pace finché non vi sia piú luna. Egli regnerà da un mare all’altro e dal fiume fino alle estremità della terra. Gli abitanti del deserto s’inchineranno davanti a lui, e i suoi nemici leccheranno la polvere. I re di Tarshish e delle isole gli pagheranno il tributo, i re di Sceba e di Saba gli offriranno doni. Sí, tutti i re lo adoreranno e tutte le nazioni lo serviranno Poiché egli libererà il bisognoso che grida, e il misero che non ha chi lo aiuti. Egli avrà compassione del debole e del bisognoso e salverà la vita dei bisognosi. Egli riscatterà la loro vita dall’oppressione e dalla violenza, e il loro sangue sarà prezioso davanti a lui. Ed egli vivrà; e gli sarà dato l’oro di Sceba, si pregherà per lui del continuo, e sarà benedetto tutto il giorno. Vi sarà abbondanza di grano sulla terra, sulla sommità dei monti; le sue spighe ondeggeranno come gli alberi del Libano, e gli abitanti delle città fioriranno come l’erba della terra. Il suo nome durerà in eterno, il suo nome sarà propagato finché vi sarà il sole; e tutte le nazioni saranno benedette in lui e lo proclameranno beato. Benedetto sia l’Eterno DIO, il DIO d’Israele; egli solo fa meraviglie. Sia benedetto in eterno il suo nome glorioso, e tutta la terra sia ripiena della sua gloria, Amen, amen. Qui finiscono le preghiere di Davide, figlio d’Isai. Salmo di Asaf. Certamente DIO è buono verso Israele, verso quelli che sono puri di cuore. Ma quanto a me, quasi inciampavano i miei piedi, e poco mancò che i miei passi sdrucciolassero. Poiché portavo invidia ai vanagloriosi, vedendo la prosperità dei malvagi. Perché non vi sono dolori nella loro morte, e il loro corpo è pingue. Essi non sono tribolati come gli altri mortali, né sono colpiti come gli altri uomini. Perciò la superbia li cinge come una collana e la violenza li avvolge come una veste. I loro occhi escono fuori per il grasso e le immaginazioni perverse del loro cuore traboccano. Essi scherniscono e tremano perfidamente di opprimere, e parlano con arroganza. Dirigono la loro bocca contro il cielo, e la loro lingua percorre la terra. Perciò la loro gente si volge da quella parte e beve copiosamente alle loro acque, e dice: »Come è possibile che DIO sappia ogni cosa e che vi sia conoscenza nell’Altissimo?«. Ecco, costoro sono empi, eppure essi sono sempre tranquilli ed accrescono le loro ricchezze. Invano dunque ho purificato il mio cuore e ho lavato le mie mani nell’innocenza. Poiché sono colpito tutto il giorno e castigato ogni mattina. Se avessi detto: »Parlerò anch’io cosí«, ecco, avrei rinnegato la generazione dei tuoi figli. Allora ho cercato di comprendere questo, ma la cosa mi è parsa molto difficile. Finché sono entrato nel santuario di DIO e ho considerato la fine di costoro. Certo, tu li metti in luoghi sdrucciolevoli e cosí li fai cadere in rovina. Come sono distrutti in un momento spazzati via consumati con improvvisi terrori! Come un sogno al risveglio, cosí tu, o Signore, quando ti risveglierai, disprezzerai la loro vana apparenza. Quando il mio cuore era inacerbito e mi sentivo trafitto internamente io ero insensato e senza intendimento; davanti a te ero come una bestia. Ma pure io sono sempre con te; tu mi hai preso per la mano destra. Tu mi guiderai col tuo consiglio e poi mi porterai nella gloria. Chi ho io in cielo fuor di te? E sulla terra io non desidero altri che te. La mia carne e il mio cuore possono venir meno, ma DIO è la rocca del mio cuore e la mia parte in eterno. Poiché ecco, quelli che si allontanano da te periranno; tu distruggi tutti quelli che, fornicando, si allontanano da te. Ma quanto a me, il mio bene è di accostarmi a DIO, io ho fatto del Signore. dell’Eterno, il mio rifugio, per raccontare tutte le opere tue. Cantico di Asaf O DIO, perché ci hai respinti per sempre? Perché arde l’ira tua contro il gregge del tuo pascolo? Ricordati del tuo popolo, che una volta acquistasti, che tu riscattasti perché fosse la tribú della tua eredità, di questo monte Sion, sul quale hai abitato. Dirigi i tuoi passi a queste rovine irreparabili; il nemico ha devastato tutto nel santuario. I tuoi nemici hanno ruggito nel luogo delle tue assemblee; vi hanno posto le loro insegne per stendardi. Sembrava che vibrassero delle scuri nel folto di una selva. E ora con asce e martelli demoliscono tutte le sue sculture. Hanno dato alle fiamme il tuo santuario; hanno profanato la dimora del tuo nome, gettandola a terra. Hanno detto in cuor loro: »Distruggiamoli tutti quanti«; hanno arso tutti i luoghi delle assemblee divine nel paese. Noi non vediamo piú i nostri segni non vi è piú profeta, e tra noi non vi è alcuno che sappia fino a quando. Fino a quando, o DIO, oltraggerà l’avversario? Il nemico disprezzerà forse il tuo nome per sempre? Perché ritiri la tua mano, proprio la tua destra? Tirala fuori dal tuo seno e distruggili. Ma DIO è il mio re dai tempi antichi; è lui che opera la salvezza sulla terra. Con la tua forza dividesti il mare e schiacciasti la testa dei mostri marini nelle acque. Frantumasti le teste del Leviathan e le desti in pasto al popolo del deserto. Facesti sgorgare fonti e torrenti e seccasti fiumi perenni. Tuo è il giorno, tua è anche la notte; tu hai stabilito la luce e il sole. Tu hai fissato tutti i confini della terra e hai fatto l’estate e l’inverno. Ricordati di questo, o Eterno, che il nemico ti ha oltraggiato e che un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome. Non abbandonare alle fiere la vita della tua tortora; non dimenticare per sempre la vita dei tuoi afflitti. Abbi riguardo al patto, perché i luoghi tenebrosi della terra sono pieni di covi di violenza. Non permettere che l’oppresso se ne torni svergognato; fa’ che l’afflitto e il bisognoso lodino il tuo nome. Levati, o DIO, difendi la tua causa! Ricordati che lo stolto ti oltraggia tutto il giorno. Non dimenticare il grido dei tuoi nemici; lo strepito di quelli che si levano contro di te sale al cielo continuamente. Al maestro del coro. Sul motivo: »Non distruggere«. Salmo di Asaf. Cantico. Noi ti lodiamo, o DIO, noi ti lodiamo, perché il tuo nome è vicino, L’uomo racconta le tue meraviglie. Quando giungerà il tempo stabilito, io giudicherò con giustizia. La terra e tutti i suoi abitanti si dissolvono, ma io ne rendo stabili le sue colonne. (Sela,) Ho detto agli orgogliosi: »Non vi vantate!«, e agli empi: »Non alzate la cresta! Non alzate la vostra cresta in alto non parlate con il collo duro«. Poiché non è dal levante né dal ponente e neppure dal deserto che viene l’esaltazione. Ma è DIO colui che giudica, egli abbassa l’uno e innalza l’altro. Poiché l’Eterno ha in mano una coppa di vino spumeggiante pieno di spezie, ed egli ne mesce. Certamente tutti gli empi della terra ne scoleranno e berranno le fecce. Ma io proclamerò per sempre e canterò le lodi al DIO di Giacobbe. E stroncherò tutta la potenza degli empi, ma la potenza dei giusti sarà esaltata. Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo di Asaf. Cantico. In Giuda DIO è ben conosciuto, il suo nome è grande in Israele. Il suo tabernacolo è in Salem e la sua dimora in Sion. Qui egli ha spezzato i dardi infuocati dell’arco, lo scudo e la spada di guerra. Tu appari glorioso e potente sui monti di preda. I valorosi sono stati spogliati, sono stati presi dal sonno, e nessuno di quegli uomini prodi ha potuto far uso delle sue mani. Al tuo rimprovero, o DIO di Giacobbe, carri e cavalli rimasero storditi. Tu, proprio tu, devi essere temuto; e chi può resistere davanti a te, quando ti adiri? Tu hai fatto udire dal cielo la tua sentenza, la terra fu impaurita e tacque, quando DIO si levò per giudicare, per liberare tutti i bisognosi della terra. (Sela) Anche l’ira degli uomini ritornerà a tua lode, e ti cingerai con gli avanzi stessi della loro ira. Fate voti all’Eterno, al DIO vostro, e adempiteli; tutti quelli che stanno attorno a lui portino doni al Tremendo. Egli toglie il respiro ai governanti, egli è temuto dai re della terra. Al maestro del coro. Per Jeduthun. Salmo di Asaf. La mia voce si eleva a DIO e grido; la mia voce si eleva a DIO ed egli mi darà ascolto. Nel giorno della mia avversità ho cercato il Signore, durante la notte la mia mano è rimasta protesa senza stancarsi e l’anima mia ha rifiutato di essere consolata. Mi ricordo di DIO e gemo; mi lamento e il mio spirito viene meno. (Sela) Tu mantieni aperte le mie palpebre; sono cosí turbato che non posso parlare. Ripenso ai giorni antichi, agli anni dei tempi passati. Durante la notte mi ritorna alla mente il mio canto, medito nel mio cuore e il mio spirito investiga. Mi rigetterà il Signore per sempre? E non mi gradirà mai piú? E la sua benignità cessata per sempre e la sua parola venuta meno per le generazioni future? Ha DIO forse dimenticato di aver pietà e ha nell’ira posto fine alle sue compassioni? (Sela) Io ho detto: »Il motivo della mia afflizione è che la destra dell’Altissimo è mutata«. Ricorderò le opere dell’Eterno, sì, ricorderò le tue meraviglie dei tempi passati, mediterò su tutte le tue opere e considererò le tue gesta. O DIO, la tua via è santa, quale DIO è grande come DIO? Tu sei il DIO che compie meraviglie tu hai fatto conoscere la tua forza fra i popoli. Col tuo braccio hai riscattato il tuo popolo, i figli di Giacobbe e di Giuseppe. (Sela) Le acque ti videro, o DIO, le acque ti videro e furono spaventate, anche gli abissi tremarono. Le nubi versarono diluvi d’acqua, i cieli tuonarono e le tue saette guizzarono. Il fragore del tuo tuono era nel turbine, i lampi illuminarono il mondo e la terra fu scossa e tremò. Apristi la tua via in mezzo al mare, il tuo sentiero in mezzo alle grandi acque, e le tue orme non furono riconosciute. Tu guidasti il tuo popolo come un gregge per mano di Mosè e di Aaronne. Cantico di Asaf. Presta attenzione, o popolo mio, alla mia legge; porgi orecchio alle parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca per proferire parabole, ed esporrò i misteri dei tempi antichi. Ciò che noi abbiamo udito e conosciuto, e che i nostri padri ci hanno raccontato, non lo nasconderemo ai loro figli, ma racconteremo alla generazione futura le lodi dell’Eterno, la sua potenza e le meraviglie che egli ha fatto. Egli ha stabilito una testimonianza in Giacobbe e ha posto una legge in Israele, e ha comandato ai nostri padri di farle conoscere ai loro figli, affinché la generazione futura le conoscesse, assieme ai figli che sarebbero nati, ed essi a loro volta le narrassero ai loro figli, e ponessero in DIO la loro fiducia e non dimenticassero le opere di DIO, ma osservassero i suoi comandamenti; e non fossero come i loro padri, una generazione ostinata e ribelle, una generazione il cui cuore non fu costante, il cui spirito non fu fedele verso DIO. I figli di Efraim, gente di guerra, buoni arcieri, voltarono le spalle nel giorno della battaglia, non osservarono il patto di DIO e rifiutarono di camminare secondo la sua legge dimenticarono le sue opere e le meraviglie che aveva loro mostrato. Egli fece prodigi in presenza dei loro padri, nel paese di Egitto, nella campagna di Tsoan. Egli divise il mare e li fece passare nel mezzo, e ammassò le acque come in un mucchio. DIO giorno li condusse con la nuvola e tutta la notte con una luce di fuoco, Spaccò le rocce nel deserto e li abbeverò copiosamente, come dal grande abisso. Fece scaturire ruscelli dalla roccia e scorrere acque simili a fiumi. Ma essi continuarono a peccare contro di lui e a ribellarsi all’Altissimo nel deserto, e tentarono DIO in cuor loro, chiedendo cibo secondo le loro voglie. E parlarono contro DIO, dicendo: »Potrebbe DIO imbandire una mensa nel deserto? Ecco, egli percosse la roccia e ne sgorgarono acque e ne strariparono torrenti. Potrebbe dare anche del pane e provvedere della carne per il suo popolo?«. E cosí l’Eterno li udí e si adirò fieramente, e un fuoco si accese contro Giacobbe e l’ira divampò contro Israele, perché non avevano creduto in DIO e non avevano avuto fiducia nella sua salvezza. Tuttavia egli comandò alle nuvole di sopra e aperse le porte del cielo, e fece piovere su di loro la manna da mangiare e diede loro il frumento del cielo. L’uomo mangiò il pane degli angeli; egli mandò loro del cibo a sazietà. Fece levare in cielo il vento orientale e con la sua potenza fece alzare l’austro, fece piovere su di loro della carne come polvere e uccelli come la sabbia del mare. Li fece cadere in mezzo al loro campo, intorno alle loro tende. Cosí essi mangiarono fino a satollarsi, perché DIO aveva provveduto loro ciò che essi avevano desiderato. Essi non avevano ancora soddisfatto la loro ingordigia e avevano ancora del cibo in bocca, quando l’ira di DIO si scatenò contro di loro, uccise i piú vigorosi di loro e abbattè i migliori d’Israele. Con tutto ciò continuarono a peccare e non credettero alle sue meraviglie. Allora egli consumò i loro giorni in vanità e gli anni loro in spaventi improvvisi. Quando li uccideva, essi lo cercavano e ritornavano a ricercare DIO con assiduità. Si ricordavano che DIO era la loro Rocca e che il DIO altissimo era il loro Redentore. Essi però lo ingannavano con la loro bocca e gli mentivano con la loro lingua. Il loro cuore infatti non era fermo verso di lui e non erano fedeli al suo patto. Ma egli, che è misericordioso, perdonò la loro iniquità e non li distrusse, e molte volte trattenne la sua ira e non lasciò divampare il suo sdegno, ricordando che essi erano carne, un soffio che passa e non ritorna. Quante volte lo provocarono a sdegno nel deserto e lo contristarono nella solitudine! Sí, essi tentarono DIO piú volte e tornarono a provocare il Santo d’Israele. Non si ricordarono piú della sua potenza né del giorno in cui li aveva liberati dal nemico, quando egli aveva compiuto i suoi prodigi in Egitto e i suoi miracoli nella campagna di Tsoan; aveva mutato i fiumi e i corsi d’acqua degli Egiziani in sangue, perché non vi potessero bere. Aveva mandato contro di loro sciami di mosche a divorarli e rane per distruggerli. Aveva dato i loro raccolti ai bruchi e il frutto delle loro fatiche alle locuste. Aveva distrutto le loro vigne con la grandine e i loro sicomori col gelo. Aveva abbandonato il loro bestiame alla grandine e le loro greggi ai fulmini. Aveva scatenato su di loro l’ardore della sua ira indignazione cruccio e calamità, una torma di messaggeri di sventura. Aveva dato libero corso alla sua ira e non li aveva risparmiati dalla morte, ma aveva abbandonato la loro vita alla pestilenza. Aveva percosso tutti i primogeniti in Egitto e le primizie del vigore nelle tende di Cam. Ma aveva fatto partire il suo popolo come un gregge e lo aveva condotto per il deserto come una mandria. Li aveva guidati sicuri ed essi non ebbero paura, ma il mare aveva inghiottito i loro nemici. Ed egli li portò cosí nella sua terra santa, al monte che la sua destra aveva conquistato. Scacciò le nazioni davanti a loro e le assegnò loro in sorte come eredità, e fece abitare le tribú d’Israele nelle loro tende. Ma essi tentarono e provocarono a sdegno il DIO altissimo e non osservarono i suoi statuti. Anzi si tirarono indietro e si comportarono slealmente come i loro padri e si sviarono come un arco fallace; lo provocarono ad ira coi loro alti luoghi e lo mossero a gelosia con le loro sculture. DIO udí e si adirò, e provò una grande avversione per Israele. Egli abbandono cosí il tabernacolo, di Sciloh, la tenda che aveva piantato fra gli uomini; e lasciò andare la sua forza in cattività e la sua gloria in mano del nemico. Abbandonò il suo popolo alla spada e si adirò grandemente contro la sua eredità. Il fuoco consumò i loro giovani, e le loro vergini non ebbero alcun canto nuziale. I loro sacerdoti caddero per la spada e le loro vedove non fecero cordoglio. Poi il Signore si risvegliò come dal sonno, simile a un prode che grida eccitato dal vino. Percosse i suoi nemici alle spalle e li coperse di un eterno vituperio. Ripudiò la tenda di Giuseppe e non scelse la tribú di Efraim, ma scelse la tribú di Giuda, il monte di Sion, che egli ama. Edificò il suo santuario, come i luoghi altissimi, come la terra che ha fondato per sempre. E scelse Davide suo servo, e lo prese dagli ovili di pecore. Lo portò via dalle pecore che allattavano, per pascere Giacobbe suo popolo, e Israele sua eredità. Ed egli li fece pascere secondo l’integrità del suo cuore e li guidò con la destrezza delle sue mani. Salmo di Asaf. O DIO, le nazioni sono entrate nella tua eredità, hanno profanato il tuo santo tempio, hanno ridotto Gerusalemme in un cumulo di rovine. Hanno dato i corpi morti dei tuoi servi in pasto agli uccelli del cielo e la carne dei tuoi santi alle fiere della campagna. Hanno sparso il loro sangue come acqua intorno a Gerusalemme, senza che alcuno desse loro sepoltura. Siamo divenuti un obbrobrio per i nostri vicini, lo scherno e zimbello di quelli che ci stanno attorno. Fino a quando, o Eterno? Rimarrai tu adirato per sempre? Arderà la tua gelosia come un fuoco? Riversa la tua ira sulle nazioni che non ti conoscono e sui regni che non invocano il tuo nome, poiché hanno divorato Giacobbe e hanno devastato la sua dimora. Non ricordare contro di noi le colpe dei nostri antenati; affrettati a venirci incontro con le tue compassioni perché siamo molto tribolati. Soccorrici, o DIO della nostra salvezza, per la gloria del tuo nome, e liberaci e perdona i nostri peccati per amore del tuo nome. Perché direbbero le nazioni: »Dov’è il loro DIO?«. Davanti ai nostri occhi fa’ conoscere fra le nazioni la vendetta del sangue sparso dei tuoi servi. Giunga fino a te il gemito dei prigionieri, secondo la potenza del tuo braccio, salva quelli che sono condannati a morte. E restituisci ai nostri vicini sette volte tanto il vituperio che ti hanno fatto, o Signore. E noi tuo popolo e gregge del tuo pascolo, ti celebreremo per sempre e proclameremo la tua lode per ogni età. Al maestro del coro. Sul motivo: »I gigli della testimonianza«. Salmo di Asaf. Ascolta, o pastore d’Israele, che guidi Giuseppe come un gregge, tu che siedi sopra i Cherubini, risplendi nella tua gloria. Risveglia la tua potenza davanti a Efraim, a Beniamino e a Manasse, e vieni a liberarci. O DIO ristoraci, fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvati. O Eterno, DIO degli eserciti, fino a quando sarai adirato contro la preghiera del tuo popolo? Tu li hai cibati con pane intriso di pianto, e hai dato loro da bere lacrime in abbondanza. Tu ci hai fatti un oggetto di contesa per i nostri vicini, e i nostri nemici ridono tra di loro. O DIO degli eserciti, ristoraci fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvati. Tu portasti fuori dall’Egitto una vite scacciasti le nazioni e la piantasti. Tu sgombrasti il terreno davanti a lei, ed essa mise radici e riempí la terra. I monti furono coperti con la sua ombra e i cedri di DIO con i suoi tralci. Allungò i suoi rami fino al mare e i suoi germogli fino al fiume. Perché hai rotto i suoi recinti e cosí tutti i passanti ne raccolgono i frutti? Il cinghiale del bosco la devasta e le fiere della campagna vi pascolano. O DIO degli eserciti, ti preghiamo, ritorna; guarda dal cielo e vedi, e visita questa vigna, e le piante che la tua destra ha piantato, e il germoglio che tu hai reso forte per te. Essa è arsa dal fuoco ed è recisa; essi periscono alla minaccia del tuo volto. Sia la tua mano sull’uomo della tua destra, sul figlio dell’uomo che hai reso forte per te. Cosí non ci allontaneremo piú da te. Facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. O Eterno, DIO degli eserciti, ristoraci; fa’ risplendere il tuo volto e saremo salvati. Al maestro del coro. Sulla Ghittea. Salmo di Asaf. Cantate con giubilo a DIO, nostra forza; mandate grida di gioia al DIO di Giacobbe. Innalzate un canto e fate risuonare il tamburello, l’arpa melodiosa con la lira. Suonate la tromba alla nuova luna alla luna piena nel giorno della nostra festa. Poiché questo è uno statuto per Israele, una legge del DIO di Giacobbe. Egli lo stabilí come una testimonianza in Giuseppe, quando uscí contro il paese di Egitto. Allora io udii un linguaggio che non comprendevo: »O Israele, io ho sottratto le tue spalle ai pesi; le tue mani hanno deposto la cesta. Nella sventura tu gridasti a me e io ti liberai; ti risposi nascosto nel tuono, ti misi alla prova alle acque di Meriba. (Sela) Ascolta, o popolo mio, e ti ammonirò. O Israele, se tu mi ascoltassi! Non vi sia in mezzo a te alcun dio straniero e non adorare alcun dio forestiero. sono l’Eterno, il DIO tuo, che ti ha fatto uscire dal paese di Egitto; apri la tua bocca e io la riempirò. Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce e Israele non mi ha ubbidito. Perciò li abbandonai alla durezza del loro cuore, affinché camminassero secondo i loro consigli. Oh, se il mio popolo mi ascoltasse, se Israele camminasse nelle mie vie! Umilierei subito i suoi nemici e volgerei la mia mano contro i suoi avversari. Quelli che odiano l’Eterno gli sarebbero sottomessi, e la loro sorte sarebbe segnata per sempre. E io lo nutrirei (Israele) con fior di frumento e lo sazierei di miele che stilla dalla roccia«. Salmo di Asaf. DIO sta nell’assemblea di DIO; egli giudica in mezzo agli dèi. Fino a quando giudicherete ingiustamente e prenderete le parti degli empi? (Sela) Difendete il debole e l’orfano fate giustizia all’afflitto e al povero. Liberate il misero e il bisognoso; salvatelo dalla mano degli empi. Essi non conoscono nulla e non intendono nulla, e camminano nelle tenebre tutti i fondamenti della terra sono smossi. Io ho detto: »Voi siete dèi, siete tutti figli dell’Altissimo. Tuttavia voi morrete come gli altri uomini, e cadrete come ogni altro potente«. Levati, o DIO, giudica la terra, perché tu avrai in eredità tutte le nazioni. Cantico. Salmo di Asaf. O DIO, non restare in silenzio! Non tacere, non rimanere inerte, o DIO! Poiché, ecco, i tuoi nemici tumultuano, e quelli che ti odiano alzano il capo. Cospirano insidie contro il tuo popolo e fanno complotti contro quelli che tu proteggi. Dicono: »Venite e distruggiamoli come nazione, e il nome d’Israele non sia piú ricordato«. Poiché hanno complottato insieme con una sola mente e hanno fatto un patto contro di te. Le tende di Edom e gli Ismaeliti Moab e gli Hagareni. Ghebal, Ammon e Amalek, la Filistia con gli abitanti di Tiro; anche l’Assiria si è aggiunta a loro per dare aiuto ai figli di Lot. (Sela) Agisci con loro come facesti con Madian, con Sisera, con Jabin presso il torrente Kishon. i quali furono distrutti a Endor e divennero come letame per la terra. Rendi i loro capi come Oreb e Zeeb, e tutti i loro principi come Zebah e Tsalmunna. Poiché hanno detto: »Impossessiamoci dei pascoli di DIO«. O DIO mio, rendili simili alla polvere del turbine, alla stoppia in balia del vento. Come il fuoco brucia la foresta e come la fiamma divora i monti. cosí inseguili con la tua tempesta e spaventali col tuo uragano. Copri le loro facce di vergogna, affinché cerchino il tuo nome, o Eterno. Siano svergognati e pieni di spavento per sempre, siano confusi e periscano; conoscano che tu solo, il cui nome è l’Eterno, sei l’Altissimo su tutta la terra. Al maestro del coro. Sulla Ghittea. Salmo dei figli di kore. Oh, quanto amabili sono le tue dimore, o Eterno degli eserciti! L’anima mia anela e si strugge per i cortili dell’Eterno; il mio cuore e la mia carne mandano grida di gioia al DIO vivente. Anche il passero trova una casa e la rondine un nido, dove posare i suoi piccoli presso i tuoi altari, o Eterno degli eserciti, mio Re e mio DIO. Beati coloro che abitano nella tua casa e ti lodano del continuo. (Sela) Beati quelli che ripongono la loro forza in te e che hanno in cuore le tue vie! Quando attraversano la valle di Baka, la trasformano in luogo di sorgenti, e la prima pioggia la ricopre di benedizioni. Essi vanno di valore in valore, e infine compaiono davanti a DIO in Sion. O Eterno, DIO degli eserciti, ascolta la mia preghiera; tendi l’orecchio, o DIO di Giacobbe. (Sela) Vedi, o DIO, nostro scudo, e riguarda la faccia del tuo unto. Sí, un giorno nei tuoi cortili val piú che mille altrove; io preferisco stare sulla soglia della casa del mio DIO, che abitare nelle tende degli empi. Perché l’Eterno DIO è sole e scudo; l’Eterno darà grazia e gloria; egli non rifiuterà alcun bene a quelli che camminano rettamente. O Eterno degli eserciti, beato l’uomo che confida in te. Al maestro del coro. Salmo dei figli di Kore. O Eterno, tu sei stato propizio alla tua terra e hai ricondotto Giacobbe dalla cattività, Tu hai perdonato l’iniquità del tuo popolo e hai coperto tutti i loro peccati. (Sela) Tu hai allontanato tutto il tuo sdegno e hai messo da parte la tua ardente ira. Ristoraci, o DIO della nostra salvezza, e fa’ cessare la tua indignazione contro di noi. Rimarrai tu adirato con noi per sempre? Prolungherai la tua ira per ogni età? Non ci darai nuovamente la vita, affinché il tuo popolo possa rallegrarsi in te? Mostraci, o Eterno, la tua benignità e donaci la tua salvezza. ascolterò ciò che DIO, l’Eterno dirà; certo egli parlerà di pace al suo popolo e ai suoi santi, ma non permetterà che essi ritornino a vivere da stolti. Certo la sua salvezza è vicina a quelli che lo temono, perché la sua gloria possa abitare nel nostro paese. La benignità e la verità si sono incontrate; la giustizia e la pace si sono baciate. La verità germoglierà dalla terra e la giustizia guarderà dal cielo. Sí, l’Eterno darà ciò che è bene, e la nostra terra produrrà il suo frutto. La giustizia camminerà davanti a lui e preparerà la via ai suoi passi. Preghiera di Davide. Tendi l’orecchio, o Eterno, e rispondimi, perché sono afflitto e bisognoso. Custodisci la mia vita perché sono santo; tu sei il mio DIO, salva il tuo servo che confida in te Abbi pietà di me, o Signore, perché grido a te tutto il giorno. Rallegra il tuo servo, perché a te, o Signore, elevo l’anima mia. Poiché tu, o Signore, sei buono e pronto a perdonare, e usi grande benignità verso tutti quelli che t’invocano. Tendi l’orecchio, o Eterno, alla mia preghiera, e sii attento al grido delle mie suppliche. Io t’invoco nel giorno della mia avversità, perché tu mi risponderai. Non vi è nessuno pari a te fra gli dèi, o Signore né vi sono opere pari alle tue. Tutte le nazioni che tu hai creato verranno a prostrarsi davanti a te o Signore, e glorificheranno il tuo nome. Poiché tu sei grande e operi meraviglie; tu solo sei DIO. Insegnami la tua via, o Eterno, e io camminerò nella tua verità; unisci il mio cuore al timore del tuo nome. Io ti loderò, o Signore, DIO mio, con tutto il mio cuore, e glorificherò il tuo nome in eterno. Perché grande è la tua benignità verso di me; tu hai salvato l’anima mia dallo Sceol. O DIO uomini superbi sono insorti contro di me e una torma di violenti cerca la mia vita e non pone te davanti ai loro occhi. Ma tu, o Signore, sei un DIO misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco in benignità e verità. Volgiti a me e abbi pietà di me; dà la tua forza al tuo servo e salva il figlio della tua serva. Mostrami un segno del tuo favore, affinché quelli che mi odiano lo vedano e rimangano confusi, vedendo che tu, o Eterno, mi hai soccorso e mi hai consolato. Salmo dei figli di Kore. Cantico. Egli ha posto il suo fondamento sui monti santi. L’Eterno ama le porte di Sion piú di tutte le dimore di Giacobbe. Cose gloriose son dette di te, o città di DIO. (Sela) Menzionerò l’Egitto e Babilonia fra quelli che mi conoscono. Ecco la Filistia e Tiro insieme all’Etiopia: »Costui è nato là«. E si dirà di Sion: »Questi e quello sono nati in lei; e l’Altissimo stesso la renderà stabile«. L’Eterno, passando in rassegna i popoli, registrerà: »Costui è nato là«. (Sela) E i cantori e i suonatori diranno: »Tutte le mie fonti di vita e di gioia sono in te«. Cantico. Salmo dei figli di Kore. Al maestro del coro. Da cantarsi mestamente. Cantico di Heman, l’Ezrahita. O Eterno, DIO della mia salvezza, io grido giorno e notte davanti a te. Giunga fino a te la mia preghiera, tendi l’orecchio al mio grido, perché l’anima mia è sazia di male, e la mia vita è giunta fino allo Sceol. Sono ormai annoverato fra quelli che scendono nella fossa, sono come un uomo che non ha piú forza. Sono abbandonato fra i morti come gli uccisi che giacciono nel sepolcro, di cui tu non ti ricordi piú e che sono recisi e allontanati dalla tua mano. Tu mi hai posto nella piú profonda fossa, in luoghi tenebrosi, negli abissi. Su di me si è abbattuta la tua ira, e tu mi hai travolto con tutti i tuoi flutti. (Sela) Tu mi hai privato dei miei amici, mi hai reso per loro un oggetto abominevole; sono rinchiuso e non posso uscire. Il mio occhio si strugge dal dolore; ti invoco ogni giorno, o Eterno, e tendo le mie mani verso di te. Farai forse dei prodigi per i morti? Risorgeranno i defunti a lodarti? (Sela) Si celebrerà la tua benignità nel sepolcro e la tua fedeltà nel luogo di distruzione? Saranno le tue meraviglie conosciute nelle tenebre e la tua giustizia nella terra dell’oblìo? Ma io grido a te, o Eterno, e la mia preghiera ti viene incontro al mattino. Perché mi respingi, o Eterno perché mi nascondi il tuo volto? Sono stato afflitto e moribondo fin dalla giovinezza; ho sofferto i tuoi terrori e sono smarrito. Sopra di me è passata la tua ardente ira; i tuoi terrori mi hanno annientato, mi hanno circondato come acque tutto il giorno e tutti assieme mi hanno sommerso. Hai allontanato da me amici e conoscenti; i miei amici piú intimi sono le tenebre. Cantico di Ethon, l’Ezrahita. Io canterò per sempre le benignità dell’Eterno, con la mia bocca proclamerò la tua fedeltà a tutte le generazioni. Poiché ho detto: »La tua benignità sussisterà in eterno, tu stabilirai la tua fedeltà nei cieli stessi«. »Io ho fatto un patto col mio eletto, ho giurato a Davide, mio servo, dicendo: Stabilirò la tua progenie in eterno, ed edificherò il tuo trono per ogni età. (Sela) E i cieli celebreranno le tue meraviglie, o Eterno, e la tua fedeltà nell’assemblea dei santi. Poiché chi può in cielo essere paragonato all’Eterno? E chi è simile all’Eterno fra i figli del Potente? DIO è grandemente temuto nell’assemblea dei santi, e profondamente rispettato da tutti quelli che lo circondano. O Eterno, DIO degli eserciti chi è potente come te, o Eterno? La tua fedeltà ti circonda dappertutto. Tu domini la furia del mare, quando le sue onde s’innalzano, tu le acqueti. Tu hai ridotto in frantumi l’Egitto ferendolo a morte; con braccio potente hai disperso i tuoi nemici. I cieli sono tuoi, anche la terra è tua tu hai fondato il mondo e tutto ciò che è in esso. Tu hai creato il settentrione e il mezzogiorno; il Tabor e l’Hermon mandano grida di gioia al tuo nome. Tu hai un braccio forte; la tua mano è potente, la tua destra è esaltata. Giustizia e diritto formano la base del tuo trono; benignità e verità vanno davanti al tuo volto. Beato il popolo che conosce il grido di giubilo, o Eterno, perché esso camminerà alla luce del tuo volto; si rallegrerà tutto il giorno nel tuo nome ed esulterà nella tua giustizia. Sí, tu sei il vanto della loro forza, e col tuo favore accresci la nostra potenza. Poiché il nostro scudo appartiene all’Eterno e il nostro re al Santo d’Israele. Tu parlasti allora in visione al tuo diletto e dicesti: »Ho dato aiuto a uno che è potente, ho esaltato un eletto tra il popolo. Ho trovato Davide mio servo, e l’ho unto col mio santo olio. La mia mano lo sosterrà fermamente e il mio braccio lo fortificherà. Il nemico non lo opprimerà e il perverso non lo affliggerà. Annienterò davanti a lui i suoi nemici e colpirò quelli che lo odiano. La mia fedeltà e la mia benignità saranno con lui, e nel mio nome riceverà potenza. Stenderò la sua mano sul mare e la sua destra sui fiumi. Egli m’invocherà, dicendo: »Tu sei mio Padre, il mio DIO e la Rocca della mia salvezza«. Lo costituirò pure mio primogenito, il piú eccelso dei re della terra. Gli userò benignità per sempre, e il mio patto con lui rimarrà stabile. Renderò pure la sua progenie eterna e il suo trono come i giorni dei cieli. Se i suoi figli abbandonano la mia legge e non camminano nei miei ordinamenti, se violano i miei statuti e non osservano i miei comandamenti, io punirò la loro trasgressione con la verga e la loro iniquità con battiture; ma non ritirerò la mia benignità da lui e non lascerò che la mia fedeltà venga meno. Non violerò il mio patto e non muterò le parole che sono uscite dalla mia bocca. Ho giurato una volta per la mia SANTITA’ e non mentirò a Davide; la sua progenie durerà in eterno e il suo trono sarà come il sole davanti a me. sarà stabile per sempre come la luna, e il testimone nel cielo è fedele«. (Sela) Ma tu ci hai abbandonato e respinto; ti sei grandemente adirato contro il tuo unto. Tu hai disprezzato il patto fatto col tuo servo e hai profanato la sua corona, facendola cadere a terra. Hai abbattuto tutte le sue difese e hai ridotto in rovine le sue fortezze. Tutti i passanti lo hanno saccheggiato ed è divenuto lo scherno dei suoi vicini. Hai esaltato la destra dei suoi avversari e hai fatto giubilare tutti i suoi nemici. Hai fatto piegare il taglio della sua spada e non l’hai sostenuto nella battaglia. Hai posto fine al suo splendore e hai gettato a terra il suo trono. Hai accorciato i giorni della sua giovinezza e l’hai coperto di vergogna. (Sela) Fino a quando, o Eterno? Ti nasconderai tu per sempre? Arderà la tua ira come un fuoco? Ricordati quanto breve sia la mia vita. Per quale vanità hai creato tutti i figli degli uomini? Qual è l’uomo che viva, senza vedere la morte e che possa sottrarre la sua vita al potere dello Sceol? (Sela) Dove sono, o Signore, le tue benignità antiche, che giurasti a Davide nella tua fedeltà? Ricordati, o Signore. dell’oltraggio fatto ai tuoi servi, e come io porto in cuore l’oltraggio di tutte le nazioni, col quale i tuoi nemici ti hanno oltraggiato, o Eterno, col quale hanno oltraggiato i passi del tuo unto. Benedetto sia l’Eterno per sempre. Amen, sì, amen! Preghiera di Mosè, uomo di Dio. O Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione. Prima che i monti fossero nati e che tu avessi formato la terra e il mondo, anzi da sempre e per sempre tu sei DIO. Tu fai ritornare l’uomo in polvere e dici: »Ritornate, o figli degli uomini«. Poiché mille anni ai tuoi occhi sono come il giorno di ieri quando è passato, o come una vigilia, nella notte. Tu li porti via come un’inondazione. Essi sono come un sogno, sono come l’erba che verdeggia la mattina. La mattina essa fiorisce e verdeggia, la sera è falciata e dissecca. Poiché siamo consumati dalla tua ira e siamo atterriti dal tuo furore. Tu metti le nostre colpe davanti a te, i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto. Poiché tutti i nostri giorni svaniscono nella tua ira; finiamo i nostri anni come un sospiro. I giorni dei nostri anni arrivano a settant’anni e per i piú forti a ottanta ma quel che costituisce il loro orgoglio non è che travaglio e vanità, perché passa in fretta e noi ce ne voliamo via. Chi conosce la forza della tua ira e il tuo furore secondo il timore che ti è dovuto? Insegnaci dunque a contare i nostri giorni, per ottenere un cuore savio. Ritorna, o Eterno! Fino a quando? E abbi pietà dei tuoi servi. Saziaci al mattino con la tua benignità, e noi esulteremo e ci rallegreremo tutti i nostri giorni. Rallegraci in proporzione ai giorni che ci hai afflitti e in compenso degli anni che abbiamo sofferto calamità. Sia manifesta la tua opera ai tuoi servi e la tua gloria ai loro figli. La grazia del Signore DIO nostro sia su di noi, e rendi stabile per noi l’opera delle nostre mani; sí, rendi stabile l’opera delle nostre mani. Chi dimora nel riparo dell’Altissimo, riposa all’ombra dell’Onnipotente. dico all’Eterno: »Tu sei il mio rifugio e la mia fortezza, il mio DIO, in cui confido«. Certo egli ti libererà dal laccio dell’uccellatore e dalla peste mortifera. Egli ti coprirà con le sue penne e sotto le sue ali troverai rifugio; la sua fedeltà ti sarà scudo e corazza. Tu non temerai lo spavento notturno, né la freccia che vola di giorno, né la peste che vaga nelle tenebre, né lo sterminio che imperversa a mezzodí. Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma a te non si accosterà. Basta che tu osservi con gli occhi; e vedrai la retribuzione degli empi. Poiché tu hai detto: »O Eterno, tu sei il mio rifugio«, e hai fatto dell’Altissimo il tuo riparo, non ti accadrà alcun male, né piaga alcuna si accosterà alla tua tenda. Poiché egli comanderà ai suoi Angeli di custodirti in tutte le tue vie. Essi ti porteranno nelle loro mani, perché il tuo piede non inciampi in alcuna pietra. Tu camminerai sul leone e sull’aspide, calpesterai il leoncello e il dragone. Poiché egli ha riposto in me il suo amore io lo libererò e lo leverò in alto al sicuro perché conosce il mio nome. Egli mi invocherà e io gli risponderò; sarò con lui nell’avversità; lo libererò e lo glorificherò. Lo sazierò di lunga vita e gli farò vedere la mia salvezza. Salmo. Cantico per il giorno del sabato. E’ bello celebrare l’Eterno, e cantare le lodi al tuo nome, o Altissimo; proclamare al mattino la tua benignità e la tua fedeltà ogni notte, sull’arpa a dieci corde, sulla lira e con la melodia della cetra. Poiché tu mi hai rallegrato con ciò che hai fatto, io esulto per le opere delle tue mani. Quanto sono grandi le tue opere, O Eterno, come sono profondi i tuoi pensieri! L’uomo insensato non conosce e lo stolto non intende questo: che gli empi germogliano come l’erba, e tutti gli operatori d’iniquità fioriscono per essere distrutti in eterno. Ma tu, o Eterno, rimani l’Eccelso per sempre. Poiché ecco, i tuoi nemici, o Eterno, poiché ecco, i tuoi nemici periranno e tutti gli operatori d’iniquità saranno dispersi. Ma tu mi hai dato la forza pari a quella del bufalo, tu mi hai unto di olio fresco. E i miei occhi vedranno la sconfitta dei miei nemici e i miei orecchi udranno della disfatta dei malvagi che si levano contro di me. Il giusto fiorirà come la palma, crescerà come il cedro del Libano. Quelli che sono piantati nella casa dell’Eterno fioriranno nei cortili del nostro DIO. Porteranno ancora frutto nella vecchiaia e saranno prosperi e verdeggianti, per proclamare che l’Eterno è giusto; egli è la mia Rocca e non vi è alcuna ingiustizia in lui. L’Eterno regna; egli si è rivestito di maestà, l’Eterno si è ammantato, si è cinto di forza. Sí, il mondo è stabile, non sarà mai smosso. Il tuo trono è saldo da sempre; tu sei da sempre. I fiumi hanno elevato, o Eterno, i fiumi hanno elevato la loro voce; i fiumi hanno elevato le loro onde fragorose; ma l’Eterno nei luoghi altissimi è piú potente delle voci delle grandi acque, piú potente dei flutti del mare. I tuoi statuti sono oltremodo stabili. La SANTITA’ si addice alla tua casa, o Eterno, per sempre. O DIO delle vendette, o Eterno DIO delle vendette, risplendi. Levati, o giudice della terra e rendi la retribuzione ai superbi. Fino a quando gli empi, o Eterno, fino a quando gli empi trionferanno? Vomitano parole e fanno discorsi insolenti; tutti gli operatori d’iniquità parlano con arroganza. Essi calpestano il tuo popolo, o Eterno, e opprimono la tua eredità. Uccidono la vedova e il forestiero, e mettono a morte gli orfani, e dicono: »L’Eterno non vede, il DIO di Giacobbe non intende«. Cercate di capire, o insensati fra il popolo, e voi sciocchi, quando diventerete savi Colui che ha piantato l’orecchio, non ode egli? Colui che ha formato l’occhio, non vede egli? Colui che corregge le nazioni non le punirà, lui che insegna all’uomo conoscenza? L’Eterno conosce i pensieri dell’uomo e sa che sono vani. Beato l’uomo che tu correggi, o Eterno, e che istruisci con la tua legge, per dargli riposo nei giorni dell’avversità, finché è scavata la fossa per l’empio. Poiché l’Eterno non ripudierà il suo popolo e non abbandonerà la sua eredità. Il giudizio sarà di nuovo fondato sulla giustizia, e tutti i retti di cuore lo seguiranno. Chi si leverà per me contro i malvagi? Chi si metterà dalla mia parte contro gli operatori d’iniquità? Se l’Eterno non fosse venuto in mio aiuto, sarei presto finito nel luogo del silenzio. Quando ho detto »Il mio piede vacilla«, la tua benignità, o Eterno, mi ha sostenuto. Quando un gran numero di preoccupazioni mi assillavano, le tue consolazioni mi rincuoravano. Sarà forse tuo alleato il tribunale iniquo, che trama angherie in nome della legge? Si radunano assieme contro il giusto e condannano il sangue innocente. Ma l’Eterno è la mia fortezza e il mio DIO è la rocca in cui mi rifugio. Egli farà ricadere su di essi la loro malvagità e li farà perire per la loro iniquità; l’Eterno, il nostro DIO, li distruggerà. Venite, cantiamo di gioia all’Eterno; mandiamo grida di gioia alla rocca della nostra salvezza. Veniamo alla sua presenza con lodi, celebriamolo con canti. Poiché l’Eterno è un DIO grande e un gran Re su tutti gli dèi. Nelle sue mani sono le profondità della terra, e sue sono le alte vette dei monti. Suo è il mare, perché egli l’ha fatto, e la terra asciutta che le sue mani hanno plasmato. Venite, adoriamo e inchiniamoci; inginocchiamoci davanti all’Eterno che ci ha fatti. Poiché egli è il nostro DIO, e noi siamo il popolo del suo pascolo e il gregge di cui egli si prende cura. Oggi, se udite la sua voce, »non indurite il vostro cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove i padri vostri mi tentarono e mi misero alla prova, anche se avevano visto le mie opere. Per quarant’anni ebbi in disgusto quella generazione, e dissi: Sono un popolo dal cuore sviato e non conoscono le mie vie. Perciò giurai nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo«, Cantate all’Eterno un canto nuovo, cantate all’Eterno, o abitanti di tutta la terra! Cantate all’Eterno, benedite il suo nome; annunziate di giorno in giorno la sua salvezza. Proclamate la sua gloria fra le nazioni e le sue meraviglie fra tutti i popoli. Poiché l’Eterno è grande e degno di somma lode; egli va temuto sopra tutti gli dèi. Poiché tutti gli dèi delle nazioni sono idoli, ma l’Eterno ha fatto i cieli, Splendore e maestà sono davanti a lui forza e bellezza sono nel suo santuario. Date all’Eterno, o famiglie dei popoli, date all’Eterno gloria e forza. Date all’Eterno la gloria dovuta al suo nome, portategli offerte e venite nei suoi cortili Prostratevi davanti all’Eterno nello splendore della sua SANTITA’, tremate davanti a lui, o abitanti di tutta la terra. Dite fra le nazioni: »L’Eterno regna; il mondo è stabilito fermamente e non sarà smosso; egli giudicherà i popoli con rettitudine«. Si rallegrino i cieli e gioisca la terra; rumoreggi il mare e tutto ciò che è in esso. Esulti la campagna e tutto quello che è in essa. Allora tutti gli alberi della foresta manderanno grida di gioia davanti all’Eterno, perché egli viene, viene a giudicare la terra. Egli giudicherà il mondo con giustizia e i popoli nella sua fedeltà. L’Eterno regna; gioisca la terra e si rallegrino le grandi isole. Nuvole e tenebre lo avvolgono; giustizia e diritto sono a base del suo trono. Un fuoco lo precede e consuma i suoi nemici tutt’intorno. I suoi lampi illuminano il mondo, Ia terra li vede e trema, I monti si sciolgono come cera davanti all’Eterno, davanti al Signore di tutta la terra. I cieli proclamano la sua giustizia e tutti i popoli vedono la sua gloria. Siano tutti confusi quelli che servono le sculture e quelli che si vantano degli idoli; si prostrino davanti a lui tutti gli dèi. Sion ha udito e ne ha gioito, e le figlie di Giuda si sono rallegrate per i tuoi giudizi, o Eterno. Poiché tu, o Eterno, sei l’Altissimo su tutta la terra, tu sei grandemente esaltato al di sopra di tutti gli dèi. Voi che amate l’Eterno odiate il male! Egli custodisce la vita dei suoi santi e li libera dalla mano degli empi. La luce è sorta per il giusto e la gioia per i retti di cuore. Rallegratevi nell’Eterno, o giusti, e lodate il suo santo nome. Salmo Cantate all’Eterno un canto nuovo, perché ha fatto meraviglie; la sua destra e il suo santo braccio gli hanno ottenuto salvezza. L’Eterno ha fatto conoscere la sua salvezza e ha manifestato la sua giustizia davanti alle nazioni. Egli si è ricordato della sua benignità e della sua fedeltà per la casa d’Israele; tutte le estremità della terra hanno visto la salvezza del nostro DIO. Mandate grida di gioia all’Eterno, o abitanti di tutta la terra; prorompete in canti di gioia, rallegratevi e cantate lodi. Cantate lodi all’Eterno con la cetra, con la cetra e con la voce del canto. Mandate grida di gioia con le trombe e il suono del corno davanti all’Eterno, il Re. Rumoreggi il mare e tutto ciò che è in esso, il mondo e i suoi abitanti. l fiumi battano le mani e i monti esultino insieme di gioia davanti all’Eterno, poiché egli viene a giudicare la terra; egli giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con equità. L’Eterno regna, tremino i popoli. Egli siede sopra i Cherubini tremi la terra. L’Eterno è grande in Sion ed eccelso su tutti i popoli. Essi celebreranno il tuo nome grande e tremendo. Egli è santo. Il Re è potente e ama la giustizia. Sei tu che hai stabilito il diritto e hai esercitato in Giacobbe giudizio e giustizia. Esaltate l’Eterno, il nostro DIO, e prostratevi davanti allo sgabello dei suoi piedi. Egli è santo. Mosè ed Aaronne furono fra i suoi sacerdoti, e Samuele fra quelli che invocarono il suo nome, essi invocarono l’Eterno ed egli rispose loro. Egli parlò loro dalla colonna della nuvola, ed essi osservarono le sue testimonianze e gli statuti che diede loro. Tu li esaudisti, o Eterno, nostro DIO. Tu fosti per loro un DIO che perdona, pur castigando i loro misfatti. Esaltate l’Eterno il nostro DIO, e adorate sul suo monte santo, perché l’Eterno il nostro DIO, è santo. Salmo di lode. Mandate grida di gioia all’Eterno, o abitanti di tutta la terra! Servite l’Eterno con letizia venite davanti a lui con canti di gioia. Riconoscete che l’Eterno è DIO è lui che ci ha fatti e non noi da noi stessi; noi siamo il suo popolo e il gregge del suo pascolo. Entrate nelle sue porte con ringraziamento e nei suoi cortili con lode, celebratelo, benedite il suo nome Poiché l’Eterno è buono; la sua benignità dura in eterno e la sua fedeltà per ogni età. Salmo di Davide. Io canterò della tua benignità e giustizia; canterò le tue lodi, o Eterno Avrò cura di condurre una vita integra. Quando verrai a me? Camminerò con cuore integro dentro la mia casa. Non metterò davanti ai miei occhi alcuna cosa malvagia; io detesto il comportamento di quelli che si sviano, non mi lascerò contagiare. ll cuore perverso si allontanerà da me; non voglio saperne del male. Sterminerò chi calunnia in segreto contro il suo prossimo; non sopporterò l’uomo altezzoso di occhi e superbo di cuore. I miei occhi saranno sui fedeli del paese e li terrò vicino a me; chi cammina con integrità sarà mio servo. Chi agisce con inganno non abiterà nella mia casa; chi proferisce menzogne non reggerà davanti ai miei occhi. Ogni mattina annienterò tutti gli empi del paese, per estirpare dalla città dell’Eterno tutti gli operatori d’iniquità. Preghiera dell’afflitto mentre è abbattuto ed effonde il suo lamento davanti all’Eterno. O Eterno ascolta la mia preghiera e giunga a te il mio grido. Non nascondermi il tuo volto nel giorno della mia avversità. Tendi verso di me il tuo orecchio; quando ti invoco affrettati a rispondermi. Poiché i miei giorni svaniscono come fumo e le mie ossa ardono come un tizzone. Il mio cuore è percosso e inaridisce come l’erba, e dimentico persino di prendere cibo. A forza di gemere la mia pelle si attacca alle mie ossa. Rassomiglio al pellicano del deserto e sono diventato come il gufo dei luoghi desolati. Sono insonne e sono come il passero solitario sul tetto. I miei nemici mi scherniscono tutto il giorno; quelli che mi deridono imprecano contro di me. Poiché mangio cenere come pane e mescolo lacrime a quel che bevo, Sí, a motivo del tuo sdegno e della tua ira, mi hai sollevato e gettato lontano, I miei giorni sono come ombra che si allunga, e io inaridisco come erba. Ma tu, o Eterno, rimani per sempre, e il tuo ricordo dura per ogni età. Tu ti leverai e avrai compassione di Sion, perché è tempo di usarle misericordia; e il tempo fissato è giunto. Poiché i tuoi servi hanno affezione alle sue stesse pietre e hanno pietà della sua polvere. Sí, le nazioni temeranno il nome dell’Eterno e tutti i re della terra la tua gloria, quando l’Eterno ricostruirà Sion e apparirà nella sua gloria. Egli ascolterà la preghiera dei derelitti e non disprezzerà la loro supplica. Questo sarà scritto per la generazione futura, e il popolo che sarà creato loderà l’Eterno, perché egli guarda dall’alto del suo santuario; dal cielo l’Eterno osserva la terra, per udire il gemito dei prigionieri, per liberare i condannati a morte; affinché proclamino in Sion il nome dell’Eterno e la sua lode in Gerusalemme, quando i popoli e i regni si raduneranno insieme per servire l’Eterno. Per via egli ha diminuito il mio vigore e ha abbreviato i miei giorni. Ho detto: »DIO mio, non portarmi via nel mezzo dei miei giorni. I tuoi anni durano per ogni età. Anticamente tu hai stabilito la terra e i cieli sono opera delle tue mani; essi periranno, ma tu rimarrai: si logoreranno tutti come un vestito; tu li muterai come una veste ed essi saranno cambiati, Ma tu sei sempre lo stesso e gli anni tuoi non avranno mai fine. I figli dei tuoi servi avranno una dimora, e la loro progenie sarà stabile davanti a te«. Salmo di Davide. Benedici, anima mia, l’Eterno, e tutto quello che è in me benedica il suo santo nome. Benedici, anima mia, l’Eterno e non dimenticare alcuno dei suoi benefici. Egli perdona tutte le tue iniquità e guarisce tutte le tue infermità, riscatta la tua vita dalla distruzione e ti corona di benignità e di compassioni; egli sazia di beni la tua bocca e ti fa ringiovanire come l’aquila. L’Eterno opera con giustizia e difende la causa degli oppressi. Egli ha fatto conoscere a Mosè le sue vie e ai figli d’Israele le sue opere. L’Eterno è pietoso e clemente, lento all’ira e di grande benignità. Egli non contende in eterno e non serba l’ira per sempre Egli non ci tratta come meritano i nostri peccati, e non ci castiga in base alle nostre colpe. Poiché, quanto sono alti i cieli al di sopra della terra, tanto è grande la sua benignità verso quelli che lo temono. Quanto è lontano il levante dal ponente, tanto ha egli allontanato da noi le nostre colpe. Come un padre è pietoso verso i suoi figli, cosí è pietoso l’Eterno verso quelli che lo temono. Perché egli conosce la nostra natura e si ricorda che siamo polvere. I giorni dell’uomo sono come l’erba; egli fiorisce come il fiore del campo; se il vento gli passa sopra, egli non è piú e il suo luogo non lo si riconosce piú. Ma la benignità dell’Eterno dura d’eternità in eternità per quelli che lo temono e la sua giustizia per i figli dei figli, per quelli che osservano il suo patto e si ricordano dei suoi comandamenti per metterli in pratica. L’Eterno ha stabilito il suo trono nei cieli, e il suo regno domina su tutto. Benedite l’Eterno, voi suoi angeli potenti e forti, che fate ciò che egli dice, ubbidendo alla voce della sua parola. Benedite l’Eterno, voi tutti eserciti suoi, voi suoi ministri, che fate la sua volontà. Benedite l’Eterno, voi tutte le sue opere, in tutti i luoghi del suo dominio. Anima mia. benedici l’Eterno! Benedici, anima mia, l’Eterno! O Eterno, mio DIO, tu sei sommamente grande; sei vestito di splendore e di maestà. Egli ti avvolge di luce come di un manto e distende i cieli come una tenda; egli costruisce sulle acque le sue alte stanze, fa delle nubi il suo carro e cammina sulle ali del vento. Fa dei venti i suoi messaggeri e una fiamma di fuoco i suoi ministri. Egli ha fondato la terra sulle sue basi; essa non sarà mai smossa in eterno, Tu l’avevi coperta dell’abisso come di una veste; le acque si erano fermate sui monti. Al tuo rimprovero esse fuggirono, alla voce del tuo tuono si allontanarono in fretta. I monti sorsero e le valli si abbassarono nel luogo che tu avevi fissato per loro. Tu hai posto alle acque un limite da non oltrepassare; esse non torneranno a coprire la terra. Egli fa scaturire sorgenti nelle valli; esse scorrono fra le montagne e danno da bere a tutte le bestie della campagna; gli onagri vi estinguono la loro sete. Accanto ad esse fanno dimora gli uccelli del cielo; fra le fronde elevano il loro canto. Dalle sue stanze superiori egli dà acqua ai monti; la terra è saziata col frutto delle tue opere. Egli fa crescere l’erba per il bestiame e la vegetazione per il servizio dell’uomo, facendo uscire dalla terra il suo nutrimento, e il vino che rallegra il cuore dell’uomo, l’olio che fa brillare il suo volto e il pane che dà forza al cuore dell’uomo. Vengono cosí saziati gli alberi dell’Eterno e i cedri del Libano che egli ha piantato; là fanno il loro nido gli uccelli, mentre la cicogna fa dei cipressi la sua dimora. Gli alti monti sono per i camosci; le rocce sono rifugio dei conigli. Egli ha fatto la luna per le stagioni; il sole conosce l’ora del suo tramonto. Tu mandi le tenebre e si fa notte; in essa vanno attorno tutte le bestie della foresta. I leoncelli ruggiscono in cerca di preda e chiedono a DIO il loro pasto. Ma, quando sorge il sole, essi si ritirano e rimangono nelle loro tane. Allora l’uomo esce alla sua opera e al suo lavoro fino alla sera. Quanto numerose sono le tue opere, o Eterno! Tu le hai fatte tutte con sapienza; la terra è piena delle tue ricchezze. Ecco il mare, grande e spazioso, che brulica di innumerevoli creature; percorrono le navi e il Leviathan che tu hai formato per scherzare in esso. Tutti si aspettano da te che tu dia loro il cibo a suo tempo, Tu lo provvedi loro ed essi lo raccolgono; tu apri la mano e sono saziati di beni. Tu nascondi la tua faccia, ed essi sono smarriti; tu ritiri il loro spirito, ed essi muoiono ritornando nella loro polvere. Tu mandi il tuo spirito, ed essi sono creati, e tu rinnovi la faccia della terra. La gloria dell’Eterno duri per sempre; si allieti l’Eterno nelle sue opere; egli guarda alla terra ed essa trema; egli tocca i monti ed essi fumano. Io canterò all’Eterno finché avrò vita; canterò le lodi al mio DIO finché esisterò. Possa la mia meditazione essergli gradita; io mi rallegrerò nell’Eterno. Scompaiano i peccatori dalla terra e gli empi non siano piú. Anima mia, benedici l’Eterno! Alleluia. Celebrate l’Eterno, invocate il suo nome; fate conoscere le sue opere fra i popoli, Cantate a lui, cantate lodi a lui, meditate su tutte le sue meraviglie. Gloriatevi nel suo santo nome, si rallegri il cuore di quanti cercano l’Eterno. Cercate l’Eterno e la sua forza; cercate del continuo la sua faccia, Ricordate le meraviglie che egli ha fatto, i suoi miracoli e i giudizi della sua bocca, voi, o progenie d’Abrahamo, suo servo, o figli di Giacobbe, suoi eletti. Egli è l’Eterno, il nostro DIO; i suoi giudizi sono su tutta la terra. Egli si ricorda in eterno del suo patto e per mille generazioni della parola da lui comandata, del patto che fece con Abrahamo e del suo giuramento che fece a Isacco, che confermò a Giacobbe come suo statuto e a Israele come un patto eterno, dicendo: »ti darò il paese di Canaan come porzione della vostra eredità«, quando non erano che un piccolo numero, pochissimi e stranieri nel paese, e andavano da una nazione all’altra, da un regno a un altro popolo. Egli non permise che alcuno li opprimesse; anzi puní dei re per amor loro, e disse: »Non toccate i miei unti e non fate alcun male ai miei profeti«. Poi fece venir la carestia nel paese e distrusse ogni fonte di cibo. Egli mandò davanti a loro un uomo, Giuseppe, che fu venduto come schiavo. Gli serrarono i piedi in ceppi e fu oppresso con catene di ferro. La parola dell’Eterno lo mise alla prova, finché si adempí ciò che egli aveva detto. Allora il re mandò a farlo sciogliere, il dominatore di popoli mandò a liberarlo, e lo fece signore della sua casa e governatore sopra tutti i suoi beni, per legare i suoi principi a suo giudizio e insegnare ai suoi anziani, la sapienza. Anche Israele venne in Egitto, e Giacobbe soggiornò nel paese di Cam. E DIO moltiplicò grandemente il suo popolo e lo rese piú potente dei suoi nemici. Poi mutò il loro cuore, perché odiassero il suo popolo e tramassero inganni contro i suoi servi. Allora egli mandò Mosé, suo servo, e Aaronne che aveva eletto. Essi operarono fra loro i portenti da lui ordinati e fecero prodigi nella terra di Cam. Mandò le tenebre e fece cadere il paese nell’oscurità, ed essi non si ribellarono alla sua parola. Cambiò le acque loro in sangue e fece morire i loro pesci. Il loro paese brulicò di rane, che entrarono perfino nelle camere dei loro re. Alla sua parola venne una moltitudine d’insetti e zanzare in tutto il loro territorio. Mandò loro grandine invece di pioggia e fiamme di fuoco nel loro paese; colpí anche le loro vigne e i loro fichi e distrusse gli alberi del loro territorio. Egli parlò, e vennero cavallette e bruchi senza numero, che divorarono tutta la vegetazione nel loro paese e mangiarono il frutto della loro terra. Egli colpí anche tutti i primogeniti nel loro paese, le primizie di tutto il loro vigore; e fece uscire il suo popolo con argento e oro, e non vi fu alcuno fra le sue tribú che vacillasse. Gli Egiziani si rallegrarono della loro partenza, perché il terrore d’Israele era caduto su di essi. Egli distese una nuvola per coprirli e accese un fuoco per illuminarli di notte, Alla loro richiesta egli fece venire le quaglie e li saziò col pane del cielo. Aperse la roccia e ne scaturirono acque; esse scorrevano nel deserto come un fiume. Poiché egli si ricordò della sua santa promessa, fatta ad Abrahamo, suo servo; fece quindi uscire il suo popolo con letizia e i suoi eletti con grida di gioia. e diede loro i paesi delle nazioni, ed essi ereditarono il frutto della fatica dei popoli, affinché osservassero i suoi statuti e ubbidissero alle sue leggi. Alleluia. Alleluia. Celebrate l’Eterno, perché egli è buono, perché la sua benignità dura in eterno. Chi può narrare le gesta dell’Eterno o proclamare tutta la sua lode? Beati coloro che osservano la giustizia, che fanno ciò che è giusto in ogni tempo, Ricordati di me, o Eterno, secondo la benevolenza che usi verso il tuo popolo, e visitami con la tua salvezza, affinché veda la prosperità dei tuoi eletti, mi rallegri nella gioia della tua nazione e mi glori con la tua eredità. Noi e i nostri padri abbiamo peccato, abbiamo commesso iniquità e abbiamo fatto il male. I nostri padri in Egitto non compresero le tue meraviglie, non si ricordarono del gran numero dei tuoi benefici e si ribellarono presso il mare, il Mar Rosso. Ciò nonostante il Signore li salvò per amore del suo nome, per far conoscere la sua potenza. Sgridò il Mar Rosso e si seccò, e li guidò attraverso gli abissi come attraverso un deserto. Li salvò dalla mano di chi li odiava e li riscattò dalla mano del nemico. E le acque ricopersero i loro nemici, e non sopravvisse di loro neppure uno. Allora credettero alle sue parole e cantarono la sua lode. Ben presto però dimenticarono le sue opere e non aspettarono fiduciosi l’adempimento del suo disegno. si accesero di cupidigia nel deserto e tentarono DIO nella solitudine. Ed egli diede loro quanto chiedevano, ma mandò fra loro un morbo che assottigliò il loro numero. Quando nel campo divennero invidiosi di Mosé e di Aaronne, il santo dell’Eterno, la terra si aperse, e inghiottí Dathan e seppellí il gruppo di Abiram. Un fuoco divampò nel loro mezzo e la fiamma divorò gli empi. Fecero un vitello in Horeb e adorarono un’immagine di metallo fuso, e mutarono la loro gloria con l’immagine di un bue che mangia l’erba. Dimenticarono DIO, loro Salvatore, che aveva fatto cose grandi in Egitto, prodigi nel paese di Cam, cose tremende al Mar Rosso. Perciò egli parlò di sterminarli, ma Mosé, suo eletto, si presentò sulla breccia davanti a lui, per impedire all’ira sua di distruggerli. Essi disprezzarono ancora il paese delizioso, non credettero alla sua parola, ma mormorarono nelle loro tende e non diedero ascolto alla voce dell’Eterno. Perciò egli alzò la mano contro di loro, giurando di farli cadere nel deserto, e di far perire i loro discendenti fra le nazioni e di disperderli per tutti i paesi. Essi servirono anche Baal-Peor e mangiarono i sacrifici dei morti. Irritarono DIO con le loro azioni, e una pestilenza scoppiò in mezzo a loro. Ma Finehas si alzò e fece giustizia; e la pestilenza cessò. E ciò gli fu messo in conto di giustizia di generazione in generazione, per sempre. Essi lo provocarono ancora presso le acque di Meriba, e ne venne del male a Mosé per causa loro, perché inasprirono il suo (di Mosé) spirito, ed egli parlò avventatamente con le sue labbra. Essi non distrussero i popoli, come l’Eterno aveva loro comandato; ma si mescolarono fra le nazioni e impararono le loro opere; servirono i loro idoli, e questi divennero un laccio per loro; sacrificarono i loro figli e le loro figlie ai demoni, e sparsero il sangue innocente, il sangue dei loro figli e delle loro figlie, che sacrificarono agli idoli di Canaan; e il paese fu contaminato dal sangue versato. Cosí essi si contaminarono con le loro opere e si prostituirono coi loro atti. E l’ira dell’Eterno si accese contro il suo popolo, ed egli ebbe in abominio la sua eredità. Li diede in potere delle nazioni, e quelli che li odiavano li dominarono. I loro nemici li oppressero, e furono sottomessi al loro potere. Egli li liberò molte volte, ma essi continuarono a ribellarsi e sprofondarono nelle loro iniquità. Tuttavia egli prestò attenzione alla loro angoscia, quando udì il loro grido, e si ricordò del suo patto con loro e nella sua grande misericordia si placò. Fece trovar loro favore presso tutti quelli che li avevano condotti in cattività. Salvaci, o Eterno, DIO nostro, e raccoglici fra le nazioni, affinché celebriamo il tuo santo nome e ci gloriamo nel lodarti. Benedetto sia l’Eterno, DIO d’Israele, d’eternità in eternità. E tutto il popolo dica: »Amen«. Alleluia. Celebrate l’Eterno, perché egli è buono, perché la sua benignità dura in eterno. Cosí dicano i riscattati dall’Eterno, che egli ha liberato dalla mano dell’avversario, e ha raccolto da vari paesi, da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno. Essi andavano errando nel deserto, in luoghi desolati, e non trovavano alcuna città da abitare. Affamati e assetati, la vita veniva meno in loro. Ma nella loro avversità gridarono all’Eterno ed egli li liberò dalle loro angosce; e li condusse per la diritta via, perché giungessero a una città da abitare. Celebrino l’Eterno per la sua benignità e per le sue meraviglie in favore dei figli degli uomini. Poiché egli ha saziato l’anima assetata e ha ricolmato di beni l’anima affamata. Altri dimoravano nelle tenebre e nell’ombra di morte, prigionieri nell’afflizione e nelle catene. perché si erano ribellati alle parole di DIO e avevano disprezzato il consiglio dell’Altissimo; per cui egli abbattè il cuor loro con affanni; essi caddero, e non vi fu alcuno che li soccorse. Ma nella loro avversità gridarono all’Eterno, ed egli li salvò dalle loro angosce. li trasse fuori dalle tenebre e dall’ombra di morte e spezzò i loro legami. Celebrino l’Eterno per la sua benignità e per le sue meraviglie in favore dei figli degli uomini. perché egli ha abbattuto le porte di bronzo e ha spezzato le sbarre di ferro. Degli stolti soffrivano per il loro comportamento ribelle e per i loro peccati; essi detestavano ogni cibo ed erano giunti alle soglie della morte. ma nella loro avversità gridarono all’Eterno, ed egli li salvò dalle loro angosce. Egli mandò la sua parola e li guarì, li scampò dalla fossa. Celebrino l’Eterno per la sua benignità e per le sue meraviglie in favore dei figli degli uomini. Offrano sacrifici di lode e raccontino le sue opere con canti di gioia. Quelli che scendono in mare sulle navi e che fanno commercio sulle grandi acque. vedono le opere dell’Eterno e le sue meraviglie negli abissi del mare. Poiché egli comanda e fa levare un vento di tempesta che solleva le onde del mare. Essi salgono fino al cielo e sprofondano negli abissi; la loro anima viene meno per l’angoscia. Barcollano e traballano come degli ubriachi, e non sanno piú che fare. Ma nella loro avversità gridano all’Eterno, ed egli li trae fuori dalle loro angosce. Egli riduce la tempesta a un mormorio e le sue onde son fatte tacere. Al loro acquetarsi essi si rallegrano, ed egli li conduce al porto da loro desiderato. Celebrino l’Eterno per la sua benignità e per le sue meraviglie in favore dei figli degli uomini; lo esaltino nell’assemblea del popolo e lo lodino nel consiglio degli anziani. Egli cambia i fiumi in deserto, e le sorgenti d’acqua in luoghi aridi. la terra fertile in luogo arido per la malvagità dei suoi abitanti. Egli cambia il deserto in lago e la terra arida in sorgenti d’acqua. Là egli fa abitare gli affamati, ed essi innalzano una città da abitare. Vi seminano campi e vi piantano vigne che producono un abbondante raccolto. Egli li benedice e moltiplicano grandemente, ed egli non fa diminuire il loro bestiame. Ma poi vengono ridotti a pochi e sono indeboliti per l’oppressione, l’avversità e gli affanni. Egli getta il disprezzo sui principi e li fa errare per luoghi deserti, dove non c’è via alcuna. Ma solleva il bisognoso dalla miseria e accresce le loro famiglie come un gregge. Gli uomini retti vedono questo e si rallegrano, ma tutti i malvagi hanno la bocca chiusa. Chi è saggio osservi queste cose e consideri la benignità dell’Eterno. Cantico. Salmo di Davide. Il mio cuore è ben disposto, o DIO, io canterò e celebrerò le tue lodi con tutta la mia forza. Destatevi, arpa e cetra, io voglio risvegliare l’alba. Io ti celebrerò fra i popoli, o Eterno, e canterò le tue lodi fra le nazioni. Poiché la tua benignità è grande, giunge al di sopra dei cieli, e la tua verità fino alle nuvole. Sii esaltato, o DIO, al di sopra dei cieli, e risplenda la tua gloria su tutta la terra, affinché i tuoi diletti siano liberati; salvami con la tua destra e rispondimi. DIO ha parlato nella sua SANTITA’: »trionferò, spartirò Sichem e misurerò la valle di Sukkoth. Mio è Galaad, mio è Manasse, Efraim è la forza del mio capo, Giuda è il mio legislatore; Moab è il catino dove mi lavo; su Edom getterò i mio sandalo; sulla Filistia manderò grida di trionfo«. Chi mi porterà nella città forte? Chi mi condurrà fino a Edom? Non sei tu, o DIO, che ci hai respinti, e non esci piú, o DIO, coi nostri eserciti? Dacci tu aiuto contro l’avversario, perché vano è il soccorso dell’uomo. Con DIO noi faremo prodezze, e sarà lui a schiacciare i nostri nemici. Al maestro del coro. Salmo di Davide. O DIO della mia lode, non tacere, perché uomini empi e disonesti hanno aperto la loro bocca contro di me e hanno parlato contro di me con una lingua bugiarda; mi hanno assalito con parole di odio e mi hanno fatta guerra senza motivo. In cambio del mio amore, mi accusano, ma io faccio ricorso alla preghiera. Essi mi hanno reso male per bene e odio in cambio del mio amore. Stabilisci un uomo malvagio su di lui, e un accusatore stia alla sua destra. Quando sarà giudicato, fa’ che sia trovato colpevole, e la sua preghiera diventi peccato. Siano pochi i suoi giorni e un altro prenda il suo posto. I suoi figli rimangano orfani e la sua moglie vedova. Siano i suoi figli vagabondi e mendicanti e cerchino cibo lontano dalle loro case in rovina. L’usuraio si prenda tutti i suoi averi, e gli estranei lo derubino del frutto delle sue fatiche. Nessuno usi con lui misericordia e nessuno abbia pietà dei suoi orfani. Sia la sua discendenza distrutta; nella seconda generazione sia il loro nome cancellato. Sia l’iniquità dei suoi padri ricordata davanti all’Eterno e il peccato di sua madre non sia cancellato. Siano i loro peccati sempre davanti all’Eterno, affinché egli faccia sparire dalla terra il loro ricordo. Poiché egli non si è ricordato di usare misericordia, ma ha perseguitato il povero, il bisognoso e chi aveva il cuore rotto, fino a farli morire. Poiché ha amato la maledizione, ricada essa su di lui; e poiché non si è compiaciuto nella benedizione, si allontani essa da lui. Poiché si è coperto di maledizione come di un vestito, entri essa come acqua nel suo corpo e come olio nelle sue ossa; sia per lui come un vestito che lo copre e come una cintura che lo lega per sempre. Sia questa da parte dell’Eterno la ricompensa per i miei avversari e per quelli che parlano male contro di me. Ma tu, o Eterno, Signore, opera a mio favore per amore del tuo nome, liberami per la tua misericordia e bontà perché io sono povero e bisognoso, è il mio cuore è ferito dentro di me. Io me ne vado come ombra che si allunga, sono scosso via come una cavalletta. Le mie ginocchia vacillano per il digiuno e il mio corpo si è fatto magro per mancanza di grasso. Sono diventato per loro un obbrobrio; quando mi vedono scuotono il capo Aiutami, o Eterno mio DIO, salvami per la tua misericordia, e sappiano che questo è opera della tua mano, e che tu, o Eterno, l’hai fatto. Essi malediranno, ma tu benedirai quando si innalzeranno, resteranno confusi, ma il tuo servo si rallegrerà. Siano i miei avversari coperti di vituperio e avvolti di vergogna come di un mantello. Io celebrerò grandemente l’Eterno con la mia bocca e lo loderò in mezzo alla grande folla, perché egli sta alla destra del povero, per salvarlo da quelli che lo condannano a morte. Salmo di Davide. L’Eterno dice al mio Signore: »Siedi alla mia destra finché io faccia dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi«. L’Eterno estenderà da Sion lo scettro della tua potenza. Domina in mezzo ai tuoi nemici. Il tuo popolo si offrirà volenteroso nel giorno del tuo potere; nello splendore di SANTITA’, dal grembo dell’aurora, tu avrai la rugiada della tua gioventú. L’Eterno ha giurato e non si pentirà: »Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek«. Il Signore è alla tua destra. Egli distruggerà dei re nel giorno della sua ira. Egli giudicherà le nazioni, le riempirà di cadaveri e distruggerà i governanti di gran parte della terra. Berrà dal torrente per via e perciò alzerà il capo. Alleluia, celebrerò l’Eterno con tutto il cuore nel consiglio dei giusti e nell’assemblea. Grandi sono le opere dell’Eterno, ricercate da tutti quelli che si dilettano in esse. Le sue opere sono maestose e grandiose e la sua giustizia dura in eterno. Egli fa sí che le sue meraviglie siano ricordate; l’Eterno è misericordioso e pieno di compassione. Egli dà cibo a quelli che lo temono e si ricorderà per sempre del suo patto. Egli ha mostrato al suo popolo la potenza delle sue opere, dandogli l’eredità delle nazioni. Le opere delle sue mani sono verità e giustizia; tutti i suoi comandamenti sono fermi, stabili in eterno per sempre, fatti con verità e rettitudine. Egli ha mandato la redenzione al suo popolo, ha stabilito il suo patto per sempre; santo e tremendo è il suo nome. Il timore dell’Eterno è il principio della sapienza, hanno grande sapienza quelli che mettono in pratica i suoi comandamenti; la sua lode dura in eterno. Alleluia. Beato l’uomo che teme l’Eterno e trova grande gioia nei suoi comandamenti. La sua progenie sarà potente sulla terra, la posterità degli uomini retti sarà benedetta. Nella sua casa c’è abbondanza e ricchezze e la sua giustizia dura per sempre. La luce si leva nelle tenebre per quelli che sono retti, per l’uomo misericordioso, compassionevole e giusto. Sarà felice l’uomo che usa misericordia e dà in prestito, e dirige i suoi affari con giustizia, perché non sarà mai smosso; il giusto sarà ricordato per sempre. Egli non temerà cattive notizie; il suo cuore è fermo, fiducioso nell’Eterno. Il suo cuore è sicuro; egli non avrà paura alcuna, finché non guarderà trionfante sui suoi nemici. Egli ha sparso liberamente, ha dato ai bisognosi; la sua giustizia dura per sempre e la sua potenza sarà elevata in gloria. L’empio lo vedrà e si irriterà, digrignerà i denti e si consumerà; il desiderio degli empi non si realizzerà mai. Alleluia. Lodate, o servi dell’Eterno, lodate il nome dell’Eterno. Sia benedetto il nome dell’Eterno ora e sempre. Dal sorgere del sole fino al suo tramonto sia lodato il nome dell’Eterno. L’Eterno è eccelso su tutte le nazioni, la sua gloria è al di sopra dei cieli. Chi è simile all’Eterno, il nostro DIO che abita nei luoghi altissimi. che si abbassa a guardare le cose che sono nei cieli e sulla terra? Egli rialza il misero dalla polvere e solleva il bisognoso dalla spazzatura. per farlo sedere coi principi, coi principi del suo popolo. Egli fa abitare la donna sterile in famiglia quale madre felice di figli. Alleluia. Quando Israele uscí dall’Egitto e la casa di Giacobbe da un popolo di lingua straniera, Giuda divenne il suo santuario e Israele il suo dominio. ll mare lo vide e fuggí, il Giordano tornò indietro. I monti saltellarono come montoni i colli come agnelli. Che avevi tu, o mare per fuggire, e tu, o Giordano, per tornare indietro? E voi, o monti, per saltellare come montoni, e voi, o colli, come agnelli? Trema, o terra, alla presenza del Signore, alla presenza del DIO di Giacobbe, che mutò la roccia in un lago, il macigno in una sorgente d’acqua. Non a noi, o Eterno, non a noi ma al tuo nome dà gloria, per la tua benignità e per la tua fedeltà. Perché direbbero le nazioni: »Dov’è ora il loro DIO?«. Ma il nostro DIO è nei cieli e fa tutto ciò che gli piace. I loro idoli sono argento e oro, opera di mani d’uomo. Hanno bocca ma non parlano, hanno occhi ma non vedono, hanno orecchi ma non odono, hanno naso ma non odorano, hanno mani ma non toccano, hanno piedi ma non camminano; con la loro gola non emettono suono alcuno. Come loro sono quelli che li fanno, tutti quelli che in essi confidano. O Israele, confida nell’Eterno! Egli e il loro aiuto e il loro scudo. O casa di Aaronne, confida nell’Eterno! Egli è il loro aiuto e il loro scudo. O voi che temete l’Eterno, confidate nell’Eterno! Egli è il loro aiuto e il loro scudo. L’Eterno si è ricordato di noi e ci benedirà; sí, egli benedirà la casa d’Israele e benedirà la casa di Aaronne. Egli benedirà quelli che temono l’Eterno, piccoli e grandi. L’Eterno vi faccia crescere, voi e i vostri figli. Siate benedetti dall’Eterno, che ha fatto i cieli e la terra. I cieli sono i cieli dell’Eterno, ma la terra egli l’ha data ai figli degli uomini. Non sono i morti che lodano l’Eterno, né alcuno di quelli che scendono nel luogo del silenzio. Ma noi benediremo l’Eterno, ora e sempre. Alleluia. amo l’Eterno, perché egli ha dato ascolto alla mia voce e alle mie suppliche. Poiché ha teso verso di me il suo orecchio, io lo invocherò tutti i giorni della mia vita. I legami della morte mi avevano circondato e le angosce dello Sceol mi avevano colto; sventura e dolore mi avevano sopraffatto. Allora invocai il nome dell’Eterno: »O Eterno, ti supplico salvami«. L’Eterno è pietoso e giusto, il nostro DIO è misericordioso. L’Eterno protegge i semplici; io ero ridotto in misero stato, ed egli mi ha salvato. Ritorna, anima mia, al tuo riposo, perché l’Eterno ti ha colmata di beni. Sí, perché tu hai liberato la mia vita dalla morte, i miei occhi dalle lacrime e i miei piedi da cadute. Io camminerò alla presenza dell’Eterno nella terra dei viventi. ho creduto e perciò parlo, ero grandemente afflitto, e dicevo nel mio smarrimento: »Ogni uomo è bugiardo«. Che darò all’Eterno in cambio di tutti i benefici che mi ha fatto? Io alzerò il calice della salvezza, e invocherò il nome dell’Eterno. Adempirò i miei voti all’Eterno in presenza di tutto il suo popolo. E’ preziosa agli occhi dell’Eterno la morte dei suoi santi. Io sono veramente il tuo servo, o Eterno, sono il tuo servo, il figlio della tua serva; tu hai sciolto i miei legami. ti offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome dell’Eterno. Adempirò i miei voti all’Eterno in presenza di tutto il suo popolo. nei cortili della casa dell’Eterno, in mezzo a te, o Gerusalemme. Alleluia. Lodate l’Eterno, voi nazioni tutte! Celebratelo, voi popoli tutti! Poiché grande è la sua misericordia verso di noi, e la fedeltà dell’Eterno dura per sempre. Alleluia. Celebrate l’Eterno perché egli è buono, perché la sua benignità dura in eterno. Sí, dica ora Israele: »La sua misericordia dura in eterno«. Sí, dica ora la casa di Aaronne: »La sua misericordia dura in eterno«. Sí, dicano ora quelli che temono l’Eterno: »La sua misericordia dura in eterno«. Nell’angoscia invocai l’Eterno, e l’Eterno mi rispose e mi trasse al largo. L’Eterno è per me; io non avrò alcun timore; che cosa mi può fare l’uomo? L’Eterno è per me fra quelli che mi soccorrono, e io guarderò trionfante sui miei nemici. E’ meglio rifugiarsi nell’Eterno che confidare nell’uomo. E’ meglio rifugiarsi nell’Eterno che confidare nei principi. Tutte le nazioni mi avevano circondato, ma nel nome dell’Eterno io le distruggerò. Mi avevano circondato, sì mi avevano circondato, ma nel nome dell’Eterno io le distruggerò. Mi avevano circondato come api, ma sono state spente come fuoco di spine; nel nome dell’Eterno io le distruggerò. Tu mi avevi spinto con violenza per farmi cadere, ma l’Eterno mi ha soccorso. L’Eterno è la mia forza e il mio cantico, ed è stato la mia salvezza. Un grido di giubilo e di vittoria risuona nelle tende dei giusti; la destra del Signore fa prodigi. La destra dell’Eterno sí è alzata; la destra dell’Eterno fa prodigi. io non morrò, ma vivrò e racconterò le opere dell’Eterno. L’Eterno mi ha punito duramente, ma non mi ha lasciato in balìa della morte. Apritemi le porte della giustizia; io vi entrerò e celebrerò l’Eterno. Questa è la porta dell’Eterno, i giusti entreranno per essa. ti celebrerò, perché mi hai risposto e sei stato la mia salvezza. La pietra, che i costruttori avevano rigettata è divenuta la testata d’angolo. Questa è opera dell’Eterno, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri. Questo è il giorno che l’Eterno ha fatto; rallegriamoci ed esultiamo in esso. Deh, o Eterno, soccorrici ora; deh, o Eterno, facci prosperare ora. Benedetto colui che viene nel nome dell’Eterno; noi vi benediciamo dalla casa dell’Eterno. L’Eterno è DIO e ha fatto risplendere la sua luce su di noi, legate la vittima del sacrificio ai corni dell’altare. Tu sei il mio DIO, io ti celebrerò, tu sei il mio DIO, io ti esalterò. Celebrate l’Eterno, perché egli è buono, perché la sua benignità dura in eterno. Beati quelli la cui via è senza macchia e che camminano nella legge dell’Eterno. Beati quelli che osservano i suoi precetti, che lo cercano con tutto il cuore e non commettono il male, ma camminano nelle sue vie. Tu ci hai ordinato di osservare i tuoi comandamenti con cura. Oh, che le mie vie siano ferme nell’osservanza dei tuoi statuti. Allora non sarò svergognato, quando terrò conto di tutti i tuoi comandamenti. Ti celebrerò con cuore retto mentre imparo i tuoi giusti decreti. Osserverò i tuoi statuti, non abbandonarmi completamente. Come può un giovane rendere la sua via pura? Custodendola con la tua parola. Ti ho cercato con tutto il mio cuore; non lasciarmi deviare dai tuoi comandamenti. Ho conservato la tua parola nel mio cuore, per non peccare contro di te. Tu sei benedetto, o Eterno; insegnami i tuoi statuti. Con le mie labbra ho enumerato tutti i decreti della tua bocca. Gioisco seguendo i tuoi precetti, come se possedessi tutte le ricchezze. Mediterò sui tuoi comandamenti e considererò i tuoi sentieri. Mi diletterò nei tuoi statuti e non dimenticherò la tua parola. Fa’ del bene al tuo servo, e io vivrò e osserverò la tua parola. Apri i miei occhi, e contemplerò le meraviglie della tua legge. sono straniero sulla terra; non nascondermi i tuoi comandamenti. L’anima mia si consuma per il desiderio dei tuoi decreti in ogni tempo. Tu sgridi i superbi, che sono maledetti, perché si allontanano dai tuoi comandamenti. Togli via da me la vergogna e il disprezzo, perché ho osservato i tuoi precetti. Anche se i principi si siedono e parlano contro di me, il tuo servo medita sulle tue leggi. I tuoi precetti sono la mia gioia e i miei consiglieri. sono prostrato nella polvere; ravvivami secondo la tua parola. Ti ho esposto le mie vie, e tu mi hai risposto; insegnami i tuoi statuti. Fammi comprendere la via dei tuoi comandamenti, e io mediterò sulle tue meraviglie. La mia vita si consuma nel dolore; dammi forza secondo la tua parola. Tienimi lontano dalla falsità e, nella tua grazia, fammi conoscere la tua legge. ho scelto la via della fedeltà; ho posto i tuoi decreti davanti a me. Sto attaccato ai tuoi precetti; o Eterno, non permettere che io sia confuso. Correrò nella via dei tuoi comandamenti, perché tu mi allargherai il cuore. Insegnami, o Eterno, la via dei tuoi statuti e io la seguirò fino alla fine. Dammi intelligenza e io custodirò la tua legge; sí, la osserverò con tutto il cuore. Fammi camminare nella via dei tuoi comandamenti, perché in essa trovo il mio diletto. Piega il mio cuore ai tuoi precetti e non alla cupidigia. Distogli i miei occhi dalle cose vane e vivificami nelle tue vie. Mantieni la tua parola al tuo servo, che ha timore di te. Allontana da me l’oltraggio, che mi spaventa perché i tuoi decreti sono buoni. Ecco, io desidero ardentemente i tuoi comandamenti; vivificami nella tua giustizia. Mi raggiungano le tue misericordie, o Eterno e la tua salvezza secondo la tua parola. Cosí potrò rispondere a colui che mi oltraggia, perché confido nella tua parola. Non togliere completamente dalla mia bocca la parola della verità, perché io spero nei tuoi decreti. Cosí osserverò la tua legge del continuo, per sempre. Camminerò nella libertà perché ricerco i tuoi comandamenti. Parlerò dei tuoi precetti davanti ai re e non sarò svergognato. Mi diletterò nei tuoi comandamenti, perché li amo. E alzerò le mie mani verso i tuoi comandamenti, perché li amo, e mediterò sui tuoi statuti. Ricordati della parola data al tuo servo, con la quale tu mi hai fatto sperare. Questo è il mio conforto nell’afflizione, che la tua parola mi ha vivificato. I superbi mi ricoprono di scherno, ma io non devio dalla tua legge. Ricordo i tuoi antichi decreti, o Eterno, e questo mi consola. Grande sdegno mi prende a motivo degli empi che abbandonano la tua legge. I tuoi statuti sono stati i miei cantici nella casa del mio pellegrinaggio. O Eterno, io ricordo il tuo nome nella notte e osservo la tua legge. Questo mi avviene, perché osservo i tuoi comandamenti. Tu sei la mia parte, o Eterno; ho promesso di osservare le tue parole. Ti ho supplicato con tutto il cuore; abbi pietà di me secondo la tua parola. Ho esaminato le mie vie e ho rivolto i miei passi verso i tuoi precetti. Senza alcun indugio mi sono affrettato ad osservare i tuoi comandamenti. Le corde degli empi mi hanno avviluppato, ma io non ho dimenticato la tua legge. Nel cuore della notte mi alzo per celebrarti, a motivo dei tuoi giusti decreti. sono compagno di tutti quelli che ti temono e di quelli che osservano i tuoi comandamenti. O Eterno, la terra è piena della tua benignità; insegnami i tuoi statuti. Tu hai fatto del bene al tuo servo, o Eterno, secondo la tua parola. Insegnami giusto discernimento e conoscenza, perché credo nei tuoi comandamenti. Prima di essere afflitto andavo errando, ma ora osservo la tua parola. Tu sei buono e fai del bene; insegnami i tuoi statuti. I superbi hanno inventato menzogne contro di me, ma io osserverò i tuoi comandamenti con tutto il cuore. Il loro cuore è insensibile come il grasso, ma io mi diletto nella tua legge. E’ stato bene per me l’essere stato afflitto, perché imparassi i tuoi statuti. La legge della tua bocca per me è piú preziosa di migliaia di monete d’oro e d’argento. Le tue mani mi hanno fatto e formato; dammi intelligenza perché possa imparare i tuoi comandamenti. Quelli che ti temono mi vedranno e si rallegreranno, perché ho sperato nella tua parola. so, o Eterno, che i tuoi decreti sono giusti, e che tu mi hai afflitto nella tua fedeltà. Deh, la tua benignità sia il mio conforto, secondo la tua parola data al tuo servo. Vengano a me le tue grandi compassioni e possa cosí vivere, perché la tua legge è il mio diletto. Siano confusi i superbi, perché mi trattano ingiustamente senza motivo ma io medito sui tuoi comandamenti. Si rivolgano a me quelli che ti temono e quelli che conoscono i tuoi precetti. Sia il mio cuore irreprensibile nei riguardi dei tuoi statuti, affinché non sia confuso. La mia anima si strugge per l’ardente desiderio della tua salvezza; io spero nella tua parola. I miei occhi vengono meno aspettando il compimento della tua parola, mentre dico: »Quando mi consolerai?«. Anche se son diventato come un otre esposto al fumo, non ho dimenticato i tuoi statuti. Quanti sono i giorni del tuo servo? Quando farai giustizia di quelli che mi perseguitano? I superbi hanno scavato delle fosse per me; essi non agiscono secondo la tua legge. Tutti i tuoi comandamenti sono degni di fiducia; loro mi perseguitano a torto; soccorrimi. Mi hanno quasi eliminato dalla terra, ma io non ho abbandonato i tuoi comandamenti. Vivificami secondo la tua benignità, e io osserverò i precetti della tua bocca. Per sempre, o Eterno, la tua parola è stabile nei cieli. La tua fedeltà dura d’età in età, tu hai stabilito la terra ed essa sussiste. Il cielo e la terra sussistono fino al giorno d’oggi, perché ogni cosa è al tuo servizio. Se la tua legge non fosse stata il mio diletto, sarei già perito nella mia afflizione. Non dimenticherò mai i tuoi comandamenti, perché per mezzo di essi tu mi hai dato la vita. Io sono tuo; salvami, perché ho ricercato i tuoi comandamenti. Gli empi mi insidiano per farmi perire, ma io riguarderò ai tuoi precetti. Ho visto il limite di ogni cosa perfetta, ma il tuo comandamento non ha alcun limite. Oh, quanto amo la tua legge! Essa è la mia meditazione per tutto il giorno. I tuoi comandamenti mi rendono piú saggio dei miei nemici, perché sono sempre con me. Ho maggior intendimento di tutti i miei maestri, perché i tuoi comandamenti sono la mia meditazione. Ho maggior intelligenza dei vecchi, perché osservo i tuoi comandamenti Ho trattenuto i miei passi da ogni sentiero malvagio, per osservare la tua parola. Non mi sono allontanato dai tuoi decreti, perché tu stesso mi hai ammaestrato. Come sono dolci le tue parole al mio palato! Sono piú dolci del miele alla mia bocca. Per mezzo dei tuoi comandamenti io acquisto intelligenza; perciò odio ogni sentiero di falsità. La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero. Io ho giurato, e lo manterrò, di osservare i tuoi giusti decreti. Io sono molto afflitto; vivificami, o Eterno secondo la tua parola. Deh, o Eterno, gradisci le offerte spontanee della mia bocca e insegnami i tuoi decreti. Anche se ho sempre l’anima in palma di mano, non dimentico la tua legge. Gli empi mi hanno teso dei lacci ma io non mi sono allontanato dai tuoi comandamenti. I tuoi precetti sono la mia eredità per sempre; essi sono la gioia del mio cuore. Mi sono impegnato di cuore a mettere in pratica i tuoi statuti sempre, fino alla fine. Io odio gli uomini falsi, ma amo la tua legge. Tu sei il mio rifugio e il mio scudo, io spero nella tua parola. Allontanatevi, o malvagi, perché io voglio osservare i comandamenti del mio DIO. Sostienimi secondo la tua parola, perché io viva, e non permettere che sia confuso nella mia speranza. Rafforzami e sarò salvato, e avrò sempre i tuoi statuti davanti agli occhi. Tu rigetti tutti quelli che si sviano dai tuoi statuti, perché il loro inganno e menzogna. Tu elimini come rifiuto tutti gli empi della terra; perciò io amo i tuoi precetti. La mia carne trema tutta per paura di te, e io temo i tuoi decreti. ho fatto ciò che è retto e giusto; non abbandonarmi ai miei oppressori. Da’ sicurezza e prosperità al tuo servo, e non lasciare che i superbi mi opprimano. Gli occhi miei vengono meno cercando la tua salvezza, e la parola della tua giustizia. Prenditi cura del tuo servo secondo la tua benignità e insegnami i tuoi statuti. Io sono tuo servo; dammi intelletto, affinché possa conoscere i tuoi precetti. E’ tempo che tu operi, o Eterno; essi hanno annullato la tua legge. Per questo io amo i tuoi comandamenti piú dell’oro, sí, piú dell’oro finissimo. Per questo ritengo giusti tutti i tuoi comandamenti e odio ogni sentiero di menzogna. I tuoi precetti sono meravigliosi, perciò l’anima mia li osserva. La rivelazione delle tue parole illumina e dà intelletto ai semplici. Io apro la mia bocca e sospiro, per il gran desiderio dei tuoi comandamenti. Volgiti a me e abbi pietà di me, come usi fare con quelli che amano il tuo nome. Stabilisci i miei passi nella tua parola e non permettere che alcuna iniquità mi domini. Liberami dall’oppressione degli uomini e io osserverò i tuoi comandamenti. Fa’ risplendere il tuo volto sul tuo servo e insegnami i tuoi statuti. Rivi di lacrime mi scendono dagli occhi, perché la tua legge non è osservata. Tu sei giusto, o Eterno, e i tuoi decreti sono retti. Tu hai stabilito i tuoi precetti con giustizia e con grande fedeltà. Il mio zelo mi consuma, perché i miei nemici hanno dimenticato le tue parole. La tua parola è pura d’ogni scoria; perciò il tuo servo l’ama. Sono piccolo e disprezzato, ma non dimentico i tuoi comandamenti. La tua giustizia è una giustizia eterna e la tua legge è verità. Angoscia e affanno mi hanno colto, ma i tuoi comandamenti sono la mia gioia. I tuoi precetti sono giusti per sempre; dammi intelligenza e io vivrò. Io grido con tutto il cuore; rispondimi o Eterno, e osserverò i tuoi statuti. Io t’invoco; salvami, e osserverò i tuoi precetti. mi alzo prima dell’alba e grido; io spero nella tua parola. I miei occhi anticipano le vigilie della notte, per meditare nella tua parola. Ascolta la mia voce secondo la tua benignità; o Eterno, vivificami secondo il tuo giusto decreto. Mi sono vicini quelli che vanno dietro alla malvagità, ma essi sono lontani dalla tua legge. Tu sei vicino, o Eterno, e tutti i tuoi comandamenti sono verità. Da lungo tempo ho saputo dei tuoi precetti, che hai stabiliti in eterno. Considera la mia afflizione e liberami, perché non ho dimenticato la tua legge. Difendi la mia causa e riscattami; vivificami secondo la tua parola. La salvezza, è lontana dagli empi, perché non ricercano i tuoi statuti. Le tue compassioni sono grandi, o Eterno; vivificami secondo i tuoi giusti decreti. I miei persecutori e i miei nemici sono molti; ma io non devio dai tuoi precetti. Ho visto gli sleali e li detesto, perché non osservano la tua parola. Considera quanto amo i tuoi comandamenti! O Eterno, vivificami secondo la tua benignità. La somma della tua parola è verità; e tutti i tuoi giusti decreti durano in eterno. I principi mi perseguitano senza motivo ma il mio cuore ha gran timore della tua parola. provo grande gioia nella tua parola, come chi trova un gran bottino. Odio e detesto la menzogna, ma amo la tua legge. Ti lodo sette volte al giorno per i tuoi giusti decreti. Grande pace hanno quelli che amano la tua legge, e non c’è nulla che li possa far cadere. O Eterno, io spero nella tua salvezza e metto in pratica i tuoi comandamenti. ho osservato i tuoi precetti e li amo grandemente. Ho osservato i tuoi comandamenti e i tuoi precetti, perché tutte le mie vie sono davanti a te. Giunga fino a te il mio grido, o Eterno; dammi intelligenza secondo la tua parola. Giunga la mia supplica davanti a te; liberami secondo la tua parola. Le mie labbra effonderanno lode, perché tu mi insegni i tuoi statuti. La mia lingua annunzierà la tua parola, perché tutti i tuoi comandamenti sono giusti. La tua mano mi aiuti, perché io ho scelto i tuoi comandamenti. desidero ardentemente la tua salvezza, o Eterno, e la tua legge è la mia gioia. Possa io vivere per lodarti, e mi soccorrano i tuoi decreti. vado errando come una pecora smarrita. Cerca il tuo servo, perché io non dimentico i tuoi comandamenti. Canto dei pellegrinaggi. Nella mia angoscia ho gridato all’Eterno, ed egli mi ha risposto. O Eterno, liberami dalle labbra bugiarde e dalla lingua ingannatrice. Che ti sarà dato o che ti sarà aggiunto, o lingua bugiarda? Frecce acuminate di un prode, con carboni di ginepro. Me infelice che abito in Mescek, e dimoro fra le tende di Kedar! Troppo a lungo ho dimorato con quelli che odiano la pace. Io sono per la pace; essi invece, quando parlo, sono per la guerra. Canto dei pellegrinaggi Io alzo gli occhi ai monti: da dove mi verrà l’aiuto? Il mio aiuto viene dall’Eterno, che ha fatto i cieli e la terra, Egli non permetterà che il tuo piede vacilli, colui che ti protegge non sonnecchierà. Ecco, colui che protegge Israele non sonnecchia e non dorme. L’Eterno è colui che ti protegge, l’Eterno è la tua ombra, egli è alla tua destra. DIO giorno il sole non ti colpirà, né la luna di notte. L’Eterno ti custodirà da ogni male; egli custodirà la tua vita. L’Eterno custodirà il tuo uscire e il tuo entrare ora e sempre. Canto dei pellegrinaggi. Di Davide. Io mi sono rallegrato quando mi dissero: »Andiamo alla casa dell’Eterno«. I nostri piedi si sono fermati entro le tue porte, o Gerusalemme. Gerusalemme è costruita come una città ben compatta, dove salgono le tribú, le tribú dell’Eterno, per celebrare il nome dell’Eterno. Poiché là sono posti i troni per il giudizio, i troni della casa di Davide. Pregate per la pace di Gerusalemme: prosperino quelli che ti amano. Ci sia pace entro le tue mura e prosperità nei tuoi palazzi. Per amore dei miei fratelli e dei miei amici ora dirò: »Sia pace in te«. Per amore della casa dell’Eterno, il nostro DIO, io cercherò il tuo bene. Canto dei pellegrinaggi. A te alzo i miei occhi a te che siedi nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi sono rivolti alla mano dei loro padroni e gli occhi della serva alla mano della sua padrona, cosí i nostri occhi, sono rivolti all’eterno, DIO nostro, finché egli abbia pietà di noi. Abbi pietà di noi o Eterno, abbi pietà di noi perché siamo oltremodo sazi di disprezzo. L’anima nostra è oltremodo sazia dello scherno degli arroganti e del disprezzo dei superbi. Canto dei pellegrinaggi. Di Davide. Se l’Eterno non fosse stato dalla nostra parte, dica pure Israele: »Se l’Eterno non fosse stato dalla nostra parte, quando gli uomini si levarono contro di noi, essi ci avrebbero inghiottiti vivi, tanto divampò la loro ira contro di noi; allora le acque ci avrebbero sommerso e il torrente ci sarebbe passato sopra, allora le acque rigonfie ci sarebbero passate sopra«. Benedetto sia l’Eterno, che non ci ha dati in preda ai loro denti. L’anima nostra è scampata come un uccello dal laccio dell’uccellatore; il laccio si è spezzato e noi siamo scampati. Il nostro aiuto è nel nome dell’Eterno che ha fatto i cieli e la terra. Canto dei pellegrinaggi. Quelli che confidano nell’Eterno sono come il monte Sion, che non può essere smosso. ma rimane in eterno. Come Gerusalemme è circondata dai monti, cosí l’Eterno sta intorno al suo popolo, ora e per sempre. Poiché lo scettro dell’empietà non riposerà per sempre sull’eredità dei giusti, perché i giusti non stendano le loro mani a compiere il male. O Eterno, fa’ del bene ai buoni e a quelli che sono retti di cuore. Ma quelli che vanno dietro a vie tortuose, l’Eterno li farà andare con gli operatori d’iniquità. Pace, sia su Israele. Canto dei pellegrinaggi. Quando l’Eterno fece ritornare i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si riempí di riso e la nostra lingua di canti di gioia, allora si diceva fra le nazioni: »L’Eterno ha fatto cose grandi per loro«. L’Eterno ha fatto cose grandi per noi, e siamo pieni di gioia. Fa’ ritornare i nostri prigionieri, o Eterno, come i torrenti nel sud. Quelli che seminano con lacrime, mieteranno con canti di gioia. Ben va piangendo colui che porta il seme da spargere, ma tornerà con canti di gioia portando i suoi covoni. Canto dei pellegrinaggi. Di Salomone. Se l’Eterno non edifica la casa, invano vi si affaticano gli edificatori; se l’Eterno non custodisce la città, invano vegliano le guardie. E’ vano per voi alzarvi di buon’ora e andare tardi a riposare e mangiare il pane di duro lavoro, perchè ai suoi diletti egli dà riposo. Ecco, i figli sono una eredità che viene dall’Eterno; il frutto del grembo è un premio, Come frecce nella mano di un prode, cosí sono i figli della propria giovinezza. Beato l’uomo che ne ha la sua faretra piena! Essi non saranno confusi quando discuteranno coi loro nemici alla porta. Canto dei pellegrinaggi. Beato chiunque teme l’Eterno e cammina nelle sue vie. Allora mangerai della fatica delle tue mani, sarai felice e godrai prosperità. Tua moglie sarà come una vite fruttifera nell’intimità della tua casa, i tuoi figli come piante d’olivo intorno alla tua mensa! Ecco, cosí sarà benedetto l’uomo che teme l’Eterno. L’Eterno ti benedica da Sion, e possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme tutti i giorni della tua vita. Sí, possa tu vedere i figli dei tuoi figli. Sia pace sopra Israele, Canto dei pellegrinaggi. Molto mi hanno oppresso fin dalla mia giovinezza, dica pure Israele: »Molto mi hanno oppresso fin dalla mia giovinezza, ma non mi hanno potuto vincere. Gli aratori hanno arato sul mio dorso, vi hanno tracciato i loro lunghi solchi«. L’Eterno è giusto; egli ha reciso le funi degli empi. Siano tutti confusi e voltino le spalle coloro che odiano Sion! Siano come l’erba dei tetti, che si secca prima di crescere; non ne riempie la mano il mietitore, né le braccia chi lega i covoni; e i passanti non dicono: »La benedizione dell’Eterno sia su di voi; noi vi benediciamo nel nome dell’Eterno«. Canto dei pellegrinaggi. Da luoghi profondi io grido a te, o Eterno. O Signore, ascolta il mio grido; siano le tue orecchie attente alla voce delle mie suppliche. Se tu dovessi tener conto delle colpe, o Eterno, chi potrebbe resistere, o Signore? Ma presso di te vi è perdono, affinché tu sia temuto. Io aspetto l’Eterno, l’anima mia l’aspetta; io spero nella sua parola. L’anima mia attende il Signore, piú che le guardie il mattino, sì piú che le guardie il mattino. O Israele, spera nell’Eterno, perché presso l’Eterno vi è misericordia e presso di lui vi è redenzione completa. Egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità. Canto dei pellegrinaggi. Di Davide. O Eterno, il mio cuore non è orgoglioso e i miei occhi non sono alteri, e non mi occupo di cose troppo grandi e troppo alte per me. Ho veramente calmato e acquetato la mia anima, come un bambino svezzato sul seno di sua madre; la mia anima dentro di me è come un bambino svezzato. O Israele, spera nell’Eterno, ora e per sempre. Canto dei pellegrinaggi. Ricordati, o Eterno, di Davide e di tutte le sue fatiche, come egli giurò all’Eterno e fece voto al Potente di Giacobbe, dicendo: »Non entrerò nella tenda della mia casa, né salirò sul mio letto; non darò sonno ai miei occhi né riposo alle mie palpebre, finché abbia trovato un luogo per l’Eterno, una dimora per il Potente di Giacobbe«. Ecco, ne abbiamo sentito parlare in Efratah, l’abbiamo trovata nei campi di Jaar. Andiamo nella sua dimora adoriamo davanti allo sgabello dei suoi piedi. Levati, o Eterno e vieni al luogo del tuo riposo, tu e l’arca della tua forza. I tuoi sacerdoti siano rivestiti di giustizia, e cantino di gioia i tuoi santi. Per amore di Davide, tuo servo, non respingere il volto del tuo unto. L’Eterno ha giurato a Davide in verità e non cambierà: »Io metterò sul tuo trono un frutto delle tue viscere. Se i tuoi figli osserveranno il mio patto e i miei precetti, che insegnerò loro, anche i loro figli sederanno per sempre sul tuo trono«. Poiché l’Eterno ha scelto Sion, egli l’ha desiderata per sua dimora: »Questo è il mio luogo di riposo per sempre; qui abiterò, perché l’ho desiderato. Benedirò largamente le sue provviste, sazierò di pane i suoi poveri; rivestirò i suoi sacerdoti di salvezza, esulteranno i suoi santi con grida di gioia. Qui farò crescere la potenza di Davide e provvederò una lampada al mio unto. Coprirò di vergogna i suoi nemici, ma su di lui fiorirà la sua corona«. Canto dei pellegrinaggi. Di Davide. Ecco, quanto è buono e quanto è piacevole, che i fratelli dimorino assieme nell’Unità! E’ come l’Olio prezioso sparso sul capo, che scende sulla barba di Aaronne, che scende fino all’Orlo delle sue vesti. E’ come la rugiada dell’Hermon, che scende sui monti di Sion, perché è là che l’Eterno ha posto la benedizione, la vita in eterno. Canto dei pellegrinaggi. Ecco, benedite l’Eterno, voi tutti servi dell’Eterno, che state nella casa dell’Eterno durante la notte Alzate le vostre mani verso il santuario e benedite l’Eterno Ti benedica l’Eterno da Sion, egli che ha fatto i cieli e la terra Alleluia. Lodate il nome dell’Eterno, lodatelo, o servi dell’Eterno, che state nella casa dell’Eterno, nei cortili della casa del nostro DIO. Lodate l’Eterno, perché l’Eterno è buono; cantate lodi al suo nome, perché è amabile. Poiché l’Eterno ha scelto per sé Giacobbe, e Israele per suo particolare tesoro. Sì io riconosco che l’Eterno è grande e che il nostro Signore è al di sopra di tutti gli dèi. L’Eterno fa tutto ciò che gli piace, in cielo e in terra, nei mari e in tutti gli abissi. Egli fa salire i vapori dall’estremità della terra, produce i lampi per la pioggia, fa uscire il vento dai suoi depositi. Egli percosse i primogeniti d’Egitto, tanto degli uomini come degli animali; mandò segni e prodigi in mezzo a te, o Egitto, sul Faraone e su tutti i suoi servi Egli percosse grandi nazioni e uccise re potenti: Sihon, re degli Amorei, Og, re di Bashan, e tutti i regni di Canaan. E diede i loro paesi in eredità, in eredità a Israele, suo popolo. O Eterno, il tuo nome dura per sempre; il tuo ricordo, o Eterno, d’età in età. Poiché l’Eterno farà giustizia al suo popolo e avrà compassione dei suoi servi. Gli idoli delle nazioni, sono argento e oro, opera di mano d’uomo: hanno bocca ma non parlano, hanno occhi ma non vedono, hanno orecchi ma non odono; non hanno fiato nella loro bocca. Simili ad essi sono quelli che li fanno, chiunque in essi confida. Casa d’Israele, benedici l’Eterno; casa di Aaronne, benedici l’Eterno. Casa di Levi, benedici l’Eterno; voi che temete l’Eterno, benedite l’Eterno. Da Sion sia benedetto l’Eterno, che abita in Gerusalemme. Alleluia. Celebrate l’Eterno, perché egli è buono, perché la sua benignità dura in eterno, Celebrate il DIO degli dèi, perché la sua benignità dura in eterno. Celebrate il Signore dei signori, perché la sua benignità dura in eterno, colui che solo fa grandi meraviglie, perché la sua benignità dura in eterno, colui che ha fatto i cieli con sapienza, perché la sua benignità dura in eterno, colui che ha disteso la terra sulle acque, perché la sua benignità dura in eterno. colui che ha fatto i grandi luminari, perché la sua benignità dura in eterno: il sole per il governo del giorno, perché la sua benignità dura in eterno, la luna e le stelle per il governo della notte, perché la sua benignità dura in eterno. Colui che percosse gli Egiziani nei loro primogeniti, perché la sua benignità dura in eterno, e fece uscire Israele di mezzo a loro, perché la sua benignità dura in eterno, con mano potente e con braccio disteso, perché la sua benignità dura in eterno. Colui che divise il Mar Rosso in due, perché la sua benignità dura in eterno. e fece passare Israele in mezzo ad esso, perché la sua benignità dura in eterno, ma travolse il Faraone e il suo esercito nel Mar Rosso, perché la sua benignità dura in eterno. Colui che portò il suo popolo attraverso il deserto, perché la sua benignità dura in eterno, colui che percosse grandi re, perché la sua benignità dura in eterno, e uccise re potenti, perché la sua benignità dura in eterno: Sihon, re degli Amorrei, perché la sua benignità dura in eterno, e Og, re di Bashan, perché la sua benignità dura in eterno. E diede il loro paese in eredità, perché la sua benignità dura in eterno, in eredità a Israele, suo servo, perché la sua benignità dura in eterno. Egli si ricordò di noi nella nostra bassa condizione, perché la sua benignità dura in eterno, e ci liberò dai nostri nemici, perché la sua benignità dura in eterno. Egli dà il cibo a ogni carne, perché la sua benignità dura in eterno. Celebrate il DIO del cielo, perché la sua benignità dura in eterno. Là, presso i fiumi di Babilonia, sedevamo e piangevamo, ricordandoci di Sion; sui salici di quella terra avevamo appese le nostre cetre. Là, quelli che ci avevano condotti in cattività ci chiedevano le parole di un canto, sí, quelli che ci opprimevano chiedevano canti di gioia, dicendo: »Cantateci un canto di Sion«. Come avremmo potuto cantare i canti dell’Eterno in un paese straniero? Se mi dimentico di te, o Gerusalemme, dimentichi la mia destra ogni abilità; resti la mia lingua attaccata al palato, se non mi ricordo di te, se non metto Gerusalemme al di sopra della mia piú grande gioia. Ricordati, o Eterno, dei figli di Edom, che nel giorno di Gerusalemme dicevano: »Demolitela, demolitela fin dalle fondamenta«. O figlia di Babilonia, che devi esser distrutta beato chi ti darà la retribuzione del male che ci hai fatto! Beato chi prende i tuoi bambini e li sbatte contro la roccia! Salmo di Davide. Io ti celebrerò con tutto il mio cuore, davanti agli dèi canterò le tue lodi. Adorerò rivolto al tuo santo tempio e celebrerò il tuo nome per la tua benignità e per la tua verità, perché tu hai esaltato la tua parola e il tuo nome al di sopra di ogni altra cosa. Nel giorno in cui ti ho invocato tu mi hai risposto ed hai accresciuto il vigore dell’anima mia. Tutti i re della terra ti celebreranno, o Eterno, quando udranno le parole della tua bocca, e canteranno le vie dell’Eterno, perché grande è la gloria dell’Eterno. Anche se l’Eterno è eccelso, egli ha riguardo degli umili, ma il superbo lo conosce da lontano. Anche se cammino in mezzo all’avversità tu mi conserverai in vita; tu stenderai la mano contro l’ira dei miei nemici e la tua destra mi salverà. L’Eterno compirà l’opera sua in me; o Eterno la tua benignità dura per sempre; non abbandonare le opere delle tue mani. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Tu mi hai investigato, o Eterno e mi conosci. Tu sai quando mi siedo e quando mi alzo, tu intendi il mio pensiero da lontano. Tu esamini accuratamente il mio cammino e il mio riposo e conosci a fondo tutte le mie vie. Poiché prima ancora che la parola sia sulla mia bocca tu, o Eterno, la conosci appieno. Tu mi cingi di dietro e davanti e metti la tua mano su di me. La tua conoscenza è troppo sublime per me talmente alta che non posso raggiungerla. Dove potrei andare lontano dal tuo Spirito, o dove potrei fuggire lontano dalla tua presenza? Se salgo in cielo, tu sei là; se stendo il mio letto nello Sceol, ecco, tu sei anche là. Se prendo le ali dell’alba e vado a dimorare all’estremità del mare, anche là la tua mano mi guiderà e la tua destra mi afferrerà. Se dico: »Certo le tenebre mi nasconderanno«, persino la notte diventerà luce intorno a me; le tenebre stesse non possono nasconderti nulla, anzi la notte risplende come il giorno; le tenebre e la luce, sono uguali per te. Sí, tu hai formato le mie interiora, tu mi hai intessuto nel grembo di mia madre. Io ti celebrerò, perché sono stato fatto in modo stupendo; le tue opere, sono meravigliose, e io lo so molto bene. Le mie ossa non ti erano nascoste quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo, e nel tuo libro erano già scritti tutti i giorni che erano stati fissati per me anche se nessuno di essi esisteva ancora. Oh, quanto mi sono preziosi i tuoi pensieri o DIO! Quanto grande è l’intero loro numero! Se li volessi contare, sarebbero più numerosi della sabbia; quando mi sveglio sono ancora con te. Certamente tu ucciderai l’empio o DIO; perciò voi, uomini di sangue, allontanatevi da me. Essi parlano contro di te perfidamente, i tuoi nemici fanno uso del tuo nome invano. Non odio forse quelli che ti odiano, o Eterno, e non detesto quelli che si levano contro di te? Io li odio di un odio perfetto, essi son divenuti miei nemici. Investigami, O DIO, e conosci il mio cuore; provami e conosci i miei pensieri; e vedi se vi è in me alcuna via iniqua, e guidami per la via eterna. Al maestro del coro. Salmo di Davide. Liberami, o Eterno dagli uomini malvagi; proteggimi dagli uomini violenti, che tramano malvagità nel loro cuore: essi si radunano continuamente per far guerra. Aguzzano la loro lingua come il serpente e hanno un veleno di aspide sotto le loro labbra, (Sela) Preservami, o Eterno, dalle mani dell’empio e proteggimi dall’uomo violento che cospirano per farmi cadere. I superbi hanno nascosto per me un laccio e corde, mi hanno teso una rete ai margini del sentiero, hanno disposto tranelli per me. (Sela) Io ho detto all’Eterno: »Tu sei il mio DIO, ascolta o Eterno, il grido delle mie suppliche. O Eterno il Signore, tu sei la forza della mia salvezza, tu hai coperto il mio capo nel giorno della battaglia. O Eterno, non concedere agli empi quel che desiderano, non favorire i loro disegni, perché non si esaltino. (Sela) Fa che la testa di quanti mi circondano sia coperta dalla perversità delle loro stesse labbra. Cadano loro addosso carboni accesi; siano essi gettati nel fuoco, in fosse profonde, da cui non possano piú risorgere. L’uomo maldicente non sia reso stabile sulla terra; la sventura perseguiti l’uomo violento fino alla rovina«. Io so che l’Eterno difenderà la causa dell’afflitto e farà giustizia al povero. Certo i giusti celebreranno il tuo nome, e gli uomini retti abiteranno alla tua presenza. Salmo di Davide. O Eterno, io grido a te; affrettati a rispondermi. Porgi orecchio alla mia voce, quando grido a te. Giunga la mia preghiera davanti a te come l’incenso, l’elevazione delle mie mani come il sacrificio della sera. O Eterno, poni una guardia davanti alla mia bocca. Non permettere che il mio cuore sia attirato da alcuna cosa malvagia, per commettere opere malvagie con gli operatori d’iniquità, e fa’ che io non mangi dei loro cibi squisiti. Mi percuota pure il giusto, sarà una cortesia; mi riprenda pure, sarà come olio sul capo; il mio capo non lo rifiuterà. Ma la mia preghiera continua ad essere contro le loro opere malvagie. I loro principi sono stati precipitati dai dirupi, ed essi daranno ascolto alle mie parole, perché sono piacevoli. Come quando uno ara e apre la terra, cosí le nostre ossa sono sparse all’ingresso dello Sceol. Ma i miei occhi sono rivolti a te, o Eterno, mio Signore; io mi rifugio in te, non lasciarmi indifeso. Preservami dal laccio che mi hanno teso e dai tranelli degli operatori d’iniquità. Cadano gli empi nelle loro stesse reti, mentre io passerò oltre. Cantico di Davide, quando era nella caverna. Preghiera. Io grido con la mia voce all’Eterno; con la mia voce imploro l’Eterno. Davanti a lui io effondo il mio lamento davanti a lui espongo la mia avversità. Quando il mio spirito veniva meno in me, tu conoscevi il mio cammino. Essi hanno teso un laccio per me sul sentiero che stavo percorrendo. Guardo alla mia destra ed ecco: non vi è alcuno che mi riconosca; ogni via di scampo è preclusa; nessuno si prende cura della mia vita. grido a te, o Eterno, e dico: »Tu sei il mio rifugio, la mia parte nella terra dei viventi. Presta attenzione al mio grido, perche sono ridotto agli estremi; liberami dai miei persecutori, perché sono piú forti di me. Fammi uscire dalla prigione, perché possa celebrare il tuo nome. I giusti si stringeranno intorno a me, perché tu mi ricolmerai di beni«. Salmo di Davide. Ascolta la mia preghiera, o Eterno, porgi orecchio alle mie suppliche; nella tua fedeltà e nella tua giustizia rispondimi. E non entrare in giudizio col tuo servo, perché nessun vivente sarà trovato giusto davanti a te. Poiché il nemico mi perseguita, egli ha prostrato fino a terra la mia vita; mi fa abitare in luoghi tenebrosi, come quelli che sono morti già da lungo tempo. Perciò il mio spirito viene meno dentro di me, e il mio cuore è tutto smarrito dentro di me. Ricordo i giorni antichi; medito su tutte le tue opere; rifletto su ciò che le tue mani hanno fatto. Protendo le mie mani verso di te, la mia anima è assetata di te, come una terra arida. (Sela) Affrettati a rispondermi, o Eterno, lo spirito mio viene meno; non nascondermi il tuo volto, perché non divenga simile a quelli che scendono nella fossa. Fammi sentire la tua benignità al mattino, perché io confido in te; fammi conoscere la via per la quale devo camminare, perché io elevo la mia anima a te. Liberami dai miei nemici, o Eterno, in te mi nascondo. Insegnami a fare la tua volontà, perché tu sei il mio DIO; il tuo buon Spirito mi guidi in terra piana. Vivificami, o Eterno, per amore del tuo nome; nella tua giustizia tirami fuori dall’avversità. Nella tua benignità distruggi i miei nemici e fa’ perire tutti quelli che affliggono l’anima mia, perché io sono il tuo servo. Salmo di Davide. Benedetto sia l’Eterno, la mia rocca, che ammaestra le mie mani alla guerra e le mie dita alla battaglia. Egli è la mia grazia e la mia fortezza, il mio alto rifugio e il mio liberatore, il mio scudo in cui mi rifugio, colui che rende sottomesso a me il mio popolo. O Eterno, che cosa è l’uomo perché te ne curi, o il figlio dell’uomo perché tu ne tenga conto? L’uomo è come un soffio e i suoi giorni sono come l’ombra che passa. Abbassa i tuoi cieli, o Eterno, e discendi, ed essi fumeranno. Lancia i fulmini e disperdili, scaglia le tue frecce e mettili in fuga. Stendi la tua mano dall’alto, salvami e liberami dalle grandi acque e dalla mano degli stranieri, la cui bocca proferisce menzogna e la cui destra è destra d’inganno. O DIO, ti canterò un nuovo cantico, canterò le tue lodi su un’arpa a dieci corde. Tu, che dai vittoria ai re e che liberi il tuo servo Davide dalla spada funesta, salvami e liberami dalla mano degli stranieri, la cui bocca proferisce menzogna e la cui destra è destra d’inganno. I nostri figli nella loro giovinezza siano come piante rigogliose, e le nostre figlie siano come colonne d’angolo, ben scolpite per adornare un palazzo. I nostri granai siano ricolmi e forniscano ogni specie di beni; le nostre greggi si riproducano a migliaia e a decine di migliaia nelle nostre campagne; i nostri buoi tirino pesanti carichi e non vi sia alcuna irruzione, né sortita, né grido nelle nostre piazze. Beato il popolo che è in tale stato; beato il popolo il cui DIO è l’Eterno. Salmo di lode. Di Davide. Io ti esalterò, o mio DIO e mio Re, e benedirò il tuo nome in eterno. Ti benedirò ogni giorno e loderò il tuo nome in eterno. L’Eterno è grande e degno di somma lode, e la sua grandezza è imperscrutabile. Una generazione proclamerà le lodi delle tue opere all’altra e annunzierà i tuoi portenti. Mediterò sul glorioso splendore della tua maestà e sulle tue meravigliose opere. Essi parleranno della potenza delle tue tremende opere, e io racconterò la tua grandezza. Essi proclameranno il ricordo della tua grande bontà e canteranno con gioia la tua giustizia. L’Eterno è misericordioso e pieno di compassione, lento all’ira e di grande benignità, L’Eterno è buono verso tutti e pieno di compassione per tutte le sue opere. Tutte le tue opere ti celebreranno o Eterno, e i tuoi santi ti benediranno. Essi parleranno della gloria del tuo regno e racconteranno della tua potenza. per far conoscere ai figli degli uomini i tuoi portenti e il glorioso splendore del tuo regno. Il tuo regno è un regno eterno e il tuo dominio dura per ogni età. L’Eterno sostiene tutti quelli che cadono e rialza tutti quelli che sono abbattuti. Gli occhi di tutti guardano a te con aspettazione, e tu dai loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano e appaghi il desiderio di ogni essere vivente. L’Eterno è giusto in tutte le sue vie e benigno in tutte le sue opere. L’Eterno è vicino a tutti quelli che lo invocano, a tutti quelli che lo invocano in verità. Egli soddisfa il desiderio di quelli che lo temono, ode il loro grido e li salva. L’Eterno protegge tutti quelli che l’amano e distruggerà tutti gli empi. La mia bocca narrerà la lode dell’Eterno, e ogni carne benedirà il suo santo nome per sempre. Alleluia. Anima mia, loda l’Eterno. Io loderò l’Eterno finché ho vita, canterò le lodi del mio DIO per tutta la mia esistenza. Non confidate nei principi né in alcun figlio d’uomo, che non può salvare. Quando il suo spirito se ne va, egli ritorna alla terra, e in quello stesso giorno i suoi progetti periscono. Beato colui che ha il DIO di Giacobbe per suo aiuto, la cui speranza è nell’Eterno, il suo DIO, che ha fatto i cieli e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi, che serba la fedeltà in eterno, che rende giustizia agli oppressi e dà il cibo agli affamati. L’Eterno libera i prigionieri. L’Eterno apre gli occhi ai ciechi, l’Eterno rialza quelli che sono abbattuti, l’Eterno ama i giusti. L’Eterno protegge i forestieri, soccorre l’orfano e la vedova ma sovverte la via degli empi. L’Eterno regna per sempre il tuo DIO, o Sion, per ogni età. Alleluia. Lodate l’Eterno, perché è cosa buona cantare le lodi al nostro DIO, perché è piacevole e conveniente lodarlo. L’Eterno edifica Gerusalemme e raccoglie i dispersi d’Israele Egli guarisce quelli che hanno il cuore rotto e fascia le loro ferite. Conta il numero delle stelle e le chiama tutte per nome. Grande è il nostro Signore, immensa è la sua potenza e infinita la sua intelligenza. L’Eterno innalza gli umili, ma abbassa i malvagi fino a terra. Cantate all’Eterno con ringraziamento, cantate con la cetra le lodi al nostro DIO, che copre il cielo di nuvole, prepara la pioggia per la terra e fa crescere l’erba sui monti. Egli provvede cibo al bestiame e ai piccoli dei corvi che gridano. Egli non si compiace nella forza del cavallo né prende alcun piacere nelle gambe dell’uomo. L’Eterno prende piacere in quelli che lo temono in quelli che sperano nella sua benignità. Loda l’Eterno, o Gerusalemme, celebra il tuo DIO, o Sion. Poiché egli ha rinforzato le sbarre delle tue porte e ha benedetto i tuoi figli in mezzo a te. Egli conserva la pace entro i tuoi confini e ti sazia col fior di frumento. Invia sulla terra il suo comando, la sua parola corre velocissima. Manda la neve come lana e sparge la brina come cenere. Getta la sua grandine come a pezzi; chi può resistere al suo freddo? Manda la sua parola e li fa sciogliere fa soffiare il suo vento, e le acque corrono. Egli ha fatto conoscere la sua parola a Giacobbe, i suoi statuti e i suoi decreti a Israele. Egli non ha fatto questo con alcun’altra nazione, ed esse non conoscono i suoi decreti. Alleluia. Alleluia. Lodate l’Eterno dai cieli, lodatelo nei luoghi altissimi. Lodatelo, voi tutti suoi angeli, lodatelo voi tutti suoi eserciti. Lodatelo, sole e luna, lodatelo, voi tutte stelle lucenti. Lodatelo, voi cieli dei cieli, e voi acque al di sopra dei cieli Tutte queste cose lodino il nome dell’Eterno, perché egli comandò, ed esse furono create. Egli le ha stabilite per sempre, in eterno; ha fatto uno statuto che non passerà mai. Lodate l’Eterno dalla terra, voi mostri marini e oceani tutti, fuoco e grandine, neve e nubi, vento di tempesta che esegue i suoi ordini; monti e colli tutti, alberi fruttiferi e cedri tutti; voi tutti animali selvatici e domestici, rettili e uccelli alati; voi re della terra e popoli tutti, principi e giudici tutti della terra; giovani e fanciulle, vecchi e bambini. Lodino il nome dell’Eterno, perché solo il suo nome è esaltato. La sua gloria è al di sopra della terra e dei cieli. Egli ha accresciuto la forza del suo popolo, un motivo questo di lode per tutti i suoi santi, per i figli d’Israele, un popolo a lui vicino. Alleluia. Alleluia. Cantate all’Eterno un canto nuovo, cantate la sua lode nell’assemblea dei santi. Si rallegri Israele in colui che lo ha fatto, esultino i figli di Sion nel loro Re. Lodino il suo nome con la danza, cantino le sue lodi col tamburello e la cetra, perché l’Eterno si compiace nel suo popolo; egli corona di salvezza gli umili. Esultino i santi nella gloria, cantino di gioia sui loro letti. Abbiano nella loro bocca le lodi di DIO e nella loro mano una spada a due tagli, per far vendetta sulle nazioni e infliggere castighi sui popoli, per legare i loro re con catene e i loro nobili con ceppi di ferro, per eseguire su di loro il giudizio scritto. Questo è l’onore riservato a tutti i suoi santi. Alleluia. Alleluia, lodate DIO nel suo santuario, lodatelo nel firmamento della sua potenza. Lodatelo per i suoi portenti, lodatelo secondo la sua grandezza. Lodatelo col suono della tromba, lodatelo con l’arpa e con la cetra. Lodatelo col tamburello e con la danza, lodatelo con strumenti a corda e a fiato. Lodatelo con cembali risonanti, lodatelo con cembali squillanti. Ogni cosa che respira lodi l’Eterno. Alleluia.
I Proverbi di Salomone, figlio di Davide, re d’Israele, per conoscere sapienza e ammaestramento per intendere i detti di senno; per ricevere ammaestramento circa l’agire saggiamente, la giustizia, il giudizio e la dirittura per dare accorgimento ai semplici, conoscenza e riflessione al giovane. Il savio ascolterà e accrescerà il suo sapere; l’uomo con intendimento ne otterrà saggi consigli, per comprendere una sentenza e un enigma, le parole dei savi e i loro detti oscuri Il timore dell’Eterno è il principio della conoscenza, ma gli stolti disprezzano la sapienza e l’ammaestramento. Ascolta, figlio mio, l’ammaestramento di tuo padre e non trascurare l’insegnamento di tua madre, perché saranno un fregio di grazia al tuo capo e monili al tuo collo. Figlio mio, se i peccatori ti vogliono sedurre, non acconsentire. Se dicono: »Vieni con noi; stiamo in agguato per spargere sangue, tendiamo insidie senza motivo all’innocente, inghiottiamoli vivi, come lo Sceol tutt’interi come quelli che scendono nella fossa; noi troveremo ogni sorta di beni preziosi, riempiremo le nostre case di bottino; tu trarrai a sorte la tua parte con noi, e fra noi tutti ci sarà una sola borsa« figlio mio, non incamminarti con loro, trattieni il tuo piede dal loro sentiero, perché i loro piedi corrono al male e si affrettano a versare sangue. Si tende invano la rete davanti a ogni sorta di uccelli; ma costoro pongono agguati al loro proprio sangue e tendono insidie alla loro stessa vita. Tali sono le vie di ogni uomo avido di guadagno; esso toglie la vita del suo proprietario. La sapienza grida per le vie, fa sentire la sua voce per le piazze; essa chiama nei luoghi affollati e pronuncia i suoi discorsi all’ingresso delle porte in città: »Fino a quando, o semplici, amerete la semplicioneria, e gli schernitori prenderanno gusto a schernire e gli stolti avranno in odio la conoscenza? Volgetevi alla mia riprensione; ecco, io verserò il mio Spirito su di voi e vi farò conoscere le mie parole. Poiché ho chiamato e voi avete rifiutato, ho steso la mia mano e nessuno vi ha fatto attenzione, anzi avete respinto ogni mio consiglio e non avete accettato la mia correzione, anch’io riderò della vostra sventura, mi farò beffe quando verrà ciò che temete, quando ciò che temete verrà come una tempesta, e la vostra sventura arriverà come un uragano, quando verranno su di voi l’avversità e l’angoscia. Allora essi grideranno a me, ma io non risponderò, mi cercheranno con premura, ma non mi troveranno. Poiché hanno odiato la conoscenza e non hanno scelto il timore dell’Eterno, non hanno voluto accettare il mio consiglio e hanno disprezzato ogni mia riprensione. Perciò si ciberanno del frutto della loro condotta e si sazieranno dei loro propri consigli. Poiché lo sviamento dei semplici li uccide e la falsa tranquillità degli stolti li fa perire; ma chi mi ascolta abiterà al sicuro, sarà veramente tranquillo, senza paura di alcun male«. Figlio mio, se ricevi le mie parole e fai tesoro dei miei comandamenti, prestando orecchio alla sapienza e inclinando il cuore all’intendimento; sí se chiedi con forza il discernimento e alzi la tua voce per ottenere intendimento, se lo cerchi come l’argento e ti dai a scavarlo come un tesoro nascosto, allora intenderai il timore dell’Eterno, e troverai la conoscenza di DIO. Poiché l’Eterno dà la sapienza; dalla sua bocca procedono la conoscenza e l’intendimento. Egli tiene in serbo per gli uomini retti un aiuto potente, uno scudo per quelli che camminano rettamente, per proteggere i sentieri della equità e custodire la via dei suoi santi. Allora intenderai la giustizia, l’equità, la rettitudine e tutte le vie del bene. Quando la sapienza entrerà nel tuo cuore e la conoscenza sarà gradevole alla tua anima, la riflessione veglierà su di te e l’intendimento ti proteggerà, per liberarti dalla via malvagia, dalla gente che parla di cose perverse, da quelli che lasciano i sentieri della rettitudine per camminare nelle vie delle tenebre, che godono a fare il male e provano piacere nelle perversità del malvagio, i cui sentieri sono storti e le cui vie sono tortuose, per scamparti dalla donna adultera, dalla straniera che usa parole lusinghevoli, che ha abbandonato il compagno della sua giovinezza e ha dimenticato il patto del suo DIO. Poiché la sua casa scende verso la morte e i suoi sentieri verso i defunti. Nessuno di quelli che vanno da lei ritorna, nessuno raggiunge i sentieri della vita. Cosí potrai camminare per la via dei buoni e rimarrai nei sentieri dei giusti. Poiché gli uomini retti abiteranno la terra e quelli integri vi rimarranno; ma gli empi saranno sterminati dalla terra e i trasgressori saranno da essa strappati. Figlio mio, non dimenticare il mio insegnamento e il tuo cuore custodisca i miei comandamenti, perché ti aggiungeranno lunghi giorni, anni di vita e pace. Benignità e verità non ti abbandonino; legale intorno al tuo collo, scrivile sulla tavola del tuo cuore. troverai cosí grazia e intendimento agli occhi di DIO e degli uomini. Confida nell’Eterno con tutto il tuo cuore e non appoggiarti sul tuo intendimento; riconoscilo in tutte le tue vie, ed egli raddrizzerà i tuoi sentieri. Non ritenerti savio ai tuoi occhi, temi l’Eterno e ritirati dal male; questo sarà guarigione per i tuoi nervi e un refrigerio per le tue ossa. Onora l’Eterno con i tuoi beni e con le primizie di ogni tua rendita; i tuoi granai saranno strapieni e i tuoi tini traboccheranno di mosto. Figlio mio, non disprezzare la punizione dell’Eterno e non detestare la sua correzione perché l’Eterno corregge colui che egli ama, come un padre il figlio che gradisce. Beato l’uomo che ha trovato la sapienza e l’uomo che ottiene l’intendimento. Poiché il suo guadagno è migliore del guadagno dell’argento e il suo frutto vale piú dell’oro fino. Essa è piú preziosa delle perle e tutte le cose piú deliziose non la possono eguagliare. Lunghezza di vita è nella sua destra, ricchezza e gloria nella sua sinistra. Le sue vie sono vie dilettevoli e tutti i suoi sentieri sono pace. Essa è un albero di vita per quelli che l’afferrano, e quelli che la tengono saldamente sono beati. Con la sapienza l’Eterno fondò la terra e con l’intelligenza rese stabili i cieli. Per la sua conoscenza gli abissi furono aperti e le nubi stillano rugiada. Figlio mio, queste cose non si allontanino mai dai tuoi occhi. Ritieni la sapienza e la riflessione. Esse saranno vita per l’anima tua e un ornamento al tuo collo. Allora camminerai sicuro per la tua via e il tuo piede non inciamperà. Quando ti coricherai non avrai paura; sí, ti coricherai e il sonno tuo sarà dolce. Non temerai lo spavento improvviso né la rovina degli empi quando verrà, perché l’Eterno sarà al tuo fianco e impedirà che il tuo piede sia preso in alcun laccio. Non rifiutare il bene a chi è dovuto quando è in tuo potere il farlo. Non dire al tuo prossimo: »Va’ e ritorna; te lo darò domani«, quando hai la cosa con te. Non macchinare alcun male contro il tuo prossimo, mentre abita fiducioso con te. Non intentare causa contro nessuno senza motivo, se non ti ha fatto alcun male. Non portare invidia all’uomo violento e non scegliere alcuna delle sue vie, perché l’Eterno ha in abominio l’uomo perverso, ma il suo consiglio è per gli uomini retti. La maledizione dell’Eterno è nella casa dell’empio, ma egli benedice la dimora dei giusti. Certamente egli schernisce gli schernitori, ma fa grazia agli umili I saggi erediteranno la gloria, ma l’ignominia sarà il retaggio degli stolti. Ascoltate, o figli, l’ammaestramento di un padre, e fate attenzione a imparare il discernimento, perché vi do una buona dottrina; non abbandonate la mia legge. Quand’ero ancora fanciullo presso mio padre, tenero e caro agli occhi di mia madre, egli mi ammaestrava e mi diceva: »Il tuo cuore ritenga le mie parole; custodisci i miei comandamenti e vivrai. Acquista sapienza, acquista intendimento; non dimenticare le parole della mia bocca e non allontanartene; non abbandonare la sapienza, ed essa ti custodirà; amala, ed essa ti proteggerà. La sapienza è la cosa piú importante; perciò acquista la sapienza. A costo di tutto ciò che possiedi, acquista l’intelligenza. Esaltala ed essa ti innalzerà; ti otterrà gloria, se l’abbraccerai. Essa metterà sul tuo capo un ornamento di grazia, ti circonderà di una corona di gloria«. Ascolta, figlio mio, ricevi le mie parole, e gli anni della tua vita si moltiplicheranno. Ti ho ammaestrato nella via della sapienza, ti ho guidato per i sentieri della rettitudine. Quando camminerai, i tuoi passi non saranno intralciati; quando correrai, non inciamperai. Afferra saldamente l’ammaestramento, non lasciarlo andare; custodiscilo, perché esso è la tua vita. Non entrare nel sentiero degli empi e non camminare per la via dei malvagi; evitala, non passarvi; allontanati da essa e va’ oltre. Poiché essi non possono dormire se non hanno fatto del male; il loro sonno svanisce, se non hanno fatto cadere qualcuno; essi mangiano il pane dell’empietà e bevono il vino della violenza. Ma il sentiero dei giusti è come la luce dell’aurora, che risplende sempre piú radiosa fino a giorno pieno. La via degli empi è come l’oscurità; essi non scorgono ciò che li farà cadere. Figlio mio, fa’ attenzione alle mie parole, porgi l’orecchio ai miei detti non si allontanino mai dai tuoi occhi, custodiscili nel centro del tuo cuore perché sono vita per quelli che li trovano, guarigione per tutto il loro corpo. Custodisci il tuo cuore con ogni cura, perché da esso sgorgano le sorgenti della vita. Rimuovi da te il parlare fraudolento e allontana da te le labbra perverse. I tuoi occhi guardino diritto e le tue palpebre mirino diritto davanti a te. Appiana il sentiero dei tuoi piedi, e tutte le tue vie siano ben stabilite. Non deviare né a destra né a sinistra; ritira il tuo piede dal male. Figlio mio, fa’ attenzione alla mia sapienza, porgi l’orecchio al mio intendimento affinché tu custodisca la riflessione e le tue labbra ritengano la conoscenza. Poiché le labbra della donna adultera stillano miele e la sua bocca è piú morbida dell’olio; ma alla fine ella è amara come l’assenzio, tagliente come una spada a due tagli. I suoi piedi scendono alla morte, i suoi passi portano direttamente allo Sceol. Essa non cammina sul sentiero della vita, ma tu non dai peso alla cosa, le sue vie sono erranti, ma tu non ti rendi conto. Perciò ora, figli miei, ascoltatemi e non allontanatevi dalle parole della mia bocca. Tieni lontana da lei la tua via, e non avvicinarti alla porta della sua casa per non dare ad altri il tuo vigore, e i tuoi anni a uno senza pietà. Perché gli estranei non si sazino dei tuoi beni, e le tue fatiche non vadano in casa di uno straniero, e non gema quando verrà la tua fine, quando la tua carne e il tuo corpo saranno consumati, e debba dire: »Come mai ho odiato l’ammaestramento, e il mio cuore ha disprezzato la correzione? Non ho ascoltato la voce di quelli che mi ammaestravano e non ho prestato orecchio a quelli che mi insegnavano. Mi sono trovato quasi nel male totale in mezzo alla folla e all’assemblea«. Bevi l’acqua della tua cisterna e l’acqua corrente del tuo pozzo. Dovrebbero le tue fonti spargersi al di fuori, come ruscelli d’acqua per le strade? Siano per te solo e non per gli estranei insieme a te. Sia benedetta la tua fonte e rallegrati con la sposa della tua gioventú. Cerva amabile e gazzella graziosa, le sue mammelle ti soddisfino in ogni tempo, e sii continuamente rapito nel suo amore. Perché mai, figlio mio, invaghirti di una donna adultera e abbracciare il seno di un’estranea? Poiché le vie dell’uomo stanno davanti agli occhi dell’Eterno, ed egli scruta tutti i suoi sentieri. L’empio è preso nelle sue stesse iniquità e trattenuto dalle funi del suo peccato. Egli morrà per mancanza di correzione e perirà per la grandezza della sua follia. Figlio mio se ti sei fatto garante per il tuo vicino, se hai dato la mano come garanzia per un estraneo, sei colto nel laccio dalle parole della tua bocca, sei preso dalle parole della tua bocca. Fa’ questo dunque, figlio mio, e disimpegnati, perché sei caduto in mano del tuo vicino. Va’ gettati ai suoi piedi e insisti con forza il tuo vicino. Non dar sonno ai tuoi occhi né riposo alle tue palpebre; disimpegnati come la gazzella dalla mano del cacciatore, come l’uccello dalla mano dell’uccellatore. Va’ dalla formica, o pigro, considera le sue abitudini e diventa saggio. Essa non ha né capo né sorvegliante né padrone; si procura il cibo nell’estate e raduna le sue provviste durante la mietitura. Fino a quando, o pigro, rimarrai a dormire? Quando ti scuoterai dal tuo sonno? Dormire un po’ sonnecchiare un po’ incrociare un po’ le braccia per riposare, cosí la tua povertà verrà come un ladro, e la tua indigenza come un uomo armato. La persona da nulla, l’uomo malvagio, cammina con una bocca perversa; ammicca con gli occhi, parla con i piedi fa cenni con le dita; ha la perversità nel cuore, macchina del male continuamente, e semina discordie. Perciò la sua rovina verrà improvvisamente, in un attimo sarà distrutto senza rimedio. L’Eterno odia queste sei cose, anzi sette sono per lui un abominio: gli occhi alteri, la lingua bugiarda, le mani che versano sangue innocente, il cuore che escogita progetti malvagi, i piedi che sono veloci nel correre al male, il falso testimone che proferisce menzogne e chi semina discordie tra fratelli. Figlio mio, custodisci il comandamento di tuo padre e non dimenticare l’insegnamento di tua madre. Tienili del continuo legati sul tuo cuore e fissali intorno al tuo collo. Quando camminerai, ti guideranno; quando riposerai, veglieranno su di te; quando ti risveglierai, parleranno con te. Poiché il comandamento è una lampada, l’insegnamento una luce, e le correzioni dell’ammaestramento sono la via della vita, per proteggerti dalla donna malvagia, dalle lusinghe della lingua della straniera. Non desiderare in cuor tuo la sua bellezza e non lasciarti avvincere dalle sue palpebre. Poiché per una prostituta uno si riduce a un tozzo di pane, e la moglie di un altro dà la caccia all’anima preziosa di un uomo. Può un uomo portare fuoco nel suo seno senza bruciarsi gli abiti? 0 può un uomo camminare su carboni accesi senza bruciarsi i piedi? Cosí è di chi va dalla moglie di un altro; chi la tocca non rimarrà impunito. Non si disprezza il ladro se ruba per soddisfare l’appetito quando ha fame; ma se viene colto in fallo, dovrà restituire sette volte, e dare tutti i beni della sua casa. Ma chi commette adulterio con una donna è privo di senno; chi fa questo distrugge la sua stessa vita. Troverà ferite e disprezzo, e la sua vergogna non sarà mai cancellata, perché la gelosia rende furioso il marito, che sarà senza pietà nel giorno della vendetta. Egli non accetterà alcun riscatto e non sarà soddisfatto, anche se dovesse fare molti regali. Figlio mio, custodisci le mie parole e conserva dentro di te i miei comandamenti. Custodisci i miei comandamenti e vivrai, custodisci il mio insegnamento come la pupilla dei tuoi occhi. Legateli alle dita, scrivili sulla tavola del tuo cuore. Di’ alla sapienza: »Tu sei mia sorella«, e chiama »amico« l’intendimento affinché ti custodiscano dalla donna altrui, dalla straniera che usa parole lusinghevoli. Dalla finestra della mia casa guardavo attraverso la grata e vidi tra gli sciocchi; scorsi tra i giovani un ragazzo privo di senno, che passava per la strada presso l’angolo della straniera e si dirigeva verso la sua casa al crepuscolo, sul declinare del giorno, mentre scendeva la notte nera ed oscura. Ecco farglisi incontro una donna in vesti da prostituta e astuta di cuore; ella è turbolenta e provocante, e non sa tenere i piedi in casa sua; ora sulla strada, ora per le piazze sta in agguato ad ogni angolo. Cosi essa lo prese e lo baciò, poi sfacciatamente gli disse: »Dovevo fare sacrifici di ringraziamento; proprio oggi ho adempiuto i miei voti; per questo sono uscita incontro a te per cercarti, e ti ho trovato. Ho adornato il mio letto con coperte di arazzo, con lino colorato d’Egitto ho profumato il mio letto di mirra, di aloe e di cinnamomo. Vieni, inebriamoci d’amore fino al mattino, deliziamoci in amorosi piaceri perché mio marito non è in casa, ma è partito per un lungo viaggio; ha preso con sé un sacchetto di denaro e tornerà a casa soltanto al plenilunio«. Ella lo sedusse con parole persuasive, lo trascinò con la dolcezza delle sue labbra. Egli la seguí senza indugio, come un bue va al macello, come un incatenato alla punizione dello stolto, finché una freccia non gli trafigge il fegato; come un uccello si affretta, senza sapere che un laccio è teso contro la sua vita. Or dunque, figli miei, ascoltatemi, fate attenzione alle parole della mia bocca. Il tuo cuore non si volga dietro le sue vie, non sviarti per i suoi sentieri; perché ne ha fatti cadere molti feriti a morte, e tutti quelli da lei uccisi erano uomini forti. La sua casa è la via dello Sceol, che scende ai penetrali della morte. Non grida forse la sapienza, e la prudenza non fa sentire la sua voce? Essa sta in piedi in cima alle alture, lungo la strada, agli incroci delle vie; grida presso le porte, all’ingresso della città, sulla soglia delle porte: »Mi rivolgo a voi, o uomini, e la mia voce è indirizzata ai figli dell’uomo. Intendete, o semplici, la prudenza e voi stolti, abbiate un cuore assennato. Ascoltate, perché parlerò di cose importanti, e le mie labbra si apriranno per dire cose giuste. Poiche la mia bocca proclamerà la verità; l’empietà è un abominio alle mie labbra, Tutte le parole della mia bocca sono giuste, in esse non c’è niente di tortuoso e perverso, Sono tutte rette per chi ha intendimento e giuste per quelli che hanno trovato la conoscenza, Ricevete il mio ammaestramento e non l’argento, la conoscenza invece dell’oro scelto, perchè la sapienza vale piú delle perle, e tutte le cose che uno può desiderare non l’eguagliano. Io, la sapienza, sto con la prudenza e trovo la conoscenza della riflessione. Il timore dell’Eterno è odiare il male; io odio la superbia, l’arroganza, la via malvagia e la bocca perversa. A me appartiene il consiglio e la vera sapienza; io sono l’intelligenza, a me appartiene la forza. Per mio mezzo regnano i re e i principi deliberano la giustizia. Per mio mezzo governano i capi, i nobili tutti i giudici della terra. Io amo quelli che mi amano, e quelli che mi cercano diligentemente mi trovano, Con me sono ricchezze e gloria, la ricchezza che dura e la giustizia. Il mio frutto è migliore dell’oro, sí, dell’oro fino e il mio prodotto piú dell’argento scelto. Io cammino nella via della giustizia in mezzo ai sentieri dell’equità, per far ereditare la vera ricchezza a quelli che mi amano e per riempire i loro tesori. L’Eterno mi possedette al principio della sua via, prima delle sue opere piú antiche. Fui stabilita dall’eternità, dal principio, prima che la terra fosse. Fui prodotta quando non c’erano ancora gli abissi, quando non c’erano sorgenti rigurgitanti d’acqua. Fui prodotta prima che le fondamenta dei monti fossero consolidate prima delle colline, quando non aveva ancora fatto né la terra né i campi né le prime zolle della terra. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sulla superficie dell’abisso, quando rendeva stabili i cieli di sopra, quando rafforzava le fonti dell’abisso, quando assegnava al mare il suo limite perché le acque non oltrepassassero il suo comando, quando stabiliva le fondamenta della terra, Io ero presso di lui come un architetto, ero ogni giorno la sua delizia, rallegrandomi ogni momento davanti a lui mi rallegravo nella parte abitabile del mondo e trovavo il mio diletto con i figli degli uomini. Ora dunque, figli, ascoltatemi; beati quelli che osservano le mie vie! Ascoltate l’ammaestramento e siate saggi, e non respingetelo! Beato l’uomo che mi ascolta, vegliando ogni giorno alle mie porte e custodendo gli stipiti delle mie porte. Poiché chi mi trova, trova la vita, e ottiene favore dall’Eterno. Ma chi pecca contro di me, fa male a se stesso; tutti quelli che mi odiano amano la morte«. La sapienza ha costruito la sua casa, ha intagliato le sue sette colonne. Ha ammazzato i suoi animali, ha mescolato il suo vino e ha imbandito la sua tavola. Ha mandato fuori le sue ancelle; dai luoghi piú elevati della città essa grida: »Chi è sciocco venga qui!«. A chi è privo di senno dice: »Venite, mangiate del mio pane e bevete del vino che ho mescolato. Lasciate la stoltezza e vivrete, e camminate per la via dell’intendimento«. Chi corregge lo schernitore si attira vituperio, e chi riprende l’empio riceve ingiuria. Non riprendere lo schernitore, perché ti odierà; riprendi il saggio, ed egli ti amerà. Insegna al saggio e diventerà ancor piú saggio. Ammaestra il giusto e accrescerà il suo sapere, Il timore dell’Eterno è il principio della sapienza, e la conoscenza del Santo è l’intelligenza. Poiché per mio mezzo saranno moltiplicati i tuoi giorni e ti saranno aggiunti anni di vita, Se sei saggio, sei saggio per te stesso se sei schernitore, tu solo ne porterai la pena. La donna stolta è turbolenta, è sciocca e non sa nulla. Siede alla porta della sua casa, su un seggio nei luoghi elevati della città, per invitare quelli che passano per la via, che vanno diritti per la loro strada: »Chi è sciocco venga qui!«. E a chi è privo di senno dice: »Le acque rubate sono dolci, il pane mangiato di nascosto è gustoso«. Ma egli non sa che là ci sono i morti, che i suoi invitati sono nel profondo dello Sceol. Proverbi di Salomone. Un figlio saggio rallegrerà il padre, ma un figlio stolto è causa di dolore per sua madre. I tesori d’iniquità non giovano, ma la giustizia libera dalla morte. L’Eterno non permetterà che il giusto soffra la fame, ma respinge il desiderio degli empi. Chi lavora con mano pigra impoverisce, ma la mano degli uomini solerti fa arricchire. chi raccoglie nell’estate è un figlio prudente, ma chi dorme al tempo della mietitura è un figlio che fa vergogna. Ci sono benedizioni sul capo del giusto, ma la violenza copre la bocca degli empi. La memoria del giusto è in benedizione, ma il nome degli empi marcirà. Il saggio di cuore accetta i comandamenti, ma il chiacchierone stolto cadrà. Chi cammina nell’integrità cammina sicuro, ma chi segue vie tortuose sarà scoperta. Chi ammicca con l’occhio causa dolore, ma il chiacchierone stolto cadrà. La bocca del giusto è una fonte di vita, ma la violenza copre la bocca degli empi. L’odio provoca liti, ma l’amore copre tutte le colpe. La sapienza si trova sulle labbra di chi ha intendimento, ma il bastone è per il dorso a di chi è privo di intendimento. I saggi accumulano conoscenza, ma la bocca dello stolto è una rovina imminente. L’opulenza del ricco è la sua città forte; la rovina dei poveri è la loro povertà. Il lavoro del giusto serve per la vita, il guadagno dell’empio per il peccato. Chi custodisce l’ammaestramento è sulla via della vita; ma chi rifiuta la riprensione si smarrisce. Chi maschera l’odio ha labbra bugiarde, e chi sparge calunnie è uno stolto. Nelle molte parole non manca la colpa, ma chi frena le sue labbra è saggio. La lingua del giusto è argento scelto, ma il cuore degli empi vale poco. Le labbra del giusto nutrono molti, ma gli stolti muoiono per mancanza di senno. La benedizione dell’Eterno arricchisce ed egli non vi aggiunge alcun dolore. Commettere una scelleratezza per lo stolto è come un divertimento; cosí è la sapienza per l’uomo che ha intendimento. All’empio succede ciò che egli teme, ma ai giusti è concesso ciò che desiderano. Quando passa la tempesta, l’empio non è piú, ma il giusto ha un fondamento eterno. Come l’aceto ai denti e il fumo agli occhi, cosí è il pigro per quelli che lo mandano. Il timore dell’Eterno prolunga i giorni, ma gli anni degli empi saranno accorciati. La speranza dei giusti è gioia, ma l’attesa degli empi perirà. La via dell’Eterno è una fortezza per l’uomo integro, ma è rovina per gli operatori d’iniquità. Il giusto non sarà mai smosso, ma gli empi non abiteranno la terra. La bocca del giusto produce sapienza, ma la lingua perversa sarà troncata. Le labbra del giusto conoscono ciò che è accettevole, ma la bocca degli empi conosce solo cose perverse. La bilancia falsa è un abominio per l’Eterno, ma il peso giusto gli è gradito. Quando viene la superbia, viene anche il disonore; ma la sapienza è con gli umili. L’integrità degli uomini retti li guida, ma la perversità dei perfidi li distruggerà. Le ricchezze non giovano affatto nel giorno dell’ira, ma la giustizia salva da morte. La giustizia dell’uomo integro gli appiana la via, ma l’empio cade per la sua empietà. La giustizia degli uomini retti li libera, ma i perfidi saranno presi nella loro stessa malvagità. Quando un empio muore, la sua speranza perisce, e l’attesa degli ingiusti svanisce. Il giusto è liberato dall’avversità, ma l’empio ne prende il posto. Con la sua bocca l’ipocrita manda in rovina il suo prossimo, ma i giusti sono liberati a motivo della loro conoscenza. Quando i giusti prosperano, la città gioisce; ma quando periscono gli empi ci sono grida di gioia. Per la benedizione degli uomini retti la città è innalzata, ma per la bocca degli empi va in rovina. Chi disprezza il suo prossimo è privo di senno, ma l’uomo prudente tace. Chi va in giro sparlando svela i segreti, ma chi ha lo spirito leale cela la cosa. Senza una saggia guida il popolo cade, ma nel gran numero di consiglieri c’è salvezza. Chi si fa garante per un estraneo ne soffrirà danno, ma chi rifiuta di dar la mano come garanzia è sicuro. La donna graziosa ottiene la gloria, e gli uomini violenti ottengono ricchezze. L’uomo misericordioso fa bene a se stesso, ma il crudele tormenta la sua stessa carne. L’empio realizza un guadagno fallace, ma chi semina giustizia avrà una ricompensa sicura. Come la giustizia conduce alla vita così chi va dietro al male si procura la morte. I perversi di cuore sono un abominio per l’Eterno, ma quelli che sono integri nella loro condotta gli sono graditi. Anche se stringe la mano ad un altro per un’alleanza, il malvagio non rimarrà impunito, ma la progenie dei giusti scamperà. Come un anello d’oro nel grugno di un porco, cosí è una bella donna senza senno. Il desiderio dei giusti è soltanto il bene, ma la speranza degli empi è l’ira. C’è chi spande generosamente e diventa piú ricco, e c’è chi risparmia piú del necessario e diventa sempre piú povero. La persona generosa si arricchirà e chi annaffia sarà egli pure annaffiato. Il popolo maledice chi si rifiuta di dare il grano, ma la benedizione è sul capo di chi lo vende, Chi cerca con diligenza il bene si attira benevolenza, ma chi cerca il male, questo gli verrà addosso. Chi confida nelle sue ricchezze cadrà, ma i giusti sbocceranno come foglie. Chi getta scompiglio in casa propria erediterà vento, e lo stolto sarà servo di chi è saggio di cuore. Il frutto del giusto è un albero di vita, e chi fa conquista di anime è saggio. Ecco, il giusto riceve la ricompensa sulla terra, tanto piú l’empio e il peccatore! Chi ama la correzione ama la conoscenza, ma chi odia la riprensione è uno stupido. L’uomo buono ottiene il favore dell’Eterno, ma egli condannerà l’uomo che escogita disegni malvagi. L’uomo non diventa stabile con l’empietà, ma la radice dei giusti non sarà mai smossa. La donna virtuosa è la corona di suo marito, ma quella che fa vergogna è come un tarlo nelle sue ossa. I pensieri dei giusti sono equità, ma i disegni degli empi sono inganno. Le parole degli empi stanno in agguato per spargere sangue, ma la bocca degli uomini retti li libererà. Gli empi sono rovesciati e non sono piú, ma la casa dei giusti rimarrà in piedi. Un uomo è lodato per il suo senno, ma chi ha un cuore perverso sarà disprezzato. E’ meglio essere poco stimato ma avere un servo, che essere onorato ma mancar di pane. Il giusto ha cura della vita del suo bestiame, ma le viscere degli empi sono crudeli. Chi coltiva la sua terra si sazierà di pane ma chi va dietro le frivolezze è privo di senno. L’empio desidera la preda dei malvagi, ma la radice dei giusti porta frutto. Il malvagio è preso in trappola dal peccato delle sue labbra, ma il giusto sfuggirà all’avversità. L’uomo sarà saziato di beni per il frutto della sua bocca, e ognuno riceverà la ricompensa secondo l’opera delle sue mani. La via dello stolto è diritta ai suoi occhi, ma chi ascolta i consigli è saggio. Lo stolto fa vedere subito la sua irritazione, ma l’uomo prudente nasconde il disonore. Chi dice la verità proclama ciò che è giusto, ma il falso testimone proferisce inganno. Chi parla sconsideratamente è come se trafiggesse con la spada, ma la lingua dei saggi reca guarigione. Il labbro verace sarà reso stabile per sempre, ma la lingua bugiarda dura solo un istante. L’inganno è nel cuore di quelli che macchinano il male, ma per quelli che consigliano pace e gioia. Nessun male accadrà al giusto, ma gli empi saranno pieni di guai. Le labbra bugiarde sono un abominio per l’Eterno, ma quelli che agiscono lealmente gli sono graditi. L’uomo prudente nasconde la sua conoscenza, ma il cuore degli stolti proclama stoltezza. La mano degli uomini solerti dominerà, ma quella dei pigri cadrà sotto lavoro forzato. La preoccupazione nel cuore dell’uomo l’abbatte, ma una buona parola lo rallegra. Il giusto sceglie attentamente il suo compagno, ma la via degli empi li fa smarrire. Il pigro non arrostisce la sua selvaggina, ma la solerzia è per l’uomo un bene prezioso. Sul sentiero della giustizia vi è vita, e su quel sentiero non vi è morte. Un figlio saggio ascolta l’ammaestramento di suo padre, ma lo schernitore non dà ascolto al rimprovero. Dal frutto della sua bocca l’uomo mangerà ciò che è buono, ma l’anima dei perfidi si ciberà di violenza. Chi custodisce la sua bocca protegge la propria vita, ma chi apre troppo le labbra va incontro alla rovina, L’anima del pigro desidera e non ha nulla, ma l’anima dei solerti sarà pienamente soddisfatta. Il giusto odia la menzogna, ma l’empio è disgustoso e verrà svergognato. La giustizia custodisce colui la cui via è integra, ma l’empietà fa cadere il peccatore. C’è chi si comporta come un ricco, ma non ha nulla, c’è invece chi si comporta come un povero, ma ha molti beni. Le ricchezze di un uomo servono per il riscatto della sua vita, ma il povero non sente alcuna minaccia. La luce dei giusti risplende luminosa ma la lampada degli empi si spegnerà. Dall’orgoglio viene solamente contesa, ma la sapienza è con quelli che danno ascolto ai consigli. La ricchezza ottenuta disonestamente si ridurrà a ben poco, ma chi accumula con fatica l’aumenterà. L’attesa differita fa languire il cuore, ma il desiderio adempiuto è un albero di vita. Chi disprezza la parola sarà distrutto, ma chi rispetta il comandamento sarà ricompensato. L’insegnamento del saggio è una fonte di vita per far evitare a uno i lacci della morte. Buon senno procura favore, ma il procedere dei perfidi è nocivo. Ogni uomo prudente agisce con conoscenza, ma lo stolto fa sfoggio di follia. Il messaggero malvagio cade nei guai, ma l’ambasciatore fedele reca guarigione. Miseria e vergogna verranno su chi rifiuta la correzione, ma chi dà ascolto alla riprensione sarà onorato. Il desiderio realizzato è dolce all’anima, ma per gli stolti è cosa abominevole allontanarsi dal male. Chi va con i saggi diventa saggio, ma il compagno degli stolti diventerà malvagio. Il male perseguita i peccatori, ma il giusto sarà ricompensato col bene. L’uomo buono lascia un’eredità ai figli dei suoi figli, ma la ricchezza del peccatore è messa da parte per il giusto. Il campo coltivato dei poveri dà cibo in abbondanza, ma c’è chi perisce per mancanza di equità. Chi risparmia la verga odia il proprio figlio, ma chi lo ama lo corregge per tempo. Il giusto mangia fino a saziarsi, ma il ventre degli empi patisce la fame. La donna saggia edifica la sua casa, ma la stolta la demolisce con le proprie mani. Chi cammina nella sua rettitudine teme l’Eterno, ma chi è pervertito nelle sue vie lo disprezza. Nella bocca dello stolto c’è il germoglio della superbia, ma le labbra dei saggi li custodiscono. Dove non ci sono buoi la greppia è vuota, ma l’abbondanza del raccolto sta nella forza del bue. Il testimone fedele non mentisce, ma il testimone falso proferisce menzogne. Lo schernitore cerca la sapienza e non la trova, ma la conoscenza è cosa facile per chi ha intendimento. Allontanati dall’uomo stolto perché non troverai conoscenza sulle sue labbra. La sapienza dell’uomo prudente sta nel discernere la propria strada, ma la follia degli stolti è inganno. Gli stolti ridono del peccato, ma tra gli uomini retti c’è grazia. Il cuore conosce la sua propria amarezza, ma un estraneo non può prendere parte alla sua gioia. La casa degli empi sarà distrutta, ma la tenda degli uomini retti fiorirà. C’è una via che all’uomo sembra diritta ma la sua fine sfocia in vie di morte. Anche nel riso il cuore può essere nell’afflizione, e la gioia stessa può finire nel dolore. Lo sviato di cuore si sazierà delle sue vie, e l’uomo dabbene si sazierà dei suoi frutti. Lo sciocco crede ad ogni parola, ma l’uomo prudente fa bene attenzione ai suoi passi. L’uomo saggio teme e si allontana dal male, ma lo stolto si adira ed è presuntuoso. Chi è facile all’ira commette follie e l’uomo con intenzioni cattive è odiato. Gli sciocchi ereditano stoltezza, ma i prudenti sono coronati di conoscenza. I malvagi si inchineranno davanti ai buoni e gli empi alle porte dei giusti. Il povero è odiato dal suo stesso amico, ma il ricco ha molti corteggiatori. Chi disprezza il suo prossimo pecca, ma chi ha pietà dei poveri è beato. Non deviano forse dalla retta via quelli che tramano il male? Ma quelli che pensano il bene troveranno benignità e verità. In ogni fatica c’è un guadagno, ma il parlare ozioso porta solo alla povertà. La corona dei saggi è la loro ricchezza, ma la follia degli stolti è follia. Un testimone verace salva delle vite ma un falso testimone proferisce menzogne. Nel timore dell’Eterno c’è una grande sicurezza, e i suoi figli avranno un luogo di rifugio. Il timore dell’Eterno è una fonte di vita che fa evitare i lacci della morte. La gloria del re è nella moltitudine del popolo, ma la rovina del principe è nella scarsità della gente. Chi è lento all’ira ha molta prudenza, ma chi è facile all’ira mette in mostra la sua follia. Un cuore sano è vita per il corpo, ma l’invidia è il tarlo delle ossa. Chi opprime il povero oltraggia colui che l’ha fatto, ma chi ha pietà del bisognoso lo onora. L’empio è travolto dalla sua stessa malvagità, ma il giusto ha speranza nella sua stessa morte. La sapienza riposa nel cuore di chi ha intendimento, ma ciò che è nel cuore degli stolti viene reso noto. La giustizia innalza una nazione, ma il peccato è la vergogna dei popoli. Il favore del re è per il servo che agisce saggiamente, ma la sua ira è contro chi si comporta vergognosamente. La risposta dolce calma la collera, ma la parola pungente eccita l’ira. La lingua dei saggi usa la conoscenza rettamente, ma la bocca degli stolti riversa follia. Gli occhi dell’Eterno sono in ogni luogo, per guardare i cattivi e i buoni. Una lingua sana è un albero di vita, ma la lingua perversa strazia lo spirito. Lo stolto disprezza la correzione di suo padre, ma chi apprezza la riprensione agisce con accortezza. Nella casa del giusto c’è grande abbondanza, ma nella rendita dell’empio ci sono guai. Le labbra dei saggi spargono conoscenza, ma non cosí il cuore degli stolti. Il sacrificio degli empi è un abominio all’Eterno, ma la preghiera degli uomini retti gli è gradita. La via dell’empio è un abominio all’Eterno, ma egli ama chi segue la giustizia. Una dura correzione attende chi lascia la diritta via; chi odia la riprensione morirà. Lo Sceol e Abaddon sono davanti all’Eterno; tanto piú lo sono i cuori dei figli degli uomini! Lo schernitore non ama chi lo riprende; egli non va dai saggi. Un cuore gioioso rende il viso raggiante, ma per l’afflizione del cuore lo spirito è abbattuto, Il cuore di chi ha intendimento cerca la conoscenza, ma la bocca degli stolti si pasce di follia. Tutti i giorni dell’indigente sono cattivi, ma per un cuore contento è sempre festa. Meglio poco con il timore dell’Eterno, che un gran tesoro con preoccupazioni. Meglio un piatto di verdura dove c’è amore, che un bue ingrassato dove c’è odio. L’uomo irascibile fomenta contese, ma chi è lento all’ira acqueta le liti. La via del pigro è come una siepe di spine, ma il sentiero degli uomini retti è reso piano. Il figlio saggio allieta il padre, ma l’uomo stolto disprezza sua madre. La follia è gioia per chi è privo di senno, ma l’uomo che ha intendimento cammina diritto. I disegni falliscono dove non c’è consiglio, ma riescono dove c’è una moltitudine di consiglieri. Uno prova gioia quando può dare una risposta, e quanto è buona una parola detta al tempo giusto! Per l’uomo prudente la via della vita conduce in alto, per fargli evitare lo Sceol in basso. L’Eterno distruggerà la casa dei superbi, ma renderà stabili i confini della vedova. I pensieri malvagi sono un abominio all’Eterno, ma le parole affabili sono pure. Chi è avido di guadagno mette nei guai la sua stessa casa, ma chi odia i regali vivrà. Il cuore del giusto medita come deve rispondere, ma la bocca degli empi vomita cose malvagie. L’Eterno è lontano dagli empi, ma ascolta la preghiera dei giusti. La luminosità degli occhi rallegra il cuore, una buona notizia irrobustisce le ossa. L’orecchio che ascolta la riprensione di vita, dimorerà fra i saggi. Chi rifiuta la correzione disprezza la sua stessa anima, ma chi dà ascolto alla riprensione acquista senno. Il timore dell’Eterno è un ammaestramento di sapienza, e prima della gloria c’è l’umiltà. Le disposizioni del cuore appartengono all’uomo, ma la risposta della lingua viene dall’Eterno. Tutte le vie dell’uomo sono pure ai suoi occhi, ma l’Eterno pesa gli spiriti. Affida all’Eterno le tue attività e i tuoi progetti riusciranno. L’Eterno ha fatto ogni cosa per se stesso, anche l’empio per il giorno della sventura. Chiunque è superbo di cuore è un abominio per l’Eterno; anche se stringe la mano ad un altro per un’alleanza, non rimarrà impunito. Con la bontà e la verità l’iniquità si espia, e con il timore dell’Eterno uno si allontana dal male. Quando l’Eterno gradisce le vie di un uomo, fa essere in pace con lui anche i suoi nemici. E’ meglio poco con giustizia, che grandi rendite senza equità. Il cuore dell’uomo programma la sua via, ma l’Eterno dirige i suoi passi. Sulle labbra del re sta una sentenza divina; nel giudizio la sua bocca non deve sbagliare. La stadera e le bilance giuste sono dell’Eterno, tutti i pesi del sacchetto sono opera sua. E’ un abominio per i re fare il male, perché il trono è reso stabile con la giustizia. Le labbra giuste sono gradite ai re; essi amano chi parla rettamente. L’ira del re è come messaggeri di morte, ma l’uomo saggio la placherà. Nella luce del volto del re c’è vita, e il suo favore è come nube dell’ultima pioggia. Quanto è meglio acquistare sapienza che oro, e acquistare intendimento è preferibile all’argento. La strada maestra degli uomini retti è evitare il male; chi vuol custodire la sua anima sorveglia la sua via. Prima della rovina viene l’orgoglio, e prima della caduta lo spirito altero. Meglio essere umile di spirito con i miseri, che spartire la preda con i superbi. Chi presta attenzione alla Parola troverà il bene, e chi confida nell’Eterno è beato. Il saggio di cuore sarà chiamato prudente, e la dolcezza delle labbra aumenta il sapere. Il senno è una fonte di vita per chi lo possiede, ma la stoltezza è il castigo degli stolti. Il cuore del saggio rende assennata la sua bocca, e aumenta il sapere delle sue labbra. Le parole soavi sono come un favo di miele, dolcezza all’anima e medicina alle ossa. C’è una via che all’uomo sembra diritta, ma la sua fine sfocia in vie di morte. La persona che si affatica si affatica per se stessa, perché la sua bocca lo stimola. L’uomo malvagio macchina il male e sulle sue labbra c’è come un fuoco ardente. L’uomo perverso semina contese, e chi calunnia separa gli amici migliori. L’uomo violento adesca il proprio compagno e lo conduce per una via non buona. Chi chiude gli occhi per macchinare cose perverse, si morde le labbra quando causa del male. I capelli bianchi sono una corona di gloria; la si trova sulla via della giustizia. Chi è lento all’ira val piú di un forte guerriero, e chi domina il suo spirito val piú di chi espugna una città. Si getta la sorte nel grembo, ma ogni decisione dipende dall’Eterno. E’ meglio un tozzo di pane secco con la pace, che una casa ricolma di animali ammazzati con la discordia. Il servo che agisce saggiamente dominerà sul figlio che fa disonore e riceverà una parte di eredità con i fratelli. Il crogiolo è per l’argento e la fornace per l’oro, ma chi prova i cuori è l’Eterno. Il malvagio presta attenzione alle labbra inique, il bugiardo dà ascolto alla lingua perversa. Chi schernisce il povero oltraggia Colui che l’ha fatto; chi si rallegra della sventura altrui non rimarrà impunito. I figli dei figli sono la corona dei vecchi, e la gloria dei figli sono i loro padri. Allo stolto non si addice un buon parlare, ancor meno delle labbra bugiarde a un principe. Un regalo è una pietra preziosa agli occhi di chi lo possiede; dovunque si volge, egli riesce. Chi copre una colpa si procura amore, ma chi vi ritorna sopra divide gli amici migliori. Un rimprovero penetra piú profondamente nell’uomo assennato, che cento colpi nello stolto. Il malvagio non cerca altro che ribellione, perciò gli sarà mandato contro un messaggero crudele. E’ meglio incontrare un’orsa derubata dei suoi piccoli, che uno stolto nella sua follia. Il male non si allontanerà dalla casa di chi rende il male per il bene. Iniziare una contesa è come dar la stura alle acque; perciò tronca la lite prima che si inasprisca. Chi assolve il colpevole e chi condanna il giusto sono entrambi un abominio per l’Eterno. A che serve il denaro in mano allo stolto? Forse a comprare sapienza, quando egli non ha alcun senno? L’amico ama in ogni tempo, ma un fratello è nato per l’avversità. L’uomo privo di senno dà la mano come garanzia e s’impegna per il suo vicino. Chi ama il peccato ama le liti, e chi innalza la sua porta cerca la rovina. L’uomo disonesto di cuore non trova alcun bene, e chi ha la lingua perversa cade nei guai. Chi genera uno stolto ne avrà afflizione, e il padre di uno stolto non potrà rallegrarsi. Un cuore allegro è una buona medicina, ma uno spirito abbattuto inaridisce le ossa. L’empio accetta regali di nascosto per pervertire le vie della giustizia. La sapienza sta davanti a chi ha intendimento, ma gli occhi dello stolto vagano fino agli estremi confini della terra. Il figlio stolto è causa di dolore per suo padre e amarezza per colei che l’ha partorito. Non è bene condannare il giusto né colpire i principi per la loro rettitudine. Chi modera le sue parole possiede conoscenza, e chi ha lo spirito calmo è un uomo prudente. Anche lo stolto quando tace, è ritenuto saggio e, quando tiene chiuse le labbra, è considerato intelligente. Chi si separa cerca la propria soddisfazione e si adira contro tutta la vera sapienza. Lo stolto non prende piacere nella prudenza, ma soltanto a mettere in mostra il suo cuore. Quando viene l’empio viene anche il disprezzo e con il disonore viene la vergogna. Le parole della bocca di un uomo sono acque profonde; la fonte della sapienza è come un corso d’acqua che scorre gorgogliando. Non è bene avere preferenze per l’empio, o far cadere il giusto nel giudizio. Le labbra dello stolto portano alle liti, e la sua bocca richiede percosse. La bocca dello stolto è la sua rovina e le sue labbra sono un laccio per la sua vita. Le parole del calunniatore sono come bocconcini prelibati, che scendono fino nell’intimo delle viscere, Anche colui che è pigro nel suo lavoro è fratello dell’uomo dissipatore. Il nome dell’Eterno è una forte torre; a lui corre il giusto ed è al sicuro. I beni del ricco sono la sua città forte, e a suo parere sono come un alto muro. Prima della rovina il cuore dell’uomo si innalza, ma prima della gloria viene l’umiltà. Chi risponde a un argomento prima di averlo ascoltato, mostra la propria follia a sua vergogna. Lo spirito dell’uomo lo sostiene nella sua infermità, ma chi può sollevare uno spirito abbattuto? Il cuore dell’uomo prudente acquista conoscenza, anche l’orecchio dei saggi cerca la conoscenza. Il regalo dell’uomo gli apre la strada e lo porta alla presenza dei grandi. Il primo a perorare la propria causa sembra che abbia ragione; ma viene poi l’altro e lo esamina. La sorte fa cessare le liti e mette separazione fra i potenti. Un fratello offeso è come una città forte; e le liti come le sbarre di una fortezza. L’uomo sazia il ventre col frutto della sua bocca, egli si sazia col prodotto delle sue labbra. Morte e vita sono in potere della lingua; quelli che l’amano ne mangeranno i frutti. Chi ha trovato moglie ha trovato una buona cosa e ha ottenuto un favore dall’Eterno. Il povero parla supplicando, il ricco invece risponde con durezza. L’uomo che ha molti amici deve pure mostrarsi amico, ma c’è un amico che sta piú attaccato di un fratello. E’ meglio un povero che cammina nella sua integrità di uno che è perverso di labbra ed è stolto. Inoltre non è bene per un’anima essere senza conoscenza; chi va a passi frettolosi sbaglia strada. La stoltezza dell’uomo rende la sua via sdrucciolevole e il suo cuore si irrita contro l’Eterno. Le ricchezze procurano gran numero di amici, ma il povero è separato dal suo stesso amico. Il falso testimone non resterà impunito, e chi proferisce menzogne non avrà scampo. Molti implorano il favore del principe, e tutti sono amici di chi fa doni. Tutti i fratelli del povero lo odiano tanto piú si allontanano da lui i suoi amici. Egli può andar loro dietro con parole, ma essi non si trovano piú. Chi acquista senno ama la sua stessa vita e chi conserva la prudenza troverà il bene. Il falso testimone non rimarrà impunito, e chi proferisce menzogne perirà. Vivere in delizie non si addice allo stolto, ancor meno a un servo dominare sui principi. Il senno di un uomo lo rende lento all’ira ed è sua gloria passar sopra le offese. L’ira del re è come il ruggito di un leone, ma il suo favore è come rugiada sull’erba. Un figlio stolto è una calamità per suo padre, e le risse della moglie sono come un gocciolare incessante. Casa e ricchezze sono l’eredità dei padri, ma una moglie assennata viene dall’Eterno. La pigrizia fa cadere in un profondo sonno e la persona indolente patirà la fame. Chi osserva il comandamento custodisce la sua vita, ma chi trascura la propria condotta morirà. Chi ha pietà del povero presta all’Eterno, che gli contraccambierà ciò che ha dato. Castiga tuo figlio mentre c’è speranza, ma non lasciarti andare fino a farlo morire. L’uomo grandemente irascibile deve subirne la punizione, perché risparmiandolo, lo diventerà ancora di piú. Ascolta il consiglio e ricevi l’ammaestramento, affinché tu diventi saggio per il resto dei tuoi giorni. Ci sono molti disegni nel cuore dell’uomo, ma solo il piano dell’Eterno rimarrà fermo. Ciò che si desidera nell’uomo è la bontà, e un povero vale piú di un bugiardo. Il timore dell’Eterno conduce alla vita; chi lo possiede dimorerà sazio e non sarà colpito da alcun male. Il pigro affonda la sua mano nel piatto, ma non riesce neppure a portarla alla bocca. Percuoti lo schernitore e il semplice diventerà accorto; riprendi chi ha intendimento e acquisterà conoscenza. Chi usa violenza con suo padre e scaccia sua madre, è un figlio che fa vergogna e porta disonore. Figlio mio, cessa di ascoltare l’ammaestramento, e ti allontanerai dalle parole di conoscenza. Il testimone malvagio si burla della giustizia, e la bocca degli empi divora l’iniquità. Le punizioni sono preparate per gli schernitori, e le percosse per il dorso degli stolti. Il vino è schernitore, la bevanda inebriante è turbolenta, e chiunque se ne lascia sopraffare non è saggio. La paura del re è come il ruggito di un leone; chi lo provoca ad ira pecca contro la sua stessa vita. E’ una gloria per l’uomo stare lontano dalle contese, ma ogni stolto vi si immischia. Il pigro non ara a causa del freddo; elemosinerà quindi al tempo della raccolta, ma non avrà nulla. Il consiglio nel cuore dell’uomo è come acqua profonda, ma l’uomo d’intendimento vi saprà attingere. Molti uomini proclamano la propria bontà; ma chi può trovare un uomo fedele? Il giusto cammina nella sua integrità; i suoi figli saranno benedetti dopo di lui. Un re che siede sul trono di giudizio dissipa col suo sguardo ogni male. Chi può dire: »Ho purificato il mio cuore, sono puro dal mio peccato«? Doppio peso e doppia misura sono entrambe cose abominevoli per l’Eterno. Anche il fanciullo si fa conoscere con i suoi atti se ciò che fa è puro e retto. L’orecchio che ode e l’occhio che vede li ha fatti tutt’e due l’Eterno. Non amare il sonno, perché non abbia a impoverire; tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà. »E’ cattivo, è cattivo«, dice il compratore; ma quando se ne è andato, si vanta dell’acquisto. C’è oro e abbondanza di perle, ma le labbra ricche di conoscenza sono un gioiello prezioso. Prendi il vestito di chi si è reso garante per un estraneo, e tienilo come pegno per la donna straniera. Il pane ottenuto con frode è dolce all’uomo, ma dopo la sua bocca sarà piena di ghiaia. I disegni sono resi stabili dal consiglio; fa’ dunque la guerra con saggi consigli. Chi va in giro sparlando rivela i segreti; perciò non associarti con chi parla troppo. Chi maledice suo padre e sua madre, la sua lampada si spegnerà nelle tenebre piú fitte. L’eredità acquistata in fretta all’inizio, alla fine non sarà benedetta. Non dire: »Renderò male per male«; spera nell’Eterno ed egli ti salverà. Il peso doppio è un abominio all’Eterno, e la bilancia falsa non è cosa buona. I passi dell’uomo sono dall’Eterno; come può quindi l’uomo conoscere la propria via? E’ un laccio per l’uomo fare un voto sconsideratamente, e dopo aver fatto il voto ripensarci. Un re saggio disperde i malvagi e fa passare su di loro la ruota. Lo spirito dell’uomo è la lampada dell’Eterno, che scruta tutti i piú reconditi recessi del cuore. La bontà e la fedeltà custodiscono il re; egli rende stabile il suo trono con la bontà. La gloria dei giovani è la loro forza l’onore dei vecchi è la loro canizie. Le battiture che lasciano ferite profonde rimuovono il male, cosí le percosse che giungono nelle parti piú interne delle viscere. Il cuore del re in mano all’Eterno è come i corsi d’acqua; lo dirige dovunque egli vuole. Ogni via dell’uomo è diritta ai suoi occhi, ma l’Eterno pesa i cuori. Praticare la giustizia e l’equità è cosa piú gradita all’Eterno che il sacrificio. Gli occhi alteri e un cuore superbo, che sono la lampada degli empi, sono peccato. I disegni dell’uomo solerte conducono certamente all’abbondanza, ma chi è frettoloso cadrà certamente nell’indigenza. Ottenere tesori con lingua bugiarda è un vapore fugace di chi cerca la morte. La violenza degli empi li porta via, perché rifiutano di praticare la giustizia. La via dell’uomo colpevole è tortuosa, ma il puro agisce rettamente. E’ meglio abitare sull’angolo di un tetto, che in una casa condivisa con una donna litigiosa. L’anima dell’empio desidera il male neppure il suo amico trova pietà ai suoi occhi. Quando lo schernitore è punito, il semplice diventa saggio; ma quando viene istruito il saggio, egli acquista conoscenza. Il giusto osserva attentamente la casa dell’empio e rovescia gli empi per la loro malvagità. Chi chiude l’orecchio al grido del povero, griderà anch’egli, ma non avrà risposta. Un dono fatto in segreto placa la collera e un regalo sottomano calma l’ira violenta. Fare ciò che è retto è una gioia per il giusto, ma è una rovina per gli operatori d’iniquità. L’uomo che si allontana dalla via della prudenza, abiterà nell’assemblea dei morti. Chi ama il piacere sarà nell’indigenza, chi ama il vino e l’olio non arricchirà. L’empio servirà di riscatto al giusto; e il perfido al posto degli uomini retti. E’ meglio abitare in un deserto, che con una donna litigiosa e irritante. Nella casa del saggio c’è un tesoro prezioso e olio, ma l’uomo stolto sperpera tutto questo. Chi persegue giustizia e misericordia troverà vita, giustizia e gloria. Il saggio dà la scalata alla città dei forti e abbatte la forza in cui confidava. Chi custodisce la sua bocca e la sua lingua preserva la sua vita dalle avversità. Il nome del superbo insolente è; »Schernitore« egli fa ogni cosa con superbia smisurata. I desideri del pigro lo uccidono, perché le sue mani rifiutano di lavorare. Egli desidera ardentemente tutto il giorno, ma il giusto dona senza mai rifiutare. Il sacrificio dell’empio è cosa abominevole, tanto più se lo offre con intento malvagio. Il testimone bugiardo perirà, ma l’uomo che lo ascolta potrà sempre parlare. L’empio indurisce la sua faccia, ma l’uomo retto rende ferma la sua via. Non c’è sapienza né intelligenza né consiglio contro l’Eterno. Il cavallo è pronto per il giorno della battaglia, ma la vittoria appartiene all’Eterno. Una buona reputazione è preferibile a grandi ricchezze, e la grazia all’argento e all’oro. Il ricco e il povero hanno questo in comune: l’Eterno li ha fatti entrambi. L’uomo accorto vede il male e si nasconde; ma i semplici vanno oltre e sono puniti. Il premio dell’umiltà è il timore dell’Eterno, la ricchezza, la gloria e la vita. Spine e lacci sono sulla via del perverso; chi ha cura della propria vita se ne sta lontano. Ammaestra il fanciullo sulla via da seguire, ed egli non se ne allontanerà neppure quando sarà vecchio. Il ricco signoreggia sui poveri, e chi prende in prestito è schiavo di chi presta. Chi semina iniquità raccoglierà guai, e la verga della sua collera sarà annientata. L’uomo dallo sguardo benevolo sarà benedetto, perché dà del suo pane al povero. Caccia via lo schernitore e se ne andranno pure le contese; sí, le liti e gli insulti cesseranno. Chi ama la purezza di cuore e ha grazia sulle labbra avrà il re per amico. Gli occhi dell’Eterno custodiscono la conoscenza, ma egli rende vane le parole del perfido. Il pigro dice »Fuori c’è un leone sarò ucciso per la strada«. La bocca della donna adultera è una fossa profonda, colui che è in ira all’Eterno vi cadrà. La follia è legata al cuore del fanciullo, ma la verga della correzione l’allontanerà da lui. Chi opprime il povero per arricchirsi e chi dà al ricco, certamente impoverirà. Porgi l’orecchio e ascolta le parole dei saggi, e applica il cuore alla mia conoscenza, perché ti sarà dolce custodirle nel tuo intimo e averle tutte pronte sulle tue labbra. Affinché la tua fiducia sia riposta nell’Eterno, oggi ti ho ammaestrato, sí, proprio te. Non ti ho in passato scritto detti di consiglio e conoscenza, per farti conoscere la certezza delle parole di verità, affinché tu possa rispondere con parole di verità a quelli che ti mandano? Non derubare il povero, perché è povero, e non opprimere il misero alla porta, perché l’Eterno difenderà la loro causa e spoglierà della vita quelli che li hanno spogliati. Non fare amicizia con l’uomo iracondo e non andare con l’uomo collerico, per non imparare le sue vie e procurarti un laccio per la tua anima. Non essere di quelli che danno la mano come garanzia, che si fanno garanti per debiti altrui. Se non hai nulla con cui pagare perché dovrebbe portarti via il letto sotto a te? Non spostare il confine antico, posto dai tuoi padri. Hai visto un uomo sollecito nel suo lavoro? Egli comparirà alla presenza dei re e non resterà davanti a gente oscura. Quando ti siedi a mangiare con un sovrano, considera attentamente ciò che hai davanti; e mettiti un coltello alla gola, se hai molto appetito. Non desiderare le sue pietanze squisite, perché sono un cibo ingannatore. Non affaticarti per diventare ricco, rinuncia al tuo intendimento. Vuoi fissare i tuoi occhi su ciò che scompare? Poiché la ricchezza metterà certamente le ali, come un’aquila che vola verso il cielo. Non mangiare il pane di chi ha l’occhio malvagio e non desiderare i suoi cibi squisiti poiché, come pensa nel suo cuore, cosí egli è; »Mangia e bevi!«, ti dirà, ma il suo cuore non è con te. Vomiterai il boccone che hai mangiato e sprecherai le tue dolci parole. Non rivolgere la parola allo stolto, perché disprezzerà il senno dei tuoi discorsi. Non spostare il confine antico e non entrare nei campi degli orfani, perché il loro vendicatore, è potente; egli difenderà la loro causa contro di te. Applica il tuo cuore all’ammaestramento e i tuoi orecchi a parole di conoscenza. Non risparmiare la correzione al fanciullo; anche se lo batti con la verga, non morrà; lo batterai con la verga, ma libererai l’anima sua dallo Sceol. Figlio mio, se il tuo cuore è saggio, anche il mio cuore si rallegrerà; il mio cuore esulterà, quando le tue labbra diranno cose rette. Il tuo cuore non porti invidia ai peccatori, ma continui sempre nel timore dell’Eterno; poiché c’è un futuro, e la tua speranza non sarà distrutta. Ascolta, figlio mio, sii saggio, e dirigi il cuore per la diritta via. Non stare con i bevitori di vino né con i ghiotti e mangiatori di carne; perché l’ubriacone e il ghiottone impoveriranno e il dormiglione si vestirà di stracci. Ascolta tuo padre che ti ha generato e non disprezzare tua madre quando sarà vecchia. Acquista verità e non venderla, acquista sapienza, ammaestramento e intendimento. Il padre del giusto gioirà grandemente; chi ha generato un savio ne avrà gioia. Si rallegri tuo padre e tua madre e gioisca colei che ti ha partorito. Figlio mio, dammi il tuo cuore, e i tuoi occhi prendano piacere nelle mie vie. Perché la prostituta è una fossa profonda e la donna altrui un pozzo stretto. Anch’essa sta in agguato come un ladro e aumenta fra gli uomini il numero di quelli infedeli. Per chi sono gli »ahi«, per chi gli »ahimè«? Per chi le liti, per chi i lamenti? Per chi le ferite senza ragione? Per chi gli occhi rossi? Per quelli che si soffermano a lungo presso il vino, per quelli che vanno in cerca di vino drogato. Non guardare il vino quando rosseggia, quando scintilla nella coppa e va giú cosí facilmente! Alla fine esso morde come un serpente e punge come un basilisco. I tuoi occhi vedranno cose strane e il tuo cuore proferirà cose perverse. Sarai come chi si trova in mezzo al mare, come chi si corica in cima all’albero della nave. Dirai: »Mi hanno picchiato, ma non mi hanno fatto male; mi hanno percosso, ma non me ne sono accorto. Quando mi sveglierò tornerò a cercarne ancora!«. Non portare invidia ai malvagi e non desiderare di stare con loro, perché il loro cuore medita rapine e le loro labbra parlano di fare del male. La casa si edifica con la sapienza e si rende stabile con la prudenza. Con la conoscenza si riempiono le stanze di ogni sorta di beni preziosi e gradevoli. L’uomo saggio è pieno di forza, e l’uomo che ha conoscenza accresce la sua potenza. Perché con saggi consigli potrai fare la tua guerra, e nel gran numero di consiglieri c’è vittoria. La sapienza è troppo alta per lo stolto, egli non apre mai la bocca alla porta della città. Chi pensa di fare il male sarà chiamato maestro di intrighi. Il pensiero di stoltezza è peccato e lo schernitore è un abominio per gli uomini. Se vieni meno nel giorno dell’avversità, la tua forza è molto poca. Libera quelli che sono trascinati verso la morte e trattieni quelli che sono portati al macello. Se dici: »Ecco, noi non lo sapevamo«. Colui che pesa i cuori non lo vede? Colui che custodisce la tua anima non lo sa forse? Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere Figlio mio, mangia il miele perché è buono; un favo di miele sarà dolce al tuo palato. Cosí sarà la conoscenza della sapienza per la tua anima. Se la trovi, ci sarà un futuro e la tua speranza non sarà distrutta. O empio, non insidiare la dimora del giusto, non devastare il suo luogo di riposo, perché il giusto cade sette volte e si rialza, ma gli empi sono travolti nella sventura. Quando il tuo nemico cade, non rallegrarti; quando è atterrato, il tuo cuore non gioisca, perché l’Eterno non veda e gli dispiaccia e non allontani da lui la sua ira. Non irritarti a motivo di chi fa il male e non portare invidia agli empi, perché non ci sarà avvenire per il malvagio; la lampada degli empi sarà spenta. Figlio mio, temi l’Eterno e il re, non associarti con quelli che vogliono cambiare; la loro calamità sopraggiungerà improvvisa, e la rovina di entrambi chi la conosce? Anche queste cose sono per i saggi. Non è bene usare preferenze personali in giudizio. Chi dice all’empio: »Tu sei giusto« i popoli lo malediranno e le nazioni lo esecreranno. Ma quelli che rimproverano l’empio troveranno delizie, e su di loro scenderanno le migliori benedizioni. Chi dà una risposta giusta dà un bacio sulle labbra. Metti in ordine i tuoi affari di fuori metti a posto i tuoi campi e poi costruirai la tua casa. Non testimoniare senza motivo contro il tuo prossimo e non ingannare con le tue labbra. Non dire: »Come ha fatto a me, cosí farò a lui; gli renderò secondo l’opera sua«. Son passato presso il campo del pigro e presso la vigna dell’uomo privo di senno; ed ecco, dovunque crescevano le spine, i rovi ne coprivano il suolo e il muro di pietre era crollato. Osservando ciò, riflettei attentamente; da quel che vidi ne ricavai una lezione: dormire un po’ sonnecchiare un po’ incrociare un po’ le braccia per riposare; cosí la tua povertà verrà come un ladro e la tua indigenza come un uomo armato. Anche questi sono Proverbi di Salomone, trascritti dagli uomini di Ezechia, re di Giuda. E’ gloria di DIO nascondere una cosa, ma è gloria dei re investigarla. I cieli per la loro altezza, la terra per la sua profondità e il cuore dei re sono imperscrutabili. Togli le scorie dall’argento e ne uscirà un vaso per l’orefice. Togli l’empio dalla presenza del re e il suo trono sarà reso stabile nella giustizia, Non esaltarti alla presenza del re e non metterti al posto dei grandi uomini, perché è meglio che ti si dica: »Sali quassú«, piuttosto che essere abbassato davanti al principe, che i tuoi occhi hanno visto. Non muovere causa troppo in fretta, perché alla fine tu non sappia cosa fare, quando il tuo prossimo ti avrà svergognato. Discuti la tua causa contro il tuo prossimo, ma non rivelare il segreto di un altro, affinché chi ti ascolta non getti discredito su di te e la tua reputazione venga per sempre macchiata. Una parola detta al tempo giusto è come dei pomi d’oro su un vassoio d’argento. Per un orecchio obbediente, un saggio che rimprovera è come un orecchino d’oro, un ornamento d’oro fino. Un messaggero fedele è per quelli che lo mandano, come il fresco della neve al tempo della mietitura, perché egli rinfresca l’anima del suo padrone. Chi si vanta falsamente di aver fatto un dono è come nuvole e vento senza pioggia. Con la pazienza si persuade un principe, e la lingua dolce spezza le ossa. Se trovi del miele, mangiane quanto ti basta, perché non ti rimpinzi per poi vomitarlo. Metti di rado il piede in casa del tuo vicino, perché non si stanchi di te fino a odiarti. L’uomo che depone il falso contro il suo prossimo è come una mazza, una spada e una freccia acuta. La fiducia in un uomo sleale nel giorno dell’avversità è come un dente rotto e un piede slogato. Chi canta canzoni a un cuore afflitto è come chi si toglie il vestito in un giorno di freddo e come aceto sulla soda. Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare, e se ha sete, dagli acqua da bere, perche cosí accumulerai carboni ardenti sul suo capo, e l’Eterno ti ricompenserà. La tramontana porta la pioggia, e la lingua che calunnia di nascosto rende un volto indignato. E’ meglio abitare sull’angolo di un tetto che in una casa condivisa con una moglie litigiosa. Una buona notizia da paese lontano è come acqua fresca a una persona stanca e assetata. Il giusto che vacilla davanti all’empio è come una sorgente torbida e un pozzo inquinato. Mangiare troppo miele non è bene, e ricercare la propria gloria non è gloria. L’uomo che non sa dominare la propria ira è come una città smantellata senza mura. Come la neve non conviene all’estate né la pioggia alla mietitura, cosí non conviene la gloria allo stolto. Come il passero svolazza e la rondine vola, cosí la maledizione senza motivo non ha effetto. La frusta per il cavallo, la briglia per l’asino e il bastone per il dorso degli stolti. Non rispondere allo stolto secondo la sua stoltezza, per non diventare anche tu come lui. Rispondi allo stolto secondo la sua stoltezza, perché non creda di essere saggio. Chi manda un messaggio per mezzo di uno stolto si taglia i piedi e beve violenza. Come le gambe dello zoppo sono malferme, cosí è un proverbio sulla bocca degli stolti. Chi dà gloria a uno stolto è come chi lega una pietra a una fionda. Un proverbio sulla bocca degli stolti è come una spina che penetra nella mano di un ubriaco. Il grande Dio che ha formato tutte le cose è colui che dà la retribuzione allo stolto e ai trasgressori. Come un cane ritorna al suo vomito, cosí lo stolto ripete la sua stoltezza. Hai visto un uomo che si crede saggio? C’è maggiore speranza per uno stolto che per lui, Il pigro dice: »C’è un leone nella strada, c’è un leone per le vie!«. Come la porta gira sui suoi cardini, cosí il pigro sul suo letto. Il pigro affonda la sua mano nel piatto, ma si stanca persino a portarla alla bocca, Il pigro si crede piú saggio di sette persone che danno risposte assennate. Il passante che si immischia in una lite che non lo riguarda, è come chi prende un cane per le orecchie. Come un pazzo che scaglia tizzoni, frecce e morte, cosí è colui che inganna il prossimo e dice: »Ho fatto per scherzo!«. Quando manca la legna, il fuoco si spegne; e quando non c’è maldicente, la disputa cessa. Come il carbone dà la brace e la legna il fuoco, cosí l’uomo rissoso attizza le liti. Le parole del maldicente sono come cibi squisiti e penetrano fino nell’intimo delle viscere. Labbra ardenti e un cuore malvagio sono come scoria d’argento spalmata sopra un vaso di terra. Chi odia finge con le sue labbra, ma nel suo intimo cova inganno. Quando parla cortesemente non fidarti di lui, perché ha sette abominazioni in cuore. Anche se l’odio è nascosto con dissimulazione, la sua malvagità sarà palesata nell’assemblea. Chi scava una fossa vi cadrà dentro, e chi rotola una pietra gli ricadrà addosso. La lingua bugiarda odia quelli che ha ferito, e la bocca adulatrice produce rovina. Non vantarti del domani, perché non sai che cosa può produrre un giorno. Ti lodi un altro e non la tua bocca, un estraneo e non le tue labbra. La pietra è grave e la sabbia pesante, ma l’ira dello stolto pesa piú di tutt’e due. L’ira è crudele e la collera impetuosa, ma chi può resistere alla gelosia? Meglio una riprensione aperta che un amore nascosto. Fedeli sono le ferite di un amico, ma ingannevoli sono i baci di un nemico. Chi è sazio disprezza il favo di miele ma per chi ha fame ogni cosa amara è dolce. Come l’uccello che erra lontano dal nido, cosí è l’uomo che erra lontano da casa sua. L’olio e il profumo rallegrano il cuore, cosí fa la dolcezza di un amico con i suoi consigli cordiali. Non abbandonare il tuo amico né l’amico di tuo padre e non andare in casa di tuo fratello nel giorno della tua sventura; è meglio uno che abita vicino che un fratello lontano. Figlio mio, sii saggio e rallegra il mio cuore, cosí potrò rispondere a chi inveisce contro di me. L’uomo accorto vede il male e si nasconde, ma i semplici vanno oltre e sono puniti. Prendi il vestito di chi si è reso garante per un estraneo e tienilo come pegno per la donna straniera. Chi benedice il suo vicino ad alta voce al mattino presto, gli sarà attribuito come maledizione. Un gocciolare incessante in un giorno di gran pioggia e una donna litigiosa si rassomigliano. Chi riesce a trattenerla, trattiene il vento e afferra l’olio con la sua mano destra. Il ferro affila il ferro, cosí l’uomo affila il volto del suo compagno. Chi ha cura del fico ne mangerà il frutto, e chi serve il suo padrone sarà onorato. Come nell’acqua il viso riflette il viso, cosí il cuore dell’uomo rivela l’uomo. Lo Sceol, e Abaddon, sono insaziabili, e insaziabili sono pure gli occhi degli uomini. Il crogiolo è per l’argento e la fornace per l’oro, cosí l’uomo è provato dalla lode che riceve. Anche se tu pestassi lo stolto in un mortaio tra il grano con un pestello, la sua stoltezza non si allontanerebbe da lui. Cerca di conoscere bene lo stato delle tue pecore e abbi cura delle tue mandrie, perché le ricchezze non durano sempre, e neppure una corona dura di generazione in generazione. Quando il fieno è portato via ed appare l’erba tenera e si raccoglie il foraggio dei monti, gli agnelli provvederanno le tue vesti, i capri il prezzo di un campo e le capre abbastanza latte per il tuo cibo, per il cibo della tua casa e per il mantenimento delle tue serve. L’empio fugge anche se nessuno lo insegue, ma il giusto è sicuro come un leone. A motivo del peccato di un paese molti sono i suoi capi, ma con un uomo assennato che ha conoscenza la sua stabilità dura a lungo. Un povero che opprime i miseri è come una pioggia torrenziale che non dà pane. Quelli che abbandonano la legge lodano gli empi; ma quelli che osservano la legge fanno loro guerra. Gli uomini malvagi non comprendono la giustizia, ma quelli che cercano l’Eterno comprendono ogni cosa. E’ meglio il povero che cammina nella sua integrità, dell’uomo instabile che segue vie tortuose, anche se ricco. Chi osserva la legge è un figlio che ha intendimento, ma il compagno dei ghiottoni fa vergogna a suo padre. Chi accresce i suoi beni con usura e guadagni ingiusti, li accumula per colui che ha pietà dei poveri. Se uno volge altrove l’orecchio per non ascoltare la legge, la sua stessa preghiera sarà un abominio. Chi fa sviare gli uomini retti in una strada cattiva, cadrà egli stesso nella sua fossa; ma gli uomini integri erediteranno il bene. Il ricco si crede saggio, ma il povero che ha intendimento lo esamina a fondo. Quando i giusti trionfano c’è grande gloria, ma quando prevalgono gli empi la gente si nasconde. Chi copre le sue trasgressioni non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia. Beato l’uomo che teme continuamente l’Eterno, ma chi indurisce il suo cuore cadrà nella sventura. Un empio che domina su un popolo povero è come un leone ruggente e un orso affamato. Un principe senza intendimento fa molte estorsioni, ma chi odia il guadagno disonesto prolungherà i suoi giorni. L’uomo su cui pesa un omicidio fuggirà fino alla tomba; nessuno lo aiuti! Chi cammina rettamente sarà salvato, ma l’uomo instabile che segue vie tortuose cadrà ad un tratto. Chi lavora la sua terra avrà pane in abbondanza, ma chi va dietro a vanità avrà una grande povertà. L’uomo fedele sarà colmato di benedizioni, ma chi ha fretta di arricchire non sarà senza colpa. Usare preferenze personali non è bene; per un pezzo di pane l’uomo commette peccato. L’uomo con l’occhio cattivo vuole arricchire in fretta, ma non si rende conto che gli piomberà addosso la miseria. Chi riprende qualcuno troverà poi maggior favore di chi lo adula con la lingua. Chi ruba a suo padre e a sua madre e dice: »Non è peccato«, è compagno di chi distrugge. Chi ha il cuore gonfio d’orgoglio fomenta contese, ma chi confida nell’Eterno prospererà. Chi confida nel proprio cuore è uno stolto, ma chi cammina saggiamente sarà salvato. Chi dà al povero non sarà mai nel bisogno, ma colui che chiude i propri occhi avrà molte maledizioni. Quando gli empi s’innalzano, la gente si nasconde; ma quando periscono, i giusti si moltiplicano. L’uomo che irrigidisce il collo quando è ripreso, sarà improvvisamente spezzato senza alcun rimedio. Quando i giusti sono in autorità, il popolo si rallegra, ma quando domina l’empio, il popolo geme. L’uomo che ama la sapienza rallegra suo padre; ma chi frequenta le prostitute dissipa la sua ricchezza. Il re rende stabile il paese con la giustizia, ma chi riceve regali lo manda in rovina. L’uomo che adula il suo prossimo tende una rete sui suoi passi. Nel peccato di un uomo malvagio c’è un laccio, ma il giusto canta e si rallegra. Il giusto si interessa della causa dei miseri, ma l’empio non comprende tale interesse. Gli schernitori fomentano sedizioni in città, ma gli uomini saggi placano. Se un uomo saggio viene a contesa con uno stolto, e lo stolto si adira e ride, non c’è pace. Gli uomini di sangue odiano chi è integro, ma gli uomini retti cercano di proteggere la sua vita. Lo stolto dà sfogo a tutta la sua ira ma il saggio la trattiene e la calma. Se un sovrano dà retta a parole menzognere, tutti i suoi ministri diventano empi. Il povero e l’oppressore hanno questo in comune: l’Eterno illumina gli occhi di entrambi. Il re che fa giustizia ai miseri in verità avrà il trono stabilito per sempre. La verga e la riprensione danno sapienza; ma il fanciullo lasciato a se stesso fa vergogna a sua madre. Quando gli empi aumentano, aumentano pure le trasgressioni, ma i giusti vedranno la loro rovina. Correggi tuo figlio, egli ti darà conforto e procurerà delizie all’anima tua. Quando non c’è visione profetica il popolo diventa sfrenato, ma beato chi osserva la legge. Un servo non si corregge solo a parole; anche se comprende non ubbidisce. Hai visto un uomo precipitoso nel suo parlare? C’è piú speranza per uno stolto che per lui, Se uno alleva delicatamente da fanciullo il suo servo, alla fine egli vorrà essere suo successore. L’uomo iracondo fomenta contese e l’uomo collerico commette molti peccati. L’orgoglio dell’uomo lo porta in basso, ma chi è umile di spirito otterrà gloria. Chi si fa socio di un ladro odia la sua vita. Egli ode il giuramento ma non denuncia nulla. La paura dell’uomo costituisce un laccio, ma chi confida nell’Eterno è al sicuro. Molti cercano il favore del principe, ma la giustizia per ogni uomo viene dall’Eterno. L’uomo iniquo è un abominio per i giusti, e chi cammina rettamente è un abominio per gli empi. Parole di Agur figlio di Jakeh; il messaggio profetico che quest’uomo proclamò a Ithiel, a Ithiel e a Ukal. Sí, io sono piú stupido di tutti gli altri e non ho l’intendimento di un uomo. Non ho imparato la sapienza e non ho la conoscenza del Santo. Chi è salito in cielo e ne è disceso? Chi ha raccolto il vento nelle sue mani? Chi ha racchiuso le acque nella sua veste? Chi ha stabilito tutti i confini della terra? Qual è il suo nome e il nome di suo figlio, se lo sai? Ogni parola di Dio è raffinata col fuoco. Egli è uno scudo per chi si rifugia in lui. Non aggiungere nulla alle sue parole, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo. Io ti ho chiesto due cose; non negarmele prima che io muoia: allontana da me falsità e menzogna; non darmi né povertà né ricchezza, cibami del pane che mi è necessario perché, una volta sazio, non ti rinneghi e dica: »Chi è l’Eterno?«, oppure, divenuto povero, non rubi e profani il nome del mio DIO. Non calunniare il servo davanti al suo padrone, perché egli non ti maledica e tu sia trovato colpevole. C’è una categoria di gente che maledice suo padre e non benedice sua madre. C’è una categoria di gente che si ritiene pura, ma non è lavata dalla sua lordura. C’è una categoria di gente che ha gli occhi molto alteri e le palpebre superbe. C’è una categoria di gente i cui denti sono come spade e i cui molari sono come coltelli, per divorare i poveri sulla faccia della terra e i bisognosi in mezzo agli uomini. La sanguisuga ha due figlie, che dicono: »Dammi, dammi!«. Ci sono tre cose che non si saziano mai, anzi quattro non dicono mai: »Basta!«. Lo Sceol, il grembo sterile, la terra che non si sazia di acqua e il fuoco che non dice mai: »Basta!«. L’occhio che schernisce il padre e rifiuta sprezzante di ubbidire alla madre lo caveranno i corvi del torrente, lo divoreranno gli aquilotti. Ci sono tre cose troppo meravigliose per me, anzi quattro, che io non comprendo: la traccia dell’aquila nell’aria, la traccia del serpente sulla roccia, la traccia della nave in mezzo al mare e la traccia dell’uomo con una ragazza. Questa è la condotta della donna adultera: mangia, si pulisce la bocca e dice: »Non ho fatto alcun male!«. Per tre cose la terra è turbata, anzi quattro sono le cose che non può sopportare: un servo quando diventa re, uno stolto quando ha pane a sazietà, una donna odiosa che trova marito e una serva che prende il posto della padrona. Ci sono quattro piccoli animali sulla terra, ma sono estremamente saggi: le formiche, che sono un popolo senza forza, ma si procurano il loro cibo durante l’estate; i conigli, che sono un popolo debole, ma stabiliscono la loro dimora nelle rocce; le locuste, che non hanno re, ma procedono tutte a schiere; la lucertola che puoi prender con le mani, ma si trova nei palazzi dei re. Tre esseri hanno un bel portamento, anzi quattro hanno un’andatura maestosa: il leone, il piú forte degli animali, che non indietreggia davanti a nessuno, il cavallo da guerra che cammina impettito, il capro, e il re quando è col suo esercito. Se hai agito da stolto innalzando te stesso o se hai pensato del male, mettiti la mano sulla bocca, perché, sbattendo il latte si produce il burro, torcendo il naso ne esce il sangue e spremendo l’ira ne esce la contesa. Parole del re Lemuel, il messaggio profetico con cui sua madre lo ammaestrò. Che ti dirò, figlio mio? Che ti dirò, figlio del mio grembo? Che ti dirò, figlio dei miei voti? Non dare il tuo vigore alle donne né la tua vita a ciò che distrugge i re. Non si addice ai re, o Lemuel, non si addice ai re bere vino né ai principi desiderare bevande inebrianti, perché bevendo non dimentichino la legge e non distorcano il diritto di tutti gli afflitti. Date bevande inebrianti a chi sta per perire, e del vino a chi ha il cuore amareggiato. Beva per dimenticare la sua povertà e non ricordarsi piú dei suoi guai. Apri la tua bocca in favore del muto in difesa di tutti i derelitti. Apri la tua bocca, giudica con giustizia e difendi la causa del misero e del bisognoso. Chi troverà una donna forte e virtuosa? Il suo valore è di gran lunga superiore alle perle. Il cuore di suo marito confida in lei e avrà sempre dei guadagni. Ella gli fa del bene e non del male, tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e lavora con piacere con le proprie mani. Ella è simile alle navi dei mercanti: fa venire il suo cibo da lontano. Si alza quando è ancora notte per distribuire il cibo alla sua famiglia e dare ordini alle sue domestiche. Ella guarda un campo e l’acquista; col frutto delle sue mani pianta una vigna. Si cinge di forza i lombi, e irrobustisce le sue braccia. Si rende conto che il suo commercio va bene, e la sua lampada di notte non si spegne. Stende la sua mano alla conocchia e le sue palme impugnano il fuso. Tende la sua mano al povero e porge le sue mani al bisognoso, Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti quelli di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte di arazzo e le sue vesti sono di lino finissimo e di porpora. Suo marito è stimato alle porte, quando si siede fra gli anziani del paese. Confeziona vesti di lino e le vende, e rifornisce i mercanti di cinture. Forza e onore sono il suo vestito e ride dei giorni a venire. Apre la sua bocca con sapienza e sulla sua lingua c’è la legge della bontà. Ella sorveglia l’andamento della sua casa e non mangia il pane di pigrizia. I suoi figli si levano e la proclamano beata; anche suo marito ne fa l’elogio, dicendo: »Molte figlie hanno compiuto cose grandi, ma tu le sorpassi tutte quante«. La grazia è fallace e la bellezza è vana, ma la donna che teme l’Eterno, quella sarà lodata. Datele del frutto delle sue mani, e le sue stesse opere la lodino alle porte.
Le parole del Predicatore, figlio di Davide, re di Gerusalemme. »Vanità delle vanità«, dice il Predicatore Vanità delle vanità; tutto è vanità«, Che vantaggio ha l’uomo da tutta la sua fatica in cui si affatica sotto il sole? Una generazione va, una generazione viene, ma la terra rimane in eterno, Anche il sole sorge e poi tramonta, e si affretta verso il luogo da dove sorge di nuovo. Il vento soffia verso il mezzogiorno, poi gira verso settentrione; gira e rigira continuamente e ritorna a fare gli stessi giri. Tutti i fiumi corrono al mare, ma il mare non si riempie mai; al luogo da cui i fiumi provengono, là essi ritornano nuovamente. Tutte le cose richiedono fatica, piú di quel che l’uomo possa dire, l’occhio non si sazia mai di guardare, né l’orecchio è mai sazio di udire. Quello che è stato è quel che sarà; quello che è stato fatto è quel che si farà; non c’è nulla di nuovo sotto il sole. C’è qualcosa di cui si possa dire: »Guarda, questo è nuovo!«? Quella cosa esisteva già nei secoli che ci hanno preceduto. Non rimane alcun ricordo delle cose passate, e cosí non rimarrà alcun ricordo delle cose che accadranno tra coloro che verranno in seguito. Io, il Predicatore, sono stato re d’Israele, in Gerusalemme, e ho applicato il mio cuore a cercare e a investigare con sapienza tutto ciò che si fa sotto il cielo; questa è un’occupazione penosa, che DIO ha dato ai figli degli uomini perché vi si affatichino. Io ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole, ed ecco tutto è vanità e un cercare di afferrare il vento. Ciò che è storto non si può raddrizzare e ciò che manca non si può contare. Io ho parlato col mio cuore, dicendo: »Ecco, io ho ottenuto grandezza e acquistato maggiore sapienza di tutti quelli che hanno regnato prima di me in Gerusalemme e il mio cuore ha visto molta sapienza e conoscenza«. E ho applicato il mio cuore a conoscere la sapienza, come pure a conoscere la follia e la stoltezza; e ho compreso che anche questo è un cercare di afferrare il vento. Poiché dove C’è molta sapienza c’è molto affanno e chi aumenta la conoscenza, aumenta il dolore. Io ho detto in cuor mio: »Vieni ora, ti voglio mettere alla prova con la gioia, e tu godrai il piacere«. Ma ecco anche questo è vanità. Del riso ho detto: »E’ follia«, e della gioia: »A che serve?«. Ho cercato nel mio cuore come soddisfare il mio corpo col vino, spronando nello stesso tempo il mio cuore alla sapienza e a stare attaccato alla follia finché vedessi qual è il bene che i figli degli uomini dovrebbero fare sotto il cielo, tutti i giorni della loro vita. Cosí feci grandi lavori: mi costruii case, mi piantai vigne, mi feci giardini e parchi, piantandovi alberi fruttiferi di ogni specie; mi costruii vasche per l’acqua con le quali poter irrigare il bosco per far crescere gli alberi. Comprai servi e serve ed ebbi servi nati in casa; ebbi anche grandi averi in armenti e greggi, piú di tutti quelli che erano stati prima di me in Gerusalemme. Ammassai per me anche argento, oro e le ricchezze dei re e delle province; mi procurai dei cantanti e delle cantanti, le delizie dei figli degli uomini e strumenti musicali di ogni genere. Cosí divenni grande e prosperai piú di tutti quelli che erano stati prima di me in Gerusalemme; anche la mia sapienza rimase con me. Tutto quello che i miei occhi desideravano, non l’ho negato loro; non ho rifiutato al mio cuore alcun piacere, perché il mio cuore si rallegrava di ogni mio lavoro; e questa è stata la ricompensa di ogni mio lavoro. Poi mi volsi a considerare tutte le opere che le mie mani avevano fatto, e la fatica che avevo impiegato a compierle; ed ecco tutto era vanità e un cercare di afferrare il vento; non c’era alcun vantaggio sotto il sole. Sapienza e follia sono entrambe vanità Allora mi volsi a considerare la sapienza, la follia e la stoltezza. »Che cosa farà l’uomo che succederà al re, se non ciò che è già stato fatto?«. Poi mi resi conto che la sapienza ha un vantaggio sulla stoltezza, come la luce ha un vantaggio sulle tenebre. Il saggio ha gli occhi in testa, mentre lo stolto cammina nelle tenebre, ma ho pure compreso che ad entrambi è riservata la stessa sorte. Cosí ho detto in cuor mio: »La stessa sorte che tocca allo stolto toccherà anche a me. A che pro dunque essere stato piú saggio?«. Perciò dissi in cuor mio: »Anche questo è vanità«. Non rimane infatti alcun ricordo duraturo né del saggio né dello stolto, poiché nei giorni a venire sarà tutto dimenticato. E come muore lo stolto, allo stesso modo muore il saggio. Perciò ho preso in odio la vita, perché tutto ciò che si fa sotto il sole mi è divenuto disgustoso, perché tutto è vanità e un cercare di afferrare il vento. Cosí ho odiato ogni fatica che ho compiuto sotto il sole, perché devo lasciare tutto a colui che verrà dopo di me. E chi sa se sarà saggio o stolto? Ma comunque egli sarà padrone di tutto il lavoro che ho compiuto con fatica e in cui ho usato sapienza sotto il sole. Anche questo è vanità. Cosí sono arrivato al punto di disperare in cuor mio per tutta la fatica che ho compiuto sotto il sole. Poiché qui c’è un uomo che ha lavorato con sapienza, con intelligenza e con successo, ma deve lasciare la sua eredità a un altro, che non vi ha speso alcuna fatica! Anche questo è vanità e un male grande. Che cosa rimane infatti all’uomo per tutta la sua fatica e per l’affanno del suo cuore, con cui si è affaticato a sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e il suo lavoro penoso. Il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità. Per l’uomo non c’è nulla di meglio che mangiare e bere e godersela nella sua fatica; ma mi sono accorto che anche questo viene dalla mano di DIO. Chi può infatti mangiare o godere piú di me? Poiché Dio dà all’uomo che gli è gradito sapienza, conoscenza e gioia; ma al peccatore dà il compito di raccogliere e di accumulare, per lasciare poi tutto a colui che è gradito agli occhi di DIO. Anche questo è vanità e un cercare di afferrare il vento. Per ogni cosa c’è la sua stagione c’è un tempo per ogni situazione sotto il cielo: un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che è piantato, un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per far cordoglio e un tempo per danzare, un tempo per gettare via pietre e un tempo per raccogliere pietre, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci, un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per conservare e un tempo per buttare via, un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare, un tempo per amare e un tempo per odiare, un tempo per la guerra e un tempo per la pace. Che vantaggio ha chi lavora da tutto ciò in cui si affatica? Ho visto l’occupazione che DIO dà ai figli degli uomini, perché vi si affatichino. Egli ha fatto ogni cosa bella nel suo tempo; ha persino messo l’eternità nei loro cuori, senza che alcun uomo possa scoprire l’opera che DIO ha fatto dal principio alla fine. Ho cosí compreso che non c’è nulla di meglio che rallegrarsi e far del bene mentre uno vive; e che ogni uomo che mangia, beve a e gode benessere in tutta la sua fatica, questo è un dono di DIO. Ho compreso che tutto quello che Dio fa è per sempre; non vi si può aggiungere nulla e nulla vi si può togliere e DIO fa cosí, perché gli uomini lo temano. Ciò che è, è già stato prima, e ciò che sarà è già stato, e DIO investiga ciò che è passato. Ho pure visto sotto il sole che al posto del giudizio c’era empietà, e al posto della giustizia c’era empietà. Cosí ho detto in cuor mio: »DIO giudicherà il giusto e l’empio, perché c’è un tempo stabilito per ogni cosa e per ogni opera«. Ho detto in cuor mio: »Riguardo alla condizione dei figli degli uomini, DIO li mette alla prova, perché essi stessi si rendano conto che sono come bestie«. Infatti tutto ciò che succede ai figli degli uomini succede alle bestie; ad entrambi succede la stessa cosa. Come muore l’uno, cosí muore l’altra. Sí, hanno tutti uno stesso soffio; e l’uomo non ha alcuna superiorità sulla bestia perché tutto è vanità. Tutti vanno nello stesso luogo: tutti vengono dalla polvere e tutti ritornano alla polvere. Chi sa se lo spirito dei figli degli uomini, sale in alto, e se lo spirito della bestia scende in basso nella terra? Cosí mi sono reso conto che non c’è nulla di meglio per l’uomo che rallegrarsi nel suo lavoro, perché questa è la sua parte. Chi lo porterà infatti a vedere ciò che accadrà dopo di lui? Mi sono quindi messo a considerare tutte le oppressioni che si commettono sotto il sole, ed ecco, le lacrime degli oppressi, i quali non hanno chi li consoli; dal lato dei loro oppressori c’era la forza, ma neppure essi hanno chi li consoli. Per cui ho ritenuto i morti, che sono già morti, piú felici dei vivi che sono ancora in vita; ma ancor piú felice degli uni e degli altri, colui che non è mai esistito e non ha ancora visto le azioni malvagie che si commettono sotto il sole. Ho pure visto che ogni fatica e ogni successo nel lavoro risultano in invidia dell’uno contro l’altro. Anche questo è vanità e un cercare di afferrare il vento. Lo stolto incrocia le braccia e divora la propria carne. Val piú una manciata con riposo che due manciate con fatica, cercando di afferrare il vento. Ho visto anche un’altra vanità sotto il sole: uno è completamente solo e non ha né figlio né fratello, eppure la sua fatica non ha fine e i suoi occhi non sono sazi di ricchezze. Ma non si chiede: »Per chi mi affatico e mi privo di ogni bene?«. Anche questo è vanità e una fatica penosa. Due valgon meglio di uno solo, perché hanno una buona ricompensa per la loro fatica. Se infatti cadono, l’uno rialza l’altro; ma guai a chi è solo e cade, perché non ha nessun altro che lo rialzi! Cosí pure se due dormono assieme si possono riscaldare; ma uno solo come farà a riscaldarsi? Se uno può sopraffare chi è solo, due gli possono resistere; una corda a tre capi non si rompe tanto presto. E’ meglio un giovane povero e saggio che un re vecchio e stolto, che non sa piú ricevere ammonimenti. Poiché il giovane è uscito di prigione per regnare, anche se era nato povero nel suo regno. Ho visto tutti i viventi che camminano sotto il sole unirsi al giovane, che va a mettersi al posto dell’altro. Era innumerevole tutto il popolo, tutti quelli che erano stati prima di loro. Tuttavia quelli che verranno dopo non saranno contenti di lui! Anche questo è vanità e un cercare di afferrare il vento. (4:1) Bada ai tuoi passi quando vai alla casa di DIO: avvicinati per ascoltare piuttosto che per offrire il sacrificio degli stolti, i quali non sanno neppure di far male. (4:2) Non essere precipitoso con la tua bocca, e il tuo cuore non si affretti a proferire alcuna parola davanti a DIO, perché DIO è in cielo e tu sulla terra, perciò le tue parole siano poche. (4:3) Poiché con le molte occupazioni vengono i sogni, e con le molte parole la voce dello stolto. (4:4) Quando hai fatto un voto a DIO non indugiare ad adempierlo, perché egli non si compiace degli stolti; adempi il voto che hai fatto. (4:5) E’ meglio non fare voti, che farli e poi non adempierli. (4:6) Non lasciare che la tua bocca porti il tuo corpo a peccare, e non dire davanti al messaggero di Dio: »E’ stato uno sbaglio«. Perché dovrebbe DIO adirarsi per le tue parole e distruggere l’opera delle tue mani? (4:7) Poiché nei molti sogni e nelle molte parole c’è vanità; ma tu temi DIO, (4:8) Se nella provincia vedi l’oppressione del povero e la perversione violenta del diritto e della giustizia, non meravigliarti della cosa; poiché sopra un’alta autorità ne veglia una piú alta, e sopra di loro, delle autorità ancora piú alte. (4:9) La terra ha piú vantaggi di ogni altra cosa, e il re stesso è servito dal campo. (4:10) Chi ama il denaro non si sazia di denaro, e chi ama le ricchezze non ne trae profitto. Anche questo è vanità. (4:11) Quando crescono i beni, aumentano anche quelli che li divorano; e quale vantaggio ne hanno i proprietari, se non di vederli con i loro occhi? (4:12) Dolce è il sonno del lavoratore, sia che mangi poco o molto; ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire. (4:13) C’è un altro deplorevole male che ho visto sotto il sole: ricchezze conservate per il loro proprietario a suo danno. (4:14) Quelle ricchezze vanno perdute per un cattivo affare, e cosí nelle mani del figlio che ha generato non resta piú nulla. (4:15) Com’era uscito dal grembo di sua madre, cosí nudo tornerà per andare com’era venuto, senza prendere nulla dalla sua fatica che possa portare via con sé. (4:16) Anche questo è un male deplorevole: che se ne vada esattamente come era venuto; e quale vantaggio ne ha dall’aver faticato per il vento? (4:17) Inoltre egli mangia tutti i giorni della sua vita nelle tenebre, e ha molte afflizioni, infermità e crucci. (4:18) Ecco ciò che ho compreso: è bene e opportuno per l’uomo mangiare, bere e godere del bene di tutta la fatica che compie sotto il sole, tutti i giorni di vita che DIO gli dà, perché questa è la sua parte. (4:19) Ogni uomo a cui DIO concede ricchezze e beni e a cui dà pure di poterne godere di prendere la propria parte e di gioire della sua fatica, questo è dono di DIO. (4:20) Egli infatti non ricorderà molto i giorni della sua vita, perché DIO gli risponde mediante la gioia del suo cuore. C’è un altro male che ho visto sotto il sole e che è diffuso fra gli uomini: uno a cui DIO ha dato ricchezze, beni e gloria, e non gli manca nulla di tutto ciò che può desiderare, ma DIO non gli concede di poterne godere; ma ne gode un estraneo. Questo è vanità e un grande male. Se uno generasse cento figli e vivesse molti anni e molti fossero i giorni dei suoi anni ma la sua anima non si sazia di beni e non ha neppure sepoltura, io dico che un aborto è piú felice di lui; poiché è venuto invano e se ne va nelle tenebre, e il suo nome è coperto di tenebre. Anche se non ha visto né conosciuto il sole, tuttavia ha piú riposo dell’altro. Sí, anche se dovesse vivere due volte mille anni, senza però godere dei suoi beni. Non vanno tutti a finire nello stesso luogo? Tutta la fatica dell’uomo è per la sua bocca, tuttavia il suo appetito non si sazia mai. Quale vantaggio ha il saggio sopra lo stolto? Quale vantaggio ha il povero se sa come camminare davanti ai viventi? E’ meglio vedere con gli occhi che vagare con il desiderio. Anche questo è vanità e un cercare di afferrare il vento. Ciò che è, è già stato chiamato da tempo per nome e si sa che cos’è l’uomo e che non può contendere con chi è piú forte di lui. Poiché ci sono molte cose che aumentano la vanità, quale vantaggio ne ha l’uomo? Chi conosce infatti ciò che è buono per l’uomo in questa vita, durante tutti i giorni della sua vita vana che egli trascorre come un’ombra? Chi sa dire all’uomo cosa avverrà dopo di lui sotto il sole? Un buon nome è preferibile a un olio profumato, e il giorno della morte meglio del giorno della nascita. E’ meglio andare in una casa dove c’è lutto, che andare in una casa dove si fa festa, perché quella è la fine di ogni uomo, e chi vive vi porrà mente. La tristezza è preferibile al riso, perché davanti a un volto triste, il cuore diventa migliore. Il cuore del saggio è in una casa di lutto, ma il cuore degli stolti è in una casa di allegria. E’ meglio per qualcuno ascoltare la riprensione del saggio che ascoltare il canto degli stolti perché com’è il crepitìo dei pruni sotto una pentola, cosí è il riso dello stolto. Anche questo è vanità. Certo l’oppressione rende insensato il saggio, e il regalo fa perdere il senno. Meglio la fine di una cosa che il suo inizio, e meglio il paziente di spirito che il superbo di spirito. Non affrettarti nel tuo spirito ad adirarti, perché l’ira alberga nel seno degli stolti. Non dire: »Come mai i giorni passati erano migliori di questi?«, perché non è saggio fare una tale domanda. La sapienza è buona assieme a un patrimonio ed è vantaggiosa per quelli che vedono il sole. Poiché la sapienza è un riparo come lo è il denaro; ma l’eccellenza della conoscenza sta in questo: la sapienza fa vivere quelli che la possiedono. Considera l’opera di DIO: chi può raddrizzare ciò che egli ha fatto storto? Nel giorno della prosperità sii allegro, ma nel giorno dell’avversità rifletti. DIO ha fatto tanto l’uno che l’altro, perché l’uomo non scopra nulla di ciò che accadrà dopo di lui. Ho visto di tutto nei giorni della mia vanità. C’è il giusto che perisce nella sua giustizia e c’è l’empio che vive a lungo nella sua malvagità. Non essere troppo giusto né eccessivamente saggio. Perché vorresti distruggerti? Non essere troppo malvagio e non essere stolto. Perché vuoi morire prima del tuo tempo? E’ bene che tu stia aggrappato a questo e che non ritragga la mano da quello, perché chi teme DIO eviterà tutte queste cose. La sapienza rende il saggio piú forte di dieci potenti in una città. Non c’è infatti alcun uomo giusto sulla terra, che faccia il bene e non pecchi. Inoltre non fare attenzione a tutte le parole che si dicono, per non sentirti maledire dal tuo servo perché anche il tuo cuore sa che tu stesso hai molte volte maledetto altri. Io ho esaminato tutto questo con sapienza. Ho detto: »Diventerò saggio«; ma la sapienza è ben lontana da me. Una cosa che è tanto lontana e tanto profonda, chi la può trovare? Allora ho applicato il mio cuore per conoscere, per investigare e per ricercare la sapienza e la ragione delle cose e per conoscere la malvagità della follia e la stoltezza della pazzia; e ho trovato una cosa piú amara della morte: la donna il cui cuore è lacci e reti, e le cui mani sono catene. Chi è gradito a DIO le sfugge, ma il peccatore sarà preso da lei. Ecco ciò che ho trovato«, dice il Predicatore, »esaminando le cose una ad una, per trovare la ragione. Ciò che io cerco ancora, ma non ho trovato: un uomo fra mille lo trovato ma una donna fra tutte queste non l’ho trovata. Ecco, solo questo ho trovato: DIO ha fatto l’uomo retto, ma gli uomini hanno ricercato molti artifici. Chi è come il saggio? Chi conosce l’interpretazione delle cose? La sapienza dell’uomo fa risplendere la sua faccia e ne cambia la durezza del volto. Io ti consiglio: osserva il comando del re, a motivo del giuramento fatto a DIO. Non avere fretta ad allontanarti dalla sua presenza e non persistere in una cosa cattiva, perché egli fa tutto ciò che gli piace. Infatti la parola del re è potente; e chi gli può dire: »Che cosa fai?«. Chi osserva il suo comando non proverà alcun male; il cuore dell’uomo saggio sa infatti discernere il tempo e il giudizio, perché per ogni cosa c’è un tempo e un giudizio, e la malvagità dell’uomo pesa grandemente su di lui. Poiché egli non sa ciò che avverrà; chi infatti gli dirà come andranno le cose? Non c’è uomo che abbia potere sullo spirito per poterlo trattenere, o che abbia potere sul giorno della morte. Non c’è congedo in battaglia, e l’iniquità non può salvare chi la commette. Ho visto tutto questo e ho posto mente a tutto ciò che si fa sotto il sole; c’è un tempo in cui un uomo signoreggia su un altro per suo danno. Poi ho visto degli empi venire sepolti, i quali erano entrati e usciti dal luogo santo; essi pure erano stati dimenticati nella città dove avevano fatto tali cose. Anche questo è vanità. Poiché la sentenza contro una cattiva azione non è prontamente eseguita, il cuore dei figli degli uomini è pieno di voglia di fare il male. Anche se il peccatore fa cento volte il male e prolunga i suoi giorni, tuttavia io so che otterranno bene quelli che temono DIO, che provano timore davanti a lui. Ma non c’è bene per l’empio, e non prolungherà i suoi giorni come l’ombra perché non prova timore davanti a DIO. C’è una vanità che avviene sulla terra: ci sono dei giusti che sono trattati come spetterebbe all’opera degli empi, e ci sono degli empi che sono trattati come spetterebbe all’opera dei giusti. Ho detto che anche questo è vanità. Cosí ho lodato l’allegria, perché non c’è nulla di meglio per l’uomo sotto il sole che mangiare, bere e stare allegro, perché questo rimane con lui nella sua fatica durante i giorni di vita che DIO gli dà sotto il sole. Quando io ho applicato il mio cuore a conoscere la sapienza e a considerare l’affannarsi che si fa sulla terra (anche se uno non concede riposo ai propri occhi né giorno né notte), allora ho visto tutta l’opera di DIO, che l’uomo non può arrivare a scoprire tutto ciò che si fa sotto il sole perché, anche se l’uomo si affatica a cercare, non riesce a scoprirlo; e anche se il saggio dice di sapere, non è in grado di scoprirlo. Cosí io ho considerato tutto questo nel mio cuore per cercare di chiarirlo: che i giusti e i saggi e le loro opere sono nelle mani di DIO. L’uomo non conosce né l’amore né l’odio; tutto è davanti a loro. Tutto succede egualmente a tutti: la stessa sorte attende il giusto e l’empio il buono, il puro e l’impuro, chi offre sacrifici e chi non li offre. Come è il buono cosí è il peccatore, e chi giura è come chi teme di giurare. Questo è un male in tutto ciò che si fa sotto il sole: hanno tutti la stessa sorte, e inoltre il cuore dei figli degli uomini è pieno di malvagità e la follia risiede nel loro cuore mentre vivono; poi se ne vanno ai morti. Finché uno è unito a tutti gli altri viventi c’è speranza, perché un cane vivo val meglio di un leone morto. I viventi infatti sanno che moriranno ma i morti non sanno nulla; per loro non c’è piú alcuna ricompensa, perché la loro memoria è dimenticata. Anche il loro amore, il loro odio e la loro invidia sono ormai periti, ed essi non avranno mai piú alcuna parte in tutto ciò che si fa sotto il sole. Va mangia il tuo pane con gioia e bevi il tuo vino con cuore lieto, perché DIO ha già gradito le tue opere. Le tue vesti siano bianche in ogni tempo, e l’olio non manchi mai sul tuo capo. Godi la vita con la moglie che ami per tutti i giorni della tua vita di vanità, che egli ti ha concesso sotto il sole per tutti i giorni della tua vanità, perché questa è la tua parte nella vita e nella fatica che compi sotto il sole. Tutto ciò che la tua mano trova da fare, fallo con tutta la tua forza, perché nello Sceol dove vai, non c’è piú ne lavoro né pensiero né conoscenza né sapienza. Ho pure visto sotto il sole che la corsa non è vinta da chi è veloce, né la battaglia dai forti; né il pane va ai saggi, né le ricchezze agli uomini intelligenti, né il favore a quelli abili, ma a tutti le cose avvengono secondo il tempo e il caso. Poiché l’uomo non conosce la sua ora: come i pesci che sono presi in una rete crudele, e come gli uccelli che sono colti in un laccio, cosí i figli degli uomini sono presi nel laccio al tempo dell’avversità, quando piomba su di loro improvvisamente. Ho visto anche questo esempio di sapienza sotto il sole, e mi è parsa grande. C’era una piccola città con pochi uomini dentro; un gran re le venne contro, la cinse d’assedio e vi costruí contro grandi bastioni. Si trovava però in essa un uomo povero e saggio che con la sua sapienza salvò la città. Tuttavia nessuno si ricordò di quell’uomo povero. Allora io dissi: »La sapienza val piú della forza; ma la sapienza del povero è disprezzata e le sue parole non sono ascoltate«. Le parole dei saggi pronunciate con calma si ascoltano meglio delle grida di chi domina fra gli stolti. La sapienza val piú delle armi da guerra; ma un solo peccatore distrugge un gran bene. Le mosche morte fanno puzzare l’olio del profumiere: cosí un po’ di follia guasta il pregio della sapienza e della gloria. Il cuore del saggio è alla sua destra, ma il cuore dello stolto è alla sua sinistra. Anche quando lo stolto cammina per la strada, il senno gli manca e mostra a tutti che è uno stolto. Se l’ira di un sovrano si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché la calma placa offese anche gravi. C’è un male che ho visto sotto il sole, un errore che viene da chi governa: la follia è posta in cariche elevate, mentre i ricchi seggono in luoghi bassi. Ho visto servi a cavallo e principi camminare a piedi come servi. Chi scava una fossa vi può cadere dentro, e chi demolisce un muro può essere morso da una serpe. Chi sposta delle pietre può esserne ferito, e chi spacca la legna si mette in pericolo. Se la scure è smussata e non se ne affila il taglio, bisogna usare maggior forza, ma la sapienza ha il vantaggio di riuscire sempre. Se il serpente morde perché non è stato incantato, l’incantatore diventa inutile. Le parole della bocca del saggio sono piene di grazia, ma le labbra dello stolto lo distruggono. L’inizio del suo parlare è stoltezza, e la fine del suo dire è pazzia dannosa. Anche se lo stolto moltiplica le parole, l’uomo non sa che cosa avverrà, chi gli può dire ciò che avverrà dopo di lui? La fatica dello stolto lo stanca, perché non sa neppure come andare in città. Guai a te, o paese, il cui re è un fanciullo, e i cui principi pranzano fin dal mattino! Beato te, o paese, il cui re è di stirpe nobile, e i cui principi pranzano al tempo giusto, per ristorare le forze e non per ubriacarsi! Per la pigrizia le travi della casa crollano, e per l’inattività delle mani piove in casa. Un banchetto è fatto per divertirsi, e il vino rallegra la vita, ma il denaro viene incontro ad ogni bisogno. Non maledire il re neppure col pensiero, e non maledire il ricco nella tua camera da letto, perché un uccello del cielo potrebbe portare lontano la tua voce, e un uccello in volo potrebbe riferire la cosa. Getta il tuo pane sulle acque, perchè dopo molto tempo lo ritroverai. Fanne parte a sette e anche a otto, perché tu non sai quale sventura ti può accadere sulla terra. Se le nubi sono piene di pioggia, la riversano sulla terra; e se un albero cade a sud o a nord, nel posto dove esso cade, là rimane. Chi bada al vento non seminerà, e chi sta a guardare alle nuvole non mieterà. Come tu non conosci la via del vento, né come si formino le ossa nel grembo della donna incinta, cosí non conosci l’opera di DIO che fa tutto. Semina il tuo seme, al mattino e la sera non dar riposo alla tua mano, perché tu non sai quale dei due riuscirà meglio: se questo o quello, o se saranno buoni tutt’è due. La luce è dolce, ed è cosa piacevole per gli occhi vedere il sole. Anche se un uomo vive per molti anni se li goda tutti, ma pensi ai giorni delle tenebre, che saranno molti; tutto ciò che avverrà è vanità. Rallegrati pure, o giovane, nella tua giovinezza e gioisca il tuo cuore nei giorni della tua giovinezza; segui pure le vie del tuo cuore e la visione dei tuoi occhi, ma sappi che per tutte queste cose DIO ti chiamerà in giudizio. Elimina dal tuo cuore la tristezza e allontana dal tuo corpo il dolore, perché la giovinezza e l’adolescenza sono vanità. Ma ricordati del tuo Creatore nei giorni della tua giovinezza, prima che vengano i giorni cattivi e giungano gli anni dei quali dirai: »Non ho in essi alcun piacere«, prima che si oscurino il sole, la luce, la luna e le stelle, e ritornino le nubi dopo la pioggia: nell’età in cui i guardiani della casa tremano, gli uomini forti si curvano, le macinatrici smettono di lavorare perché rimaste in poche, quelli che guardano dalle finestre si oscurano e le porte sulla strada si chiudono; quando diminuisce il rumore della macina, uno si alza al canto di un uccello, e tutte le figlie del canto si affievoliscono; quando uno ha paura delle altezze e di spaventi per la strada, quando il mandorlo fiorisce, la locusta è un peso, e il desiderio viene meno, perché l’uomo va alla sua dimora eterna e i piagnoni vanno in giro per le strade. Ricordati del tuo Creatore prima che il cordone d’argento si rompa, il vaso d’oro si spezzi, la brocca si rompa alla fonte e la ruota vada in frantumi al pozzo e la polvere ritorni alla terra com’era prima e lo spirito torni a DIO che lo ha dato. »Vanità delle vanità«, dice il Predicatore, »tutto è vanità«. Il Predicatore, oltre ad essere un saggio, ha anche insegnato al popolo la conoscenza e ha ponderato, ricercato e messo in ordine un gran numero di proverbi. Il Predicatore si è studiato di trovare parole piacevoli; e le cose scritte sono giuste e vere. Le parole dei saggi sono come pungoli e le raccolte dei dotti sono come chiodi ben piantati; esse sono date da un solo Pastore. Figlio mio, sta’ in guardia di tutto ciò che va al di là di questo. Si scrivono tanti libri, ma non si finisce mai, e il molto studiare affatica il corpo. Ascoltiamo dunque la conclusione di tutto il discorso: »Temi DIO e osserva i suoi comandamenti, perché questo è il tutto dell’uomo«. Poiché DIO farà venire in giudizio ogni opera, anche tutto ciò che è nascosto, sia bene o male.
Il Cantico dei Cantici che è di Salomone. Mi baci con i baci della sua bocca! Poiché il tuo amore è migliore del vino. Per la fragranza dei tuoi gradevoli olii profumati il tuo nome è un olio profumato versato; per questo ti amano le fanciulle. Attirami a te! Noi ti correremo dietro. Il re mi ha portato nelle sue camere. Noi gioiremo e ci rallegreremo in te; noi ricorderemo il tuo amore piú del vino. A ragione ti amano. Io sono nera ma bella, o figlie di Gerusalemme, come le tende di Kedar, come le cortine di Salomone. Non guardate se son nera, perché il sole mi ha abbronzata. I figli di mia madre si sono adirati con me; mi hanno posto a guardia delle vigne, ma la mia propria vigna non l’ho custodita. Dimmi, o tu che il mio cuore ama dove pascoli il gregge e dove lo fai riposare a mezzogiorno. Perché mai dovrei io essere come una donna velata presso le greggi dei tuoi compagni? Se non lo sai, o la piú bella delle donne, segui le tracce del gregge e fa’ pascolare le tue caprette presso le tende dei pastori. Amica mia, io ti assomiglio alla mia cavalla tra i carri del Faraone. Le tue guance sono belle con ornamenti, e il tuo collo con collane di perle. Noi faremo per te collane d’oro con borchie d’argento. Mentre il re siede a mensa, il mio nardo effonde la sua fragranza. Il mio diletto è per me un sacchetto di mirra; egli riposerà tutta la notte fra le mie mammelle. Il mio diletto è per me un mazzo di fiori di alcanna nelle vigne di En-ghedi. Ecco sei bella, amica mia, ecco sei bella! I tuoi occhi sono come quelli delle colombe. Come sei bello, mio diletto, e anche amabile! Per di più il nostro letto è verdeggiante. Le travi delle nostre case sono cedri e i nostri soffitti di cipresso. Io sono la rosa di Sharom il giglio, delle valli. Come un giglio tra le spine, cosí è l’amica mia tra le fanciulle. Come un melo fra gli alberi del bosco, cosí è il mio diletto fra i giovani. Ho grandemente desiderato di stare alla sua ombra e là mi sono seduta, e il suo frutto era dolce al mio palato. Mi ha condotto nella casa del banchetto, e il suo vessillo su di me è amore. Sostenetemi con focacce d’uva, ristoratemi con pomi, perché io sono malata d’amore. La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia. Io vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per le gazzelle e per le cerve dei campi, non destate e non svegliate l’amore mio, finché cosí le piace. Ecco la voce del mio diletto! Ecco, egli viene saltando sui monti, balzando sui colli. Il mio diletto è simile a una gazzella o ad un cerbiatto. Eccolo, egli sta dietro al nostro muro, guarda dalle finestre, lancia occhiate attraverso l’inferriata. Il mio dilettomi ha parlato e mi ha detto: »Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Poiché, ecco, l’inverno è passato, la pioggia è cessata, se n’è andata. I fiori appaiono sulla terra, il tempo del cantare è giunto, e nel nostro paese si ode la voce della tortora. Il fico mette fuori i suoi fichi acerbi, e le viti in fiore diffondono una soave fragranza. Alzati, amica mia, mia bella, e vieni. O mia colomba, che stai nelle fenditure delle rocce, nei nascondigli dei dirupi, fammi vedere il tuo viso, fammi udire la tua voce, perché la tua voce è piacevole, e il tuo viso è leggiadro«. Prendete le volpi, le piccole volpi che danneggiano le vigne, perchè le nostre vigne sono in fiore. Il mio diletto è mio, e io sono sua; egli pascola il gregge fra i gigli, Prima che spiri la brezza del giorno e le ombre fuggano, ritorna, o mio diletto, e sii come una gazzella o un cerbiatto sui monti che ci separano. Sul mio letto durante la notte, ho cercato colui che il mio cuore ama; ho cercato, ma non l’ho trovato, Ora mi alzerò e andrò attorno per la città; per le strade e per le piazze cercherò colui che il mio cuore ama. L’ho cercato, ma non l’ho trovato. Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno incontrata. Ho chiesto loro: »Avete visto colui che il mio cuore ama?«. Le avevo appena oltrepassate, quando trovai colui che il mio cuore ama. L’ho stretto saldamente e non intendo lasciarlo finché non l’avrò condotto in casa di mia madre e nella camera di colei che mi ha concepito. Vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, per le gazzelle e per le cerve dei campi, non destate e non svegliate l’amore mio finché cosí le piace. Chi è costei che sale dal deserto, come colonne di fumo, profumata di mirra e d’incenso, e d’ogni polvere aromatica dei mercanti? Ecco il letto di Salomone, intorno al quale stanno sessanta uomini valorosi, dei prodi d’Israele. Tutti maneggiano la spada, sono esperti nella guerra; ognuno porta la sua spada al fianco per gli spaventi notturni. Il re Salomone si è fatto una lettiga con legno del Libano. Ha fatto le sue colonne d’argento, la sua spalliera d’oro, il suo seggio di porpora; il suo interno è ricamato con amore dalle figlie di Gerusalemme. Uscite, figlie di Sion, mirate il re Salomone con la corona di cui l’ha incoronato sua madre, nel giorno delle sue nozze, nel giorno dell’allegrezza del suo cuore. Come sei bella, amica mia, come sei bella! I tuoi occhi dietro al tuo velo sono come quelli delle colombe; i tuoi capelli sono come un gregge di capre, che pascolano sul monte Galaad. I tuoi denti sono come un gregge di pecore tosate, che tornano dal lavatoio; tutte hanno gemelli, e nessuna di esse è sterile, Le tue labbra sono come un filo di scarlatto, e la tua bocca è graziosa; le tue tempie dietro al tuo velo sono come uno spicchio di melagrana. Il tuo collo è come la torre di Davide, costruita per un’armeria, su cui sono appesi mille scudi, tutti scudi di uomini valorosi. Le tue due mammelle sono come due cerbiatti, gemelli di gazzella, che pascolano fra i gigli. Prima che spiri la brezza del giorno e le ombre fuggano, me ne andrò al monte della mirra e al colle dell’incenso. Tu sei tutta bella, amica mia, e non c’è in te alcun difetto. Vieni con me dal Libano, o mia sposa vieni con me dal Libano! Guarda dalla sommità dell’Amana, dalla sommità del Senir e dell’Hermon, dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi. Tu mi hai rapito il cuore, o mia sorella sposa mia; tu mi hai rapito il cuore con un solo sguardo dei tuoi occhi, con uno solo dei monili del tuo collo. Quanto è piacevole il tuo amore, o mia sorella, sposa mia! Quanto migliore del vino è il tuo amore e la fragranza dei tuoi olii profumati è piú soave di tutti gli aromi! O sposa mia, le tue labbra stillano come un favo di miele, miele e latte sono sotto la tua lingua, e la fragranza delle tue vesti è come la fragranza del Libano. La mia sorella, la mia sposa è un giardino chiuso, una sorgente chiusa, una fonte sigillata. I tuoi germogli sono un giardino di melograni con frutti squisiti, piante di alcanna con nardo, nardo e croco, cannella e cinnamomo, con ogni specie di alberi d’incenso, mirra ed aloe, con tutti i migliori aromi. Tu sei una fonte di giardini, un pozzo di acque vive, ruscelli che scaturiscono dal Libano. Lèvati, aquilone, e vieni, austro, soffia sul mio giardino, e i suoi aromi si effondano! Entri il mio diletto nel suo giardino e ne mangi i frutti squisiti! Sono entrato nel mio giardino, o mia sorella, sposa mia, ho colto la mia mirra col mio balsamo; ho mangiato il mio favo col mio miele, ho bevuto il mio vino col mio latte. Amici, mangiate, bevete; sí inebriatevi, o diletti! Io dormivo, ma il mio cuore vegliava. Sento la voce del mio diletto, che picchia e dice: »Aprimi, sorella mia, amica mia, colomba mia, mia perfetta, perché il mio capo è pieno di rugiada, e i miei riccioli di gocce della notte«. Mi sono tolta la veste, come me la rimetterei? Mi sono lavata i piedi, come li sporcherei di nuovo? Il mio diletto ha messo la mano nel buco della porta, e le mie viscere si sono commosse per lui. Mi sono alzata per aprire al mio diletto, e le mie mani hanno stillato mirra, le mie dita mirra liquida, che scorreva sulla maniglia della serratura. Ho aperto al mio diletto, ma il mio diletto si era ritirato e se n’era andato. Il mio cuore veniva meno mentr’egli parlava. L’ho cercato, ma non l’ho trovato; ho chiamato, ma non mi ha risposto. Le guardie che vanno attorno per la città mi hanno trovata, mi hanno percossa, mi hanno ferita; le guardie delle mura mi hanno strappato il velo. Io vi scongiuro, o figlie di Gerusalemme, se trovate il mio diletto, che gli direte? Ditegli che sono malata d’amore. Che cos’è il tuo diletto piú di un altro diletto, o la piú bella fra le donne? Che cos’è il tuo diletto piú di un altro diletto perché ci scongiuri cosí? Il mio diletto è bianco e vermiglio, e si distingue fra diecimila. Il suo capo è oro finissimo, i suoi riccioli sono crespi, neri come il corvo. I suoi occhi sono come colombe presso ruscelli d’acqua, lavati nel latte, propriamente incastonati come una pietra preziosa in un anello. Le sue guance sono come un’aiuola di balsamo, come aiuole di erbe aromatiche; le sue labbra sono gigli, che stillano mirra liquida. Le sue mani sono anelli d’oro, tempestate di pietre preziose, il suo ventre è avorio lucente, ricoperto di zaffiri. Le sue gambe sono colonne di marmo, fondate su basi d’oro puro. Il suo aspetto è come il Libano, maestoso come i cedri. La sua bocca è la dolcezza stessa, sí, egli è attraente in tutto. Questo è il mio diletto, questo è il mio amico, o figlie di Gerusalemme. Dov’è andato il tuo diletto, o la piú bella fra le donne? Dove si è recato il tuo diletto, perché lo possiamo cercare con te? Il mio diletto è sceso nel suo giardino, nelle aiuole di balsamo a pascolare il gregge nei giardini e a cogliere gigli. Io sono del mio diletto, e il mio diletto è mio; egli pascola il gregge fra i gigli. Amica mia, tu sei bella come Tirtsah, leggiadra come Gerusalemme, tremenda come un esercito a bandiere spiegate. Distogli da me i tuoi occhi, perché mi turbano. I tuoi capelli sono come un gregge di capre, che pascolano sul monte Galaad. I tuoi denti sono come un gregge di pecore, che tornano dal lavatoio, tutte hanno gemelli e nessuna di esse è sterile, Le tue tempie dietro al tuo velo sono come uno spicchio di melagrana. Ci sono sessanta regine e ottanta concubine, e fanciulle senza numero. Ma la mia colomba, la mia perfetta, è unica; è l’unica di sua madre, la prescelta di colei che l’ha partorita. Le fanciulle l’hanno vista e l’hanno proclamata beata, sí, anche le regine e le concubine, e l’hanno lodata. Chi è costei che appare come l’alba, bella come la luna, pura come il sole, tremenda come un esercito a bandiere spiegate? Io sono discesa nel giardino dei noci per vedere le piante verdeggianti della valle, per vedere se le viti erano in fiore e i melograni mettevano le gemme. Non so come, ma il mio desiderio mi ha posta sui carri del mio nobile popolo. Ritorna, ritorna, o Shulammita, ritorna, ritorna, perché possiamo ammirarti. Che cosa vedete nella Shulammita? Come una danza a due schiere? Come sono belli i tuoi piedi nei calzari, o figlia di principe! Le curve dei tuoi fianchi sono come gioielli, opera di mano d’artista. Il tuo ombelico è una coppa rotonda, ove non manca mai vino aromatico. Il tuo ventre è un mucchio di grano, circondato di gigli. Le tue due mammelle sono come due cerbiatti, gemelli di gazzella. Il tuo collo è come una torre d’avorio; i tuoi occhi sono come le piscine di Heshbon presso la porta di Bath-Rabbim. Il tuo naso è come la torre del Libano, che guarda verso Damasco. Il tuo capo si eleva su di te come il Karmel e i capelli del tuo capo sono porpora; un re è fatto prigioniero dalle tue trecce. Come sei bella e come sei leggiadra, o amore mio, con tutte le tue delizie! La tua statura è simile alla palma, e le tue mammelle a grappoli. Ho detto: »Salirò sulla palma e afferrerò i suoi rami«. Siano le tue mammelle come i grappoli della vite, la fragranza del tuo alito come quello dei pomi, e i baci della tua bocca come un vino squisito, che scende dolcemente per il mio diletto, sfiorando delicatamente le labbra di chi dorme. Io sono del mio diletto, e il suo desiderio è verso di me. Vieni, mio diletto, usciamo nei campi, passiamo la notte nei villaggi! Alziamoci presto al mattino per andare nelle vigne e per vedere se la vite ha messo i germogli e i suoi fiori sono sbocciati, e se i melograni sono in fiore. Là ti darò il mio amore. Le mandragole, effondono la loro fragranza, e sulle nostre porte ci sono frutti squisiti di ogni genere, freschi e appassiti, che ho conservato per te, mio diletto. Oh, fossi tu come un mio fratello, allattato alle mammelle di mia madre! Trovandoti fuori ti bacerei, e nessuno mi disprezzerebbe. Ti condurrei e ti introdurrei in casa di mia madre; tu mi ammaestreresti e io ti darei da bere vino aromatico, del succo del mio melograno. La sua sinistra sia sotto il mio capo e la sua destra mi abbracci! O figlie di Gerusalemme, vi scongiuro non destate e non svegliate l’amore mio, finché cosí le piace. Chi è costei che sale dal deserto appoggiata al suo diletto? Ti ho svegliata sotto il melo, dove tua madre ti ha partorito, dove quella che ti ha partorito ti ha dato alla luce. Mettimi come un sigillo sul tuo cuore, come un sigillo sul tuo braccio; poiché l’amore è forte come la morte, la gelosia è dura come lo Sceol. Le sue fiamme sono fiamme di fuoco, una fiamma ardente. Le grandi acque non potrebbero spegnere l’amore, né i fiumi sommergerlo. Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in cambio dell’amore, sarebbe certamente disprezzato. Noi abbiamo una piccola sorella, che non ha ancora mammelle; che cosa faremo per la nostra sorella, nel giorno in cui si parlerà di lei? Se è un muro, costruiremo su di lei un palazzo d’argento; se è una porta, la rafforzeremo con tavole di cedro. Io sono un muro, e le mie mammelle sono come torri; perciò ai suoi occhi sono divenuta come colei che ha trovato pace. Salomone aveva una vigna a Baal-Hamon; egli affidò la vigna a dei guardiani, ognuno dei quali doveva portare come suo frutto mille sicli d’argento. La mia vigna, che è mia, sta davanti a me. Tu, Salomone, tieni pure i mille sicli, e i guardiani del suo frutto ne abbiano duecento. O tu che dimori nei giardini, i compagni stanno ascoltando la tua voce; fammela sentire. Fa’ presto, mio diletto e sii simile a una gazzella o a un cerbiatto, sui monti degli aromi!
La visione d’Isaia, figlio di Amots, che egli ebbe riguardo a Giuda, e a Gerusalemme ai giorni di Uzziah, di Jotham, di Achaz e di Ezechia re di Giuda. Udite, o cieli, e ascolta, o terra, perché l’Eterno ha parlato: »Ho allevato dei figli e li ho fatti crescere, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue riconosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone, ma Israele non ha conoscenza e il mio popolo non ha intendimento«. Guai, nazione peccatrice, popolo carico di iniquità, razza di malfattori, figli che operano perversamente! Hanno abbandonato l’Eterno, hanno disprezzato il Santo d’Israele, si sono sviati e voltati indietro. Perché volete essere ulteriormente colpiti? Vi ribellereste ancor di piú. Tutto il capo è malato, tutto il cuore langue. Dalla pianta del piede fino alla testa non vi è nulla di sano: solo ferite, lividure e piaghe aperte, che non sono state pulite né fasciate né lenite con olio. Il vostro paese è desolato, le vostre città arse dal fuoco, il vostro suolo lo divorano gli stranieri sotto i vostri occhi; è una desolazione come se fosse distrutto da stranieri. Cosí la figlia di Sion è rimasta come un capanno in una vigna, come una capanna in un campo di cocomeri, come una città assediata. Se l’Eterno degli eserciti non ci avesse lasciato un piccolo residuo, saremmo come Sodoma, assomiglieremmo a Gomorra. Ascoltate la parola dell’Eterno, o capi di Sodoma, prestate orecchio alla legge del nostro DIO, o popolo di Gomorra! »Che m’importa la moltitudine dei vostri sacrifici, dice l’Eterno. Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di bestie ingrassate; il sangue dei tori, degli agnelli e dei capri non lo gradisco. Quando venite a presentarvi davanti a me, chi ha richiesto questo da voi, che calpestiate i miei cortili? Smettete di portare oblazioni inutili; l’incenso, è per me un abominio; non posso sopportare i noviluni e i sabati, il convocare assemblee e l’iniquità assieme alle riunioni sacre. Io odio i vostri noviluni e le vostre feste solenni; sono un peso per me, sono stanco di sopportarle. Quando stendete le vostre mani, io nascondo i miei occhi da voi; anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto; le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete dalla mia presenza la malvagità delle vostre azioni, cessate di fare il male. Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova. Venite quindi e discutiamo assieme, dice l’Eterno, anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve; anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana. Se siete disposti a ubbidire, mangerete le cose migliori del paese; ma se rifiutate e vi ribellate, sarete divorati dalla spada«, perché la bocca dell’Eterno ha parlato. Come mai la città fedele è divenuta una prostituta? Era piena di rettitudine, la giustizia vi dimorava, ma ora vi abitano gli assassini. ll tuo argento è diventato scorie, il tuo vino è stato diluito con acqua. I tuoi principi sono ribelli e compagni di ladri; tutti amano regali e corrono dietro alle ricompense. Non fanno giustizia all’orfano, e la causa della vedova non giunge davanti a loro. Perciò il Signore, l’Eterno degli eserciti, il Potente d’Israele dice: »Ah, mi vendicherò dei miei avversari e farò vendetta dei miei nemici. Metterò nuovamente la mia mano su di te, ti purificherò delle tue scorie come con la soda e rimuoverò tutto il tuo piombo. Ristabilirò i tuoi giudici come erano all’inizio, e i tuoi consiglieri come erano al principio. Dopo questo, sarai chiamata" la città della giustizia," »la città fedele«. Sion sarà redenta mediante la rettitudine, e i suoi convertiti mediante la giustizia. Ma i ribelli e i peccatori saranno distrutti assieme, e quelli che abbandonano l’Eterno saranno sterminati. Allora avrete vergogna delle querce che avete amato e arrossirete dei giardini che avete scelto. Poiché sarete come una quercia dalle foglie appassite e come un giardino senz’acqua. L’uomo forte sarà come stoppia e la sua opera come una favilla; bruceranno insieme tutte e due e nessuno li spegnerà«. Parola che Isaia, figlio di Amots ebbe in visione riguardo a Giuda e a Gerusalemme. Negli ultimi giorni avverrà che il monte della casa dell’Eterno sarà stabilito in cima ai monti e si ergerà al di sopra dei colli, e ad esso affluiranno tutte le nazioni. Molti popoli verranno dicendo: »Venite, saliamo al monte dell’Eterno, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri«. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola dell’Eterno. Egli farà giustizia fra le nazioni e sgriderà molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri e le loro lance in falci; una nazione non alzerà piú la spada contro un’altra nazione e non insegneranno piú la guerra. O casa di Giacobbe, venite e camminiamo nella luce dell’Eterno! Poiché tu, o Eterno, hai abbandonato il tuo popolo, la casa di Giacobbe, perché sono pieni di pratiche orientali praticano la magia come i Filistei, stringono alleanze con i figli degli stranieri. Il loro paese è pieno d’argento e d’oro e i loro tesori sono senza fine, il loro paese è pieno di cavalli e i loro carri sono senza fine. Il loro paese è pieno di idoli; si prostrano davanti all’opera delle loro stesse mani, davanti a ciò che le loro dita hanno fatto. Perciò l’uomo comune è umiliato e l’uomo eminente è abbassato, ma tu non li perdoni. Entra nella roccia e nasconditi nella polvere davanti al terrore dell’Eterno e davanti allo splendore della sua maestà. Lo sguardo altero dell’uomo sarà abbassato e l’orgoglio dei mortali sarà umiliato; soltanto l’Eterno sarà esaltato in quel giorno. Poiché il giorno dell’Eterno degli eserciti verrà contro tutto ciò che è orgoglioso ed altero, e contro tutto ciò che si innalza, per abbassarlo, contro tutti i cedri del Libano, alti ed elevati, e contro tutte le querce di Bashan, contro tutti gli alti monti e contro tutti i colli elevati, contro ogni torre eccelsa e contro ogni muro fortificato, contro tutte le navi di Tarshish, e contro tutte le cose piacevoli. L’alterigia dell’uomo sarà abbassata e l’orgoglio degli uomini eminenti sarà umiliato; soltanto l’Eterno sarà esaltato in quel giorno. Gli idoli saranno interamente aboliti. Gli uomini entreranno nelle caverne delle rocce e negli antri della terra davanti al terrore dell’Eterno e allo splendore della sua maestà, quando si leverà per far tremare la terra. In quel giorno gli uomini getteranno ai topi e ai pipistrelli i loro idoli d’argento e i loro idoli d’oro, che si erano fabbricati per adorarli, per entrare nelle fenditure delle rocce e nei crepacci delle rupi davanti al terrore dell’Eterno e davanti allo splendore della sua maestà, quando si leverà per far tremare la terra. Cessate di confidare nell’uomo, nelle cui narici non c’è che un soffio: quale conto si può fare di lui? Ecco, il Signore, l’Eterno degli eserciti, sta per togliere a Gerusalemme, e a Giuda ogni sostegno e appoggio, ogni sostegno di pane e ogni sostegno di acqua, il prode e il guerriero, il giudice e il profeta, l’indovino e l’anziano, il capo di una cinquantina e il notabile, il consigliere, l’esperto in arti magiche e l’abile incantatore. Darò loro dei ragazzi come principi, e dei bambini li domineranno. Il popolo sarà oppresso, l’uno dall’altro, e ognuno dal suo prossimo; il fanciullo sarà insolente verso il vecchio, lo spregevole verso l’uomo onorato. Uno afferrerà il proprio fratello nella casa di suo padre e dirà: »Tu hai un mantello, sii nostro capo e prenditi cura di questa rovina«. Ma in quel giorno egli dichiarerà solennemente, dicendo: »Io non fascerò le vostre ferite, perché in casa mia non c’è né pane né mantello; non fatemi capo del popolo«. Gerusalemme infatti barcolla e Giuda cade, perché la loro lingua e le loro opere sono contro l’Eterno, per provocare ad ira lo sguardo della sua maestà. La loro parzialità con le persone testimonia contro di essi; mettono in mostra il loro peccato come Sodoma e non lo nascondono. Guai a loro, perché fanno del male a se stessi. Dite al giusto che avrà bene, perché mangerà il frutto delle sue opere. Guai all’empio! Gli verrà addosso la sventura, perché gli sarà reso quel che le sue mani hanno fatto. Gli oppressori del mio popolo sono fanciulli, e donne dominano su di lui. O mio popolo, quelli che ti guidano ti conducono fuori strada e distruggono il sentiero che tu percorri. L’Eterno si presenta per accusare e prende posto per giudicare i popoli. L’Eterno entra in giudizio con gli anziani, del suo popolo e con i suoi principi: »Siete voi che avete divorato la vigna; le spoglie del povero si trovano nelle vostre case. Quale diritto avete di calpestare il mio popolo e di pestare la faccia dei poveri?«, dice il Signore, l’Eterno degli eserciti. L’Eterno dice ancora: »Poiché le figlie di Sion sono altezzose e procedono con il collo teso e con sguardi provocanti, camminando a piccoli passi e facendo tintinnare gli anelli ai loro piedi, il Signore colpirà con la scabbia la sommità del capo delle figlie di Sion, e l’Eterno metterà a nudo le loro vergogne«. In quel giorno il Signore toglierà l’ornamento degli anelli alle caviglie, i cappellini e le lunette, gli orecchini, i braccialetti e i veli, i turbanti, le catenine ai piedi, le cinture, i vasetti di profumo e gli amuleti, gli anelli, i gioielli al naso, gli abiti da festa, le mantelline, gli scialli e le borsette, gli specchi, le camicette, i cappucci e le vestaglie. E avverrà che invece di profumo vi sarà marciume, invece della cintura una corda, invece di riccioli calvizie, invece di una veste costosa un sacco stretto, un marchio di fuoco invece di bellezza. I tuoi uomini cadranno di spada, e i tuoi prodi in battaglia. Le sue porte gemeranno e saranno in lutto; tutta desolata siederà per terra. In quel giorno sette donne afferreranno un uomo e diranno: »Noi mangeremo il nostro pane e ci vestiremo delle nostre vesti; soltanto, lasciaci portare il tuo nome, per togliere la nostra vergogna«. In quel giorno il germoglio, dell’Eterno sarà tutto splendore e gloria, e il frutto della terra sarà l’orgoglio e l’ornamento per gli scampati d’Israele. Ed avverrà che chi sarà rimasto in Sion e chi sarà superstite in Gerusalemme, sarà chiamato santo, cioè chiunque in Gerusalemme sarà iscritto tra i vivi. Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà eliminato il sangue dal mezzo di Gerusalemme col soffio di giudizio e col soffio di sterminio, allora l’Eterno creerà su ogni dimora del monte Sion e sulle sue assemblee una nuvola di fumo durante il giorno, e uno splendore di fuoco fiammeggiante durante la notte, perché su tutta la gloria vi sarà una protezione. E vi sarà una tenda per far ombra contro il caldo di giorno, e per servire di rifugio e di asilo contro la tempesta e la pioggia. Voglio cantare per il mio diletto un cantico del mio amico circa la sua vigna. Il mio diletto aveva una vigna su una collina molto fertile. La circondò con una siepe, ne tolse via le pietre, vi piantò viti di ottima qualità, vi costruí in mezzo una torre e vi scavò un torchio. Egli si aspettava che producesse uva buona, invece fece uva selvatica. Or dunque, o abitanti di Gerusalemme e uomini di Giuda, giudicate fra me e la mia vigna. Che cosa si sarebbe potuto ancora fare alla mia vigna che io non vi abbia già fatto? Perché, mentre io mi aspettavo che producesse uva buona, essa ha fatto uva selvatica? Ma ora vi farò sapere ciò che sto per fare alla mia vigna: rimuoverò la sua siepe e sarà interamente divorata, abbatterò il suo muro e sarà calpestata. La ridurrò a un deserto: non sarà né potata né zappata, ma vi cresceranno rovi e spine; e comanderò alle nubi di non farvi cadere alcuna pioggia. Or la vigna dell’Eterno degli eserciti è la casa d’Israele, e gli uomini di Giuda sono la piantagione della sua delizia. Egli si aspettava rettitudine ed ecco spargimento di sangue, giustizia ed ecco grida di angoscia. Guai a quelli che aggiungono casa a casa, che uniscono campo a campo, finché non vi sia piú spazio, e cosi rimaniate soli ad abitare in mezzo al paese. Alle mie orecchie l’Eterno degli eserciti ha giurato: »In verità molte case diventeranno una desolazione, grandi e belle case rimarranno senza abitanti«. Poiché dieci iugeri di vigna produrranno solo un bato, e un homer di seme produrrà solo un’efa. Guai a quelli che si alzano al mattino presto per correre dietro a bevande inebrianti e si attardano fino a sera finche il vino li infiammi! Nei loro banchetti vi è la cetra, l’arpa, il tamburello, il flauto e il vino, ma non prestano attenzione all’opera dell’Eterno e non considerano ciò che ha fatto con le sue mani. Perciò il mio popolo va in cattività per mancanza di conoscenza, la sua nobiltà muore di fame e la sua folla sarà arsa dalla sete. Perciò lo Sceol, ha dilatato le sue fauci e ha aperto in modo smisurato la sua bocca, e in esso scenderanno la sua gloria, la sua folla, il suo frastuono e chi in essa festeggia. L’uomo comune sarà umiliato, l’uomo importante sarà abbassato e gli occhi dei superbi saranno umiliati. Ma l’Eterno degli eserciti sarà esaltato nel giudizio, e il Dio santo si mostrerà santo nella giustizia. Allora gli agnelli pascoleranno come nei loro pascoli e gli stranieri divoreranno i campi deserti dei ricchi. Guai a quelli che tirano l’iniquità con corde di falsità e il peccato come con corde da carro, e dicono: »Faccia presto, realizzi l’opera sua, affinché la possiamo vedere. Si avvicini e si compia il disegno del Santo d’Israele, affinché lo possiamo conoscere«. Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l’amaro in dolce e il dolce in amaro! Guai a quelli che sono saggi ai loro occhi e intelligenti davanti a loro stessi! Guai ai campioni nel bere il vino e abili nel mescolare bevande inebrianti, che assolvono il malvagio per un regalo e privano il giusto del suo diritto!. Perciò, come una lingua di fuoco divora la stoppia e la fiamma consuma la paglia, cosí la loro radice sarà come marciume e il loro fiore sarà portato via come polvere, perché hanno rigettato la legge dell’Eterno degli eserciti e hanno disprezzato la parola del Santo d’Israele. Per questo l’ira dell’Eterno si è accesa contro il suo popolo; egli ha steso la sua mano contro di lui e lo ha colpito cosí i monti hanno tremato e i loro cadaveri giacciono come spazzatura in mezzo alle strade; malgrado ciò la sua ira non si è placata e la sua mano rimane distesa. Egli alzerà una bandiera per le nazioni lontane e fischierà loro dalle estremità della terra, ed ecco, esse verranno velocemente e prontamente. Nessuno fra esse sarà stanco o vacillerà, nessuno sonnecchierà o dormirà, la cintura dei loro lombi, non si scioglierà, né si romperà il legaccio dei loro calzari. Le loro frecce sono acuminate e tutti i loro archi sono tesi; gli zoccoli dei loro cavalli sembreranno pietre e le ruote dei loro carri un turbine. Il loro ruggito sarà come quello di un leone, ruggiranno come leoncelli; sí, ruggiranno, afferreranno la preda e la porteranno via al sicuro e nessuno gliela strapperà. In quel giorno ruggiranno contro Giuda, come rugge il mare; a guardare il paese, ecco tenebre e angoscia, e la luce sarà oscurata dalle nuvole. Nell’anno della morte del re Uzziah, io vidi il Signore assiso sopra un trono alto ed elevato, e i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno di essi aveva sei ali: con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava. L’uno gridava all’altro e diceva: »Santo, santo, santo è l’Eterno degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria«. Gli stipiti della porta furono scossi dalla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempí di fumo. Allora io dissi: »Ahimé! Io sono perduto, perché sono un uomo dalle labbra impure e abito in mezzo a un popolo dalle labbra impure; eppure i miei occhi hanno visto il Re, l’Eterno degli eserciti«. Allora uno dei serafini volò verso di me, tenendo in mano un carbone ardente, che aveva preso con le molle dall’altare. Con esso mi toccò la bocca e disse: »Ecco, questo ha toccato le tue labbra, la tua iniquità è rimossa e il tuo peccato è espiato«. Poi udii la voce del Signore che diceva: »Chi manderò e chi andrà per noi?«. Io risposi: »Eccomi, manda me!«. Allora egli disse: »Va’ e di’ a questo popolo: Ascoltate pure, ma senza comprendere, guardate pure, ma senza discernere! Rendi insensibile il cuore di questo popolo, indurisci i suoi orecchi e chiudi i suoi occhi, affinché non veda con i suoi occhi, né oda con i suoi orecchi né intenda con il suo cuore, e cosí si converta e sia guarito«. Io dissi: »Fino a quando, Signore?«. Egli rispose: »Finché le città siano devastate e senza abitanti, le case siano senza alcun uomo e il paese sia devastato e desolato e finché l’Eterno abbia allontanato la gente e vi sia un grande abbandono in mezzo al paese. Rimarrà ancora un decimo della popolazione, ma a sua volta sarà distrutto come però al terebinto e alla quercia, quando sono abbattuti rimane il ceppo, così una progenie santa sarà il suo ceppo«. Or avvenne ai giorni di Achaz figlio di Jotham, figlio di Uzziah, re di Giuda, che Retsin re di Siria, e Pekah figlio di Remaliah, re d’Israele, salirono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono ad espugnarla. Fu perciò riferito alla casa di Davide, dicendo: »I Siri si sono accampati in Efraim«. Cosí il cuore di Achaz e il cuore del suo popolo tremarono, come tremano gli alberi della foresta per il vento. Allora l’Eterno disse a Isaia: »Va’ incontro ad Achaz, tu e tuo figlio Scear-Jashub, all’estremità del canale della piscina superiore sulla strada del campo del lavandaio, e digli: Guarda di star tranquillo, non aver paura e il tuo cuore non venga meno a motivo di questi due mozziconi di tizzoni fumanti, per l’ira ardente di Retsin e della Siria, e del figlio di Remaliah. Poiché la Siria, Efraim e il figlio di Remaliah hanno ideato del male contro di te, dicendo: Saliamo contro Giuda, terrorizziamolo, apriamoci una breccia nelle sue mura e stabiliamo come re nel suo mezzo il figlio di Tabeel"«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Questo non avverrà, non succederà, perché la capitale della Siria è Damasco e il capo di Damasco è Retsin. Fra sessantacinque anni Efraim sarà fatto a pezzi e non sarà piú popolo. La capitale di Efraim è Samaria, e il capo di Samaria è il figlio di Remaliah. Se non credete, certamente non sarete resi stabili«. L’Eterno parlò di nuovo ad Achaz gli disse: »Chiedi per te un segno all’Eterno, il tuo DIO; chiedilo o nelle profondità o nelle altezze«. Ma Achaz rispose: »Io non chiederò nulla, non voglio tentare l’Eterno«. Allora Isaia disse: »Ascoltate ora, o casa di Davide! E forse poca cosa per voi lo stancare gli uomini, che volete stancare anche il mio DIO? Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele Egli mangerà panna e miele fino a quando sappia rigettare il male e scegliere il bene. Ma prima che il fanciullo sappia rigettare il male e scegliere il bene, il paese che temi a motivo dei suoi due re sarà abbandonato. L’Eterno farà venire il re di Assiria su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre dei giorni quali non vennero da quando Efraim si separò da Giuda. In quel giorno avverrà che l’Eterno fischierà alle mosche che sono all’estremità dei fiumi d’Egitto, e alle api che sono nel paese di Assiria. Esse verranno e si poseranno tutte nelle valli desolate, nelle fenditure delle rocce, su tutti i cespugli spinosi e su tutti i pascoli. In quel giorno il Signore con un rasoio preso a nolo oltre il Fiume, cioè con il re di Assiria, raderà la testa e i peli delle gambe, e raschierà via anche la barba. In quel giorno avverrà che uno manterrà una giovane vacca e due pecore, e per l’abbondanza del latte che daranno, egli mangerà panna, perché panna e miele mangeranno tutti i superstiti lasciati in mezzo al paese. In quel giorno ogni luogo dove ci potevano essere mille viti del valore di mille sicli d’argento, diventerà preda dei rovi e dei pruni. Vi si entrerà con frecce e arco, perché tutto il paese sarà rovi e pruni. E su tutti i colli che erano dissodati con la zappa non si passerà piú per paura dei rovi e dei pruni; saranno un luogo dove si manderanno i buoi e che sarà calpestato dalle pecore«. L’Eterno mi disse: »Prenditi una tavoletta grande e scrivici sopra con caratteri ordinari: »Maher-Shalal-Hashbaz««. Allora presi con me, come testimoni fidati per testimoniare, il sacerdote Uria e Zaccaria, figlio di Jeberekiah. Mi unii pure alla profetessa, ed ella concepí e diede alla luce un figlio. Allora l’Eterno mi disse: »Chiamalo Mahershalal-Hash-Baz; poiché prima che il bambino sappia dire: »padre mio« o »madre mia« le ricchezze di Damasco e il bottino di Samaria saranno portati davanti al re di Assiria«. L’Eterno mi parlò ancora e mi disse: »Poiché questo popolo ha disprezzato le acque di Siloe, che scorrono dolcemente e si rallegra a motivo di Retsin e del figlio di Remaliah, perciò ecco, il Signore farà salire su di loro le acque del Fiume, possenti e copiose, cioè il re di Assiria e tutta la sua gloria; si eleverà sopra tutti i suoi canali e strariperà da tutte le sue sponde. Passerà attraverso Giuda, strariperà e passerà oltre fino ad arrivare al collo, e le sue ali spiegate copriranno tutta l’estensione del tuo paese, o Emmanuele. Associatevi pure tumultuosamente, o popoli, ma sarete frantumati; ascoltate, o voi tutti paesi lontani. Cingetevi pure, ma sarete frantumati; cingetevi pure, ma sarete frantumati. Fate pure dei piani, ma saranno sventati. Proferite una parola, ma non si realizzerà, perché Dio è con noi« Poiché cosí mi ha parlato l’Eterno con mano potente e mi ha avvertito di non camminare per la via di questo popolo, dicendo: »Non chiamate congiura tutto ciò che questo popolo chiama congiura, non temete ciò che esso teme e non spaventatevi. L’Eterno degli eserciti, lui dovete santificare. Sia lui il vostro timore, sia lui il vostro spavento«. Egli sarà un santuario, ma anche una pietra d’intoppo, una roccia d’inciampo per le due case d’Israele, un laccio una trappola per gli abitanti di Gerusalemme. Tra di loro molti inciamperanno, cadranno, saranno infranti rimarranno nel laccio e saranno presi. »Chiudi questa testimonianza, sigilla questa legge fra i miei discepoli«. Io aspetto l’Eterno, che nasconde la sua faccia alla casa di Giacobbe, e spero in lui. Ecco, io e i figli che l’Eterno mi ha dato, siamo segni e presagi in Israele, da parte dell’Eterno degli eserciti, che dimora sul monte Sion. Se vi si dice: »Consultate i medium e I maghi, che sussurrano e bisbigliano«, rispondete: »Non deve un popolo consultare il suo DIO? Deve forse rivolgersi ai morti per conto dei vivi?«. Attenetevi alla legge e alla testimonianza! Se un popolo non parla in questo modo, è perché in esso non c’è luce. Si aggirerà per il paese affranto e affamato; e quando sarà affamato si irriterà e maledirà il suo re e il suo DIO. Volgerà lo sguardo in alto, poi lo volgerà verso la terra, ed ecco calamità, tenebre, oscurità piena di angoscia, e sarà sospinto nelle piú fitte tenebre. (8:23) Ma le tenebre non dureranno sempre su colei che ora è nell’angoscia. Come nei tempi passati egli ha coperto di obbrobrio il paese di Zabulon, e il paese di Neftali, cosí in avvenire coprirà di gloria la terra vicina al mare, oltre il Giordano, la Galilea dei gentili. (9:1) Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano nel paese dell’ombra della morte, si è levata una luce. (9:2) Tu hai accresciuto la nazione, hai aumentato la loro gioia; essi gioiscono davanti a te come si gioisce alla mietitura, e come si giubila quando si divide il bottino. (9:3) Poiché tu hai spezzato il giogo che gravava su di lui, il bastone sulle sue spalle e la verga di chi l’opprimeva, come nel giorno di Madian. (9:4) Poiché ogni calzatura di guerriero nella mischia e ogni mantello rotolato nel sangue, sarà destinato ad essere arso e sarà esca del fuoco. (9:5) Poiché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato. Sulle sue spalle riposerà l’impero, e sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno. Principe della pace. (9:6) Non ci sarà fine all’incremento del suo impero e pace sul trono di Davide e sul suo regno, per stabilirlo fermamente e rafforzarlo mediante il giudizio e la giustizia, ora e sempre. Questo farà lo zelo dell’Eterno degli eserciti. (9:7) Il Signore manda una parola contro Giacobbe, ed essa è caduta (9:8) Tutto il popolo la conoscerà, Efraim e gli abitanti di Samaria, che nel loro orgoglio e arroganza di cuore dicono: (9:9) »I mattoni sono caduti, ma noi ricostruiremo con pietre squadrate; i sicomori sono stati tagliati, ma noi li sostituiremo con cedri«. (9:10) Per questo l’Eterno susciterà contro di lui gli avversari di Retsin e spronerà i suoi nemici: (9:11) i Siri dall’oriente, i Filistei dall’occidente, che divoreranno Israele a bocca spalancata. Malgrado tutto ciò la sua ira non si calma e la sua mano rimane distesa. (9:12) Tuttavia il popolo non torna a colui che lo colpisce e non cerca l’Eterno degli eserciti. (9:13) Perciò l’Eterno reciderà da Israele capo e coda, ramo di palma e giunco in un solo giorno. (9:14) L’anziano, e il notabile sono il capo, e il profeta che insegna la menzogna è la coda. (9:15) Quelli che guidano questo popolo lo fanno sviare, e quelli che sono da loro guidati sono divorati. (9:16) Perciò l’Eterno non si compiacerà dei suoi giovani, né avrà compassione dei suoi orfani e delle sue vedove, perché tutti sono ipocriti e perversi, e ogni bocca proferisce follia. Malgrado tutto ciò la sua ira non si calma e la sua mano rimane distesa. (9:17) Poiché la malvagità arde come un fuoco, che divora rovi e pruni e divampa nel folto della foresta, che salgono quindi in alto come una colonna di fumo. (9:18) Per l’ira dell’Eterno degli eserciti il paese brucia e il popolo è come esca per il fuoco; nessuno ha pietà del proprio fratello. (9:19) Si strappa via a destra, ma si è ancora affamati; si divora a sinistra, ma non ci si sazia; ognuno divora la carne del proprio braccio: (9:20) Manasse, divora Efraim, ed Efraim Manasse; e insieme sono contro Giuda. Malgrado tutto ciò la sua ira non si calma e la sua mano rimane distesa Guai a quelli che promulgano decreti iniqui e a quelli che continuano a redigere sentenze ingiuste per negare giustizia ai miseri, per spogliare del diritto i poveri del mio popolo, e far cosí delle vedove la loro preda e degli orfani il loro bottino. Che farete nel giorno del castigo e della distruzione che verrà da lontano? Da chi fuggirete in cerca di aiuto e a chi lascerete la vostra ricchezza? Non resterà loro che curvarsi fra i prigionieri o cadere fra gli uccisi. Malgrado tutto ciò la sua ira non si calma e la sua mano rimane distesa. Guai all’Assiria, la verga della mia ira nelle cui mani c’è il bastone della mia indignazione! Io la manderò contro una nazione empia e contro il popolo della mia ira. Le comanderò di saccheggiarlo, di depredarlo e di calpestarlo come il fango delle strade. Essa però non intende cosí e nel suo cuore non pensa cosí, ma ha in cuore di distruggere e di sterminare un gran numero di nazioni. Infatti dice: »I miei principi non sono tutti quanti re? Non è Kalno come Karkemish? Non è Hamath come Arpad? Non è Samaria come Damasco? Come la mia mano ha raggiunto i regni degli idoli le cui immagini scolpite erano piú numerose di quelle di Gerusalemme e di Samaria, come ho fatto a Samaria e ai suoi idoli, non farò pure cosí a Gerusalemme e ai suoi idoli?«. Ma avverrà che, quando il Signore avrà portato a termine tutta la sua opera sul monte Sion e a Gerusalemme, egli dirà: »Io punirò il frutto dell’alterigia del cuore del re di Assiria e la gloria dei suoi occhi alteri«. Infatti egli dice: »L’ho fatto con la forza della mia mano e con la mia sapienza, perché sono intelligente, ho rimosso i confini dei popoli, ho depredato i loro tesori e come uomo potente ho deposto quelli che erano sul trono. La mia mano ha trovato come un nido le ricchezze dei popoli, come uno raccoglie delle uova abbandonate, cosí io ho raccolto la terra intera e non ci fu nessuno che abbia mosso le ali, o abbia aperto il becco e pigolato«. La scure si gloria forse con chi taglia con essa o si fa grande la sega con chi la maneggia? Come se la verga dovesse dirigere colui che la alza, o come se il bastone potesse alzarsi come se non fosse legno! Perciò il Signore, l’Eterno degli eserciti, manderà la consunzione tra le sue schiere piú valide, e al posto della sua gloria egli accenderà un fuoco, come il fuoco di un incendio. Cosí la luce d’Israele diventerà un fuoco e il suo Santo una fiamma, che arderà e divorerà i suoi rovi e i suoi pruni in un sol giorno. Egli consumerà la gloria della sua foresta e della sua fertile campagna dall’anima fino al corpo; sarà come un ammalato che viene meno. Il resto degli alberi della sua foresta sarà ridotto a un numero cosí esiguo che persino un bambino potrebbe farne il conto. In quel giorno avverrà che il residuo d’Israele e gli scampati della casa di Giacobbe non si appoggeranno piú su colui che li colpiva, ma si appoggeranno in verità sull’Eterno, il Santo d’Israele. Un residuo, il residuo di Giacobbe tornerà al Dio potente. Poiché, anche se il tuo popolo, o Israele, fosse come la sabbia del mare solo un suo residuo tornerà; lo sterminio decretato farà traboccare la giustizia. Infatti il Signore, l’Eterno degli eserciti, compirà lo sterminio decretato in mezzo a tutta la terra. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno degli eserciti: »O popolo mio, che abiti in Sion, non temere l’Assiro, che ti percuote con la verga e alza il suo bastone contro di te, come fece l’Egitto. Poiché ancora un breve tempo, e l’indignazione cesserà, mentre la mia ira si volgerà alla loro distruzione. L’Eterno degli eserciti leverà contro di lui la sferza, come quando colpí Madian al masso di Horeb; e come distese il suo bastone sul mare, cosí lo alzerà ancora come fece in Egitto. In quel giorno avverrà che il suo carico sarà allontanato dalle tue spalle e il suo giogo dal tuo collo; il giogo sarà distrutto dall’unzione dell’olio«. Egli arriva a Aiath, oltrepassa Migron, depone i suoi bagagli a Mikmash. Valicano il passo, si accampano a Gheba; Ramah trema, Ghibeah di Saul è fuggita. Alza la tua voce, o figlia di Gallim! Presta attenzione, o Laish! Povera Anathoth! Madmenah è fuggita, gli abitanti di Ghebim cercano un rifugio. Tuttavia oggi farà sosta a Nob, agitando il pugno contro il monte della figlia di Sion, la collina di Gerusalemme. Ecco, il Signore, l’Eterno degli eserciti, stroncherà i rami con terribile violenza; i piú alti saranno tagliati, i piú altezzosi saranno abbassati. Egli abbatterà con la scure il folto della foresta, e il Libano cadrà sotto i colpi del Potente. Poi un ramoscello uscirà dal tronco di Isai e un germoglio spunterà dalle sue radici. Lo Spirito dell’Eterno riposerà su lui: spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di potenza, spirito di conoscenza e di timore dell’Eterno. Il suo diletto sarà nel timore dell’Eterno, non giudicherà secondo le apparenze, non darà sentenze per sentito di re, ma giudicherà i poveri con giustizia e farà decisioni eque per gli umili del paese. Colpirà il paese con la verga della sua bocca e col soffio delle sue labbra farà morire l’empio. La giustizia sarà la cintura dei suoi lombi, e la fedeltà la cintura dei suoi fianchi. Il lupo abiterà con l’agnello e il leopardo giacerà col capretto; il vitello, il leoncello e il bestiame ingrassato, staranno insieme e un bambino li guiderà. La vacca pascolerà con l’orsa, i loro piccoli giaceranno insieme, e il leone si nutrirà di paglia come il bue. Il lattante giocherà sulla buca dell’aspide, e il bambino divezzato metterà la sua mano nel covo della vipera. Non si farà né male né distruzione su tutto il mio monte santo, poiché il paese sarà ripieno della conoscenza dell’Eterno, come le acque ricoprono il mare. In quel giorno avverrà che la radice di Isai si ergerà come una bandiera per i popoli; le nazioni lo cercheranno, e il luogo del suo riposo, sarà glorioso. In quel giorno avverrà che il Signore stenderà la sua mano una seconda volta per riscattare il residuo del suo popolo superstite dall’Assiria e dall’Egitto, da Pathros e dall’Etiopia, da Elam, da Scinar e da Hamath e dalle isole del mare. Egli alzerà il vessillo per le nazioni, raccoglierà gli espulsi d’Israele e radunerà i dispersi di Giuda dai quattro angoli della terra. La gelosia di Efraim scomparirà e gli avversari di Giuda saranno annientati; Efraim non invidierà piú Giuda e Giuda non sarà piú ostile ad Efraim. Essi piomberanno a volo sulle spalle dei Filistei verso occidente, insieme saccheggeranno i figli dell’oriente; metteranno le loro mani su Edom, e su Moab, e i figli di Ammon saranno loro sudditi. L’Eterno distruggerà interamente la lingua del mare d’Egitto, e con la potenza del suo soffio agiterà la sua mano sul fiume e lo colpirà dividendolo in sette canali, cosí da poterlo attraversare con i sandali. Vi sarà una strada per il residuo del suo popolo rimasto in Assiria, come ce ne fu una per Israele il giorno che uscí dal paese d’Egitto. In quel giorno dirai: »Io ti celebro, o Eterno. Anche se ti eri adirato con me, la tua ira si è calmata e mi hai consolato. Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia e non avrò paura, perché l’Eterno, sí, l’Eterno è la mia forza e il mio cantico, ed è stato la mia salvezza«. Voi attingerete con gioia l’acqua dalle fonti della salvezza. In quel giorno direte: »Celebrate l’Eterno, invocate il suo nome, fate conoscere le sue opere tra i popoli, proclamate che il suo nome è eccelso! Cantate lodi all’Eterno, perché ha fatto cose grandiose; questo sia noto in tutta la terra. Grida ed esulta di gioia, o abitatrice di Sion, perché grande è in mezzo a te il Santo d’Israele«. Profezia su Babilonia, data in visione a Isaia, figlio di Amots. »Issate una bandiera su un alto monte, alzate la voce verso di loro, agitate la mano perché entrino nelle porte dei principi. Io ho dato ordini a quelli che sono a me consacrati, ho chiamato i miei prodi per eseguire la mia ira, quelli che esultano nella mia grandezza. C’è il rumore di una grande moltitudine sui monti, simile a quello di un popolo immenso; il rumore tumultuoso di regni, di nazioni radunate. L’Eterno degli eserciti passa in rassegna l’esercito per la battaglia. Vengono da un paese lontano, dalla estremità dei cieli, l’Eterno e gli strumenti della sua ira, per distruggere tutta la terra. Urlate, perché il giorno dell’Eterno è vicino; esso viene come una devastazione da parte dell’Onnipotente. Perciò tutte le mani saranno fiacche e ogni cuor d’uomo verrà meno. Saranno colti da spavento, spasimi e dolori li prenderanno, si contorceranno come una partoriente, si guarderanno l’un l’altro sbigottiti, le loro facce saranno facce di fuoco. Ecco, il giorno dell’Eterno viene: giorno crudele, d’indignazione e d’ira ardente, per fare della terra un deserto e sterminare da essa i peccatori. Poiché le stelle del cielo e le loro costellazioni non faranno piú brillare la loro luce; il sole si oscurerà al suo sorgere e la luna non diffonderà piu la sua luce. Io punirò il mondo per la sua malvagità e gli empi per la loro iniquità; metterò fine all’alterigia dei superbi e abbatterò l’arroganza dei tiranni. Renderò l’uomo mortale piú raro dell’oro fino, l’umanità piú rara dell’oro di Ofir. Perciò farò tremare i cieli, e la terra sarà scossa dal suo luogo a causa dell’indignazione dell’Eterno degli eserciti nel giorno della sua ira ardente. Allora, come una gazzella inseguita o come un gregge che nessuno raduna, ognuno si volgerà verso il suo popolo, ognuno fuggirà al proprio paese. Chiunque sarà trovato sarà trafitto, e chiunque sarà preso cadrà di spada. I loro bambini saranno sfracellati davanti ai loro occhi, le loro case saranno saccheggiate e le loro mogli saranno violentate. Ecco, io suscito contro di essi i Medi che non penseranno all’argento e non prenderanno alcun piacere nell’oro. I loro archi atterreranno i giovani; non avranno pietà del frutto del grembo; il loro occhio non risparmierà i bambini. Cosí Babilonia, lo splendore dei regni, la gloria dell’orgoglio dei Caldei, sarà come Sodoma e Gomorra quando DIO le sovvertí. Essa non sarà mai piú abitata né popolata di generazione in generazione l’Arabo non vi pianterà piú la tenda, né i pastori vi faranno sostare le greggi. Ma vi riposeranno le fiere del deserto, le sue case saranno piene di gufi, vi dimoreranno gli struzzi vi danzeranno i satiri. Le iene ululeranno nelle sue case desolate, gli sciacalli nei suoi palazzi lussuosi. Il suo tempo si avvicina, i suoi giorni non saranno prolungati«. Poiché l’Eterno avrà pietà di Giacobbe, sceglierà ancora Israele e li ristabilirà sulla loro terra, gli stranieri si uniranno a loro e si stringeranno alla casa di Giacobbe. I popoli li prenderanno e li ricondurranno nel loro paese e la casa d’Israele li possederà nel paese dell’Eterno come servi e serve; faranno prigionieri quelli che li avevano fatti prigionieri e regneranno sui loro oppressori. Cosí nel giorno in cui l’Eterno ti avrà dato riposo dal tuo affanno, dalla tua agitazione e dalla dura schiavitú alla quale eri stato asservito, tu pronunzierai questa sentenza sul re di Babilonia e dirai: »Come è finito l’oppressore, l’esattrice d’oro è finita. L’Eterno ha spezzato il bastone degli empi, lo scettro dei despoti. Colui che nel suo furore percuoteva i popoli con colpi incessanti, colui che dominava con ira sulle nazioni è inseguito senza misericordia. Tutta la terra riposa tranquilla, la gente erompe in gridi di gioia. Perfino i cipressi e i cedri del Libano gioiscono per te e dicono: »Da quando sei atterrato, nessun tagliabosco è piú salito contro di noi«. Lo Sceol, di sotto è in agitazione per te, per farsi incontro al tuo arrivo; esso risveglia gli spiriti dei trapassati, tutti i principi della terra; ha fatto alzare dai loro troni tutti i re delle nazioni. Tutti prendono la parola per dirti: Anche tu sei diventato debole come noi e sei divenuto simile a noi. Il tuo fasto è precipitato nello Sceol assieme al suono delle tue arpe; sotto di te si stende un letto di vermi e i vermi sono la tua coperta Come mai sei caduto dal cielo, o Lucifero, figlio dell’aurora? Come mai sei stato gettato a terra, tu che atterravi le nazioni? Tu dicevi in cuor tuo: »Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio; mi siederò sul monte dell’assemblea, nella parte estrema del nord; salirò sulle parti piú alte delle nubi, sarò simile all’Altissimo". Invece sarai precipitato nello Sceol, nelle profondità della fossa, Quanti ti vedono ti guardano fisso, ti osservano attentamente e dicono: »E’ questo l’uomo che faceva tremare la terra, che scuoteva i regni, che ridusse il mondo come un deserto, distrusse le sue città e non lasciò mai andar liberi i suoi prigionieri?" Tutti i re delle nazioni, tutti quanti riposano in gloria, ciascuno nel proprio sepolcro; tu invece sei stato gettato lontano dalla tua tomba come un germoglio abominevole, come un vestito di uccisi trafitti colla spada, che scendono sui sassi della fossa, come un cadavere calpestato. Tu non sarai riunito a loro nella sepoltura, perché hai distrutto il tuo paese e hai ucciso il tuo popolo; la discendenza dei malfattori non sarà piú nominata. Preparate il massacro dei suoi figli a causa della iniquità dei loro padri, perché non si alzino piú a prendere possesso della terra e a riempire la faccia del mondo di città. Io mi leverò contro di loro dice l’Eterno degli eserciti, e sterminerò da Babilonia il nome e i superstiti, la progenie e la discendenza dice l’Eterno. e farò il dominio del porcospino e paludi di acqua, la spazzerò con la scopa della distruzione dice l’Eterno degli eserciti«. L’Eterno degli eserciti ha giurato, dicendo: »In verità come ho pensato, cosí sarà, e come ho deciso, cosí accadrà. Frantumerò l’Assiro nel mio paese e lo calpesterò sui miei monti; allora il suo giogo sarà rimosso da essi, e il suo carico sarà rimosso dalle loro spalle. Questo è il piano deciso contro tutta la terra e questa è la mano stesa contro tutte le nazioni. Poiché l’Eterno degli eserciti ha deciso questo e chi potrà annullarlo? La sua mano è stesa e chi potrà fargliela ritirare?«. Nell’anno della morte del re Achaz fu pronunciata questa profezia: »Non ti rallegrare, o Filistia tutta quanta, perché la verga che ti colpiva è spezzata! Poiché dalla radice del serpente uscirà una vipera, e il suo frutto sarà un serpente ardente e volante. I primogeniti dei poveri avranno di che cibarsi e i bisognosi riposeranno al sicuro; ma farò morire di fame la tua radice, e questo distruggerà il tuo residuo. Urla, o porta, grida, o città! Struggi, o Filistia tutta quanta, perché dal nord viene un fumo, e nessuno lascia il suo posto nelle sue schiere«. Che si risponderà ai messaggeri di questa nazione? »Che l’Eterno ha fondato Sion e in essa gli afflitti del suo popolo trovano rifugio«. Profezia su Moab. Ar-Moab è stato devastato di notte ed è stato distrutto. Sí, Kir-Moab è stato devastato di notte ed è stato distrutto. E’ salito al tempio e a Didon, sugli alti luoghi, per piangere; Moab innalza un lamento su Nebo e su Medeba; tutte le teste sono rasate, tutte le barbe tagliate. Nelle sue strade indossano sacchi, sui tetti e nelle piazze ognuno si lamenta piangendo a dirotto. Heshbon ed Elealeh urlano, il loro grido si ode fino a Jahats, perciò i guerrieri di Moab mandano grida di dolore; la sua anima freme. Il mio cuore geme per Moab, i cui fuggiaschi arrivano fino a Tsoar, come una giovenca di tre anni. Si, essi fanno piangendo la salita di Luhith e mandano grida di distruzione sulla via di Horonaim; perché le acque di Nimrim sono una desolazione, l’erba è seccata, l’erba tenera è scomparsa, non c’è piú nulla di verde. Per questo le ricchezze che hanno acquisito e quelle cose che hanno accumulato, le trasportano oltre il torrente dei salici. Le grida risuonano per tutto il territorio di Moab, il suo urlo giunge fino ad Eglaim, il suo urlo giunge fino a Beer-Elim. Le acque di Dimon sono piene di sangue, perché infliggerò a Dimon altri mali: un leone per gli scampati di Moab e per quelli rimasti nel paese. »Mandate un agnello al dominatore del paese, da Sela verso il deserto, al monte della figlia di Sion. Poiché avverrà che ai guadi dell’Arnon le figlie di Moab saranno come un uccello scacciato dal nido. Dacci un consiglio, fa’ giustizia! Rendi la tua ombra come la notte in pieno mezzodí; nascondi i dispersi, non tradire i fuggiaschi. O Moab, lascia dimorare presso di te i miei dispersi, sii per loro un rifugio di fronte al devastatore. Poiché il tiranno non c’è piú, la devastazione è cessata, gli oppressori sono scomparsi dal paese. Allora un trono sarà reso stabile nella misericordia, e su di esso siederà nella fedeltà, nella tenda di Davide, uno che giudicherà, eserciterà il giudizio e sarà pronto a far giustizia«. »Noi abbiamo sentito parlare dell’orgoglio di Moab, estremamente orgoglioso, della sua alterigia, della sua superbia, della sua arroganza, del suo vantarsi senza fondamento«. Per questo Moab innalzerà un lamento per Moab, tutti si lamenteranno. Voi piangerete costernati per le focacce di uva di Kir-Hareseth. Poiché le campagne di Heshbon languiscono, come pure le vigne di Sibmah i padroni delle nazioni hanno distrutto le sue piante migliori che arrivavano fino a Jazer e erravano per il deserto, i suoi rami si estendevano e oltrepassavano il mare. Perciò con il pianto di Jazer piangerò le vigne di Sibmah; ti inzupperò con le mie lacrime, o Heshbon, o Elealeh, perché sui tuoi frutti d’estate e sulle tue messi si è abbattuto un grido di guerra. La gioia e il giubilo sono scomparsi dalla fertile campagna; nelle vigne non ci sono piú canti, né grida d’allegrezza; il pigiatore non pigia piú il vino nei tini; io ho fatto cessare il grido di gioia. Perciò le mie viscere fremono per Moab come un’arpa, e il mio interiore per Kir-Heres. E avverrà che quando Moab si presenterà e si stancherà sull’alto luogo, entrerà nel suo santuario per pregare, ma non otterrà nulla. Questa è la parola che l’Eterno indirizzò un tempo a Moab. Ma ora l’Eterno ha parlato, dicendo: »Entro tre anni, come gli anni di un bracciante salariato, la gloria di Moab cadrà in disprezzo insieme a tutta quella grande moltitudine; e rimarrà solamente un numero molto piccolo e debole«. Profezia contro Damasco. »Ecco, Damasco cesserà di essere una città e diventerà un cumulo di rovine. Le città di Aroer saranno abbandonate; diventeranno pascolo per le greggi che vi riposeranno senza che alcuno le spaventi. A Efraim sarà tolta la fortezza, a Damasco il regno; e il residuo di Siria sarà come la gloria dei figli d’Israele«, dice l’Eterno degli eserciti. »In quel giorno avverrà che la gloria di Giacobbe svanirà e la pinguedine del suo corpo sarà consumata. Avverrà come quando il mietitore raccoglie il grano e col suo braccio taglia le spighe; avverrà come quando si raccolgono le spighe nella valle di Refaim. Vi rimarranno alcuni grappoli da racimolare, come quando si bacchiano le olive: due o tre olive in cima ai rami piú alti, quattro o cinque sui rami piú carichi«, dice l’Eterno, il DIO d’Israele. In quel giorno l’uomo volgerà lo sguardo al suo Creatore e i suoi occhi guarderanno al Santo d’Israele. Non si volgerà piú agli altari, opera delle sue mani e non guarderà piú a quel che le sue dita hanno fatto, agli Ascerim, e agli altari per l’incenso, In quel giorno le sue città fortificate saranno come un luogo abbandonato nella foresta o come un ramo abbandonato davanti ai figli d’Israele, e sarà una desolazione. Poiché hai dimenticato il DIO della tua salvezza, e non ti sei ricordato della Rocca della tua forza, perciò hai piantato piantagioni e le hai innestate con ramoscelli stranieri. Il giorno che le piantasti le circondasti con una siepe; al mattino fai germogliare i tuoi semi, ma il raccolto, sarà un cumulo di rovine nel giorno di malattia e dolore incurabile. Ah, il tumulto di un gran numero di popoli, che rumoreggiano come il muggito dei mari e come il fragore delle nazioni, rumoreggiano come il fragore di acque potenti! Le nazioni rumoreggiano come il fragore di molte acque, ma Dio le minaccia, ed esse fuggono lontano, sospinte come la pula dei monti davanti al vento, come un mulinello di polvere davanti al turbine. Alla sera, ecco il terrore, e prima del mattino non c’è più nulla. Questa è la parte di quelli che ci depredano, la sorte di quelli che ci saccheggiano. Guai al paese dalle ali strepitanti che si trova oltre i fiumi di Etiopia, che manda ambasciatori per mare in navicelle di papiro sulle acque, dicendo: »Andate, o veloci messaggeri, verso una nazione di alta statura e dalla pelle lucida, verso un popolo temuto dai suoi inizi in poi, nazione potente che calpesta tutto, il cui paese è solcato da fiumi«. Voi tutti, abitanti del mondo e quanti dimorate sulla terra, quando la bandiera sarà issata sui monti, guardate, e quando la tromba suonerà, ascoltate! Poiché cosí mi ha detto l’Eterno: »Starò tranquillo e guarderò dalla mia dimora, come un calore sereno e luminoso alla luce del sole, come una nube di rugiada nel calore della mietitura«. Poiché prima della mietitura, quando la fioritura è finita e il fiore è diventato un grappolo in fase di maturazione, egli taglierà i ramoscelli con le roncole, e strapperà via e troncherà i tralci. Essi saranno abbandonati tutti insieme agli uccelli rapaci dei monti e alle bestie della terra: gli uccelli rapaci passeranno sopra di essi l’estate e le bestie della terra passeranno sopra di essi l’inverno. In quel tempo saranno portate offerte all’Eterno degli eserciti da una nazione di alta statura e dalla pelle lucida, da un popolo temuto dai suoi inizi in poi, una nazione potente che calpesta tutto, il cui paese è solcato da fiumi; saranno portate al luogo in cui si trova il nome dell’Eterno degli eserciti, sul monte Sion. Profezia sull’Egitto, Ecco l’Eterno che cavalca su una nuvola leggera ed entra in Egitto. Gli idoli d’Egitto barcollano davanti a lui, e il cuore degli Egiziani viene meno dentro di loro. »Aizzerò Egiziani contro Egiziani, ognuno combatterà contro il proprio fratello, e ognuno contro il proprio Vicino città contro città, regno contro regno. Lo spirito dell’Egitto verrà meno nel suo mezzo, e io distruggerò i suoi disegni, cosí essi consulteranno gli idoli e gli incantatori, i medium e i maghi. Consegnerò l’Egitto nelle mani di un duro padrone, e un re crudele lo dominerà« dice il Signore, l’Eterno degli eserciti. Le acque del mare si prosciugheranno, il fiume inaridirà e seccherà. I fiumi diventeranno nauseabondi, i canali d’Egitto si svuoteranno e si seccheranno e le canne e i giunchi inaridiranno. I prati accanto al Nilo alla foce del Nilo e tutti i campi seminati lungo il fiume seccheranno, saranno spazzati via e spariranno. I pescatori gemeranno, tutti quelli che gettano l’amo nel Nilo si lamenteranno e quelli che stendono le reti sulle acque languiranno. Quelli che lavorano il lino pettinato e i tessitori di cotone saranno confusi. Le loro fondamenta saranno infrante e tutti i lavoratori salariati saranno contristati. Certamente i principi di Tsoan, sono stolti; i piú saggi consiglieri del Faraone danno consigli insensati. Come potete dire al Faraone: »Io sono figlio di saggi, figlio di antichi re«? Dove sono ora i tuoi saggi? Te lo dichiarino ora e riconoscano ciò che l’Eterno degli eserciti ha deciso contro l’Egitto. I principi di Tsoan sono diventati stolti, i principi di Nof, si ingannano; quelli che sono la pietra angolare delle sue tribú hanno fatto traviare l’Egitto. L’Eterno ha mescolato nel suo mezzo uno spirito di perversione, ed essi hanno fatto fuorviare l’Egitto in ogni sua impresa, come barcolla l’ubriaco nel suo vomito. E nulla potrà fare l’Egitto: il capo o la coda, la palma o il giunco. In quel giorno l’Egitto sarà come le donne, e tremerà e sarà spaventato di fronte alla mano che l’Eterno degli eserciti agiterà contro di lui. Il paese di Giuda sarà il terrore dell’Egitto; ogni volta che se ne farà menzione, sarà un vero spavento a motivo della decisione presa contro di lui dall’Eterno degli eserciti. In quel giorno vi saranno nel paese d’Egitto cinque città che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per l’Eterno degli eserciti, una di esse si chiamerà la città della distruzione In quel giorno in mezzo al paese d’Egitto vi sarà un altare, consacrato all’Eterno, e una stele eretta all’Eterno presso la sua frontiera. Sarà un segno e una testimonianza per l’Eterno degli eserciti nel paese d’Egitto; quando essi grideranno all’Eterno a motivo dei loro oppressori, egli manderà loro un salvatore e uno potente che li libererà. L’Eterno si farà conoscere all’Egitto e gli Egiziani conosceranno l’Eterno in quel giorno; gli offriranno sacrifici e oblazioni di cibo, faranno voti all’Eterno e li adempiranno. L’Eterno colpirà gli Egiziani, li colpirà e li guarirà; essi ritorneranno all’Eterno, che darà ascolto alle loro preghiere e li guarirà. In quel giorno vi sarà una strada dall’Egitto all’Assiria; gli Assiri andranno in Egitto e gli Egiziani in Assiria, e gli Egiziani serviranno con gli Assiri. In quel giorno Israele, il terzo con l’Egitto e con l’Assiria, sarà una benedizione in mezzo alla terra. L’Eterno degli eserciti li benedirà dicendo: »Benedetto sia l’Egitto mio popolo, l’Assiria opera delle mie mani e Israele mia eredità!«. Nell’anno in cui Tartan venne a Ashdod, mandato da Sargon, re di Assiria, egli combattè contro Ashdod e la prese. In quel tempo l’Eterno parlò per mezzo di Isaia, figlio di Amots, e gli disse: »Va’ e rimuovi il sacco dai tuoi lombi e togli i calzari dai tuoi piedi«. Egli fece così, andando nudo e scalzo. Quindi l’Eterno disse: »Come il mio servo Isaia è andato nudo e scalzo per tre anni quale segno e presagio contro l’Egitto e contro l’Etiopia cosí il re di Assiria condurrà via i prigionieri dell’Egitto e i deportati dell’Etiopia, giovani e vecchi, nudi e scalzi, con le natiche scoperte, a vergogna dell’Egitto. Allora essi saranno spaventati e confusi, a causa dell’Etiopia, loro speranza, e a causa dell’Egitto, loro gloria. In quel giorno gli abitanti di questa regione costiera diranno: »Ecco, che cosa è avvenuto a quelli nei quali riponevamo la nostra speranza e presso i quali ci eravamo rifugiati in cerca di aiuto, per essere liberati dal re di Assiria. Come scamperemo noi?«. Profezia contro il deserto del mare. Come i turbini passano velocemente, attraverso il Neghev, cosí un invasore viene dal deserto, da un paese spaventevole. Una visione terribile mi è stata mostrata: Il perfido agisce con perfidia e il devastatore devasta. Sali, o Elam. Stringi d’assedio, o Media! Ho fatto cessare ogni suo gemito. Per questo i miei lombi sono pieni di dolori; le doglie mi hanno colto, come le doglie di una donna partoriente; sono sconvolto per ciò che ho udito sono spaventato per ciò che ho visto. Il mio cuore è smarrito lo spavento mi ha preso; la notte che tanto desideravo è diventata per me uno spavento. Mentre si prepara la tavola, si sta di guardia sulla torre di vedetta, si mangia e si beve. »Alzatevi, o capi e ungete gli scudi«. Poiché cosí mi ha detto il Signore: »Va metti una sentinella, che annunzi ciò che vede«. Essa vide carri e coppie di cavalieri, alcuni che cavalcavano asini e altri che cavalcavano cammelli, e osservò con attenzione, con molta attenzione. Poi gridò come un leone: »O Signore, di giorno io sto sempre sulla torre di vedetta, e tutte le notti sto in piedi al mio posto di guardia. Ed ecco arrivare dei carri e delle coppie di cavalieri«. Allora essa riprese a dire: »E’ caduta, è caduta Babilonia! Tutte le immagini scolpite dei suoi dèi giacciono a terra frantumate. O popolo mio, che ho trebbiato e calpestato nella mia aia ciò che ho udito dall’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, io te l’ho annunziato!«. Profezia contro Dumah. Mi gridano da Seir: »Sentinella, a che punto è giunta la notte? Sentinella, a che punto è giunta la notte?«. La sentinella risponde: »Vien la mattina, poi anche la notte. Se volete interrogare interrogate pure; ritornate, venite«. Profezia contro l’Arabia. Passerete la notte nelle foreste dell’Arabia, o carovane dei Dedaniti. Andate incontro all’assetato portando acqua, o abitanti del paese di Tema sono venuti incontro al fuggiasco coi loro pane. Poiché essi fuggono davanti alle spade, davanti alla spada sguainata, davanti all’arco teso, davanti al furore della battaglia. Poiché cosí mi ha detto il Signore: »Fra un anno, come l’anno di un bracciante salariato, tutta la gloria di Kedar, scomparirà; e ciò che resterà del numero degli arcieri gli uomini valorosi dei figli di Kedar, sarà poca cosa, poiché l’Eterno, il DIO d’Israele, ha parlato«. Profezia contro la Valle della Visione. Che hai tu ora, che sei salita tutta quanta sui tetti, tu che sei piena di clamori, città tumultuante, città gaudente? I tuoi uccisi non sono stati uccisi di spada né sono morti in battaglia. Tutti i tuoi capi sono fuggiti insieme, sono stati fatti prigionieri senza arco; tutti quelli trovati in te sono stati fatti prigionieri, benché fossero fuggiti lontano. Perciò dico: »Allontanate lo sguardo da me; io piangerò amaramente. Non cercate di consolarmi per la desolazione della figlia del mio popolo«. Poiché è un giorno di costernazione di distruzione e di perplessità, da parte del Signore, l’Eterno degli eserciti; nella Valle delle Visioni le mura sono abbattute e il grido di aiuto giunge fino al monte. Elam ha preso la faretra con carri di uomini e cavalieri, Kir ha scoperto lo scudo. Avverrà che le tue migliori valli saran piene di carri e i cavalieri prenderanno posizione davanti alle tue porte. Poi egli rimosse la protezione di Giuda, e in quel giorno tu hai rivolto lo sguardo all’arsenale del palazzo della Foresta, Avete pure visto quanto numerose fossero le brecce della città di Davide, e avete raccolto le acque della piscina inferiore. Avete contato le case di Gerusalemme, e demolito le case per fortificare le mura. Avete inoltre costruito un serbatoio tra i due muri per le acque della vecchia piscina, ma non avete guardato a chi ha fatto questo, né avete preso in considerazione chi ha ideato questo da lungo tempo. In quel giorno il Signore, l’Eterno degli eserciti, vi ha chiamati a piangere, a far cordoglio, a radervi il capo e a cingervi di sacco. Invece ecco gioia e allegria si ammazzano buoi e si scannano pecore, si mangia carne e si beve vino: »Mangiamo e beviamo, poiché domani moriremo!«. Ma l’Eterno degli eserciti ha rivelato ai miei orecchi: »Questo vostro peccato non sarà espiato, finché non sarete morti«, dice il Signore, l’Eterno degli eserciti. Cosí dice il Signore, l’Eterno degli eserciti: »Su, va’ da questo amministratore, da Scebna, il maggiordomo, e digli: che cosa possiedi qui e chi hai qui, che ti sei fatto scavare qui un sepolcro come chi si scava un sepolcro in alto e si taglia una tomba nella roccia? Ecco, l’Eterno ti scaglierà via con violenza, o uomo potente, e ti afferrerà saldamente. Ti farà rotolare ben bene e ti scaglierà via come una palla in un paese spazioso. Là morrai e la finiranno i tuoi carri superbi, o vituperio della casa del tuo signore. Ti scaccerò dal tuo ufficio e sarai strappato giú dal tuo posto! In quel giorno avverrà che chiamerò il mio servo Eliakim, figlio di Hilkiah; IO vestirò con la tua tunica, lo cingerò con la tua cintura e rimetterò la tua autorità nelle sue mani; ed egli sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per la casa di Giuda. Metterò sulla sua spalla la chiave della casa di Davide; cosí egli aprirà e nessuno potrà chiudere, chiuderà e nessuno potrà aprire. Lo pianterò come un chiodo in un luogo sicuro, ed egli diventerà un trono di gloria per la casa di suo padre. A lui sarà sospesa tutta la gloria della casa di suo padre, i discendenti e i rami collaterali, tutti i vasi anche piccoli, dalle coppe alle anfore di ogni specie. »In quel giorno, dice l’Eterno degli eserciti, il chiodo piantato in luogo sicuro sarà tolto, sarà strappato giú e cadrà; e tutto il peso che vi era attaccato sarà distrutto, perché l’Eterno ha parlato«. Profezia contro Tiro. Gemete, o navi di Tarshish, perché Tiro è stata distrutta, e non è rimasta piú né casa né porto. E’ giunta loro notizia dal paese di Kittim. State in silenzio, o abitanti della costa, o mercanti di Sidone; quelli che solcano il mare vi hanno colmato di ricchezze. Attraverso le grandi acque il grano di Scihor, il raccolto del fiume, era la sua entrata; ed essa era il mercato delle nazioni. Vergognati, o Sidone, perché ha parlato il mare, la fortezza del mare, dicendo: »Io non ho avuto doglie né ho dato alla luce figli, non ho nutrito giovani né ho allevato vergini«. Quando la notizia arriverà in Egitto, saranno addolorati per la notizia di Tiro. Passate a Tarshish, gemete o abitanti della costa! E’ questa la vostra città gaudente, la cui origine risale a giorni antichi? I suoi piedi la portavano a dimorare in terre lontane. Chi mai ha deciso questo contro Tiro? la dispensatrice di corone, i cui mercanti erano principi e i cui negozianti erano gli uomini onorati della terra? L’ha deciso l’Eterno degli eserciti, per offuscare l’orgoglio di ogni splendore, per abbassare tutti gli uomini onorati della terra. Passa attraverso il tuo paese come il Nilo, o figlia di Tarshish, non c’è piú forza. L’Eterno ha steso la sua mano sul mare, ha fatto tremare i regni, ha ordinato riguardo a Canaan di distruggere le sue fortezze. Egli ha detto: »Tu non continuerai piú a rallegrarti, o figlia di Sidone, vergine disonorata«. Alzati, passa nel paese di Kittim; neppure là troverai riposo. Ecco il paese dei Caldei: questo popolo non esisteva neppure, l’Assiro lo fondò per le bestie del deserto. Essi hanno innalzato le loro torri, hanno distrutto i palazzi di Tiro e l’hanno ridotto a un cumulo di rovine. Gemete, o navi di Tarshish, perché la vostra fortezza è distrutta. In quel giorno avverrà che Tiro sarà dimenticata per settant’anni, quanti sono gli anni di un re. Al termine dei settant’anni avverrà a Tiro come dice la canzone della prostituta: »Prendi la cetra, va’ attorno per la città, o prostituta dimenticata; suona con bravura, moltiplica i canti per poter essere ricordata«. Al termine dei settant’anni avverrà che l’Eterno visiterà Tiro, che ritornerà alla sua paga e si prostituirà con tutti i regni del mondo sulla faccia della terra. Ma il guadagno del suo commercio e la sua paga saranno consacrati all’Eterno, non sarà né ammassato né messo da parte, perché il guadagno del suo commercio andrà a quelli che dimorano davanti all’Eterno, perché mangino a sazietà e vestano splendidamente. Ecco, l’eterno vuota la terra e la rende deserta, ne sconvolge la faccia e ne disperde gli abitanti. Avverrà lo stesso al popolo come al sacerdote, al servo come al suo padrone, alla serva come alla sua padrona, al compratore come al venditore, a chi presta come a chi prende in prestito, al creditore come al debitore. La terra sarà completamente vuotata e completamente saccheggiata, perché l’Eterno ha pronunciato questa parola. La terra è in lutto e languisce, il mondo deperisce e langue, gli altolocati del popolo della terra deperiscono. La terra è profanata sotto i suoi abitanti, perché essi hanno trasgredito le leggi, hanno cambiato lo statuto, hanno infranto il patto eterno. Perciò una maledizione ha divorato la terra e i suoi abitanti sono desolati; perciò gli abitanti della terra sono arsi e pochi sono gli uomini rimasti. Il mosto è in lutto, la vite langue, tutti quelli lieti di cuore sospirano. L’allegria dei tamburelli è cessata, il chiasso dei gaudenti è finito, la gioia dell’arpa è cessata. Non si beve piú vino con canti, la bevanda inebriante è amara per i suoi bevitori. La città della confusione è distrutta ogni casa è serrata, perché nessuno vi entri. Per le strade si lamentano, perché non c’è vino, ogni gioia si è offuscata l’allegrezza è scomparsa dalla terra. Nella città non rimane che desolazione, e la porta è fatta a pezzi e distrutta. Poiché in mezzo alla terra, fra i popoli, avverrà come quando si scuotono gli ulivi, come quando si racimola dopo la vendemmia. Quelli alzeranno la voce, manderanno grida di gioia, per la maestà dell’Eterno acclameranno dal mare: »Glorificate dunque l’Eterno nelle regioni dell’aurora, il nome dell’Eterno il DIO d’Israele, nelle isole del mare!«. Dall’estremità della terra udiamo canti: »Gloria al giusto!«. Ma io dico: »Guai a me! Guai a me! Ahimè! I perfidi agiscono perfidamente, sí i perfidi agiscono con molta perfidia. Terrore, fossa e laccio ti sovrastano, o abitante della terra. E avverrà che chi fuggirà di fronte al grido di terrore cadrà nella fossa, e chi risalirà dalla fossa resterà preso nel laccio. Poiché dall’alto si apriranno le cateratte e le fondamenta della terra saranno scosse. La terra si schianterà tutta: la terra si screpolerà interamente, la terra traballerà violentemente. La terra barcollerà come un ubriaco, vacillerà come una capanna. Il suo peccato pesa su di essa, cadrà e non si rialzerà più. In quel giorno avverrà che l’Eterno punirà in alto l’esercito di lassú e giú sulla terra i re della terra; saranno radunati insieme, come carcerati in una prigione sotterranea; saranno rinchiusi in un carcere e, dopo molti giorni, saranno puniti. La luna sarà coperta di confusione e il sole di vergogna, perché l’Eterno degli eserciti regnerà sul monte di Sion e in Gerusalemme, e la sua gloria davanti agli anziani. O Eterno, tu sei il mio DIO; io ti esalterò e celebrerò il tuo nome, perché hai fatto cose meravigliose, disegni concepiti molto tempo fa e adempiuti in fedeltà e verità. Poiché hai ridotto la città a un mucchio di pietre, la città fortificata a un cumulo di rovine; la cittadella degli stranieri non è piú una città, non sarà mai piú ricostruita. Perciò il popolo forte ti glorifica, la città di nazioni potenti ti teme. perché tu sei stato una fortezza per il povero, una fortezza per il misero nella sua avversità, un rifugio contro la tempesta, un’ombra contro il caldo poiché il soffio dei tiranni è come una tempesta contro il muro. Tu ridurrai il tumulto degli stranieri come il calore in un luogo arido; come il calore nell’ombra di una nuvola, cosí il canto dei tiranni sarà fatto tacere. L’Eterno degli eserciti preparerà su questo monte a tutti i popoli un banchetto di cibi succulenti, un banchetto di vini vecchi, di cibi succulenti pieni di midollo, di vini vecchi e raffinati. Distruggerà su questo monte la coltre che copriva tutti i popoli, e la coperta stesa su tutte le nazioni. Distruggerà per sempre la morte; il Signore, l’Eterno asciugherà le lacrime da ogni viso, toglierà via da tutta la terra il vituperio del suo popolo, perché l’Eterno ha parlato. In quel giorno si dirà: »Ecco, questo è il nostro DIO: in lui abbiamo sperato ed egli ci salverà. Questo è l’Eterno in cui abbiamo sperato; esultiamo e rallegriamoci nella sua salvezza!«. Poiché la mano dell’Eterno si poserà su questo monte, mentre Moab sarà calpestato sotto di lui come si calpesta la paglia su un letamaio. Egli stenderà le sue mani nel suo mezzo, come le distende il nuotatore per nuotare, e abbasserà la sua superbia assieme alle macchinazioni ordite dalle sue mani. La fortezza delle tue alte mura, egli la demolirà, l’abbatterà, la getterà a terra fin giú nella polvere. In quel giorno si canterà questo cantico nel paese di Giuda: »Noi abbiamo una città forte; Dio vi ha posto la salvezza per mura e per bastioni. Aprite le porte ed entri la nazione giusta, che mantiene la fedeltà«. Alla mente che riposa in te tu conservi una pace perfetta, perché confida in te. Confidate nell’Eterno per sempre perché l’Eterno, sí l’Eterno, è la roccia eterna. Egli ha umiliato quelli che stavano in alto, ha abbassato la città elevata, l’ha abbassata fino a terra, l’ha gettata nella polvere; i piedi la calpestano, i piedi stessi del povero e i passi dei meschini. La via del giusto è diritta; o giusto Dio, tu appiani il sentiero del giusto. Sí, nella via dei tuoi giudizi, o Eterno, noi ti abbiamo aspettato. Il desiderio della nostra anima si volge al tuo nome e al tuo ricordo Con la mia anima ti desidero di notte, sí, con lo spirito che è dentro di me ti cerco al mattino presto; poiché quando i tuoi giudizi si manifestano sulla terra, gli abitanti del mondo imparano la giustizia Se si fa grazia all’empio, egli non imparerà la giustizia; agirà perversamente nel paese della rettitudine e non potrà vedere la maestà dell’Eterno. O Eterno, la tua mano è levata, ma essi non la scorgono. Essi però vedranno il tuo zelo per il tuo popolo e saranno confusi; sí, il fuoco dei tuoi nemici li divorerà O Eterno, tu stabilirai la pace per noi, perché tu compi per noi ogni nostra opera O Eterno, DIO nostro, altri signori, all’infuori di te, ci hanno dominato; ma solo per te ricordiamo il tuo nome. I morti non rivivranno piú; i trapassati non risorgeranno piú, perciò tu li hai puniti, li hai distrutti e hai fatto sparire ogni loro ricordo. Tu hai accresciuto la nazione, o Eterno, hai accresciuto la nazione, ti sei glorificato; hai esteso tutti i confini del paese O Eterno, nell’avversità si sono ricordati di te, hanno effuso una preghiera, quando il tuo castigo li colpiva. Come una donna incinta che sta per partorire si contorce e grida nelle sue doglie, cosí siamo stati noi davanti a te, o Eterno Abbiamo concepito, abbiamo sentito le doglie, come se dovessimo partorire, ma era solo vento; non abbiamo recato alcuna salvezza al paese e gli abitanti del mondo non sono caduti I tuoi morti rivivranno, assieme al mio cadavere risorgeranno. Svegliatevi ed esultate o voi che abitate nella polvere! Poiché la tua rugiada è come la rugiada di una luce sfavillante e la terra darà alla luce i morti. Va o popolo mio, entra nelle tue camere, chiudi le tue porte dietro a te; nasconditi per un istante, finché sia passata l’indignazione. Poiché ecco, l’Eterno esce dalla sua dimora per punire l’iniquità degli abitanti della terra; la terra metterà allo scoperto il suo sangue versato e non nasconderà più i suoi uccisi. In quel giorno l’Eterno punirà con la sua spada dura, grande e forte il Leviathan, l’agile serpente, il Leviathan, il serpente tortuoso, e ucciderà il mostro che è nel mare. In quel giorno si dirà: »La vigna a dal vino vermiglio, cantate di lei. Io, l’Eterno, la custodisco, l’annaffio ad ogni istante, la custodisco notte e giorno, perché nessuno la danneggi. Non c’è ira in me. Chi metterebbe in guerra contro di me rovi e pruni? Io muoverei contro di essi e li brucerei tutti insieme. Uno dovrebbe piuttosto aggrapparsi alla mia forza per fare pace con me, sí, per fare pace con me«. Nei giorni a venire Giacobbe metterà radice, Israele, fiorirà e germoglierà e riempiranno di frutti la superficie della terra. Ha Dio colpito Israele come ha colpito quelli che colpivano lui? L’ha egli ucciso come ha ucciso quelli che uccidevano lui? Tu hai conteso con lui con misura scacciandolo, mandandolo lontano. Egli l’ha portato via col suo soffio impetuoso, in un giorno di vento orientale. In questo modo sarà espiata l’iniquità di Giacobbe, e questo sarà tutto il frutto della rimozione del suo peccato, quando ridurrà tutte le pietre dell’altare, come pietre di calce frantumate; cosí gli Ascerim, e gli altari per l’incenso, non risorgeranno più. La città fortificata sarà desolata, un luogo disabitato e abbandonato come un deserto; là vi pascolerà il vitello, vi si coricherà e ne divorerà i rami. Quando i suoi rami si seccheranno, si spezzeranno e verranno le donne a bruciarli. Poiché è un popolo senza intelligenza, perciò Colui che la fatto non ne avrà compassione, Colui che l’ha formato non gli farà grazia. In quel giorno avverrà che l’Eterno trebbierà il grano dal corso del fiume al torrente, d’Egitto, e voi sarete raccolti uno a uno, o figli d’Israele. In quel giorno avverrà che suonerà la grande tromba e gli sperduti nel paese di Assiria e i dispersi nel paese d’Egitto verranno e adoreranno l’Eterno sul monte santo, in Gerusalemme. Guai alla corona di superbia degli ubriachi di Efraim e al fiore appassito della sua gloriosa bellezza che sta sul capo della fertile valle di quelli sopraffatti dal vino! Ecco, il Signore ha un uomo forte e potente, come una tempesta di grandine, un uragano distruttore, come un’alluvione di potenti acque inondanti; egli li getterà a terra con la sua mano. La corona di superbia degli ubriachi di Efraim sarà calpestata; e il fiore appassito della sua gloriosa bellezza che sta sul capo della fertile valle sarà come un fico primaticcio prima dell’estate, che uno vede; egli lo ingoia appena lo ha in mano. In quel giorno l’Eterno degli eserciti sarà una corona di gloria, uno splendido diadema per il resto del suo popolo, uno spirito di giustizia per colui che siede per giudicare e la forza di quelli che in battaglia respingono il nemico fino alle sue porte. Ma anche questi barcollano per il vino e vacillano per le bevande inebrianti; il sacerdote e il profeta barcollano per le bevande inebrianti, barcollano come se avessero visioni, tentennano nel pronunciare giudizi. Tutte le tavole sono piene di vomito e di sporcizia, non c’è piú posto pulito. »A chi vuole insegnare conoscenza? A chi vuole far comprendere il messaggio? A quelli appena divezzati, a quelli appena staccati dalle mammelle? Poiché è un precetto su precetto, precetto su precetto, regola su regola, regola su regola, un po’ qui, un po’ là«. Sarà infatti mediante labbra balbuzienti e mediante un’altra lingua che l’Eterno parlerà a questo popolo, Egli aveva loro detto: »Ecco il riposo: fate riposare lo stanco; questo è il refrigerio!«. Ma essi non vollero ascoltare. Cosí la parola dell’Eterno è stata per loro precetto su precetto, precetto su precetto, regola su regola, regola su regola, un po’ qui, un po’ là, perché andassero a cadere all’indietro, fossero fatti a pezzi, presi al laccio e catturati. Perciò ascoltate la parola dell’Eterno, o schernitori, che dominate questo popolo che sta in Gerusalemme! Voi dite: »Abbiamo concluso un patto con la morte, abbiamo fatto un’alleanza con lo Sceol; quando l’inondante flagello passerà, non giungerà fino a noi, perché abbiamo fatto della menzogna il nostro rifugio e ci siamo nascosti dietro la falsità«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io pongo come fondamento in Sion una pietra, una pietra provata, una testata d’angolo preziosa, un fondamento sicuro; chi crede in essa non avrà alcuna fretta. Io porrò il diritto come misura e la giustizia come piombino; la grandine spazzerà via il rifugio di menzogna e le acque sommergeranno il vostro rifugio. Il vostro patto con la morte sarà annullato e la vostra alleanza con lo Sceol non reggerà; quando l’inondante flagello passerà, voi sarete da esso calpestati. Ogni volta che passerà, vi afferrerà, perché passerà mattina dopo mattina, di giorno e di notte; sarà un vero terrore solo l’udirne il resoconto. Il letto infatti sarà troppo corto per distendervisi, e la coperta troppo stretta per avvolgervisi. Poiché l’Eterno si leverà come al monte Peratsim, si adirerà come nella valle di Gabaon, per compiere la sua opera, la sua inaudita opera, per eseguire il suo lavoro, il suo lavoro insolito. Or dunque non fate gli schernitori, perché i vostri legami non abbiano a rafforzarsi. Poiché io ho udito, da parte del Signore, l’Eterno degli eserciti, che è deciso un completo sterminio di tutto il paese. Porgete orecchio e ascoltate la mia voce, state attenti e ascoltate la mia parola! L’agricoltore ara tutto il giorno per seminare? Continua forse a rompere e a sarchiare il suo terreno? Quando ne ha appianato la superficie, non vi semina l’aneto e non vi sparge il comino, non vi mette il frumento a solchi, l’orzo nel luogo designato e il farro lungo i confini? Il suo DIO gl’insegna la regola da seguire e lo ammaestra. L’aneto non si trebbia con la trebbiatrice né si fa passare sul comino la ruota del carro; ma l’aneto si batte con il bastone e il comino con la verga. Il frumento per il pane deve essere schiacciato; perciò non lo si pesta per sempre, ma vi si fanno passare sopra la ruota del carro e i cavalli, senza però schiacciarlo. Anche questo procede dall’Eterno degli eserciti, che è meraviglioso nel suo consiglio e grande in sapienza«. Guai ad Ariel, ad Ariel, città dove si accampò Davide! Aggiungete anno ad anno, le feste compiano il loro ciclo. Poi getterò Ariel nell’angoscia; vi sarà lamento e gemito e sarà per me come un Ariel. Io mi accamperò contro di te tutt’intorno, ti circonderò con un terrapieno e innalzerò contro di te bastioni. Sarai abbassata, parlerai da terra e la tua parola uscirà sommessa dalla polvere; la tua voce salirà dal suolo come quella di un medium e la tua parola bisbiglierà dalla polvere. La moltitudine dei tuoi nemici sarà come polvere minuta e la folla dei potenti come pula dispersa; e ciò avverrà all’improvviso, in un attimo. Tu sarai visitata dall’Eterno degli eserciti con tuoni, terremoti e grande frastuono, con turbine, tempesta e fiamma di fuoco divorante. La moltitudine di tutte le nazioni che combattono contro Ariel, di tutti quelli che combattono lei e la sua fortezza e la stringono intorno sarà come un sogno, come una visione notturna. Avverrà come quando un affamato sogna di mangiare, ma quando si sveglia ha lo stomaco vuoto, o come quando un assetato sogna di bere, ma quando si sveglia è stanco e ha la gola riarsa; cosí avverrà della moltitudine di tutte le nazioni che combattono contro il monte Sion. Soffermatevi e stupite. Abbandonatevi ai piaceri e poi guardatevi attorno sgomenti. Costoro sono ubriachi, ma non di vino; barcollano, ma non a motivo di bevande inebrianti. L’Eterno infatti ha sparso su di voi uno spirito di torpore; ha chiuso i vostri occhi profeti, ha velato i vostri capi, i veggenti. Ogni visione profetica è divenuta per voi come le parole di un libro sigillato che si dà a uno che sappia leggere, dicendo: »Ti prego, leggi questo!«, ma egli risponde: »Non posso, perché è sigillato!«. Oppure come un libro che si dà a uno che non sa leggere, dicendo: »Ti prego, leggi questo!«, ma egli risponde: »Non so leggere«. Perciò il Signore dice: »Poiché questo popolo Si avvicina a me solo con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me, e il loro timore di me è solo un comandamento insegnato da uomini, perciò, ecco, io continuerò a fare meraviglie in mezzo a questo popolo, sí, meraviglie e prodigi; la sapienza dei suoi savi perirà e l’intelligenza dei suoi intelligenti scomparirà«. Guai a quelli che vanno in luoghi profondi per nascondere i loro disegni dall’Eterno, che fanno le loro opere nelle tenebre e dicono: »Chi ci vede? Chi ci conosce?«. Avete completamente capovolto le cose. E’ forse il vasaio considerato pari all’argilla? Può l’opera dire a chi l’ha fatta: »Non mi ha fatto lui«?, o la cosa formata dire a chi l’ha formata: »Non ha intelligenza«? Ancora un brevissimo tempo e il Libano sarà mutato in un frutteto, e il frutteto sarà considerato come una foresta. In quel giorno i sordi intenderanno le parole del libro e, liberati dall’oscurità e dalle tenebre, gli occhi dei ciechi vedranno. Gli umili potranno ancora gioire nell’Eterno e i poveri dell’umanità esulteranno nel Santo d’Israele. Poiché il tiranno sarà scomparso, lo schernitore sarà distrutto, e saranno sterminati tutti quelli che tramano iniquità, che condannano un uomo per una parola, che tendono tranelli a chi giudica alla porta, pervertono il diritto del giusto per un nulla. Perciò cosí dice alla casa di Giacobbe l’Eterno che riscattò Abrahamo: »D’ora in poi Giacobbe non dovrà piú vergognarsi e la sua faccia non impallidirà più; ma quando vedrà i suoi figli, l’opera delle mie mani nel suo mezzo, essi santificheranno il mio nome, santificheranno il Santo di Giacobbe e temeranno il DIO d’Israele. I traviati di spirito giungeranno ad avere intendimento e i mormoratori, impareranno la sana dottrina«. »Guai ai figli ribelli, dice l’Eterno, che fanno progetti che non vengono da me, che contraggono alleanze ma senza il mio Spirito, per accumulare peccato su peccato; che vanno giú in Egitto senz’aver consultato la mia bocca, per rafforzarsi nella forza del Faraone e cercare rifugio all’ombra dell’Egitto! Ma la forza del Faraone sarà la vostra vergogna e il rifugiarsi all’ombra dell’Egitto la vostra disgrazia. Poiché i suoi principi sono andati a Tsoan e i suoi ambasciatori sono giunti a Hanes. Ma si vergogneranno tutti di un popolo che non gioverà loro affatto, che non recherà alcun aiuto o vantaggio ma solo vergogna e ignominia. Una profezia contro le bestie del Neghev: attraverso un paese di calamità e di angoscia, da cui vengono la leonessa e il leone, la vipera e il serpente ardente che vola, essi portano le loro ricchezze sul dorso di asinelli e i loro tesori sulla gobba di cammelli a un popolo che non gioverà loro nulla. Poiché l’aiuto dell’Egitto è vano e inutile; per questo io lo chiamo: »ahab-Hem-Scebeth« Ora vieni, scrivi questo su una tavoletta davanti a loro e scrivilo in un libro, perché rimanga per i giorni a venire, per sempre, in perpetuo. Poiché questo è un popolo ribelle, sono figli bugiardi, figli che non vogliono ascoltare la legge dell’Eterno, che dicono ai veggenti: on abbiate visioni e ai profeti: Non profetateci cose vere, diteci cose piacevoli, profetateci cose ingannevoli. Uscite fuor di strada, abbandonate il retto sentiero, allontanate dai nostri occhi il Santo d’Israele!. Perciò cosí dice il Santo d’Israele: »Poiché voi disprezzate questa parola e confidate nell’oppressione e nella perversità e vi appoggiate su di esse, questa iniquità sarà per voi come una breccia che minaccia di cadere, una sporgenza in un alto muro, il cui crollo avviene all’improvviso, in un istante, e si rompe come si rompe un vaso di terracotta, che uno frantuma senza pietà, senza poter trovare tra i suoi frammenti neppure un coccio con cui prendere fuoco dal focolare o attingere acqua dalla cisterna«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno, il Santo d’Israele: »Nel tornare a me e nel riposare in me sarete salvati; nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza«. Ma voi non avete voluto, anzi avete detto: o, noi fuggiremo sui nostri cavalli! Perciò voi fuggirete. E: »Cavalcheremo su veloci destrieri!« Perciò quelli che v’inseguiranno saranno ancora piú veloci. Mille di voi fuggiranno alla minaccia di uno solo; alla minaccia di cinque vi darete alla fuga, finché rimarrete come un palo sulla cima di un monte, come uno stendardo sopra una collina«. Perciò l’Eterno aspetterà per farvi grazia, poi egli sarà esaltato per aver avuto compassione di voi, perché l’Eterno è un DIO di giustizia. Beati tutti quelli che sperano in lui! O popolo di Sion che abiti a Gerusalemme, tu non piangerai piú. Egli ti farà certamente grazia, udendo la voce del tuo grido; appena udirà, ti risponderà. Anche se il Signore vi darà il pane d’angoscia e l’acqua d’oppressione, tuttavia quelli che ti ammaestrano non dovranno piú nascondersi, e i tuoi occhi vedranno i tuoi maestri. Quando andrete a destra o quando andrete a sinistra, le tue orecchie udranno dietro a te una parola che dirà: »Questa è la via; camminate in essa!«. Considerate come impure le, vostre immagini scolpite ricoperte d’argento e le vostre immagini di metallo fuso rivestite d’oro; le getterete via come una cosa impura, »Fuori!«, direte loro. Allora egli concederà la pioggia per il tuo seme che avrai seminato nel terreno, e il pane che il suolo produrrà sarà saporito e abbondante; in quel giorno il tuo bestiame pascolerà su vasti pascoli. I buoi e gli asini che lavorano la terra mangeranno foraggi salati, ventilati con la pala e il ventilabro. Su ogni alto monte e su ogni colle elevato vi saranno ruscelli e corsi d’acqua nel giorno del grande massacro, quando cadranno le torri. La luce della luna sarà come la luce del sole, e la luce del sole sarà sette volte piú forte, come la luce di sette giorni, nel giorno in cui l’Eterno fascerà la piaga del suo popolo e guarirà la ferita prodotta dalle sue percosse. Ecco, il nome dell’Eterno viene da lontano, la sua ira è ardente e il suo carico pesante; le sue labbra sono piene d’indignazione e la sua lingua è come un fuoco divorante; il suo soffio è come un torrente, che straripa, che giunge fino al collo, per vagliare le nazioni con il vaglio della distruzione e per mettere nelle mascelle dei popoli una briglia che li faccia fuorviare. Allora innalzerete un canto come la notte quando si celebra una festa; e avrete la gioia nel cuore, come chi cammina al suono del flauto per recarsi al monte dell’Eterno, alla Rocca d’Israele. Quindi l’Eterno farà udire la sua voce maestosa e mostrerà come colpisce col suo braccio nel furore della sua ira, nella fiamma di un fuoco divorante, in mezzo a esplosioni violente, uragano e grandine di pietre. Poiché l’Assiria sarà colpita da spavento alla voce dell’Eterno, che la percuoterà con la verga; ed ogni colpo inferto dal bastone punitivo che l’Eterno gli farà piombare addosso, sarà accompagnato dal suono di tamburelli e di cetre. Egli combatterà contro di lei agitando la mano in modo minaccioso. Tofet è preparato da molto tempo, esso è pronto anche per il re; egli lo ha fatto profondo e largo, sul suo rogo c’è del fuoco e legna in abbondanza; il soffio dell’Eterno, come un torrente di zolfo, lo accenderà. Guai a quelli che scendono in Egitto in cerca di aiuto e fanno affidamento sui cavalli, confidano nei carri perché sono numerosi, e nei cavalieri perché molto potenti, ma non guardano al Santo d’Israele é non cercano l’Eterno. Eppure anch’egli è saggio e farà venire la calamità; egli non revocherà le sue parole, ma si leverà contro la casa dei malvagi e contro l’aiuto degli operatori d’iniquità. Or gli Egiziani sono uomini e non Dio, i loro cavalli sono carne e non spirito. Quando l’Eterno stenderà la sua mano, il protettore inciamperà e il protetto cadrà, periranno tutti insieme. Poiché cosí mi ha detto l’Eterno: »Come il leone o il leoncello rugge sulla sua preda (quando contro di lui si è riunito un gran numero di pastori e non ha paura delle loro grida né si lascia intimidire dal loro strepito), cosí scenderà l’Eterno degli eserciti a combattere Sul monte Sion e sul suo colle. Come gli uccelli si librano a volo sui loro piccoli cosí l’Eterno degli eserciti proteggerà Gerusalemme; la proteggerà e la libererà, la risparmierà e la farà scampare«. Ritornate a colui dal quale vi siete grandemente allontanati, o figli d’Israele! In quel giorno ognuno getterà via i suoi idoli d’argento e i suoi idoli d’oro, che le vostre proprie mani hanno fatto peccando per voi. »Allora l’Assiria cadrà per una spada non d’uomo, e una spada non d’uomo la divorerà; e fuggirà davanti alla spada, e i suoi giovani saranno sottoposti a lavoro forzato. Per la paura passerà oltre la sua roccaforte, e i suoi principi saranno atterriti a motivo della bandiera«, dice l’Eterno, che ha il suo fuoco in Sion e la sua fornace in Gerusalemme. Ecco, un re regnerà secondo giustizia e i principi governeranno con equità. Ognuno di essi sarà come un riparo dal vento e un rifugio a contro l’uragano, come ruscelli d’acqua in luogo arido, come l’ombra di una grande roccia in una terra riarsa. Gli occhi di quelli che vedono non saranno piú offuscati e gli orecchi di quelli che odono staranno attenti. Il cuore degli sconsiderati acquisterà conoscenza e la lingua dei balbuzienti parlerà speditamente e chiaramente. L’uomo spregevole non sarà piú chiamato nobile né il disonesto sarà detto magnanimo Poiché l’uomo spregevole proferisce cose spregevoli e il suo cuore si dà all’iniquità, per commettere empietà e dire cose irriverenti contro l’Eterno, per lasciare vuoto lo stomaco dell’affamato e far mancare la bevanda all’assetato. Le armi del disonesto sono inique egli escogita disegni malvagi per distruggere il misero con parole bugiarde, anche quando il bisognoso afferma il giusto. Ma l’uomo nobile escogita nobili disegni e si prefigge cose nobili. Levatevi, o donne che vivete nell’agiatezza, e ascoltate la mia voce; o figlie sconsiderate, prestate orecchio alla mia parola! Fra un anno e qualche giorno voi tremerete, o donne sconsiderate, perché la vendemmia andrà male e il raccolto non si farà. Fremete, o donne che vivete nell’agiatezza, tremate, o donne sconsiderate. Deponete le vostre vesti, denudatevi e cingetevi i lombi col cilicio, percuotendovi il seno per i campi ameni e per le vigne fruttifere. Sulla terra del mio popolo cresceranno pruni e rovi; sí, su tutte le case di gioia della città gaudente. Poiché il palazzo sarà abbandonato, la città rumorosa sarà deserta, l’Ofel, e la torre diventeranno per sempre caverne, gioia degli asini selvatici e pascolo dei greggi, finché su di noi sia sparso lo Spirito dall’alto, il deserto divenga un frutteto e il frutteto sia considerato come una foresta. Allora il diritto abiterà nel deserto e la giustizia dimorerà nel frutteto. L’effetto della giustizia sarà la pace il risultato della giustizia tranquillità e sicurezza per sempre. Il mio popolo abiterà in una dimora di pace, in abitazioni sicure e in quieti luoghi di riposo, anche se cadesse grandine sulla foresta e la città fosse grandemente abbassata. Beati voi che seminate in riva a tutte le acque e che lasciate andar libero il piede del bue e dell’asino. Guai a te che devasti anche se non sei stato devastato, che agisci perfidamente anche se non ti è stata usata perfidia! Quando avrai finito di devastare, sarai devastato, quando avrai finito di agire perfidamente, ti sarà usata perfidia. O Eterno, abbi pietà di noi che speriamo in te. Sii il nostro braccio ogni mattina e la nostra salvezza, in tempo di avversità. Al rumore di una moltitudine fuggono i popoli, quando ti levi le nazioni si disperdono. Il vostro bottino sarà raccolto come si radunano i bruchi; come si precipitano le locuste così si precipiteranno su di esso. L’Eterno è esaltato perché abita in alto; egli riempie Sion di equità e di giustizia, e sarà la sicurezza dei tuoi giorni, la forza della salvezza, sapienza e conoscenza; il timore dell’Eterno sarà il suo tesoro. Ecco, i loro eroi gridano di fuori, i messaggeri di pace piangono amaramente. Le strade sono deserte, non c’è piú alcun passante sulla strada. Egli ha rotto il patto, disprezza le città, non ha riguardo per alcun uomo. Il paese è nel lutto e langue; il Libano è pieno di vergogna e svigorito; Sharon è come un deserto, Bashan e Karmel sono scossi violentemente. Ora mi leverò«, dice l’Eterno, »ora sarò esaltato, ora mi innalzerò. Voi avete concepito pula, partorirete stoppia; il vostro fiato sarà un fuoco che vi divorerà. I popoli saranno come fornaci da calce, come rovi tagliati saranno bruciati nel fuoco. O voi che siete lontani, udite ciò che ho fatto; e voi che siete vicini, riconoscete la mia potenza«. In Sion i peccatori sono presi da spavento, un tremore si è impadronito degli empi: »Chi di noi potrà dimorare con il fuoco divorante? Chi di noi potrà dimorare con le fiamme eterne?«. Colui che cammina giustamente e parla rettamente, colui che disprezza i guadagni distorti, che scuote le mani per non accettare regali, che si tura gli orecchi per non udire parlare di sangue e chiude gli occhi per non vedere il male, costui dimorerà in luoghi elevati, le rocche fortificate saranno il suo rifugio; il suo pane gli sarà dato, la sua acqua gli sarà assicurata. I tuoi occhi contempleranno il re nella sua bellezza, vedranno un paese molto lontano. Il tuo cuore mediterà sui terrori passati: »Dov’è lo scriba? Dov’è colui che pesa? Dov’è colui che conta le torri?«. Tu non vedrai piú quel popolo feroce, quel popolo dal linguaggio oscuro e incomprensibile, che balbetta una lingua che nessuno capisce. Contempla Sion, la città delle nostre solennità! I tuoi occhi vedranno Gerusalemme, dimora tranquilla, tenda che non sarà piú rimossa, i suoi piuoli non saranno piú divelti e nessuna delle sue funi sarà strappata. Ma là l’Eterno nel suo splendore sarà per noi un luogo di fiumi e larghi corsi d’acqua, dove non giunge alcuna nave a remi e dove non passa alcun potente naviglio. Poiché l’Eterno è il nostro giudice, l’Eterno è il nostro legislatore, l’Eterno è il nostro re; egli ci salverà. Le tue corde sono allentate, non tengono saldamente l’albero e non spiegano piú le vele. Allora si spartirà la preda di un ricco bottino; gli zoppi stessi prenderanno parte al saccheggio. Nessun abitante dirà: »Io sono malato«. Il popolo che vi abita otterrà il perdono della sua iniquità. Avvicinatevi, o nazioni, per ascoltare, o popoli, fate attenzione. Ascolti la terra e tutto ciò che è in essa, il mondo e tutto ciò che produce. Poiché l’Eterno è adirato contro tutte le nazioni, è sdegnato contro tutti i loro eserciti, egli le vota allo sterminio, le abbandona al massacro. I loro uccisi saranno gettati via, i loro cadaveri esaleranno fetore e i monti si scioglieranno col loro sangue. Tutto l’esercito del cielo si dissolverà, i cieli si arrotoleranno come un libro, ma tutto il loro esercito cadrà, come cade la foglia dalla vite, come cade un frutto appassito dal fico. Poiché la mia spada si è inebriata nel cielo, ecco essa sta per piombare su Edom, sul popolo che ho votato allo sterminio, per fare giustizia. La spada dell’Eterno è piena di sangue, è satolla di grasso, del sangue di agnelli e di capri, del grasso dei reni di montoni; poiché l’Eterno fa un sacrificio a Botsrah e un grande massacro nel paese di Edom. Con essi cadono bufali, torelli insieme con tori; la loro terra è imbevuta di sangue, la loro polvere è satolla di grasso. Poiché è il giorno della vendetta dell’Eterno, l’anno della retribuzione per la causa di Sion. I torrenti saranno mutati in pece, la sua polvere in zolfo, la sua terra diventerà pece ardente. Non si spegnerà né notte né giorno, il suo fumo salirà per sempre; rimarrà deserta di generazione in generazione, nessuno piú vi passerà. Ne prenderanno possesso il pellicano e il porcospino e vi abiteranno la civetta e il corvo. L’Eterno stenderà su di essa la corda della desolazione, il livello del vuoto. Chiameranno i nobili al regno, ma non ve ne sarà alcuno, e tutti i suoi principi saranno ridotti a nulla. Nei suoi palazzi cresceranno le spine, nelle sue fortezze ortiche e cardi; diventerà una dimora di sciacalli, un recinto per gli struzzi. Le bestie del deserto s’incontreranno con le bestie che ululano, i capri si chiameranno l’un l’altro; vi si stabiliranno anche le civette e vi troveranno un luogo di riposo. Vi farà il suo nido il serpente-freccia, vi deporrà le uova, le farà schiudere e raccoglierà i suoi piccoli alla sua ombra; là si raduneranno anche gli avvoltoi, ciascuno col suo compagno. Cercate nel libro dell’Eterno e leggete: nessuno di essi mancherà, nessuno sarà privo del suo compagno, perché la sua bocca l’ha comandato e il suo Spirito li ha radunati. Egli stesso ha gettato la sorte per essi, e la sua mano lo ha diviso tra loro con la linea per misurare; lo possederanno per sempre, vi abiteranno di generazione in generazione. Il deserto e la terra arida si rallegreranno, la solitudine gioirà e fiorirà come la rosa fiorirà abbondantemente e gioirà con giubilo e grida d’allegrezza. Le sarà data la gloria del Libano, la magnificenza del Karmel e di Sharon. Essi vedranno la gloria dell’Eterno, la magnificenza del nostro DIO. Fortificate le mani infiacchite, rendete ferme le ginocchia vacillanti! Dite a quelli che hanno il cuore smarrito: »Siate forti, non temete!«. Ecco il vostro DIO verrà con la vendetta e la retribuzione di DIO; verrà egli stesso a salvarvi. Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e saranno sturate le orecchie dei sordi; allora lo zoppo salterà come un cervo e la lingua del muto griderà di gioia, perché sgorgheranno acque nel deserto e torrenti nella solitudine. Il luogo arido diventerà uno stagno e la terra assetata sorgenti d’acqua, nei luoghi dove si sdraiavano gli sciacalli ci sarà erba con canne e giunchi. Là vi sarà una strada maestra, una via che sarà chiamata via santa nessun impuro vi passerà; essa sarà soltanto per quelli che la seguono; anche gli insensati non potranno smarrirvisi. Non vi sarà piú il leone, né alcuna bestia feroce vi salirà o vi apparirà, ma vi cammineranno i redenti. I riscattati dall’Eterno torneranno, verranno a Sion con grida di gioia e un’allegrezza eterna coronerà il loro capo; otterranno gioia e letizia, e il dolore e il gemito fuggiranno. Nel quattordicesimo anno del re Ezechia, avvenne che Sennacherib, re di Assiria, salí contro tutte le città fortificate di Giuda e le prese. Il re di Assiria mandò Rabshakeh da Lakish a Gerusalemme al re Ezechia con un grande esercito; egli si fermò presso l’acquedotto della piscina superiore, sulla strada del campo del lavandaio. Allora Eliakim, figlio di Hilkiah, il prefetto del palazzo, Scebna il segretario, e Joah figlio di Asaf, l’archivista, si recarono da lui. Rabshakeh disse loro: »Dite ad Ezechia: Cosí dice il gran re, il re di Assiria: Che fiducia è quella a cui ti affidi? Io dico che consiglio e forza per fare la guerra non sono soltanto parole delle labbra, ora in chi poni la tua fiducia per esserti ribellato, a me? Ecco, tu confidi sul sostegno di questa canna rotta, che è l’Egitto, che penetra nella mano di chi vi si appoggia e la fora. Tale è appunto il Faraone, re d’Egitto, per tutti quelli che confidano in lui. Se poi mi dici: »Noi confidiamo nell’Eterno, il nostro DIO« non è forse quello stesso di cui Ezechia ha rimosso gli alti luoghi e gli altari, dicendo a Giuda e a Gerusalemme: »Voi adorerete soltanto davanti a questo altare«? Ora dunque fa’ una scommessa con il mio signore, il re di Assiria; io ti darò duemila cavalli, se tu sei in grado di procurare i cavalieri che li montino. Come potresti far retrocedere un solo capitano fra i piú piccoli servi del mio signore? Ma tu confidi nell’Egitto per avere carri e cavalieri. E ora sono forse salito senza il volere dell’Eterno contro questo paese per di struggerlo? L’Eterno mi ha detto: »Sali contro questo paese e distruggilo««. Allora Eliakim, Scebna e Joah dissero a Rabshakeh: »Deh, parla ai tuoi servi in aramaico, perché noi lo comprendiamo, ma non parlarci in ebraico, in modo che oda il popolo che è sulle mura«. Ma Rabshakeh rispose: »Il mio signore mi ha forse mandato a dire queste parole al tuo signore e a te, e non piuttosto agli uomini che stanno sulle mura, ridotti a mangiare i loro escrementi e a bere la loro urina con voi?«. Rabshakeh allora si alzò in piedi e gridò a gran voce in ebraico, dicendo: »Ascoltate le parole del gran re, il re di Assiria! Cosí dice il re: Non v’inganni Ezechia, perché egli non potrà liberarvi dalle mie mani; né vi faccia Ezechia riporre la vostra fiducia nell’Eterno, dicendo: Certamente l’Eterno ci libererà; questa città non sarà data nelle mani del re di Assiria Non date ascolto ad Ezechia, perché cosí dice il re di Assiria: Fate pace con me e arrendetevi, e ciascuno di voi potrà mangiare i frutti della sua vite e del suo fico, e ognuno potrà bere l’acqua della sua cisterna, finché io non venga per condurvi in un paese simile al vostro, un paese di grano e di mosto, un paese di pane e di vigne. Ezechia non vi inganni, dicendo: »L’Eterno ci libererà« Ha qualcuno degli dèi delle nazioni potuto liberare il suo paese dalle mani del re di Assiria? Dove sono gli dèi di Hamath e di Arpad? Dove sono gli dèi di Sefarvaim? Hanno forse essi liberato Samaria, dalle mie mani? Chi fra tutti gli dèi di questi paesi ha liberato il proprio paese dalle mie mani perché l’Eterno possa liberare Gerusalemme dalle mie mani?«. Ma essi tacquero e non risposero neppure una parola, perché l’ordine del re era: »Non rispondetegli«. Allora Eliakim, figlio di Hilkiah, prefetto del palazzo, Scebna il segretario, e Joah figlio di Asaf, l’archivista, vennero da Ezechia con le vesti stracciate e gli riferirono le parole di Rabshakeh. Quando il re Ezechia udí questo, si stracciò le vesti, si coprí di sacco ed entrò nella casa dell’Eterno. Quindi mandò Eliakim, prefetto del palazzo, Scebna, il segretario, e i piú anziani dei sacerdoti coperti di sacco, dal profeta Isaia, figlio di Amots, i quali gli dissero: »Cosí dice Ezechia: Questo giorno è un giorno di angoscia, di castigo e di vergogna, perché i figli stanno per nascere, ma non c’è forza per partorirli. Forse l’Eterno, il tuo DIO, ha udito le parole di Rabshakeh, che il re di Assiria suo signore, ha mandato a insultare il DIO vivente, e lo castigherà a motivo delle parole che l’Eterno, il tuo DIO, ha udito. Innalza dunque una preghiera per il residuo che ancora rimane«. Cosí i servi del re Ezechia si recarono da Isaia. E Isaia disse loro: »Questo direte al vostro signore: Cosí dice l’Eterno: Non aver paura a motivo delle parole che hai udito, con le quali i servi del re di Assiria mi hanno insultato. Ecco, io manderò su di lui uno spirito e, appena avrà udito una certa notizia ritornerà nel suo paese; e nel suo paese lo farò cadere di spada«. Cosí Rabshakeh ritornò e trovò il re di Assiria che assediava Libnah, perché aveva saputo che il re era partito da Lakish. Allora il re di Assiria sentí dire riguardo Tirhakah, re di Etiopia: »E’ uscito per muoverti guerra«. Appena udí questo, egli mandò dei messaggeri ad Ezechia, dicendo: »Direte cosí a Ezechia, re di Giuda: Non lasciare che il tuo DIO, nel quale confidi, t’inganni dicendo: Gerusalemme, non sarà data nelle mani del re di Assiria Ecco, tu hai udito ciò che i re di Assiria hanno fatto a tutti gli altri paesi, votandoli alla distruzione. Scamperesti tu soltanto? Hanno forse i re delle nazioni liberato quelli che i miei padri hanno distrutto: Gozan, Haran, Retsef e i figli di Eden che erano a Telassar? Dove sono il re di Hamath, il re di Arpad e il re della città di Sefarvaim, di Hena e di Ivah?«. Ezechia prese la lettera dalle mani dei messaggeri e la lesse; poi salí alla casa dell’Eterno e la distese davanti all’Eterno. Quindi Ezechia pregò l’Eterno, dicendo: »O Eterno degli eserciti, DIO d’Israele, che siedi tra i cherubini, tu sei DIO, tu solo, di tutti i regni della terra, tu hai fatto i cieli e la terra. Porgi il tuo orecchio, o Eterno, e ascolta, apri i tuoi occhi, o Eterno, e vedi. Ascolta tutte le parole di Sennacherib che ha mandato a dire per insultare il DIO vivente. In verità, o Eterno, i re di Assiria hanno devastato tutte le nazioni e i loro paesi e hanno gettato nel fuoco i loro dèi, perché quelli non erano dèi, ma opera delle mani dell’uomo, legno e pietra; per questo li hanno distrutti. Ma ora, o Eterno, DIO nostro, liberaci dalle sue mani, affinché tutti i regni della terra conoscano che tu solo sei l’Eterno«. Allora Isaia, figlio di Amots, mandò a dire ad Ezechia: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Poiché tu mi hai pregato riguardo a Sennacherib, re di Assiria, questa è la parola che l’Eterno ha pronunciato contro di lui: La vergine, figlia di Sion, ti disprezza e si fa beffe di te la figlia di Gerusalemme scuote il capo dietro a te. Chi hai insultato e oltraggiato? Contro chi hai alzato la voce e arrogantemente levato i tuoi occhi? Contro il Santo d’Israele. Per mezzo dei tuoi servi hai insultato il Signore e hai detto: »Con la moltitudine dei miei carri sono salito in cima ai monti, nei recessi del Libano. Abbatterò i suoi cedri piú alti e i suoi cipressi piú belli; raggiungerò la sua altura piú remota, la sua foresta piú lussureggiante. Ho scavato e bevuto acqua, con la pianta dei miei piedi ho disseccato tutti i fiumi d’Egitto Non hai forse udito che da lungo tempo ho preparato questo, da tempi antichi ne ho formato il disegno? Ora ho fatto accadere questo: che tu riducessi in cumuli di rovine città fortificate. Perciò i loro abitanti, privi di forza, erano spaventati e confusi, erano come l’erba dei campi, come l’erbetta verde, come l’erba dei tetti, che è bruciata prima che cresca. Ma io conosco la tua dimora, il tuo uscire e il tuo entrare e anche il tuo infuriarti contro di me. Poiché ti sei infuriato contro di me e la tua insolenza è giunta ai miei orecchi, ti metterò il mio anello alle narici, il mio morso in bocca e ti farò ritornare per la strada per la quale sei venuto. E questo sarà il segno per te: quest’anno mangerete ciò che cresce spontaneamente, il secondo anno ciò che nasce dallo stesso, ma il terzo anno seminerete e mieterete, pianterete vigne e ne mangerete il frutto. E il residuo della casa di Giuda che sarà scampato continuerà a mettere radici in basso e a fare frutto in alto. Poiché da Gerusalemme, uscirà un residuo e dal monte di Sion quelli che sono scampati. Lo zelo dell’Eterno degli eserciti farà questo«. Perciò cosí dice l’Eterno contro il re di Assiria: »Egli non entrerà in questa città né vi lancerà alcuna freccia, non le verrà davanti con scudi né costruirà contro di essa alcun terrapieno. Egli ritornerà per la stessa strada da cui è venuto e non entrerà in questa città«, dice l’Eterno. »Poiché io proteggerò questa città per salvarla, per amore di me stesso per amore di Davide, mio servo«. Quindi l’angelo dell’Eterno uscí e colpí nell’accampamento degli Assiri centottantacinquemila uomini; e quando la gente si alzò al mattino, ecco erano tutti cadaveri. Allora Sennacherib, re di Assiria, levò le tende, partí e fece ritorno a casa e rimase a Ninive. E avvenne che, mentre egli stava adorando nel tempio del suo dio Nisrok, i suoi figli Adrammalek e Sharetser lo uccisero a colpi di spada; poi si rifugiarono nel paese di Ararat. Al suo posto regnò suo figlio Esarhaddon. In quel tempo Ezechia si ammalò mortalmente. Il profeta Isaia, figlio di Amots, si recò da lui e gli disse: »Cosí parla l’Eterno: Metti in ordine la tua casa, perché morirai e non guarirai«. Ezechia allora voltò la faccia verso la parete e pregò l’Eterno: »Ti supplico, o Eterno, ricordati come ho camminato davanti a te con fedeltà e con cuore integro e ho fatto ciò che è bene ai tuoi occhi«. Poi Ezechia diede in un gran pianto. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta a Isaia, dicendo: »Va’ e di’ a Ezechia: Cosí dice l’Eterno, il DIO di Davide, tuo padre: Ho udito la tua preghiera, ho visto le tue lacrime; ecco, io aggiungerò ai tuoi giorni quindici anni; libererò te e questa città dalle mani del re di Assiria e proteggerò questa città. Questo è per te il segno da parte dell’Eterno, che l’Eterno adempirà la parola che ha detto: ecco, io farò retrocedere di dieci gradini l’ombra che per effetto del sole si è allungata sui gradini di Achaz«. E il sole retrocesse di dieci gradini sui gradini dai quali era disceso. Scritto di Ezechia, re di Giuda, quando cadde ammalato e guarí dalla sua malattia. Io dicevo: »Al culmine dei miei giorni me ne andrò alle porte dello Sceol; sono privato del resto dei miei anni«. Dicevo: »Non vedrò piú l’Eterno, sí, l’Eterno, sulla terra dei viventi; fra gli abitanti del mondo dei trapassati non vedrò piú alcun uomo. La mia dimora terrena è divelta e portata via lontano da me, come una tenda di pastori. Ho arrotolato la mia vita come un tessitore. Egli mi recide dalla trama; dal giorno alla notte porrai termine alla mia vita. Ho calmato me stesso fino al mattino; come un leone, cosí egli spezza tutte le mie ossa; dal giorno alla notte porrai termine alla mia vita. Stridevo come una gru o una rondine, gemevo come una colomba, i miei occhi erano stanchi di guardare in alto. O Eterno, sono oppresso; sii tu il mio garante. Che dirò? Egli mi ha parlato ed egli stesso ha fatto questo. Io camminerò lentamente durante tutti i miei anni, nell’amarezza della mia anima. O Signore, mediante queste cose si vive, e in tutte queste cose sta la vita del mio spirito; perciò guariscimi e rendimi la vita! Ecco, è per la mia pace che ho provato grande amarezza, ma nel tuo amore hai liberato la mia anima dalla fossa della corruzione, perché hai gettato dietro le tue spalle tutti i miei peccati. Poiché lo Sceol non può lodarti, la morte non può celebrarti, quelli che scendono nella fossa non possono piú sperare nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente è quello che ti loda, come faccio io quest’oggi, il padre farà conoscere ai figli la tua fedeltà. L’Eterno mi salverà, e noi canteremo i miei cantici con gli strumenti a corda, tutti i giorni della nostra vita nella casa dell’Eterno«. Or Isaia aveva detto: »Si prenda un impiastro di fichi, lo si applichi sull’ulcera ed egli guarirà«. Ezechia aveva detto: »Qual è il segno per cui salirò alla casa dell’Eterno?«. In quel tempo Merodak-Baladan figlio di Baladan, re di Babilonia inviò lettere e un dono a Ezechia, perché aveva udito che era stato ammalato ed era guarito. Ezechia se ne rallegrò e mostrò agli inviati la casa dei suoi tesori, l’argento l’oro, gli aromi, l’unguento prezioso, tutto il suo arsenale e tutto ciò che si trovava nei suoi tesori, non ci fu nulla del suo palazzo e in tutto il suo regno che Ezechia non mostrasse loro. Allora il profeta Isaia venne dal re Ezechia e gli disse: »Che cosa hanno detto quegli uomini e da dove sono venuti a te?«. Ezechia rispose: »Sono venuti a me da un paese lontano, da Babilonia«. Isaia domandò ancora: »Che cosa hanno visto nel tuo palazzo?«. Ezechia rispose: »Hanno visto tutto ciò che si trova nel mio palazzo, non c’è nulla nei miei tesori che non abbia mostrato loro«. Allora Isaia disse a Ezechia: »Ascolta la parola dell’Eterno degli eserciti: Ecco, verranno giorni in cui tutto ciò che si trova nel tuo palazzo e ciò che i tuoi padri hanno accumulato fino a oggi sarà trasportato a Babilonia; non vi resterà nulla, dice l’Eterno. Prenderanno inoltre i figli che saranno usciti da te e che tu avrai generato, e ne faranno degli eunuchi nel palazzo del re di Babilonia«. Ezechia disse quindi a Isaia: »La parola dell’Eterno che hai pronunciata è buona«. Poi aggiunse: »Vi sarà almeno pace e sicurezza durante la mia vita«. »Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro DIO. Parlate al cuore di Gerusalemme, e proclamatele che il suo tempo di guerra è finito, che la sua iniquità è espiata, perché ha ricevuto dalla mano dell’Eterno il doppio per tutti i suoi peccati«. La voce di uno che grida nel deserto: »Preparate la via dell’Eterno, raddrizzate nel deserto una strada per il nostro DIO. Ogni valle sia colmata e ogni monte e colle siano abbassati, i luoghi tortuosi siano raddrizzati e i luoghi scabrosi appianati Allora la gloria dell’Eterno sarà rivelata e ogni carne la vedrà, perché la bocca dell’Eterno ha parlato«. Una voce dice: »Grida!«, e si risponde: »Che griderò?«. »Grida che ogni carne è come l’erba, e che tutta la sua grazia è come il fiore del campo. L’erba si secca, il fiore appassisce quando lo Spirito dell’Eterno vi soffia sopra; certo il popolo non è altro che erba. L’erba si secca, il fiore appassisce, ma la parola del nostro DIO rimane in eterno«. O Sion, tu che rechi la buona novella, sali su un alto monte! O Gerusalemme, tu che rechi la buona novella alza la voce con forza! Alza la voce non temere! Di’ alle città di Giuda: »Ecco il vostro DIO!«. Ecco, il Signore, l’Eterno viene con potenza, e il suo braccio domina per lui. Ecco il suo premio è con lui e la sua ricompensa lo precede. Egli pascolerà il suo gregge come un pastore, radunerà gli agnelli col suo braccio e li porterà sul suo seno, e guiderà con dolcezza e cura le pecore che hanno i piccoli. Chi ha misurato le acque nel cavo della sua mano, preso le dimensioni del cielo con la spanna, raccolto la polvere della terra in una misura, o pesato le montagne con la stadera e i colli con la bilancia? Chi ha preso le dimensioni dello Spirito dell’Eterno, o come suo consigliere gli ha dato insegnamenti? Con chi si è consultato, perché gli desse intendimento, e gli insegnasse il sentiero della giustizia, gli impartisse conoscenza e gli mostrasse la via del discernimento? Ecco, le nazioni sono come una goccia in un secchio, sono considerate come il pulviscolo della bilancia; ecco, egli solleva le isole come un piccolissimo oggetto. Il Libano non basterebbe a provvedere il combustibile per il fuoco, né i suoi animali basterebbero per l’olocausto. Tutte le nazioni sono come un nulla davanti a lui e sono da lui ritenute un nulla e vanità. A chi vorreste assomigliare Dio e quale immagine gli mettereste a confronto? Un artista fonde un’immagine scolpita e l’orafo la riveste d’oro e fonde catenelle d’argento. Chi è troppo povero per una tale offerta sceglie un legno che non marcisce e si procura un abile artigiano, perché prepari un’immagine scolpita che non si muova Ma non lo sapete, non l’avete udito? Non vi è stato annunciato fin dal principio? Non avete compreso dalle fondamenta della terra? Egli è colui che sta assiso sul globo della terra, i cui abitanti sono come cavallette; egli distende i cieli come un velo e li dispiega come una tenda in cui abitarvi. Egli riduce i principi a un nulla e rende inutili i giudici della terra. Appena sono piantati, appena seminati, appena il loro stelo ha messo radici in terra, egli soffia su di loro ed essi seccano e l’uragano li porta via come stoppia. »A chi dunque mi vorreste assomigliare, perché gli sia pari?«, dice il Santo. Levate in alto i vostri occhi e guardate: Chi ha creato queste cose? Colui che fa uscire il loro esercito in numero e le chiama tutte per nome; per la grandezza del suo vigore e la potenza della sua forza, nessuna manca. Perché dici, o Giacobbe, e tu, Israele, dichiari: »La mia via è nascosta all’Eterno e il mio diritto è trascurato dal mio DIO«? Non lo sai forse, non l’hai udito? Il DIO di eternità, l’Eterno, il creatore dei confini della terra, non si affatica e non si stanca, la sua intelligenza è imperscrutabile. Egli dà forza allo stanco e accresce il vigore allo spossato. I giovani si affaticano e si stancano, i giovani scelti certamente inciampano e cadono, ma quelli che sperano nell’Eterno acquistano nuove forze, s’innalzano con ali come aquile, corrono senza stancarsi e camminano senza affaticarsi. Isole, state in silenzio! Riprendano nuove forze i popoli, si avvicinino e poi parlino. Raduniamoci insieme a giudizio! »Chi ha suscitato uno dall’est, chiamandolo ai suoi piedi nella giustizia? Chi gli ha consegnato le nazioni e sottomesso i re? Egli li dà come polvere alla sua spada e come stoppia dispersa al suo arco. Egli insegue e procede sicuro per una strada sulla quale i suoi piedi non sono mai passati. Chi ha operato e compiuto questo, chiamando le generazioni fin dal principio? Io, l’Eterno, sono il primo e con gli ultimi sarò sempre lo stesso«. Le isole lo vedono e sono prese da paura, le estremità della terra tremano; si avvicinano, arrivano. Ognuno aiuta il suo compagno e dice al proprio fratello: »Coraggio!«. Il fabbro incoraggia l’orafo e chi rifinisce col martello incoraggia chi batte l’incudine e dice della saldatura: »Va bene« e la rinforza con chiodi, perché non si smuova. »Ma tu, Israele, mio servo, Giacobbe che io ho scelto, progenie di Abrahamo, mio amico te che ho preso dalle estremità della terra, che ho chiamato dagli angoli piú remoti di essa e ti ho detto: »Tu sei il mio servo, ti ho scelto e non ti ho rigettato Non temere, perché io sono con te non smarrirti, perché io sono il tuo DIO. Io ti fortifico e anche ti aiuto e ti sostengo con la destra della mia giustizia. Ecco, tutti quelli che si sono infuriati contro di te saranno svergognati e confusi; quelli che combattono contro di te saranno ridotti a nulla e periranno. Tu li cercherai ma non troverai piú quelli che contendevano con te; quelli che ti facevano guerra saranno come nulla, come cosa che non esiste piú. Poiché io, l’Eterno, il tuo DIO, ti prendo per la mano destra e ti dico: »Non temere, io ti aiuto« Non temere, o verme di Giacobbe, o uomini d’Israele! Io ti aiuto dice l’Eterno; Il tuo Redentore è il Santo d’Israele. Ecco, io ti faccio una trebbia nuova con denti acuminati; tu trebbierai i monti e li ridurrai in polvere, e renderai le colline come la pula. Tu li ventilerai, il vento li porterà via e il turbine li disperderà; ma tu giubilerai nell’Eterno e ti glorierai nel Santo d’Israele. I miseri e poveri cercano acqua, ma non ce n’è; la loro lingua è riarsa per la sete; io, l’Eterno, li esaudirò; io, il DIO d’Israele, non li abbandonerò. Farò scaturire fiumi sulle colline brulle, e fonti in mezzo alle valli; farò del deserto un lago d’acqua e della terra arida sorgenti d’acqua. Pianterò nel deserto il cedro, l’acacia, il mirto e l’ulivo; metterò nell’Arabah, il cipresso, l’olmo e l’abete, affinché vedano, sappiano, considerino e comprendano tutti assieme che la mano dell’Eterno ha operato questo e il Santo d’Israele l’ha creato. Presentate la vostra causa, dice l’Eterno, esponete le vostre ragioni, dice il Re di Giacobbe. Le espongano e ci annuncino ciò che accadrà. Dichiarino quali erano le cose passate, perché le possiamo considerare e conoscerne il compimento; oppure annunciateci ciò che avverrà. Annunciate ciò che avverrà nel futuro, e cosí sapremo che siete dèi; sí, fate del bene o del male affinché rimaniamo sbigottiti nel vederlo insieme. Ecco, voi siete un nulla e la vostra opera è niente; chi vi sceglie è un abominio. Io ho suscitato uno dal nord, ed egli verrà, dall’est egli invocherà il mio nome; calpesterà i principi come creta, come il vasaio calca l’argilla. Chi ha annunciato questo fin dal principio perché lo sapessimo, molto prima perché potessimo dire: »E’ giusto«? Ma non c’è nessuno che abbia annunciato questo, nessuno che l’abbia proclamato, nessuno che abbia udito le vostre parole. Per primo io l’ho annunciato a Sion: Guardate, eccoli! E a Gerusalemme ho inviato un messaggero di buone novelle. Guardai, ma non c’era nessuno, proprio nessuno tra loro che sapesse dare un consiglio, o che, interrogato, potesse darmi una risposta. Ecco, tutti costoro sono vanità; le loro opere sono un nulla e le loro statue sono vento e cose di nessun valore«. »Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto in cui la mia anima si compiace. Ho posto il mio Spirito su di lui; egli porterà la giustizia alle nazioni. Non griderà, non alzerà la voce, non farà udire la sua voce per le strade. Non spezzerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante; presenterà la giustizia secondo verità. Egli non verrà meno e non si scoraggerà, finché non avrà stabilito la giustizia sulla terra; e le isole aspetteranno la sua legge«. Cosí dice Dio, l’Eterno, che ha creato i cieli e li ha spiegati, che ha disteso la terra e le cose che essa produce, che dà il respiro al popolo che è su di essa e la vita a quelli che in essa camminano: »Io, l’Eterno, ti ho chiamato secondo giustizia e ti prenderò per mano, ti custodirò e ti farò l’alleanza del popolo e la luce delle nazioni, per aprire gli occhi dei ciechi, per fare uscire dal carcere i prigionieri e dalla prigione quelli che giacciono nelle tenebre. Io sono l’Eterno, questo è il mio nome; non darò la mia gloria ad alcun altro né la mia lode alle immagini scolpite. Ecco, le cose di prima sono avvenute e ora vi annuncio cose nuove; io ve le faccio conoscere prima che germoglino«. Cantate all’Eterno un cantico nuovo, la sua lode dalle estremità della terra, o voi che scendete in mare, e ciò che esso contiene, le isole e i loro abitanti. Il deserto e le sue città elevino la loro voce, insieme ai villaggi in cui abitano quelli di Kedar. Esultino gli abitanti di Sela, mandino grida dalla cima dei monti. Diano gloria all’Eterno, proclamino la sua lode nelle isole. L’Eterno avanzerà come un eroe, ecciterà il suo ardore come un guerriero; manderà un grido, sí, un grido lacerante trionferà sui suoi nemici. »Per lungo tempo sono stato in silenzio, ho taciuto, mi sono contenuto; ma ora griderò come una donna che ha le doglie di parto, respirerò affannosamente e sbufferò insieme. Devasterò monti e colli e farò seccare tutte le piante verdi; ridurrò i fiumi in isole e asciugherò gli stagni. Farò camminare i ciechi per una via che non conoscevano e li condurrò per sentieri sconosciuti; cambierò davanti a loro le tenebre in luce e i luoghi tortuosi in pianura. Queste cose farò per loro e non li abbandonerò. Volgeranno le spalle pieni di vergogna quelli che confidano nelle immagini scolpite e dicono alle immagini fuse: »Voi siete i nostri dèi!« Sordi, ascoltate; ciechi, guardate e vedete! Chi è cieco, se non il mio servo, o sordo come il mio messaggero che invio? Chi è cieco come colui che è in pace con me, cieco come il servo dell’Eterno? Hai visto molte cose, ma senza prestarvi attenzione; le tue orecchie erano aperte, ma non hai udito nulla«. L’Eterno si è compiaciuto per amore della sua giustizia; renderà la sua legge grande e magnifica. Ma questo è un popolo derubato e spogliato; sono tutti presi nei lacci in prigioni sotterranee e rinchiusi in carceri. Sono abbandonati al saccheggio, ma nessuno li ha liberati; spogliati, ma nessuno ha detto: »Restituisci!«. Chi di voi presterà orecchio a questo? Chi farà attenzione e ascolterà in avvenire? Chi ha abbandonato Giacobbe al saccheggio e Israele, ai predoni? Non è forse stato l’Eterno, contro il quale abbiamo peccato? Essi infatti non hanno voluto camminare nelle sue vie e non hanno ubbidito alla sua legge. Perciò egli ha riversato su di lui l’ardore della sua ira e la violenza della guerra, che lo ha avvolto nelle fiamme tutt’intorno senza che se ne rendesse conto; l’ha consumato, ma egli non ha preso la cosa a cuore. Ma ora cosí dice l’Eterno, che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha formato, o Israele: »Non temere, perché io ti ho redento, ti ho chiamato per nome; tu mi appartieni. Quando passerai attraverso le acque io sarò con te, o attraverserai i fiumi, non ti sommergeranno; quando camminerai in mezzo al fuoco, non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà. Poiché io sono l’Eterno, il tuo DIO, il Santo d’Israele, il tuo Salvatore. Ho dato l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto, l’Etiopia e Seba, al tuo posto. Perché tu sei prezioso ai miei occhi e onorato, e io ti amo, io do uomini al tuo posto e popoli in cambio della tua vita. Non temere, perché io sono con te; farò venire la tua progenie dall’est e ti radunerò dall’ovest. Dirò al settentrione: »Restituiscili« e al mezzogiorno: »Non trattenerli. Fa’ venire i miei figli da lontano e le mie figlie dalle estremità della terra, tutti quelli che si chiamano col mio nome, che ho creato per la mia gloria, che ho formato e anche fatto". Fa’ uscire il popolo cieco che tuttavia ha gli occhi, e i sordi che tuttavia hanno le orecchie. Si radunino insieme tutte le nazioni si riuniscano i popoli! Chi tra di loro può annunciare questo e farci udire le cose passate? Presentino i loro testimoni per essere giustificati; o ascoltino essi e dicano: »E’ vero!« I miei testimoni siete voi, dice l’Eterno, insieme al servo che ho scelto, affinché voi mi conosciate e crediate in me, e comprendiate che sono io. Prima di me nessun Dio fu formato, e dopo di me non ve ne sarà alcuno. Io, io sono l’Eterno, e all’infuori di me non c’è Salvatore, IO ho annunciato, salvato e proclamato, e non c’era alcun dio straniero tra di voi; perciò voi siete miei testimoni, dice l’Eterno, e io sono Dio. Prima dell’inizio del tempo io sono sempre lo stesso, e nessuno può liberare dalla mia mano; quando io opero, chi può ostacolarmi?. Cosí dice l’Eterno, il vostro Redentore, il Santo d’Israele: »Per amore vostro io mando uno contro Babilonia, e li metterò tutti in fuga; cosí i Caldei fuggiranno nelle navi con grida di dolore. IO sono l’Eterno, il vostro Santo, il creatore d’Israele, il vostro re«. Cosí dice l’Eterno che aperse una strada nel mare e un sentiero fra le acque potenti, che fece uscire carri, cavalli e un esercito potente; essi giacciono tutti insieme e non si rialzeranno piú; sono annientati, spenti come un lucignolo. »Non ricordate piú le cose passate non considerate piú le cose antiche. Ecco, io faccio una cosa nuova; essa germoglierà; non la riconoscerete voi? Sí, aprirò una strada nel deserto, farò scorrere fiumi nella solitudine. Le bestie dei campi, gli sciacalli e gli struzzi mi glorificheranno, perché darò acqua al deserto e fiumi alla solitudine per dar da bere al mio popolo, il mio eletto. Il popolo che mi sono formato proclamerà le mie lodi. Ma tu non mi hai invocato, o Giacobbe, anzi ti sei stancato di me, o Israele! Non mi hai portato l’agnello dei tuoi olocausti e non mi hai onorato con i tuoi sacrifici; non ti ho obbligato a servirmi con offerte di cibo, né ti ho stancato richiedendo incenso, Non mi hai comprato con denaro la cannella e non mi hai saziato col grasso dei tuoi sacrifici. Invece tu mi hai gravato con i tuoi peccati, mi hai stancato con le tue iniquità. Io, proprio io, sono colui che per amore di me stesso cancello le tue trasgressioni e non ricorderò piú i tuoi peccati. Fammi ricordare, discutiamo il caso insieme, parla tu stesso per giustificarti. Il tuo primo padre ha peccato e i tuoi maestri si sono ribellati a me. Perciò ho reso contaminati i capi del santuario, ho votato Giacobbe allo sterminio e Israele agli obbrobri«. »Ora ascolta, o Giacobbe mio servo, o Israele, che io ho scelto! Cosí dice l’Eterno che ti ha fatto e ti ha formato fin dal seno materno, colui che ti aiuta: Non temere, o Giacobbe mio servo, o Jeshurun che io ho scelto! Poiché io spanderò acqua sull’assetato e ruscelli sulla terra arida; spanderò il mio Spirito sulla tua progenie, e la mia benedizione sui tuoi discendenti. Essi cresceranno in mezzo all’erba come salici lungo corsi d’acqua. L’uno dirà: »Io sono dell’Eterno«; l’altro si chiamerà col nome di Giacobbe, e un altro scriverà sulla sua mano: »Dell’Eterno«, e si onorerà di portare il nome d’Israele«. Cosí dice l’Eterno, il re d’Israele e suo Redentore, l’Eterno degli eserciti: »Io sono il primo e sono l’ultimo, e all’infuori di me non c’è DIO. Chi è come me? Lo proclami pure, lo dichiari e ne fornisca le prove davanti a me da quando ho stabilito questo popolo antico. Annuncino loro le cose che avverranno e gli avvenimenti che avranno luogo. Non spaventatevi, non temete! Non te l’ho forse annunciato e dichiarato da tempo? Voi siete miei testimoni. C’è forse un Dio all’infuori di me? Non c’è altra Rocca; non ne conosco alcuna«. Quelli che fabbricano immagini scolpite sono tutti vanità; le loro cose piú preziose non giovano a nulla; i loro propri testimoni non vedono né comprendono, per cui saranno coperti di vergogna. Chi fabbrica un dio o fonde un’immagine scolpita senza averne alcun vantaggio? Ecco tutti i compagni di tale persona saranno confusi; gli artigiani stessi non sono che uomini. Si radunino tutti, si presentino. Saranno spaventati e svergognati insieme. Il fabbro con le tenaglie lavora il ferro sulle braci, gli dà la forma col martello e lo rifinisce col suo braccio vigoroso soffre la fame e la sua forza viene meno non beve acqua e si stanca. Il falegname stende il regolo, disegna l’idolo con la matita, lo lavora con lo scalpello, lo misura col compasso e ne fa una figura umana, una bella forma di uomo, perché rimanga in una casa. Egli taglia per sé dei cedri, prende un cipresso o una quercia che lascia crescere vigorosi fra gli alberi della foresta; egli pianta un frassino che la pioggia fa crescere. Questo serve all’uomo per bruciare; egli ne prende una parte per riscaldarsi e accende il fuoco per cuocere il pane; ne fa pure un dio e l’adora, ne fa un’immagine scolpita, davanti alla quale si prostra. Ne brucia la metà nel fuoco, con l’altra metà prepara la carne, ne cuoce l’arrosto e si sazia. Si riscalda pure e dice: »Ah, mi riscaldo, mi godo il fuoco«. Con il resto di esso fabbrica un dio, la sua immagine scolpita, gli si prostra davanti, lo adora, lo prega e gli dice: »Salvami, perché tu sei il mio dio«. Non sanno e non comprendono nulla, perché hanno impiastrato i loro occhi affinché non vedano, e i loro cuori perché non comprendano. Nessuno rientra in se stesso né ha conoscenza e intendimento per dire: »Ne ho bruciato una parte nel fuoco, sí, sulle sue braci ho fatto cuocere il pane, ho arrostito la carne e l’ho mangiata. Farò col resto un’abominazione e mi prostrerò davanti a un pezzo di legno?«. Un tale si pasce di cenere, il suo cuore sedotto lo travia. Egli non può liberare la sua anima e dire: »Ciò che tengo nella mia destra non è forse una menzogna?«. »Ricorda queste cose, o Giacobbe, o Israele, perché tu sei mio servo; io ti ho formato, tu sei il mio servo; o Israele non sarai da me dimenticato. Ho cancellato le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati come una nuvola; torna a me, perché io ti ho redento«. Esultate o cieli, perché l’Eterno ha operato. Giubilate, o profondità della terra. Prorompete in grida di gioia, o montagne, o foreste, con tutti i vostri alberi! Poiché l’Eterno ha redento Giacobbe e ha manifestato la sua gloria in Israele. Cosí dice l’Eterno, il tuo Redentore, colui che ti ha formato fin dal seno materno: »Io sono l’Eterno che ho fatto tutte le cose, che da solo ho spiegato i cieli e ho distesa la terra; chi era con me? Io rendo vani i presagi dei bugiardi e rendo insensati gli indovini; io faccio indietreggiare i savi e rendo folle la loro conoscenza. Confermo la parola del mio servo e do successo al consiglio dei miei messaggeri; io dico a Gerusalemme: »Sarai abitata« e alle città di Giuda: »Sarete ricostruite« e io riedificherò le sue rovine. Dico all’abisso: »Prosciugati« io prosciugherò i tuoi fiumi. Dico di Ciro: »Egli è il mio pastore!« e compirà tutti i miei desideri, dicendo a Gerusalemme: »Sarai ricostruita!« e al tempio: »Sarai stabilito!«. »Cosí dice l’Eterno al suo unto, a Ciro, che io ho preso per la destra per atterrare davanti a lui le nazioni: Sí, io scioglierò le cinture ai lombi, dei re, per aprire davanti a lui le porte a due battenti e perché le porte non rimangano chiuse. Io camminerò davanti a te e appianerò i luoghi elevati, frantumerò le porte di bronzo e spezzerò le sbarre di ferro. Ti darò i tesori delle tenebre e le ricchezze nascoste in luoghi segreti, perché tu riconosca che io sono l’Eterno il DIO d’Israele, che ti chiama per nome. Per amore di Giacobbe mio servo e d’Israele mio eletto, io ti ho chiamato per nome, ti ho dato un titolo onorifico anche se non mi conoscevi. Io sono l’Eterno e non c’è alcun altro; fuori di me non c’è DIO. Ti ho cinto, anche se non mi conoscevi, perché dall’est all’ovest si riconosca che non c’è nessun Dio fuori di me. Io sono l’Eterno e non c’è alcun altro. Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il benessere e creo la calamità. Io l’Eterno, faccio tutte queste cose«. Stillate, o cieli, dall’alto e le nuvole facciano piovere la giustizia. Si apra la terra, produca la salvezza e faccia germogliare insieme la giustizia. Io, l’Eterno, ho creato questo. Guai a chi contende con chi l’ha formato, un frammento di vasi di terra con altri frammenti di vasi di terra. Dirà l’argilla a chi la forma: »Che fai?«, o dirà la tua opera: »Non ha mani?«. Guai a chi dice al padre: »Che cosa generi?«, e a sua madre: »Che cosa partorisci?«. Cosí dice l’Eterno, il Santo d’Israele e colui che l’ha formato: »Riguardo alle cose future mi fate domande circa i miei figli e mi date ordini circa l’opera delle mie mani? Ma io ho fatto la terra e ho creato l’uomo su di essa, con le mie mani ho spiegato i cieli e comando a tutto il loro esercito. Io l’ho suscitato nella mia giustizia e appianerò tutte le sue vie; egli ricostruirà la mia città e rimanderà liberi i miei esuli senza prezzo di riscatto e senza doni«, dice l’Eterno degli eserciti. Cosí dice l’Eterno: »Il frutto delle fatiche dell’Egitto e le merci dell’Etiopia e dei Sabei, uomini di alta statura, passeranno a te e saranno tuoi, essi cammineranno dietro a te, verranno in catene si prostreranno davanti a te e ti supplicheranno, dicendo: »Certamente Dio è in te e non c’è alcun altro; non c’è altro DIO««. In verità tu sei un Dio che ti nascondi, o DIO d’Israele, o Salvatore. Saranno tutti quanti svergognati e confusi, sí, se ne andranno tutti insieme coperti di vergogna i fabbricanti di idoli. Ma Israele sarà salvato dall’Eterno con una salvezza eterna; voi non sarete svergognati o confusi mai piú in eterno. Poiché cosí dice l’Eterno che ha creato i cieli, egli, il DIO che ha formato la terra e l’ha fatta; egli l’ha stabilita, non l’ha creata informe ma l’ha formata perché fosse abitata: »Io sono l’Eterno e non c’è alcun altro. Io non ho parlato in segreto in un angolo oscuro della terra; non ho detto alla progenie di Giacobbe: Cercatemi invano Io, l’Eterno, dico ciò che è giusto e dichiaro le cose che sono rette. Radunatevi e venite, avvicinatevi insieme, voi che siete scampati dalle nazioni! Non hanno intendimento quelli che portano un’immagine di legno da loro scolpita e pregano un dio che non può salvare. Annunziatelo e presentate le vostre ragioni, sí, si consiglino pure insieme. Chi ha annunciato questo fin dai tempi antichi e l’ha predetto da lungo tempo? Non sono forse io, l’Eterno? Non v’è altro DIO fuori di me, un Dio giusto, un Salvatore; non c’è nessuno fuori di me. Volgetevi a me e siate salvate, voi tutte estremità della terra. Poiché io sono Dio e non c’è alcun altro. Ho giurato per me stesso, dalla mia bocca è uscita una parola di giustizia, e non sarà revocata: ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua giurerà per me. Si dirà di me: Solo nell’Eterno ho giustizia e forza. A lui verranno tutti quelli che erano accesi d’ira contro di lui e saranno svergognati. Nell’Eterno sarà giustificata e si glorierà tutta la progenie d’Israele. Bel è caduto, Nebo è crollato; e i loro idoli sono portati via da bestie da soma e da giumenti; le cose che voi trasportavate sono caricate come pesanti fardelli per le bestie affaticate. Sono crollati, sono caduti insieme; non hanno potuto salvare il carico, ma essi stessi sono andati in cattività. »Ascoltatemi, o casa di Giacobbe e tutto il residuo della casa d’Israele, che siete stati da me sorretti fin dalla nascita che siete stati portati fin dal grembo materno: "Fino alla vostra vecchiaia io sarò lo stesso, io vi porterò fino alla canizie. Io vi ho fatto ed io vi sosterrò; sí, vi porterò e vi salverò". A chi mi vorreste assomigliare e uguagliare, a chi mi vorreste paragonare quasi fossimo simili? Costoro profondono l’oro dalla borsa e pesano l’argento con la bilancia, pagano un orefice perché ne faccia un dio; poi gli si prostrano davanti e l’adorano. Se lo caricano sulle spalle e lo portano, lo mettono al suo posto e là rimane; dal suo posto non si muove più. Anche se uno grida a lui, non risponde né lo salva dalla sua sventura. Ricordate questo e mostratevi uomini! Richiamatelo alla mente, o trasgressori. Ricordate le cose passate di molto tempo fa, perché io sono Dio e non c’è alcun’ altro; sono DIO e nessuno è simile a me, che annuncio la fine fin dal principio, e molto tempo prima le cose non ancora avvenute, che dico: »Il mio piano sussisterà e farò tutto ciò che mi piace«, che chiamo dall’est un uccello da preda e da una terra lontana l’uomo che eseguirà il mio disegno. Sí, ho parlato e lo farò avvenire; ne ho formato il disegno e lo eseguirò. Ascoltatemi ostinati di cuore, che siete lontani dalla giustizia. Faccio avvicinare la mia giustizia, non è lontana, la mia salvezza, non tarderà. Porrò la salvezza in Sion e farò vedere la mia gloria a Israele«. »Scendi e siediti nella polvere, o vergine figlia di Babilonia. Siediti in terra, senza trono, o figlia dei Caldei, perché non sarai piú chiamata tenera e delicata. Metti mano alla macina e macina la farina; rimuovi il tuo velo, alza lo strascico, scopriti la gamba e attraversa i fiumi. La tua nudità sarà scoperta e si vedrà pure la tua vergogna; farò vendetta e nessuno intercederà«. Il nostro Redentore, il cui nome è l’Eterno degli eserciti, è il Santo d’Israele. »Siedi in silenzio e va’ nelle tenebre, o figlia dei Caldei, perché non sarai piú chiamata la signora dei regni. Mi sono adirato con il mio popolo, ho profanato la mia eredità e li ho dati in tuo potere, ma tu non hai usato loro alcuna pietà; sugli anziani facesti pesare il tuo giogo grandemente, e dicesti: Io sarò signora per sempre e cosí non hai riposto queste cose nel cuore e non hai considerato la fine di tutto questo. Or dunque ascolta questo, o voluttuosa, che dimori al sicuro e dici in cuor tuo: »Io, e nessun altro! Non rimarrò mai vedova né conoscerò la perdita dei figli«. Ma queste due cose ti avverranno in un momento, in uno stesso giorno: perdita dei figli e vedovanza; ti piomberanno addosso in piena misura, per la moltitudine dei tuoi sortilegi e la grande abbondanza dei tuoi incantesimi. Tu confidavi nella tua malizia e dicevi: »Nessuno mi vede«. La tua sapienza e la tua conoscenza ti hanno sedotta, e dicevi in cuor tuo: "Io, e nessun altro". Perciò ti verrà addosso una sciagura, e non saprai da dove viene; ti piomberà addosso una calamità, che non potrai scongiurare con alcuna espiazione; ti cadrà improvvisamente addosso una rovina, che non hai previsto. Rimani ora con i tuoi incantesimi e con la moltitudine dei tuoi sortilegi, nei quali ti sei affaticata fin dalla tua giovinezza. Forse ne trarrai qualche vantaggio, forse riuscirai a incutere paura. Ti sei stancata per la moltitudine dei tuoi consiglieri; si levino dunque gli astrologi, quelli che osservano le stelle e che fanno pronostici ogni mese e ti salvino dalle cose che ti piomberanno addosso. Ecco, essi saranno come stoppia; il fuoco li consumerà. Non salveranno se stessi dal potere della fiamma; non ci sarà brace a cui scaldarsi né fuoco davanti al quale sedersi. Cosí saranno quelli con i quali ti sei affaticata e con i quali hai trafficato fin dalla tua giovinezza. Ognuno andrà errando per conto suo, e nessuno ti salverà«. Ascoltate questo, o casa di Giacobbe, voi che siete chiamati col nome d’Israele, e che siete usciti dalle sorgenti di Giuda, voi che giurate per il nome dell’Eterno e menzionate il DIO d’Israele, ma non in verità e giustizia. Poiché si fanno chiamare col nome della città santa e si appoggiano sul DIO d’Israele, il cui nome è l’Eterno degli eserciti: »Io ho annunciato le cose passate fin dal principio; erano uscite dalla mia bocca e le avevo fatte udire; poi improvvisamente io ho agito, ed esse sono accadute. Poiché sapevo che eri ostinato, che il tuo collo era un tendine di ferro e la tua fronte di bronzo, te le ho annunciate fin dal principio, te le ho fatte udire prima che avvenissero, perché non avessi a dire: »Le ha fatte il mio idolo, le hanno ordinate la mia immagine scolpita e la mia immagine fusa« Tu hai udito e visto tutto questo. Non lo proclamerete quindi? Da ora ti faccio udire cose nuove, cose nascoste che tu non conoscevi. Esse sono create ora e non dal principio, prima di oggi non le avevi udite, perché tu non dica: Ecco, io le sapevo No, tu non le hai né udite né sapute, né il tuo orecchio era allora aperto, perché sapevo che avresti agito perfidamente e che ti chiami »ribelle«, e fin dal grembo materno. Per amore del mio nome differirò la mia ira, e per amore della mia gloria la frenerò per non sterminarti. Ecco, io ti ho raffinato, ma non come l’argento; ti ho provato nel crogiuolo dell’afflizione. Per amore di me stesso, per amore di me stesso faccio questo; come potrei infatti lasciar profanare il mio nome? Non darò la mia gloria ad alcun altro«. »Ascoltami, o Giacobbe, e Israele, che io ho chiamato. Io sono colui che è; io sono il primo e sono pure l’ultimo. La mia mano ha fondato la terra e la mia destra ha spiegato i cieli, quando io li chiamo, si presentano assieme. Radunatevi, tutti voi, e ascoltate! Chi tra di essi ha annunciato queste cose? Colui che l’Eterno ama eseguirà il suo volere contro Babilonia e leverà il suo braccio contro i Caldei. Io, io ho parlato, sí, io l’ho chiamato, l’ho fatto venire e farò prosperare la sua impresa. Avvicinatevi a me, ascoltate questo: »Fin dal principio non ho parlato in segreto; quando questi fatti avvenivano, io ero là. E ora il Signore, l’Eterno, e il suo Spirito mi hanno mandato.««. Cosí dice l’Eterno, il tuo Redentore, il Santo d’Israele: »Io sono l’Eterno, il tuo DIO, che ti insegna per il tuo bene, che ti guida per la via che devi seguire. Oh, se tu avessi prestato attenzione ai miei comandamenti! La tua pace sarebbe come un fiume e la tua giustizia come le onde del mare. La tua discendenza sarebbe come la sabbia e i nati dalle tue viscere innumerevoli come i suoi granelli, il suo nome non sarebbe cancellato né distrutto davanti a me«. Uscite da Babilonia, fuggite dai Caldei! Con voce di giubilo, annunziatelo, proclamatelo, diffondetelo fino alle estremità della terra. Dite: »L’Eterno ha redento il suo servo Giacobbe«. Essi non hanno avuto sete, quando li ha condotti attraverso i deserti. Egli ha fatto scaturire per loro acqua dalla roccia; ha spaccato la roccia e sono sgorgate le acque. »Non c’è pace per gli empi«, dice l’Eterno. Isole, ascoltatemi, e prestate attenzione, o popoli lontani. L’Eterno mi ha chiamato fin dal grembo materno, ha menzionato il mio nome fin dalle viscere di mia madre. Ha reso la mia bocca come una spada tagliente, mi ha nascosto nell’ombra della sua mano, mi ha reso una freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: »Tu sei il mio servo, Israele, in cui sarò glorificato«. Ma io dicevo: »Invano ho faticato, per nulla e inutilmente ho speso la mia forza; certamente però il mio diritto è presso l’Eterno e la mia ricompensa presso il mio DIO«. E ora dice l’Eterno che mi ha formato fin dal grembo materno per essere suo servo, per ricondurre a lui Giacobbe e per radunare intorno a lui Israele (io sono onorato agli occhi dell’Eterno, e il mio DIO è la mia forza). Egli dice: »E’ troppo poco che tu sia mio servo per rialzare le tribú di Giacobbe e per ricondurre gli scampati d’Israele. Ti ho stabilito come la luce delle nazioni, perché tu sia la mia salvezza fino alle estremità della terra«. Cosí dice l’Eterno, il Redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato dagli uomini, al detestato dalla nazione, al servo dei potenti: »I re vedranno e si leveranno, i principi si prostreranno, a causa dell’Eterno che è fedele, il Santo d’Israele, che ti ha scelto«. Cosí dice l’Eterno: »Nel tempo della grazia io ti ho esaudito e nel giorno della salvezza ti ho aiutato, ti preserverò e ti farò l’alleanza del popolo, per far risorgere il paese, per rimetterli in possesso delle eredità devastate, per dire ai prigionieri: »Uscite« e a quelli che sono nelle tenebre: »Mostratevi«. Essi pascoleranno lungo le strade e su tutte le alture desolate avranno i loro pascoli. Non avranno fame né sete, non li colpirà piú né caldo né sole, perché colui che ha pietà di loro li guiderà e li condurrà alle sorgenti d’acqua. Trasformerò tutti i miei monti in strade, e le mie strade maestre saranno elevate. Ecco, questi vengono da lontano; ecco, quelli dal nord e dall’est, e quelli dal paese di Sinim«. Giubilate, o cieli, rallegrati, o terra, e prorompete in grida di gioia, o monti, perché l’Eterno consola il suo popolo e ha compassione dei suoi afflitti. Ma Sion ha detto: »L’Eterno mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato«. »Può una donna dimenticare il bambino lattante e non aver compassione del figlio delle sue viscere? Anche se esse dovessero dimenticare, io non ti dimenticherò. Ecco, io ti ho scolpita sulle palme delle mie mani, le tue mura mi stanno sempre davanti. I tuoi figli si affretteranno, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontaneranno da te. Alza i tuoi occhi tutt’intorno e guarda. Tutti costoro si radunano e vengono a te, Com’è vero che io vivo, dice l’Eterno, ti rivestirai di tutti loro come di un ornamento e li legherai su di te come fa una sposa. Perciò i tuoi luoghi deserti e desolati e il tuo paese una volta colpito dalla distruzione saranno ora troppo angusti per gli abitanti, mentre quelli che ti divoravano saranno ben lontani. I figli che avrai dopo quelli che hai perso, ti diranno all’orecchio: »Questo posto è troppo angusto per me; fammi piú spazio, perché mi possa stabilire Allora tu dirai in cuor tuo: »Chi ha generato costoro? Io ero infatti stata privata dei miei figli, ero sterile, esule e scacciata di qui e di là. Questi chi li ha allevati? Ecco, io ero rimasta sola, e questi dov’erano?««. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco io leverò la mia mano verso le nazioni, alzerò la mia bandiera verso i popoli, allora riporteranno i tuoi figli in braccio, e le tue figlie saranno portate sulle spalle. I re saranno i tuoi padri adottivi e le loro regine saranno le tue nutrici, essi si prostreranno davanti a te con la faccia a terra e leccheranno la polvere dei tuoi piedi; cosí saprai che io sono l’Eterno e che coloro che sperano in me non saranno svergognati. Si potrà forse strappare la preda al potente o liberare il prigioniero giusto?«. Sí, cosí dice l’Eterno: »Anche il prigioniero sarà portato via e la preda del tiranno sarà ricuperata. Io stesso combatterò con chi combatte con te e salverò i tuoi figli. Farò mangiare ai tuoi oppressori la loro stessa carne, e si inebrieranno col loro stesso sangue come col mosto. Allora ogni carne riconoscerà che io, l’Eterno, sono il tuo Salvatore, il tuo Redentore, il Potente di Giacobbe«. Cosí dice l’Eterno: »Dov’è la lettera di divorzio di vostra madre con la quale io l’ho ripudiata? O a quale dei miei creditori vi ho venduto? Ecco voi siete stati venduti per le vostre iniquità, e vostra madre è stata ripudiata per le vostre trasgressioni. Perché, quando sono venuto, non c’era nessuno? Perché, quando ho chiamato?, nessuno ha risposto? E’ la mia mano davvero troppo corta per redimere o non ho io forza per liberare? Ecco, con la mia minaccia prosciugo il mare e rendo i fiumi un deserto; il loro pesce manda fetore per mancanza di acqua e muore di sete. Io rivesto i cieli di nero e do loro un cilicio, per coperta«. »Il Signore, l’Eterno, mi ha dato la lingua dei discepoli perché sappia sostenere con la parola lo stanco; egli mi risveglia ogni mattina, risveglia il mio orecchio, perché io ascolti come fanno i discepoli. Il Signore, l’Eterno, mi ha aperto l’orecchio e io non sono stato ribelle, né mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso a chi mi percuoteva e le mie guance a chi mi strappava la barba, non ho nascosto il mio volto all’ignominia e agli sputi. Ma il Signore, l’Eterno, mi ha soccorso, per cui non sono stato confuso; per questo ho reso la mia faccia come una selce e so che non sarò svergognato. E’ vicino colui che mi giustifica; chi contenderà con me? Presentiamoci insieme. Chi è il mio avversario? Si avvicini a me. Ecco, il Signore, l’Eterno, mi verrà in aiuto; chi è colui che mi condannerà? Ecco, tutti costoro si logoreranno come un vestito, la tignola li roderà«. Chi tra voi teme l’Eterno e ascolta la voce del suo servo? Chi cammina nelle tenebre senza alcuna luce, confidi nel nome dell’Eterno e si appoggi sul suo DIO! Ecco, voi tutti che accendete un fuoco, che vi cingete di tizzoni, andate nelle fiamme del vostro fuoco e fra i tizzoni che avete acceso! Dalla mia mano avrete questo: voi giacerete nel dolore. Ascoltatemi, voi che perseguite la giustizia e cercate l’Eterno! Guardate alla roccia da cui siete stati tagliati e alla buca della cava da cui siete stati cavati. Guardate ad Abrahamo vostro padre e a Sara che vi ha partorito, perché lo chiamai quando era solo, lo benedissi e lo moltiplicai. L’Eterno infatti sta per consolare Sion, consolerà tutte le sue rovine, renderà il suo deserto come l’Eden e la sua solitudine come il giardino dell’Eterno. Gioia ed allegrezza si troveranno in lei, ringraziamento e suono di canti. Prestami attenzione, o popolo mio, ascoltami, o mia nazione, perché da me procederà la legge e stabilirò il mio diritto come luce dei popoli. La mia giustizia è vicina, la mia salvezza, sarà manifestata e le mie braccia giudicheranno i popoli; le isole, spereranno in me e avranno fiducia nel mio braccio. Alzate i vostri occhi al cielo e guardate la terra di sotto, perché i cieli si dilegueranno come fumo, la terra si logorerà come un vestito e similmente i suoi abitanti moriranno, ma la mia salvezza durerà per sempre e la mia giustizia non verrà mai meno. Ascoltatemi, o voi che conoscete la giustizia, o popolo, che ha nel cuore la mia legge. Non temete l’obbrobrio degli uomini, né spaventatevi dei loro oltraggi. Poiché la tignola li divorerà come un vestito e la tarma li roderà come la lana, ma la mia giustizia rimarrà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione. Risvegliati, risvegliati, rivestiti di forza, o braccio dell’Eterno, risvegliati come nei giorni antichi, come nelle generazioni passate! Non sei tu che hai fatto a pezzi Rahab, che hai trafitto il dragone? Non sei tu che hai prosciugato il mare, le acque del grande abisso, che hai fatto delle profondità del mare una strada, perché i redenti vi passassero? Cosí i riscattati dall’Eterno torneranno, verranno a Sion con grida di gioia e un’allegrezza eterna coronerà il loro capo; otterranno gioia e letizia, e il dolore e il gemito fuggiranno. Io, io stesso, sono colui che vi consola; chi sei tu da dover temere l’uomo che muore e il figlio dell’uomo destinato ad essere come erba? Tu hai dimenticato l’Eterno che ti ha fatto, che ha disteso i cieli e gettato le fondamenta della terra. Avevi sempre paura, tutto il giorno, davanti al furore dell’oppressore, quando si preparava a distruggere. Ma dov’è ora il furore dell’oppressore? L’esule in cattività sarà presto liberato, non morirà nella fossa né gli mancherà il pane. Poiché io sono l’Eterno, il tuo DIO che agita il mare e ne fa muggire le onde; il suo nome è l’Eterno degli eserciti. Io ho posto le mie parole nella tua bocca e ti ho coperto con l’ombra della mia mano per stabilire i cieli e mettere le fondamenta della terra, e per dire a Sion: »Tu sei il mio popolo«. Risvegliati, risvegliati, levati, o Gerusalemme, che hai bevuto dalla mano dell’Eterno la coppa del suo furore, che hai bevuto la feccia del calice di stordimento fino a scolarla completamente. Fra tutti i figli che ha partorito non c’è nessuno che la guidi; fra tutti i figli che ha allevato non c’è nessuno che la prenda per mano. Queste due cose ti sono avvenute, chi ti compiangerà? Desolazione e distruzione, fame e spada, chi ti consolerà? I tuoi figli venivano meno, giacevano all’inizio di tutte le vie come un’antilope nella rete, pieni del furore dell’Eterno, della minaccia del tuo DIO. Perciò, ora ascolta questo, o afflitta ed ebbra ma non di vino. Cosí dice il tuo Signore, l’Eterno, il tuo DIO, che difende la causa del suo popolo: »Ecco, io ti tolgo di mano la coppa di stordimento, la feccia del calice del mio furore; tu non la berrai piú. La metterò invece in mano a quelli che ti affliggevano e che ti dicevano: »Stenditi a terra, che ti passiamo sopra e tu facevi del tuo dorso un suolo, una strada per i passanti«. Risvegliati, risvegliati, rivestiti della tua forza, o Sion; indossa le tue splendide vesti, o Gerusalemme, città santa! Poiché non entreranno piú in te l’incirconciso, e l’impuro. Scuotiti di dosso la polvere, levati e mettiti a sedere, o Gerusalemme; sciogliti le catene dal collo, o figlia di Sion che sei in cattività! Poiché cosí dice l’Eterno: »Voi siete stati venduti per nulla e sarete riscattati senza denaro«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »Il mio popolo discese anticamente in Egitto per dimorarvi; poi l’Assiro l’oppresse senza motivo. E ora che cosa faccio io qui?«, dice l’Eterno, »mentre il mio popolo è stato portato via per nulla? Quelli che lo dominano lo fanno gemere«, dice l’Eterno, »e il mio nome è continuamente bestemmiato tutto il giorno. Perciò il mio popolo conoscerà il mio nome, perciò comprenderà in quel giorno che sono io che ho parlato: »Eccomi!«. Quanto sono belli sui monti i piedi del messaggero di buone novelle, che annunzia la pace, che reca belle notizie di cose buone, che annuncia la salvezza, che dice a Sion: »Il tuo DIO regna!«. Ascolta! Le tue sentinelle alzano la voce e mandano insieme grida di gioia, perché vedono con i loro occhi l’Eterno che ritorna a Sion. Prorompete insieme in grida di gioia, o rovine di Gerusalemme, perché l’Eterno consola il suo popolo e redime Gerusalemme. L’Eterno ha messo a nudo il suo santo braccio agli occhi di tutte le nazioni; tutte le estremità della terra vedranno la salvezza del nostro DIO. Partite, partite, uscite di là, non toccate nulla d’impuro! Uscite di mezzo a lei, purificatevi, voi che portate i vasi dell’Eterno! Poiché voi non partirete in fretta e non ve ne andrete fuggendo, perché l’Eterno camminerà davanti a voi, il DIO d’Israele, sarà la vostra retroguardia. Ecco, il mio servo prospererà e sarà innalzato, elevato e grandemente esaltato. Come molti erano stupiti di te, cosí il suo aspetto era sfigurato piú di quello di alcun uomo, e il suo volto era diverso da quello dei figli dell’uomo, cosí egli aspergerà molte nazioni; i re chiuderanno la bocca davanti a lui, perché vedranno a ciò che non era mai stato loro narrato e comprenderanno ciò che non avevano udito. Chi ha creduto alla nostra predicazione e a chi è stato rivelato il braccio dell’Eterno? Egli è venuto su davanti a lui come un ramoscello, come una radice da un arido suolo. Non aveva figura né bellezza da attirare i nostri sguardi, né apparenza da farcelo desiderare. Disprezzato e rigettato dagli uomini, uomo dei dolori, conoscitore della sofferenza, simile a uno davanti al quale ci si nasconde la faccia, era disprezzato, e noi non ne facemmo stima alcuna. Eppure egli portava le nostre malattie e si era caricato dei nostri dolori; noi però lo ritenevamo colpito, percosso da DIO ed umiliato. Ma egli è stato trafitto per le nostre trasgressioni, schiacciato per le nostre iniquità; il castigo per cui abbiamo la pace è caduto su di lui, e per le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti come pecore eravamo erranti, ognuno di noi seguiva la propria via, e l’Eterno ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato e umiliato, non aperse bocca. Come un agnello condotto al macello, come pecora muta davanti ai suoi tosatori non aperse bocca. Fu portato via dall’oppressione e dal giudizio; e della sua generazione chi riflettè che era strappato dalla terra dei viventi e colpito per le trasgressioni del mio popolo? Gli avevano assegnato la sepoltura con gli empi, ma alla sua morte fu posto col ricco, perché non aveva commesso alcuna violenza e non c’era stato alcun inganno nella sua bocca, Ma piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire. Offrendo la sua vita in sacrificio per il peccato, egli vedrà una progenie, prolungherà i suoi giorni, e la volontà dell’Eterno prospererà nelle sue mani. Egli vedrà il frutto del travaglio della sua anima e ne sarà soddisfatto; per la sua conoscenza, il giusto, il mio servo renderà giusti molti, perché si caricherà delle loro iniquità. Perciò gli darò la sua parte fra i grandi, ed egli dividerà il bottino con i potenti, perché ha versato la sua vita fino a morire ed è stato annoverato fra i malfattori; egli ha portato il peccato di molti e ha interceduto per i trasgressori. »Giubila, o sterile, che non partorivi, prorompi in alte grida di gioia, tu che non provavi doglie di parto! Poiché i figli della desolata saranno piú numerosi dei figli della maritata, dice l’Eterno. Allarga il luogo della tua tenda e i teli delle tue dimore si distendino senza risparmio; allunga le tue corde e rinforza i tuoi piuoli, perché ti espanderai a destra e a sinistra; la tua discendenza possederà le nazioni e popolerà le città deserte. Non temere, perché non sarai confusa; non aver vergogna, perché non dovrai arrossire; dimenticherai anzi la vergogna della tua giovinezza e non ricorderai piú il disonore della tua vedovanza. Poiché il tuo creatore è il tuo sposo; il suo nome è l’Eterno degli eserciti, il tuo Redentore è il Santo d’Israele, chiamato DIO di tutta la terra. Poiché l’Eterno ti ha chiamato come una donna abbandonata e afflitta nel suo spirito, come la sposa della giovinezza che è stata ripudiata, dice il tuo DIO. Ti ho abbandonata per un breve istante, ma con immensa compassione ti radunerò. In uno scoppio d’ira ti ho nascosto per un momento la mia faccia, ma con un amore eterno avrò compassione di te, dice l’Eterno, il tuo Redentore. Per me questo infatti sarà come le acque di Noè; come giurai che le acque di Noè non avrebbero piú coperto la terra, cosí giuro di non adirarmi piú contro di te e di non minacciarti piú. Anche se i monti si spostassero e i colli fossero rimossi, il mio amore non si allontanerà da te né il mio patto di pace sarà rimosso, dice l’Eterno, che ha compassione di te. O afflitta, sbattuta dalla tempesta, sconsolata, ecco, io incastonerò le tue pietre nell’antimonio e ti fonderò sugli zaffiri. Farò i tuoi merli di rubini, le tue porte di carbonchio e tutto il tuo recinto di pietre preziose. Tutti i tuoi figli saranno ammaestrati dall’Eterno, e grande sarà la pace dei tuoi figli. Tu sarai stabilita fermamente nella giustizia; sarai lontana dall’oppressione perché non dovrai piú temere, e dal terrore, perché non si avvicinerà piú a te. Ecco, potranno anche radunarsi contro di te, ma non sarà da parte mia. Chiunque si radunerà contro di te, cadrà davanti a te. Ecco, io ho creato il fabbro che soffia sulle braci nel fuoco e ne trae uno strumento per il suo lavoro, e ho pure creato il devastatore per distruggere. Nessun’arma fabbricata contro di te avrà successo, e ogni lingua che si alzerà in giudizio contro di te, la condannerai. Questa è l’eredità dei servi dell’Eterno, e la loro giustizia viene da me«, dice l’Eterno. »O voi tutti che siete assetati, venite alle acque, e voi che non avete denaro venite, comprate e mangiate! Venite, comprate senza denaro e senza pagare vino e latte! Perché spendete denaro per ciò che non è pane e il frutto delle vostre fatiche per ciò che non sazia? Ascoltatemi attentamente e mangerete ciò che è buono, e l’anima vostra gusterà cibi succulenti. Porgete l’orecchio e venite a me, ascoltate e la vostra anima vivrà; e io stabilirò con voi un patto eterno, secondo le grazie stabili promesse a Davide. Ecco, io l’ho dato come testimone ai popoli, come principe e comandante dei popoli. Ecco, tu chiamerai una nazione che non conosci, e una nazione che non ti conosce accorrerà a te, a motivo dell’Eterno, il tuo DIO, e del Santo d’Israele, perché egli ti ha glorificato«. Cercate l’Eterno mentre lo si può trovare, invocatelo mentre è vicino. Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri, e ritorni all’Eterno che avrà compassione di lui, e al nostro DIO che perdona largamente. »Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri né le vostre vie sono le mie vie«, dice l’Eterno. »Come i cieli sono piú alti della terra, cosí le mie vie sono piú alte delle vostre vie e i miei pensieri piú alti dei vostri pensieri. Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, in modo da dare il seme al seminatore e pane da mangiare, cosí sarà la mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non ritornerà a me a vuoto, senza avere compiuto ciò che desidero e realizzato pienamente ciò per cui l’ho mandata. Poiché voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace. I monti e i colli proromperanno in grida di gioia davanti a voi e tutti gli alberi della campagna batteranno le mani. Al posto delle spine crescerà il cipresso, al posto delle ortiche crescerà il mirto; sarà per l’Eterno un titolo di gloria, un segno perpetuo che non sarà distrutto«. Cosí dice l’Eterno: »Osservate il diritto e praticate la giustizia perché la mia salvezza, sta per venire e la mia giustizia per essere rivelata. Beato l’uomo che agisce cosí e il figlio dell’uomo che si attiene a questo, che osserva il sabato senza profanarlo e che trattiene la sua mano dal fare qualsiasi male«. Non dica il figlio dello straniero che si è unito all’Eterno: »L’Eterno mi ha certamente escluso dal suo popolo«. E non dica l’eunuco: »Ecco, io sono un albero secco«. Poiché cosí dice l’Eterno: »Agli eunuchi che osservano i miei sabati, scelgono ciò che a me piace e si attengono fermamente al mio patto, darò loro nella mia casa e dentro le mie mura un posto e un nome, che varranno meglio di quello dei figli e delle figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. I figli degli stranieri che si sono uniti all’Eterno per servirlo, per amare il nome dell’Eterno e per essere suoi servi, tutti quelli che osservano il sabato senza profanarlo e si attengono fermamente al mio patto, li condurrò sul mio monte santo e li riempirò di gioia nella mia casa d’orazione, i loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa sarà chiamata una casa di orazione per tutti i popoli«. Il Signore, l’Eterno, che raduna i dispersi d’Israele, dice: »Io raccoglierò intorno a lui anche altri, oltre a quelli già raccolti«. Voi tutte, bestie dei campi, venite a divorare; venite, voi tutte, bestie della foresta! I suoi guardiani sono ciechi, sono tutti senza conoscenza, sono tutti cani muti, incapaci di abbaiare; fanno sogni, stanno sdraiati, amano sonnecchiare. Sono cani ingordi, che non sono mai sazi; sono pastori che non capiscono nulla; seguono tutti la loro via, ognuno mira al proprio interesse, per conto suo. »Venite«, dicono, »prenderò del vino e ci ubriacheremo di bevande inebrianti; domani sarà come oggi, anzi molto meglio«. Il giusto muore ma nessuno vi bada; gli uomini pii sono portati via, e nessuno considera che il giusto è portato via davanti al male. Egli entra nella pace; quelli che hanno camminato nell’integrità riposano sui loro letti. Ma avvicinatevi qui, voi figli della incantatrice, progenie dell’adultero e della prostituta. Di chi vi burlate? Contro chi allargate la bocca e cacciate fuori la lingua? Non siete voi figli della ribellione, progenie della menzogna, voi, che vi infiammate fra le querce sotto ogni albero verdeggiante, che scannate i figli nelle valli, nelle fessure delle rocce? La tua parte è fra le pietre lisce del torrente; esse, proprio esse sono la tua porzione; anche ad esse hai versato libazioni, e hai portato oblazioni di cibo. Potrei io trovare conforto in queste cose? Tu hai posto il tuo letto su un monte alto ed elevato, e anche là sei salita per offrire sacrifici. Hai posto i tuoi simboli idolatri dietro le porte e dietro gli stipiti. Lontano da me ti sei scoperta e sei salita da loro; hai allargato il tuo letto e hai fatto un patto con loro, hai amato il loro letto, mirando al loro potere. Sei andata dal re con l’olio, moltiplicando i tuoi profumi; hai mandato lontano i tuoi messaggeri e ti sei abbassata fino allo Sceol. Per i molti tuoi viaggi ti sei affaticata, ma non hai detto: »E’ inutile«. Hai trovato ancora vigore nella tua mano, e perciò non ti senti esausta. Chi hai temuto, di chi hai avuto paura per mentire, non ricordarti di me e non pensare piú a me? Non sono io rimasto in silenzio per molto tempo? Per questo non mi temi piú. Io proclamerò la tua giustizia e le tue opere, che non ti gioveranno nulla. Quando griderai, venga a salvarti la folla dei tuoi idoli. Il vento li spazzerà via tutti, un soffio li porterà via. Ma chi si rifugia in me possederà il paese ed erediterà il mio santo monte. E si dirà: »Appianate, appianate, preparate la via, rimuovete gli ostacoli dalla via del mio popolo!«. Poiché cosí dice l’Alto e l’Eccelso, che abita l’eternità, e il cui nome è Santo »Io dimoro nel luogo alto e santo e anche con colui che è contrito e umile di spirito, per ravvivare lo spirito degli umili, per ravvivare lo spirito dei contriti. Poiché io non voglio contendere per sempre né essere adirato in eterno, altrimenti davanti a me verrebbero meno lo spirito e le anime che ho fatto. Per l’iniquità della sua cupidigia mi sono adirato e l’ho colpito, mi sono nascosto, mi sono indignato; ma egli si è allontanato seguendo la via del suo cuore. Ho visto le sue vie, ma io lo guarirò, lo guiderò e ridarò le mie consolazioni a lui e ai suoi che sono afflitti. Io creo il frutto delle labbra. Pace, pace a chi è lontano e a chi è vicino«, dice l’Eterno. »Io lo guarirò«. Ma gli empi sono come il mare agitato, che non può calmarsi e le cui acque vomitano melma e fango. »Non c’è pace per gli empi«, dice il mio DIO. »Grida a squarciagola, non risparmiarti; alza la tua voce come una tromba e dichiara al mio popolo le sue trasgressioni e alla casa di Giacobbe i suoi peccati. Mi cercano ogni giorno e desiderano conoscere le mie vie, come una nazione che pratichi la giustizia e non abbandoni la legge del suo DIO, mi chiedono dei giudizi giusti e desiderano avvicinarsi a DIO. Essi dicono: »Perché abbiamo digiunato, e tu non l’hai visto? Perché abbiamo afflitto le nostre anime, e tu non l’hai notato?«. Ecco, nel giorno del vostro digiuno voi fate ciò che vi piace e costringete a un duro lavoro i vostri operai. Ecco, voi digiunate per liti e dispute, e per percuotere empiamente col pugno. Digiunando come fate oggi, non fate udire la vostra voce in alto. E’ questo il digiuno di cui mi compiaccio, il giorno in cui l’uomo affligge la sua anima? Piegare la testa come un giunco e distendersi su un letto di sacco e di cenere? Chiami forse questo un digiuno e un giorno gradito all’Eterno? Il digiuno di cui mi compiaccio non è forse questo: spezzare le catene della malvagità, sciogliere i legami del giogo rimandare liberi gli oppressi, spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel rompere il tuo pane con chi ha fame, nel portare a casa tua i poveri senza tetto, nel vestire chi è nudo, senza trascurare quelli della tua stessa carne? Allora la tua luce irromperà come l’aurora e la tua guarigione germoglierà prontamente, la tua giustizia ti precederà e la gloria dell’Eterno sarà la tua retroguardia. Allora chiamerai e l’Eterno ti risponderà, griderai ed egli dirà: Eccomi! Se tu togli di mezzo a te il giogo, il puntare il dito e il parlare iniquo. se provvedi ai bisogni dell’affamato e sazi l’anima afflitta, allora la tua luce sorgerà nelle tenebre e la tua oscurità sarà come il mezzogiorno. L’Eterno ti guiderà del continuo sazierà la tua anima nei luoghi aridi e darà vigore alle tue ossa, tu sarai come un giardino annaffiato e come una sorgente d’acqua le cui acque non vengono meno. I tuoi riedificheranno le antiche rovine, e tu rialzerai le fondamenta di molte generazioni passate; cosí sarai chiamato il riparatore di brecce, il restauratore dei sentieri per abitare nel paese. Se tu trattieni il piede dal violare il sabato, dal fare i tuoi affari nel mio santo giorno, se chiami il sabato delizia, il giorno santo dell’Eterno, degno di onore, se lo onori astenendoti dai tuoi viaggi, dallo sbrigare i tuoi affari e dal parlare dei tuoi problemi, allora troverai il tuo diletto nell’Eterno, e io ti farò cavalcare sulle alture della terra e ti darò da mangiare l’eredità di Giacobbe tuo padre, poiché la bocca dell’Eterno ha parlato«. Ecco, la mano dell’Eterno non è troppo corta per salvare, né il suo orecchio troppo duro per udire. Ma le vostre iniquità hanno prodotto una separazione fra voi e il vostro DIO e i vostri peccati hanno fatto nascondere la sua faccia da voi, per non darvi ascolto. Poiché le vostre mani sono contaminate di sangue e le vostre dita di iniquità; le vostre labbra proferiscono menzogna, la vostra lingua sussurra perversità. Nessuno muove causa con giustizia nessuno la difende con verità; hanno fiducia nelle parole vuote e dicono il falso, concepiscono il male e partoriscono l’iniquità. Fanno schiudere uova di vipera e tessono tele di ragno; chi mangia delle loro uova muore, e dall’uovo schiacciato esce fuori una vipera. Le loro tele non diventeranno vestiti né si copriranno con ciò che hanno fatto. Le loro opere sono opere d’iniquità e nelle loro mani vi sono atti di violenza. I loro piedi corrono al male e si affrettano a versare sangue innocente; i loro pensieri sono pensieri d’iniquità sui loro sentieri c’è desolazione e distruzione. La via della pace non la conoscono e non c’è rettitudine nelle loro vie; rendono tortuosi i loro sentieri e chiunque vi cammina non conosce la pace. Perciò la rettitudine è lontana da noi e la giustizia non giunge fino a noi; aspettavamo la luce, ecco invece le tenebre, lo splendore, invece camminiamo nell’oscurità. Tastiamo la parete come i ciechi, camminiamo a tastoni come se fossimo privi di occhi; inciampiamo a mezzogiorno come al crepuscolo, in luoghi desolati siamo come morti. Noi tutti urliamo come orsi e continuiamo a gemere come colombe aspettiamo la rettitudine, ma essa non giunge; la salvezza, ma essa è lontana da noi. Poiché le nostre trasgressioni si sono moltiplicate davanti a te e i nostri peccati testimoniano contro di noi, perché le nostre trasgressioni ci stanno davanti e le nostre colpe le conosciamo: ribellandoci e rinnegando l’Eterno ritraendoci dal seguire il nostro DIO parlando di oppressione e di rivolta concedendo e sussurrando in cuore parole di menzogna. La rettitudine si è allontanata e la giustizia è rimasta lontana, perché la verità è venuta meno sulla piazza e l’equità non può entrarvi. Cosí la verità è scomparsa, e chi si ritrae dal male si rende una facile preda. L’Eterno ha visto questo e gli è dispiaciuto che non vi sia piú rettitudine. Egli ha visto che non c’era piú nessuno e si è stupito che nessuno intercedesse; allora il suo braccio gli è venuto in aiuto e la sua giustizia lo ha sostenuto, si è rivestito di giustizia come di una corazza e si è posto in capo l’elmo della salvezza, ha indossato gli abiti della vendetta e si è ricoperto di gelosia come di un manto. Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere; il furore ai suoi avversari, la ricompensa ai suoi nemici, alle isole darà una retribuzione piena. Cosí si temerà il nome dell’Eterno dall’ovest, e la sua gloria dall’est; quando l’avversario verrà come una fiumana, lo Spirito dell’Eterno alzerà contro di lui una bandiera. »Un redentore, verrà a Sion e per quelli convertiti dalla loro ribellione in Giacobbe«, dice l’Eterno. »Quanto a me, questo è il mio patto con loro«, dice l’Eterno: »Il mio Spirito che è su di te, e le mie parole che ho posto nella tua bocca non si allontaneranno mai dalla tua bocca né dalla bocca della tua progenie né dalla bocca della progenie della tua progenie«, dice l’Eterno, »da ora e per sempre«. »Sorgi, risplendi, perché la tua luce è giunta, e la gloria dell’Eterno Si è levata su te. Poiché ecco, le tenebre ricoprono la terra e una fitta oscurità avvolge i popoli, ma su di te si leva l’Eterno e la sua gloria appare su di te. Le nazioni cammineranno alla tua luce e i re allo splendore del tuo sorgere. Volgi i tuoi occhi tutt’intorno e guarda: si radunano tutti e vengono a te; i tuoi figli verranno da lontano e le tue figlie saranno portate in braccio. Allora guarderai e sarai raggiante, il tuo cuore palpiterà e si dilaterà perché l’abbondanza del mare confluirà a te, la ricchezza delle nazioni verrà a te. Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Madian e di Efah; quelli di Sceba verranno tutti, portando oro e incenso, e proclamando le lodi dell’Eterno. Tutte le greggi di Kedar, si raduneranno presso di te, i montoni di Nebaioth saranno al tuo servizio saliranno sul mio altare come offerta gradita, e io renderò glorioso il tempio, della mia gloria, Chi sono questi che volano come una nuvola e come colombe verso le loro colombaie? Sí le isole spereranno in me, con le navi di Tarshish al primo posto, per portare i tuoi figli da lontano col loro argento e col loro oro, per il nome dell’Eterno, il tuo DIO, e per il Santo d’Israele, che ti avrà resa bella. I figli dello straniero ricostruiranno le tue mura e i loro re saranno al tuo servizio, perché nella mia ira ti ho colpito, ma nella mia benevolenza ho avuto compassione di te, Le tue porte saranno sempre aperte non si chiuderanno né di giorno né di notte, perché possano far entrare in te la ricchezza delle nazioni con i loro re in testa. Poiché la nazione e il regno che non ti serviranno periranno, e quelle nazioni saranno interamente distrutte. La gloria del Libano verrà a te, assieme al cipresso, al larice e all’abete, per abbellire il luogo del mio santuario, e io renderò glorioso il luogo dove posano i miei piedi. Anche i figli dei tuoi oppressori verranno inchinandosi a te, e tutti quelli che ti hanno disprezzato si prostreranno alle piante dei tuoi piedi e ti chiameranno »la città dell’Eterno« »la Sion del Santo d’Israele« Invece di essere abbandonata e odiata, tanto che nessuno piú passava da te, io farò di te uno splendore eterno, la gioia di molte generazioni. Tu succhierai il latte delle nazioni, succhierai alle mammelle dei re e riconoscerai che io, l’Eterno sono il tuo Salvatore e il tuo Redentore, il Potente di Giacobbe. Invece di bronzo farò venire oro invece di ferro farò venire argento invece di legno bronzo, invece di pietre ferro; stabilirò come tuo magistrato la pace e come tuo sorvegliante la giustizia. Non si udrà piú parlare di violenza nel tuo paese, né di devastazione e di rovina entro i tuoi confini; ma chiamerai le tue mura »Salvezza« e le tue porte »Lode«. Il sole non sarà piú la tua luce di giorno, né la luna ti illuminerà piú col suo chiarore; ma l’Eterno sarà la tua luce eterna e il tuo DIO la tua gloria Il tuo sole non tramonterà piú e la tua luna non si ritirerà piú, perché l’Eterno sarà la tua luce perpetua e i giorni del tuo lutto saranno finiti. Tutti quelli del tuo popolo saranno giusti; essi possederanno il paese per sempre, il germoglio da me piantato, l’opera delle mie mani, per manifestare la mia gloria. Il piú piccolo diventerà un migliaio. Il minimo una nazione potente. Io l’Eterno, affretterò le cose a suo tempo«. Lo Spirito del Signore, l’Eterno, è su di me, perché l’Eterno mi ha unto per recare una buona novella agli umili; mi ha inviato a fasciare quelli dal cuore rotto, a proclamare la libertà a quelli in cattività, l’apertura del carcere ai prigionieri a proclamare l’anno di grazia dell’Eterno e il giorno di vendetta del nostro DIO, per consolare tutti quelli che fanno cordoglio, per accordare gioia a quelli che fanno cordoglio in Sion per dare loro un diadema invece della cenere, l’olio della gioia invece del lutto, il manto della lode invece di uno spirito abbattuto, affinchè siano chiamati querce di giustizia, la piantagione dell’Eterno per manifestare la sua gloria. Essi ricostruiranno le antiche rovine rialzeranno i luoghi desolati nel passato, restaureranno le città desolate, devastate da molte generazioni. Stranieri verranno a pascolare le vostre greggi, i figli dello straniero saranno i vostri agricoltori e i vostri vignaioli. Ma voi sarete chiamati »Sacerdoti dell’Eterno« e sarete chiamati »ministri del nostro DIO« Voi godrete le ricchezze delle nazioni, e la loro gloria passerà a voi. Invece della vostra vergogna avrete doppio onore; invece della confusione esulteranno nella loro eredità. Perciò nel loro paese possederanno il doppio e avranno un’allegrezza eterna. Poiché io, l’Eterno, amo la giustizia, odio il furto nell’olocausto, io darò loro fedelmente la ricompensa e stabilirò con loro un patto eterno. La loro discendenza sarà nota fra le nazioni e la loro progenie fra i popoli; tutti quelli che li vedranno li riconosceranno, perché essi sono una discendenza benedetta dall’Eterno. Io mi rallegrerò grandemente nell’Eterno la mia anima festeggerà nel mio DIO, perché mi ha rivestito con le vesti della salvezza, mi ha coperto col manto della giustizia, come uno sposo che si mette un diadema, come una sposa che si adorna dei suoi gioielli. Perciò, come la terra fa crescere la sua vegetazione e come il giardino fa germogliare ciò che vi è stato seminato cosí il Signore, l’Eterno, farà germogliare la giustizia e la lode davanti a tutte le nazioni. Per amore di Sion io non tacerò, e per amore di Gerusalemme, non mi darò riposo finché la sua giustizia non spunti come l’aurora e la sua salvezza come una fiaccola ardente. Allora le nazioni vedranno la tua giustizia e tutti i re la tua gloria, sarai chiamata con un nome nuovo che la bocca dell’Eterno indicherà. Sarai una splendida corona nella mano dell’Eterno, un diadema regale nella palma del tuo DIO. Non sarai piú chiamata »Abbandonata« né la tua terra sarà piú detta »Desolazione« ma sarai chiamata »La mia delizia è in lei« e la tua terra »Maritata« perché l’Eterno trova piacere in te, e la tua terra avrà uno sposo. Perciò, come un giovane sposa una vergine, i tuoi figli sposeranno te, e come lo sposo gioisce per la sposa cosí il tuo DIO gioirà per te. Sulle tue mura, o Gerusalemme, ho posto delle sentinelle, che per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno mai. Voi, che ricordate all’Eterno le sue promesse, non state in silenzio, e non dategli riposo, finché non abbia ristabilito e reso Gerusalemme la lode di tutta la terra. L’Eterno ha giurato per la sua destra e per il suo braccio potente: »Non darò piú il tuo frumento in cibo ai tuoi nemici, e i figli dello straniero non berranno piú il tuo mosto per il quale hai faticato. Ma quelli che avranno raccolto il frumento lo mangeranno e loderanno l’Eterno, e quelli che avranno vendemmiato berranno il mosto nei cortili del mio santuario«. Passate, passate per le porte! Preparate la via per il popolo! Appianate, appianate la strada, rimuovete le pietre, alzate una bandiera davanti ai popoli! Ecco, l’Eterno proclama fino all’estremità della terra: »Dite alla figlia di Sion: Ecco la tua salvezza, giunge; ecco, ha con sé il suo salario e la sua ricompensa lo precede. Li chiameranno »Il popolo santo«, »I redenti dell’Eterno« e tu sarai chiamata »Ricercata«, »La città non abbandonata««. Chi è costui che viene da Edom, da Botsrah, con le vesti tinte di scarlatto? Costui, splendido nella sua veste, che procede nella grandezza della sua forza? »Sono io che parlo con giustizia e sono potente nel salvare«. Perché la tua veste è rossa e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino? »Il tino l’ho pigiato da solo e dei popoli nessuno è stato con me. Li ho pigiati nella mia ira e li ho calpestati nel mio furore. Il loro sangue è spruzzato sulle mie vesti e ho macchiato tutti i miei abiti. Poiché il giorno della vendetta era nel mio cuore e l’anno della mia redenzione è giunto. Guardai, ma non c’era nessuno che mi aiutasse; rimasi stupito che nessuno mi sostenesse. Allora il mio stesso braccio mi ha salvato e il mio furore mi ha sostenuto. Ho calpestato i popoli nella mia ira, li ho resi ubriachi nel mio furore e ho fatto scorrere il loro sangue sulla terra«. Io ricorderò le benignità dell’Eterno le lodi dell’Eterno per tutto ciò che l’Eterno ci ha largito e la grande bontà usata alla casa d’Israele, concessa loro secondo le sue compassioni e secondo la sua grande benevolenza. Egli infatti aveva detto: »Essi sono veramente il mio popolo, figli che non agiranno falsamente«. Cosí divenne il loro Salvatore. In ogni loro afflizione egli fu afflitto, e l’Angelo della sua presenza li salvò; nel suo amore e nella sua compassione li redense, li sollevò e li portò tutti i giorni del passato. Ma essi si ribellarono, e contristarono il suo santo Spirito; perciò egli divenne loro nemico e combattè contro di loro. Allora il suo popolo si ricordò dei giorni antichi di Mosè Dov’è colui che li fece uscire dal mare col pastore del suo gregge? Dov’è colui che metteva in mezzo a loro il suo santo Spirito, che li guidava per mezzo della destra di Mosè con il suo braccio glorioso, che divise le acque davanti a loro per farsi un nome eterno che li condusse attraverso gli abissi, come un cavallo nel deserto, perché non inciampassero? Come il bestiame scende nella valle, lo Spirito dell’Eterno li fece riposare. Cosí tu guidasti il tuo popolo, per farti un nome glorioso. Guarda dal cielo e vedi dalla tua dimora santa e gloriosa. Dov’è il tuo zelo e la tua potenza? Il fremito delle tue viscere e le tue tenere compassioni verso di me sono forse state represse? Poiché tu sei nostro padre, anche se Abrahamo non ci conosceva e Israele ci ignora. Tu, o Eterno, sei nostro padre nostro Redentore, da sempre è il tuo nome. O Eterno, perché ci fai errare lontano dalle tue vie e indurisci il nostro cuore perché non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, alle tribú della tua eredità. Per poco tempo il tuo santo popolo, ha posseduto il paese; i nostri nemici hanno calpestato il tuo santuario. Noi siamo diventati come quelli sui quali non hai mai governato, sui quali il tuo nome non è mai stato invocato. Oh, squarciassi tu i cieli e scendessi! Davanti a te sarebbero scossi i monti. Come il fuoco brucia i rami secchi, come il fuoco fa bollir l’acqua, scendi per far conoscere il tuo nome ai tuoi avversari e far tremare le nazioni davanti a te. Quando facesti cose tremende che non ci aspettavamo, tu discendesti e i monti furono scossi alla tua presenza. Dall’antichità nessuno aveva mai sentito né orecchio udito né occhio visto alcun DIO all’infuori di te, che agisce per chi spera in lui. Tu vai incontro a chi gode nel praticare la giustizia e si ricorda di te nelle tue vie. Ecco, tu ti sei adirato perché noi abbiamo peccato; in questo abbiamo continuato a lungo e abbiamo bisogno di essere salvati. Siamo tutti come una cosa impura, e tutte le nostre opere di giustizia sono come un abito sporco; avvizziamo tutti come una foglia, e le nostre iniquità ci portano via come il vento. Non c’è piú alcuno che invochi il tuo nome, che si scuota per afferrarsi a te perché tu ci hai nascosto la tua faccia e ci lasci consumare in balìa delle nostre iniquità. Tuttavia, o Eterno, tu sei nostro padre; noi siamo l’argilla e tu colui che ci formi; noi tutti siamo opera delle tue mani. Non adirarti troppo, o Eterno, e non ricordarti dell’iniquità per sempre. Ecco, guarda, ti preghiamo: noi tutti siamo il tuo popolo Le tue sante città sono diventate un deserto, Sion è diventata un deserto, Gerusalemme una desolazione. Il nostro santo e magnifico tempio, dove i nostri padri ti celebrarono, è divenuto preda del fuoco e tutte le nostre cose piú care sono state devastate. Davanti a queste cose ti conterrai ancora, o Eterno, tacerai e ci affliggerai ancora molto? Giudizio per i malvagi e salvezza per il residuo Sono stato ricercato da quelli che non chiedevano di me, sono stato trovato da quelli che non mi cercavano. Ho detto: »Eccomi, eccomi«, a una nazione che non invocava il mio nome. Ho steso tutto il giorno le mie mani verso un popolo ribelle che cammina per una via non buona, seguendo i propri pensieri, un popolo che mi provoca continuamente ad ira con sfrontataggine, che offre sacrifici nei giardini e brucia incenso su altari di mattoni, che sta fra i sepolcri e passa le notti in luoghi segreti, che mangia carne di porco e ha nei suoi vasi brodo di cose abominevoli, che dice: »Sta’ per conto tuo, non avvicinarti, perché sono piú santo di te«. Queste cose sono per me un fumo nel naso, un fuoco che arde tutto il giorno. »Ecco, tutto questo sta scritto davanti a me; io non tacerò, ma ripagherò, sì, ripagherò nel loro grembo le vostre iniquità e le iniquità dei vostri padri tutte insieme«, dice l’Eterno. »Essi hanno bruciato incenso sui monti e mi hanno oltraggiato sui colli, perciò misurerò nel loro grembo il salario della loro condotta passata«. Cosí dice l’Eterno: »Come quando si trova succo nel grappolo, si dice: »Non distruggetelo, perché in esso c’è una benedizione« cosí farò io per amor dei miei servi, e non distruggerò ogni cosa. Io farò uscire da Giacobbe una progenie e da Giuda un erede dei miei monti; i miei eletti possederanno il paese e i miei servi vi abiteranno. Sharon diventerà un ovile di greggi e la valle di Akor, un luogo di riposo per armenti, per il mio popolo che mi cercherà. Ma voi che abbandonate l’Eterno, che dimenticate il mio santo monte, che preparate una mensa per Gad, e riempite la coppa di vino drogato per Meni, vi destino alla spada, cadrete tutti per la strage, perché quando ho chiamato non avete risposto, quando ho parlato non avete dato ascolto, ma avete fatto ciò che è male ai miei occhi e avete scelto ciò che mi dispiace«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, i miei servi mangeranno, ma voi avrete fame; ecco, i miei servi berranno, ma voi avrete sete; ecco, i miei servi si rallegreranno, ma voi sarete confusi ecco, i miei servi canteranno per la gioia del loro cuore, ma voi griderete per l’angoscia del cuore e urlerete per l’afflizione di spirito. Voi lascerete il vostro nome come esecrazione ai miei eletti. Il Signore, l’Eterno, ti farà morire, ma darà ai suoi servi un altro nome. Cosí chi invocherà su di sé una benedizione nel paese, lo farà per il DIO di verità, e chi giurerà nel paese giurerà per il DIO di verità perché le sventure passate saranno dimenticate e saranno nascoste ai miei occhi«. »Poiché ecco, io creo nuovi cieli e nuova terra, e le cose di prima non si ricorderanno piú e non verranno piú in mente. Ma voi gioite ed esultate per sempre in ciò che creo, perché, ecco, io creo Gerusalemme per il gaudio e il suo popolo per la gioia Mi rallegrerò di Gerusalemme e gioirò del mio popolo; in essa non si udrà piú alcuna voce di pianto né voce di grida, Non vi sarà piú in essa alcun bimbo che viva solo pochi giorni, né vecchio che non compia i suoi giorni, poiché il giovane morirà a cento anni e il peccatore che non giunge ai cento anni, sarà considerato maledetto. Costruiranno case e le abiteranno pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. Non costruiranno piú perché un altro vi abiti, non pianteranno piú perché un altro mangi; poiché i giorni del mio popolo saranno come i giorni degli alberi; e i miei eletti godranno a lungo dell’opera delle loro mani. Non faticheranno invano né daranno alla luce figli per una improvvisa distruzione, perché saranno la progenie dei benedetti dall’Eterno e i loro discendenti con essi. E avverrà che prima che mi invochino io risponderò, staranno ancora parlando che io li esaudirò. Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come il bue e il serpente si nutrirà di polvere. Non faranno piú alcun danno né distruzione su tutto il mio santo monte«, dice l’Eterno. Cosí dice l’Eterno: »Il cielo è il mio trono e la terra è lo sgabello dei miei piedi. Dov’è dunque la casa che mi potreste edificare e dov’è il luogo del mio riposo? Tutte queste cose le ha fatte la mia mano e tutte quante sono venute all’esistenza, dice l’Eterno. Su chi dunque volgerò lo sguardo? Su chi è umile, ha lo spirito contrito e trema alla mia parola. Chi immola un bue è come se uccidesse un uomo, chi sacrifica un agnello è come se rompesse il collo a un cane chi presenta un’oblazione di cibo è come se offrisse sangue di porco, chi brucia incenso è come se benedicesse un idolo. Come costoro hanno scelto le loro vie e la loro anima prende piacere nelle loro abominazioni, cosí anch’io sceglierò la loro sventura e farò cadere su di essi ciò che temono; poiché quando ho chiamato, nessuno ha risposto, quando ho parlato, essi non hanno ascoltato; invece hanno fatto ciò che è male ai miei occhi e hanno preferito ciò che mi dispiace. Ascoltate la parola dell’Eterno, voi che tremate alla sua parola. I vostri fratelli, che vi odiano e vi scacciano a motivo del mio nome, hanno detto: »Mostri l’Eterno la sua gloria affinché noi possiamo vedere la vostra gioia« Ma essi saranno confusi«. Una voce, un frastuono esce dalla città, una voce viene dal tempio; è la voce dell’Eterno che dà la retribuzione ai suoi nemici. Prima di provare le doglie di parto ella ha partorito; prima che le venissero i dolori, ha dato alla luce un maschio. Chi ha mai udito una cosa simile, chi ha mai visto cose come queste? Nasce forse un paese in un sol giorno o una nazione viene forse alla luce in un istante? Ma Sion, appena ha sentito le doglie, ha partorito i suoi figli. »Porterei forse al momento della nascita senza far partorire?«. dice l’Eterno. »Io che faccio partorire chiuderei forse il seno materno?«, dice il tuo DIO. Rallegratevi con Gerusalemme ed esultate con lei, voi tutti che l’amate. Gioite grandemente con lei voi tutti che siete in lutto per lei, affinché siate allattati e saziati al seno delle sue consolazioni, affinché possiate bere copiosamente e deliziarvi con l’abbondanza della sua gloria. Poiché cosí dice l’Eterno: »Ecco, io farò giungere a lei la pace come un fiume e la ricchezza delle nazioni come un torrente che straripa, e voi sarete allattati, sarete portati sui suoi fianchi e accarezzati sulle sue ginocchia. Come una madre consola il proprio figlio, cosí io consolerò voi e sarete consolati in Gerusalemme. Voi vedrete questo, e il vostro cuore gioirà, le vostre ossa riprenderanno vigore come l’erba fresca. La mano dell’Eterno si farà conoscere ai suoi servi e si adirerà grandemente contro i suoi nemici«. Poiché ecco, l’Eterno verrà col fuoco, e i suoi carri saranno come un uragano per riversare la sua ira con furore e la sua minaccia con fiamme di fuoco. Poiché l’Eterno farà giustizia con il fuoco e con la sua spada contro ogni carne; e gli uccisi dall’Eterno saranno molti. »Quelli che si santificano e si purificano per andare nei giardini, dietro un idolo che sta nel mezzo, quelli che mangiano carne di porco, cose abominevoli e topi, saranno tutti quanti consumati« dice l’Eterno. »Io conosco le loro opere e i loro pensieri; sta per giungere il tempo in cui raccoglierò tutte le nazioni e tutte le lingue; esse verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò un segno nel loro mezzo e manderò alcuni dei loro superstiti alle nazioni: a Tarshish, a Pul e a Lud, che tirano l’arco, a Tubal e a Javan, alle isole lontane che non hanno udito la mia fama e non hanno visto la mia gloria; essi proclameranno la mia gloria fra le nazioni, e ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le nazioni come un’offerta all’Eterno, su cavalli, su carri, su portantine, su muli e su dromedari al mio santo monte di Gerusalemme«, dice l’Eterno. »come i figli d’Israele, portano un’offerta in un vaso puro nella casa dell’Eterno. Prenderò pure alcuni di essi per sacerdoti e per Leviti«, dice l’Eterno. »Poiché come i nuovi cieli e la nuova terra che io farò sussisteranno stabili davanti a me«, dice l’Eterno, »cosí sussisteranno la vostra progenie e il vostro nome. E avverrà che di novilunio in novilunio e di sabato in sabato ogni carne verrà a prostrarsi davanti a me«, dice l’Eterno. »Quando essi usciranno, vedranno i cadaveri degli uomini che si sono ribellati contro di me; poiché il loro verme non morirà e il loro fuoco non si estinguerà, e saranno in orrore ad ogni carne«.
Parole di Geremia, figlio di Hilkiah, uno dei sacerdoti che erano ad Anathoth, nel paese di Beniamino. La parola dell’Eterno gli fu rivolta al tempo di Giosia, figlio di Amon, re di Giuda, nell’anno tredicesimo del suo regno; gli fu pure rivolta al tempo di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, fino alla fine dell’undicesimo anno di Sedekia, figlio di Giosia, re di Giuda, cioè fino alla cattività di Gerusalemme, avvenuta nel quinto mese La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Prima che io ti formassi nel grembo di tua madre, ti ho conosciuto; prima che tu uscissi dal suo grembo, ti ho consacrato e ti ho stabilito profeta delle nazioni«. Io risposi: »Ahimè, Signore. Eterno, io non so parlare, perché sono un ragazzo«. Ma l’Eterno mi disse: »Non dire: »Sono un ragazzo« perché tu andrai da tutti coloro ai quali ti manderò e dirai tutto ciò che ti comanderò. Non temere davanti a loro, perché io sono con te per liberarti, dice l’Eterno«. Poi l’Eterno stese la sua mano e toccò la mia bocca; quindi l’Eterno mi disse: »Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca. Ecco, oggi ti costituisco sopra le nazioni e sopra i regni, per sradicare e per demolire, per abbattere e per distruggere, per edificare e per piantare«. Poi la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Geremia, che cosa vedi?«. Io risposi: »Vedo un ramo di mandorlo«. L’Eterno mi disse: »Hai visto bene, perché io vigilo sulla mia parola per mandarla ad effetto«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta per la seconda volta, dicendo: »Che cosa vedi?«. Io risposi: »Vedo una pentola che bolle e ha la bocca volta nella direzione opposta al nord«. L’Eterno mi disse: »Dal nord la calamità si rovescerà su tutti gli abitanti del paese. Poiché, ecco, io sto per chiamare tutti i popoli dei regni del nord, dice l’Eterno. Essi verranno e porranno ognuno il suo trono all’ingresso delle porte di Gerusalemme contro tutte le sue mura, tutt’intorno, e contro tutte le città di Giuda. Allora pronuncerò i miei giudizi contro di loro, a motivo di tutta la loro malvagità, perché mi hanno abbandonato e hanno bruciato incenso ad altri dèi e si sono prostrati davanti all’opera delle loro mani. Perciò cingiti i lombi, lèvati e di’ loro tutto ciò che ti comanderò. Non sgomentarti davanti a loro affinché non ti renda sgomento davanti a loro. Ecco, oggi io faccio di te una città fortificata, una colonna di ferro e un muro di bronzo contro tutto il paese, contro i re di Giuda, contro i suoi principi, contro i suoi sacerdoti e contro il popolo del paese. Essi combatteranno contro di te ma non ti vinceranno, perché io sono con te per liberarti, dice l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Va’ e grida alle orecchie di Gerusalemme, dicendo: Cosí dice l’Eterno: Io mi ricordo di te, della tenera attenzione della tua giovinezza, dell’amore al tempo del tuo fidanzamento, quando mi seguivi nel deserto, in una terra non seminata. Israele, era consacrato all’Eterno, le primizie del suo raccolto; tutti quelli che lo divoravano diventavano colpevoli, e la calamità si abbatteva su di loro«, dice l’Eterno. Ascoltate la parola dell’Eterno, o casa di Giacobbe, e voi tutte le famiglie della casa d’Israele. Cosí dice l’Eterno: »Che cosa hanno trovato di ingiusto in me i vostri padri, per allontanarsi da me, andare dietro alla vanità e diventare essi stessi vanità? Non hanno neppure detto: »Dov’è l’Eterno che ci ha fatto uscire dal paese d’Egitto, che ci ha condotto attraverso il deserto, per un paese arido e di crepacci, per un paese riarso e di ombra di morte, per un paese dove nessuno era mai passato e dove nessuno aveva mai abitato? Io vi ho condotto in un paese fertile, perché mangiaste dei suoi frutti e dei suoi beni; ma quando siete entrati, avete contaminato il mio paese e avete reso la mia eredità un’abominazione. sacerdoti non hanno detto: »Dov’è l’Eterno?«, quelli che si occupano della legge non mi hanno conosciuto, i pastori si sono ribellati contro di me, i profeti hanno profetizzato per Baal, e hanno seguito cose che non giovano a nulla. Perciò contenderò ancora in giudizio con voi«, dice l’Eterno, »e contenderò con i figli dei vostri figli. Recatevi nelle isole di Kittim, e guardate, mandate a Kedar e osservate bene, e vedete se è mai avvenuta una cosa simile. Ha mai una nazione cambiato i suoi dèi, anche se non sono dèi? Ma il mio popolo ha cambiato la sua gloria perciò che non giova a nulla. Stupitevi, o cieli, di questo; inorridite e siate grandemente desolati«, dice l’Eterno. »Poiché il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne rotte, che non tengono l’acqua. Israele è forse uno schiavo, o uno schiavo nato in casa? Perché dunque è diventato una preda? I leoncelli ruggiscono contro di lui, fanno udire la loro voce e riducono il suo paese a una desolazione; le sue città sono bruciate e nessuno piú vi abita. Perfino gli abitanti di Nof e di Tahpanhes ti divorano la corona della tua testa. Non ti sei forse attirato addosso questo perché hai abbandonato l’Eterno, il tuo DIO, mentre ti conduceva per la strada? E ora perché hai preso la strada che porta in Egitto, per andare a bere le acque di Scihor? O perché hai preso la strada che porta in Assiria, per andare a bere le acque del Fiume? La tua stessa malvagità ti castigherà e i tuoi sviamenti ti puniranno. Riconosci perciò e vedi quanto cattivo e amaro sia per te l’abbandonare l’Eterno, il tuo DIO, e il non avere in te alcun timore di me«, dice il Signore, l’Eterno degli eserciti. »Poiché da molto tempo hai infranto il tuo giogo, hai rotto i tuoi legami e hai detto: »Non voglio piú servire! Ma sopra ogni alto colle e sotto ogni albero verdeggiante ti sei sdraiata come una prostituta. Eppure ti avevo piantato come una nobile vigna tutta della migliore qualità; come dunque ti sei cambiata nei miei confronti in tralci degeneri di vigna straniera? Anche se ti lavassi con la soda e usassi molto sapone, la tua iniquità la scerebbe un’impronta indelebile davanti a me«, dice il Signore, l’Eterno. »Come puoi dire: »Non mi son contaminata, non sono andata dietro ai Baal, Guarda la strada da te percorsa nella valle, riconosci, ciò che hai fatto, dromedaria veloce, che corre senza freno nelle sue vie. Asina selvatica, abituata al deserto, che aspira l’aria nell’ardore del suo desiderio; nella stagione degli amori chi può trattenerla? Tutti quelli che la cercano non devono affaticarsi: nel suo mese la troveranno. Impedisci che il tuo piede rimanga scalzo e che la tua gola si inaridisca. Ma tu hai detto: »E’ inutile. No! Io amo gli stranieri e voglio seguire loro«. Come rimane confuso il ladro quando è sorpreso sul fatto, cosí sono confusi quelli della casa d’Israele, essi, i loro re, i loro principi, i loro sacerdoti e i loro profeti, i quali dicono al legno: »Tu sei mio padre« e alla pietra: »Tu ci hai dato la vita«. Sí, essi mi hanno voltato le spalle e non la faccia. Ma nel tempo della loro sventura dicono: »Lèvati e salvaci!« Ma dove sono i tuoi dèi che ti sei fatto Si lèvino, se possono salvarti nel tempo della tua sventura. Poiché numerosi come le tue città sono i tuoi dèi, o Giuda. Perché contendete con me? Voi tutti vi siete ribellati contro di me«, dice l’Eterno. »Invano ho colpito i vostri figli; non hanno accettato la correzione. La vostra spada ha divorato i vostri profeti come un leone distruttore. O generazione, considera la parola dell’Eterno! Sono forse stato un deserto per Israele o un paese di fitte tenebre? Perché dice il mio popolo: »Noi girovaghiamo liberamente, non torneremo piú da te«? Può una fanciulla dimenticare i suoi ornamenti, o una sposa la sua cintura? Eppure il mio popolo mi ha dimenticato da giorni innumerevoli. Come usi bene le tue maniere per procurarti amore! Cosí hai insegnato le tue maniere persino alle donne malvagie. Perfino sui lembi della tua veste si trova il sangue di poveri innocenti, che non furono sorpresi a scassinare. Ma, nonostante tutte queste cose, tu dici: Sono innocente; certamente la sua ira si è ritirata da me Ecco, io entrerò in giudizio con te, perché hai detto: »Non ho peccato« Perché vagabondi cosí tanto, cambiando il tuo cammino? Sarai delusa anche dall’Egitto, come sei stata delusa dall’Assiria. Anche da esso uscirai con le tue mani sul capo, perché l’Eterno ha rigettato quelli nei quali tu confidi, e tu non realizzerai i tuoi intenti per mezzo di loro. Se un uomo ripudia la propria moglie e questa se ne va da lui e diviene moglie di un altro, tornerà egli forse ancora da lei? Non sarebbe quel paese grandemente profanato? Tu ti sei prostituita, con molti amanti; vorresti però ritornare da me?«, dice l’Eterno. »Alza gli occhi verso le alture e guarda: dove non ti sei coricata con loro? Ti sei seduta accanto alle strade ad aspettarli, come un Arabo nel deserto, e hai contaminato il paese con le tue prostituzioni e con le tue malvagità. Perciò le piogge sono state trattenute e l’ultima pioggia, non c’è stata. Ma tu hai avuto una fronte da prostituta e hai rifiutato di vergognarti. Non hai proprio ora gridato a me: »Padre mio, tu sei l’amico della mia giovinezza! Rimarrà egli adirato per sempre? Conserverà l’ira sino alla fine?" Ecco, tu parli cosí, ma intanto commetti tutte le malvagità che puoi«. L’Eterno mi disse al tempo del re Giosia: »Hai visto ciò che la ribelle, Israele ha fatto? E’ andata sopra ogni alto monte e sotto ogni albero verdeggiante e là si è prostituita. Io dicevo: »Dopo che avrà fatto tutte queste cose ritornerà a me« Ma non è tornata; e la sua perfida sorella Giuda l’ha visto. E sebbene io avessi ripudiato la ribelle Israele a motivo di tutti i suoi adultèri e le avessi dato il libello di divorzio, ho visto che la sua perfida sorella Giuda non ha avuto alcun timore, ma è andata anch’essa a prostituirsi, Cosí con il rumore delle sue prostituzioni ha contaminato il paese e ha commesso adulterio con la pietra e con il legno Nonostante tutto questo, la sua perfida sorella Giuda non è tornata a me con tutto il suo cuore, ma con simulazione«, dice l’Eterno. Poi l’Eterno mi disse: »La ribelle Israele si è mostrata piú giusta della perfida Giuda. Va’ e proclama queste parole verso il nord, dicendo: »Torna, o ribelle Israele««, dice l’Eterno, »non farò ricadere la mia ira su di voi, perché io sono misericordioso«, dice l’Eterno, »e non rimango adirato per sempre. Soltanto riconosci la tua iniquità, perché ti sei ribellata all’Eterno, il tuo DIO; hai profuso i tuoi favori agli stranieri sotto ogni albero verdeggiante e non hai dato ascolto alla mia voce«, dice l’Eterno. »Tornate o figli traviati«, dice l’Eterno, »perché io ho sovranità su di voi. Vi prenderò uno da una città e due da una famiglia e vi ricondurrò a Sion. Vi darò quindi pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e con sapienza. E avverrà che quando vi sarete moltiplicati e sarete fecondi nel paese, in quei giorni«, dice l’Eterno, »non si dirà piú: »L’arca del patto dell’Eterno«. Non verrà piú in mente, non la ricorderanno piú, non andranno piú a vederla, non se ne farà un’altra. Allora Gerusalemme sarà chiamata »Il trono dell’Eterno«; tutte le nazioni si raduneranno presso di essa nel nome dell’Eterno, a Gerusalemme, e non cammineranno piú secondo la caparbietà del loro cuore malvagio. In quei giorni la casa di Giuda camminerà con la casa d’Israele e insieme verranno dal paese del nord al paese che io diedi in eredità ai vostri padri. Io dicevo: »Quanto volentieri ti collocherei tra i miei figli e ti darei un paese delizioso, una splendida eredità fra tutte le nazioni« Dicevo: »Tu mi chiamerai: Padre mio!, e non ti allontanerai piú da me« Ma come una donna è infedele al proprio marito, cosí voi siete stati infedeli a me, o casa d’Israele«, dice l’Eterno. Una voce si ode sulle alture; il pianto e le suppliche dei figli d’Israele, perché hanno pervertito la loro via e hanno dimenticato l’Eterno, il loro DIO. »Ritornate, o figli traviati, io guarirò le vostre ribellioni«. »Ecco, noi veniamo a te, perché tu sei l’Eterno, il nostro DIO. E’ certamente vano l’aiuto che si aspetta dai colli e dal gran numero dei monti; certamente la salvezza, d’Israele è nell’Eterno, il nostro DIO. Quella cosa vergognosa ha divorato il frutto della fatica dei nostri padri fin dalla nostra giovinezza le loro pecore e i loro buoi, i loro figli e le loro figlie. Corichiamoci nella nostra vergogna e ci ricopra la nostra ignominia, perché abbiamo peccato contro l’Eterno il nostro DIO, noi e i nostri padri, dalla nostra giovinezza fino a questo giorno e non abbiamo dato ascolto alla voce dell’Eterno, il nostro DIO«. »O Israele, se tu torni«, dice l’Eterno, »devi ritornare a me. Se rimuovi dalla mia presenza le tue abominazioni e non vai piú vagando e giuri: »L’Eterno vive con verità con rettitudine e con giustizia, allora le nazioni saranno benedette in Lui e in Lui si glorieranno«. Poiché cosí dice l’Eterno a quelli di Giuda e di Gerusalemme: »Dissodate il vostro campo non coltivato e non seminate fra le spine, Circoncidetevi per l’Eterno e rimuovete il prepuzio dei vostri cuori, o uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme, affinché il mio furore non prorompa come fuoco e non arda senza che alcuno possa spegnerlo, a motivo della malvagità delle vostre azioni!«. »Annunziatelo in Giuda, proclamatelo in Gerusalemme e dite: »Suonate la tromba nel paese«, gridate forte e dite: »adunatevi ed entriamo nelle città fortificate«. Alzate la bandiera verso Sion, fuggite in cerca di un rifugio, non fermatevi, perché manderò dal nord una calamità e una grande rovina. Il leone è balzato fuori dal folto del suo bosco e un distruttore di nazioni si è messo in viaggio, ha lasciato la sua dimora per ridurre il tuo paese in desolazione; le tue città saranno devastate e lasciate senza abitanti. Per questo vestitevi di sacco, fate cordoglio, gemete, perché l’ardente ira dell’Eterno non si è allontanata da noi. In quel giorno avverrà«, dice l’Eterno »che il cuore del re e il cuore dei principi verrà meno, i sacerdoti saranno sbigottiti e i profeti saranno costernati«. Allora io dissi: »Ah, Signore, Eterno, tu hai interamente ingannato questo popolo e Gerusalemme, dicendo: »Voi avrete pace mentre la spada penetra fino al cuore«. In quel tempo si dirà a questo popolo e a Gerusalemme: »Un vento ardente che viene dalle nude alture nel deserto e soffia verso la figlia del mio popolo, non per vagliare né per mondare; un vento anche più forte di questi verrà da parte mia, ora anch’io pronuncerò il giudizio contro di loro, Ecco, egli sale come le nuvole e i suoi carri come un turbine, i suoi cavalli sono piú veloci delle aquile. Guai a noi perché siamo devastati!«. O Gerusalemme, purifica il tuo cuore dalla malvagità, affinché sia salvata. Fino a quando rimarranno in te i tuoi pensieri iniqui? Poiché una voce annuncia da Dan e proclama sventura dal monte di Efraim. »Avvertite le nazioni, sí, fatelo sapere a Gerusalemme: gli assedianti vengono da una nazione lontana e alzano la loro voce contro le città di Giuda. Come custodi di un campo si sono posti tutt’intorno ad essa perché si è ribellata contro di me«, dice l’Eterno. »Il tuo comportamento e le tue azioni ti hanno procurato queste cose, questa sarà la tua calamità, e sarà amara perché raggiungerà il tuo cuore«. Le mie viscere, le mie viscere! Mi contorco dal dolore. Oh, le pareti del mio cuore! Il mio cuore batte forte dentro di me. Io non posso tacere, perché, o anima mia, ho udito il suono della tromba, il grido di guerra. Si annunzia rovina sopra rovina perché tutto il paese è devastato. Improvvisamente le mie tende sono distrutte, i miei padiglioni in un attimo. Fino a quando vedrò la bandiera e udrò il suono della tromba? »Sí, il mio popolo è stolto, non mi conosce; sono figli insensati e non hanno intendimento; sono esperti nel fare il male, ma non sanno fare il bene«. Guardai la terra, ed ecco era senza forma e vuota; i cieli, ed erano senza luce. Guardai i monti, ed ecco tremavano e tutti i colli ondeggiavano. Guardai, ed ecco non c’era uomo e tutti gli uccelli del cielo erano fuggiti. Guardai, ed ecco la terra fertile era un deserto, e tutte le sue città erano crollate davanti all’Eterno a motivo dell’ardente sua ira. Poiché cosí dice l’Eterno: »Tutto il paese sarà desolato, ma non lo distruggerò completamente, A motivo di questo la terra farà cordoglio e i cieli in alto si oscureranno perché io ho parlato, ho deciso e non me ne pento né tornerò indietro. Al rumore dei cavalieri e degli arcieri tutte le città sono in fuga, entrano nel folto dei boschi, salgono sulle rocce, tutte le città sono abbandonate e non vi è rimasto un sol uomo. E tu, o devastata, che farai? Anche se ti vestissi di scarlatto, anche se ti abbigliassi con ornamenti d’oro, anche se ti ingrandissi gli occhi con lo stibio, invano ti faresti bella. I tuoi amanti ti disprezzano, vogliono la tua vita. Poiché io odo un grido come di donna nelle doglie, un’angoscia come di donna al suo primo parto: è il grido della figlia di Sion che respira affannosamente e distende le sue mani, dicendo: »Guai a me! L’anima mia viene meno per gli assassini««. Andate attorno per le vie di Gerusalemme: guardate e rendetevi conto, e cercate per le sue piazze se trovate un uomo, se ce n’è uno solo che pratichi la giustizia, che cerchi la verità, e io la perdonerò. Anche se dicono: »L’Eterno vive«, certo giurano il falso. O Eterno, non sono i tuoi occhi per la verità? Tu li hai colpiti, ma non hanno sentito alcun dolore; li hai consumati, ma hanno rifiutato di ricevere la correzione. Essi hanno indurito la loro faccia piú della roccia e hanno rifiutato di ritornare. Perciò dissi: »Essi sono certamente poveri, sono insensati perché non conoscono la via dell’Eterno, la legge del loro DIO. Andrò quindi dai grandi e parlerò loro, perché essi conoscono la via dell’Eterno, la legge del loro DIO«. Ma anch’essi insieme hanno spezzato il giogo e hanno rotto i legami. Perciò il leone della foresta li uccide, il lupo del deserto li distrugge, il leopardo sta in agguato vicino alle loro città; chiunque esce da esse è sbranato, perché le loro trasgressioni sono numerose, le loro ribellioni sono aumentate. »Come potrei perdonarti per questo? I tuoi figli mi hanno abbandonato e giurano per quelli che non sono dèi. Io li ho saziati, ma essi hanno commesso adulterio e si affollano nelle case di prostituzione. Sono come stalloni ben pasciuti e ardenti al mattino; ciascuno nitrisce dietro la moglie del proprio vicino. Non li punirò io per queste cose?«, dice l’Eterno, »e non mi vendicherò io di una simile nazione? Salite sulle mura e distruggete, ma non effettuate una distruzione completa; portate via i suoi tralci, perché non sono dell’Eterno. Poiché la casa d’Israele e la casa di Giuda hanno agito perfidamente con me«, dice l’Eterno. Hanno rinnegato l’Eterno e hanno detto: »Non è lui. Nessun male ci verrà addosso; non vedremo né spada né fame. I profeti non sono che vento, e in loro non c’è la parola di Dio. Sia fatto a loro ciò che dicono a noi«. Perciò cosí dice l’Eterno, il DIO degli eserciti: »Perché avete parlato in questo modo, io renderò le mie parole come fuoco nella tua bocca, e questo popolo come legna, che esso divorerà. Ecco io farò venire contro di voi una nazione da lontano, o casa d’Israele«, dice l’Eterno. »E’ una nazione valorosa, è una nazione antica, una nazione di cui non conosci la lingua e non intendi le parole. La sua faretra è come un sepolcro aperto; sono tutti uomini valorosi. Essa divorerà le tue messi e il tuo pane, divorerà i tuoi figli e le tue figlie, divorerà le tue greggi e i tuoi armenti, divorerà le tue vigne e i tuoi fichi; distruggerà con la spada le tue città fortificate nelle quali confidi. Ma anche in quei giorni«, dice l’Eterno, »non ti distruggerò completamente, E avverrà che quando direte: »Perché l’Eterno, il nostro DIO, ci ha fatto tutte queste cose?« tu risponderai loro: »Come voi avete abbandonato me e avete servito dèi stranieri nel vostro paese, cosí servirete gli stranieri in un paese che non è vostro«. Annunziate questo alla casa di Giacobbe e proclamatelo in Giuda, dicendo: Ascoltate ora questo, o popolo stolto e senza cuore, che ha occhi ma non vede, che ha orecchi ma non ode. Non mi temerete?«, dice l’Eterno, »non tremerete davanti a me che ho posto la sabbia per limite al mare, come statuto eterno che non oltrepasserà mai? Le sue onde si agitano ma non prevalgono, rumoreggiano ma non la sorpassano". Ma questo popolo ha un cuore ostinato e ribelle; si voltano indietro e se ne vanno. Non dicono in cuor loro: »Temiamo l’Eterno, il nostro DIO, che dà la pioggia a suo tempo, la prima e l’ultima pioggia, che mantiene per noi le settimane fissate per la mietitura Le vostre iniquità hanno sconvolto queste cose e i vostri peccati tengono lontano da voi la prosperità. Poiché fra il mio popolo si trovano uomini malvagi che spiano come uccellatori in agguato; essi tendono lacci e catturano uomini. Come una gabbia è piena di uccelli, cosí le loro case sono piene di inganno; perciò diventano grandi e arricchiscono. Diventano grassi e prosperosi, sí, oltrepassano i limiti stessi del male. Non difendono la causa, la causa dell’orfano, eppure prosperano; non difendono il diritto dei poveri. Non li dovrei punire per queste cose?«. dice l’Eterno. »E non mi vendicherò io di una simile nazione? Nel paese si è commessa una cosa spaventevole e orribile: i profeti profetizzano falsamente, i sacerdoti governano in forza della propria autorità e il mio popolo ha piacere che sia cosí. Ma cosa farete quando verrà la fine?«. »O figli di Beniamino, cercate un rifugio fuori di Gerusalemme. Suonate la tromba in Tekoa e alzate un segnale di fuoco su Bethkerem, perché dal nord appare una calamità. una grande distruzione. La bella e delicata figlia di Sion la distruggerò. Verso di lei vengono dei pastori con i loro greggi; piantano le loro tende tutt’intorno contro di lei; ognuno pascola dalla sua parte. Preparate la guerra contro di lei; levatevi e saliamo in pieno giorno! Guai a noi, perché il giorno declina e le ombre della sera si allungano! Levatevi e saliamo di notte, e distruggiamo i suoi palazzi!«. Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Tagliate i suoi alberi e costruite un terrapieno contro Gerusalemme; questa è la città che dev’essere punita; in mezza a lei non vi è che oppressione. Come un pozzo fa scaturire le sue acque, cosí essa fa scaturire la sua malvagità, in lei si sente solo parlare di violenza e di distruzione; davanti a me stanno continuamente dolore e piaghe. Lasciati correggere, o Gerusalemme, altrimenti la mia anima si allontanerà da te, altrimenti ti ridurrò una desolazione, una terra disabitata«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Il resto d’Israele sarà interamente racimolato come una vigna; ripassa la tua mano come il vendemmiatore sui tralci. A chi parlerò e chi riprenderò perché ascolti? Ecco, il loro orecchio e incirconciso, e sono incapaci di prestare attenzione; ecco, la parola dell’Eterno è diventata per loro oggetto di disprezzo e non vi trovano piú alcun piacere. Perciò io sono pieno del furore dell’Eterno; sono stanco di contenerlo. Lo riverserò sui bambini per la strada e sui giovani riuniti insieme, perché saranno presi sia l’uomo che la donna, sia il vecchio che l’uomo carico di anni. Le loro case passeranno ad altri, assieme ai loro campi e alle loro mogli perché io stenderò la mia mano sugli abitanti del paese«, dice l’Eterno. »Poiché dal piú piccolo al piú grande, sono tutti avidi di guadagno; dal profeta al sacerdote, praticano tutti la menzogna. Essi curano alla leggera la ferita del mio popolo, dicendo: »Pace, pace« quando non c’è pace Si vergognavano quando compivano abominazioni? No! Non si vergognavano affatto, né sapevano che cosa fosse arrossire. Perciò cadranno fra quelli che cadono; quando li visiterò saranno rovesciati«, dice l’Eterno. Cosí dice l’Eterno: »Fermatevi sulle vie e guardate e domandate dei sentieri antichi, dove sia la buona strada, e camminate in essa; cosí troverete riposo per le anime vostre«. Ma essi rispondono: »Non cammineremo in essa«. »Ho posto su di voi delle sentinelle: Fate attenzione al suono della tromba!«. Ma essi rispondono: »Non faremo attenzione«. »Perciò, ascoltate, o nazioni, e sappi, o assemblea ciò che avverrà loro. Ascolta o terra! Ecco, io farò venire su questo popolo una calamità, il frutto stesso dei loro pensieri, perché non hanno prestato attenzione alle mie parole e neppure alla mia legge, ma l’hanno rigettata. Che m’importa dell’incenso che viene da Sceba, della canna odorosa che viene da un paese lontano? I vostri olocausti non mi sono graditi e i vostri sacrifici non mi piacciono«. Perciò cosí dice l’Eterno: »Ecco, io porrò davanti a questo popolo delle pietre d’inciampo, nelle quali inciamperanno insieme padri e figli; il vicino e il suo amico periranno«. Cosí dice l’Eterno: »Ecco. un popolo viene dal paese del nord e una grande nazione sarà suscitata dalle estremità della terra. Essi impugnano arco e lancia; sono crudeli e non hanno pietà; la loro voce assomiglia al fragore del mare; essi montano cavalli e sono pronti a combattere come un sol uomo contro di te, o figlia di Sion«. »Ne abbiamo udito la fama e le nostre mani sono cadute; l’angoscia si è impadronita di noi, come le doglie di una donna che partorisce«. Non uscite nei campi, non camminate per la via, perché la spada del nemico e il terrore sono ovunque. O figlia del mio popolo, vestiti di sacco e rotolati nella cenere, fa’ lutto come per un figlio unico, con un pianto amarissimo, perché il distruttore piomberà su di noi all’improvviso. Io ti avevo posto fra il mio popolo come un saggiatore e una fortezza, perché conoscessi e saggiassi la loro via. Essi sono tutti ribelli fra i ribelli, vanno attorno spargendo calunnie; sono bronzo e ferro, sono tutti corruttori. Il mantice soffia con forza, il piombo è consumato dal fuoco; invano raffina il raffinatore, perché le scorie non si staccano. Saranno chiamati »argento di rifiuto«, perché l’Eterno li ha rigettati. Questa è la parola che fu rivolta a Geremia da parte dell’Eterno dicendo: »Fermati alla porta della casa dell’Eterno e là proclama questa parola e di’: Ascoltate la parola dell’Eterno o voi tutti di Giuda che entrate per queste porte per prostrarvi davanti all’Eterno!«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Emendate le vostre vie e le vostre opere, e io vi farò abitare in questo luogo. Non ponete la vostra fiducia in parole ingannatrici, dicendo: »Questo è il tempio dell’Eterno, il tempio dell’Eterno, il tempio dell’Eterno!« Ma se emendate completamente le vostre vie e le vostre opere, se praticate veramente la giustizia gli uni verso gli altri, se non opprimete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargete sangue innocente in questo luogo e non andate dietro ad altri dèi a vostro danno. allora io vi farò abitare in questo luogo, nel paese che ho dato ai vostri padri da molto tempo e per sempre. Ecco, voi mettete la vostra fiducia in parole ingannatrici che non giovano a nulla. Cosí voi rubate, uccidete, commettete adulteri, giurate il falso, bruciate incenso a Baal e andate dietro ad altri dèi che prima non conoscevate, e poi venite a presentarvi davanti a me in questo tempio su cui è invocato il mio nome e dite: Siamo salvi! per poi compiere tutte queste abominazioni. Questo tempio su cui è invocato il mio nome è forse divenuto ai vostri occhi un covo di ladroni? Ecco, io ho visto questo«, dice l’Eterno. »Ma andate ora al mio luogo che era a Sciloh, dove avevo inizialmente posto il mio nome e vedete che cosa ne ho fatto a motivo della malvagità del mio popolo Israele. Ed ora, poiché avete compiuto tutte queste cose« dice l’Eterno, »poiché quando vi ho parlato con urgenza ed insistenza non avete ascoltato, e vi ho chiamati e non avete risposto, io farò con questo tempio su cui è invocato il mio nome e in cui riponete la vostra fiducia, con questo luogo che ho dato a voi e ai vostri padri, come ho fatto a Sciloh; e vi scaccerò dalla mia presenza, come ho scacciato tutti i vostri fratelli, tutta la progenie di Efraim. Perciò non intercedere per questo popolo non innalzare per loro alcun grido o preghiera e non insistere presso di me, perché non ti esaudirò. Non vedi ciò che fanno nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme? I figli raccolgono la legna, i padri accendono il fuoco e le donne impastano la farina per fare delle focacce alla regina del cielo, e poi fanno libazioni, ad altri dei per provocarmi ad ira. Ma provocano veramente me«, dice l’Eterno, »o non piuttosto se stessi a loro propria vergogna?«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, la mia ira, il mio furore si riverserà su questo luogo, sugli uomini e sulle bestie sugli alberi della campagna e sui frutti della terra e arderà senza estinguersi«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Aggiungete i vostri olocausti ai vostri sacrifici e mangiatene la carne! Poiché io non parlai ai vostri padri e non diedi loro alcun ordine, quando li feci uscire dal paese d’Egitto, riguardo agli olocausti e sacrifici; ma questo comandai loro: »Ascoltate la mia voce, e io sarò il vostro DIO e voi sarete il mio popolo; camminate in tutte le vie che vi ho comandato, perché siate felici«. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio, ma camminarono secondo i consigli e la caparbietà del loro cuore malvagio, e andarono indietro e non avanti. Dal giorno in cui i vostri padri uscirono dal paese d’Egitto fino a quest’oggi, vi ho mandato tutti i miei servi, i profeti ogni giorno con urgenza ed insistenza. Essi però non mi hanno ascoltato né hanno prestato orecchio, ma hanno indurito la loro cervice e si sono comportati peggio dei loro padri. Perciò tu dirai loro tutte queste cose, ma non ti ascolteranno; li chiamerai, ma non ti risponderanno. Cosí dirai loro: »Questa è la nazione che non ascolta la voce dell’Eterno, il suo DIO, né accetta correzione; la verità è scomparsa ed è stata eliminata dalla loro bocca«. Tagliati i capelli e gettali via, e intona sulle alture un lamento, perché l’Eterno ha rigettato e abbandonato la generazione della sua ira. I figli di Giuda hanno fatto ciò che è male ai miei occhi«, dice l’Eterno. »Hanno collocato le loro abominazioni nel tempio in cui è invocato il mio nome, per contaminarlo. Hanno edificato gli alti luoghi di Tofet, che è nella valle del figlio di Hinnom, per bruciare nel fuoco i loro figli e le loro figlie, cosa che non avevo comandato e che non mi era mai venuta in mente. Perciò ecco, vengono i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali non si chiamerà piú »Tofet« né »la Valle del figlio di Hinnom« ma »la Valle del massacro« e si seppelliranno i morti in Tofet, perché non ci sarà spazio altrove. I cadaveri di questo popolo diverranno cosí pasto per gli uccelli del cielo e per le bestie della terra, e nessuno li spaventerà. Farò cessare nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme, le grida di allegrezza e le grida di gioia, la voce dello sposo e la voce della sposa, perché il paese diventerà una desolazione«. »In quel tempo«, dice l’Eterno, »si estrarranno dai loro sepolcri le ossa dei re di Giuda, le ossa dei suoi principi le ossa dei sacerdoti, le ossa dei profeti e le ossa degli abitanti di Gerusalemme. e saranno esposte davanti al sole, alla luna e a tutto l’esercito del cielo, che essi hanno amato, hanno servito, hanno seguito, hanno consultato e davanti ai quali si sono prostrati; non saranno raccolte né sepolte, ma saranno come letame sulla faccia della terra. Allora la morte sarà preferibile alla vita per tutto il residuo che rimarrà di questa razza malvagia in tutti i luoghi dove li avrò dispersi«, dice l’Eterno degli eserciti. Tu dirai loro: »Cosí dice l’Eterno: Se uno cade, non si rialza forse? Se uno si svia, non ritorna forse? Perché dunque questo popolo, o Gerusalemme, si è sviato con una ribellione, perpetua? Persistono nell’inganno e rifiutano di ritornare Ho prestato attenzione e ho ascoltato, ma essi non parlano rettamente, nessuno si pente della sua malvagità e dice: Che cosa ho fatto? Ognuno riprende la propria corsa, come un cavallo che si slancia nella battaglia. Perfino la cicogna nel cielo conosce le sue stagioni, la tortora, la rondine e la gru osservano il tempo del loro ritorno ma il mio popolo non conosce la legge dell’Eterno. Come potete dire: »Noi siamo saggi e la legge dell’Eterno è con noi«? Ma ecco, la penna bugiarda degli scribi, l’ha resa una falsità. I savi saranno svergognati, spaventati e catturati. Ecco, hanno rigettato la parola dell’Eterno; quale sapienza possono avere? Perciò darò le loro mogli ad altri e i loro campi a nuovi padroni, perché dal piú piccolo al piú grande, sono tutti avidi di guadagno; dal profeta al sacerdote, tutti praticano la menzogna. Essi curano alla leggera la ferita della figlia del mio popolo, dicendo: »Pace, pace«, quando non c’è pace, Si vergognavano forse quando compivano abominazioni? No! Non si vergognavano affatto, né sapevano che cosa fosse arrossire. Perciò cadranno fra quelli che cadono; quando li visiterò saranno rovesciati«, dice l’Eterno. »Li sterminerò certamente«, dice l’Eterno. »Non ci sarà piú uva sulla vite né piú fichi sul fico, e le foglie appassiranno. E anche le cose che ho loro dato saranno loro tolte«. »Perché ce ne stiamo seduti? Radunatevi ed entriamo nelle città fortificate, e in esse periamo. Poiché l’Eterno, il nostro DIO, ci fa perire e ci fa bere acque avvelenate, perché abbiamo peccato contro l’Eterno. Aspettavamo la pace, ma non è giunto alcun bene, un tempo di guarigione, ma ecco il terrore«. Da Dan si ode lo sbuffare dei suoi cavalli; al rumore del nitrito dei suoi destrieri, trema tutto il paese, perché vengono e divorano il paese e tutto ciò che contiene, la città e i suoi abitanti. »Poiché ecco, io manderò contro di voi serpenti e vipere; contro i quali non esiste alcun incantesimo, ed essi vi morderanno«, dice l’Eterno. Potessi trovare conforto nel mio dolore. Il mio cuore viene meno dentro di me. Ecco una voce: è il grido della figlia del mio popolo da terra lontana: »Non è forse l’Eterno in Sion? Non è il suo re in mezzo a lei?«. »Perché mi hanno provocato ad ira con le loro immagini scolpite e con idoli stranieri?«. La mietitura è passata, l’estate è finita e noi non siamo salvati. Per la ferita della figlia del mio popolo sono affranto, sono in lutto, sono in preda alla costernazione. Non c’è forse balsamo, in Galaad, non c’è là alcun medico? Perché mai non giunge la guarigione della figlia del mio popolo? Oh, fosse la mia testa una sorgente d’acqua e i miei occhi una fonte di lacrime, perché pianga giorno e notte gli uccisi della figlia del mio popolo! Oh, avessi nel deserto un rifugio per viandanti! Abbandonerei il mio popolo e me ne andrei lontano da loro, perché sono tutti adulteri, un assembramento di traditori. »Tendono le loro lingue come fosse il loro arco per scoccare menzogne; nel paese sono potenti ma non per la verità, perché procedono di malvagità in malvagità e non conoscono me«, dice l’Eterno. »Si guardi ciascuno dal suo vicino e non fidatevi di ogni fratello, perché ogni fratello non fa che ingannare ed ogni vicino va spargendo calunnie. Ognuno inganna il suo vicino e non dicono la verità; esercitano la loro lingua a mentire e si affaticano a fare il male. La tua dimora è in mezzo all’inganno e per inganno rifiutano di conoscermi«, dice l’Eterno. Perciò cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Ecco, io li raffinerò e li saggerò. Cos’altro infatti posso fare per la figlia del mio popolo? La loro lingua è una freccia micidiale; essa non dice che menzogne. Con la bocca ognuno parla di pace al suo vicino, ma nel suo cuore sta in agguato. Non dovrei forse punirli per queste cose?«, dice l’Eterno. »Non dovrei vendicarmi di una nazione come questa?«. Per i monti eleverò pianto e gemito e per i pascoli del deserto un lamento, perché sono bruciati e non vi passa piú alcuno, né piú si ode il belare delle greggi. Gli uccelli del cielo e le bestie sono fuggiti, sono scomparsi. »Io ridurrò Gerusalemme un cumulo di rovine e un rifugio di sciacalli, farò delle città di Giuda una desolazione senza abitanti«. Qual’è l’uomo saggio che può comprendere queste cose e colui al quale la bocca dell’Eterno ha parlato perché lo annunzi? Perché mai il paese è distrutto e desolato come un deserto e non vi passa piú nessuno? L’Eterno dice: »Perché costoro hanno abbandonato la mia legge che avevo posto davanti a loro, non hanno ascoltato la mia voce e non hanno camminato in conformità ad essa, ma hanno seguito la caparbietà del loro cuore e i Baal, che i loro padri avevano fatto loro conoscere«. Perciò cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Ecco, io nutrirò questo popolo di assenzio e gli farò bere acqua avvelenata. Li disperderò fra le nazioni che né loro né i loro padri hanno conosciuto, e manderò dietro a loro la spada, finché li avrò interamente distrutti«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Pensate a chiamare le lamentatrici: che vengano! Mandate a chiamare le piú brave: che vengano! Si affrettino a elevare su di noi un lamento affinché i nostri occhi si sciolgano in lacrime e le nostre palpebre versino acqua«. Poiché una voce di lamento si ode da Sion: »Come siamo devastati! Siamo grandemente confusi, perché dobbiamo lasciare il paese, perché hanno abbattuto le nostre dimore«. Perciò ascoltate la parola dell’Eterno, o donne, e il vostro orecchio riceva la parola della sua bocca. Insegnate alle vostre figlie un lamento e ognuna insegni alla sua vicina un canto funebre. Poiché la morte è salita per le nostre finestre, è entrata nei nostri palazzi per far sparire i bambini dalla strada e i giovani dalle piazze. »Parla: Cosí dice l’Eterno: »I cadaveri degli uomini giaceranno come letame sull’aperta campagna, come un covone lasciato indietro dal mietitore e che nessuno raccoglie««. Cosí dice l’Eterno: »Il savio non si glori della sua sapienza, il forte non si glori della sua forza, il ricco non si glori della sua ricchezza. Ma chi si gloria si glori di questo: di aver senno e di conoscere me, che sono l’Eterno, che esercita la benignità, il diritto e la giustizia sulla terra; poiché mi compiaccio in queste cose«, dice l’Eterno. »Ecco, vengono i giorni«, dice l’Eterno, »in cui punirò tutti i circoncisi, che sono incirconcisi: l’Egitto, Giuda, Edom, i figli di Ammon, Moab, e tutti quelli che si tagliano gli angoli della barba e abitano nel deserto; poiché tutte le nazioni sono incirconcise e tutta la casa d’Israele è incirconcisa di cuore«. Ascoltate la parola che l’Eterno vi rivolge, o casa d’Israele. Cosí dice l’Eterno: »Non imparate a seguire la via delle nazioni e non abbiate paura dei segni del cielo, perché sono le nazioni che ne hanno paura. Poiché i costumi dei popoli sono vanità: infatti uno taglia un albero dal bosco, il lavoro delle mani di un operaio con l’ascia. Lo adornano d’argento e d’oro, lo fissano con chiodi e martelli perché non si muova. Stanno diritti come una palma e non possono parlare; bisogna portarli, perché non possono camminare. Non abbiate paura di loro, perché non possono fare alcun male, né è in loro potere fare il bene«. Nessuno è simile a te, o Eterno, tu sei grande e il tuo nome è grande in potenza. Chi non ti temerebbe, o re delle nazioni? Sì questo ti è dovuto, perché fra tutti i savi delle nazioni, in tutti i loro regni non c’è nessuno simile a te. Sono tutti insieme stupidi e insensati; il loro idolo di legno è una dottrina di nessun valore. Argento battuto in lamine portato da Tarshish, e oro da Ufaz, lavoro di artigiano e di mano di orefice; il loro vestito è di porpora e di scarlatto, sono tutti lavoro di uomini esperti. Ma l’Eterno è il vero DIO egli è il DIO vivente e il re eterno. Davanti alla sua ira trema la terra e le nazioni non possono reggere davanti al suo sdegno. Cosí direte loro: »Gli dèi che non hanno fatto i cieli e la terra scompariranno dalla terra e di sotto il cielo«. Egli ha fatto la terra con la sua potenza, ha stabilito il mondo con la sua sapienza e con la sua intelligenza ha disteso i cieli. Quando emette la sua voce c’è un fragore di acque nel cielo; egli fa salire i vapori dalle estremità della terra, produce i lampi per la pioggia e fa uscire il vento dai suoi serbatoi. Ogni uomo allora diventa insensato, privo di conoscenza, ogni orafo si vergogna della sua immagine scolpita, perché la sua immagine fusa è falsità e in essa non c’è spirito. Sono vanità, lavoro d’inganno, nel tempo della loro punizione periranno. La porzione di Giacobbe non è come loro, perché Egli ha formato tutte le cose, e Israele, è la tribú della sua eredità. Il suo nome è l’Eterno degli eserciti«. »Raduna dal paese le tue mercanzie tu che sei cinta d’assedio«. Poiché cosí dice l’Eterno: »Ecco, questa volta io lancerò lontano gli abitanti del paese e farò venire su di loro una grande sventura, perché possano ritrovare me«. Guai a me a motivo della mia ferita; la mia piaga è dolorosa. Ma io ho detto: »Questa è un’infermità che devo sopportare«. La mia tenda è devastata e tutte le mie corde sono rotte, i miei figli sono andati lontano da me e non sono piú non c’è piú nessuno che pianti la mia tenda o che rialzi i miei padiglioni. Poiché i pastori sono stati insensati e non hanno cercato l’Eterno; perciò non hanno prosperato e tutto il loro gregge è stato disperso. Ecco, giunge un rumore di notizie e un gran trambusto dal paese del nord, per ridurre le città di Giuda una desolazione, un rifugio di sciacalli. O Eterno, io so che la via dell’uomo non è in suo potere e non è in potere dell’uomo che cammina il dirigere i suoi passi Correggimi, o Eterno, ma con giustizia, non nella tua ira per non ridurmi al nulla. Riversa la tua ira sulle nazioni che non ti conoscono e sui popoli che non invocano il tuo nome, perché hanno divorato Giacobbe, sí, l’hanno divorato e consumato e hanno distrutto la sua dimora. Questa è la parola che fu rivolta a Geremia da parte dell’Eterno, dicendo: »Ascoltate le parole di questo patto e parlate agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme. Di’ loro: Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Maledetto l’uomo che non ascolta le parole di questo patto, che io comandai ai vostri padri il giorno in cui li feci uscire dal paese d’Egitto, dalla fornace di ferro, dicendo: Ascoltate la mia voce e fate queste cose in base a tutto ciò che vi comando; allora voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro DIO affinché io possa adempiere il giuramento che feci ai vostri padri, di dare loro un paese dove scorre latte e miele, come oggi avviene«. Io risposi e dissi: »Cosí sia, o Eterno!«. Allora l’Eterno mi disse: »Proclama tutte queste parole nelle citta di Giuda e per le vie di Gerusalemme, dicendo: Ascoltate le parole di questo patto e mettetele in pratica. Poiché io ho insistentemente esortato i vostri padri dal giorno che li ho fatti uscire dal paese d’Egitto fino a questo giorno, li ho esortati con urgenza, dicendo: Ascoltate la mia voce! Essi però non l’hanno ascoltata né prestarono orecchio, ma camminarono ciascuno secondo la caparbietà del loro cuore malvagio; perciò io farò venire su di loro tutte le cose dette in questo patto che avevo comandato loro di osservare, ma che non osservarono«. Poi l’Eterno mi disse: »E’ stata scoperta una congiura fra gli uomini di Giuda e fra gli abitanti di Gerusalemme. Sono ritornati alle iniquità dei loro padri antichi, i quali rifiutarono di ascoltare le mie parole, e sono anch’essi andati dietro ad altri dèi, per servirli; la casa d’Israele e la casa di Giuda hanno rotto il patto che io avevo fatto con i loro padri«. Perciò cosí dice l’Eterno: »Ecco, io farò venire su di loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò. Allora le città di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme andranno a gridare agli dèi ai quali hanno bruciato incenso, ma essi non li salveranno nel tempo della loro calamità. Poiché, o Giuda, i tuoi dèi sono numerosi come le tue città, e gli altari che avete eretto a quella cosa vergognosa, altari per bruciare incenso a Baal, sono numerosi come le vie di Gerusalemme. Perciò non pregare per questo popolo e non innalzare per loro alcun grido o preghiera, perché io non li esaudirò quando grideranno a me per la loro sventura«. Che cosa fa il mio diletto nel mio tempio, quando ha compiuto molte scelleratezze? Potranno le carni consacrate allontanare da te la tua malvagità, perché tu possa rallegrarti? L’Eterno ti aveva chiamato con il nome di Ulivo verdeggiante bello, con frutti squisiti. Al rumore di un gran tumulto, egli vi appiccherà il fuoco, e i suoi rami saranno distrutti. L’Eterno degli eserciti che ti aveva piantato ha decretato sventura contro di te, a motivo della malvagità commessa a loro stesso danno dalla casa d’Israele e dalla casa di Giuda nel provocarmi ad ira, bruciando incenso a Baal«. L’Eterno me l’ha fatto sapere e io l’ho saputo; allora tu mi hai mostrato le loro azioni. Io ero come un agnello mansueto condotto al macello e non sapevo che ordivano macchinazioni contro di me, dicendo: »Distruggiamo l’albero col suo frutto e eliminiamolo dalla terra dei viventi, affinché il suo nome non sia piú ricordato«. Ma, o Eterno degli eserciti, giusto giudice, che scruti la mente e il cuore, fammi vedere la tua vendetta su di loro, perché ti ho reso noto la mia causa. Perciò cosí dice l’Eterno riguardo agli uomini di Anathoth che cercano la tua vita, dicendo: »Non profetizzare nel nome dell’Eterno, perché non abbia a morire per mano nostra«. Cosí dunque dice l’Eterno degli eserciti: »Ecco, io li punirò: i giovani moriranno di spada, i loro figli e le loro figlie moriranno di fame. Non resterà di loro alcun residuo, perché io farò venire la calamità sugli uomini di Anathoth, nell’anno della loro punizione«. Tu sei giusto, o Eterno; come posso discutere con te? Tuttavia parlerò con te intorno ai tuoi giudizi. Perché la via degli empi prospera? Perché vivono tranquilli quelli che agiscono perfidamente? Li hai piantati e hanno pure messo radice; crescono e addirittura portano frutto. Tu sei vicino alla loro bocca, ma lontano dal loro cuore. Ma tu, o Eterno, mi conosci, mi vedi ed esamini il mio cuore, nei tuoi confronti. Trascinali al macello come pecore e appartali per il giorno del massacro! Fino a quando farà cordoglio il paese e seccherà l’erba di ogni campo? Per la malvagità dei suoi abitanti, le bestie e gli uccelli sono sterminati, perché essi dicono: »Egli non vedrà la nostra fine«. Se tu corri con i pedoni e ti stancano, come potrai gareggiare con i cavalli? Se ti senti sicuro solamente in un paese pacifico, cosa farai quando il Giordano si gonfierà? Poiché perfino i tuoi fratelli e la casa di tuo padre hanno agito perfidamente con te; anch’essi ti gridano dietro a piena voce. Non fidarti di loro quando ti diranno buone parole. Ho abbandonato la mia casa, ho rigettato la mia eredità; ho dato ciò che ho di piú caro nelle mani dei suoi nemici. La mia eredità è divenuta per me come un leone nella foresta; ha lanciato il suo grido contro di me; per questo l’ho odiata. La mia eredità è stata per me come l’uccello rapace screziato; gli uccelli rapaci si lanciano contro di lei da ogni parte. Andate, radunate tutte le bestie della campagna, fatele venire a divorare! Molti pastori hanno devastato la mia vigna, hanno calpestato la mia porzione, hanno ridotto la mia deliziosa porzione in un deserto desolato. L’hanno ridotta una desolazione, desolata, fa’ cordoglio davanti a me; tutto il paese è desolato, ma nessuno se ne dà pensiero. Su tutte le alture del deserto sono giunti i devastatori e la spada dell’Eterno divora il paese da un’estremità all’altra; nessuna carne ha pace. Hanno seminato grano, ma raccolgono spine; si sono affaticati, ma senza alcun vantaggio. Si vergogneranno del vostro raccolto, a motivo dell’ardente ira dell’Eterno! Cosí dice l’Eterno contro tutti i miei malvagi vicini, che toccano l’eredità che ho dato in possesso al mio popolo Israele: »Ecco, li sradicherò dal loro paese e sradicherò la casa di Giuda di mezzo a loro. Ma avverrà che, dopo averli sradicati, ritornerò ad aver compassione di loro e li ricondurrò a ciascuno nella sua eredità, ciascuno nel suo paese. E avverrà che se impareranno accuratamente le vie del mio popolo e a giurare per il mio nome, dicendo: »L’Eterno vive«, come hanno insegnato al mio popolo a giurare per Baal, saranno saldamente stabiliti in mezzo al mio popolo, Ma se non ascolteranno, io sradicherò interamente quella nazione e la distruggerò«, dice l’Eterno. Cosí mi ha detto l’Eterno: »Va’ a comprarti una cintura di lino e mettila sui tuoi lombi, ma non immergerla nell’acqua«. Così io comprai la cintura, secondo la parola dell’Eterno e me la misi sui lombi. Poi la parola dell’Eterno mi fu rivolta una seconda volta, dicendo: »Prendi la cintura che hai comprato e che hai sui tuoi lombi, levati, va’ verso l’Eufrate e là nascondila nella fessura di una roccia«. Io andai e la nascosi presso l’Eufrate, come l’Eterno mi aveva comandato. Dopo molti giorni avvenne che l’Eterno mi disse: »Levati, va’ verso l’Eufrate e prendi di là la cintura che ti avevo comandato di nascondervi«. Io andai verso l’Eufrate, scavai e presi la cintura dal luogo in cui l’avevo nascosta. Ma ecco, la cintura era marcita, non era piú buona a nulla. Allora la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Cosí dice l’Eterno: »In questo modo io distruggerò l’orgoglio di Giuda e il grande orgoglio di Gerusalemme. Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole che cammina nella caparbietà del suo cuore e va dietro ad altri dèi per servirli e per prostrarsi davanti a loro, diventerà come questa cintura, che non è piú buona a nulla. Poiché come la cintura aderisce ai lombi dell’uomo, cosí io avevo fatto aderire a me tutta la casa d’Israele e tutta la casa di Giuda«, dice l’Eterno, »perché fossero mio popolo, per mia fama, lode e gloria; ma non hanno voluto ascoltare"«. »Perciò tu dirai loro questa parola: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Ogni vaso sarà riempito di vino«. Se poi ti diranno: »Non sappiamo forse che ogni vaso si riempie di vino?«, tu risponderai loro: »Cosí dice l’Eterno: Ecco, io riempirò di ubriachezza tutti gli abitanti di questo paese: i re che siedono sul trono di Davide, i sacerdoti, i profeti e tutti gli abitanti di Gerusalemme. Li frantumerò l’uno contro l’altro i padri e i figli insieme"«, dice l’Eterno. »Non avrò pietà non li risparmierò e non avrò alcuna compassione che mi impedirà di distruggerli«. Ascoltate e porgete orecchio: Non insuperbite, perché l’Eterno ha parlato. Date gloria all’Eterno, il vostro DIO prima che faccia venire le tenebre e prima che i vostri piedi inciampino sui monti avvolti nel crepuscolo, perché mentre voi aspettate la luce, egli la cambi in ombra di morte e la trasformi in densa oscurità. Ma se non ascoltate questo, l’anima mia piangerà in segreto a motivo del vostro orgoglio, i miei occhi piangeranno dirottamente e si scioglieranno in lacrime, perché il gregge dell’Eterno sarà condotto in cattività. Di’ al re e alla regina madre: »Sedete piú in basso, perché il vostro dominio, la corona della vostra gloria, cadrà«. Le città del sud sono chiuse e nessuno le aprirà, tutto Giuda è condotto in cattività, è condotto in cattività interamente. Alzate i vostri occhi e guardate quelli che vengono dal nord; dov’è il gregge che ti era stato affidato, le tue belle pecore? Cosa dirai quando ti punirà? Ma tu stessa hai insegnato loro ad essere capi e dominatori su di te. Non ti prenderanno forse le doglie come una donna che sta per partorire? E se dirai in cuor tuo: »Perché mi accadono queste cose?«. Per la grandezza della tua iniquità i lembi della tua veste saranno scoperti e i tuoi calcagni messi a nudo. Può un Etiope cambiare la sua pelle o una tigre le sue striature? Allo stesso modo potreste voi abituati a fare il male, fare il bene? »Perciò li disperderò come stoppia portata via dal vento del deserto. Questa è la tua sorte, la parte che ho misurato per te«, dice l’Eterno, »perché mi hai dimenticato e hai confidato nella menzogna. Perciò solleverò anch’io i lembi della veste sul viso, perché si veda la tua vergogna. Ho visto i tuoi adulteri, i tuoi nitriti, la dissolutezza della tua prostituzione, le tue abominazioni sulle colline, e nei campi. Guai a te, o Gerusalemme! Per quanto tempo rimarrai ancora immonda?«. La parola dell’Eterno che fu rivolta a Geremia in occasione della siccità: »Giuda è in lutto e le porte delle sue città languiscono, fanno cordoglio per il paese e il grido di Gerusalemme sale al cielo. I nobili fra loro mandano i loro giovani a cercare acqua; essi vanno alle cisterne, ma non trovano acqua e ritornano con i loro vasi vuoti; sono pieni di vergogna e di confusione, e si coprono il capo. Il suolo è pieno di crepe, perché non c’è stata pioggia nel paese; gli agricoltori sono pieni di vergogna e si coprono il capo Perfino la cerva partorisce nei campi ma abbandona i suoi cerbiatti, perché non c’è erba. Gli onagri si fermano sulle alture e fiutano l’aria come gli sciacalli; i loro occhi sono spenti, perché non c’è erba«. Anche se le nostre iniquità testimoniano contro di noi, o Eterno, opera per amore del tuo nome, perché le nostre ribellioni sono molte; abbiamo peccato contro di te. O speranza d’Israele, suo salvatore in tempo di calamità, perché saresti nel paese come un forestiero, come un viandante che si ferma solo per passare la notte? Perché saresti come un uomo sbigottito, come un forte che non può salvare? Eppure tu sei in mezzo a noi, o Eterno e il tuo nome è invocato su di noi. Non abbandonarci! Cosí dice l’Eterno a questo popolo: »A loro piace veramente girovagare; non trattengono i loro passi. Perciò l’Eterno non li gradisce; ora ricorda la loro iniquità e punisce i loro peccati«. L’Eterno quindi mi disse: »Non pregare per questo popolo, per il suo benessere. Anche se digiunano non ascolterò il loro grido; se fanno olocausti e offerte di cibo non li gradirò; ma li sterminerò con la spada, con la fame e con la peste«. Allora dissi: »Ah, Signore, Eterno! Ecco, i profeti dicono loro: »Voi non vedrete la spada né soffrirete la fame, ma io vi darò una pace sicura in questo luogo. L’Eterno mi disse: »I profeti profetizzano menzogne nel mio nome; io non li ho mandati, non ho dato loro alcun ordine e non ho parlato loro. Essi vi profetizzano una visione falsa, una divinazione vana e l’inganno del loro cuore. Perciò cosí dice l’Eterno riguardo ai profeti che profetizzano nel mio nome senza che io li abbia mandati, e dicono: »Non ci sarà né spada né fame in questo paese« quei profeti saranno consumati dalla spada e dalla fame. Quanto poi al popolo al quale essi hanno profetizzato, sarà gettato nelle vie di Gerusalemme a motivo della fame e della spada, e non vi sarà nessuno che li seppellisca, essi, le loro mogli, i loro figli e le loro figlie. Cosí riverserò su di loro la loro malvagità«. Di’ loro dunque questa parola: »Versino lacrime i miei occhi giorno e notte senza smettere, perché la vergine figlia del mio popolo è stata colpita da una grande calamità, da una ferita profonda. Se esco per i campi, ecco gli uccisi per la spada; se entro in città, ecco quelli che languiscono per la fame. Perfino il profeta e il sacerdote si aggirano per un paese che non conoscono«. Hai forse rigettato completamente Giuda, o ti sei disgustato di Sion? Hai colpito e non c’è guarigione per noi? Noi aspettavamo la pace, ma non c’è alcun bene, un tempo di guarigione, ma ecco il terrore. O Eterno, noi riconosciamo la nostra malvagità e l’iniquità dei nostri padri, sí, abbiamo peccato contro di te. Non rigettarci per amore del tuo nome, non disonorare il trono della tua gloria. Ricordati: non rompere il tuo patto con noi. Fra gli idoli vani delle genti ce n’è forse qualcuno che può far piovere? O può il cielo dare acquazzoni? Non sei invece tu, o Eterno, il nostro DIO? Perciò noi speriamo in te, perché tu hai fatto tutte queste cose. Ma l’Eterno mi disse: »Anche se Mosè, e Samuele, si presentassero davanti a me, il mio cuore non si piegherebbe verso questo popolo; caccialo via dalla mia presenza; che se ne vada! Se poi ti dovessero dire: »Dove andremo? dirai loro: Cosí dice l’Eterno: Alla morte i destinati alla morte, alla spada i destinati alla spada, alla fame i destinati alla fame, alla cattività i destinati alla cattività. Io stabilirò sopra di loro quattro specie di flagelli«, dice l’Eterno: »la spada per uccidere, i cani per sbranare, gli uccelli del cielo e le bestie della terra per divorare e distruggere. Li farò essere maltrattati per tutti i regni della terra a causa di Manasse, figlio di Ezechia, re di Giuda, per ciò che ha fatto in Gerusalemme. Chi infatti avrebbe pietà di te, o Gerusalemme, chi farebbe cordoglio per te? Chi si scomoderebbe per domandare come stai? Tu mi hai respinto«, dice l’Eterno, »mi hai voltato le spalle. Perciò io stenderò la mano contro di te e ti distruggerò; sono stanco di pentirmi. Li disperderò col ventilabro alle porte del paese, li priverò di figli e farò perire Il mio popolo, perché non si convertono dalle loro vie. Renderò le sue vedove piú numerose della sabbia del mare. Farò venire contro di loro, contro la madre dei giovani, un devastatore in pieno giorno, farò cadere improvvisamente su di lei angoscia e terrore. Colei che ha partorito sette, figli languisce ed esala lo spirito; il suo sole tramonta mentre è ancora giorno; è coperta di vergogna e confusa. Consegnerò i loro superstiti alla spada in balìa dei loro nemici«, dice l’Eterno. Guai a me, madre mia, perché mi hai partorito come uomo di lite e di contesa per tutto il paese. Non ho dato nulla in prestito, né altri hanno prestato a me eppure tutti mi maledicono. L’Eterno dice: »Certamente ti libererò per sempre, certamente farò si che il nemico ti supplichi nel tempo dell’avversità e nel tempo dell’angoscia. Può uno spezzare il ferro, il ferro del nord e il bronzo? La tua ricchezza e i tuoi tesori li abbandonerò al saccheggio senza alcun prezzo per tutti i tuoi peccati e in tutti i tuoi confini. E ti farò passare con i tuoi nemici in un paese che non conosci perché un fuoco si è acceso nella mia ira, che arderà contro di voi«. Tu lo sai, o Eterno, ricordati di me e visitami, e vendicami dei miei persecutori; nella lentezza della tua ira non portarmi via; sappi che per amor tuo ho portato l’obbrobrio. Appena ho trovato le tue parole, le ho divorate, la tua parola è stata per me la gioia e l’allegrezza del mio cuore, perché il tuo nome è invocato su di me, o Eterno, DIO degli eserciti. Io non mi sono seduto nell’assemblea degli schernitori, né mi sono rallegrato; ma a motivo della tua mano mi sono seduto solitario, perché tu mi avevi riempito d’indignazione. Perché il mio dolore è senza fine e la mia piaga incurabile rifiuta di guarire? Vuoi essere per me come un ruscello che vien meno, come acqua che non dà affidamento? Perciò cosí dice l’Eterno: »Se tu ritorni a me, io ti ristabilirò e tu starai davanti a mè. Se tu separi il prezioso dal vile, tu sarai come la mia bocca; essi ritorneranno a te, ma tu non devi tornare a loro. IO ti renderò per questo popolo un forte muro di bronzo; combatteranno contro di te, ma non potranno vincerti, perché io sarò con te per salvarti e per liberarti«, dice l’Eterno. »Ti libererò dalla mano dei malvagi e ti riscatterò dalla mano dei violenti«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Non prendere moglie né avere figli o figlie in questo luogo«. Poiché cosí dice l’Eterno riguardo ai figli e alle figlie che sono nati in questo paese e riguardo alle madri che li hanno partoriti e ai padri che li hanno generati in questo paese: »Essi moriranno di morti atroci, non saranno rimpianti né sepolti, ma saranno lasciati come letame sulla superficie del suolo; saranno sterminati dalla spada e dalla fame, e i loro cadaveri saranno pasto per gli uccelli del cielo e per le bestie della terra«. Poiché cosí dice l’Eterno: »Non entrare nella casa del lutto e non andare a far cordoglio e a piangerli, perché io ho ritirato da questo popolo la mia pace, la mia benignità e la mia compassione«, dice l’Eterno. »Grandi e piccoli moriranno in questo paese; non saranno sepolti né si farà cordoglio per essi, non si faranno incisioni né rasatura per essi. Non si romperà il pane per quelli che fanno cordoglio per consolarli di un morto né si darà loro da bere il calice della consolazione per il proprio padre e la propria madre. Non entrare neppure in una casa di banchetto per sederti con loro a mangiare e a bere«. Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Ecco, io farò cessare in questo luogo, sotto i vostri occhi e nei vostri giorni, il grido di gioia e il grido di allegrezza, la voce dello sposo e la voce della sposa. E avverrà che quando annunzierai a questo popolo tutte queste cose, ti diranno: »Perché l’Eterno ha pronunciato contro di noi tutta questa grande calamità? Qual è la nostra iniquità? Qual è il peccato che abbiamo commesso contro l’Eterno, il nostro DIO?«. Allora tu risponderai loro: Perché i vostri padri mi hanno abbandonato«, dice l’Eterno, »sono andati dietro ad altri dèi, li hanno serviti e si sono prostrati davanti a loro, hanno abbandonato me e non hanno osservato la mia legge. E voi avete fatto peggio dei vostri padri, perché ecco, ciascuno cammina seguendo la caparbietà del suo cuore malvagio e rifiuta di ascoltarmi. Perciò io vi scaccerò da questo paese in un paese che né voi né i vostri padri avete conosciuto e là servirete altri dèi giorno e notte, perché io non vi farò grazia«. »Perciò ecco, vengono i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali non si dirà piú: »Per l’Eterno vivente che ha fatto uscire i figli d’Israele dal paese d’Egitto«, ma: »Per l’Eterno vivente che ha fatto uscire i figli d’Israele dal paese del nord e da tutti i paesi dove li aveva dispersi«. E io li ricondurrò nel loro paese che avevo dato ai loro padri. Ecco, io manderò un gran numero di pescatori a pescarli«, dice l’Eterno, »e poi manderò un gran numero di cacciatori che li cacceranno da ogni monte da ogni collina e dalle fessure delle rocce. Poiché i miei occhi sono su tutte le loro vie, che non sono nascoste dalla mia faccia, né la loro iniquità rimane occulta ai miei occhi. Prima di tutto li ripagherò doppiamente per la loro iniquità e il loro peccato, perché hanno profanato il mio paese con i cadaveri dei loro idoli esecrandi e hanno riempito la mia eredità con le loro abominazioni«. O Eterno, mia forza, mia fortezza, e mio rifugio nel giorno dell’avversità, a te verranno le nazioni dalle estremità della terra e diranno: »I nostri padri hanno ereditato soltanto menzogne, vanità e cose che non giovano a nulla«. »Può l’uomo fabbricarsi degli dèi, che però non sono dèi? Perciò ecco, questa volta farò loro conoscere, mostrerò loro la mia mano e la mia potenza; ed essi sapranno che il mio nome è l’Eterno« »Il peccato di Giuda è scritto con uno stilo di ferro, è inciso con una punta di diamante sulla tavola del loro cuore e sui corni dei vostri altari. Anche i loro figli ricordano i loro altari e i loro Ascerim, presso gli alberi verdeggianti sugli alti colli. O mia montagna nella campagna, io abbandonerò al saccheggio i tuoi beni, tutti i tuoi tesori e i tuoi alti luoghi a motivo del peccato presente in tutto il tuo territorio. Cosí per colpa tua perderai l’eredità che ti avevo dato e ti farò servire i tuoi nemici in un paese che non conosci, perché avete acceso un fuoco nella mia ira, che arderà per sempre«. Cosí dice l’Eterno: »Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si allontana dall’Eterno! Egli sarà come un tamerisco nel deserto; quando viene il bene non lo vedrà. Dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra salata senza abitanti. Benedetto l’uomo che confida nell’Eterno e la cui fiducia è l’Eterno! Egli sarà come un albero piantato presso l’acqua, che distende le sue radici lungo il fiume. Non si accorgerà quando viene il caldo e le sue foglie rimarranno verdi, nell’anno di siccità non avrà alcuna preoccupazione e non cesserà di portare frutto. Il cuore è ingannevole piú di ogni altra cosa e insanabilmente malato; chi lo può conoscere? Io, l’Eterno, investigo il cuore, metto alla prova la mente per rendere a ciascuno secondo le sue vie secondo il frutto delle sue azioni. Chi acquista ricchezze ingiustamente è come la pernice che cova uova che non ha deposto; nel bel mezzo dei suoi giorni dovrà lasciarle, e alla fine sarà trovato stolto«. Trono di gloria eccelso fin dal principio è il luogo del nostro santuario. O Eterno, speranza d’Israele, tutti quelli che ti abbandonano saranno svergognati. »Quelli che si allontanano da me saranno scritti in terra, perché hanno abbandonato l’Eterno la sorgente d’acqua viva«, Guariscimi, o Eterno, e sarò guarito, salvami e sarò salvato, perché tu sei la mia lode. Ecco, essi mi dicono: »Dov’è la parola dell’Eterno? Si compia ora!«. Io tuttavia non ho rifiutato di essere loro pastore seguendo te né ho desiderato il giorno funesto. Tu conosci ciò che è uscito dalla mia bocca, perché veniva dalla tua presenza. Non essere per me uno spavento; tu sei il mio rifugio nel giorno dell’avversità. Siano svergognati i miei persecutori, ma non sia svergognato io; siano essi spaventati, ma non sia spaventato io; fa’ venire su di loro il giorno di sventura e distruggili con doppia distruzione! Cosí mi ha detto l’Eterno: »Va’ e fermati alla porta dei figli del popolo, per la quale entrano ed escono i re di Giuda e presso tutte le porte di Gerusalemme, e di’ loro: Ascoltate la parola dell’Eterno, o re di Giuda, e tutto Giuda e voi tutti abitanti di Gerusalemme, che entrate per queste porte«. Cosí dice l’Eterno: »Badate a voi stessi e non portate alcun peso né fatelo entrare per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, Non portate alcun peso fuori delle vostre case né fate alcun lavoro in giorno di sabato, ma santificate il giorno di sabato, come io ho comandato ai vostri padri. Ma essi non ascoltarono né prestarono orecchio, ma indurirono la loro cervice per non ascoltare e per non accettare ammaestramento. Cosí avverrà che, se ascolterete attentamente«, dice l’Eterno, »se non farete entrare alcun peso per le porte di questa città in giorno di sabato, ma santificherete il giorno di sabato e non farete in esso alcun lavoro, allora i re e i principi che siedono sul trono di Davide entreranno per le porte di questa città montati su carri e su cavalli, essi, i loro principi, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme; e questa città sarà abitata per sempre. Verranno quindi dalle città di Giuda, dai dintorni di Gerusalemme, dal paese di Beniamino, dal bassopiano, dai monti e dal Neghev, portando olocausti, sacrifici, oblazioni di cibo e incenso, e offrendo sacrifici di rendimento di grazie nella casa dell’Eterno. Ma se non mi ascolterete, santificando il giorno di sabato: non portando pesi e non introducendoli per le porte di Gerusalemme in giorno di sabato, io accenderò un fuoco alle sue porte; esso divorerà i palazzi di Gerusalemme e non si estinguerà«. La parola che fu rivolta a Geremia dall’Eterno, dicendo: »Alzati e scendi alla casa del vasaio, e là ti farò udire le mie parole«. Allora io scesi alla casa del vasaio, ed ecco, egli stava facendo un lavoro alla ruota. Ma il vaso che stava facendo con l’argilla si guastò nelle mani del vasaio. Cosí, cominciando da capo, egli fece con essa un altro vaso, come parve bene agli occhi del vasaio. Allora la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »O casa d’Israele, non posso io fare con voi come ha fatto questo vasaio?«, dice l’Eterno. »Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, cosi siete voi nelle mie mani, o casa d’Israele! Talvolta riguardo a una nazione e riguardo a un regno, io parlo di sradicare, di abbattere e di distruggere; ma se quella nazione contro la quale ho parlato si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di farle. Altra volta riguardo a una nazione e riguardo a un regno, io parlo di edificare e di piantare; ma se quella nazione o regno fa ciò che è male ai miei occhi, non ascoltando la mia voce, io mi pento del bene che avevo promesso di farle. Perciò ora parla agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme e di’ Cosí dice l’Eterno: Ecco, io concepisco contro di voi del male e formo contro di voi un disegno, Si converta ora ciascun di voi dalla sua via malvagia, ed emendate le vostre vie e le vostre azioni!«. Ma essi dicono: »E’ inutile, noi vogliamo camminare seguendo i nostri propri pensieri e vogliamo agire ciascuno secondo la caparbietà del proprio cuore malvagio«. Perciò cosí dice l’Eterno: »Chiedete dunque fra le nazioni chi ha udito cose simili. La vergine d’Israele ha fatto una cosa orrenda. Potrà forse scomparire la neve del Libano dalle rocce che si ergono al di sopra del paese?, o si seccheranno mai le fredde acque correnti di una terra straniera? Eppure il mio popolo mi ha dimenticato; bruciano incenso a idoli vani, che li hanno fatti inciampare nelle loro vie, i sentieri antichi, per camminare su vie traverse e non sulla via maestra, facendo del loro paese una desolazione, un oggetto di perpetuo scherno; cosí tutti quelli che vi passeranno rimarranno stupiti e scuoteranno la testa, Io li disperderò davanti al nemico come fa il vento orientale. Nel giorno della loro calamità io mostrerò loro le spalle e non la faccia«. Poi essi dissero: »Venite e ordiamo congiure contro Geremia, perché la legge non verrà meno al sacerdote né il consiglio al savio né la parola al profeta. Venite, colpiamolo con la lingua e non prestiamo attenzione ad alcuna delle sue parole«. Prestami attenzione, o Eterno, e ascolta la voce di quelli che contendono con me. Si rende forse male per bene? Poiché essi hanno scavato una fossa alla mia vita. Ricorda che mi sono presentato davanti a te per parlare in loro favore e per allontanare da loro la tua ira. Perciò abbandona i loro figli alla fame e dalli in potere della spada; siano le loro mogli private di figli e vedove, i loro mariti siano feriti a morte; i loro giovani siano uccisi di spada in battaglia. Si oda un grido dalle loro case, quando farai piombare improvvisamente su di loro una schiera di soldati, perché hanno scavato una fossa per catturarmi e hanno teso lacci ai miei piedi. Ma tu, o Eterno, conosci tutti i loro disegni contro di me per farmi morire; non perdonare la loro iniquità, non cancellare il loro peccato dalla tua presenza. Siano essi rovesciati davanti a te. Trattali duramente nel giorno della tua ira. Cosí ha detto l’Eterno: »Va’ e compra una brocca di terracotta; prendi quindi alcuni anziani del popolo e alcuni anziani dei sacerdoti e esci verso la valle del figlio di Hinnom che è all’ingresso della Porta del coccio e là proclama le parole che io ti dirò. Dirai cosí: Ascoltate la parola dell’Eterno, o re di Giuda e abitanti di Gerusalemme. Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Ecco, io farò venire sopra questo luogo una calamità tale che farà rintronare gli orecchia di chiunque l’udrà, perché mi hanno abbandonato, hanno profanato questo luogo e vi hanno bruciato incenso ad altri dèi, che né essi né i loro padri né i re di Giuda conoscevano, e hanno riempito questo luogo di sangue degli innocenti; hanno edificato gli alti luoghi a Baal per bruciare nel fuoco i loro figli in olocausto a Baal, cosa che non avevo comandato, di cui non avevo mai parlato e che non mi era mai venuta in mente. Perciò ecco, i giorni vengono«, dice l’Eterno, »in cui questo luogo non si chiamerà piú »Tofet«, né »la Valle del figlio di Hinnom« ma »la Valle del massacro« Io renderò vani i disegni di Giuda e di Gerusalemme in questo luogo e li farò cadere di spada davanti ai loro nemici e per mano di coloro che cercano la loro vita e darò i loro cadaveri in pasto agli uccelli del cielo a e alle bestie della terra. Ridurrò questa città a una desolazione e a un oggetto di scherno; chiunque le passerà vicino rimarrà stupito e si metterà a fischiare per tutte le sue piaghe. Farò loro mangiare la carne dei loro figli e la carne delle loro figlie e mangeranno la carne gli uni degli altri durante l’assedio e le strettezze in cui li stringeranno i loro nemici e quelli che cercano la loro vita. Poi tu spezzerai la brocca in presenza di quegli uomini che saranno venuti con te e dirai loro: Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Cosí spezzerò questo popolo e questa città, come si spezza un vaso di terracotta, che non si può piú riparare; allora seppelliranno i morti in Tofet, perché non ci sarà piú posto per seppellire. Cosí farò a questo luogo, dice l’Eterno, e ai suoi abitanti rendendo questa città come Tofet. Le case di Gerusalemme e le case dei re di Giuda saranno impure come il luogo di Tofet, cioè tutte le case sui tetti delle quali hanno bruciato incenso a tutto l’esercito del cielo e hanno fatto libazioni ad altri dèi«. Geremia tornò quindi da Tofet dove l’Eterno l’aveva mandato a profetizzare, si fermò nel cortile della casa dell’Eterno e disse a tutto il popolo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Ecco, io faccio venire su questa città e su tutte le sue borgate tutto il male che ho pronunciato contro di lei, perché hanno indurito la loro cervice per non dare ascolto alle mie parole«. Ora Pashhur, figlio di Immer, sacerdote e caposoprintendente della casa dell’Eterno, udí Geremia che profetizzava queste cose. Allora Pashhur percosse il profeta Geremia e lo mise nella prigione che si trovava nella porta superiore di Beniamino presso la casa dell’Eterno. Il giorno seguente Pashhur fece uscire Geremia dalla prigione. Geremia gli disse: »L’Eterno non ti chiama piú Pashhur, ma Magor-Missabib. Poiché cosí dice l’Eterno: Ecco, io darò in preda al terrore te e tutti i tuoi amici; essi cadranno per la spada dei loro nemici e i tuoi occhi lo vedranno. Darò tutto Giuda nelle mani del re di Babilonia, che li condurrà in cattività a Babilonia e li colpirà con la spada. Inoltre darò tutte le ricchezze di questa città, tutto il prodotto delle sue fatiche e tutte le sue cose preziose, sí, darò tutti i tesori dei re di Giuda in mano dei loro nemici che li saccheggeranno, li prenderanno e li porteranno a Babilonia. E tu, Pashhur, e tutti quelli che abitano in casa tua, andrete in cattività, andrai a Babilonia, là morirai e là sarai sepolto, tu e tutti i tuoi amici, ai quali hai profetizzato menzogne«. Tu mi hai persuaso, o Eterno, e io mi sono lasciato persuadere; tu sei piú forte di me e hai vinto. Sono diventato oggetto di scherno ogni giorno; ognuno si fa beffe di me. Poiché ogni volta che io parlo, grido e proclamo: »Violenza e saccheggio!« Sí, la parola dell’Eterno è per me un motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Allora ho detto: »Non lo menzionerò piú e non parlerò piú nel suo nome«. Ma la sua parola era nel mio cuore come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. Udivo le calunnie di molti: »Terrore all’intorno! Denunciatelo e lo denuncieremo!«. Tutti quelli con i quali vivevo in pace aspettavano che io inciampassi e dicevano: »Forse si lascerà persuadere, cosí noi prevarremo contro di lui e ci vendicheremo di lui«. Ma l’Eterno è con me come un potente eroe; perciò i miei persecutori inciamperanno e non prevarranno; saranno grandemente svergognati, perché non riusciranno; la loro vergogna sarà eterna e non sarà dimenticata. Ma tu, o Eterno degli eserciti, che provi il giusto e scruti la mente e il cuore, fammi vedere la tua vendetta su di loro, perché a te ho affidato la mia causa. Cantate all’Eterno, lodate l’Eterno, perché ha liberato la vita del bisognoso dalla mano dei malfattori. Maledetto il giorno in cui nacqui! Il giorno in cui mia madre mi partorí non sia benedetto! Maledetto l’uomo che portò l’annuncio a mio padre, dicendo: »Ti è nato un figlio maschio«, riempiendolo di gioia. Sia quell’uomo come le città che l’Eterno ha distrutto senza alcuna compassione. Oda il grido al mattino e clamori di guerra a mezzogiorno, perché non mi ha fatto morire fin dal grembo materno; cosí mia madre sarebbe stata la mia tomba e il suo grembo gravido per sempre. Perché sono uscito dal grembo materno, per vedere travaglio, dolore e per finire i miei giorni nella vergogna? La parola che fu rivolta a Geremia dall’Eterno, quando il re Sedekia gli mandò Pashhur figlio di Malkiah e Sofonia, figlio di Maaseiah, il sacerdote per dirgli: »Deh. consulta per noi l’Eterno, perché Nebukadnetsar, re di Babilonia, fa guerra contro di noi. Forse l’Eterno agirà nei nostri confronti secondo tutte le sue meraviglie, ed egli si ritirerà da noi«. Allora Geremia disse loro: »Direte cosí a Sedekia: Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Ecco, io farò indietreggiare le armi di guerra che sono nelle vostre mani, con le quali combattete contro il re di Babilonia, contro i Caldei che vi assediano fuori le mura e le radunerò in mezzo a questa città. Io stesso combatterò contro di voi con mano distesa e con braccio potente, con ira, con furore e con grande indignazione. Percuoterò gli abitanti di questa città tanto uomini che bestie; essi moriranno di una grande peste. Dopo questo«, dice l’Eterno, »darò Sedekia, re di Giuda, e i suoi servi, il popolo e coloro che in questa città saranno scampati dalla peste, dalla spada e dalla fame, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, in mano dei loro nemici e in mano di quelli che cercano la loro vita. Egli li passerà a fil di spada: non li risparmierà nè avrà pietà, o compassione. E a questo popolo dirai: Cosí dice l’Eterno: Ecco, io metto davanti a voi la via della vita e la via della morte. Chi rimane in questa città morirà di spada, di fame e di peste; ma chi uscirà e si consegnerà ai Caldei che vi assediano vivrà, e avrà come suo bottino la propria vita. Poiché io ho volto la mia faccia contro questa città per sventura e non per bene«, dice l’Eterno. »Essa sarà data in mano del re di Babilonia, ed egli la brucerà col fuoco«. Alla casa dei re di Giuda dirai: »Ascoltate la parola dell’Eterno: O casa di Davide«, cosí dice l’Eterno: »Amministrate la giustizia fin dal mattino e liberate il derubato dalla mano dell’oppressore, affinché la mia ira non si sprigioni come fuoco e arda senza che nessuno la possa spegnere, per la malvagità delle vostre azioni. Eccomi contro te, o abitatrice della valle, roccia della pianura« dice l’Eterno. »Voi che dite: Chi scenderà contro di noi? Chi entrerà nelle nostre dimore? io vi punirò secondo il frutto delle vostre azioni«, dice l’Eterno, »e accenderò il fuoco alla sua foresta, che divorerà tutto ciò che la circonda«. Cosí dice l’Eterno: »Scendi nella casa del re di Giuda e là pronuncia questa parola, e di’: Ascolta la parola dell’Eterno, o re di Giuda, che siedi sul trono di Davide, tu, i tuoi servi e il tuo popolo, che entrate per queste porte. Cosí dice l’Eterno: Agite con rettitudine e giustizia, liberate il derubato dalla mano dell’oppressore, non fate torto né violenza allo straniero, all’orfano e alla vedova, e non spargete sangue innocente in questo luogo. Poiché se osserverete interamente questa parola, allora i re assisi sul trono di Davide entreranno per le porte di questa casa, montati su carri e su cavalli, essi, i loro servi e il loro popolo. Ma se non ascolterete queste parole, io giuro per me stesso«, dice l’Eterno »che questa casa diventerà una desolazione«. Poiché cosí dice l’Eterno riguardo alla casa del re di Giuda: »Tu eri per me come Galaad, come la vetta del Libano. Ma io ti ridurrò certamente a un deserto a città senza abitanti. Preparo contro di te dei devastatori, ognuno con le sue armi; essi abbatteranno i tuoi cedri migliori e li getteranno nel fuoco. Molte nazioni passeranno vicino a questa città e diranno l’una all’altra: »Perché l’Eterno ha trattato cosi questa grande città?« E risponderanno: »Perché hanno abbandonato il patto dell’Eterno, il loro DIO, e si sono prostrati davanti ad altri dèi e li hanno serviti««. Non piangete per il morto, non fate cordoglio per lui, ma piangete amaramente per chi parte, perché non tornerà piú né rivedrà piú il suo paese nativo. Poiché cosí dice l’Eterno riguardo a Shallum, figlio di Giosia, re di Giuda, che regna al posto di Giosia suo padre e che è uscito da questo luogo: »Egli non vi ritornerà piú, ma morirà nel luogo dove l’hanno condotto in cattività e non vedrà piú questo paese«. Guai a chi costruisce la sua casa senza giustizia e le sue stanze superiori senza equità, che fa lavorare il prossimo per nulla e non gli retribuisce il suo lavoro, e dice: »Mi costruirò una casa grande con spaziose stanze superiori«, e vi apre finestre, la riveste di legno di cedro e la dipinge di rosso. »Pensi forse di essere re, perché sei circondato da cedro? Tuo padre non mangiava e beveva? Ma agiva con rettitudine e giustizia e tutto gli andava bene. Egli difendeva la causa del povero e del bisognoso e tutto gli andava bene. Non significa questo conoscere me?«, dice l’Eterno. »Ma i tuoi occhi e il tuo cuore non mirano che al tuo ingiusto guadagno, a spargere sangue innocente e a compiere oppressione e violenza«. Perciò cosí dice l’Eterno riguardo a Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda: »Non faranno cordoglio per lui, dicendo: Ahimè, fratello mio! Ahimè, sorella! Non faranno cordoglio per lui, dicendo: Ahimè, signore! Ahimè, sua maestà! Sarà sepolto come si seppellisce un asino, trascinato e gettato lontano dalle porte di Gerusalemme. Sali sul Libano e grida, alza la voce in Bashan e grida dall’Abarim, perché tutti i tuoi amanti sono distrutti. Ti ho parlato al tempo della tua prosperità, ma tu dicesti: »Non ascolterò«. Questo è stato il tuo comportamento fin dalla tua giovinezza: non hai mai ascoltato la mia voce. Tutti i tuoi pastori saranno divorati dal vento, e i tuoi amanti andranno in cattività; allora sarai svergognata e confusa per tutta la tua malvagità. Tu che dimori sul Libano, che hai fatto il nido tra cedri, quanto gemerai quando ti coglieranno le doglie, i dolori come di donna che sta per partorire! Com’è vero che io vivo«, dice l’Eterno, »anche se Koniah, figlio di Jehoiakim, re di Giuda, fosse un anello da sigillo nella mia mano destra, io ti strapperei di là. Io ti darò in mano di quelli che cercano la tua vita, in mano di quelli di cui hai paura, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, e in mano dei Caldei. Getterò te e tua madre che ti ha partorito, in un paese straniero dove non siete nati, e là morirete. Ma nel paese in cui desiderano ardentemente di ritornare, non vi torneranno. E forse quest’uomo Koniah un vaso spregevole, frantumato, o un oggetto in cui non si prova alcun piacere? Perché sono dunque scacciati, lui e la sua discendenza, e gettati in un paese che non conoscono? O paese, o paese, o paese, ascolta la parola dell’Eterno! Cosí dice l’Eterno: »Registrate quest’uomo come privo di figli, un uomo che non prospererà nei suoi giorni, perché nessuno della sua discendenza prospererà, giungendo a sedersi sul trono di Davide e a regnare ancora su Giuda««. »Guai ai pastori che distruggono e disperdono il gregge del mio pascolo«, dice l’Eterno. Perciò cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele, contro i pastori che pascolano il mio popolo: »Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ne avete avuto cura; ecco, io vi punirò per la malvagità delle vostre azioni«, dice l’Eterno. »Ma radunerò il resto delle mie pecore da tutti i paesi dove le ho disperse e le ricondurrò ai loro pascoli, e saranno feconde e si moltiplicheranno. Costituirò su di esse pastori che le pascoleranno, e non avranno piú paura né spavento; non ne mancherà neppure una«, dice l’Eterno. »Ecco, i giorni vengono«, dice l’Eterno »nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da re, prospererà, ed eserciterà il giudizio e la giustizia ne paese. Nei suoi giorni Giuda sarà salvato e Israele dimorerà al sicuro. Questo sarà il nome con cui sarà chiamato: »L’Eterno nostra giustizia« Perciò ecco, i giorni vengono«. dice l’Eterno, »nei quali non si dirà piú: »Per l’Eterno vivente che ha fatto uscire i figli d’Israele dal paese d’Egitto«, ma: »Per l’Eterno vivente che ha fatto uscire e ha ricondotto la progenie della casa d’Israele dal paese del nord e da tutti i paesi dove io li avevo dispersi« ed essi dimoreranno nel loro paese«. Il mio cuore è rotto dentro di me a motivo dei profeti, tutte le mie ossa tremano. Sono come un ubriaco, come un uomo sopraffatto dal vino, a causa dell’Eterno e a causa delle sue parole sante. Poiché il paese è pieno di adulteri, a causa della maledizione il paese è in lutto, i pascoli del deserto sono inariditi. La loro corsa è perversa e la loro forza non è retta. »Tanto il sacerdote che il profeta sono corrotti; sí, ho trovato la loro malvagità nella mia stessa casa«. dice l’Eterno. »Perciò la loro strada sarà per loro come sentieri sdrucciolevoli; essi saranno sospinti nelle tenebre e in esse cadranno, perché farò venire su di loro la calamità nell’anno della loro punizione«, dice l’Eterno. »Tra i profeti di Samaria, ho visto stupidità: profetizzavano in nome di Baal, e traviavano il mio popolo Israele. Anche tra i profeti di Gerusalemme ho visto cose nefande: commettono adulteri, camminano con falsità, rafforzano le mani dei malfattori, e cosí nessuno si converte dalla sua malvagità. Per me sono tutti come Sodoma e i suoi abitanti come Gomorra«. Perciò cosí dice l’Eterno degli eserciti riguardo ai profeti: »Ecco io li nutrirò di assenzio e farò loro bere acqua avvelenata, perché dai profeti di Gerusalemme l’empietà si è sparsa per tutto il paese«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi fanno diventare spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno. Dicono del continuo a quelli che mi disprezzano: »L’Eterno ha detto: Avrete pace« e a tutti quelli che camminano nella caparbietà del proprio cuore: »Nessun male verrà su di voi« Ma chi ha assistito al consiglio dell’Eterno? Chi ha visto, chi ha udito la sua parola? Chi ha prestato attenzione alla sua parola e l’ha udita? Ecco, la tempesta dell’Eterno si scatena furiosamente, una tempesta spaventevole si abbatterà sul capo degli empi. L’ira dell’Eterno non si acqueterà finché non abbia eseguito e compiuto i disegni del suo cuore; negli ultimi giorni lo capirete perfettamente. Io non ho mandato quei profeti; ma essi sono corsi; non ho parlato loro ma essi hanno profetizzato. Ma se avessero assistito al mio consiglio, allora avrebbero fatto udire le mie parole al mio popolo, e cosí li avrebbero fatti allontanare dalla loro cattiva via e dalla malvagità delle loro azioni. Sono io soltanto un DIO da vicino«, dice l’Eterno »e non anche un DIO da lontano? Potrebbe uno nascondersi nei nascondigli senza che io lo veda?«, dice l’Eterno. »Non riempio io il cielo e la terra?«, dice l’Eterno. »Ho udito ciò che dicono i profeti che profetizzano menzogne nel mio nome, dicendo: »Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno!«. Fino a quando durerà questo nel cuore di questi profeti che profetizzano menzogne e profetizzano l’inganno del loro cuore? Essi pensano di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni che si raccontano l’un l’altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal, Il profeta che ha avuto un sogno racconti il sogno, ma chi ha la mia parola riferisca la mia parola fedelmente. Che ha da fare la paglia col frumento?«, dice l’Eterno. »La mia parola non è come il fuoco?«, dice l’Eterno, »e come un martello che spezza il sasso? Perciò ecco«, dice l’Eterno, »io sono contro i profeti che rubano gli uni agli altri le mie parole. Ecco«. dice l’Eterno, »io sono contro i profeti che usano la loro lingua e dicono: Egli dice Ecco, io sono contro quelli che profetizzano sogni falsi«, dice l’Eterno, »e li raccontano e traviano il mio popolo con le loro menzogne e con le loro millanterie, benché io non li abbia mandati né abbia dato loro alcun ordine; perciò non saranno di alcuna utilità a questo popolo«, dice l’Eterno. »Se pertanto questo popolo o un profeta o un sacerdote ti domanderà, dicendo: »Qual’è l’oracolo dell’Eterno?« tu risponderai loro: Quale oracolo? Io vi rigetterò«, dice l’Eterno. »Quanto poi al profeta, al sacerdote o al popolo che dirà: »Oracolo dell’Eterno io punirò quel tale e la sua casa. Cosí direte, ognuno al proprio vicino e ognuno al proprio fratello: Che cosa ha risposto l’Eterno? e Che cosa ha detto l’Eterno? Ma l’oracolo dell’Eterno non lo menzionerete piú, perché la parola di ciascuno sarà il suo oracolo, perché avete distorto le parole del DIO vivente l’Eterno degli eserciti, il nostro DIO. Cosí dirai al profeta: »Che cosa ti ha risposto l’Eterno?« e »Che cosa ha detto l’Eterno?« Ma se dite ancora: »Oracolo dell’Eterno« allora cosí dice l’Eterno: Poiché dite questa parola: »Oracolo dell’Eterno« anche se io vi avevo mandato a dire: Non dite piú: »Oracolo dell’Eterno« ecco, io mi dimenticherò interamente di voi e vi getterò lontano dalla mia faccia, voi e la città che avevo dato a voi e ai vostri padri, e vi coprirò di un obbrobrio eterno e di una eterna vergogna, che non saranno mai dimenticati«. L’Eterno mi fece vedere due cesti di fichi posti davanti al tempio dell’Eterno, dopo che Nebukadnetsar, re di Babilonia, aveva portato in cattività da Gerusalemme Jekoniah figlio di Jehoiakim, re di Giuda, i principi di Giuda assieme agli artigiani e ai fabbri e li aveva condotti a Babilonia. Uno dei cesti conteneva fichi molto buoni, come i fichi primaticci, mentre l’altro cesto conteneva fichi molto cattivi, tanto cattivi che non si potevano mangiare. Allora l’Eterno mi disse: »Che cosa vedi, Geremia?«. Io risposi: »Dei fichi; i fichi buoni sono molto buoni, mentre quelli cattivi sono molto cattivi, tanto cattivi che non si possono mangiare«. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Come questi fichi sono buoni, cosí io avrò cura di quelli di Giuda portati in cattività, che io ho scacciato da questo luogo nel paese dei Caldei per il loro bene. Io poserò con favore i miei occhi su di loro e li ricondurrò in questo paese li farò prosperare e non li distruggerò più li pianterò e non li sradicherò piú. Darò loro un cuore per conoscere me che sono l’Eterno; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro DIO, perché ritorneranno a me con tutto il loro cuore. Come invece questi fichi sono cattivi tanto cattivi che non si possono mangiare«, cosí dice l’Eterno, »cosí abbandonerò Sedekia, re di Giuda, i suoi principi e il resto di Gerusalemme che rimarrà in questo paese e quelli che abitano nel paese d’Egitto. Li abbandonerò ad essere maltrattati e travagliati in tutti i regni della terra, e diventeranno un obbrobrio, una favola un sarcasmo e una maledizione in tutti i luoghi dove li disperderò. Manderò contro di loro la spada, la fame e la peste, finché siano interamente distrutti dal suolo che avevo dato loro e ai loro padri«. La parola che fu rivolta a Geremia riguardo a tutto il popolo di Giuda, nel quarto anno di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda (che era il primo anno di Nebukadnetsar, re di Babilonia), e che Geremia pronunciò davanti a tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme, dicendo: »Dal tredicesimo anno di Giosia figlio di Amon, re di Giuda, fino a questo giorno sono ventitrè anni che la parola dell’Eterno mi è stata rivolta, e io vi ho parlato con urgenza ed insistenza, ma voi non avete ascoltato. L’Eterno vi ha pure mandato tutti i suoi servi, i profeti con urgenza ed insistenza, ma voi non avete ascoltato né prestato l’orecchio per ascoltare. Essi dicevano: Si converta ciascuno dalla sua via malvagia e dalle sue cattive azioni, e abiterete nel paese che l’Eterno ha dato a voi e ai vostri padri da sempre e per sempre. Non andate dietro ad altri dèi per servirli e per prostrarvi davanti a loro e non provocatemi a ira con l’opera delle vostre mani, e io non vi farò male alcuno". Ma voi non mi avete ascoltato«, dice l’Eterno, »e mi avete provocato ad ira con l’opera delle vostre mani a vostro danno. Perciò cosí dice l’Eterno degli eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole, ecco, io manderò a prendere tutte le nazioni del nord«, dice l’Eterno, »e Nebukadnetsar re di Babilonia, mio servo, e le farò venire contro questo paese e contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni all’intorno e li voterò allo sterminio e li renderò un oggetto di stupore uno scherno e una desolazione perpetua. Farò cessare in mezzo a loro le grida di gioia e le grida di allegrezza, la voce dello sposo e la voce della sposa, il rumore della macina e la luce della lampada. Tutto questo paese diventerà una desolazione e un oggetto di stupore e queste nazioni serviranno il re di Babilonia per settant’anni«. »Quando però saranno compiuti settant’anni, io punirò il re di Babilonia e quella nazione, il paese dei Caldei«, dice l’Eterno, »a motivo della loro iniquità, e lo ridurrò a una desolazione perpetua. Cosí farò venire su quel paese tutte le cose che ho pronunciato contro di esso, tutto ciò che è scritto in questo libro e che Geremia ha profetizzato contro tutte le nazioni. Infatti molte nazioni e re potenti ridurranno in servitú i Caldei stessi e li ripagherò secondo le loro azioni e secondo l’opera delle loro mani«. Poiché cosí mi ha detto l’Eterno, il DIO d’Israele: »Prendi dalla mia mano questa coppa del vino della mia ira e falla bere a tutte le nazioni alle quali ti manderò. Esse berranno, barcolleranno e impazziranno a motivo della spada che manderò in mezzo a loro«. Allora presi la coppa dalla mano dell’Eterno e la feci bere a tutte le nazioni alle quali l’Eterno mi aveva mandato: Gerusalemme e le città di Giuda, i suoi re e i suoi principi, per ridurli a una desolazione, a un oggetto di stupore, a uno scherno e a una maledizione come avviene oggi; il Faraone, re d’Egitto, i suoi servi, i suoi principi e tutto il suo popolo; tutta la popolazione mista, tutti i re del paese di Uz, tutti i re del paese dei Filistei (cioè Ashkelon, Gaza, Ekron e i superstiti di Ashdod); Edom, Moab e i figli di Ammon; tutti i re di Tiro, tutti i re di Sidone e i re delle isole, al di là del mare; Dedan, Tema, Buz e tutti quelli che si tagliano gli angoli della barba; tutti i re di Arabia e tutti i re della popolazione mista che abita nel deserto; tutti i re di Zimri, tutti i re di Elam, tutti i re della Media e tutti i re del nord vicini o lontani, gli uni e gli altri, e tutti i regni del mondo che sono sulla faccia della terra. E il re di Sceshak, berrà dopo di loro. »Tu dunque dirai loro: Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Bevete ubriacatevi e vomitate, cadete senza piú rialzarvi di fronte alla spada che manderò in mezzo a voi. Se poi rifiuteranno di prendere dalla tua mano la coppa da bere, di’ loro: Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Voi certamente berrete. Poiché ecco, io incomincio a punire la città sulla quale è invocato il mio nome, e rimarreste voi completamente impuniti? No, non rimarrete impuniti perché io chiamerò la spada su tutti gli abitanti della terra«, dice l’Eterno degli eserciti. »Perciò profetizza contro di loro tutte queste cose e di’ loro: L’Eterno ruggirà dall’alto e farà sentire la sua voce dalla sua santa dimora; egli ruggirà con forza contro il suo ovile, manderà un grido come i pigiatori d’uva contro tutti gli abitanti della terra. Il clamore giungerà fino all’estremità della terra, perché l’Eterno ha una contesa con le nazioni, egli entrerà in giudizio con ogni carne e darà gli empi in balìa della spada, dice l’Eterno«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Ecco, una calamità passerà di nazione in nazione e un gran turbine si leverà dalle estremità della terra. In quel giorno gli uccisi dall’Eterno saranno ovunque, da una estremità all’altra della terra; non saranno rimpianti né raccolti né sepolti, ma diventeranno letame sulla faccia del suolo. Urlate, o pastori, e gridate; voltolatevi nella polvere, o guide del gregge, perché i giorni del vostro macello sono compiuti, e cadrete come un vaso prezioso. I pastori non avranno alcuna possibilità di fuggire, e le guide del gregge alcuna via di scampo. Si udrà il grido dei pastori e il gemito delle guide del gregge, perché l’Eterno sta distruggendo il loro pascolo e gli ovili tranquilli sono devastati a motivo dell’ardente ira dell’Eterno. Egli ha lasciato come un leoncello il suo rifugio, perché il loro paese è diventato una desolazione a motivo del furore dell’oppressore, a motivo dell’ardente ira dell’Eterno«. All’inizio del regno di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, dall’Eterno fu rivolta questa parola, dicendo: »Cosí dice l’Eterno: Presentati nel cortile della casa dell’Eterno e di’ a tutte le città di Giuda che vengono ad adorare nella casa dell’Eterno, tutte le parole che io ti comando di dir loro; non tralasciare nemmeno una parola. Forse ascolteranno e si convertiranno ciascuno dalla sua via malvagia e io mi pentirò del male che penso di far venire su di loro per la malvagità delle loro azioni. Tu dirai loro: Cosí dice l’Eterno: Se non darete ascolto camminando nella mia legge che ho posto davanti a voi e prestando attenzione alle parole dei miei servi, i profeti, che vi ho mandato con urgenza ed insistenza (ma che voi non avete ascoltato), io renderò questo tempio come Sciloh, e renderò questa città una maledizione per tutte le nazioni della terra«. Cosí i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo udirono Geremia che pronunciava queste parole nella casa dell’Eterno. E avvenne che, come Geremia ebbe finito di pronunciare tutto ciò che l’Eterno gli aveva comandato di dire a tutto il popolo, i sacerdoti, i profeti e tutto il popolo lo presero, dicendo: »Tu devi morire! Perché hai profetizzato nel nome dell’Eterno dicendo: »Questo tempio sarà come Sciloh e questa città sarà devastata e senza abitanti««. Tutto il popolo si radunò contro Geremia nella casa dell’Eterno. Quando i principi di Giuda udirono queste cose, salirono dalla casa del re alla casa dell’Eterno e si sedettero all’ingresso della porta nuova della casa dell’Eterno. Quindi i sacerdoti e i profeti parlarono ai principi e a tutto il popolo, dicendo: »Quest’uomo merita la morte, perché ha profetizzato contro questa città come avete udito con i vostri stessi orecchi«. Allora Geremia parlò a tutti i principi e a tutto il popolo, dicendo: »L’Eterno mi ha mandato a profetizzare contro questa casa e contro questa città tutte le cose che avete udito. Perciò ora emendate le vostre vie e le vostre azioni e ascoltate la voce dell’Eterno, il vostro DIO, e l’Eterno si pentirà del male che ha pronunciato contro di voi. Quanto a me, eccomi nelle vostre mani; fate di me come vi sembra bene e giusto. Ma sappiate per certo che se mi fate morire, attirerete sangue innocente su di voi, su questa città e sui suoi abitanti, perché l’Eterno mi ha veramente mandato a voi, per dichiarare ai vostri orecchi tutte queste parole«. Allora i principi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: »Quest’uomo non merita la morte, perché ci ha parlato nel nome dell’Eterno, il nostro DIO«. Quindi si alzarono alcuni degli anziani del paese e parlarono a tutta l’assemblea del popolo, dicendo: »Michea, il Morashtita, profetizzò ai giorni di Ezechia, re di Giuda, e parlò a tutto il popolo di Giuda, dicendo: Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Sion sarà arata come un campo Gerusalemme diventerà un cumulo di rovine e il monte del tempio un’altura boscosa". Lo misero forse a morte Ezechia, re di Giuda, e tutto Giuda? Non temette piuttosto egli l’Eterno e non supplicò forse la faccia dell’Eterno, e cosí l’Eterno si pentí del male che aveva pronunciato contro di loro? Noi stiamo invece facendo un gran male contro noi stessi«. Ci fu anche un altro uomo che profetizzò nel nome dell’Eterno, Uria, figlio di Scemaiah, di Kiriath-Jearim; egli profetizzò contro questa città e contro questo paese con parole in tutto simili a quelle di Geremia. Quando il re Jehoiakim, tutti i suoi uomini prodi e tutti i suoi principi udirono le sue parole, il re cercò di metterlo a morte, ma Uria lo venne a sapere e ne ebbe paura; perciò fuggí e andò in Egitto. Allora il re Jehoiakim mandò degli uomini in Egitto, Elnathan, figlio di Akbor, e altri uomini con lui in Egitto. Costoro fecero uscire Uria dall’Egitto, e lo condussero al re Jehoiakim, che lo colpí con la spada e gettò il suo cadavere fra le tombe dei figli del popolo. Ma la mano di Ahikam, figlio di Shafan fu con Geremia, perché non lo consegnassero nelle mani del popolo per metterlo a morte. All’inizio del regno di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, questa parola fu rivolta dall’Eterno a Geremia, dicendo: »Cosí mi ha detto l’Eterno: Fatti dei legami e dei gioghi e mettili sul tuo collo; poi mandali al re di Edom, al re di Moab, al re dei figli di Ammon, al re di Tiro e al re di Sidone, per mezzo degli ambasciatori che sono venuti a Gerusalemme da Sedekia, re di Giuda; e comanda loro che dicano ai loro signori: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Cosí direte ai vostri signori: Io ho fatto la terra, gli uomini e gli animali che sono sulla faccia della terra, con la mia grande potenza e col mio braccio steso, e la do a chi sembra bene ai miei occhi. E ora ho dato tutti questi paesi in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, mio servo; a lui ho pure dato le bestie della campagna perché lo servano. Cosí tutte le nazioni serviranno a lui, a suo figlio e al figlio di suo figlio, finché verrà il tempo anche per il suo paese; allora molte nazioni e re potenti lo ridurranno in servitú E avverrà che la nazione o il regno che non vorrà servire a lui, a Nebukadnetsar re di Babilonia, e non vorrà porre il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia, quella nazione io la punirò, dice l’Eterno, »con la spada, con la fame e con la peste, finché non li abbia sterminati per mano sua. Perciò non ascoltate i vostri profeti né i vostri indovini né i vostri sognatori né i vostri maghi né i vostri stregoni che vi dicono: »Non sarete asserviti al re di Babilonia!«. Sí, essi vi profetizzano menzogna, per allontanarvi dal vostro paese, perché io vi disperda e voi periate. Ma la nazione che porrà il suo collo sotto il giogo del re di Babilonia e lo servirà, io la lascerò stare nel suo paese«, dice l’Eterno, »ed essa lo coltiverà e vi dimorerà«. Io parlai dunque a Sedekia, re di Giuda, in conformità a tutte queste parole e dissi: »Piegate il vostro collo sotto il giogo del re di Babilonia, servite lui e il suo popolo e vivrete. Perché tu e il tuo popolo vorreste morire di spada, di fame e di peste, come l’Eterno ha parlato contro la nazione che non vuole servire il re di Babilonia? Perciò non date ascolto alle parole dei profeti che vi dicono: »Non servirete il re di Babilonia« perché vi profetizzano menzogna«. »Poiché io non li ho mandati«, dice l’Eterno, »ma profetizzano menzogna nel mio nome, perché io vi disperda e voi periate, voi e i profeti che vi profetizzano«. Parlai pure ai sacerdoti e a tutto questo popolo, dicendo: »Cosí dice l’Eterno: Non date ascolto alle parole dei vostri profeti che vi profetizzano dicendo: »Ecco, ora gli arredi della casa dell’Eterno saranno presto riportati da Babilonia« perché vi profetizzano menzogna. Non date loro ascolto! Servite il re di Babilonia e vivrete. Perché questa città dovrebbe essere ridotta a una desolazione? Se sono profeti e se la parola dell’Eterno è con loro, intercedano ora presso l’Eterno degli eserciti, perché gli arredi che sono rimasti nella casa dell’Eterno, nella casa del re di Giuda e in Gerusalemme, non vadano a Babilonia«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti riguardo alle colonne, al mare, ai carrelli e al resto degli arredi rimasti in questa città. che Nebukadnetsar, re di Babilonia, non prese, quando deportò Jekoniah figlio di Jehoiakim, re di Giuda, da Gerusalemme a Babilonia assieme a tutti i nobili di Giuda e di Gerusalemme; sí, cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, riguardo agli arredi che rimangono nella casa dell’Eterno, nella casa del re di Giuda e in Gerusalemme: »Saranno portati a Babilonia e la resteranno, finché io li cercherò«, dice l’Eterno, »e li farò risalire e li riporterò in questo luogo«. In quello stesso anno, all’inizio del regno di Sedekia, re di Giuda, nell’anno quarto, il quinto mese, avvenne che Hananiah, figlio di Azzur, il profeta, che era di Gabaon, mi parlò nella casa dell’Eterno, in presenza dei sacerdoti e di tutto il popolo, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Io spezzo il giogo del re di Babilonia. Entro due anni io farò ritornare in questo luogo tutti gli arredi della casa dell’Eterno, che Nebukadnetsar, re di Babilonia, prese da questo luogo e portò a Babilonia. Ricondurrò pure in questo luogo«, dice l’Eterno, »Jekoniah, figlio di Jehoiakim, re di Giuda, con tutti i deportati di Giuda che sono andati in cattività a Babilonia, perché spezzerò il giogo del re di Babilonia«. Allora il profeta Geremia rispose al profeta Hananiah in presenza dei sacerdoti e in presenza di tutto il popolo che si trovava nella casa dell’Eterno. Il profeta Geremia disse: »Amen! Cosí faccia l’Eterno! L’Eterno mandi ad effetto ciò che hai profetizzato, facendo tornare da Babilonia in questo luogo gli arredi della casa dell’Eterno e tutti quelli che sono stati portati in cattività! Tuttavia ascolta ora questa parola che sto per dire ai tuoi orecchi e agli orecchi di tutto il popolo. I profeti che vennero prima di me e prima di te, fin dai tempi antichi profetizzarono contro molti paesi e contro grandi regni, guerra, fame e peste. Il profeta che profetizza pace, quando la sua parola si adempirà, sarà riconosciuto come vero profeta mandato dall’Eterno«. Allora il profeta Hananiah prese il giogo dal collo del profeta Geremia e lo spezzò. Quindi Hananiah parlò alla presenza di tutto il popolo, dicendo: »Cosí dice l’Eterno: In questo modo io spezzerò il giogo di Nebukadnetsar, re di Babilonia, entro due anni, dal collo di tutte le nazioni«. Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada. Dopo che il profeta Hananiah ebbe spezzato il giogo dal collo del profeta Geremia, la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: »Va’ e di’ ad Hananiah: Cosí dice l’Eterno: Tu hai spezzato dei gioghi di legno, ma al loro posto hai fatto dei gioghi di ferro. Cosí infatti dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Io metto un giogo di ferro sul collo di tutte queste nazioni perché servano Nebukadnetsar, re di Babilonia, ed esse lo serviranno. A lui ho pure dato gli animali della campagna«. Poi il profeta Geremia disse al profeta Hananiah: »Ascolta, Hananiah, l’Eterno non ti ha mandato, e tu hai indotto questo popolo a confidare nella menzogna. Perciò cosí dice l’Eterno: Ecco, io ti scaccerò dalla faccia della terra. Quest’anno morirai, perché hai parlato di ribellione contro l’Eterno"«. Il profeta Hananiah morí quello stesso anno, nel settimo mese. Queste sono le parole della lettera che il profeta Geremia mandò da Gerusalemme, al residuo degli anziani, in cattività, ai sacerdoti, ai profeti e a tutto il popolo che Nebukadnetsar aveva condotto in cattività da Gerusalemme a Babilonia. (Questo avvenne dopo che il re Jekoniah, la regina, gli eunuchi, i principi di Giuda e di Gerusalemme, gli artigiani e i fabbri furono usciti da Gerusalemme). La lettera fu recata per mezzo di Elasah, figlio di Shafan, e di Ghemariah, figlio di Hilkiah, che Sedekia, re di Giuda, aveva mandato a Babilonia da Nebukadnetsar, re di Babilonia. Essa diceva: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, a tutti i deportati che io ho fatto condurre in cattività da Gerusalemme a Babilonia: Costruite case e abitatele, piantate giardini e mangiate i loro frutti. Prendete mogli e generate figli e figlie; prendete mogli per i vostri figli e date le vostre figlie a marito, perché generino figli e figlie e perché là moltiplichiate e non diminuiate. Cercate il bene della città dove vi ho fatti condurre in cattività e pregate l’Eterno per essa, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere. Cosí dice infatti l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Non vi traggano in inganno i vostri profeti e i vostri indovini che sono in mezzo a voi, e non date retta ai sogni che fate. Poiché vi profetizzano falsamente nel mio nome; io non li ho mandati«, dice l’Eterno. »Cosí dice l’Eterno: Quando saranno compiuti settant’anni per Babilonia, io vi visiterò e manderò ad effetto per voi la mia buona parola, facendovi ritornare in questo luogo. Poiché io conosco i pensieri che ho per voi«, dice l’Eterno, »pensieri di pace e non di male, per darvi un futuro e una speranza. Mi invocherete e verrete a pregarmi, e io vi esaudirò. Mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il vostro cuore. Io mi farò trovare da voi«, dice l’Eterno, »e vi farò tornare dalla vostra cattività; vi raccoglierò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho dispersi«, dice l’Eterno; »e vi ricondurrò nel luogo da cui vi ho fatto condurre in cattività. Poiché dite: »L’Eterno ci ha suscitato dei profeti in Babilonia«, cosí dice l’Eterno riguardo al re che siede sul trono di Davide, riguardo a tutto il popolo che abita in questa città, ai vostri fratelli che non sono andati con voi in cattività«; sí, cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Ecco, io manderò contro di loro la spada, la fame e la peste, e li renderò come fichi nauseanti che non si possono mangiare, tanto sono cattivi. Li inseguirò con la spada, con la fame e con la peste; li farò essere maltrattati in tutti i regni della terra ed essere una maledizione, un oggetto di stupore, uno scherno e un obbrobrio in mezzo a tutte le nazioni dove li ho dispersi, perché non hanno ascoltato le mie parole«, dice l’Eterno, »che io ho mandato loro per mezzo dei miei servi, i profeti, con urgenza ed insistenza; ma voi non avete dato ascolto«, dice l’Eterno. »Ascoltate dunque la parola dell’Eterno, o voi tutti, che io ho mandato in cattività da Gerusalemme a Babilonia! Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, riguardo ad Achab, figlio di Kolaiah, e riguardo a Sedekia, figlio di Maaseiah, che vi profetizzano menzogna nel mio nome: Ecco, io li darò in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, ed egli li ucciderà sotto i vostri occhi. Da essi si trarrà una formula di maledizione che sarà usata da tutti quelli di Giuda che sono in cattività in Babilonia, e si dirà: »L’Eterno ti tratti come Sedekia e come Achab, che il re di Babilonia ha fatto arrostire nel fuoco!« Poiché essi hanno fatto cose ignominiose in Israele, hanno commesso adulterio con le mogli del loro prossimo, e hanno pronunciato in mio nome parole di menzogna, che non avevo loro comandato. Io stesso lo so e ne sono testimone, dice l’Eterno. Parlerai pure a Scemaiah il Nehelamita, dicendo: Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Tu hai mandato in tuo nome lettere a tutto il popolo che è in Gerusalemme, al sacerdote Sofonia, figlio di Maaseiah, e a tutti i sacerdoti, dicendo: "L’Eterno ti ha costituito sacerdote al posto del sacerdote Jehoiada, perché vi siano sovrintendenti nella casa dell’Eterno per sorvegliare ogni uomo pazzo che fa il profeta, perché tu lo metta in prigione e in catene". E ora perché non hai rimproverato Geremia di Anathoth che fa il profeta tra di voi? Infatti egli ci ha mandato a dire in Babilonia: »La cattività sarà lunga; costruite case e abitatele, piantate giardini e mangiate i loro frutti««. Il sacerdote Sofonia lesse questa lettera in presenza del profeta Geremia. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: »Manda a dire a tutti quelli che sono in cattività: Cosí parla l’Eterno riguardo a Scemaiah il Nehelamita: Poiché Scemaiah vi ha profetizzato, anche se io non l’ho mandato, e vi ha fatto confidare nella menzogna, cosí dice l’Eterno: Ecco, io punirò Scemaiah il Nehelamita e la sua discendenza; non avrà nessuno dei suoi discendenti che abiterà in mezzo a questo popolo, e non vedrà il bene che io farò al mio popolo dice l’Eterno, perché ha parlato di ribellione, contro l’Eterno«. La parola che fu rivolta a Geremia da parte dell’Eterno, dicendo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Scriviti in un libro tutte le parole che ti ho detto perché, ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, nei quali io farò ritornare dalla cattività il mio popolo d’Israele e di Giuda, dice l’Eterno, e li ricondurrò nel paese che diedi ai loro padri, ed essi lo possederanno«. Queste sono le parole che l’Eterno pronunciò riguardo ad Israele e a Giuda: »Cosí dice l’Eterno: Noi abbiamo udito un grido di terrore, di spavento e non di pace. Informatevi e vedete se un maschio può partorire. Perché dunque vedo tutti gli uomini con le mani sui loro lombi, come una donna che sta per partorire? Perché tutte le facce sono diventate pallide? Ahimè, perché quel giorno è grande; non ve ne fu mai alcuno simile; sarà un tempo di angoscia per Giacobbe, ma egli ne sarà salvato. In quel giorno avverrà«, dice l’Eterno degli eserciti, »che io spezzerò il suo giogo dal tuo collo e romperò i tuoi legami; gli stranieri non ti faranno piú loro schiavo. Ma quei d’Israele serviranno l’Eterno, il loro DIO, e Davide, loro re, che io susciterò per loro. Tu dunque, o mio servo Giacobbe, non temere«, dice l’Eterno; »non spaventarti o Israele, perché, ecco, io ti salverò dal lontano paese e la tua discendenza dal paese della sua cattività. Giacobbe ritornerà, avrà riposo, starà tranquillo e nessuno piú lo spaventerà. Poiché io sono con te«, dice l’Eterno, »per salvarti. Io sterminerò tutte le nazioni in mezzo alle quali ti ho disperso; tuttavia non sterminerò te, ma ti castigherò con giustizia e non ti lascerò del tutto impunito«. Cosí dice l’Eterno: »Il tuo male è incurabile, la tua ferita è grave. Nessuno difende la tua causa; cosí non c’è nessuna medicina per la tua ferita né guarigione per te. Tutti i tuoi amanti ti hanno dimenticata, non si prendono cura di te, perché ti ho colpito con percossa da nemico, con un castigo di uno crudele, per la grandezza della tua iniquità, per la moltitudine dei tuoi peccati. Perché gridi a causa del tuo male? Il tuo dolore è insanabile. Io ti ho fatto queste cose per la grandezza della tua iniquità, per la moltitudine dei tuoi peccati. Ma tutti quelli che ti divorano saranno divorati, tutti i tuoi nemici, tutti quanti, andranno in cattività; quelli che ti saccheggiano saranno abbandonati al saccheggio e i tuoi depredatori li lascerò essere depredati. Sí, io ti ridarò salute e ti guarirò dalle tue ferite«, dice l’Eterno, »perché ti chiamano »La scacciata« dicendo: »Questa è Sion di cui nessuno si prende cura««. Cosí dice l’Eterno: »Ecco, io farò ritornare dalla cattività le tende di Giacobbe e avrò pietà delle sue dimore; la città sarà ricostruita sulle sue rovine e il palazzo sarà stabilito nel suo giusto posto. Usciranno da essi canti di ringraziamento e voci di gente in festa; li farò moltiplicare e non diminuire, li renderò onorati e non saranno piú umiliati. I suoi figli saranno come una volta e la sua assemblea sarà resa stabile davanti a me, ma punirò tutti i loro oppressori. Il suo principe sarà uno di essi, e il suo dominatore uscirà di mezzo a loro; io lo farò avvicinare ed egli si accosterà a me. Chi infatti disporrebbe il suo cuore per avvicinarsi a me?«, dice l’Eterno. »Voi sarete il mio popolo, e io sarò il vostro Dio«, Ecco la tempesta dell’Eterno si scatena furiosa, una tempesta travolgente cadrà violentemente sul capo degli empi. L’ardente ira dell’Eterno non si acquieterà, finché non abbia compiuto e finché non abbia realizzato i disegni del suo cuore. Negli ultimi giorni lo capirete. »In quel tempo«, dice l’Eterno, »io sarò il DIO di tutte le famiglie d’Israele, ed esse saranno il mio popolo«. Cosí dice l’Eterno: »Il popolo scampato dalla spada ha trovato grazia nel deserto, io darò riposo a Israele«. Molto tempo fa l’Eterno mi è apparso, dicendo: »Sí, ti ho amata di un amore eterno; per questo ti ho attirata con benevolenza. Io ti riedificherò e tu sarai riedificata, o vergine d’Israele. Sarai di nuovo adorna dei tuoi tamburelli e uscirai in mezzo alle danze di quelli che fanno festa. Pianterai ancora vigne sui monti di Samaria; i piantatori pianteranno e raccoglieranno il frutto. Verrà il giorno in cui le sentinelle grideranno sul monte Efraim: »Levatevi, saliamo a Sion, all’Eterno, il nostro DIO««. Poiché cosí dice l’Eterno: »Innalzate canti di gioia per Giacobbe e mandate grida per il capo delle nazioni; proclamate, cantate lodi e dite: O Eterno, salva il tuo popolo, il residuo d’Israele. Ecco, li riconduco dal paese del nord e li raduno dalle estremità della terra. Tra di essi c’è il cieco e lo zoppo, la donna incinta e insieme quella che sta per partorire: una grande moltitudine ritornerà qui. Verranno piangendo, li condurrò con suppliche. Li farò camminare lungo corsi d’acqua, per una via diritta sulla quale non inciamperanno, perché sono un padre per Israele, ed Efraim è il mio primogenito. O nazioni, ascoltate la parola dell’Eterno e annunziatela nelle isole lontane, e dite: Chi ha disperso Israele lo raduna e lo custodisce come un pastore fa col suo gregge. Poiché l’Eterno ha riscattato Giacobbe, l’ha redento dalla mano di uno piú forte di lui. Essi verranno e canteranno di gioia sulle alture di Sion e affluiranno verso i beni dell’Eterno: verso il frumento, il vino e l’olio, e verso i nati del gregge e dell’armento, la loro vita sarà come un giardino annaffiato e non languiranno piú. Allora la vergine si rallegrerà nella danza e i giovani insieme ai vecchi, perché muterò il loro lutto in gioia, li consolerò e li rallegrerò dopo il loro dolore. Sazierò l’anima dei sacerdoti con grande abbondanza e il mio popolo sarà colmato dei miei beni«, dice l’Eterno. Cosí dice l’Eterno: »S’è udita una voce in Ramah, un lamento e un pianto amaro: Rachele, piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata per i suoi figli, perchè non sono più«. Cosí dice l’Eterno: »Trattieni la tua voce dal piangere, i tuoi occhi dal versare lacrime, perché la tua opera sarà ricompensata«, dice l’Eterno; »essi ritorneranno dal paese del nemico. C’è speranza per la tua discendenza«, dice l’Eterno; »i tuoi figli ritorneranno entro i loro confini. Ho ripetutamente udito Efraim lamentarsi: »Tu mi hai castigato e io sono stato castigato come un torello non domato; fammi ritornare e io ritornerò, perché tu sei l’Eterno, il mio DIO. Dopo essermi sviato, mi sono pentito; dopo aver riconosciuto il mio stato, mi sono battuto l’anca. Mi sono vergognato e ho provato confusione perché porto l’obbrobrio della mia giovinezza". E’ dunque Efraim un figlio caro per me, un figlio delle mie delizie? Infatti, anche dopo aver parlato contro di lui, lo ricordo ancora vivamente. Perciò le mie viscere si commuovono per lui, e avrò certamente compassione di lui«, dice l’Eterno. »Rizza per te dei ceppi, fatti dei pali indicatori, fa’ molta attenzione alla strada, alla via che hai seguito. Ritorna, o vergine d’Israele, ritorna a queste tue città. Fino a quando andrai vagando, o figlia ribelle? Poiché l’Eterno crea una cosa nuova sulla terra: la donna che corteggia l’uomo«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Si dirà ancora questa parola nel paese di Giuda e nelle sue città, quando li avrò fatti tornare dalla cattività: »L’Eterno ti benedica, o dimora di giustizia, o monte di SANTITA’!«. Là abiteranno Giuda e tutte le sue città insieme, gli agricoltori e quelli che conducono le greggi. Poiché io sazierò l’anima stanca e ricolmerò ogni anima languente«. Dopo questo mi sono svegliato e ho guardato, e il mio sonno mi è stato dolce. »Ecco, verranno i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali seminerò la casa d’Israele e la casa di Giuda con seme di uomini e con seme di animali. E avverrà che come ho vegliato su di loro per sradicare, per demolire e per abbattere, per distruggere e per far del male, cosí veglierò su di loro per edificare e per piantare«, dice l’Eterno. »In quei giorni non si dirà piú: »I padri hanno mangiato l’uva acerba e i denti dei figli sono rimasti allegati«. Ma ognuno morirà per la propria iniquità; chiunque mangerà l’uva acerba rimarrà con i denti allegati. Ecco, verranno i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda, non come il patto che ho stabilito con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, perché essi violarono il mio patto, benché io fossi loro Signore«; dice l’Eterno. »Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni« dice l’Eterno: »Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo. Non insegneranno piú ciascuno il proprio vicino né ciascuno il proprio fratello, dicendo: Conoscete l’Eterno! perché tutti mi conosceranno, dal piú piccolo al piú grande«, dice l’Eterno. »Poiché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato«. Cosí dice l’Eterno, che ha dato il sole per la luce di giorno e le leggi alla luna e alle stelle per la luce di notte, che solleva il mare e ne fa mugghiare le onde, il cui nome è l’Eterno degli eserciti. »Se quelle leggi venissero meno davanti a me«, dice l’Eterno, »allora anche la progenie d’Israele cesserebbe di essere una nazione davanti a me per sempre«. Cosí dice l’Eterno: »Se si potessero misurare i cieli in alto, o esplorare le fondamenta della terra in basso, allora anch’io rigetterei tutta la progenie d’Israele per tutto ciò che hanno fatto, dice l’Eterno. Ecco, verranno i giorni, dice l’Eterno, nei quali questa città sarà ricostruita per l’Eterno dalla torre di Hananeel alla porta dell’Angolo. Di là la corda per misurare sarà ancora tesa in linea retta fino al colle di Gareb, voltando poi verso Goah. Tutta la valle dei cadaveri e delle ceneri e tutti i campi fino al torrente, Kidron, fino all’angolo della porta dei Cavalli verso est, saranno consacrati all’Eterno. Non sarà mai piú distrutta né demolita in perpetuo«. La parola che fu rivolta a Geremia da parte dell’Eterno nel decimo anno di Sedekia, re di Giuda, che fu l’Anno diciottesimo di Nebukadnetsar. L’Esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nel cortile della prigione che era nella casa del re di Giuda. Lo aveva fatto rinchiudere Sedekia, re di Giuda, dicendo: »Perché profetizzi, dicendo: Cosí dice l’Eterno: Ecco, io darò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la prenderà, Sedekia, re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà certamente dato in potere del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e lo vedrà con i suoi stessi occhi. Poi egli condurrà Sedekia a Babilonia, dove egli resterà finché io lo visiterò, dice l’Eterno. Se combattete contro i Caldei non riuscirete a nulla«. Allora Geremia disse: »La parola dell’Eterno mi è stata rivolta, dicendo: Ecco, Hanameel, figlio di Shallum tuo zio, viene da te per dirti: Comprati il mio campo che è in Anathoth, perché tu hai il diritto di riscatto per comprarlo«. Perciò Hanameel, figlio di mio zio venne da me nel cortile della prigione, secondo la parola dell’Eterno, e mi disse: »Ti prego, compra il mio campo che è in Anathoth, nel territorio di Beniamino, perché tu hai il diritto di eredità e il diritto di riscatto. Compratelo!«. Allora riconobbi che questa era la parola dell’Eterno. Cosí comprai da Hanameel, figlio di mio zio, il campo che era in Anathoth e gli pesai il denaro: diciassette sicli d’argento. Firmai l’atto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai il denaro sulle bilance. Quindi presi l’atto di compra, quello sigillato secondo la legge e gli statuti e quello aperto e consegnai l’atto di compra a Baruk, figlio di Neriah, figlio di Mahseiah, in presenza di Hanameel mio cugino, in presenza dei testimoni che avevano firmato l’atto di compra, e in presenza di tutti i Giudei che sedevano nel cortile della prigione. Poi davanti a loro diedi quest’ordine a Baruk: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Prendi questi atti, l’atto di compra, tanto quello sigillato quanto quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino per molti giorni. Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: In questo paese si compreranno ancora case, campi e vigne«. Dopo che ebbi consegnato l’atto di compra a Baruk, figlio di Neriah, pregai l’Eterno, dicendo: »Ah, Signore, Eterno! Ecco, tu hai fatto il cielo e la terra con la tua grande potenza e con il tuo braccio disteso. Non c’è nulla troppo difficile per te. Tu usi benignità verso mille e ripaghi l’iniquità dei padri in seno ai loro figli dopo di essi, Dio grande e potente, il cui nome è l’Eterno degli eserciti. Tu sei grande in consiglio e potente in opere e hai gli occhi aperti su tutte le vie dei figli degli uomini, per dare a ciascuno secondo le sue opere e secondo il frutto delle sue azioni. Tu hai operato fino al giorno d’oggi segni e prodigi nel paese d’Egitto, in Israele e in mezzo ad altri uomini, e ti sei fatto un nome come è quest’oggi. Tu facesti uscire il tuo popolo dal paese d’Egitto con segni e prodigi, con mano potente e braccio disteso e con grande terrore. Tu desti loro questo paese che avevi giurato ai loro padri di dare loro, un paese ove scorre latte e miele. Essi entrarono e ne presero possesso, ma non hanno ubbidito alla tua voce e non hanno camminato nella tua legge; non hanno fatto tutto ciò che avevi comandato loro di fare; perciò tu hai fatto venire su di loro tutta questa calamità. Ecco, i terrapieni giungono fino alla città per prenderla; e la città è data in mano dei Caldei che combattono contro di essa con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu hai detto è avvenuto; ecco, tu lo vedi. Eppure, o Signore, o Eterno, tu mi hai detto: Comprati con denaro il campo e chiama i testimoni, mentre la città è data in mano dei Caldei. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: »Ecco, io sono l’Eterno, il DIO di ogni carne; c’è forse qualcosa troppo difficile per me?. Perciò cosí dice l’Eterno: »Ecco, io darò questa città in mano dei Caldei, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, il quale la prenderà. I Caldei che combattono contro questa città entreranno, appiccheranno il fuoco a questa città e la bruceranno insieme alle case sui cui tetti hanno bruciato incenso, a Baal, e fatto libazioni, ad altri dèi per provocarmi ad ira. Poiché i figli d’Israele e i figli di Giuda hanno fatto soltanto ciò che è male ai miei occhi fin dalla loro fanciullezza. I figli d’Israele infatti non hanno fatto che provocarmi ad ira con l’opera delle loro mani, dice l’Eterno. Poiché questa città, dal giorno che fu edificata fino ad oggi, è stata per me una provocazione della mia ira e del mio furore; perciò la farò scomparire dalla mia presenza, a motivo di tutto il male che i figli d’Israele e i figli di Giuda hanno fatto per provocarmi ad ira, essi, i loro re, i loro principi, i loro sacerdoti, i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme. Mi hanno voltato non la faccia, ma le spalle; e sebbene io li abbia ammaestrati con urgenza ed insistenza essi non hanno ascoltato per ricevere correzione. Ma hanno messo le loro abominazioni nella casa sulla quale è invocato il mio nome per contaminarla. Hanno anche costruito gli alti luoghi di Baal che sono nella valle dei figli di Hinnom, per far passare attraverso il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Molek, ciò che non avevo comandato loro, e non mi era mai venuto in mente che dovessero commettere una tale abominazione, facendo peccare Giuda«. Perciò ora cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele, riguardo a questa città, di cui voi dite: »Essa sarà data in mano del re di Babilonia, per mezzo della spada, della fame e della peste«. »Ecco, li radunerò da tutti i paesi dove li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore, nella mia grande indignazione; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare al sicuro. Essi saranno per me il mio popolo e io sarò per loro il loro DIO, Darò loro un solo cuore, una sola via, perché mi temano per sempre per il bene loro e dei loro figli dopo di loro. Farò con loro un patto eterno: non mi ritirerò piú da loro, facendo loro del bene, e metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me. Gioirò nel far loro del bene e li pianterò stabilmente in questo paese con tutto il mio cuore e con tutta la mia anima«. Poiché cosí dice l’Eterno: »Come ho fatto venire su questo popolo tutta questa grande calamità, cosí farò venire su di loro tutto il bene che ho loro promesso. Si compreranno ancora campi in questo paese, di cui voi dite: E’ una desolazione, senza piú uomo o bestia, è stato dato in mano dei Caldei". Si compreranno campi con denaro, si firmeranno gli atti, si sigilleranno, si chiameranno testimoni nel paese di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme nelle città di Giuda, nelle città della regione montuosa, nelle città della pianura, nelle città del Neghev, perché io farò tornare quelli che sono in cattività«, dice l’Eterno. La parola dell’Eterno fu rivolta una seconda volta a Geremia mentre era ancora rinchiuso nel cortile della prigione, dicendo: Cosí dice l’Eterno che fa questo, l’Eterno che lo forma per stabilirlo il cui nome è l’Eterno: Invocami e io ti risponderò, e ti annunzierò cose grandi e impenetrabili che tu non conosci. Poiché cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele, riguardo alle case di questa città e riguardo alle case dei re di Giuda che saranno demolite di fronte ai terrapieni e alla spada. Essi verranno a combattere con i Caldei, ma solo a riempirle di cadaveri di uomini, che io percuoterò nella mia ira e nel mio furore, perché nasconderò la mia faccia da questa città per tutta la loro malvagità. Ecco, io recherò ad essa benessere e guarigione; li guarirò e svelerò loro l’abbondanza della pace e della verità. Farò tornare gli esuli di Giuda e gli esuli d’Israele e li ristabilirò come al principio. Li purificherò di ogni loro iniquità con la quale hanno peccato contro di me e perdonerò tutte le loro iniquità con le quali hanno peccato e con le quali si sono ribellati contro di me. E questa città sarà per me un titolo di gioia, di lode e di gloria davanti a tutte le nazioni della terra, quando verranno a sapere di tutto il bene che io faccio loro; e temeranno e tremeranno a motivo di tutto il bene e di tutta la pace che io procurerò a lei«. Cosí dice l’Eterno: »In questo luogo, di cui voi dite: E’ una desolazione, senza piú uomo o bestia nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme che sono desolate, senza più né uomo né abitante né bestia, si udranno ancora grida di gioia e grida di allegrezza, la voce dello sposo e la voce della sposa, la voce di quelli che dicono: Celebrate l’Eterno degli eserciti, poiché l’Eterno è buono, perché la sua benignità dura in eterno e di quelli che portano offerte di ringraziamento nella casa dell’Eterno. Poiché io farò tornare gli esuli del paese e lo ristabilirò come al principio«, dice l’Eterno. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »In questo luogo che è una desolazione, senza piú uomo o bestia, e in tutte le sue città vi saranno ancora delle dimore di pastori che faranno riposare le loro greggi. Nelle città della regione montuosa nelle città della pianura, nelle città dei Neghev, nel paese di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme e nelle città di Giuda, le pecore passeranno ancora sotto la mano di colui che le conta«, dice l’Eterno. »Ecco, verranno i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali io manderò ad effetto la buona parola che ho pronunciato riguardo alla casa d’Israele e riguardo alla casa di Giuda. In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia, che eserciterà giudizio e giustizia nel paese. In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme abiterà al sicuro. Questo sarà il nome con cui sarà chiamata: »L’Eterno, nostra giustizia«. Infatti cosí dice l’Eterno: »Non verrà mai meno a Davide chi segga sul trono della casa d’Israele, e ai sacerdoti Leviti non verrà mai meno davanti a me chi offra olocausti, faccia fumare le offerte di cibo e compia sacrifici tutti i giorni«. La parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: »Cosí dice l’Eterno: Se voi potete annullare il mio patto con il giorno e il patto con la notte, in modo che non ci sia più giorno o notte al loro tempo, allora si potrà anche annullare il mio patto con Davide mio servo, in modo che non abbia un figlio che regni sul suo trono, e con i sacerdoti Leviti, miei ministri. Come non si può contare l’esercito del cielo né misurare la sabbia del mare, cosí io moltiplicherò i discendenti di Davide, mio servo, e i Leviti che mi servono«. La parola dell’Eterno fu ancora rivolta a Geremia, dicendo: »Non hai fatto attenzione a ciò che questo popolo ha affermato, dicendo: »Le due famiglie che l’Eterno aveva scelto, le ha rigettate«? Cosí disprezzano il mio popolo, che ai loro occhi non è piú una nazione«. Così dice l’Eterno: »Se io non ho stabilito il mio patto con il giorno e con la notte e se non ho fissato le leggi del cielo e della terra, allora rigetterò anche la discendenza di Giacobbe e di Davide, mio servo, e non prenderò piú dalla sua discendenza i reggitori della progenie di Abrahamo di Isacco e di Giacobbe. Ma io farò ritornare i loro esuli e avrò compassione di loro«. La parola che fu rivolta dall’Eterno a Geremia, quando Nebukadnetsar re di Babilonia con tutto il suo esercito e tutti i regni della terra su cui egli dominava e tutti i popoli combattevano contro Gerusalemme e contro tutte le sue città, dicendo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Va’ e parla a Sedekia, re di Giuda, e digli: Cosí dice l’Eterno: Ecco, io do questa città in mano del re di Babilonia che la darà alle fiamme Tu non scamperai dalla sua mano ma sarai certamente preso e dato in suo potere, i tuoi occhi vedranno gli occhi del re di Babilonia, egli ti parlerà faccia a faccia e tu andrai a Babilonia«. Tuttavia ascolta la parola dell’Eterno, o Sedekia, re di Giuda: »Cosí dice l’Eterno riguardo a te: Non morirai di spada. Ma morirai in pace; e come bruciarono aromi per i tuoi padri, gli antichi re che furono prima di te, cosí bruceranno aromi per te e faranno cordoglio per te dicendo: Ahimè, Signore! Sí, io ho pronunciato questa parola«, dice l’Eterno. Il profeta Geremia disse tutte queste parole a Sedekia, re di Giuda, in Gerusalemme, mentre l’esercito del re di Babilonia combatteva contro Gerusalemme e contro tutte le città di Giuda che ancora rimanevano, cioè contro Lakish e Azekah, che erano le uniche città fortificate rimaste fra le città di Giuda. Questa è la parola che fu rivolta dall’Eterno a Geremia, dopo che il re Sedekia ebbe fatto un patto con tutto il popolo che era in Gerusalemme per proclamare ad essi libertà: cioè che ognuno rimandasse liberi i suoi schiavi ebrei, tanto maschi che femmine, uomo o donna, affinché nessuno tenesse piú schiavo alcun suo fratello giudeo. Tutti i principi e tutto il popolo che avevano aderito al patto acconsentirono a rimandare liberi ognuno il proprio schiavo e la propria schiava e a non tenerli piú in schiavitú, e li rimandarono. In seguito però cambiarono parere e fecero ritornare gli schiavi e le schiave che avevano rimandati liberi e li assoggettarono di nuovo come loro schiavi e schiave. La parola dell’Eterno fu quindi rivolta dall’Eterno a Geremia, dicendo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Io stabilii un patto con i vostri padri il giorno che li feci uscire dal paese d’Egitto, dalla casa di servitú, dicendo: Al termine di sette anni ognuno rimanderà libero il proprio fratello ebreo che gli è stato venduto; egli ti servirà sei anni, poi lo manderai via da te libero. Ma i vostri padri non mi ubbidirono e non prestarono orecchio. Voi oggi eravate tornati a fare ciò che è retto ai miei occhi, proclamando ciascuno la libertà del proprio fratello, e avevate stabilito un patto davanti a me, nel tempio, dove è invocato il mio nome. In seguito però avete cambiato parere e avete profanato il mio nome, perché avete fatto ritornare ciascuno il suo schiavo e la sua schiava che avevate rimandati liberi a loro piacere, e li avete assoggettati ad esservi come schiavi e schiave«. Perciò cosí dice l’Eterno: »Voi non mi avete ubbidito proclamando la libertà ciascuno del proprio fratello e ciascuno del proprio prossimo. Ora ecco, io proclamo a voi la libertà«, dice l’Eterno, »per la spada, per la peste e per la fame e vi abbandonerò ad essere maltrattati in tutti i regni della terra. E darò gli uomini che hanno trasgredito il mio patto e non hanno eseguito le parole del patto che avevano stabilito davanti a me, passando in mezzo alle parti del vitello che avevano tagliato in due: i principi di Giuda e i principi di Gerusalemme, gli eunuchi, i sacerdoti e tutto il popolo del paese che passarono in mezzo alle parti del vitello, li darò in mano dei loro nemici e in mano di quelli che cercano la loro vita; e i loro cadaveri saranno pasto per gli uccelli del cielo e per le bestie della terra. Darò Sedekia, re di Giuda, e i suoi principi in mano dei loro nemici, in mano di quelli che cercano la loro vita e in mano dell’esercito del re di Babilonia che si è allontanato da voi. Ecco, io darò l’ordine«. dice l’Eterno, »e li farò ritornare contro questa città, combatteranno contro di lei, la prenderanno, la daranno alle fiamme, e farò delle città di Giuda una desolazione senza abitanti«. La parola che fu rivolta a Geremia dall’Eterno al tempo di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, dicendo: »Va’ alla casa dei Rekabiti e parla loro, conducili quindi nella casa dell’Eterno, in una delle camere, e offri loro vino da bere«. Allora io presi Jaazaniah, figlio di Geremia, figlio di Habazziniah, i suoi fratelli e tutti i suoi figli e tutta la casa dei Rekabiti, e li condussi nella casa dell’Eterno, nella camera dei figli di Hanan, figlio di Igdaliah, uomo di DIO, la quale si trovava vicino alla camera dei principi sopra la camera di Maaseiah, figlio di Shallum, guardiano della porta. Posi quindi davanti ai figli della casa dei Rekabiti dei boccali pieni di vino e delle coppe e dissi loro: »Bevete vino«. Ma essi risposero: »Noi non beviamo vino, perché Jehonadab, figlio ai Rekab, nostro padre, ci ha comandato, dicendo: »Non berrete vino in eterno, né voi né i vostri figli. Non costruirete case, non seminerete alcuna semente, non pianterete vigne e non ne possederete alcuna, ma abiterete in tende tutti i giorni della vostra vita affinché viviate lungamente nel paese dove risiedete". Cosí noi abbiamo ubbidito alla voce di Jehonadab, figlio di Rekab, nostro padre, in tutto ciò che ci ha comandato: di non bere vino per tutta la nostra vita tanto noi che le nostre mogli, i nostri figli e le nostre figlie; di non costruire case per abitarvi e di non avere né vigna né campo né semente. Ma abitiamo in tende e abbiamo ubbidito e fatto tutto ciò che Jehonadab nostro padre, ci ha comandato. Ma avvenne che, quando Nebukadnetsar, re di Babilonia, è salito contro il paese, abbiamo detto: »Venite e andiamo a Gerusalemme, per paura dell’esercito dei Caldei e dell’esercito di Siria«. E cosí ci siamo stabiliti a Gerusalemme«. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Va’ e di’ agli uomini di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme: Non volete dunque ricevere ammaestramento, ascoltando le mie parole?«. dice l’Eterno. »Le parole di Jehonadab, figlio di Rekab, che comandò ai suoi figli di non bere vino, sono state messe in pratica; cosí essi non hanno bevuto vino fino a quest’oggi, perché hanno ubbidito al comando del loro padre. Ma, sebbene io vi ho parlato con urgenza ed insistenza, voi non mi avete ascoltato. Vi ho anche mandato con urgenza ed insistenza i miei servi, i profeti, dicendovi: li ritragga dunque ciascuno dalla sua via malvagia, emendate le vostre azioni e non andate dietro ad altri dèi per servirli; allora abiterete nel paese che ho dato a voi e ai vostri padri". Ma voi non avete prestato orecchio né mi avete ubbidito. Sí, i figli di Jehonadab, figlio di Rekab, hanno messo in pratica il comando dato loro dal padre, ma questo popolo non mi ha ubbidito«. Perciò cosí dice l’Eterno, il DIO degli eserciti, il DIO d’Israele: »Ecco, io faccio venire su Giuda e su tutti gli abitanti di Gerusalemme tutto il male che ho pronunciato contro di loro, perché ho parlato loro, ma non hanno ascoltato, li ho chiamati, ma non hanno risposto«. E alla casa dei Rekabiti Geremia disse: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Poiché avete ubbidito all’ordine di Jehonadab, vostro padre, avete osservato tutti i suoi precetti e avete fatto tutto ciò che vi aveva prescritto, cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: A Jehonadab, figlio di Rekab, non verrà mai a mandare qualcuno che stia sempre davanti a me«. Or avvenne nel quarto anno di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, che questa parola fu rivolta dall’Eterno a Geremia, dicendo: »Prenditi un rotolo da scrivere e scrivi su di esso tutte le parole che ti ho detto contro Israele, contro Giuda e contro tutte le nazioni, dal giorno in cui ti ho parlato, dai giorni di Giosia, fino a questo giorno. Forse la casa di Giuda udrà tutto il male che io penso di far loro e si ritrarrà ciascuno dalla propria via malvagia, e cosí io perdonerò la loro iniquità e il loro peccato«. Allora Geremia chiamò Baruka, figlio di Neriah e Baruk scrisse su un rotolo per scrivere, sotto dettatura di Geremia, tutte le parole che l’Eterno gli aveva detto. Poi Geremia diede quest’ordine a Baruk: »Io sono impedito e non posso entrare nella casa dell’Eterno. Perciò andrai tu a leggere, dal rotolo che hai scritto sotto mia dettatura, le parole dell’Eterno, negli orecchi del popolo nella casa dell’Eterno, nel giorno del digiuno; le leggerai anche negli orecchi di tutti quelli di Giuda che vengono dalle loro città. Forse presenteranno le loro suppliche all’Eterno e si ritrarrà ciascuno dalla propria via malvagia, perché grande è l’ira e il furore che l’Eterno ha pronunciato contro questo popolo«. Baruk quindi, figlio di Neriah, fece secondo tutto ciò che gli aveva comandato il profeta Geremia e lesse dal libro le parole dell’Eterno. Nel quinto anno di Jehoiakim, figlio di Giosia, re di Giuda, nel nono mese, fu proclamato un digiuno davanti all’Eterno per tutto il popolo di Gerusalemme, e per tutto il popolo venuto dalle città di Giuda a Gerusalemme. Allora Baruk lesse dal libro le parole di Geremia agli orecchi di tutto il popolo, nella casa dell’Eterno, nella camera di Ghemariah, figlio di Shafan lo scriba, nel cortile superiore, all’ingresso della Porta Nuova della casa dell’Eterno. Mikaiah, figlio di Ghemariah, figlio di Shafan, udí tutte le parole dell’Eterno lette dal libro. Scese quindi alla casa del re, nella camera dello scriba, ed ecco là stavano seduti tutti i principi: Elishama lo scriba, Delaiah figlio di Scemaiah, Elnathan figlio di Akbor, Ghemariah figlio di Shafan, Sedekia figlio di Hananiah, e tutti gli altri principi. Mikaiah riferí loro tutte le parole che aveva udito mentre Baruk leggeva il libro agli orecchi del popolo. Allora tutti i principi mandarono Jehudi, figlio di Nethaniah, figlio di Scelemiah, figlio di Kusci a Baruk per dirgli: »Prendi in mano il rotolo dal quale hai letto agli orecchi del popolo e vieni«. Cosí Baruk, figlio di Neriah, prese in mano il rotolo e venne da loro. Essi gli dissero: »Siediti e leggilo davanti a noi«. E Baruk lo lesse ai loro orecchi. Quando udirono tutte quelle parole, ebbero paura e guardandosi l’un l’altro, dissero a Baruk: »Dobbiamo senz’altro riferire tutte queste parole al re«. Poi chiesero a Baruk, dicendo: »Dicci ora come hai scritto tutte queste parole: sotto sua dettatura?«. Baruk rispose loro: »Egli mi ha dettato tutte queste parole con la sua stessa bocca, e io le ho scritte con inchiostro nel libro«. Allora i principi dissero a Baruk: »Va’ e nasconditi assieme a Geremia, e nessuno sappia dove siete«. Poi andarono dal re, nel cortile dopo aver riposto il rotolo nella camera di Elishama lo scriba, e riferirono al re tutte quelle parole. Allora il re mandò Jehudi a prendere il rotolo; ed egli lo prese dalla camera di Elishama lo scriba. Quindi Jehudi lo lesse agli orecchi del re e agli orecchi di tutti i principi che stavano presso il re. Ora il re stava seduto nel suo palazzo d’inverno, (era il nono mese), con un braciere che ardeva davanti a lui. Quando Jehudi ne ebbe letto tre o quattro colonne, il re lo tagliò col coltellino da scriba e lo gettò nel fuoco che era nel braciere, finché il rotolo fu interamente consumato dal fuoco che era nel braciere. Né il re né alcuno dei suoi servi che udirono tutte queste parole si spaventarono o si stracciarono le vesti. E sebbene Elnathan, Delaiah e Ghemariah supplicassero il re perché non bruciasse il rotolo, egli non volle ascoltarli. Anzi il re ordinò a Jerahmeel figlio del re, a Seraiah, figlio di Azriel e a Scelemiah, figlio di Abdel di prendere Baruk lo scriba e il profeta Geremia. Ma l’Eterno li nascose. Dopo che il re ebbe bruciato il rotolo e le parole che Baruk aveva scritto sotto dettatura di Geremia, la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, dicendo: »Prenditi di nuovo un altro rotolo e scrivi su di esso tutte le parole di prima, che erano nel primo rotolo bruciato da Jehoiakim, re di Giuda. E a Jehoiakim, re di Giuda, dirai: Cosí dice l’Eterno: Tu hai bruciato questo rotolo, dicendo: »Perché hai scritto in esso che il re di Babilonia verrà certamente e distruggerà questo paese e farà scomparire da esso uomini e bestie?« Perciò cosí dice l’Eterno riguardo a Jehoiakim re di Giuda: Egli non avrà alcuno che sieda sul trono di Davide, e il suo cadavere sarà gettato fuori ed esposto al calore del giorno e al gelo della notte. Io punirò lui, la sua discendenza e i suoi servi per la loro iniquità e farò venire su di loro, sugli abitanti di Gerusalemme e sugli uomini di Giuda tutto il male che ho pronunciato contro di loro, perché non hanno ascoltato«. Geremia quindi prese un altro rotolo e lo diede a Baruk, figlio di Neriah, lo scriba, il quale scrisse su di esso, sotto dettatura di Geremia, tutte le parole del libro che Jehoiakim, re di Giuda, aveva bruciato nel fuoco; vi furono inoltre aggiunte molte altre parole simili a quelle. Il re Sedekia, figlio di Giosia, che Nebukadnetsar, re di Babilonia aveva costituito re nel paese di Giuda, regnò al posto di Koniah, figlio di Jehoiakim. Ma né lui né i suoi servi né il popolo del paese diedero ascolto alle parole che l’Eterno aveva pronunciato per mezzo del profeta Geremia. Il re Sedekia mandò Jehukal, figlio di Scelemiah e il sacerdote Sofonia, figlio di Maaseiah, dal profeta Geremia, per dirgli: »Deh, prega per noi l’Eterno, il nostro DIO«. Or Geremia andava e veniva in mezzo al popolo, perché non era ancora stato messo in prigione. Intanto l’esercito del Faraone era uscito dall’Egitto; appena i Caldei che assediavano Gerusalemme ne ebbero notizia, si allontanarono da Gerusalemme. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta al profeta Geremia, dicendo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele: Direte cosí al re di Giuda che vi ha mandato da me per consultarmi: Ecco, l’esercito del Faraone, che era uscito per aiutarvi, ritornerà nel suo paese d’Egitto. I Caldei ritorneranno e combatteranno contro questa città, la prenderanno e la daranno alle fiamme«, Cosí dice l’Eterno: »Non ingannate voi stessi, dicendo: I Caldei se ne andranno certamente da noi perché non se ne andranno. Anche se riusciste a sconfiggere tutto l’esercito dei Caldei che combattono contro di voi e ne rimanessero solo alcuni feriti, questi si alzerebbero, ciascuno nella sua tenda, e darebbero questa città alle fiamme«, Or avvenne che, quando l’esercito dei Caldei si fu allontanato da Gerusalemme a motivo dell’esercito del Faraone, Geremia uscí da Gerusalemme per andare nel paese di Beniamino a ricevervi la sua parte di eredità in mezzo al popolo. Ma quando fu alla porta di Beniamino, dove c’era un capitano della guardia di nome Irijah, figlio di Scelemiah, figlio di Hananiah, costui arrestò il profeta Geremia, dicendo: »Tu diserti dalla pare dei Caldei«, Geremia rispose: »E’ falso; io non sto disertando dalla parte dei Caldei«, ma egli non gli diede ascolto. Cosí Irijah arrestò Geremia e lo condusse dai principi. I principi si adirarono contro Geremia, lo percossero e lo misero in prigione nella casa di Gionathan, lo scriba, che avevano trasformato in prigione. Quando Geremia entrò nella casa della prigione sotterranea, nella cella, vi rimase molti giorni. Poi il re Sedekia lo mandò a prendere, lo interrogò in casa sua di nascosto e gli disse: »C’è qualche parola da parte dell’Eterno?«. Geremia rispose: »Sí, c’è«. E aggiunse: »Tu sarai dato in mano del re di Babilonia«. Geremia disse inoltre al re Sedekia: »Che colpa ho commesso contro di te, contro i tuoi servi o contro questo popolo, per avermi messo in prigione? Dove sono ora i vostri profeti che vi profetizzavano, dicendo: »il re di Babilonia non verrà contro di voi né contro questo paese?« Ora ascolta, ti prego, o re mio signore, la mia supplica sia gradita davanti a te e non farmi ritornare nella casa di Gionathan lo scriba, perché non vi muoia«. Allora il re Sedekia ordinò che Geremia fosse custodito nel cortile della prigione e gli fosse data ogni giorno una pagnotta di pane dalla via dei fornai, finché non fosse esaurito tutto il pane della città. Cosí Geremia rimase nel cortile della prigione. Scefatiah figlio di Mattan, Ghedaliah figlio di Pashhur, Jukal figlio di Scelemiah e Pashhur figlio di Malkiah udirono le parole che Geremia rivolgeva a tutto il popolo, dicendo: »Cosí dice l’Eterno: Chi rimarrà in questa città morirà di spada, di fame o di peste, ma chi si consegnerà ai Caldei vivrà; avrà come suo bottino la propria vita, ma vivrà«. Cosí dice l’Eterno: »Questa città sarà certamente data in mano dell’esercito del re di Babilonia, che la prenderà«. I principi allora dissero al re: »Deh, sia quest’uomo messo a morte, perché indebolisce le mani degli uomini di guerra che sono rimasti in questa città, e le mani di tutto il popolo, dicendo loro simili parole. Quest’uomo non cerca il benessere di questo popolo, ma il suo male«. Allora il re Sedekia disse: »Eccolo nelle vostre mani, perché il re non può fare nulla contro di voi«. Allora essi presero Geremia e lo gettarono nella cisterna di Malkiah, figlio del re, che era nel cortile della prigione; vi calarono Geremia con le corde. Nella cisterna non c’era acqua ma solo fango, e Geremia affondò nel fango. Or Ebed-melek l’Etiope, un eunuco che stava nella casa del re, udí che avevano messo Geremia nella cisterna. Mentre il re stava seduto alla porta di Beniamino, Ebed-melek uscí dalla casa del re e parlò al re, dicendo: »O re, mio signore, quegli uomini hanno agito male in tutto ciò che hanno fatto al profeta Geremia, gettandolo nella cisterna; egli morirà di fame là dentro, perché non c’è piú pane in città«. Allora il re diede quest’ordine a Ebed-melek l’Etiope: »Prendi con te da qui trenta uomini e tira su il profeta Geremia dalla cisterna prima che muoia«. Cosí Ebed-melek prese con sé gli uomini, entrò nella casa del re al di sotto della tesoreria, prese di là panni logori e stracci logori e li calò a Geremia nella cisterna con le corde. Poi Ebed-melek l’Etiope disse a Geremia: »Deh, mettiti questi panni e stracci logori sotto le ascelle, sotto le funi«. Geremia fece cosí. Cosí tirarono su Geremia con le corde e lo fecero salire dalla cisterna. Geremia rimase poi nel cortile della prigione. Allora il re Sedekia mandò a prendere il profeta Geremia e lo fece venire al terzo ingresso della casa dell’Eterno. Il re disse a Geremia: »Ti domando una cosa; non nascondermi nulla«. Geremia rispose a Sedekia: »Se te la dico, non mi farai certamente morire? Se poi ti do un consiglio, non mi darai ascolto«. Cosí il re Sedekia giurò in segreto a Geremia, dicendo: »Com’è vero che vive l’Eterno, che ci ha dato questa vita, non ti farò morire e non ti darò in mano di questi uomini che cercano la tua vita«. Allora Geremia disse a Sedekia: »Cosí dice l’Eterno, il DIO degli eserciti, il DIO d’Israele,: Se ti consegni ai principi del re di Babilonia, avrai salva la vita; questa città non sarà data alle fiamme e vivrai tu con la tua casa, ma se non ti consegnerai ai principi del re di Babilonia, questa città sarà data in mano dei Caldei che la daranno alle fiamme, e tu non scamperai dalle loro mani«, Il re Sedekia disse a Geremia: »Ho paura dei Giudei che hanno disertato dalla parte dei Caldei, temo di essere dato nelle loro mani e che essi mi maltrattino«. Ma Geremia rispose: »Non ti consegneranno nelle loro mani. Deh, ascolta la voce dell’Eterno in ciò che ti dico; cosí ti andrà bene e vivrai. Ma se rifiuti di uscire, questo è ciò che l’Eterno mi ha mostrato: Ecco, tutte le donne che sono rimaste nella casa del re di Giuda saranno condotte ai principi del re di Babilonia e diranno: I tuoi intimi amici ti hanno sedotto e hanno prevalso contro di te, i tuoi piedi sono affondati nel fango ed essi ti hanno voltato le spalle Tutte le tue mogli e i tuoi figli saranno condotti ai Caldei e tu non scamperai dalle loro mani, ma sarai preso e dato in mano del re di Babilonia e questa città sarà bruciata con il fuoco«. Sedekia disse a Geremia: »Nessuno sappia queste parole, e tu non morirai. Ma se i principi verranno a sapere che io ho parlato con te e verranno da te a dirti: riferiscici ciò che hai detto al re e anche ciò che il re ha detto a te, non nasconderci nulla e non ti faremo morire risponderai loro: »Ho presentato la mia supplica al re, perché non mi facesse ritornare nella casa di Gionathan a morirvi««. Ora tutti i principi vennero da Geremia e lo interrogarono, ma egli rispose loro secondo tutte quelle parole che il re gli aveva comandato; per cui lo lasciarono in pace, non seppero nulla della conversazione. Cosí Geremia rimase nel cortile della prigione fino al giorno in cui Gerusalemme fu presa. Ed egli era lì quando Gerusalemme fu presa. Nel nono anno di Sedekia, re di Giuda, nel decimo mese, Nebukadnetsar, re di Babilonia, venne con tutto il suo esercito contro Gerusalemme e la cinse d’assedio. Nell’anno undicesimo di Sedekia nel quarto mese, il nove del mese fu aperta una breccia nella città; tutti i principi del re di Babilonia entrarono e si stabilirono alla Porta di Mezzo: Nergalsharetser, Samgar-nebo, Sarsekim, capo degli eunuchi, Nergalsharetser, Rab-mag e tutti gli altri principi del re di Babilonia. Appena Sedekia, re di Giuda, e tutti gli uomini di guerra li videro, fuggirono, uscendo di notte dalla città per la via del giardino reale, attraverso la porta fra le due mura, e presero la via dell’Arabah. Ma l’esercito dei Caldei li inseguí e raggiunse Sedekia nelle pianure di Gerico. Cosí lo presero e lo condussero da Nebukadnetsar, re di Babilonia, a Riblah nel paese di Hamath, dove pronunciò il giudizio su di lui. Poi il re di Babilonia fece uccidere i figli di Sedekia sotto i suoi occhi a Riblah; il re di Babilonia fece pure uccidere tutti i nobili di Giuda; fece inoltre cavare gli occhi a Sedekia e lo fece legare con una doppia catena di bronzo per condurlo a Babilonia. I Caldei diedero alle fiamme la casa del re e le case del popolo, e demolirono le mura di Gerusalemme. Poi Nebuzaradan, capo delle guardie, condusse in cattività a Babilonia il residuo del popolo che era rimasto in città e quelli che avevano disertato dalla sua parte assieme al resto del popolo rimasto. Ma Nebuzaradan, capo delle guardie, lasciò nel paese di Giuda i piú poveri del popolo che non avevano nulla, assegnando loro in quel tempo vigne e campi. Ma riguardo a Geremia, Nebukadnetsar re di Babilonia, aveva dato quest’ordine a Nebuzaradan, capo delle guardie, dicendo: »Prendilo, tieni i tuoi occhi su di lui e non fargli alcun male, ma comportati con lui come egli ti dirà«. Cosí Nebuzaradan, capo delle guardie Nebushazban, capo degli eunuchi, Nergalsharetser, Rab-mag e tutti gli altri ufficiali del re di Babilonia, mandarono a prendere Geremia dal cortile della prigione e lo consegnarono a Ghedaliah figlio di Ahikam, figlio di Shafan, perché lo conducesse a casa. Cosí egli abitò in mezzo al popolo. Or la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia, mentre era ancora rinchiuso nel cortile della prigione, dicendo: »Va’ e parla a Ebed-melek l’Etiope, dicendo: Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Ecco, io porto a compimento su questa città le mie parole per sua rovina e non per suo bene, e in quel giorno esse si avvereranno davanti a te. Ma in quel giorno io ti libererò, dice l’Eterno, e non sarai dato in mano degli uomini che temi. Sí, io ti libererò certamente e non cadrai di spada, ma la tua vita sarà per te come il tuo bottino, perché hai posto in me la tua fiducia, dice l’Eterno«. La parola che fu rivolta dall’Eterno a Geremia, dopo che Nebuzaradan, capo delle guardie, lo aveva mandato libero da Ramah, avendolo preso mentre era legato con catene in mezzo a tutti i deportati di Gerusalemme, e di Giuda, che erano condotti in cattività a Babilonia. Il capo delle guardie prese Geremia e gli disse: »L’Eterno, il tuo DIO, ha pronunciato questo male contro questo luogo. Ora l’Eterno l’ha portato a compimento e ha fatto come aveva detto, perché voi avete peccato contro l’Eterno e non avete ascoltato la sua voce. Perciò vi è accaduta una simile cosa. Ora ecco, oggi ti sciolgo dalle catene che hai alle mani; se ti fa piacere venire con me a Babilonia, vieni, e io avrò cura di te, ma se non ti fa piacere venire con me a Babilonia, rimani. Ecco, l’intero paese ti sta davanti; va’ dove più ti piace e dove piú ti fa comodo«. Poiché Geremia non si decideva a tornare, Nebuzaradan disse: »Torna da Ghedaliah figlio di Ahikam, figlio di Shafan, che il re di Babilonia ha stabilito sulle città di Giuda; dimora con lui in mezzo al popolo, o va’ dove piú ti fa comodo«. Poi il capo delle guardie gli diede provviste di cibo e un regalo e lo lasciò andare. Allora Geremia andò da Ghedaliah, figlio di Ahikam, a Mitspah, e dimorò con lui in mezzo al popolo che era rimasto nel paese. Quando tutti i capi delle forze che erano nella regione seppero con i loro uomini che il re di Babilonia aveva stabilito Ghedaliah, figlio di Ahikam, governatore nel paese e aveva affidato a lui uomini, donne, bambini e i piú poveri del paese che non erano stati condotti in cattività a Babilonia, si recarono da Ghedaliah a Mitspah: Ishmael, figlio di Nethaniah, Johanan e Gionathan figli di Kareah, Seraiah figlio di Tanhumeth, i figli di Efai di Netofa e Jezaniah figlio del Maakathita assieme ai loro uomini. Ghedaliah figlio di Ahikam, figlio di Shafan, giurò loro e ai loro uomini, dicendo: »Non abbiate timore di servire i Caldei, rimanete nel paese e servite il re di Babilonia e vi andrà tutto bene. Quanto a me, ecco, io rimarrò a Mitspah per tenermi a disposizione dei Caldei, che verranno da noi, ma voi raccogliete il vino, la frutta d’estate e l’olio, riponeteli nei vostri recipienti e rimanete nelle vostre città che avete occupato«. Anche tutti i Giudei che erano in Moab, fra gli Ammoniti, in Edom e in tutti i paesi, quando vennero a sapere che il re di Babilonia aveva lasciato un residuo in Giuda e che aveva stabilito su di loro Ghedaliah figlio di Ahikam, figlio di Shafan, sí, tutti i Giudei ritornarono da tutti i luoghi dove erano stati dispersi e vennero nel paese di Giuda da Ghedaliah a Mitspah e raccolsero vino e frutta d’estate in grande abbondanza. Or Johanan, figlio di Kareah, e tutti i capi delle fone che erano nella regione vennero da Ghedaliah a Mitspah, e gli dissero: »Non sai che Baalis, re degli Ammoniti, ha mandato Ishmael, figlio di Nethaniah, per ucciderti?«. Ma Ghedaliah, figlio di Ahikam, non credette loro. Allora Johanan, figlio di Kareah disse segretamente a Ghedaliah in Mitspah: »Deh, lasciami andare a uccidere Ishmael, figlio di Nethaniah; nessuno lo saprà. Perché dovrebbe toglierti la vita, e cosí tutti i Giudei che si sono raccolti presso di te andrebbero dispersi e il residuo di Giuda perirebbe?«. Ma Ghedaliah, figlio di Ahikam, disse a Johanan, figlio di Kareah: »Non fare una tale cosa, perché ciò che tu dici di Ishmael è falso«. Nel settimo mese avvenne che Ishmael figlio di Nethaniah, figlio di Elishama, della stirpe reale e uno dei funzionari del re, venne con dieci uomini da Ghedaliah, figlio di Ahikam a Mitspah, e là in Mitspah mangiarono insieme. Poi Ishmael, figlio di Nethaniah, si alzò con i dieci uomini che erano con lui e colpirono con la spada Ghedaliah figlio di Ahikam, figlio di Shafan. Cosí uccisero colui che il re di Babilonia aveva stabilito come governatore sul paese. Ishmael uccise pure tutti i Giudei che erano con Ghedaliah in Mitspah e i Caldei, uomini di guerra, che si trovavano là. Il giorno dopo che aveva ucciso Ghedaliah, quando ancora nessuno sapeva la cosa avvenne che giunsero alcuni da Sichem, da Sciloh, e da Samaria, ottanta uomini con la barba rasa, le vesti stracciate e con incisioni sul corpo; essi portavano nelle loro mani offerte e incenso, da presentare nella casa dell’Eterno. Ishmael, figlio di Nethaniah, uscí loro incontro da Mitspah, piangendo mentre camminava. Quando li incontrò, disse loro: »Venite da Ghedaliah, figlio di Ahikam!«. Quando però giunsero in mezzo alla città, Ishmael figlio di Nethaniah, insieme agli uomini che aveva con sé, li uccise e li gettò in mezzo a una cisterna. Ma tra di essi si trovavano dieci uomini che dissero a Ishmael: »Non ucciderci, perché nei campi abbiamo provviste nascoste di grano, di orzo, di olio e di miele«. Allora egli si trattenne e non li uccise assieme ai loro fratelli. Or la cisterna nella quale Ishmael gettò tutti i cadaveri degli uomini che aveva ucciso insieme a Ghedaliah è quella che il re Asa aveva fatto costruire per paura di Baasha, re d’Israele. Ishmael, figlio di Nethaniah, la riempí di uccisi. Poi Ishmael condusse via prigioniero tutto il resto del popolo che si trovava in Mitspah: le figlie del re e tutto il popolo che era rimasto in Mitspah e su cui Nebuzaradan, capo delle guardie, aveva stabilito Ghedaliah, figlio di Ahikam. Ishmael, figlio di Nethaniah, li condusse via prigionieri e partí per recarsi dagli Ammoniti, Quando però Johanan, figlio di Kareah, e tutti i capi delle forze che erano con lui vennero a sapere di tutto il male che Ishmael, figlio di Nethaniah, aveva fatto, presero tutti gli uomini e andarono a combattere contro Ishmael, figlio di Nethaniah e lo trovarono presso la grande piscina che c’è a Gabaon. Quando tutto il popolo che era con Ishmael vide Johanan, figlio di Kareah e tutti i capi delle forze che erano con lui, si rallegrò. Cosí tutto il popolo che Ishmael aveva condotto prigioniero da Mitspah si voltò e andò a unirsi a Johanan, figlio di Kareah. Ma Ishmael, figlio di Nethaniah, riuscí a sfuggire da Johanan con otto uomini e andò presso gli Ammoniti. Allora Johanan, figlio di Kareah, e tutti i capi delle forze che erano con lui, presero da Mitspah tutto il resto del popolo, che aveva ripreso da Ishmael, figlio di Nethaniah, dopo che egli aveva ucciso Ghedaliah, figlio di Ahikam: valorosi uomini di guerra, donne, fanciulli ed eunuchi che egli aveva ricondotti da Gabaon. Essi partirono e si fermarono a Geruth-Kimham che è nelle vicinanze di Betlemme, per poi proseguire e andare in Egitto, a motivo dei Caldei, perché essi avevano paura di loro, poiché Ishmael, figlio di Nethaniah, aveva ucciso Ghedaliah, figlio di Ahikam, che il re di Babilonia aveva stabilito come governatore sul paese. Tutti i capi delle forze, Johanan, figlio di Kareah, Jezaniah figlio di Hoshaiah e tutto il popolo, dal piú piccolo al piú grande, si avvicinarono e dissero al profeta Geremia: »Deh, giunga la nostra supplica davanti a te e prega l’Eterno, il tuo DIO per noi, per tutto questo residuo (perché di molti che eravamo siamo rimasti in pochi, come ti rendi conto con i tuoi stessi occhi), affinché l’Eterno, il tuo DIO, ci mostri la strada per la quale dobbiamo camminare e ciò che dobbiamo fare«. Il profeta Geremia disse loro: »Ho capito! Ecco, pregherò l’Eterno, il vostro DIO, secondo le vostre parole e vi farò sapere tutto ciò che l’Eterno vi risponderà; non vi nasconderò nulla«. Essi allora dissero a Geremia: »L’Eterno sia un testimone verace e fedele contro di noi, se non faremo secondo ogni parola che l’Eterno, il tuo DIO ci manderà a dire per tuo mezzo. Sia la sua risposta gradita o sgradita, noi ubbidiremo alla voce dell’Eterno, il nostro DIO, al quale ti mandiamo, affinché ce ne venga bene nell’ubbidire alla voce dell’Eterno, il nostro DIO«. Dopo dieci giorni avvenne che la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia. Egli allora chiamò Johanan, figlio di Kareah, tutti i capi delle forze che erano con lui e tutto il popolo, dal piú piccolo al piú grande, e disse loro: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele, al quale mi avete mandato perché gli presentassi la vostra supplica: "Se continuate a rimanere in questo paese, io vi stabilirò e non vi distruggerò, vi pianterò e non vi sradicherò, perché mi pento della calamità che ho fatto venire su di voi. Non temete il re di Babilonia, di cui avete paura; non temetelo dice l’Eterno, perché io sono con voi per salvarvi e per liberarvi dalla sua mano. Io vi userò misericordia, affinché egli vi usi misericordia e vi faccia ritornare nel vostro paese Ma se, disubbidendo alla voce dell’Eterno, il vostro DIO, voi dite: »Non vogliamo rimanere in questo paese« e dite: »No, vogliamo andare nel paese d’Egitto, dove non vedremo la guerra né udremo squillo di tromba né soffriremo piú fame di pane, e là dimoreremo«, ebbene, ascolta allora la parola dell’Eterno, o residuo di Giuda! Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Se avete veramente deciso di andare in Egitto e vi andate per stabilirvi, la spada che temete vi raggiungerà là, nel paese d’Egitto, e la fame di cui avevate paura vi si attaccherà addosso là in Egitto e là morirete. Avverrà dunque che tutti quelli che hanno deciso di andare in Egitto per dimorarvi moriranno di spada, di fame o di peste. Nessuno di loro scamperà o sfuggirà alla sventura che io farò venire su di loro". Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Come la mia ira e il mio furore si sono riversati sugli abitanti di Gerusalemme, cosí il mio furore si riverserà su di voi, quando entrerete in Egitto, e voi diventerete un oggetto di esecrazione, di stupore, di maledizione e di obbrobrio e non vedrete piú questo luogo«. O residuo di Giuda, l’Eterno vi dice: »Non andate in Egitto!« Sappiate bene che oggi vi ho solennemente avvertiti. Voi avete usato inganno contro voi stessi, quando mi avete mandato dall’Eterno, il vostro DIO, dicendo: »Prega per noi l’Eterno, il nostro DIO, e tutto ciò che dirà l’Eterno, il nostro DIO, fallo sapere a noi fedelmente, e noi lo faremo«. Io ve l’ho fatto sapere oggi, ma voi non ubbidite alla voce dell’Eterno, il vostro DIO, né a nulla di ciò che vi ha mandato a dire per mezzo di me. Or dunque sappiate bene che voi morirete di spada, di fame e di peste, nel luogo in cui desiderate andare a dimorare«. Or avvenne che quando Geremia ebbe finito di riferire a tutto il popolo tutte le parole dell’Eterno, il loro DIO, tutte quelle parole, per cui l’Eterno, il loro Dio, lo aveva mandato a loro Azaria, figlio di Hoshaiah e Johanan, figlio di Kareah, e tutti gli uomini superbi dissero a Geremia: »Tu dici il falso; l’Eterno, il nostro DIO, non ti ha mandato a dire: »Non andate in Egitto per dimorarvi«. ma Baruka, figlio di Neriah, ti incita contro di noi per darci in mano dei Caldei, per farci morire o per farci condurre in cattività a Babilonia«. Cosí Johanan, figlio di Kareah, tutti i capi delle forze e tutto il popolo non ubbidirono al comando dell’Eterno di rimanere nel paese di Giuda. Ma Johanan, figlio di Kareah e tutti i capi delle forze presero tutti i superstiti di Giuda che erano ritornati da tutte le nazioni dove erano stati dispersi, per dimorare nel paese di Giuda: gli uomini, le donne, i fanciulli, le figlie del re e tutte le persone che Nebuzaradan, capo delle guardie, aveva lasciato con Ghedaliah figlio di Ahikam, figlio di Shafan, assieme al profeta Geremia e a Baruk, figlio di Neriah, e andarono nel paese d’Egitto, perché non ubbidirono alla voce dell’Eterno, e giunsero fino a Tahpanhes. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta a Geremia in Tahpanhes, dicendo: »Prendi nelle tue mani delle grosse pietre e nascondile nell’argilla della fornace da mattoni che è all’ingresso della casa del Faraone a Tahpanhes, sotto gli occhi degli uomini di Giuda. Quindi dirai loro: Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Ecco, io manderò a prendere Nebukadnetsar re di Babilonia, mio servo, e porrò il suo trono su queste pietre che io ho nascosto, ed egli stenderà il suo padiglione reale sopra di esse. Egli verrà e colpirà il paese d’Egitto, e manderà alla morte chi è destinato alla morte, alla cattività chi è destinato alla cattività, e alla spada chi è destinato alla spada. Io appiccherò il fuoco ai templi degli dei d’Egitto; egli li brucerà e li porterà in cattività, e si avvolgerà del paese d’Egitto come il pastore si avvolge nella sua veste; poi se ne andrà di là in pace. Frantumerà pure le colonne sacre del tempio del sole, che sono nel paese d’Egitto, e darà alle fiamme i templi degli dèi d’Egitto«. La parola che fu rivolta a Geremia riguardo a tutti i Giudei che dimoravano nel paese di Egitto, che dimoravano a Migdol, a Tahpanhes, a Nof e nel paese di Pathros, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Voi avete visto tutto il male che ho fatto venire su Gerusalemme, e su tutte le città di Giuda; ecco, oggi sono una desolazione e nessuno piú vi abita, a motivo della malvagità che hanno commessa provocandomi ad ira, andando a bruciare incenso, e a servire altri dèi, che né essi né voi né i vostri padri avevano mai conosciuto, Eppure io vi ho mandato tutti i miei servi, i profeti, con urgenza ed insistenza a dirvi: »Deh, non fate questa cosa abominevole che io odio«. Ma essi non hanno ascoltato né hanno prestato orecchio, in modo da ritrarsi dalla loro malvagità, smettendo di bruciare incenso ad altri dèi. Perciò il mio furore, la mia ira si sono riversati e sono divampati nelle città di Giuda e nelle vie di Gerusalemme, che sono divenute deserte e desolate, come sono ancor oggi«. Ma ora cosí dice l’Eterno, il DIO degli eserciti, il DIO d’Israele: »Perché commettete questo gran male contro voi stessi, facendovi sterminare di mezzo a Giuda, uomini e donne, bambini e lattanti, in modo che non rimanga di voi neppure un residuo? Perché mi provocate ad ira con l’opera delle vostre mani, bruciando incenso ad altri dèi nel paese d’Egitto dove siete venuti a dimorare? Cosí vi farete sterminare e diventerete una maledizione e un obbrobrio fra tutte le nazioni della terra. Avete forse dimenticato le malvagità dei vostri padri, le malvagità dei re di Giuda, le malvagità delle loro mogli, le vostre malvagità e le malvagità commesse dalle vostre mogli nel paese di Giuda e per le vie di Gerusalemme Fino ad oggi non si sono pentiti né hanno avuto timore né hanno camminato secondo la mia legge e secondo i miei statuti, che io ho posto davanti a voi e ai vostri padri«. Perciò cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Ecco, io volgo la mia faccia contro di voi per il vostro male e per distruggere tutto Giuda. Prenderò il resto di Giuda che si è ostinato a venire nel paese d’Egitto per dimorarvi; essi saranno tutti consumati e cadranno nel paese d’Egitto. Saranno consumati dalla spada e dalla fame, dal piú piccolo al piú grande; periranno di spada e di fame e diventeranno un oggetto di esecrazione, di stupore, di maledizione e di obbrobrio. Punirò quelli che dimorano nel paese d’Egitto, come ho punito Gerusalemme con la spada, con la fame e con la peste. Non si salverà né scamperà nessuno del resto di Giuda, che è venuto a dimorare nel paese d’Egitto, per ritornare poi nel paese di Giuda, dove essi desiderano ardentemente ritornare per dimorarvi; ma essi non vi ritorneranno ad eccezione di alcuni scampati«, Allora tutti gli uomini che sapevano che le loro mogli bruciavano incenso ad altri dèi e tutte le donne che erano presenti, una grande moltitudine, e tutto il popolo che dimorava nel paese d’Egitto in Pathros, risposero a Geremia, dicendo: »Quanto alla parola che ci hai detto nel nome dell’Eterno, non ti ascolteremo, ma intendiamo fare tutto ciò che è uscito dalla nostra bocca, bruciando incenso alla Regina del cielo e versandole libazioni, come abbiamo fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri principi nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme, perché allora avevamo pane in abbondanza, stavamo bene e non vedevamo alcuna sventura. Da quando però abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e versarle libazioni, ci è venuto a mancare ogni cosa e siamo stati consumati dalla spada e dalla fame«. Le donne aggiunsero: »Quando bruciamo incenso alla Regina del cielo e le versiamo libazioni, è forse senza il consenso dei nostri mariti che le facciamo focacce con la sua immagine e le versiamo libazioni?«. Allora Geremia parlò a tutto il popolo, agli uomini, alle donne e a tutta la gente che gli aveva risposto in quel modo e disse: »Non si è forse l’Eterno ricordato e non gli è venuto in mente l’incenso che avete bruciato nelle città di Giuda e per le vie di Gerusalemme, voi, i vostri padri, i vostri re, i vostri principi e il popolo del paese? L’Eterno non l’ha piú potuto sopportare, a motivo della malvagità delle vostre azioni e a motivo delle abominazioni che avete commesso. Perciò il vostro paese è divenuto una desolazione un oggetto di stupore, una maledizione e senza alcun abitante, come è ancora oggi. Poiché voi avete bruciato incenso e poiché avete peccato contro l’Eterno e non avete ascoltato la voce dell’Eterno e non avete camminato secondo la sua legge, i suoi statuti e i suoi precetti, perciò vi è venuta addosso questa calamità, come oggi si vede«. Poi Geremia disse a tutto il popolo e a tutte le donne: »Ascoltate la parola dell’Eterno, o voi tutti di Giuda, che siete nel paese d’Egitto. Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: Voi e le vostre mogli lo avete detto con la vostra bocca e lo avete compiuto con le vostre mani, dicendo: »Noi vogliamo adempiere i voti che abbiamo fatto, bruciando incenso alla Regina del cielo, e versandole libazioni«. Sí, voi adempirete certamente i vostri voti e compirete i vostri voti. Perciò ascoltate la parola dell’Eterno, o voi tutti di Giuda che dimorate nel paese d’Egitto: Ecco, io l’ho giurato per il mio grande nome, dice l’Eterno, che in tutto il paese d’Egitto il mio nome non sarà piú invocato dalla bocca di alcun uomo di Giuda che dica: Il Signore, l’Eterno, vive! Ecco, io vigilo su di loro per il loro male e non per il loro bene; e tutti gli uomini di Giuda che sono nel paese d’Egitto saranno consumati dalla spada e dalla fame, fino alla loro completa distruzione. Tuttavia un piccolo numero di scampati dalla spada ritornerà dal paese d’Egitto nel paese di Giuda. Cosí tutto il resto di Giuda, che è venuto nel paese d’Egitto per dimorarvi, saprà quale parola si compirà, se la mia o la loro. E questo sarà per voi il segno, dice l’Eterno, che io vi punirò in questo luogo affinché sappiate che le mie parole contro di voi si compiranno veramente per vostra sciagura«. Cosí dice l’Eterno: »Ecco, io darò il Faraone Hofra, re d’Egitto, in mano dei suoi nemici, in mano di quelli che cercano la sua vita, come ho dato Sedekia, re di Giuda, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia, suo nemico, che cercava la sua vita«. La parola che il profeta Geremia rivolse a Baruka, figlio di Neriah, quando questi scrisse queste parole in un libro sotto dettatura di Geremia, nell’anno quarto di Jehoiakimb figlio di Giosia, re di Giuda, dicendo: »Cosí dice l’Eterno, il DIO d’Israele, a te, o Baruk: Tu dici: Guai a me, perché l’Eterno aggiunge afflizione al mio dolore, io sono stanco di gemere e non trovo riposo Cosí dirai a lui: Cosí dice l’Eterno: Ecco io demolirò ciò che ho edificato e sradicherò ciò che ho piantato, e questo in tutto il paese. E tu cercheresti grandi cose per te? Non cercarle perché, ecco, io farò venire sciagura sopra ogni carne«, dice l’Eterno, »ma a te darò la tua vita come bottino in tutti i luoghi dove tu andrai«. La parola dell’Eterno che fu rivolta al profeta Geremia contro le nazioni. Contro l’Egitto: riguardo all’esercito del Faraone Neko, re d’Egitto, che era presso il fiume Eufrate a Karkemish e che Nebukadnetsar, re di Babilonia, sconfisse nel quarto anno di Jehoiakim figlio di Giosia, re di Giuda. »Preparate lo scudo piccolo e grande e avvicinatevi alla battaglia. Bardate i cavalli e, voi cavalieri, montateli; presentatevi con elmi, lucidate le lance indossate le corazze! Che cosa vedo? Essi sono sbigottiti e si volgono indietro; i loro uomini prodi sono sconfitti e fuggono precipitosamente senza neppure voltarsi, tutt’intorno è terrore« dice l’Eterno. »Non lasciare che il veloce sfugga né che il prode si metta in salvo. A nord presso il fiume Eufrate, vacillano e cadono. Chi è colui che sale come il Nilo, e le cui acque si gonfiano come quelle dei fiumi? E l’Egitto che sale come il Nilo, e le cui acque si gonfiano come quelle dei fiumi. Egli dice: Salirò, ricoprirò la terra e distruggerò la città e i suoi abitanti Caricate, o cavalli, e avanzate furiosamente, o carri; si facciano avanti gli uomini prodi, quei di Etiopia e di Putt che portano lo scudo e quei di Lud che maneggiano e tendono l’arco. Questo giorno per il Signore, l’Eterno degli eserciti, è giorno di vendetta, per vendicarsi dei suoi nemici. La spada divorerà, si sazierà e si inebrierà del loro sangue, perché il Signore, l’Eterno degli eserciti, fa un sacrificio nel paese del nord, presso il fiume Eufrate. Sali a Galaad e prendi del balsamo, o vergine, figlia d’Egitto. Invano fai uso di molte medicine, non c’è guarigione per te. Le nazioni hanno saputo della tua ignominia e il tuo grido di dolore ha riempito la terra, perché il prode ha inciampato contro il prode e sono caduti insieme tutt’e due«. La parola che l’Eterno rivolse al profeta Geremia sulla venuta di Nebukadnetsar, re di Babilonia, per colpire il paese d’Egitto. Annunziatelo in Egitto, fatelo sapere a Migdol, fatelo sapere a Nof e a Tahpanhes. Dite: »Alzati e preparati, perché la spada divora tutto ciò che ti circonda«. Perché i tuoi uomini valorosi sono atterrati? Non possono resistere perché l’Eterno li abbatte. Egli ne fa vacillare molti, cadono l’un sopra l’altro e dicono: »Su, torniamo al nostro popolo e al nostro paese nativo, lontano dalla spada micidiale«. Là essi gridano: »Il Faraone, re d’Egitto, non è che un gran rumore, che ha lasciato passare il tempo stabilito«. »Com’è vero che io vivo«, dice il Re il cui nome è l’Eterno degli eserciti, »egli verrà come il Tabor fra le montagne, come il Karmel presso il mare. Preparati il bagaglio per la cattività, o figlia che abiti in Egitto, perché Nof diventerà un deserto e sarà bruciata, e non vi abiterà piú nessuno. L’Egitto è come una giovenca bellissima, ma viene la distruzione, viene dal nord. Anche i suoi mercenari che sono in mezzo ad essa sono come vitelli da ingrasso; anch’essi hanno voltato le spalle, fuggono insieme, non resistono, perché è piombato su di loro il giorno della loro calamità, il tempo della loro punizione. La sua voce si muove come un serpente, perché essi avanzano con un esercito e vengono contro di essa con scuri, come tanti tagliaboschi. Essi abbatteranno la sua foresta« dice l’Eterno, »benché sia impenetrabile, perché sono piú numerosi delle locuste, non si possono contare. La figlia d’Egitto sarà coperta di vergogna, sarà data in mano del popolo del nord«. L’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele, dice: »Ecco, io punirò Amon di No, il Faraone e l’Egitto, i suoi dèi e i suoi re il Faraone e quelli che confidano in lui; li darò in mano di quelli che cercano la loro vita, in mano di Nebukadnetsar, re di Babilonia e in mano dei suoi servi ma dopo questo sarà abitato come nel passato«, dice l’Eterno. »Ma tu non temere, o mio servo Giacobbe, non ti sgomentare, o Israele, perché ecco, io ti salverò da lontano e la tua progenie dalla terra della sua cattività. Giacobbe ritornerà, non sarà piú molestato e sarà tranquillo, e nessuno piú lo spaventerà. Non temere, o Giacobbe mio servo«, dice l’Eterno, »perché io sono con te io annienterò tutte le nazioni fra le quali ti ho disperso, ma non annienterò te, ti castigherò con giusta misura e non ti lascerò del tutto impunito«. La parola dell’Eterno che fu rivolta al profeta Geremia contro i Filistei, prima che il Faraone attaccasse Gaza. Cosí dice l’Eterno: »Ecco, delle acque salgono dal nord, diventano un torrente che straripa e inondano il paese e tutto ciò che contiene, la città e quelli che abitano in essa; allora gli uomini grideranno e tutti gli abitanti del paese urleranno. Allo strepito degli zoccoli scalpitanti dei suoi possenti destrieri, al fragore dei suoi carri, al fracasso delle sue ruote, i padri non si volgeranno verso i figli per la debolezza delle loro mani, a motivo del giorno che viene per devastare tutti i Filistei, eliminando da Tiro e Sidone ogni superstite che può dar aiuto, perché l’Eterno distruggerà i Filistei, i superstiti dell’isola di Kaftor. Gaza è divenuta calva, Ashkelon è distrutta. O superstiti della loro valle, fino a quando vi farete incisioni? O spada dell’Eterno, quando mai ti concederai riposo? Rientra nel tuo fodero, fermati e sta’ calma! Come potrebbe riposare, se l’Eterno le ha dato ordini contro Ashkelon e contro il lido del mare?; egli l’ha convocata là«. Contro Moab. Cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Guai a Nebo, perché è devastata; Kiriathaim è coperta di vergogna, è presa; la roccaforte è coperta di vergogna e sbigottita. La gloria di Moab non è piú; in Heshbon tramano del male contro di lui dicendo: »Venite e distruggiamola, perché non sia piú nazione« Tu pure, o Madmen, sarai demolita, la spada ti inseguirà. Una voce che implora aiuto uscirà da Horonaim: devastazione e grande rovina! Moab è infranto, i suoi piccoli fanno udire le loro grida. Sulla salita di Luhith salgono piangendo amaramente, mentre nella discesa di Horonaim si ode il grido angosciato della disfatta. Fuggite, salvate la vostra vita e siate come un tamarisco nel deserto! Poiché hai posto la tua fiducia nelle tue opere e nei tuoi tesori, anche tu sarai preso; e Kemosh andrà in cattività assieme ai suoi sacerdoti e ai suoi principi. Il devastatore verrà contro tutte le città, e nessuna città scamperà; la valle perirà e la pianura sarà distrutta, come l’Eterno ha detto. Date ali a Moab, perché possa volare via, le sue città diventeranno una desolazione, e piú nessuno vi abiterà. Maledetto colui che compie l’opera dell’Eterno fiaccamente, maledetto colui che trattiene la sua spada dallo spargere il sangue! Moab è stato tranquillo fin dalla sua giovinezza, riposando sulle sue fecce, e non è stato travasato da vaso a vaso né è andato in cattività, per questo gli è rimasto il suo sapore e il suo profumo non si è alterato. Perciò ecco, verranno i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali gli manderò dei travasatori che lo travaseranno; vuoteranno i suoi vasi e frantumeranno le sue anfore. Allora Moab si vergognerà di Kemosh, come la casa d’Israele si è vergognata di Bethel, in cui aveva riposto la sua fiducia. Come potete dire: »Noi siamo uomini forti e valorosi per la battaglia Moab è devastato; le sue città salgono in fumo e i suoi giovani migliori scendono al macello«, dice il Re, il cui nome è l’Eterno degli eserciti. »La calamità di Moab è ormai imminente e la sua sciagura avanza velocemente. Fate cordoglio per lui, voi tutti che lo circondate, e tutti voi che conoscete il suo nome, dite: Come si è spezzato quel forte scettro, quel magnifico bastone? O figlia che abiti in Dibon, scendi dalla tua gloria e siedi sul suolo riarso, perché il devastatore di Moab è salito contro di te, ha distrutto le tue fortezze. O tu che abiti in Aroer, fermati lungo la strada e guarda; interroga il fuggiasco e colei che scappa e domanda: Che cos’è successo? Moab è coperto di vergogna, perché è infranto; gemete e gridate, annunziate sull’Arnon che Moab è devastato! Un castigo è venuto sulla regione della pianura su Holon, su Jahats e su Mefaath, su Dibon, su Nebo e su Beth-Diblathaim, su Kiriathaim, su Beth-Gamul e su Beth-Meon, su Kerioth, su Botsrah e su tutte le città del paese di Moab, lontane e vicine. Il corno di Moab è tagliato e il suo braccio è spezzato«, dice l’Eterno. »Inebriatelo, perché si è innalzato contro l’Eterno. Moab si voltolerà nel suo vomito e diventerà anch’esso oggetto di scherno. Israele non è forse stato per te un oggetto di scherno? E stato forse trovato fra i ladri, che ogni volta che parli di lui scuoti la testa? Abbandonate le città e andate ad abitare nella roccia, o abitanti di Moab, e siate come la colomba che fa il suo nido sulle pareti che sovrastano un precipizio. Abbiamo udito l’orgoglio di Moab, estremamente orgoglioso, la sua altezzosità, la sua superbia, la sua arroganza e l’alterigia del suo cuore. IO conosco la sua rabbia«, dice l’Eterno, »che però non ha consistenza, il suo vantarsi che non ha approdato a nulla. Perciò io innalzo un lamento su Moab e manderò grida per tutto Moab; si gemerà per gli uomini di Kir-Heres. O vigna di Sibmah, io piango per te come si piange per Jazer; i tuoi tralci sono giunti oltre il mare, arrivavano fino al mare di Jazer. Il devastatore è piombato sui tuoi frutti d’estate e sulla tua vendemmia. La gioia e l’allegrezza sono scomparse dalla fertile campagna e dal paese di Moab; ho fatto scomparire il vino dai tini, nessuno piú pigia con grida di gioia. Le loro grida non sono piú grida di gioia. A motivo del grido di Heshbon la loro voce s’è udita fino a Elealeh e a Jahats, da Tsoar fino a Horonaim, come una giovenca di tre anni; perfino le acque di Nimrim sono divenute una desolazione. IO farò venir meno in Moab«, dice l’Eterno, »chi offre sacrifici sugli alti luoghi e chi brucia incenso ai suoi dei. Perciò il mio cuore per Moab gemerà come i flauti, il mio cuore gemerà come i flauti per gli uomini di Kirheres, perché la ricchezza che hanno acquistato è andata perduta. Poiché ogni testa sarà rasata, ogni barba sarà tagliata, su tutte le mani ci saranno incisioni e sui fianchi il sacco. su tutti i tetti di Moab e nelle sue piazze è tutto un lamento, perché io ho frantumato Moab, come un vaso che non ha piú alcun valore«, dice l’Eterno. »Gemeranno dicendo: Com’è stato infranto! Come Moab ha voltato vergognosamente le spalle! Cosí Moab è diventato lo scherno e lo spavento di tutti quelli che gli stanno attorno. Poiché cosí dice l’Eterno: »Ecco, egli spiccherà il volo come un’aquila e spiegherà le sue ali verso Moab. Kerioth è presa, le fortezze sono occupate e il cuore dei prodi di Moab in quel giorno sarà come il cuore di una donna nelle doglie di parto. Moab sarà distrutto, non sarà piú popolo, perché si è innalzato contro l’Eterno. Spavento, fossa, laccio ti sovrastano, o abitante di Moab«, dice l’Eterno. »Chi fugge davanti allo spavento cadrà nella fossa e chi esce dalla fossa sarà preso nel laccio, perche farò venire su di lui, su Moab, l’anno della sua punizione«, dice l’Eterno. »All’ombra di Heshbon si fermano spossati i fuggiaschi, ma un fuoco esce da Heshbona e una fiamma di mezzo a Sihon, che divora i fianchi di Moab e la sommità del capo degli uomini tumultuanti. Guai a te, o Moab! Il popolo di Kemosh è perduto, perché i tuoi figli son portati in cattività e le tue figlie in esilio. Ma io farò tornare Moab dalla cattività negli ultimi giorni dice l’Eterno«. Fin qui il giudizio su Moab. Contro i figli di Ammon. Cosí dice l’Eterno: »Israele non ha forse figli non ha egli alcun erede? Perché dunque Malkam prende possesso di Gade il suo popolo si è stabilito nelle sue città? Perciò ecco, i giorni vengono, dice l’Eterno, nei quali io farò udire il grido di guerra contro Rabbah dei figli di Ammon; essa diventerà un cumulo di rovine e le sue borgate saranno consumate dal fuoco. Allora Israele, prenderà possesso della sua eredità«, dice l’Eterno. »Gemi o Heshbon, perché Ai è devastata; gridate, o borgate di Rabbah, cingetevi di sacco, innalzate lamenti, correte qua e là entro i recinti del gregge perché Malkam va in cattività insieme ai suoi sacerdoti e ai suoi principi. Perché ti vanti nelle valli? La tua valle si è svuotata, o figlia ribelle che confidavi nei tuoi tesori e dicevi: Ahi verrà contro di me? Ecco, io ti farò venire addosso il terrore, dice il Signore, l’Eterno degli eserciti, da tutti quelli che ti circondano, e voi sarete scacciati, ognuno diritto davanti a se, e non vi sarà chi raduni i fuggiaschi. Ma dopo questo io farò ritornare dalla cattività i figli di Ammon«, dice l’Eterno. Contro Edom Cosi dice l’Eterno degli eserciti: »Non c’è piú sapienza in Teman? E’ forse venuto meno il consiglio agli intelligenti? E’ svanita la loro sapienza? Fuggite, tornate indietro, andate ad abitare nelle profondità della terra o abitanti di Dedan, perchè farò venire la calamità di Esaù su di lui nel tempo della sua punizione. Se dei vendemmiatori venissero da te non lascerebbero qualche grappoletto da racimolare? Se dei ladri venissero da te di notte distruggerebbero solo quanto loro basta. Ma io metterò a nudo Esaù e scoprirò i suoi nascondigli, ed egli non potrà piú nascondersi. La sua discendenza, i suoi fratelli e i suoi vicini saranno distrutti, ed egli non sarà piú. Lascia i tuoi orfani, io li conserverò in vita, e le tue vedove confidino in me«. Poiché cosí dice l’Eterno: »Ecco, quelli che non erano destinati a bere il calice, lo berranno certamente; e tu andresti del tutto impunito? Non andrai impunito, ma lo berrai certamente. Poiché io ho giurato per me stesso«, dice l’Eterno, »Botsrah diventerà un oggetto di stupore e di scherno, una desolazione e una maledizione, e tutte le sue città saranno una desolazione per sempre. Ho udito un messaggio dall’Eterno, e un messaggero è stato inviato alle nazioni: adunatevi e andate contro di lui; alzatevi per la battaglia" Poiché ecco, io ti renderò piccolo tra le nazioni e disprezzato fra gli uomini. il terrore che ispiravi e l’orgoglio del tuo cuore ti hanno sedotto o tu che abiti nelle fessure delle rocce, che occupi la sommità delle colline, anche se facessi il tuo nido in alto come l’aquila, ti farò precipitare di lassù«, dice l’Eterno. »Edom diventerà un oggetto di stupore, chiunque gli passerà vicino rimarrà stupito e fischierà per tutte le sue ferite. Come nella distruzione di Sodoma e di Gomorra, e delle loro città vicine«, dice l’Eterno, »nessuno piú vi abiterà né alcun figlio d’uomo vi dimorerà. Ecco, egli salirà come un leone dal rigonfiamento del Giordano contro la forte dimora; io lo farò improvvisamente fuggire di là e stabilirò su di esso colui che ho scelto. Chi infatti è come me? Chi mi citerà in giudizio? Chi è dunque il pastore che può tenermi fronte? Perciò ascoltate il disegno che l’Eterno ha concepito contro Edom e le decisioni che ha preso contro gli abitanti di Teman. Certo saranno trascinati via anche i piú piccoli del gregge, certo la loro dimora sarà devastata. Al rumore della loro caduta la terra tremerà; il suono del loro grido sarà udito fino al Mar Rosso. Ecco, il nemico sale, spicca il volo come l’aquila e spiega le sue ali verso Botsrah e il cuore dei prodi di Edom in quel giorno sarà come il cuore di una donna nelle doglie di parto«. Contro Damasco. Hamath e Arpad sono coperte di vergogna, perché hanno udito una cattiva notizia, vengono meno; c’è grande tormento sul mare che non può essere calmato. Damasco è divenuta fiacca, si volge per fuggire, un tremito l’ha colta; angoscia e dolori l’assalgono come una donna che sta per partorire. »Come mai non è stata abbandonata la città della lode, la città della mia gioia? Perciò i suoi giovani cadranno nelle sue piazze e tutti gli uomini di guerra periranno in quel giorno«, dice l’Eterno degli eserciti. »Io appiccherò il fuoco alle mura di Damasco, ed esso divorerà i palazzi di Ben-Hadad«. Contro Kedar e i regni di Hatsor, che Nebukadnetsar, re di Babilonia, sconfisse. Cosí dice l’Eterno: »Levatevi, salite contro Kedar e distruggete i figli dell’est. Le loro tende e le loro greggi saranno prese; i loro padiglioni, tutti i loro attrezzi e i loro cammelli saranno portati via; si griderà loro: »spavento da tutte le parti Fuggite, andate lontano ad abitare nelle profondità della terra, o abitanti di Hatsor«, dice l’Eterno, »poiché Nebukadnetsar, re di Babilonia, ha formato un disegno contro di voi, ha concepito un piano contro di voi. Levatevi, salite contro una nazione tranquilla che abita al sicuro«, dice l’Eterno, »che non ha né porte né sbarre e dimora solitaria. I loro cammelli saranno portati via come bottino e il gran numero del loro bestiame come preda. Io disperderò a tutti i venti quelli che si tagliano gli angoli della barba e farò venire la loro calamità da tutte le parti«, dice l’Eterno. »Hatsor diventerà una dimora di sciacalli, una desolazione per sempre; nessuno piú vi abiterà né alcun figlio d’uomo vi dimorerà«. La parola dell’Eterno che fu rivolta al profeta Geremia contro Elam, all’inizio del regno di Sedekia, re di Giuda, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Ecco, io spezzerò l’arco di Elam, il nerbo della sua forza. Io farò venire contro Elam i quattro venti dalle quattro estremità del cielo; li disperderò a tutti quei venti e non ci sarà nazione dove non giungano i fuggiaschi di Elam. Renderò gli Elamiti spaventati davanti ai loro nemici e davanti a quelli che cercano la loro vita; farò venire su di loro la calamità, la mia ira ardente«, dice l’Eterno. »Manderò dietro di loro la spada finché non li avrò consumati. Porrò quindi il mio trono in Elam e ne farò perire i re e i principi«, dice l’Eterno. »Ma negli ultimi giorni avverrà che farò ritornare Elam dalla cattività«, dice l’Eterno. La parola che l’Eterno pronunciò contro Babilonia e contro il paese dei Caldei per mezzo del profeta Geremia: »Annunziatelo fra le nazioni, proclamatelo e innalzate una bandiera; proclamatelo e non nascondetelo. Dite: »Babilonia è presa. Bel, è coperto di vergogna, Merodak è infranto, le sue immagini sono coperte di vergogna, i suoi idoli sono infranti«. Poiché dal nord sale contro di lei una nazione che ridurrà il paese a un deserto e nessuno piú abiterà in essa; uomini e bestie fuggiranno, se ne andranno. In quei giorni e in quel tempo«, dice l’Eterno, »i figli d’Israele e i figli di Giuda verranno insieme; cammineranno piangendo e cercheranno l’Eterno il loro DIO. Domanderanno della via di Sion verso cui volgeranno le loro facce, dicendo: »Venite, uniamoci all’Eterno, con un patto eterno, che non sia piú dimenticato Il mio popolo è stato un gregge di pecore smarrite; i loro pastori le avevano sviate, le avevano fatte smarrire sui monti. Sono andate di monte in colle e hanno dimenticato il luogo del loro riposo. Tutti quelli che le trovavano, le divoravano, e i loro nemici dicevano: »Non siamo colpevoli, perché hanno peccato contro l’Eterno, dimora della giustizia, l’Eterno, speranza dei loro padri«. Fuggite di mezzo a Babilonia, uscite dal paese dei Caldei e siate come capri davanti al gregge. Poiché ecco, io suscito e faccio salire contro Babilonia una moltitudine di grandi nazioni dal paese del nord, e si schiereranno contro di essa; di là essa sarà presa. Le loro frecce sono come quelle di un abile arciere; nessuna ritorna a vuoto. La Caldea sarà abbandonata al saccheggio; tutti i suoi saccheggiatori saranno saziati«, dice l’Eterno. »Gioite e rallegratevi, o saccheggiatori della mia eredità, perché vi siete ingrassati come una giovenca che trebbia il grano e nitrite come forti destrieri. Vostra madre sarà grandemente svergognata, colei che vi ha partoriti arrossirà. Ecco, essa sarà l’ultima delle nazioni, un deserto, una terra arida, una solitudine, A motivo dell’ira dell’Eterno non sarà piú abitata, sarà una completa desolazione; chiunque passerà vicino a Babilonia rimarrà stupito e fischierà per tutte le sue ferite. Schieratevi tutt’intorno a Babilonia, o voi tutti tiratori d’arco. Tirate contro di essa, non risparmiate alcuna freccia, perché ha peccato contro l’Eterno. Mandate grida di guerra contro di essa tutt’intorno; ella si è arresa le sue fondamenta sono cadute, le sue mura sono crollate, perché questa è la vendetta dell’Eterno. Vendicatevi di lei. Fate a lei come essa ha fatto ad altri, Sterminate da Babilonia chi semina e chi impugna la falce al tempo della messe. Per paura della spada dell’oppressore ciascuno ritornerà al suo popolo, ciascuno fuggirà al proprio paese. Israele è una pecora smarrita, a cui i leoni hanno dato la caccia; per primo l’ha divorata il re di Assiria, poi quest’ultimo, Nebukadnetsar, re di Babilonia, le ha frantumato le ossa«. Perciò cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »Ecco, io punirò il re di Babilonia e il suo paese, come ho punito il re di Assiria. Ma ricondurrò Israele al suo pascolo, pascolerà sul Karmel e in Bashan e la sua anima si sazierà sui colli di Efraim e in Galaad. In quei giorni, in quel tempo«, dice l’Eterno, »si cercherà l’iniquità d’Israele, ma non ce ne sarà alcuna, e i peccati di Giuda, ma non si troveranno; perché io perdonerò a quelli che lascerò come residuo. Sali contro il paese di Merathaim, e contro gli abitanti di Pekod. Devasta e votali allo sterminio«, dice l’Eterno, »e fa’ esattamente come io ti ho comandato! Nel paese c’è rumore di guerra e la distruzione è grande. Perché è stato fatto a pezzi e distrutto il martello di tutta la terra? Perché Babilonia è divenuta una desolazione fra le nazioni? Ti ho teso un laccio e tu sei stata presa, o Babilonia, senza avvedertene. Sei stata trovata e catturata, perché hai fatto guerra contro l’Eterno. L’Eterno ha aperto il suo arsenale e ha tratto fuori le armi della sua indignazione, poiché questa è un’opera che il Signore, l’Eterno degli eserciti, deve compiere nel paese dei Caldei. Venite contro di lei dalle estremità piú lontane, aprite i suoi granai, fatene un mucchio di rovine e votatela allo sterminio, che nulla ne resti. Uccidete tutti i suoi tori, scendano al macello. Guai a loro, perché il loro giorno è giunto, il giorno della loro punizione. Si ode la voce di quelli che fuggono e scappano dal paese di Babilonia per annunciare in Sion la vendetta dell’Eterno, il nostro DIO, la vendetta del suo tempio. Convocate contro Babilonia gli arcieri, tutti quelli che tendono l’arco. Accampatevi tutt’intorno contro di lei, nessuno scampi. Ripagatela secondo le sue opere, fate a lei esattamente come lei ha fatto ad altri, perché è stata arrogante contro l’Eterno, contro il Santo d’Israele. Perciò i suoi giovani cadranno nelle sue piazze e tutti i suoi uomini di guerra periranno in quel giorno«, dice l’Eterno. »Eccomi contro di te, o arrogante« dice il Signore, l’Eterno degli eserciti »perché il tuo giorno è giunto, il tempo in cui ti punirò. L’arrogante vacillerà e cadrà, e nessuno lo rialzerà. Io appiccherò il fuoco alle sue città, e divorerà tutto ciò che lo circonda«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »I figli d’Israele erano oppressi insieme ai figli di Giuda. Tutti quelli che li hanno portati in cattività li hanno tenuti saldamente e hanno rifiutato di lasciarli andare. Il loro Redentore è forte; il suo nome è l’Eterno degli eserciti. Egli difenderà certamente la loro causa per dar riposo alla terra e per far tremare gli abitanti di Babilonia. Una spada pende sui Caldei«, dice l’Eterno, »sugli abitanti di Babilonia, sui suoi principi, sui suoi savi. Una spada pende sui bugiardi vanagloriosi, che risulteranno insensati; una spada pende sui suoi prodi, che saranno atterriti. Una spada pende sui suoi cavalli, sui suoi carri e su tutto il miscuglio di gente che è in mezzo a lei, la quale diventerà come tante donne, una spada pende sui suoi tesori, che saranno saccheggiati. Una siccità pende sulle sue acque, che saranno prosciugate, perché e un paese di immagini scolpite e vanno pazzi per i loro idoli. Perciò vi abiteranno le bestie del deserto con gli sciacalli e vi si stabiliranno gli struzzi. Non sarà mai piú abitata né popolata di generazione in generazione. Come DIO distrusse Sodoma Gomorra e le città loro vicine«, dice l’Eterno, »cosí non vi abiterà piú alcuno né vi dimorerà piú figlio d’uomo. Ecco, un popolo viene dal nord una grande nazione e molti re sono suscitati dalle estremità della terra. Essi impugnano arco e lancia, sono crudeli e non hanno alcuna pietà; la loro voce ruggirà come il mare. Montano cavalli, sono pronti a combattere come un sol uomo contro di te, o figlia di Babilonia. Il re di Babilonia ha udito parlare di loro e le sue mani si indeboliscono; l’ha colto l’angoscia, doglie come di donna che sta per partorire. Ecco, sale come un leone dal rigonfiamento del Giordano contro la forte dimora, Ma io li farò improvvisamente fuggire da lei e stabilirò su di essa colui che ho scelto. Chi infatti è come me e chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque quel pastore che può tenermi fronte? Perciò ascoltate il disegno che l’Eterno ha concepito contro Babilonia e le decisioni che ha preso contro il paese dei Caldei. Certo saranno trascinati via anche i piú piccoli del gregge, certo la loro dimora sarà devastata. Al rumore della presa di Babilonia la terra tremerà e il loro grido sarà udito fra le nazioni«. Cosí dice l’Eterno: »Ecco, io susciterò contro Babilonia e contro gli abitanti di Leb Kamai un vento distruttore. Manderò contro Babilonia degli stranieri che la vaglieranno e svuoteranno il suo paese, perché nel giorno della calamità piomberanno su di lei da tutte le parti. Non lasciare che colui che tende l’arco tenda il suo arco o si rizzi nella sua corazza. Non risparmiate i suoi giovani, votate allo sterminio tutto il suo esercito. Cosí essi cadranno uccisi nel paese dei Caldei e trafitti per le vie di Babilonia. Poiché Israele, e Giuda non sono stati ripudiati dal loro DIO, dall’Eterno degli eserciti, anche se il loro paese era pieno di colpe contro il Santo d’Israele«. Fuggite di mezzo a Babilonia e salvi ognuno la propria vita, guardate di non essere distrutti nella sua iniquità. Poiche questo è il tempo di vendetta dell’Eterno; egli le darà la giusta ricompensa. Babilonia era nelle mani dell’Eterno una coppa d’oro che inebriava tutta la terra; le nazioni hanno bevuto del suo vino, perciò le nazioni sono divenute deliranti. Improvvisamente Babilonia è caduta è stata distrutta. Innalzate lamenti su di essa, prendete del balsamo per il suo dolore; forse può essere guarita. Noi volevamo guarire Babilonia, ma essa non è guarita. Abbandonatela e andiamo ciascuno al proprio paese, perché il suo giudizio giunge fino al cielo e si eleva fino alle nuvole. L’Eterno ha fatto trionfare la nostra giusta causa. Venite, raccontiamo in Sion l’opera dell’Eterno, il nostro DIO. Affilate le frecce, imbracciate gli scudi, L’Eterno ha risvegliato lo spirito dei re dei Medi, perché il suo disegno contro Babilonia è di distruggerla, poiché questa è la vendetta dell’Eterno, la vendetta del suo tempio. Alzate la bandiera sulle mura di Babilonia. Rafforzate le guardie, disponete le sentinelle, preparate gli agguati. Poiché l’Eterno ha escogitato ed eseguito ciò che ha detto contro gli abitanti di Babilonia. O tu che abiti presso grandi acque, ricca di tesori, la tua fine è giunta, il termine dei tuoi ingiusti guadagni. L’Eterno degli eserciti lo ha giurato per se stesso: »Io ti riempirò di uomini come di locuste che eleveranno contro di te grida di guerra«. Egli ha fatto la terra con la sua potenza, ha stabilito il mondo con la sua sapienza e con la sua intelligenza ha disteso i cieli, Quando emette la sua voce, c’è un rumore di acque nel cielo; egli fa salire i vapori dalle estremità della terra, produce i lampi per la pioggia e fa uscire il vento dai suoi depositi. Ogni uomo allora diventa stupido, privo di conoscenza ogni orafo ha vergogna della sua immagine scolpita, perché la sua immagine fusa è una menzogna, e non c’è soffio vitale in loro. Sono vanità, opera d’inganno; nel tempo della loro punizione periranno. L’eredità di Giacobbe non è come loro, perché egli ha formato tutte le cose, e Israele è la tribú della sua eredità. Il suo nome è l’Eterno degli eserciti. »Tu sei per me un martello, uno strumento di guerra, con te schiaccerò le nazioni, con te distruggerò i regni; con te frantumerò cavallo e cavaliere, con te frantumerò carro e cocchiere; con te frantumerò uomo e donna, con te frantumerò vecchio e fanciullo, con te frantumerò giovane e vergine; con te frantumerò il pastore e il suo gregge, con te frantumerò il contadino e il suo paio di buoi, con te frantumerò governatori e magistrati. Ma io ripagherò Babilonia e tutti gli abitanti della Caldea per tutto il male che hanno fatto a Sion sotto i vostri occhi«. dice l’Eterno. »Eccomi contro di te, o montagna di distruzione«, dice l’Eterno, »tu che distruggi tutta la terra. Io stenderò la mia mano contro di te, ti rotolerò giú dalle rocce e farò di te una montagna bruciata. Da te non si prenderà piú né pietra angolare, né pietra da fondamento, ma tu diventerai una desolazione per sempre« dice l’Eterno. Alzate una bandiera nel paese, suonate la tromba fra le nazioni; preparate le nazioni contro di lei, chiamate a raccolta contro di lei i regni: Ararat, Minni e Ashkenaz. Nominate contro di lei un comandante. Fate avanzare i cavalli come locuste irsute. Preparate contro di lei le nazioni, con i re di Media i suoi governatori, tutti i suoi magistrati e tutti i paesi dei suoi domini. La terra tremerà e sarà in doglie, perché i disegni dell’Eterno contro Babilonia si compiranno, di ridurre il paese di Babilonia una desolazione, senza abitanti. I prodi di Babilonia hanno smesso di combattere; sono rimasti nelle loro fortezze; la loro forza è venuta meno sono divenuti come donne. Hanno incendiato le sue abitazioni, le sbarre delle sue porte sono spezzate. Corriere corre incontro a corriere e messaggero incontro a messaggero, per annunciare al re di Babilonia che la sua città è presa da ogni lato; i guadi sono occupati, le paludi sono in preda alle fiamme e gli uomini di guerra sono terrorizzati. Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti, il DIO d’Israele: »La figlia di Babilonia è come un’aia al tempo in cui la si calpesta; ancora un poco, e verrà per lei il tempo della mietitura«. »Nebukadnetsar, re di Babilonia, ci ha divorati, ci ha schiacciati, ci ha ridotti a un vaso vuoto; ci ha inghiottiti come un dragone, ha riempito il suo ventre con i nostri cibi squisiti, ci ha cacciati via. La violenza che è stata fatta a me e alla mia carne ricada su Babilonia« dirà l’abitante di Sion. »Il mio sangue ricada sugli abitanti di Caldea«, dirà Gerusalemme. Perciò cosí dice l’Eterno: »Ecco, io difenderò la tua causa e compirò la tua vendetta. Io farò prosciugare il suo mare e farò inaridire la sua sorgente. Babilonia diventerà un cumulo di rovine, un rifugio per sciacalli un oggetto di stupore e di scherno, senza abitanti. Essi ruggiranno assieme come leoni, ringhieranno come cuccioli di leoni. Quando avranno caldo, darò loro da bere, li inebrierò perché si rallegrino e si addormentino di un sonno perenne, senza piú risvegliarsi«, dice l’Eterno. »IO li farò scendere al macello come agnelli, come montoni insieme ai capri. Come mai è stata presa Sceshak ed è stata conquistata la gloria di tutta la terra? Come mai Babilonia è diventata una desolazione fra le nazioni? Il mare è salito sopra Babilonia; essa è stata sommersa dal fragore delle sue onde. Le sue città sono diventate una desolazione, una terra arida, un deserto, un paese dove non abita alcuno, attraverso cui non passa alcun figlio d’uomo. IO punirò Bel in Babilonia e farò uscire dalla sua bocca ciò che ha ingoiato e le nazioni non affluiranno piú a lui. Perfino le mura di Babilonia cadranno. Uscite di mezzo ad essa, o popolo mio, e salvi ciascuno la propria vita davanti all’ardente ira dell’Eterno. Non venga meno il vostro cuore e non spaventatevi delle notizie che si udranno nel paese, perché un anno giungerà una notizia e l’anno dopo un’altra notizia. Ci sarà nel paese violenza, dominatore contro dominatore. Perciò ecco, verranno i giorni nei quali io punirò le immagini scolpite di Babilonia; tutto il suo paese sarà coperto di vergogna e tutti i suoi feriti a morte cadranno in mezzo a lei. Allora i cieli, la terra e tutto ciò che è in essi esulteranno su Babilonia, perché i devastatori verranno contro di lei dal nord«, dice l’Eterno. Come Babilonia ha fatto cadere i feriti a morte d’Israele, cosí in Babilonia cadranno i feriti a morte di tutto il paese. Voi scampati dalla spada partite, non fermatevi; ricordatevi da lontano dell’Eterno, e Gerusalemme vi torni in cuore. Ci vergognamo nell’udire il vituperio, la vergogna ha coperto la nostra faccia, perché stranieri sono entrati nel santuario della casa dell’Eterno. »Perciò ecco, verranno i giorni«, dice l’Eterno, »nei quali punirò le sue immagini scolpite e in tutto il suo paese gemeranno i feriti a morte. Anche se Babilonia salisse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua elevata forza da parte mia verranno contro di essa dei devastatori«, dice l’Eterno. Il rumore di un grido giunge da Babilonia di una grande distruzione dal paese dei Caldei. Poiché l’Eterno devasta Babilonia e fa cessare il suo grande rumore; le loro onde tumultuano, il rumore della loro voce si eleva. Il devastatore infatti è venuto contro di essa, contro Babilonia; i suoi prodi sono catturati, i loro archi spezzati, perché l’Eterno è il Dio delle retribuzioni; egli ripagherà certamente. IO inebrierò i suoi principi, i suoi savi, i suoi governatori, i suoi magistrati e i suoi prodi, ed essi dormiranno un sonno eterno e non si desteranno piú«, dice il Re, il cui nome è l’Eterno degli eserciti. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Le larghe mura di Babilonia saranno interamente distrutte, le sue alte porte saranno arse col fuoco; cosí i popoli avranno lavorato per nulla e le nazioni si saranno stancate solamente per il fuoco«. Ordine che il profeta Geremia diede a Seraiah figlio di Neriah, figlio di Mahseiah, quando andò a Babilonia con Sedekia, re di Giuda, nell’anno quarto del suo regno. Seraiah era capo dei ciambellani. Cosí Geremia scrisse in un libro tutto il male che doveva accadere a Babilonia, tutte queste parole che sono scritte contro Babilonia. E Geremia disse a Seraiah: »Quando arriverai a Babilonia, abbi cura di leggere tutte queste parole, e dirai: »O Eterno, tu hai detto di questo luogo che lo avresti distrutto, e che non vi sarebbe rimasto piú nessuno, né uomo né bestia, ma che sarebbe diventato una desolazione perpetua« Quando poi avrai finito di leggere questo libro, legherai su di esso una pietra e lo getterai in mezzo all’Eufrate, e dirai: Cosí affonderà Babilonia e non si rialzerà piú dalla calamità che farò venire su di lei; ed essi saranno esausti. Fin qui le parole di Geremia. Sedekia aveva ventun anni quando iniziò a regnare, e regnò a Gerusalemme undici anni. Sua madre si chiamava Hamutal, figlia di Geremia di Libnah. Egli fece ciò che è male agli occhi dell’Eterno, in tutto come aveva fatto Jehoiakim. Questo accadde in Gerusalemme e in Giuda, a motivo dell’ira dell’Eterno, che alla fine li scacciò dalla sua presenza. Sedekia poi si ribellò al re di Babilonia. Nel nono anno del suo regno, nel decimo mese, il dieci del mese, Nebukadnetsar, re di Babilonia, venne con tutto il suo esercito contro Gerusalemme, si accampò contro di essa e le costruí intorno opere d’assedio. Cosí la città rimase assediata fino all’undicesimo anno del re Sedekia. Nel quarto mese, il nove del mese, la fame era cosí grave in città che non c’era piú pane per il popolo del paese. Allora fu aperta una breccia nelle mura e tutti gli uomini di guerra fuggirono, uscendo di notte dalla città per la via della porta fra le due mura, che si trovava presso il giardino del re, nonostante i Caldei fossero tutt’intorno alla città. Cosí essi presero la via dell’Arabah. Ma l’esercito dei Caldei inseguí il re, raggiunse Sedekia nella pianura di Gerico, mentre tutto il suo esercito si disperdeva lontano da lui. Cosí essi catturarono il re e lo condussero a Riblah nel paese di Hamath dal re di Babilonia, che pronunciò la sentenza contro di lui. Il re di Babilonia uccise quindi i figli di Sedekia sotto i suoi occhi e uccise pure tutti i principi di Giuda in Riblah; poi cavò gli occhi a Sedekia. Il re di Babilonia lo incatenò quindi con catene di bronzo, lo condusse a Babilonia e lo mise in prigione fino al giorno della sua morte. Il quinto mese, il dieci del mese (che era il diciannovesimo anno di Nebukadnetsar, re di Babilonia) Nebuzaradan, capitano della guardia del corpo, al servizio del re di Babilonia, giunse a Gerusalemme. Egli bruciò la casa dell’Eterno e la casa del re e diede alle fiamme tutte le case di Gerusalemme e tutte le case dei nobili. Tutto l’esercito dei Caldei che era col capitano della guardia demolí tutte le mura intorno a Gerusalemme. Poi Nebuzaradan, capitano della guardia, deportò una parte dei piú poveri del popolo, il resto del popolo che era rimasto in città, i disertori che erano passati al re di Babilonia e il resto della popolazione. Ma Nebuzaradan, capitano della guardia, lasciò alcuni dei piú poveri del paese a coltivare le vigne e i campi. I Caldei fecero a pezzi le colonne di bronzo che erano nella casa dell’Eterno, i carrelli e il mare di bronzo che erano nella casa dell’Eterno e ne portarono il bronzo a Babilonia. Essi presero anche le padelle, le palette, i coltelli, le bacinelle, le coppe e tutti gli utensili di bronzo, usati nel servizio del tempio. Il capitano della guardia prese pure le coppe, i bracieri, le bacinelle, i candelabri, le tazze e i calici, l’oro di ciò che era d’oro puro e l’argento puro. Quanto alle due colonne, al mare e ai dodici buoi di bronzo che erano sotto di esso e ai carrelli che Salomone aveva fatto per la casa dell’Eterno, il bronzo di tutti questi oggetti aveva un peso che non si poteva calcolare. Riguardo alle colonne, l’altezza di una colonna era di diciotto cubiti, e ci voleva un filo di dodici cubiti per misurarne la circonferenza; il suo spessore era di quattro dita; all’interno era vuota. Su di essa vi era un capitello di bronzo, l’altezza di un capitello era di cinque cubiti; tutt’intorno al capitello c’era un reticolo e delle melagrane, tutto di bronzo. L’altra colonna, con melagrane, era identica a questa. Tutt’intorno c’erano novantasei melagrane e tutte le melagrane intorno al reticolo ammontavano a cento. Il capitano della guardia prese Seraiah, il sommo sacerdote, Sofonia, il secondo sacerdote, e i tre custodi della porta Dalla città egli prese anche un eunuco che comandava la gente di guerra, sette uomini fra i consiglieri personali del re che furono trovati in città, il segretario del capo dell’esercito che arruolava il popolo del paese e sessanta uomini del popolo del paese che furono trovati in citta. Cosí Nebuzaradan, capitano della guardia, li prese e li condusse dal re di Babilonia a Riblah e il re di Babilonia li fece uccidere a Riblah nel paese di Hamath. Cosí Giuda fu condotto in cattività lontano dal suo paese. Questo è il popolo che Nebukadnetsar deportò nell’anno settimo: tremilaventitrè Giudei. Nell’anno diciottesimo di Nebukadnetsar furono deportate da Gerusalemme ottocentotrentadue persone. Nell’anno ventitreesimo di Nebukadnetsar. Nebuzaradam capitano della guardia, deportò settecentoquarantacinque Giudei: in tutto quattromilaseicento persone. Nell’anno trentasettesimo della cattività di Jehoiakim, re di Giuda, nel dodicesimo mese, il cinque del mese, Evil-Merodak, re di Babilonia, il primo anno del suo regno graziò Jehoiakim, re di Giuda e lo fece uscire di prigione. Gli parlò con benevolenza e pose il suo seggio al di sopra del seggio, dei re che erano con lui in Babilonia. Cosí Jehoiakim cambiò i vestiti della sua prigionia e mangiò sempre il pane alla presenza del re tutti i giorni della sua vita. Per il suo sostentamento gli era fornita regolarmente una razione di cibo da parte del re di Babilonia una porzione ogni giorno, fino al giorno della sua morte, tutti i giorni della sua vita.
Come mai siede solitaria la città che era gremita di popolo? La grande fra le nazioni è divenuta come una vedova: la principessa fra le province è stata sottoposta a tributo. Essa piange amaramente nella notte, le sue lacrime le rigano le guance; fra tutti i suoi amanti non ha alcuno che la consoli; tutti i suoi amici l’hanno tradita, le sono diventati nemici. Giuda, è andato in cattività, gravato da afflizione e dura schiavitù, egli abita in mezzo alle nazioni non trova riposo; tutti i suoi persecutori l’hanno raggiunto tra le avversità. Le strade di Sion sono in lutto, perché nessuno piú viene alle feste solenni; tutte le sue porte sono deserte, i suoi sacerdoti sospirano, le sue vergini sono afflitte ed essa è nell’amarezza. I suoi avversari sono divenuti i dominatori, i suoi nemici prosperano, perché l’Eterno l’ha afflitta per la moltitudine delle sue trasgressioni; i suoi bambini sono andati in cattività davanti al nemico. Dalla figlia di Sion è scomparso tutto il suo splendore; i suoi capi sono diventati come cervi che non trovano pascolo; camminano senza forze davanti a chi li insegue. Nei giorni della sua afflizione e del suo vagare Gerusalemme, ricorda tutti i beni preziosi che possedeva fin dai giorni antichi. Quando il suo popolo cadeva in mano del nemico e nessuno le veniva in aiuto, i suoi avversari la vedevano e ridevano per la sua rovina. Gerusalemme ha grandemente peccato, perciò è divenuta una cosa immonda tutti quelli che l’onoravano la disprezzano, perché hanno visto la sua nudità; si essa sospira e si volge indietro. La sua lordura era nei lembi della sua veste, non pensava alla sua fine; perciò è caduta in modo sorprendente, senza che alcuno la consoli. »Guarda, o Eterno, la mia afflizione, perché il nemico si innalza«. L’avversario ha steso la sua mano su tutti i tuoi tesori, perché ha visto le nazioni entrare nel suo santuario; quelle a cui tu avevi comandato di non entrare nella tua assemblea. Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane; danno le loro cose piú preziose in cambio di cibo per riprendere vita. »Guarda, o Eterno, e considera come sono diventata spregevole!«. »Nulla di simile vi avvenga, o voi che passate vicino. Mirate e guardate, se c’è dolore simile al mio dolore, quello che mi tormenta è che l’Eterno mi ha inflitto nel giorno della sua ira ardente. Dall’alto ha mandato un fuoco nelle mie ossa, si è impadronito di esse, ha teso una rete ai miei piedi, mi ha fatto tornare indietro, mi ha reso desolata, nel languore tutti i giorni. Dalla sua mano è stato legato il giogo delle mie trasgressioni, che s’intrecciano insieme e gravano sul mio collo ha fatto venir meno la mia forza; il Signore mi ha dato nelle mani di coloro ai quali non posso resistere. Il Signore ha atterrato nel mio mezzo tutti i miei prodi; ha convocato contro di me un’assemblea, per schiacciare i miei giovani; il Signore ha pigiato come in un tino la vergine figlia di Giuda. Per questo io piango, i miei occhi, i miei stessi occhi si sciolgono in lacrime, perché il consolatore che potrebbe ridarmi la vita è lontano da me. I miei figli sono desolati, perché il nemico ha trionfato«. Sion tende le sue mani, ma non c’è alcuno che la consoli. Riguardo a Giacobbe, l’Eterno ha comandato che quelli attorno a lui divenissero suoi nemici. Gerusalemme è diventata in mezzo a loro come una cosa impura. L’Eterno è giusto, perché mi sono ribellata alla sua parola. Deh, ascoltate, o popoli tutti, e vedete il mio dolore! Le mie vergini e i miei giovani sono andati in cattività. Ho chiamato i miei amanti, ma essi mi hanno ingannata; i miei sacerdoti e i miei anziani, hanno esalato l’ultimo respiro nella città, mentre cercavano cibo per salvare la loro vita. Vedi, o Eterno, che io sono in angoscia. Le mie viscere fremono, il mio cuore è sconvolto dentro di me, perché sono stata grandemente ribelle. Fuori mi priva di figli la spada, in casa è come morte. Mi odono sospirare, nessuno mi consola. Tutti i miei nemici hanno saputo della mia sciagura e sono contenti che tu hai fatto questo. Tu farai venire il giorno che hai annunciato, e allora saranno come me Venga davanti a te tutta la loro malvagità, e trattali come hai trattato me a motivo di tutte le mie trasgressioni. Poiché molti sono i miei sospiri e il mio cuore languisce. Come mai nella sua ira il Signore ha coperto con una nube la figlia di Sion? Egli ha gettato dal cielo in terra la gloria d’Israele e non si è ricordato dello sgabello dei suoi piedi nel giorno della sua ira. Il Signore ha distrutto senza pietà tutte le dimore di Giacobbe; nella sua ira ha demolito le fortezze della figlia di Giuda, le ha gettate a terra, profanando il regno e i suoi capi. Con ira ardente egli ha infranto tutta la potenza d’Israele, ha ritirato la propria destra davanti al nemico, ha bruciato in mezzo a Giacobbe come un fuoco fiammeggiante che divora tutt’intorno. Ha teso il suo arco come un nemico, ha alzato la destra come un avversario, ha distrutto tutto ciò che era piacevole agli occhi nella tenda della figlia di Sion ha riversato il suo furore come un fuoco. Il Signore è divenuto come un nemico; ha divorato Israele, ha divorato tutti i suoi palazzi, ha distrutto le sue fortezze, ha moltiplicato nella figlia di Giuda cordoglio e lamento. Ha devastato il suo tabernacolo, come un giardino, ha distrutto il suo luogo d’assemblea, l’Eterno ha fatto dimenticare in Sion le feste solenni e i sabati e nel furore della sua ira ha rigettato re e sacerdote. Il Signore ha abbandonato il suo altare, ha rigettato il suo santuario, ha consegnato nelle mani del nemico le mura delle sue fortezze, essi hanno alzato grida nella casa dell’Eterno come in un giorno di festa solenne. L’Eterno ha deciso di distruggere le mura della figlia di Sion, ha teso la corda, non ha ritirato la mano dal distruggere, ha fatto gemere bastioni e mura ambedue languono. Le sue porte sono affondate nella terra; egli ha distrutto e spezzato le sue sbarre; il suo re e i suoi capi si trovano fra le nazioni; non c’è piú legge, e i suoi profeti non ricevono alcuna visione dall’Eterno. Gli anziani, della figlia di Sion siedono per terra in silenzio; han gettato polvere sul loro capo, si sono cinti di sacco; le vergini di Gerusalemme piegano fino a terra il loro capo. I miei occhi si consumano per il piangere, le mie viscere fremono, il mio fegato si spande in terra per la distruzione della figlia del mio popolo, per il venir meno dei bambini e dei lattanti nelle piazze della città. Essi chiedevano alle loro madri: »Dov’è il grano e il vino?«, mentre venivano meno come feriti a morte nelle piazze della città e rendevano l’anima nel grembo delle loro madri. Come potrò esortarti? A che cosa ti rassomiglierò, o figlia di Gerusalemme? Che cosa paragonerò a te per consolarti, o vergine figlia di Gerusalemme? Poiché la tua rovina è grande come il mare; chi potrà guarirti? I tuoi profeti hanno avuto per te visioni false e insensate; non hanno messo a nudo la tua iniquità, per allontanare da te la cattività; essi hanno proferito per te profezie false e ingannevoli. Tutti i passanti battono le mani contro di te; fischiano e scuotono la testa contro la figlia di Gerusalemme: »E’ questa la città che chiamavano »la bellezza perfetta« »la gioia di tutta la terra«?«. Tutti i tuoi nemici spalancano la bocca contro di te; fischiano e digrignano i denti, dicono: »L’abbiamo inghiottita! Sí, questo è il giorno che aspettavamo; siamo arrivati a vederlo«. L’Eterno ha compiuto ciò che aveva ideato; ha adempiuto la parola che aveva decretato dai giorni antichi. Ha distrutto senza alcuna pietà, ha fatto in modo che il nemico si rallegrasse su di te, ha esaltato la potenza dei tuoi avversari. Il loro cuore grida al Signore: »O mura della figlia di Sion, fate scorrere come un torrente, le lacrime giorno e notte. Non datevi pace, non abbiano riposo le pupille dei vostri occhi. Alzatevi, gridate nella notte, all’inizio di ogni vigilia. Effondete come acqua il vostro cuore davanti alla faccia del Signore. Alzate le mani verso di lui per la vita dei vostri bambini, che vengono meno per la fame all’imbocco di tutte le strade«. »Guarda, o Eterno, e considera. Chi hai trattato in questo modo? Dovevano le donne mangiare il frutto del loro grembo i bambini che accarezzavano? Dovevano il sacerdote e il profeta essere massacrati nel santuario del Signore? Fanciulli e vecchi giacciono a terra per le strade; le mie vergini e i miei giovani sono caduti di spada; tu li hai uccisi nel giorno della tua ira, li hai massacrati senza pietà, Tu hai convocato come ad un giorno di festa i terrori che mi circondano da ogni lato. Nel giorno dell’ira dell’Eterno non c’è stato né fuggiasco né superstite. Quelli che avevo allattato e allevato li ha sterminati il mio nemico«. Io sono l’uomo che ha visto l’afflizione sotto la verga del suo furore. Egli mi ha guidato e mi ha fatto camminare nelle tenebre e non nella luce. Sí, contro di me egli ha volto ripetutamente la sua mano tutto il giorno. Egli ha consumato la mia carne e la mia pelle, ha frantumato le mie ossa Ha costruito bastioni contro di me, mi ha circondato di amarezza e di affanno. Mi ha fatto abitare in luoghi tenebrosi, come i morti da lungo tempo. Mi ha costruito attorno un muro, perché non esca; ha reso pesante la mia catena. Anche quando grido e chiedo aiuto a gran voce, egli rifiuta di ascoltare la mia preghiera. Egli ha sbarrato le mie vie con pietre tagliate, ha reso i miei sentieri tortuosi. Egli è stato per me come un orso in agguato, come un leone in luoghi nascosti. Ha deviato le mie vie, mi ha dilaniato e mi ha reso desolato. Ha teso il suo arco e mi ha fatto il bersaglio delle sue frecce. Ha fatto penetrare nel mio cuore le frecce della sua faretra. Sono diventato lo scherno di tutto il mio popolo, la sua canzone di tutto il giorno. Mi ha saziato di amarezza, mi ha fatto bere assenzio, Mi ha spezzato i denti con la ghiaia, mi ha coperto di cenere. Hai allontanato la mia anima dalla pace, ho dimenticato il benessere. Ho detto: »E’ scomparsa la mia fiducia e la mia speranza nell’Eterno«. Ricordati della mia afflizione e del mio vagare, dell’assenzio e dell’amarezza. L’anima mia se ne ricorda del continuo ed è abbattuta dentro di me. Questo voglio richiamare alla mente e perciò voglio sperare. E’ una grazia dell’Eterno che non siamo stati interamente distrutti, perché le sue compassioni non sono esaurite. Si rinnovano ogni mattina; grande è la tua fedeltà. »L’Eterno è la mia parte«, dice l’anima mia, »perciò spererò in lui«. L’Eterno è buono con quelli che sperano in lui, con l’anima che lo cerca. Buona cosa è aspettare in silenzio la salvezza dell’Eterno. Buona cosa è per l’uomo portare il giogo nella sua giovinezza. Sieda solitario e stia in silenzio quando Dio glielo impone. Metta la sua bocca nella polvere, forse c’è ancora speranza. Porga la guancia a chi lo percuote, si sazi di vituperio. Poiché il Signore non rigetta per sempre; ma, se affligge, avrà compassione, secondo la moltitudine delle sue misericordie, poiché non è volentieri che umilia ed affligge i figli degli uomini. Quando uno schiaccia sotto i suoi piedi tutti i prigionieri della terra, quando uno perverte il diritto di un uomo alla presenza dell’Altissimo. quando si fa torto ad un uomo nella sua causa, il Signore non lo vede? Chi mai dice qualcosa che poi si avvera, se il Signore non la comandato? Il male e il bene non procedono forse dalla bocca dell’Altissimo? Perché mai si lamenta un uomo vivente, un uomo per la punizione dei suoi peccati? Esaminiamo le nostre vie, scrutiamole e ritorniamo all’Eterno. Eleviamo i nostri cuori e le nostre mani a Dio nei cieli. Noi abbiamo peccato, siamo stati ribelli e tu non hai perdonato. Ti sei avvolto nell’ira e ci hai inseguito, hai ucciso senza pietà. Ti sei avvolto in una nuvola, perché nessuna preghiera potesse passare. Ci hai reso spazzatura e rifiuto in mezzo al popoli. Tutti i nostri nemici hanno spalancato la bocca contro di noi. Ci sono venuti addosso terrore, laccio, desolazione e rovina. Rivi d’acqua scorrono dai miei occhi per la rovina della figlia del mio popolo. Il mio occhio versa lacrime senza smettere, senza interruzione, fino a quando l’Eterno non guardi dal cielo e non veda. Il mio occhio procura dolore alla mia anima per tutte le figlie della mia città. Quelli che mi odiano senza ragione mi hanno dato la caccia come a un uccello. Hanno distrutto la mia vita nella fossa, mi hanno tirato pietre. Le acque scorrevano sopra il mio capo, io dicevo: »E’ finita per me«. Ho invocato il tuo nome, o Eterno, dal fondo della fossa. Tu hai udito la mia voce; non nascondere il tuo orecchio al mio sospiro, al mio grido di aiuto. Quando ti ho invocato ti sei avvicinato; hai detto: »Non temere!«. O Signore, tu hai difeso la causa a dell’anima mia, tu hai redento la mia vita. O Eterno, tu hai visto il torto da me subito, difendi la mia causa! Hai visto tutto il loro spirito di vendetta, tutte le loro macchinazioni contro di me. Hai udito i loro insulti, o Eterno, tutte le loro macchinazioni contro di me. i discorsi di quelli che si levano contro di me, ciò che meditano contro di me tutto il giorno. Osserva quando si siedono e quando si alzano, io sono la loro canzone. Ripagali, o Eterno, secondo l’opera delle loro mani. Rendili duri di cuore, la tua maledizione sia su di loro. Inseguili nella tua ira e distruggili da sotto i cieli dell’Eterno. Come si è annerito l’oro, si è alterato l’oro migliore! Le pietre del santuario sono sparse all’imbocco di tutte le strade. I preziosi figli di Sion valutati come oro fino, come mai sono ritenuti quali vasi di argilla, lavoro delle mani di vasaio? Perfino gli sciacalli porgono le mammelle per allattare i loro piccoli, ma la figlia del mio popolo è divenuta crudele come gli struzzi del deserto. La lingua del lattante si attacca al suo palato per la sete; i bambini domandano pane ma non c’è chi ne dia loro. Quelli che mangiavano cibi squisiti languono per le strade; quelli che erano allevati nella porpora abbracciano il letamaio. La punizione dell’iniquità della figlia del mio popolo è maggiore della punizione del peccato di Sodoma, che fu distrutta in un attimo, senza che mano d’uomo le venisse contro. I suoi principi erano piú splendenti della neve, piú bianchi del latte, avevano il corpo piú rosso dei coralli, il loro volto era come uno zaffiro. Ora il loro aspetto è piú nero dell’oscurità; non si riconoscono piú nelle strade; la loro pelle aderisce alle loro ossa, si è seccata, è divenuta come un legno. Gli uccisi di spada stanno meglio di quelli che muoiono di fame, perché questi deperiscono estenuati per mancanza dei prodotti del campo. Le mani delle donne pietose hanno fatto cuocere i loro stessi bambini, son serviti loro di cibo, nella rovina della figlia del mio popolo. L’Eterno ha esaurito il suo furore, ha riversato la sua ira ardente, ha acceso in Sion un fuoco, che ha divorato le sue fondamenta. I re della terra e tutti gli abitanti del mondo non avrebbero mai creduto che l’avversario e il nemico sarebbero entrati nelle porte di Gerusalemme. Ma questo è avvenuto per i peccati dei suoi profeti e per le iniquità dei suoi sacerdoti, che hanno versato in mezzo ad essa il sangue dei giusti. Essi erravano come ciechi per le strade, contaminati di sangue, di modo che nessuno poteva toccare le loro vesti. Al loro apparire la gente gridava: »Allontanatevi, un impuro! Allontanatevi, allontanatevi, non toccatelo!«. Quando fuggivano e andavano errando fra le nazioni dicevano: »Non potranno piú rimanere qui«. La faccia dell’Eterno li ha dispersi, non volgerà piú su di loro il suo sguardo; non hanno avuto rispetto per i sacerdoti né hanno usato pietà per i vecchi. Inoltre i nostri occhi si consumavano nell’attesa di un vano soccorso. Dal nostro posto di osservazione aspettavamo invano una nazione che non poteva salvarci. Ci davano la caccia ad ogni passo, impedendoci di camminare per le nostre piazze. La nostra fine è prossima, i nostri giorni sono compiuti, la nostra fine è giunta. I nostri persecutori sono stati piú veloci delle aquile del cielo; Ci hanno inseguito sui monti, ci hanno teso agguati nel deserto. Il soffio delle nostre narici, l’unto dell’Eterno è stato preso nelle loro fosse, lui, del quale dicevamo: »Alla sua ombra noi vivremo fra le nazioni«. Rallegrati e gioisci, o figlia di Edom, che dimori nel paese di Uts. Anche a te giungerà il calice; ti ubriacherai e scoprirai la tua nudità. La punizione della tua iniquità si è compiuta, o figlia di Sion. Egli non ti manderà piú in cattività, ma punirà la tua iniquità, o figlia di Edom, metterà allo scoperto i tuoi peccati. Ricordati, Eterno, di quanto ci è accaduto, guarda e vedi il nostro obbrobrio. La nostra eredità è passata a stranieri, le nostre case a estranei. Noi siamo diventati orfani, senza padre, le nostre madri sono come vedove. Dobbiamo pagare per l’acqua che beviamo, la nostra legna l’abbiamo solo a pagamento. Siamo inseguiti con un giogo sul collo, siamo esausti e non abbiamo alcun riposo. Abbiamo teso la mano all’Egitto e all’Assiria, per saziarci di pane. I nostri padri hanno peccato e non sono piú, e noi portiamo la punizione delle loro iniquità. Schiavi dominano su di noi, nessuno può liberarci dalle loro mani. Ci procuriamo il pane a rischio della nostra vita, davanti alla spada del deserto. La nostra pelle si è riscaldata come un forno per l’ardore della fame. Hanno violentato le donne in Sion, le vergini nelle città di Giuda. I capi sono stati impiccati dalle loro mani, la persona dei vecchi non è stata rispettata. I giovani sono stati messi a macinare, i ragazzi sono caduti sotto il carico delle legna. I vecchi hanno smesso di radunarsi alla porta, i giovani hanno smesso di suonare i loro strumenti. La gioia dei nostri cuori è venuta meno, la nostra danza si è mutata in lutto. La corona è caduta dal nostro capo; guai a noi, perché abbiamo peccato! Per questo si è ammalato il nostro cuore, per queste cose si sono oscurati i nostri occhi: per il monte di Sion che è desolato, e vi scorazzano le volpi. Ma tu, o Eterno, rimani per sempre, e il tuo trono di generazione in generazione. Perché ci dimenticheresti per sempre e ci abbandoneresti per un lungo tempo? Facci ritornare a te, o Eterno, e noi ritorneremo; ristabilisci i nostri giorni come In passato. Ci hai forse interamente rigettati o sei tu grandemente adirato contro di noi?
Nel trentesimo anno, il cinque del quarto mese, avvenne che, mentre mi trovavo tra i deportati presso il fiume Kebar, i cieli si aprirono ed ebbi visioni da parte di DIO. Il cinque del mese (era il quinto anno della cattività del re Jehoiakin), la parola dell’Eterno fu espressamente rivolta al sacerdote Ezechiele, figlio di Buzi, nel paese dei Caldei, presso il fiume Kebar; e là fu sopra di lui la mano dell’Eterno. Mentre guardavo, ecco venire dal nord un vento di tempesta, una grossa nuvola con un fuoco che si avvolgeva su se stesso; intorno ad esso e dal mezzo di esso emanava un grande splendore come il colore di bronzo incandescente in mezzo al fuoco. Dal suo mezzo appariva la sembianza di quattro esseri viventi; e questo era il loro aspetto: avevano la sembianza d’uomo. Ognuno di essi aveva quattro facce e ognuno quattro ali. Le loro gambe erano diritte e la pianta dei loro piedi era come la pianta del piede di un vitello, e sfavillavano come il bronzo lucidato. Sui loro quattro lati, sotto le ali, avevano mani d’uomo; e tutti e quattro avevano le proprie facce e le proprie ali. Le loro ali si toccavano l’una con l’altra; avanzando, non si voltavano, ma ciascuno andava diritto davanti a sé. Quanto all’aspetto delle loro facce, avevano tutti la faccia di uomo, tutti e quattro la faccia di leone destra, tutti e quattro la faccia di bue a sinistra, e tutti e quattro la faccia di aquila. Tali erano le loro facce. Le loro ali erano distese verso l’alto, ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il loro corpo. Ciascuno andava diritto davanti a sé andavano ovunque lo spirito voleva andare e, andando, non si voltavano. Quanto all’aspetto degli esseri viventi, essi sembravano come carboni ardenti, come fiaccole. Il fuoco si muoveva in mezzo agli esseri viventi; il fuoco era risplendente e dal fuoco si sprigionavano lampi. Gli esseri viventi correvano avanti e indietro, sembravano come un fulmine. Come guardavo gli esseri viventi, ecco una ruota in terra accanto agli esseri viventi con le loro quattro facce. L’aspetto delle ruote e la loro fattura era come l’aspetto di colore del crisolito tutte e quattro si somigliavano. Il loro aspetto e la loro fattura era come quella di una ruota in mezzo a un’altra ruota. Quando si muovevano, andavano verso una delle loro quattro direzioni e, andando, non si voltavano. Quanto ai loro cerchi, erano alti e imponenti; e i cerchi di tutti e quattro erano pieni di occhi tutt’intorno. Quando gli esseri viventi si muovevano, anche le ruote si muovevano accanto a loro e quando gli esseri viventi si alzavano da terra, si alzavano anche le ruote. Dovunque lo spirito voleva andare, andavano anch’essi, perché là andava lo spirito; le ruote si alzavano con essi perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote. Quando essi si muovevano, anche le ruote si muovevano; quando essi si fermavano, anch’esse Si fermavano, e quando essi si alzavano da terra, anche le ruote si alzavano con essi, perché lo spirito degli esseri viventi era nelle ruote. Sopra le teste degli esseri viventi c’era la sembianza di un firmamento, simile al colore di un maestoso cristallo, disteso sopra le loro teste. Sotto il firmamento si stendevano diritte le loro ali, l’una verso l’altra, ciascuno ne aveva due che coprivano un lato e due che coprivano l’altro lato del corpo. Quando essi si muovevano, io sentivo il fragore delle loro ali, come il fragore delle grandi acque, come la voce dell’Onnipotente, il rumore di un gran tumulto, come lo strepito di un esercito; quando si fermavano, abbassavano le loro ali. E si udiva un rumore dal di sopra del firmamento che era sopra le loro teste quando si fermavano, abbassavano le loro ali. Al di sopra del firmamento che stava sopra le loro teste, c’era la sembianza di un trono che sembrava come una pietra di zaffiro, e su questa specie di trono, in alto su di esso, stava una figura dalle sembianze di uomo. Da ciò che sembravano i suoi lombi, in su vidi pure come il colore di bronzo incandescente che sembrava come fuoco tutt’intorno dentro di esso; e da ciò che sembravano i suoi lombi in giú vidi qualcosa somigliante al fuoco e che emanava tutt’intorno un grande splendore. Come l’aspetto dell’arcobaleno nella nuvola in un giorno di pioggia, cosí era l’aspetto di quello splendore che lo circondava. Questa era un’apparizione dell’immagine della gloria dell’Eterno. Quando la vidi, caddi sulla mia faccia e udii la voce di uno che parlava. E mi disse: »Figlio d’uomo, alzati in piedi e io ti parlerò«. Mentre egli mi parlava, lo Spirito entrò in me e mi fece alzare in piedi, e io udii colui che mi parlava. Egli mi disse: »Figlio d’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a nazioni ribelli che si sono ribellate contro di me, essi e i loro padri si sono rivoltati contro di me fino a questo giorno, Quelli ai quali ti mando sono figli dalla faccia dura e dal cuore ostinato, e tu dirai loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno Sia che ascoltino o rifiutino di ascoltare, perché sono una casa ribelle, sapranno tuttavia che c’è un profeta in mezzo a loro. E tu, figlio d’uomo, non aver paura di loro e non aver paura delle loro parole, anche se ti trovi attorniato da ortiche e da spine e abiti in mezzo a scorpioni; non aver paura delle loro parole e non spaventarti di fronte a loro, perché sono una casa ribelle Ma tu riferirai loro le mie parole, sia che ascoltino o rifiutino di ascoltare, perché sono ribelli. E tu, figlio d’uomo, ascolta ciò che ti dico; non essere ribelle come questa casa ribelle; apri la bocca e mangia ciò che ti do«. Io guardai, ed ecco una mano tesa verso di me; ed ecco in essa vi era il rotolo di un libro. Egli lo distese quindi davanti a me era scritto di dentro e di fuori e vi erano scritti lamenti, gemiti e guai. Quindi mi disse: »Figlio d’uomo, mangia ciò che tu trovi; mangia questo rotolo, poi va’ e parla alla casa d’Israele«. Cosí io apersi la bocca ed egli mi fece mangiare quel rotolo. Poi mi disse: »Figlio d’uomo, ciba il tuo ventre e riempi le tue viscere con questo rotolo che ti do«. Cosí io lo mangiai e fu nella mia bocca dolce come il miele. Mi disse ancora: »Figlio d’uomo, va’, recati alla casa d’Israele e riferisci loro le mie parole, perché non sei mandato a un popolo dal linguaggio oscuro e dalla lingua difficile, ma alla casa d’Israele, non a molti popoli dal linguaggio oscuro e dalla lingua difficile, dei quali non comprendi le parole. Certamente se ti avessi mandato da loro, ti avrebbero ascoltato. Ma la casa d’Israele non vorrà ascoltarti, perché non vogliono ascoltare me. Infatti tutta la casa d’Israele ha la fronte dura e il cuore ostinato. Ecco, io ho reso la tua faccia dura contro la loro faccia e ho reso la tua fronte dura contro la loro fronte. Io ho reso la tua fronte come un diamante, piú dura della selce; non temerli, non aver paura di fronte a loro, perché sono una casa ribelle«. Poi mi disse: »Figlio d’uomo, ricevi nel tuo cuore tutte le parole che ti dirò e ascoltale con le tue orecchie. E va’, recati da quelli che sono in cattività, dai figli del tuo popolo, parla loro e di’ loro: cosí dice il Signore, l’Eterno sia che ascoltino o rifiutino di ascoltare«. Quindi lo Spirito mi sollevò e udii dietro a me il suono di un grande fragore che diceva: »Benedetta sia la gloria dell’Eterno dalla sua dimora!«. Udii pure il rumore delle ali degli esseri viventi che battevano l’una contro l’altra, il rumore delle ruote accanto ad esse, e il suono di un grande fragore. Cosí lo Spirito mi sollevò e mi portò via, e io andai pieno di amarezza nello sdegno del mio spirito; ma la mano dell’Eterno era forte su di me. Giunsi quindi da quelli che erano in cattività a Tel-abib presso il fiume Kebara e mi fermai dove essi dimoravano e vi rimasi sette giorni in mezzo a loro, stordito. Alla fine dei sette giorni avvenne che la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, io t’ho stabilito come sentinella per la casa d’Israele quando udrai una parola dalla mia bocca, li avvertirai da parte mia. Se io dico all’empio: »Certamente morirai« e tu non l’avverti e non parli per avvertire l’empio di abbandonare la sua via malvagia perché salvi la sua vita, quell’empio morirà nella sua iniquità, ma del suo sangue domanderò conto a te. Ma se tu avverti l’empio, ed egli non si ritrae dalla sua empietà e dalla sua via malvagia, egli morirà nella sua iniquità, ma tu avrai salvato la tua anima. Se poi un giusto si ritrae dalla sua giustizia e commette iniquità, io gli metterò davanti un ostacolo ed egli morirà; poiché tu non l’hai avvertito egli morirà nel suo peccato, e le cose giuste da lui fatte non saranno piú ricordate, ma del suo sangue domanderò conto alla tua mano. Se però tu avverti il giusto perché non pecchi e non pecca, egli certamente vivrà perché è stato avvertito, e tu avrai salvato la tua anima«. Là fu quindi su di me la mano dell’Eterno e mi disse: »Alzati, esci nella pianura e là io ti parlerò«. Cosí mi alzai e uscii nella pianura, ed ecco là stava la gloria dell’Eterno, come la gloria che avevo visto presso il fiume Kebar, e caddi sulla mia faccia. Ma lo Spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e mi parlò e mi disse: »Va’ chiuditi in casa tua. Ed ecco, figlio d’uomo, a te metteranno addosso delle corde, con esse ti legheranno e cosí non potrai uscire in mezzo a loro. Io farò aderire la tua lingua al palato e resterai muto, cosí non sarai piú per loro uno che li rimprovera, perché sono una casa ribelle, Ma quando ti parlerò, ti aprirò la bocca e tu dirai loro: »Cosí dice il Signore, l’Eterno« Chi vuole ascoltare ascolti, e chi rifiuta di ascoltare rifiuti pure, perché sono una casa ribelle«. »Tu, figlio d’uomo, prenditi una tavoletta d’argilla, mettila davanti a te e disegnavi sopra una città, Gerusalemme; cingila d’assedio, costruisci contro di essa una torre, innalza contro di essa terrapieni, metti contro di essa accampamenti e colloca tutt’intorno ad essa gli arieti. Prenditi poi una piastra di ferro e mettila come un muro di ferro tra te e la città; volgi la tua faccia contro di essa ed essa sarà assediata, e tu la cingerai d’assedio. Questo sarà un segno per la casa d’Israele. Coricati quindi sul fianco sinistro e deponi su di esso l’iniquità della casa d’Israele. Per il numero di giorni in cui rimarrai coricato su di esso, porterai la loro iniquità. Io ho infatti deposto su di te gli anni della loro iniquità in base al numero dei giorni a in cui rimarrai coricato: trecentonovanta giorni. Tu porterai cosí l’iniquità della casa d’Israele. Terminati questi, ti coricherai di nuovo sul tuo fianco destro e porterai l’iniquità della casa di Giuda per quaranta giorni. Ho deposto su di te un giorno per ogni anno. Tu volgerai la tua faccia e il tuo braccio nudo verso l’assedio di Gerusalemme e profetizzerai contro di essa. Ed ecco, ti metto addosso delle corde e tu non potrai voltarti da un fianco all’altro, finché tu non abbia compiuto i giorni del tuo assedio. Prenditi anche frumento, orzo, fave, lenticchie, miglio e farro, mettili in un vaso e fattene del pane; ne mangerai durante tutti i giorni in cui rimarrai coricato sul tuo fianco, e cioè per trecentonovanta giorni. Il cibo che mangerai sarà del peso di venti sicli per giorno; lo mangerai in particolari momenti, ogni giorno. Berrai pure acqua razionata: un sesto di un hin; la berrai in particolari momenti ogni giorno. Mangerai questo cibo in forma di focacce d’orzo, che cuocerai con escrementi umani sotto i loro occhi«. Poi l’Eterno disse: »Cosí i figli d’Israele mangeranno il loro pane contaminato in mezzo alle nazioni tra le quali io li disperderò«. Allora io dissi: »Ah, Signore, Eterno, ecco, io non mi sono mai contaminato; dalla mia fanciullezza fino ad ora non ho mai mangiato carne di bestia morta naturalmente o sbranata, e non mi è mai entrata in bocca alcuna carne impura«. Egli allora mi disse: »Ecco, io ti do sterco di bue invece di escrementi umani, sopra quello cuocerai il tuo pane«. Poi mi disse: »Figlio d’uomo, io farò mancare il sostegno del pane in Gerusalemme; essi mangeranno il pane a peso e nell’afflizione e berranno l’acqua razionata nel terrore, perché mancheranno di pane e acqua e si guarderanno l’un l’altro sgomenti, struggendosi nella loro iniquità«. »Tu, figlio d’uomo, prenditi una lama affilata e usala come un rasoio da barbiere, facendola passare sulla tua testa e sulla tua barba; poi prenderai una bilancia da pesare e dividerai i peli in tre parti. Ne brucerai un terzo nel fuoco in mezzo alla città al termine dei giorni dell’assedio. Ne prenderai quindi un terzo e la colpirai intorno con la spada, e un terzo lo disperderai al vento, dietro ad essi io sguainerò la spada. Prenderai pure un piccolo numero di peli e li legherai nei lembi della tua veste. Di questi ne prenderai ancora alcuni e li getterai in mezzo al fuoco, e li brucerai nel fuoco; di là uscirà un fuoco contro tutta la casa d’Israele. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Questa è Gerusalemme. Io l’avevo posta in mezzo alle nazioni e agli altri paesi che la circondavano. Essa si è ribellata alle mie leggi per compiere empietà piú delle nazioni e ai miei statuti piú dei paesi che la circondano. Sí, essi hanno disprezzato le mie leggi e non hanno camminato secondo i miei statuti". Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché voi siete stati piú insubordinati delle nazioni che vi circondano, non avete camminato secondo i miei statuti, non avete osservato le mie leggi e non avete neppur agito secondo le leggi delle nazioni che vi circondano«, cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io, io stesso, sono contro di te ed eseguirò in mezzo a te i miei giudizi davanti alle nazioni; e farò in mezzo a te ciò che non ho mai fatto e che non farò mai piú, a motivo di tutte le tue abominazioni. Perciò in mezzo a te i padri mangeranno i loro figli e i figli mangeranno i loro padri eseguirò i miei giudizi su di te e disperderò a tutti i venti tutto ciò che rimarrà di te. Perciò, com’è vero che io vivo dice il Signore, l’Eterno, perché tu hai contaminato il mio santuario con tutte le tue nefandezze e con tutte le tue abominazioni, ritirerò da te il mio favore, il mio occhio non avrà compassione e non userò alcuna pietà. Una terza parte di te morirà di peste e sarà consumata dalla fame in mezzo a te; una terza parte cadrà di spada intorno a te e disperderò l’altra terza parte a tutti i venti, e sguainerò contro di essi la spada. Cosí darò sfogo alla mia ira e soddisferò su di loro il mio furore e sarò pago. Allora essi sapranno che io, l’Eterno, ho parlato nella mia gelosia, quando sfogherò su di loro il mio furore. Inoltre ti farò diventare una desolazione e un obbrobrio tra le nazioni che ti circondano, sotto gli occhi di tutti i passanti. E questo sarà un obbrobrio, un oggetto di scherno, una lezione e un oggetto di stupore per le nazioni che ti circondano, quando eseguirò su di te i miei giudizi con ira, con furore e con indignati castighi. Io, l’Eterno, ho parlato. Quando scaglierò contro di loro i terribili dardi della fame, apportatori di distruzione e che io manderò per distruggervi, aggraverò su di voi la fame e vi toglierò il sostegno del pane, Cosí manderò contro di voi la fame e belve malefiche che ti priveranno di figli. Peste e massacro passeranno in mezzo a te e farò venire su di te la spada. Io, l’Eterno, ho parlato"«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, volgi la tua faccia verso i monti d’Israele e profetizza contro di essi e di’: »I monti d’Israele, ascoltate la parola del Signore, l’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno, ai monti e ai colli, ai burroni e alle valli: Ecco, io farò venire su di voi la spada e distruggerò i vostri alti luoghi. I vostri altari saranno desolati e i vostri altari per l’incenso, saranno infranti, e farò cadere i vostri uccisi davanti ai vostri idoli. Stenderò i cadaveri dei figli d’Israele davanti ai loro idoli e spargerò le vostre ossa attorno ai vostri altari. In tutti i vostri luoghi abitati le città saranno devastate e gli alti luoghi desolati, affinché i vostri altari siano devastati e desolati, i vostri idoli siano infranti e fatti scomparire, i vostri altari siano distrutti e le vostre opere siano spazzate via. I morti cadranno in mezzo a voi e voi riconoscerete che io sono l’Eterno. Tuttavia vi lascerò un residuo, poiché avrete alcuni che scamperanno dalla spada fra le nazioni, quando sarete dispersi in vari paesi. E i vostri scampati si ricorderanno di me fra le nazioni dove saranno condotti in cattività, perché sono stato fiaccato per il loro cuore adultero che si è allontanato da me e per i loro occhi che si prostituiscono dietro i loro idoli. Proveranno disgusto per se stessi per le malvagità da loro commesse in tutte le loro abominazioni. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno e che non invano ho parlato di fare loro questo male. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Batti le mani, pesta i piedi e di Ahimè, per tutte le malvagie abominazioni della casa d’Israele, perché cadranno di spada, di fame e di peste. Chi è lontano morirà di peste, chi è vicino cadrà di spada e chi è rimasto ed è assediato perirà di fame; cosí sfogherò il mio furore su di loro. Allora riconoscerete che io sono l’Eterno, quando i loro uccisi cadranno in mezzo ai loro idoli, attorno ai loro altari, sopra ogni alto colle, su tutte le sommità dei monti, sotto ogni albero verdeggiante, sotto ogni quercia frondosa, ovunque offrivano profumi odorosi a tutti i loro idoli. Cosí stenderò contro di loro la mia mano e renderò il paese desolato, sí, piú desolato del deserto di Diblah, in tutti i loro luoghi abitati; allora riconosceranno che io sono l’Eterno"«. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »E tu, figlio d’uomo, cosí dice il Signore, l’Eterno, al paese d’Israele: La fine! E’ giunta la fine sulle quattro estremità del paese. Ora ti sovrasta la fine e io manderò contro di te la mia ira, ti giudicherò secondo le tue vie e ti farò ricadere addosso tutte le tue abominazioni. Il mio occhio non ti risparmierà e non avrò pietà, ma ti farò ricadere addosso le tue vie, e le tue abominazioni saranno in mezzo a te; allora riconoscerete che io sono l’Eterno«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Una calamità, una calamità senza precedenti, ecco è venuta. La fine è giunta, la fine è giunta. Si è destata per te; ecco, è giunta. E’ giunta su di te la rovina, o abitante del paese. Il tempo è arrivato è vicino il giorno dei guai e non di grida di gioia sui monti. Ora, tra poco, verserò il mio furore su di te e sfogherò su di te la mia ira, ti giudicherò secondo le tue vie e ti farò ricadere addosso tutte le tue abominazioni. Il mio occhio non ti risparmierà e non avrò pietà, ma ti farò ricadere addosso le tue vie e le tue abominazioni saranno in mezzo a te; allora riconoscerete che io sono l’Eterno che colpisce. Ecco il giorno, eccolo giunto. E’ arrivata la rovina. La verga è fiorita, l’orgoglio è sbocciato. La violenza è cresciuta come verga di empietà. Non rimarrà nessuno di essi, nessuno della loro moltitudine, nessuno di essi; non ci sarà alcun lamento per loro. Il tempo è arrivato, il giorno si avvicina. Chi compra non si rallegri, chi vende non si addolori, perché un’ira ardente sovrasta su tutta la loro moltitudine. Poiché chi vende non tornerà in possesso di ciò che ha venduto, anche se rimarrà ancora in vita, perché la visione riguarda tutta la sua moltitudine e non sarà revocata, e nessuno potrà preservare la propria vita, vivendo nell’iniquità. Hanno suonato la tromba, e tutti sono pronti, ma nessuno va alla battaglia, perché l’ardore della mia ira è contro tutta la loro moltitudine. Di fuori la spada, di dentro la peste e la fame. Chi è nei campi morirà per la spada, chi è in città sarà divorato dalla fame e dalla peste. Ma i loro fuggiaschi che riusciranno a mettersi in salvo staranno su per i monti come le colombe della valle, tutti gemendo ciascuno per la propria iniquità. Tutte le mani diverranno fiacche e tutte le ginocchia saranno deboli come acqua. Si vestiranno di sacco e lo spavento li coprirà, la vergogna sarà su tutti i volti e la calvizie su tutte le loro teste. Getteranno il loro argento per le strade e il loro oro diventerà un’immondezza. Il loro argento e il loro oro non li potranno salvare nel giorno del furore dell’Eterno non potranno saziare la loro anima né riempire il loro ventre, perché la loro iniquità è divenuta una causa d’intoppo. Hanno fatto della bellezza dei loro ornamenti un motivo di orgoglio, ne hanno fatto immagini delle loro abominazioni e i loro idoli esecrandi. Per questo li renderò per loro un’immondezza, e li darò come preda nelle mani degli stranieri e come bottino agli empi della terra che lo profaneranno. Distoglierò da loro la mia faccia ed essi profaneranno il mio luogo segreto; vi entreranno uomini violenti e lo profaneranno. Prepara una catena, perché il paese è pieno di delitti di sangue e la città è piena di violenza. Farò venire le nazioni malvagie che s’impadroniranno delle loro case; farò venir meno la superbia dei potenti e i loro luoghi sacri saranno profanati. La distruzione giunge. Essi cercheranno la pace, ma non vi sarà. Verrà calamità su calamità, e ci saranno cattive notizie dietro cattive notizie. Allora chiederanno una visione a un profeta, ma la legge verrà meno al sacerdote e il consiglio agli anziani. Il re sarà in lutto, il principe si vestirà di desolazione e le mani del popolo del paese saranno prese da spavento. Io li tratterò secondo la loro condotta e li giudicherò secondo i loro giudizi; allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. Nel sesto anno, nel sesto mese, il cinque del mese, avvenne che mentre ero seduto in casa mia e gli anziani di Giuda stavano seduti di fronte a me, la mano del Signore, l’Eterno, cadde in quel luogo su di me. Io guardai, ed ecco una figura di uomo dall’aspetto di fuoco; da ciò che sembravano i suoi lombi, in giú pareva di fuoco, e da ciò che sembravano i suoi lombi in su pareva splendente come il colore di bronzo incandescente, Egli stese una forma di mano e mi afferrò per una ciocca dei miei capelli, e lo Spirito mi sollevò fra terra e cielo e mi trasportò in visioni di DIO a Gerusalemme, all’ingresso della porta interna che guarda a nord, dove era posto l’idolo della gelosia, che provoca a gelosia. Ed ecco, là era la gloria del DIO d’Israele, simile alla visione che avevo visto nella pianura. Quindi egli mi disse: »Figlio d’uomo, alza ora i tuoi occhi verso il nord«. Cosí alzai i miei occhi verso il nord, ed ecco, a nord della porta dell’altare, proprio all’ingresso, c’era l’idolo della gelosia. Ed egli mi disse: »Figlio d’uomo, vedi ciò che fanno costoro, le grandi abominazioni che qui commette la casa d’Israele e che mi fanno allontanare dal mio santuario? Ma tu vedrai abominazioni ancora piú grandi«. Cosí egli mi condusse all’ingresso del cortile. Io guardai, ed ecco un buco nella parete. Allora mi disse: »Figlio d’uomo, fa’ un foro nella parete«. Cosí feci un foro nella parete, ed ecco un’apertura. Egli mi disse: »Entra e guarda le malvagie abominazioni che costoro commettono qui«. Cosí entrai a guardare, ed ecco ogni sorta di rettili e di bestie abominevoli e tutti gl’idoli della casa d’Israele, intagliati tutt’intorno sulla parete. E davanti ad essi stavano settanta uomini fra gli anziani della casa d’Israele, in mezzo ai quali era Jaazaniah, figlio di Shafan, ciascuno con il suo turibolo in mano, dal quale saliva una densa nuvola d’incenso. Quindi mi disse: »Figlio d’uomo, hai visto ciò che gli anziani della casa d’Israele fanno nell’oscurità, ciascuno nella camera delle sue immagini? Infatti dicono: »L’Eterno non ci vede, l’Eterno ha abbandonato il paese. Poi mi disse: »Tu vedrai abominazioni ancora piú grandi che commettono«. Allora mi condusse all’ingresso della porta della casa dell’Eterno, che è verso il nord; ed ecco, là sedevano donne che piangevano Tammuz. Quindi mi disse: »Hai visto, figlio d’uomo? Tu vedrai abominazioni ancora piú grandi di queste«. Allora mi condusse nel cortile interno della casa dell’Eterno; ed ecco, all’ingresso del tempio, dell’Eterno, fra il portico e l’altare, circa venticinque uomini, con le spalle voltate al tempio dell’Eterno e la faccia rivolta a est, che adoravano il sole a est. Poi mi disse: »Hai visto, figlio d’uomo? E’ forse piccola cosa per la casa di Giuda commettere le abominazioni che commette qui? Essi infatti hanno riempito il paese di violenza e mi hanno ripetutamente provocato ad ira. Ed ecco, si portano il ramo al naso. Perciò anch’io agirò con furore; il mio occhio non avrà compassione e non userò alcuna pietà. Anche se faranno pervenire alte grida ai miei orecchi, non li ascolterò«. Poi gridò ad alta voce ai miei orecchi, dicendo: »Fate avvicinare quelli che devono punire la città, ognuno con la sua arma di distruzione in mano«. Ed ecco venire dalla direzione della porta superiore che guarda a nord sei uomini, ognuno con la sua arma di sterminio in mano. In mezzo a loro stava un uomo vestito di lino, che aveva un calamaio di corno da scriba, al fianco. Appena giunti, si fermarono presso l’altare di bronzo. Allora la gloria del DIO d’Israele, si alzò dal cherubino, sul quale stava, andando verso la soglia del tempio. Egli chiamò l’uomo vestito di lino, che aveva il calamaio di corno da scriba al fianco, e l’Eterno disse: »Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme, e fa’ un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono nel suo mezzo«. E agli altri disse, in modo che io sentissi: »Passate per la città dietro di lui e colpite; il vostro occhio non abbia compassione e non usate alcuna pietà. Uccidete fino allo sterminio vecchi giovani, vergini, bambini e donne, ma non avvicinatevi ad alcuno su cui ci sia il segno; incominciate dal mio santuario«. Cosí essi incominciarono dagli anziani, che erano davanti al tempio. Quindi disse loro: »Contaminate il tempio e riempite di uccisi i cortili. Uscite!«. Essi allora uscirono e fecero strage nella città. Mentre essi facevano strage ed io ero rimasto solo, caddi sulla mia faccia e gridai, dicendo: »Ah, Signore, Eterno, distruggerai tu tutto il residuo d’Israele, riversando il tuo furore su Gerusalemme?«. Egli mi rispose: »L’iniquità della casa d’Israele e di Giuda è estremamente grande; il paese è pieno di sangue e la città è piena di depravazione. Infatti dicono: »L’Eterno ha abbandonato il paese, l’Eterno non vede«. Perciò anche il mio occhio non avrà compassione e non userò alcuna pietà, ma farò ricadere sul loro capo la loro condotta«. Ed ecco l’uomo vestito di lino, che aveva un calamaio di corno da scriba al fianco, fece il suo rapporto, dicendo: »Ho fatto come mi hai comandato«. Io guardavo ed ecco, sul firmamento che stava sopra il capo dei cherubini, appariva sopra di essi come una pietra di zaffiro che somigliava nella forma a un trono. L’Eterno parlò quindi all’uomo vestito di lino e disse: »Va’ fra le ruote sotto il cherubino, riempiti le mani di carboni ardenti che sono fra i cherubini e spargili sulla città«. Ed egli vi andò mentre io guardavo. Quando l’uomo entrò, i cherubini stavano sulla destra del tempio e la nuvola riempiva il cortile interno. Quindi la gloria dell’Eterno si alzò sopra il cherubino muovendo verso la soglia del tempio; allora il tempio fu ripieno della nuvola e il cortile fu ripieno dello splendore della gloria dell’Eterno. Il rumore delle ali dei cherubini fu udito fin nel cortile esterno, come la voce di Dio onnipotente quando parla. Ora, quando l’Eterno ebbe comandato all’uomo vestito di lino, dicendo: »Prendi il fuoco fra le ruote che sono tra i cherubini«, egli andò a fermarsi vicino a una ruota. Allora un cherubino stese la mano fra i cherubini verso il fuoco che era fra i cherubini, ne prese e lo mise nelle mani dell’uomo vestito di lino, che lo ricevette ed uscí. Ora i cherubini sembravano avere la forma di una mano d’uomo sotto alle ali. Guardai ancora ed ecco, a fianco dei cherubini vi erano quattro ruote, una ruota a fianco di ogni cherubino e un’altra ruota per ogni altro cherubino; le ruote avevano l’aspetto di una pietra di topazio. Sembravano avere tutt’e quattro la medesima forma, come se una ruota fosse in mezzo all’altra. Quando si muovevano, andavano verso una delle loro quattro direzioni e andando non si voltavano, ma seguivano la direzione verso la quale la testa era rivolta e, andando, non si voltavano. Tutto il loro corpo, il loro dorso, le loro mani, le loro ali e le ruote, erano pieni di occhi tutt’intorno, sí, le ruote stesse che i quattro avevano. Io udii che le ruote erano chiamate »Turbine«. Ogni cherubino aveva quattro facce: la prima faccia era faccia di cherubino, la seconda faccia era faccia d’uomo, la terza faccia di leone, la quarta faccia di aquila. Poi i cherubini si alzarono. Essi erano gli stessi esseri viventi che avevo visto presso il fiume Kebar. Quando i cherubini si muovevano, anche le ruote si muovevano al loro fianco e, quando i cherubini spiegavano le ali per alzarsi da terra, le ruote non si allontanavano dal loro fianco. Quando essi si fermavano, si fermavano anch’esse; quando essi si alzavano, si alzavano anch’esse con loro, perché lo spirito degli esseri viventi era in esse. La gloria dell’Eterno si allontanò quindi dalla soglia del tempio e si fermò sui cherubini. Poi i cherubini spiegarono le loro ali e si sollevarono da terra sotto i miei occhi; mentre si allontanavano anche le ruote erano accanto a loro. Si fermarono quindi all’ingresso della porta che guarda a est della casa dell’Eterno, mentre la gloria del DIO d’Israele, stava in alto su di loro. Erano gli stessi esseri viventi che avevo visto sotto il DIO d’Israele presso il fiume Kebara e riconobbi che erano cherubini. Ognuno di loro aveva quattro facce, ognuno quattro ali, e sotto le loro ali appariva la forma di mani d’uomo. Quanto all’aspetto delle loro facce, erano le stesse facce che avevo visto presso il fiume Kebar; erano le stesse loro sembianze e gli stessi cherubini. Ognuno andava diritto davanti a sé. Poi lo Spirito mi sollevò e mi trasportò alla porta orientale della casa dell’Eterno che guarda a est; ed ecco, all’Ingresso della porta c’Erano venticinque uomini, tra i quali vidi Jaazaniah, figlio di Azzur, e Pelatiah, figlio di Benaiah, capi del popolo. Egli mi disse: »figlio d’uomo, questi sono gli uomini che tramano il male e danno cattivi consigli in questa città. Essi dicono: »Il tempo non è vicino. Edifichiamo case! Questa città è la pentola e noi siamo la carne«. Perciò profetizza contro di loro, profetizza, figlio d’uomo«. Quindi lo Spirito dell’Eterno cadde su di me e mi disse: »Di Cosí dice l’Eterno: Voi dite cosí, o casa d’Israele, e io conosco le cose che vi passano per la mente. Voi avete moltiplicato quelli da voi trafitti a morte in questa città e avete riempito di uccisi le sue strade«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »I vostri uccisi che avete ammucchiato in mezzo ad essa sono la carne e questa città è la pentola, ma io vi farò uscire dal suo mezzo. Voi avete paura della spada, e io farò venire su di voi la spada«, dice il Signore, l’Eterno. »Io vi farò uscire dal suo mezzo, vi darò in mano di stranieri ed eseguirò su di voi i miei giudizi. Voi cadrete di spada, vi giudicherò sui confini d’Israele; allora riconoscerete, che io sono l’Eterno. Questa città non sarà per voi una pentola e voi non sarete la carne nel suo mezzo; io vi giudicherò sui confini d’Israele. Allora riconoscerete che io sono l’Eterno, perché non avete camminato nei miei statuti né avete eseguito le mie leggi, ma avete agito secondo le leggi delle nazioni che vi circondano«. Or avvenne che, mentre io profetizzavo, Pelatiah, figlio di Benaiah, morí. Allora mi gettai con la faccia a terra e gridai ad alta voce, dicendo: »Ah, Signore, Eterno, vuoi distruggere completamente il residuo d’Israele?«. Allora la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, i tuoi fratelli, i tuoi stessi parenti, quelli con te redenti e tutta la casa d’Israele sono coloro ai quali gli abitanti di Gerusalemme hanno detto: Allontanatevi pure dall’Eterno; questo paese ci è stato dato in eredità. Perciò di Cosí dice il Signore, l’Eterno: Benché io li abbia allontanati fra le nazioni e li abbia dispersi in paesi stranieri, io sarò per loro per un po’ di tempo un santuario nei paesi dove sono andati. Perciò di Cosí dice il Signore, l’Eterno: Vi raccoglierò fra i popoli, vi radunerò dai paesi in cui siete stati dispersi e vi darò la terra d’Israele. Essi vi ritorneranno e toglieranno via tutte le sue cose esecrande e tutte le sue abominazioni. E io darò loro un altro cuore e metterò dentro di loro un nuovo spirito toglierò via dalla loro carne il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne, perché camminino nei miei statuti e osservino le mie leggi e le mettano in pratica; allora essi saranno il mio popolo e io sarò il loro DIO. Ma quanto a quelli il cui cuore esegue le loro cose esecrande e le loro abominazioni, farò ricadere sul loro capo la loro condotta«, dice il Signore, l’Eterno. Poi i cherubini spiegarono le loro ali e le ruote si mossero accanto a loro, e la gloria del DIO d’Israele stava in alto su di loro. La gloria dell’Eterno si alzò dal mezzo della città e si fermò sul monte che è ad est della città. Quindi lo Spirito mi sollevò e mi trasportò in Calde fra quelli che erano in cattività, in una visione per lo Spirito di DIO, e la visione che avevo visto scomparve davanti a me levandosi in alto; e io riferii a quelli che erano in cattività tutte le cose che l’Eterno mi aveva fatto vedere. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, tu abiti in mezzo a una casa ribelle, che hanno occhi per vedere ma non vedono, orecchi per udire ma non odono, perché sono una casa ribelle, Perciò, figlio d’uomo, preparati un bagaglio da esule e va’ in esilio di giorno sotto i loro occhi. Tu partirai per l’esilio dal luogo dove stai a un altro luogo sotto i loro occhi; forse si renderanno conto che sono una casa ribelle. Porterai dunque fuori di giorno, sotto i loro occhi, il tuo bagaglio, come il bagaglio di uno che va in esilio; poi alla sera uscirai sotto i loro occhi, come quelli che vanno in esilio. Fa’ un foro nella parete sotto i loro occhi e attraverso questo porta fuori il tuo bagaglio. Lo porterai sulle spalle sotto i loro occhi, lo porterai fuori al buio; ti coprirai la faccia per non vedere la terra, perché ho fatto di te un segno per la casa d’Israele«, Io feci esattamente come mi era stato comandato: di giorno portai fuori il mio bagaglio, come il bagaglio di uno che va in esilio e alla sera feci un foro nella parete con le mani; quando fu buio portai fuori il bagaglio e me lo misi sulle spalle sotto i loro occhi. Al mattino la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, non ti ha chiesto la casa d’Israele, questa casa ribelle: »che cosa fai?« Di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Questo oracolo riguarda il principe che è in Gerusalemme e tutta la casa d’Israele che vi abita«. Di’ Io sono un segno per voi, come ho fatto io, cosí sarà fatto a loro: essi andranno in esilio, in cattività. Il principe che è in mezzo a loro porterà il suo bagaglio sulle spalle al buio e uscirà; faranno un foro nella parete per farlo uscire attraverso di esso, egli si coprirà la faccia per non vedere con i suoi occhi la terra. Ma io stenderò la mia rete su di lui ed egli sarà preso nel mio laccio, lo condurrò quindi a Babilonia, nel paese dei Caldei, egli però non la vedrà e là morirà. Disperderò a tutti i venti quelli che gli stanno intorno per aiutarlo e tutte le sue truppe, e snuderò la spada dietro a loro. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno quando li avrò disseminati tra le nazioni e dispersi nei vari paesi. Ma ne risparmierò un piccolo numero dalla spada, dalla fame e dalla peste, affinché raccontino tutte le loro abominazioni tra le nazioni dove andranno; allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, mangia il tuo pane con tremore e bevi la tua acqua con trepidazione e con ansietà. Dirai quindi al popolo del paese: Cosí dice il Signore, l’Eterno, agli abitanti di Gerusalemme, nella terra d’Israele: Mangeranno il loro pane nell’afflizione e berranno la loro acqua nel terrore, perché il loro paese sarà spogliato di tutto ciò che contiene per la malvagità di tutti quelli che l’abitano. Le città abitate saranno distrutte e il paese sarà desolato; cosí riconoscerete che io sono l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo: Che cos’è questo detto che avete riguardo al paese d’Israele e che afferma: I giorni si prolungano e ogni visione viene meno? Perciò di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Io farò cessare questo detto, e non lo proferiranno piú in Israele. Anzi di’ loro: Si avvicinano i giorni e l’attuazione della parola di ogni visione, perché non ci sarà piú nessuna visione falsa né divinazione ingannevole in mezzo alla casa d’Israele. Poiché io, l’Eterno, parlerò, e la parola che pronuncerò si compirà senza alcun indugio. Sí, nei vostri giorni, o casa ribelle, io pronuncerò una parola e la manderò a compimento«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, ecco, la casa d’Israele dice: »La visione che costui vede riguarda molti giorni nel futuro, ed egli profetizza per tempi lontani«. Perciò di’ loro: Cosí dice il Signore l’Eterno: Nessuna delle mie parole sarà piú rinviata, ma la parola che pronuncerò sarà mandata a compimento«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, profetizza contro i profeti d’Israele che profetizzano e di’ a quelli che profetizzano secondo il loro cuore: Ascoltate la parola dell’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno: Guai ai profeti stolti che seguono il loro spirito senza aver visto nulla. O Israele, i tuoi profeti sono stati come volpi nei deserti. Voi non siete saliti sulle brecce né avete costruito alcun muro intorno alla casa d’Israele, per resistere nella battaglia nel giorno dell’Eterno. Hanno avuto visioni false e divinazioni bugiarde e dicono: »L’Eterno ha detto« mentre l’Eterno non li ha mandati. Tuttavia essi sperano che la loro parola si adempi. Non avete forse avuto visioni false e non avete proferito divinazioni bugiarde? Voi dite: »L’Eterno ha detto« ma io non ho parlato«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché avete proferito falsità e avete avuto visioni bugiarde, eccomi contro di voi«, dice il Signore, l’Eterno. »La mia mano sarà contro i profeti che hanno visioni false e proferiscono divinazioni bugiarde. Essi non faranno piú parte al consiglio del mio popolo, non saranno piú scritti nel registro della casa d’Israele e non entreranno nel paese d’Israele; allora riconoscerete che io sono il Signore, l’Eterno. Poiché, sí, poiché hanno fatto sviare il mio popolo, dicendo: »Pace« quando non c’è pace, e quando uno costruisce un muro, essi lo intonacano di malta che non regge, di’ a quelli che lo intonacano di malta che non regge, che esso cadrà: Verrà una pioggia scrosciante e voi, o pietre di grandine, cadrete; si scatenerà un vento tempestoso. ed ecco, quando il muro cadrà, non vi si dirà forse: »Dov’è la malta con cui l’avevate intonacato?««. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Nel mio furore farò scatenare un vento tempestoso, nella mia ira farò cadere una pioggia scrosciante e nel mio furore delle pietre di grandine per un completo sterminio. Cosí demolirò il muro che avete intonacato con malta che non regge, lo rovescerò a terra, e le sue fondamenta saranno scoperte, esso cadrà e voi sarete distrutti insieme ad esso, allora riconoscerete che io sono l’Eterno. Cosí sfogherò il mio furore sul muro e su quelli che l’hanno intonacato di malta che non regge; e vi dirò: il muro non c’è piú e neppure quelli che lo intonacavano, cioè i profeti d’Israele che profetizzavano su Gerusalemme e avevano per essa visioni di pace, mentre non c’èra pace"«, dice il Signore, l’Eterno. »Ora tu, figlio d’uomo, volgi la faccia verso le figlie del tuo popolo che profetizzano secondo il loro cuore e profetizza contro di loro. e di’ Cosí dice il Signore, l’Eterno: Guai alle donne che cuciono fasce a tutti i polsi e fanno veli per le teste di ogni altezza per dar la caccia alle anime. Credete voi di dar la caccia alle anime del mio popolo e salvare le vostre vite? Voi mi profanate in mezzo al mio popolo per delle manciate d’orzo e per dei pezzi di pane, facendo morire anime che non dovrebbero morire e facendo vivere anime che non dovrebbero vivere, mentendo al mio popolo, che dà ascolto alle menzogne«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io sono contro le vostre fasce con le quali date la caccia alle anime come a uccelli; le strapperò dalle vostre braccia e metterò in libertà le anime, quelle anime alle quali date la caccia come a uccelli. Strapperò pure i vostri veli e libererò il mio popolo dalle vostre mani, ed essi non saranno piú come preda nelle vostre mani, allora riconoscerete che io sono l’Eterno. Infatti avete rattristato il cuore del giusto con menzogne, quando io non lo rattristavo, e avete fortificato le mani dell’empio, perché non si convertisse dalla sua via malvagia per rimanere in vita. Perciò non avrete piú visioni false e non praticherete piú la divinazione, e io libererò il mio popolo dalle vostre mani; allora riconoscerete che io sono l’Eterno«. Poi vennero da me alcuni anziani d’Israele e sedettero davanti a me. Allora la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, questi uomini hanno eretto i loro idoli nel loro cuore e hanno posto davanti a sé l’intoppo che li fa cadere nell’iniquità. Mi lascerò dunque consultare da costoro? Perciò parla e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Chiunque della casa d’Israele erige i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sè l’intoppo che lo fa cadere nell’iniquità e poi viene dal profeta, gli risponderò io, l’Eterno, a proposito di questo, secondo la moltitudine dei suoi idoli per far presa sui cuori di quelli della casa d’Israele che si sono allontanati da me a motivo di tutti i loro idoli. Perciò di’ alla casa d’Israele: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Convertitevi, allontanatevi dai vostri idoli e distogliete la faccia da tutte le vostre abominazioni. Poiché, se un individuo qualsiasi della casa d’Israele o degli stranieri che risiedono in Israele si separa da me, erige i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l’intoppo che lo fa cadere nell’iniquità e poi viene dal profeta per consultarmi per suo mezzo, gli risponderò io, l’Eterno da me stesso. Volgerò la mia faccia contro quell’uomo, ne farò un segno e un proverbio e lo sterminerò di mezzo al mio popolo; allora riconoscerete che io sono l’Eterno. Ma se il profeta si lascia sedurre e dice qualche parola, io l’Eterno, ho sedotto quel profeta; stenderò quindi la mia mano contro di lui e lo distruggerò di mezzo al mio popolo d’Israele. Ambedue porteranno la pena della loro iniquità: la pena del profeta sarà uguale alla pena di chi lo consulta, affinché quelli della casa d’Israele, non vadano più errando lontano da me e non si contaminino piú con tutte le loro trasgressioni, ma siano mio popolo e io sia il loro DIO«, dice il Signore l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, se un paese pecca contro di me essendo ripetutamente infedele, io stenderò la mia mano contro di lui, gli spezzerò il sostegno del pane, gli manderò contro la fame e ne sterminerò uomini e bestie. Anche se nel suo mezzo ci fossero questi tre uomini, Noè, Daniele e Giobbe per la loro giustizia salverebbero unicamente se stessi«, dice il Signore, l’Eterno. »Se invece facessi passare per quel paese delle bestie feroci che lo spopolassero e diventasse una desolazione, dove piú nessuno passasse a motivo di quelle bestie anche se nel suo mezzo ci fossero quei tre uomini, com vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »essi non salverebbero né figli né figlie; salverebbero unicamente se stessi, ma il paese sarebbe una desolazione. Oppure se facessi venire la spada contro quel paese e dicessi: »Passi la spada per il paese« e ne sterminasse uomini e bestie, anche se nel suo mezzo ci fossero quei tre uomini, com vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno »essi non salverebbero né figli né figlie, ma salverebbero unicamente se stessi. Oppure se mandassi contro quel paese la peste e riversassi su di esso il mio furore facendo strage e sterminando uomini e bestie, anche se nel suo mezzo ci fossero Noè, Daniele e Giobbe, com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno »essi non salverebbero né figli né figlie; per la loro giustizia salverebbero unicamente se stessi«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »Lo stesso avverrà quando manderò contro Gerusalemme, i miei quattro tremendi giudizi, la spada, la fame, le bestie feroci e la peste, per sterminare uomini e bestie. Ma ecco, vi sarà lasciato un residuo che sarà condotto fuori, figli e figlie; essi verranno da voi e voi vedrete la loro condotta e le loro azioni. Allora sarete consolati del male che ho fatto venire su Gerusalemme, per tutto ciò che ho fatto venire su di lei. Essi vi consoleranno quando vedrete la loro condotta e le loro azioni. Cosí riconoscerete che non senza ragione ho fatto quel che ho fatto in mezzo a lei«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, cos’è mai il legno della vite a confronto di tutti gli altri alberi o di qualsiasi ramo che si trova fra gli alberi della foresta? Si può forse prendere il legno per fare qualche lavoro? Si può ricavarne un piolo per appendervi qualche oggetto? Ecco lo si getta nel fuoco a bruciare; il fuoco ne divora due capi e la sua parte centrale è carbonizzata. Può essere mai utile per qualche lavoro? Ecco se quando era intero non serviva per alcun lavoro, quanto meno potrà servire per qualche lavoro, quando il fuoco l’ha divorato e carbonizzato. Perciò, cosí dice il Signore, l’Eterno: Come il legno della vite fra gli alberi della foresta l’ho destinato ad essere bruciato nel fuoco, cosí farò con gli abitanti di Gerusalemme. Volgerò contro di loro la mia faccia. Sono usciti da un fuoco, ma un’altro fuoco li divorerà. Allora riconoscerete che io sono l’Eterno, quando volgerò contro di loro la mia faccia. Cosí renderò il paese una desolazione, perché sono stati ripetutamente infedeli«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta dicendo: »Figlio d’uomo, fa’ conoscere a Gerusalemme le sue abominazioni, e di’: »Cosí dice il Signore, l’Eterno a Gerusalemme: La tua origine e la tua nascita sono dal paese di Canaan; tuo padre era un Amorreo e tua madre una Hittea. Alla tua nascita, il giorno in cui fosti partorita, non ti fu tagliato l’ombelico, non fosti lavata con acqua per pulirti, non fosti sfregata con sale né fosti avvolta in fasce. Nessun occhio ebbe alcun riguardo di te per farti una sola di queste cose, avendo compassione di te; il giorno in cui nascesti tu fosti invece gettata in aperta campagna, per la ripugnanza che avevano nei tuoi confronti. Io ti passai vicino, vidi che ti dibattevi nel sangue e ti dissi mentre eri nel tuo sangue: »Vivi!« Sí, ti dissi mentre eri nel tuo sangue: »Vivi!«. Ti feci crescere a miriadi come i germogli dei campi; e tu crescesti, ti facesti grande e diventasti molto bella. Il tuo seno si formò la tua capigliatura crebbe abbondante ma tu eri nuda e nel bisogno. Io ti passai vicino e ti guardai, ed ecco, il tuo tempo era il tempo dell’amore. Cosí stesi il lembo della mia veste su di te e copersi la tua nudità, ti feci un giuramento, stabilii un patto con te e tu divenisti mia«, dice il Signore, l’Eterno. »Ti lavai con acqua, ti ripulii interamente del sangue e ti unsi con olio. Ti feci quindi indossare vesti ricamate, ti misi calzari di pelle di tasso, ti cinsi il capo di lino fino e ti ricopersi di seta. Ti abbellii di ornamenti ti misi i braccialetti ai polsi e una collana al collo. Ti misi un anello al naso, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul capo Cosí fosti adorna d’oro e d’argento e fosti rivestita di lino fino di seta e di ricami. Tu mangiasti fior di farina, miele e olio; diventasti molto, molto bella e giungesti fino a regnare. La tua fama si diffuse tra le nazioni per la tua bellezza, che era perfetta, a motivo del mio splendore che avevo riposto su di te«, dice il Signore, l’Eterno. Ma tu ponesti la fiducia nella tua bellezza e ti prostituisti a motivo della tua fama e prodigasti le tue prostituzioni a ogni passante, che era consenziente. Tu prendesti alcune delle tue vesti, ti facesti degli alti luoghi di vari colori e su di essi ti prostituisti, cose che non avrebbero dovuto accadere e neppure esserci. Prendesti pure i tuoi bei gioielli fatti del mio oro e del mio argento, che io ti avevo dato, te ne facesti delle immagini d’uomo e ad esse ti prostituisti; poi prendesti le tue vesti ricamate, le ricopristi e offristi davanti ad esse il mio olio e il mio incenso. Anche il mio pane che ti avevo dato, il fior di farina, l’olio e il miele di cui ti nutrivo, li ponesti davanti ad esse come un profumo di soave odore; cosí è avvenuto«, dice il Signore, l’Eterno. »Inoltre prendesti i tuoi figli e le tue figlie che mi avevi partorito e li sacrificasti loro per essere divorati. Erano forse poca cosa le tue prostituzioni, che tu dovesti scannare i miei figli e offrirli loro facendoli passare per il fuoco? Con tutte le tue abominazioni e le tue prostituzioni non ti sei ricordata dei giorni della tua giovinezza, quando eri nuda e nel bisogno e ti dibattevi nel sangue. Ora dopo tutta la tua malvagità, Guai, guai a te!«, dice il Signore, l’Eterno; »in ogni piazza ti sei costruita una nicchia e ti sei fatta un alto luogo; all’inizio di ogni strada hai costruito un alto luogo, hai reso abominevole la tua bellezza, e hai allargato le tue gambe ad ogni passante, moltiplicando le tue prostituzioni. Ti sei pure prostituita agli Egiziani, tuoi corpulenti vicini, e hai moltiplicato le tue prostituzioni per provocarmi ad ira. Perciò, ecco, io ho steso la mia mano contro di te, ho diminuito la tua porzione assegnata e ti ho dato in balìa di quelli che ti odiano, le figlie dei Filistei, che hanno vergogna della tua condotta scellerata. Non ancora soddisfatta, ti sei prostituita agli Assiri; sí, ti sei prostituita a loro, senza però essere soddisfatta. Cosí hai moltiplicato le tue prostituzioni col paese di Canaan fino in Caldea, ma neppure con questo sei stata soddisfatta. Com’è depravato il tuo cuore«, dice il Signore, l’Eterno, »nel fare tutte queste cose da sfacciata prostituta! Ti costruivi la nicchia all’inizio di ogni strada e ti facevi gli alti luoghi in ogni piazza, però non eri come una prostituta, perché disprezzavi la paga, ma come una donna adultera, che invece di suo marito accoglie gli stranieri. A tutte le prostitute si fanno regali, ma tu hai fatto regali a tutti i tuoi amanti e con doni li hai indotti a venire a te da ogni parte per le tue prostituzioni. Nelle tue prostituzioni ti sei comportata al contrario delle altre donne: nessuno ti correva dietro per prostituirsi in quanto tu davi la paga invece di ricevere la paga, cosí ti sei comportata al contrario delle altre«. Perciò, o prostituta ascolta la parola dell’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché il tuo denaro è stato sperperato e la tua nudità scoperta nelle tue prostituzioni con i tuoi amanti e con tutti i tuoi idoli abominevoli e a motivo del sangue dei tuoi figli che hai loro offerto, ecco, io radunerò tutti i tuoi amanti con i quali hai provato piacere, tutti quelli che hai amato insieme a quelli che hai odiato; li radunerò da ogni parte contro di te e scoprirò davanti a loro la tua nudità, perché essi vedano tutta la tua nudità. Ti giudicherò come si giudicano le adultere e quelle che spandono sangue e farò venire su di te il sangue del furore e della gelosia. Ti darò quindi nelle loro mani ed essi abbatteranno la tua nicchia e demoliranno i tuoi alti luoghi, ti spoglieranno inoltre delle tue vesti, porteranno via i tuoi splendidi gioielli e ti lasceranno nuda e nel bisogno. Poi faranno salire contro di te una moltitudine e ti lapideranno con pietre e ti trafiggeranno con le loro spade. Daranno alle fiamme le tue case ed eseguiranno giudizi su di te sotto gli occhi di molte donne; ti farò smettere dal prostituirti e non darai piú alcuna paga. Cosí placherò il mio furore su di te e la mia gelosia si allontanerà da te; mi acqueterò e non mi adirerò piú. Poiché tu non ti sei ricordata dei giorni della tua giovinezza e mi hai fatto infuriare con tutte queste cose, ecco, anch’io ti farò ricadere sul capo, le tue azioni«, dice il Signore, l’Eterno, »cosí non commetterai altre scelleratezze oltre tutte le tue abominazioni. Chiunque proferirà proverbi, proferirà questo proverbio contro di te: »Quale la madre, tale la figlia«. Tu sei veramente figlia di tua madre che ha rigettato il proprio marito e i propri figli, e sei sorella delle tue sorelle che hanno rigettato i loro mariti e i loro figli. Vostra madre era una Hittea e vostro padre un Amorreo. Tua sorella maggiore è Samaria, che con le sue figlie abita alla tua sinistra; tua sorella minore è Sodoma, che con le sue figlie abita alla tua destra. Tu non soltanto hai camminato nelle loro vie e commesso le loro abominazioni ma, come se questo fosse troppo poco, in tutte le tue vie ti sei corrotta piú di loro. Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »tua sorella Sodoma e le sue figlie non hanno fatto ciò che hai fatto tu con le tue figlie. Ecco, questa fu l’iniquità di tua sorella Sodoma: lei e le sue figlie vivevano nell’orgoglio, nell’abbondanza del pane e in una grande indolenza, ma non sostenevano la mano dell’afflitto e del povero. Erano altezzose e commettevano abominazioni davanti a me; perciò le tolsi di mezzo, quando vidi ciò. Samaria non ha neppure commesso la metà dei tuoi peccati; tu hai moltiplicato le tue abominazioni piú di loro e hai giustificato le tue sorelle con tutte le abominazioni che hai commesso. Tu, che hai giudicato le tue sorelle, porta il tuo vituperio, perché con i peccati che hai commesso ti sei resa piú abominevole di loro; esse sono piú giuste di te. Su vergognati e porta il tuo vituperio, perché hai giustificato le tue sorelle. Quando farò ritornare i loro prigionieri, i prigionieri di Sodoma e le sue figlie, i prigionieri di Samaria e le sue figlie, allora farò ritornare anche i prigionieri della tua cattività che sono in mezzo a loro, affinché porti il tuo vituperio e ti vergogni di tutto ciò che hai fatto, quando le hai confortate. Quando le tue sorelle, Sodoma e le sue figlie, ritorneranno nella loro condizione di prima e Samaria e le sue figlie ritorneranno nella loro condizione di prima, anche tu e le tue figlie ritornerete nella vostra condizione di prima. Tua sorella Sodoma non era neppure menzionata dalla tua bocca nei giorni del tuo orgoglio, prima che la tua malvagità fosse messa a nudo, come avvenne quando fosti oltraggiata dalle figlie della Siria e da tutti quelli intorno ad essa, dalle figlie dei Filistei, che ti disprezzavano da ogni parte. Tu porti la pena della tua scelleratezza e delle tue abominazioni«, dice l’Eterno. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »Io farò a te come hai fatto tu, che hai disprezzato il giuramento rompendo il patto«. »Tuttavia mi ricorderò del patto stabilito con te nei giorni della tua giovinezza e stabilirò con te un patto eterno. Allora ti ricorderai della tua condotta e ti vergognerai, quando riceverai le tue sorelle, quelle che sono piú grandi e quelle che sono piú piccole di te; e io le darò a te per figlie, ma non in virtú del tuo patto. IO stabilirò il mio patto con te e tu riconoscerai che io sono l’Eterno perché ti ricordi, ti vergogni e non apra piú la tua bocca a motivo della tua confusione quando avrò fatto espiazione per tutto ciò che hai fatto«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu rivolta dicendo: »Figlio d’uomo, proponi un enigma e racconta una parabola alla casa d’Israele, e di’ Cosí dice il Signore l’Eterno: Una grande aquila dalle grandi ali e dalle lunghe penne, ricoperta di piume di svariati colori andò al Libano e tolse la cima di un cedro; staccò il piú alto dei suoi ramoscelli, lo portò in un paese di commercio e lo pose in una città di mercanti. Poi prese un po’ di seme del paese e lo piantò in un campo fertile, lo collocò presso acque abbondanti e lo piantò come un salice. Esso crebbe e divenne una vite estesa ma bassa, i cui rami erano rivolti verso l’aquila, mentre le sue radici erano sotto di essa. Cosí diventò una vite che fece rami e mise fronde. Ma c’era un’altra grande aquila, dalle grandi ali e dalle molte piume, ed ecco questa vite rivolse le sue radici verso di essa e distese i suoi rami verso di essa perché l’irrigasse dal solco dov’era piantata. Essa era piantata in un buon terreno presso acque abbondanti, perché potesse mettere rami, portare frutto e diventare una vite magnifica. Di’ Cosí dice il Signore l’Eterno. Potrà prosperare? L’aquila non sradicherà forse le sue radici e non taglierà via i suoi frutti per lasciare che si secchi? Cosí tutte le foglie che ha messo si seccheranno. Non ci vorrà tanta forza né molta gente per svellerla dalle radici. Ecco, essa è piantata. Potrà prosperare? Non si seccherà forse completamente, quando il vento dell’est la toccherà? Seccherà nel solco dov’era cresciuta!«. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Di’ dunque a questa casa ribelle: Non capite cosa significano queste cose? Di’ loro: Ecco, il re di Babilonia è venuto a Gerusalemme, ne ha preso il re e i capi e li ha condotti con sé a Babilonia. Poi ha preso uno di stirpe reale, ha stabilito un patto con lui e gli ha fatto prestare giuramento, Egli ha portato via anche gli uomini potenti del paese, perché il regno fosse abbassato e non si innalzasse ma, osservando il suo patto, potesse essere stabile. Ma questi si è ribellato contro di lui mandando i suoi ambasciatori in Egitto, perché gli dessero cavalli e tanta gente. Potrà prosperare, potrà scampare chi ha fatto tali cose? Può rompere il patto e ciò nonostante scampare? Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »egli morirà nel luogo dove dimora il re che lo ha fatto re e di cui ha disprezzato il giuramento e rotto il patto, vicino a lui, in mezzo a Babilonia. Faraone non gli presterà aiuto col suo potente esercito e con tanta gente in guerra, quando eleveranno terrapieni e costruiranno torri per sterminare molte vite umane. Egli ha disprezzato il giuramento infrangendo il patto; eppure ecco, dopo aver dato la mano, ha fatto tutte queste cose. Egli non scamperà«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Com’è vero che io vivo, il mio giuramento che ha disprezzato e il mio patto che ha infranto li farò ricadere sul suo capo. Stenderò su di lui la mia rete e sarà preso nel mio laccio. Lo condurrò a Babilonia e là eseguirò il giudizio su di lui per il tradimento commesso contro di me. Tutti i fuggiaschi con le sue schiere cadranno di spada, mentre i superstiti saranno dispersi a tutti i venti. Cosí riconoscerete che io, l’Eterno, ho parlato«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Io prenderò un ramoscello dalla punta del cedro piú alto e lo pianterò; dalla cima dei suoi giovani rami staccherò un tenero ramoscello e lo pianterò sopra un monte alto ed elevato. Lo pianterò sull’alto monte d’Israele; metterà rami, porterà frutto e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui dimoreranno uccelli di ogni specie; essi dimoreranno all’ombra dei suoi rami, Cosí tutti gli alberi della campagna sapranno che io, l’Eterno, ho abbassato l’albero alto e innalzato l’albero basso, ho fatto seccare l’albero verde e fatto germogliare l’albero secco. Io, l’Eterno, ho parlato e lo farò«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Cosa intendete dire quando usate questo proverbio circa il paese d’Israele, dicendo: I padri hanno mangiato l’uva acerba e i denti dei figli si sono allegati? Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »non userete piú questo proverbio in Israele. Ecco, tutte le anime sono mie; tanto l’anima del padre come l’anima del figlio sono mie. L’anima che pecca morirà. Se uno è giusto e pratica l’equità e la giustizia, se non mangia sui monti e non alza gli occhi agli idoli della casa d’Israele, se non contamina la moglie del suo vicino e non si accosta a donna mentre è impura, se non opprime nessuno, se restituisce il suo pegno al debitore, se non compie alcuna rapina, se dà il suo pane all’affamato e copre di vesti l’ignudo. se non presta a interesse e non dà ad usura, se ritrae la sua mano dall’iniquità e giudica secondo equità fra uomo e uomo, se cammina nei miei statuti e osserva i miei decreti agendo con fedeltà, questi è giusto e certamente vivrà«, dice il Signore, l’Eterno. »Ma se ha generato un figlio violento, che spande il sangue e fa a suo fratello qualcuna di queste cose (mentre il padre non ha commesso nessuna di queste cose), e mangia sui monti e contamina la moglie del suo vicino, opprime il povero e il bisognoso, compie rapine, non restituisce il pegno, alza gli occhi agli idoli, commette abominazioni, presta a interesse e dà ad usura, vivrà forse costui? Egli non vivrà. Poiché ha commesso tutte queste abominazioni certamente morrà; il suo sangue ricadrà su lui. Ma se costui genera un figlio che, vedendo tutti i peccati commessi dal padre, se ne rende conto ma non li commette non mangia sui monti, non alza gli occhi agli idoli della casa d’Israele, non contamina la moglie del suo vicino, non opprime alcuno, non prende pegni, non compie rapine, ma dà il suo pane all’affamato, copre di vesti l’ignudo, trattiene la sua mano dall’opprimere il povero, non prende interesse né usura, osserva i miei decreti e cammina nei miei statuti, costui non morirà per l’iniquità del padre; egli certamente vivrà. Suo padre invece, poiché ha oppresso e ha compiuto rapine a danno del fratello e ha fatto ciò che non è bene in mezzo al suo popolo, ecco egli morirà per la sua iniquità. Tuttavia voi dite: »Perché il figlio non porta l’iniquità del padre?« Poiché il figlio pratica l’equità e la giustizia, osserva tutti i miei statuti e li mette in pratica, certamente egli vivrà. L’anima che pecca morirà, il figlio non porterà l’iniquità del padre e il padre non porterà l’iniquità del figlio; la giustizia del giusto sarà su di lui, l’empietà dell’empio sarà su di lui. Se però l’empio si allontana da tutti i peccati che commetteva, se osserva tutti i miei statuti e pratica l’equità e la giustizia, egli certamente vivrà; non morirà. Nessuna delle trasgressioni che ha commesso sarà piú ricordata contro di lui; egli vivrà per la giustizia che pratica. Provo forse piacere della morte dell’empio?«; dice il Signore, l’Eterno, »e non piuttosto che egli si converta dalle sue vie e viva? Ma se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità e imita tutte le abominazioni che l’empio fa vivrà forse costui? Tutta la giustizia che ha compiuto non sarà piú ricordata; per la trasgressione che ha compiuto e per il peccato che ha commesso, egli morirà a causa di essi. Tuttavia voi dite: »La via del Signore non è giusta«. Ascoltate ora, o casa d’Israele: è proprio la mia via che non è giusta, o sono piuttosto le vostre vie che non sono giuste? Se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità, e a causa di questo muore, muore per l’iniquità che ha commesso. Se invece l’empio si allontana dall’empietà che commetteva e pratica l’equità e la giustizia, egli salverà la sua anima. Poiché ha considerato di allontanarsi da tutte le trasgressioni che commetteva, certamente vivrà; non morirà. Tuttavia la casa d’Israele dice: »La via del Signore non è giusta«. Sono proprio le mie vie che non sono giuste, o casa d’Israele, o sono piuttosto le vostre vie che non sono giuste? Perciò giudicherò ciascuno di voi secondo le sue vie, o casa d’Israele«, dice il Signore, l’Eterno. »Ravvedetevi e abbandonate tutte le vostre trasgressioni cosí l’iniquità non vi sarà piú causa di rovina. Gettate lontano da voi tutte le vostre trasgressioni che avete commesso e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo. Perché mai vorreste morire, o casa d’Israele? Io infatti non provo alcun piacere nella morte di chi muore«, dice il Signore, l’Eterno. »Convertitevi dunque e vivrete«. Tu innalza una lamentazione sui principi d’Israele e di’: »Che cos’era tua madre? Una leonessa: stava accovacciata tra i leoni, allevava i suoi piccoli in mezzo ai leoncelli. Fece crescere uno dei suoi piccoli che divenne un leoncello; imparò a sbranare la preda e divorò uomini. Anche le nazioni sentirono parlare di lui; egli fu preso nella loro fossa e lo condussero incatenato nel paese d’Egitto. Quando essa vide che l’attesa si protraeva e la sua speranza era perduta, prese un altro dei suoi piccoli e ne fece un leoncello. Esso andava e veniva fra i leoni; divenne un leoncello, imparò a sbranare la preda e divorò uomini. Venne a conoscere i loro luoghi desolati e devastò le loro città; il paese con tutto quello che conteneva fu desolato al rumore del suo ruggito. Ma contro di lui vennero le nazioni da tutte le regioni circostanti, tesero su di lui la loro rete e fu preso nella loro fossa. Lo misero incatenato in una gabbia e lo condussero al re di Babilonia; lo condussero in una fortezza, perché la sua voce non fosse piú udita sui monti d’Israele. Tua madre era simile a una vite piantata vicino alle acque; era rigogliosa e aveva molti rami per l’acqua abbondante. Aveva rami robusti idonei per scettri reali, nella sua altezza sovrastava sul folto dei rami ed appariva nella sua elevatezza per la moltitudine dei suoi rami. Ma fu sradicata con furore e gettata a terra; il vento dell’est ne seccò il frutto i suoi forti rami furono strappati via e seccarono, il fuoco li divorò. Ora è piantata nel deserto in un suolo arido ed assetato; un fuoco è uscito da una verga dei suoi rami e ne ha divorato il frutto; in essa non c’è piú alcun ramo robusto idoneo per scettri reali«. Questa è una lamentazione ed è diventata una lamentazione. Or avvenne nel settimo anno, il dieci del quinto mese, che alcuni degli anziani, d’Israele, vennero a consultare l’Eterno e sedettero davanti a me. Quindi la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, parla agli anziani d’Israele e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Siete venuti per consultarmi? Com’è vero che io vivo, non mi lascerò consultare da voi«, dice il Signore, l’Eterno. »Vuoi giudicarli, vuoi giudicarli, figlio d’uomo? Fa’ loro conoscere le abominazioni dei loro padri, e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: il giorno in cui scelsi Israele e alzai la mano in giuramento ai discendenti della casa di Giacobbe, e mi feci loro conoscere nel paese d’Egitto, alzai la mano in giuramento a loro, dicendo: »Io sono l’Eterno, il vostro DIO« In quel giorno alzai la mano giurando loro di farli uscire dal paese d’Egitto e di condurli in un paese che avevo esplorato per loro dove scorre latte e miele, la gloria di tutti i paesi. Quindi dissi loro: Ognuno getti via le abominazioni che sono davanti ai suoi occhi e non contaminatevi con gli idoli d’Egitto. Io sono l’Eterno, il vostro DIO. Ma essi si ribellarono, contro di me e non vollero ascoltarmi nessuno d’essi gettò via le abominazioni che erano davanti ai suoi occhi e non abbandonò gli idoli d’Egitto. Allora decisi di riversare su di loro il mio furore e di sfogare su di loro la mia ira in mezzo al paese d’Egitto. Tuttavia io agii per amore del mio nome, perché non fosse profanato davanti alle nazioni in mezzo alle quali si trovavano, agli occhi delle quali mi ero fatto loro conoscere, per farli uscire dal paese d’Egitto. Cosí li feci uscire dal paese d’Egitto e li condussi nel deserto. Diedi loro i miei statuti e feci loro conoscere i miei decreti, osservando i quali l’uomo vivrà per essi. Inoltre diedi loro i miei sabati, affinché fossero un segno fra me e loro, perché conoscessero che io, sono l’Eterno che li santifico. Ma la casa d’Israele si ribellò contro di me nel deserto; non camminarono secondo i miei statuti e rigettarono i miei decreti, osservando i quali l’uomo vivrà per essi, e profanarono grandemente i miei sabati. Cosí io decisi di riversare su di loro il mio furore nel deserto, per consumarli. Tuttavia io agii per amore del mio nome, perché non fosse profanato davanti alle nazioni, agli occhi delle quali io li avevo fatti uscire dall’Egitto. Alzai perfino la mano nel deserto, giurando loro che non li avrei fatti entrare nel paese che avevo loro dato, dove scorre latte e miele, la gloria di tutti i paesi, perché avevano rigettato i miei decreti, non avevano camminato secondo i miei statuti e avevano profanato i miei sabati, perché il loro cuore andava dietro ai loro idoli. Tuttavia il mio occhio li risparmiò dalla distruzione e non li sterminai interamente nel deserto. Dissi quindi ai loro figli nel deserto: »Non camminate secondo gli statuti dei vostri padri, non osservate i loro decreti e non contaminatevi con i loro idoli. Io sono l’Eterno, il vostro DIO, camminate secondo i miei statuti, osservate i miei decreti e metteteli in pratica, santificate i miei sabati e siano un segno fra me e voi, affinché conosciate che io sono l’Eterno il vostro DIO" Ma i figli si; ribellarono contro di me; non camminarono secondo i miei statuti e non osservarono i miei decreti per metterli in pratica, osservando i quali l’uomo vivrà per essi; profanarono i miei sabati, e cosí io decisi di riversare su di loro il mio furore e di sfogare su di loro la mia ira nel deserto. Tuttavia io ritirai la mia mano ed agii per amore del mio nome, perché non fosse profanato davanti alle nazioni, agli occhi delle quali li avevo fatti uscire dall’Egitto. Alzai però la mano nel deserto, giurando loro che li avrei dispersi fra le nazioni e li avrei disseminati per tutti i paesi, perché non mettevano in pratica i miei decreti, ma rigettavano i miei statuti, profanavano i miei sabati, e i loro occhi erano rivolti agli idoli dei loro padri. Perciò diedi loro statuti non buoni e decreti per i quali non potevano vivere; e li contaminai con i loro stessi doni, in quanto facevano passare per il fuoco ogni loro primogenito, per ridurli alla desolazione affinché riconoscessero che io sono l’Eterno. Perciò figlio d’uomo, parla alla casa d’Israele e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno. I vostri padri mi hanno oltraggiato anche in questo, comportandosi infedelmente con me: dopo che li ebbi introdotti nel paese, per il quale avevo alzato la mano e giurato, essi volsero lo sguardo ad ogni alto colle e a ogni albero frondoso e là offrirono i loro sacrifici e là presentarono le loro offerte provocanti; là pure misero i loro profumi di odor soave e là versarono le loro libazioni. Allora dissi loro: Che cos’è l’alto luogo al quale voi andate?. Cosí si è continuato a chiamarlo alto luogo fino al giorno d’oggi. Per questo di’ alla casa d’Israele: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Volete contaminarvi seguendo le vie dei vostri padri e prostituirvi ai loro idoli esecrandi? Quando infatti offrite i vostri doni e fate passare per il fuoco i vostri figli, vi contaminate fino al giorno d’oggi con tutti i vostri idoli. Perciò non mi lascerò consultare da voi, o casa d’Israele. Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »io non mi lascerò consultare da voi. E non avverrà affatto ciò che vi viene in mente, quando dite: »Noi saremo come i gentili, come le famiglie degli altri paesi, che rendono un culto al legno e alla pietra««. »Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »io regnerò su di voi con mano forte, con braccio disteso e con furore scatenato. Vi farò uscire di mezzo ai popoli e vi radunerò dai paesi nei quali siete stati dispersi con mano forte, con braccio disteso e con furore scatenato, e vi condurrò nel deserto dei popoli, e là eseguirò il mio giudizio su di voi, faccia a faccia. Come ho eseguito il mio giudizio sui vostri padri nel deserto del paese d’Egitto, cosí eseguirò il mio giudizio su di voi«, dice il Signore, l’Eterno. »Vi farò passare sotto la verga e vi riporterò nei vincoli del patto. Separerò di mezzo a voi i ribelli, e quelli che sono infedeli verso di me; li farò uscire dal paese dove dimorano, ma non entreranno nel paese d’Israele; allora riconoscerete che io sono l’Eterno. Voi dunque, casa d’Israele«, cosí parla il Signore, l’Eterno: »Andate, servite ognuno i vostri idoli; ma in seguito mi darete ascolto e non profanerete più il mio santo nome con i vostri doni e con i vostri idoli. Poiché sul mio monte santo, sull’alto monte d’Israele«, dice il Signore, l’Eterno, »là tutta la casa d’Israele, tutti quanti saranno nel paese, mi servirà; là io mi compiacerò di loro, là richiederò le vostre offerte e le primizie dei vostri doni insieme a tutte le vostre cose consacrate. Io mi compiacerò di voi come di un profumo di odore soave, quando vi avrò fatti uscire di mezzo ai popoli e vi avrò radunati dai paesi nei quali siete stati dispersi; e sarò santificato in voi agli occhi, delle nazioni. Voi riconoscerete che io sono l’Eterno, quando vi condurrò nella terra d’Israele, nel paese per il quale avevo alzato la mano e giurato di dare ai vostri padri. Là ricorderete la vostra condotta e tutte le azioni con le quali vi siete contaminati e proverete disgusto di voi stessi per tutte le malvagità che avete commesso. Cosí riconoscerete che io sono l’Eterno, quando agirò con voi per amore del mio nome e non secondo la vostra condotta malvagia né secondo le vostre azioni corrotte, o casa d’Israele dice il Signore, l’Eterno«. (21:1) La parola dell’Eterno mi fu rivolta dicendo: (21:2) »Figlio d’uomo. rivolgi la faccia verso il sud, parla apertamente contro il sud e profetizza contro la foresta della campagna, il Neghev, (21:3) e di’ alla foresta del Neghev: Ascolta la parola dell’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io accendo in te un fuoco che divorerà in te ogni albero verde e ogni albero secco; la fiamma ardente non si spegnerà e ogni faccia dal sud al nord sarà bruciata. (21:4) Ogni carne vedrà che io, l’Eterno, l’ho acceso; non si spegnerà«. (21:5) Allora dissi: »Ah, Signore, Eterno essi dicono di me: Costui non parla forse in parabole? (21:6) La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: (21:7) »Figlio d’uomo, rivolgi la faccia verso Gerusalemme, parla apertamente contro i luoghi santi e profetizza contro il paese d’Israele; (21:8) e di’ al paese d’Israele: Cosí dice l’Eterno: Ecco io sono contro di te. Io estrarrò la mia spada dal suo fodero e reciderò da te giusti e malvagi. (21:9) Poiché voglio recidere da te giusti e malvagi, la mia spada uscirà dal suo fodero contro ogni carne dal sud al nord. (21:10) Cosí ogni carne riconoscerà che io l’Eterno, ho estratto la mia spada dal suo fodero e non vi rientrerà piú. (21:11) Perciò tu, figlio d’uomo, gemi con i lombi rotti e gemi con dolore davanti ai loro occhi. (21:12) E avverrà che quando ti domanderanno: »Perché gemi?« risponderai: »Per la notizia che sta per giungere ogni cuore si struggerà, tutte le mani s’indeboliranno, tutti gli spiriti verranno meno e tutte le ginocchia si scioglieranno come acqua«. Ecco la cosa giunge e si compirà«, dice il Signore, l’Eterno. (21:13) La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: (21:14) »Figlio d’uomo, profetizza e di Cosí dice il Signore. Di Una spada, una spada è affilata e anche lucidata. (21:15) affilata per fare un gran massacro e affilata per lampeggiare. Potremo forse rallegrarci? Voi disprezzate lo scettro di mio figlio come se fosse un qualsiasi legno. (21:16) Il Signore l’ha data a lucidare per impugnarla, la spada è affilata e lucidata per darla in mano di chi uccide. (21:17) Grida e urla, figlio d’uomo, perché sarà usata contro il mio popolo, contro tutti i principi d’Israele, essi saranno consegnati in potere della spada insieme al mio popolo. Perciò percuotiti la coscia, (21:18) perché è una prova. Che cosa accadrebbe se non ci fosse piú neppure lo scettro sprezzante?«, dice il Signore, l’Eterno. (21:19) »Perciò tu, figlio d’uomo, profetizza e batti le mani, lascia che la spada raddoppi e triplichi i suoi colpi: è la spada del massacro, è la spada del grande massacro, che li circonda da ogni lato. (21:20) Ho rivolto la punta della spada contro tutte le loro porte perché il loro cuore si strugga e molti cadano. Ah è fatta per brillare, è affilata per il massacro. (21:21) Spada, sii spietata, volgiti a destra volgiti a sinistra, ovunque è diretta la tua lama. (21:22) Anch’io batterò le mani e sfogherò il mio furore. Io, l’Eterno, ho parlato«. (21:23) La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: (21:24) »Tu, figlio d’uomo, traccia due strade, per le quali passi la spada del re di Babilonia, partiranno ambedue dallo stesso paese. Metti un indicatore stradale, mettilo all’inizio della strada che porta alla città. (21:25) Traccia una strada per la quale la spada vada a Rabbah, città dei figli di Ammon, e un’altra perché vada in Giuda, contro Gerusalemme, città fortificata. (21:26) Infatti il re di Babilonia sta al crocevia della strada, all’inizio delle due strade, per fare divinazione: agita le frecce, consulta gli idoli domestici, esamina il fegato. (21:27) Nella sua destra il responso della divinazione designa Gerusalemme per collocarvi gli arieti, per aprire la bocca e ordinare il massacro, per alzar la voce con grida di guerra, per collocare gli arieti contro le porte, per innalzare terrapieni e per costruire torri, (21:28) Ma per essi questo sarà come una falsa divinazione agli occhi di quelli che hanno fatto loro giuramenti. Ma egli si ricorderà della loro iniquità, perché siano presi«. (21:29) Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché avete fatto ricordare la vostra iniquità, essendo le vostre trasgressioni messe a nudo e i vostri peccati palesati in tutte le vostre azioni; poiché siete stati ricordati, sarete presi dalla mano del nemico. (21:30) E tu, o corrotto e malvagio principe d’Israele, il cui giorno è giunto al tempo della punizione finale« (21:31) cosi dice il Signore, l’Eterno: »Deponi il turbante, togliti la corona; le cose non saranno piú le stesse: ciò che è basso sarà innalzato e ciò che è alto sarà abbassato. (21:32) Devastazione, devastazione, io la compirò. Ed essa non sarà piú restaurata, finché non verrà colui a cui appartiene il giudizio e al quale io la darò. (21:33) E tu, figlio d’uomo, profetizza e di Cosí dice il Signore, l’Eterno, riguardo ai figli di Ammon a e riguardo al loro obbrobrio e di’ la spada, la spada è sguainata, è lucidata per il massacro, per divorare, per lampeggiare. (21:34) mentre hanno per te false visioni e fanno a te divinazioni bugiarde, per metterti sul collo dei malvagi uccisi, il cui giorno è giunto al tempo della punizione finale. (21:35) Rimetti la spada nel suo fodero. Io ti giudicherò nel luogo stesso dove fosti creata, nel paese della tua origine. (21:36) Riverserò su di te la mia indignazione, soffierò contro di te nel fuoco della mia ira e ti consegnerò in mano di uomini brutali, artefici di distruzione. (21:37) Sarai preda del fuoco, il tuo sangue sarà sparso in mezzo al paese; non sarai piú ricordata, perché io, l’Eterno, ho parlato«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Ora, figlio d’uomo, non giudicherai tu, non giudicherai la città sanguinaria? Falle dunque conoscere tutte le sue abominazioni Poi di Cosí dice il Signore, l’Eterno: La città versa il sangue nel suo mezzo per far venire il suo tempo; inoltre fa idoli contro se stessa per contaminarsi. Per il sangue che hai versato ti sei resa colpevole e ti sei contaminata per gli idoli che hai fatto. Hai fatto avvicinare i tuoi giorni e sei giunta al termine dei tuoi anni, perciò ti renderò il vituperio delle nazioni e lo scherno di tutti i paesi. Quelli che sono vicini e quelli che sono lontani da te si faranno beffe di te o contaminata di fama e piena di disordine. Ecco i principi d’Israele: ognuno ha usato il suo potere per versare il sangue in te. In te si disprezza il padre e la madre in mezzo a te si opprime lo straniero, in te si maltratta l’orfano e la vedova. Tu hai disprezzato le mie cose sante e hai profanato i miei sabati. In te c’è gente che calunnia per versare sangue, in te c’è chi mangia sui monti, in mezzo a te si commettono scelleratezze. In te si scopre la nudità del padre, in te si umilia la donna durante la sua impurità. Uno commette abominazione con la moglie del suo prossimo, l’altro contamina d’incesto la sua nuora un’altro ancora in te umilia sua sorella, figlia di suo padre. In te si ricevono regali per versare il sangue, tu esigi interesse ad usura, hai realizzato guadagni dal prossimo con inganno e hai dimenticato me«, dice il Signore l’Eterno. »Ma ecco io batto le mani per il disonesto guadagno che hai fatto e per il sangue versato che è in mezzo a te. Potrà reggere il tuo cuore o potranno rimanere forti le tue mani nei giorni in cui agirò contro di te? Io l’Eterno, ho parlato e lo farò. Io ti disperderò fra le nazioni, ti disseminerò per i paesi ed eliminerò da te la tua immondizia. Tu profanerai te stessa agli occhi delle nazioni e riconoscerai che io sono l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, la casa d’Israele è diventata per me tutta scorie: sono tutti bronzo, stagno, ferro e piombo in mezzo a una fornace; sono diventati scorie d’argento«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché siete tutti diventati tante scorie, ecco io vi radunerò in mezzo a Gerusalemme. Come si raduna argento, bronzo, ferro piombo e stagno in mezzo alla fornace e si soffia su di essi il fuoco per fonderli cosí nella mia ira e nel mio furore vi radunerò, vi metterò là e vi fonderò Vi radunerò e soffierò su di voi col fuoco della mia ira e voi sarete fusi in mezzo ad essa. Come l’argento è fuso in mezzo alla fornace cosí voi sarete fusi in mezzo alla città; e riconoscerete che io l’Eterno, ho riversato su di voi il mio furore«. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, di’ a Gerusalemme: Tu sei una terra che non è stata purificata o bagnata da pioggia in un giorno di indignazione. La cospirazione dei suoi profeti nel suo mezzo è come un leone ruggente che sbrana la preda, essi divorano la gente, si appropriano di tesori e cose preziose, accrescono le vedove in mezzo ad essa. I suoi sacerdoti violano la mia legge e profanano le mie cose sante; non distinguono fra santo e profano, non fanno conoscere la differenza tra l’impuro e il puro e distolgono i loro occhi dai miei sabati, per cui io sono profanato in mezzo a loro. I suoi capi in mezzo ad essa sono come lupi che dilaniano la preda per versare sangue e distruggere anime per realizzare un ingiusto guadagno. I suoi profeti intonacano per loro con malta che non regge avendo visioni false e proferendo divinazioni bugiarde per loro, e dicono: Cosí dice il Signore, l’Eterno mentre l’Eterno non ha parlato. Il popolo del paese pratica l’oppressione, compie rapine, maltratta il povero e il bisognoso e opprime lo straniero violando la giustizia. Io ho cercato fra loro un uomo che costruisse un muro e stesse sulla breccia davanti a me in favore del paese, perché io non lo distruggessi, ma non l’ho trovato. Perciò io riverserò su di loro la mia indignazione, li consumerò col fuoco della mia ira e farò ricadere sul loro capo la loro condotta«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, c’erano due donne figlie della stessa madre, che si prostituirono in Egitto. Si prostituirono nella loro giovinezza; là furono compresse le loro mammelle e là fu stretto il loro vergine seno. I loro nomi sono: Oholah la maggiore e Oholibah sua sorella. Esse erano mie e partorirono figli e figlie. I loro nomi sono: Oholah è Samaria, Oholibah è Gerusalemme. Anche se era mia, Oholah si prostituí e si infiammò per i suoi amanti, gli Assiri suoi vicini, vestiti di porpora, governatori e principi, tutti giovani attraenti, cavalieri montati su cavalli. Ella si prostituí con loro, con tutti i migliori uomini di Assiria, e si contaminò con tutti quelli per i quali si era infiammata, con tutti i loro idoli. Non abbandonò le prostituzioni dell’Egitto, quando si erano coricati con lei nella sua giovinezza, avevano stretto il suo vergine seno e riversato su di lei la loro prostituzione. Perciò l’abbandonai in mano dei suoi amanti, in mano dei figli di Assiria, per i quali si era infiammata. Essi scoprirono la sua nudità, presero i suoi figli e le sue figlie e li uccisero con la spada. Ella divenne una favola fra le donne ed eseguirono su di lei la punizione. Sua sorella Oholibah vide questo, ma nei suoi amoreggiamenti divenne piú corrotta di lei e le sue prostituzioni furono peggiori di quelle della sua sorella. Si infiammò per i figli di Assiria suoi vicini, governatori e principi vestiti splendidamente, cavalieri montati su cavalli, tutti giovani attraenti. Io vidi che si era contaminata, entrambe seguivano la stessa via. Ma essa aumentò le sue prostituzioni; vide uomini ritratti sulla parete, immagini di Caldei dipinte in rosso, con cinture intorno ai lombi, con ampi turbanti in capo, tutti con l’aspetto di capitani, somiglianti ai figli di Babilonia in Caldea, loro terra natìa. Appena li vide, essa si infiammò per loro e mandò loro messaggeri in Caldea. Allora i figli di Babilonia vennero da lei al letto degli amori e la contaminarono con le loro prostituzioni. Essa si contaminò con loro, ma poi si allontanò da loro. Essa mise a nudo le sue prostituzioni e mise a nudo la sua vergogna, perciò io mi allontanai da lei, come mi ero allontanato da sua sorella. Tuttavia essa moltiplicò le sue prostituzioni, ricordandosi dei giorni della sua giovinezza, quando si era prostituita nel paese di Egitto. Si infiammò per i suoi amanti, la cui carne è come la carne degli asini e la cui emissione è come quella dei cavalli. Cosí tu ricordasti la dissolutezza della tua gioventú, quando gli Egiziani stringevano il tuo seno per le tue mammelle giovanili. Perciò, Oholibah, cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io susciterò contro di te i tuoi amanti, dai quali ti sei allontanata, e li farò venire contro di te da tutte le parti: i figli di Babilonia e tutti i Caldei, quelli di Pekod, Shoa e Koa, tutti i figli di Assiria con loro, tutti giovani attraenti, governatori e principi, capitani e uomini famosi, tutti montati su cavalli. Essi verranno contro di te con armi, carri e ruote e con una moltitudine di popoli; disporranno tutt’intorno contro di te scudi piccoli e grandi ed elmi. Rimetterò loro il giudizio, ed essi ti giudicheranno secondo le loro leggi. Indirizzerò la mia gelosia contro di te, ed essi ti tratteranno con furore: ti asporteranno il naso e gli orecchi, e i tuoi superstiti cadranno di spada, prenderanno i tuoi figli e le tue figlie e i tuoi superstiti saranno divorati dal fuoco. Ti spoglieranno delle tue vesti e porteranno via i tuoi bei gioielli. Cosí farò cessare la tua dissolutezza e la tua prostituzione iniziata nel paese d’Egitto; non alzerai piú gli occhi verso di loro e non ti ricorderai piú dell’Egitto«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io ti do in mano di quelli che odii, in mano di quelli dai quali ti sei allontanata. Essi ti tratteranno con odio, porteranno via tutto il frutto del tuo lavoro e ti lasceranno nuda e nel bisogno. Sarà messa a nudo la torpitudine delle tue prostituzioni, sí, la dissolutezza delle tue prostituzioni. Queste cose ti saranno fatte, perché ti sei prostituita andando dietro alle nazioni perché ti sei contaminata con i loro idoli. Tu hai camminato per la via di tua sorella, perciò ti metterò in mano la sua stessa coppa«. Cosí dice il Signore l’Eterno: »Tu berrai la coppa di tua sorella, profonda e larga; sarai derisa e schernita, perché la coppa ha grande capacità. Sarai ricolma di ubriachezza e di dolore, la coppa della desolazione e della devastazione la coppa di tua sorella Samaria. Tu la berrai, la scolerai, ne romperai i cocci e ti lacererai il seno, perché io ho parlato«. dice il Signore, l’Eterno. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché mi hai dimenticato e mi hai gettato dietro le spalle, porterai anche tu la pena della tua dissolutezza e delle tue prostituzioni«. Quindi l’Eterno mi disse: »Figlio d’uomo non giudicherai tu Oholah, e Oholibah? Dichiara dunque loro le loro abominazioni. Infatti hanno commesso adulterio, hanno sangue sulle loro mani, hanno commesso adulterio con i loro idoli e hanno addirittura fatto passare per il fuoco per essere divorati gli stessi loro figli che mi avevano partorito. E anche questo mi hanno fatto: in quello stesso giorno hanno contaminato il mio santuario e profanato i miei sabati, Dopo aver immolato i loro figli ai loro idoli, in quello stesso giorno sono venute nel mio santuario per profanarlo ecco cosa hanno fatto in mezzo al mio tempio. Inoltre hanno mandato a chiamare uomini da paesi lontani, ai quali è stato mandato un messaggero, ed ecco, quelli sono venuti. Per loro ti sei lavata, ti sei tinta gli occhi e ti sei abbigliata con splendidi ornamenti. Ti sei adagiata su un letto sontuoso con una tavola imbandita davanti, su cui hai posto il mio incenso, e il mio olio. Attorno ad essa c’era il rumore di una moltitudine spensierata; assieme a uomini della folla fecero pure venire ubriachi dal deserto che misero braccialetti ai loro polsi e splendide corone sui loro capi. Poi dissi di quella ormai logorata ne gli adulteri: Commetteranno ora prostituzione con lei, ed essa con loro? Essi entrarono quindi da lei come si entra da una prostituta, cosí entrarono da Oholah e da Oholibah, donne dissolute. Ma uomini giusti le giudicheranno come si giudicano le adultere, come si giudicano donne che versano sangue, perché sono adultere e hanno sangue sulle mani«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Fa’ salire contro di loro una moltitudine e dalle in balìa del terrore e del saccheggio. Quella moltitudine le lapiderà con pietre e le farà a pezzi con le sue spade; ucciderà i loro figli e le loro figlie e darà alle fiamme le loro case. Farò cessare la dissolutezza nel paese, e tutte le donne saranno ammaestrate a non commettere piú le vostre dissolutezze. Faranno ricadere la vostra dissolutezza su di voi, e porterete cosí la pena dei peccati con i vostri idoli. Allora riconoscerete che io sono il Signore, l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta nel nono anno, nel decimo mese, il decimo giorno del mese, dicendo: »Figlio d’uomo, scrivi la data di oggi, proprio di questo giorno. Il re di Babilonia ha deciso di assediare Gerusalemme oggi stesso. Proponi una parabola a questa casa ribelle, e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Metti su la pentola, mettila su e versaci dentro acqua. Raccogli in essa i pezzi di carne, tutti i pezzi buoni, la coscia e la spalla; riempila con ossa scelte. Prendi il meglio del gregge, quindi ammucchiavi sotto la legna, falla bollire gagliardamente, affinché in essa bollano anche le sue ossa«. Perciò, cosí dice il Signore, l’Eterno: »Guai alla città sanguinaria, alla pentola in cui c’è sporcizia, e la cui sporcizia non se ne va. Vuotala pezzo per pezzo senza tirare a sorte su di essa. Poiché il suo sangue è in mezzo a lei; lo ha posto in cima a una roccia, non l’ha sparso in terra per coprirlo di polvere. Per eccitare il furore, per farne vendetta, ha posto il suo sangue in cima a una roccia perché non fosse coperto«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Guai alla città sanguinaria! Anch’io faro’ un gran rogo. Ammassa la legna, accendi il fuoco, fa’ cuocere bene la carne, mescola le spezie e lascia che le ossa brucino. Poi metti la pentola vuota sui carboni, perché si riscaldi e il suo bronzo diventi rovente affinché la sua impurità si dissolva in mezzo ad essa, e la sua sporcizia sia consumata. Essa mi ha stancato con le sue menzogne; la sua grande sporcizia non se ne va; la sua sporcizia andrà a finire nel fuoco. C’è dissolutezza nella tua impurità. Io infatti ho cercato di purificarti, ma tu non sei pura; non sarai piú purificata dalla tua impurità, finché non abbia sfogato su di te il mio furore, Io, l’Eterno, ho parlato, la cosa avverrà, io la compirò; non indietreggerò, non avrò compassione, non mi pentirò. Sarai giudicata secondo la tua condotta e secondo le tue azioni, dice il Signore, l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta dicendo: »Figlio d’uomo, ecco, io ti porterò via con un sol colpo la delizia dei tuoi occhi; ma tu non far cordoglio, non piangere e non versare alcuna lacrima. Gemi in silenzio, non fare il lutto per i morti, cingiti il capo col turbante, mettiti i sandali ai piedi, non coprirti la barba e non mangiare il pane delle persone in lutto«. Al mattino parlai al popolo e alla sera mia moglie morí; la mattina dopo feci come mi era stato comandato. Il popolo allora mi chiese: »Non ci spiegherai che cosa significa per noi quello che fai?«. Io risposi loro: La parola dell’Eterno mi è stata rivolta, dicendo: Di’ alla casa d’Israele: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco io profanerò il mio santuario, l’orgoglio della vostra forza, la delizia dei vostri occhi, il diletto della vostra anima; e i vostri figli e le vostre figlie che avete lasciato cadranno di spada. E voi farete come ho fatto io: non vi coprirete la barba e non mangerete il pane delle persone in lutto. Avrete i vostri turbanti in capo, i vostri sandali ai piedi; non farete cordoglio e non piangerete, ma vi struggerete per le vostre iniquità e gemerete l’uno con l’altro. Cosí Ezechiele sarà per voi un segno; voi farete in tutto come ha fatto lui. Quando queste cose accadranno, riconoscerete che io sono il Signore, l’Eterno. E tu, figlio d’uomo, il giorno in cui porterò loro via la loro fortezza, la gioia della loro gloria, il diletto dei loro occhi, la brama della loro anima, i loro figli e le loro figlie, in quel giorno un fuggiasco verrà da te per dartene la notizia. In quel giorno la tua bocca si aprirà col fuggiasco; allora parlerai e non sarai più muto, e sarai per loro un segno. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, volgi la tua faccia verso i figli di Ammon e profetizza contro di loro. Di’ ai figli di Ammon: Ascoltate la parola del Signore, dell’Eterno: Cosí dice il Signore. l’Eterno: Poiché tu hai detto: »ah, ah«, contro il mio santuario quando è stato profanato, contro il paese d’Israele quando è stato desolato e contro la casa di Giuda quando è andata in cattività, perciò ecco, io ti do in possesso dei figli dell’est, ed essi metteranno i loro accampamenti in mezzo a te e stabiliranno in mezzo a te le loro dimore; essi mangeranno i tuoi frutti e berranno il tuo latte. Io farò di Rabbah un recinto per cammelli e del paese dei figli di Ammon un ovile per le pecore; allora riconoscerai che io sono l’Eterno«. Per questo cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché tu hai battuto le mani e pestato i piedi e hai gioito nel cuore con tutto il tuo disprezzo per il paese d’Israele. perciò ecco, io stendo la mia mano contro di te e ti darò come bottino alle nazioni, ti sterminerò dai popoli e ti farò sparire dal numero dei paesi; ti distruggerò, cosí riconoscerai che io sono l’Eterno«. Così dice il Signore, l’Eterno: »Poiché Moab, e Seir dicono: Ecco, la casa di Giuda è come tutte le altre nazioni perciò ecco, io aprirò il fianco di Moab dal lato delle città, dal lato delle città che stanno ai suoi confini, lo splendore del paese, Beth-Jescimoth, Baalmeon e Kirjathaim. Lo darò quindi in possesso ai figli dell’est, assieme ai figli di Ammon, affinché i figli di Ammon non siano piú ricordati fra le nazioni. Cosí eseguirò i miei giudizi su Moab ed essi riconosceranno che io sono l’Eterno«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Per ciò che Edom ha fatto contro la casa di Giuda, compiendo vendetta, e perché si è reso grandemente colpevole vendicandosi di essa«, cosí dice il Signore, l’Eterno: »Io stenderò la mia mano contro Edom ne sterminerò uomini e bestie e lo renderò una desolazione; da Theman fino a Dedan cadranno per la spada. Compirò la mia vendetta su Edom per mezzo del mio popolo d’Israele, che tratterà Edom secondo la mia ira e secondo il mio furore; cosí essi conosceranno la mia vendetta« dice il Signore, l’Eterno. Cosi dice il Signore, l’Eterno: »Poiché i Filistei sono stati vendicativi e hanno compiuto vendetta col cuore pieno di disprezzo per distruggere, mossi da un’antica inimicizia«, perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io stenderò la mia mano contro i Filistei, sterminerò i Kerethei e distruggerò il resto della costa del mare. Compirò su di loro una grande vendetta con castighi furiosi; e riconosceranno che io sono l’Eterno, quando compirò su di loro la mia vendetta«. Or avvenne nell’anno undicesimo, il primo giorno del mese, che la parola dell’Eterno mi fu rivolta dicendo: »Figlio d’uomo, poiché Tiro ha detto contro Gerusalemme: ah, ah La porta dei popoli è infranta, si è rivolta a me; io sarò riempita ora che essa è devastata«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io sono contro di te, o Tiro. Io farò salire contro di te molte nazioni, come il mare fa salire le proprie onde. Esse distruggeranno le mura di Tiro e abbatteranno le sue torri; spazzerò via da essa anche la sua polvere e la renderò come un’arida roccia. Essa sarà un luogo per stendere le reti in mezzo al mare, perché io ho parlato«, dice il Signore, l’Eterno; »diventerà bottino delle nazioni; anche le sue figlie che sono in campagna saranno uccise dalla spada; allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. Poiché cosi dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io faccio venire dal nord contro Tiro, Nebukadnetsar, re di Babilonia, il re dei re con cavalli, con carri, con cavalieri e una moltitudine di gente. Egli ucciderà con la spada le tue figlie che sono in campagna, innalzerà contro di te torri, costruirà contro di te un terrapieno ed eleverà contro di te un tetto di scudi. Dirigerà contro le tue mura i suoi arieti e abbatterà le tue torri con i suoi picconi. Per la moltitudine dei suoi cavalli la loro polvere ti coprirà; le tue mura tremeranno al rumore dei cavalieri, delle ruote e dei carri, quando entrerà per le tue porte, come si entra in una città in cui si è aperta una breccia. Con gli zoccoli dei suoi cavalli calpesterà tutte le tue strade, ucciderà il tuo popolo con la spada e le tue forti colonne saranno abbattute. Deprederanno le tue ricchezze, saccheggeranno le tue mercanzie, abbatteranno le tue mura, distruggeranno le tue case deliziose e getteranno in mezzo all’acqua le tue pietre, il tuo legname e il tuo suolo. Farò cessare il rumore dei tuoi canti e il suono delle tue arpe non si udrà piú. Ti renderò come una roccia arida; sarai un luogo per stendere le reti; non sarai piú ricostruita, perché io, l’Eterno, ho parlato, dice il Signore, l’Eterno«. Così dice il Signore, l’Eterno a Tiro: »Al rumore della tua caduta, ai gemito dei feriti a morte, al massacro che si farà in mezzo a te, non tremeranno forse le isole? Allora i principi del mare scenderanno dai loro troni, si toglieranno i loro manti, deporranno le loro vesti ricamate; si vestiranno di trepidazione, si siederanno per terra, tremeranno ad ogni istante e saranno sgomenti per te. Innalzeranno su di te un lamento e ti diranno: »Come sei perita, tu che eri abitata dai principi del mare, la città famosa, che eri cosí potente in mare? Tu e i tuoi abitanti incutevate terrore a tutti quelli che abitavano lì. Ora le isole, tremeranno nel giorno della tua caduta, le isole del mare, saranno spaventate per la tua fine"«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »Quando farò di te una città desolata come le città che non hanno abitanti, quando farò salire su di te l’abisso e le grandi acque ti copriranno. allora ti farò scendere con quelli che scendono nella fossa, fra il popolo di un tempo, ti farò dimorare nelle profondità della terra, in luoghi desolati dall’antichità, con quelli che scendono nella fossa, perché tu non sia piú abitata, ma darò splendore sulla terra dei viventi. Ti renderò un terrore e non sarai più sarai cercata, ma non sarai mai piú trovata«, dice il Signore, l’Eterno La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Tu, figlio d’uomo, innalza su Tiro una lamentazione, e di’ a Tiro: O tu che sei posta all’ingresso del mare tu che commerci con i popoli in molte isole, cosí dice il Signore, l’Eterno: O Tiro, tu hai detto: »Io sono di una bellezza perfetta«. I tuoi confini sono nel cuore dei mari i tuoi costruttori ti hanno fatta di una bellezza perfetta. Hanno fatto tutte le assi delle tue navi con cipressi di Senira, hanno preso dei cedri del Libano per farti l’albero maestro; hanno fatto i tuoi remi con querce di Bashan, hanno fatto il tuo ponte con legno di bosco intarsiato d’avorio portato dalle isole di Kittim. Era di lino fino d’Egitto lavorato a ricami, la vela che hai spiegata perché ti servisse da bandiera; ciò che ti ricopriva era di giacinto e di porpora e proveniva dalle isole di Elishah. Gli abitanti di Sidone e di Arvad erano i tuoi rematori; i tuoi savi, o Tiro, erano in te, essi erano i tuoi piloti. In te c’erano gli anziani di Ghebal e i suoi esperti per riparare le tue falle; in te c’erano tutte le navi del mare e i loro marinai per scambiare le tue merci. Quelli della Persia, di Lud e di Put erano nel tuo esercito, come uomini di guerra; essi appendevano in te scudo ed elmo e conferivano a te splendore. I figli di Arvad e il tuo esercito erano tutt’intorno sulle tue mura e uomini prodi stavano sulle tue torri; essi appendevano i loro scudi intorno alle tue mura; essi rendevano perfetta la tua bellezza. Tarshish commerciava con te per l’abbondanza delle tue ricchezze, in cambio delle tue mercanzie ti davano argento, ferro, stagno e piombo. Anche Javan, Tubal e Mescek commerciavano con te; in cambio delle tue merci davano esseri umani e utensili di bronzo. Quelli della casa di Togarmah davano in cambio delle tue merci cavalli da tiro, cavalli da corsa e muli. I figli di Dedan trafficavano con te; il commercio di molte isole passava per le tue mani; come compenso ti davano zanne d’avorio e ebano. La Siria commerciava con te per la moltitudine dei tuoi prodotti; in cambio delle tue mercanzie ti davano pietre preziose porpora, stoffe ricamate, bisso, corallo e rubini. Giuda e il paese d’Israele commerciavano con te; in cambio delle tue merci ti davano grano di Minnith, paste, miele, olio e balsamo. Damasco commerciava con te per il gran numero dei tuoi prodotti e per l’abbondanza delle tue ricchezze con vino di Helbon e con lana candida. Vedan e Javan portavano da Uzah prodotti in cambio delle tue mercanzie; ferro lavorato, cassia e canna aromatica erano tra le tue merci di scambio Dedan commerciava con te in vestimenti per cavalcare. L’Arabia e tutti i principi di Kedar commerciavano con te, facendo con te scambi in agnelli, montoni e capri. I mercanti di Sceba e di Raamah commerciavano con te; in cambio delle tue mercanzie essi davano tutti i migliori aromi, ogni genere di pietre preziose e d’oro. Haran, Kanneh, Eden, i mercanti di Sceba, di Assiria e di Kilmad commerciavano con te. In cambio delle tue merci negoziavano con te oggetti di lusso, mantelli di porpora, stoffe ricamate, casse di vesti variegate, legate con corde. Le navi di Tarshish trasportavano le tue merci. Cosí ti sei riempita e grandemente arricchita nel cuore dei mari. I tuoi rematori ti hanno portato su molte acque, ma il vento dell’est ti ha distrutta nel cuore dei mari. Le tue ricchezze, le tue mercanzie, le tue merci, i tuoi marinai, i tuoi piloti, quelli che riparavano le tue falle, i trafficanti delle tue merci, tutti gli uomini di guerra che sono in te e tutta la moltitudine che è in mezzo a te cadranno nel cuore dei mari nel giorno della tua rovina. Al clamore del grido dei tuoi piloti le campagne aperte tremeranno; tutti quelli che maneggiano il remo, i marinai e tutti i piloti del mare scenderanno dalle loro navi e rimarranno a terra. Faranno sentire la loro voce su di te grideranno amaramente, si getteranno polvere sul capo, si rotoleranno nella cenere. A causa di te si raderanno il capo, si vestiranno di sacco e piangeranno per te con amarezza d’animo, con cordoglio amaro. Nella loro angoscia innalzeranno per te una lamentazione e si lamenteranno su di te: Chi è come Tiro, devastata in mezzo al mare?" Quando le tue mercanzie uscivano dai mari saziavi molti popoli; con l’abbondanza delle ricchezze e delle tue merci arricchivi i re della terra. Ma quando sei stata infranta dai mari nelle profondità delle acque le tue merci e tutta la moltitudine in mezzo a te sono cadute. Tutti gli abitanti delle isole sono sbigottiti di te; i loro re sono presi da grande spavento, il loro aspetto è sconvolto. I mercanti fra i popoli fischiano su di te; sei diventata uno spavento e non esisterai mai piú«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, di’ al principe di Tiro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Poiché il tuo cuore si è innalzato e hai detto: Io sono un dio, io siedo su un trono di dèi nel cuore dei mari mentre sei un uomo e non un dio, anche se hai fatto il tuo cuore come il cuore di Dio. Ecco tu sei piú savio di Daniele, nessun segreto rimane nascosto a te. Con la tua sapienza e con la tua intelligenza ti sei procurato ricchezze e hai ammassato oro e argento nei tuoi tesori; con la tua grande sapienza con il tuo commercio hai accresciuto le tue ricchezze e a motivo delle tue ricchezze il tuo cuore si è innalzato«. Per questo cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché hai fatto il tuo cuore come il cuore di Dio, perciò ecco, io farò venire contro di te le piú terribili nazioni; essi sguaineranno le loro spade contro lo splendore della tua sapienza e contamineranno la tua bellezza. Ti faranno scendere nella fossa e tu morirai della morte di quelli che sono trafitti nel cuore dei mari. Continuerai tu a dire: »Io sono un dio« davanti a chi ti ucciderà? Ma sarai un uomo e non un dio nelle mani di chi ti trafiggerà. Tu morirai della morte degli incirconcisi per mano di stranieri, perché io ho parlato«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu rivolta dicendo: »Figlio d’uomo, innalza una lamentazione sul re di Tiro e digli: Cosi dice il Signore, l’Eterno: Tu eri il sigillo della perfezione, pieno di sapienza e perfetto in bellezza. Eri nell’Eden il giardino di DIO; eri coperto d’ogni pietra preziosa: rubini, topazi, diamanti, crisoliti, onici, diaspri, zaffiri, carbonchi, smeraldi e oro; la lavorazione dei tuoi tamburelli e dei tuoi flauti fu preparata per te nel giorno in cui fosti creato. Tu eri un cherubino, unto, un protettore. Io ti avevo posto sul monte santo di DIO e camminavi in mezzo a pietre di fuoco. Tu eri perfetto nelle tue vie dal giorno in cui fosti creato, finché non si trovò in te la perversità. Per l’abbondanza del tuo commercio, ti sei riempito di violenza e hai peccato; perciò ti ho scacciato come un profano dal monte di DIO e ti ho distrutto o cherubino protettore di mezzo alle pietre di fuoco. Il tuo cuore si era innalzato per la tua bellezza; hai corrotto la tua sapienza a motivo del tuo splendore. Ti getto a terra, ti metto davanti ai re, perché ti vedano. Con la moltitudine delle tue iniquità, con la malvagità del tuo commercio hai profanato i tuoi santuari. Perciò ho fatto uscire di mezzo a te un fuoco che ti ha divorato, e ti ho ridotto in cenere sulla terra sotto gli occhi di quanti ti guardavano. Tutti quelli che ti conoscevano tra i popoli restano stupefatti di te; sei diventato oggetto di terrore e non esisterai mai più«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’Uomo, volgi la faccia verso Sidone e profetizza contro di lei, e di’ Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io sono contro di te, o Sidone, e sarò glorificato in mezzo a te. Riconosceranno che io sono l’Eterno quando eseguirò i miei giudizi a in mezzo a lei e sarò santificato in lei. Manderò su di lei la peste e il sangue nelle sue vie in mezzo ad essa cadranno gli uccisi dalla spada, mandata contro di lei da ogni parte. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno. E non ci sarà piú per la casa d’Israele, alcun aculeo pungente o spina dolorosa fra tutti i suoi vicini che la disprezzano. Allora riconosceranno che io sono il Signore, l’Eterno«. Così dice il Signore, l’Eterno: »Quando avrò raccolto quelli della casa d’Israele di mezzo ai popoli fra i quali sono dispersi e mi santificherò in loro agli occhi delle nazioni, essi abiteranno nel loro paese, che diedi al mio servo Giacobbe. Vi abiteranno al sicuro, edificheranno case e pianteranno vigne; sí, abiteranno al sicuro, quando eseguirò i miei giudizi su tutti quelli intorno a loro che li disprezzano. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno, il loro DIO«. Nel decimo anno, il decimo mese, il dodicesimo giorno del mese, la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, volgi la tua faccia contro il Faraone re d’Egitto e profetizza contro di lui e contro tutto l’Egitto, Parla e di Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io sono contro di te, o Faraone, re d’Egitto, grande dragone, che giaci in mezzo ai tuoi fiumi, che hai detto: Il mio fiume è mio e l’ho fatto io stesso Io metterò uncini nelle tue mascelle e farò sí che i pesci dei tuoi fiumi si attacchino alle tue squame; ti farò quindi uscire di mezzo ai tuoi fiumi e tutti i pesci dei tuoi fiumi si attaccheranno alle tue squame. Ti getterò nel deserto, te e tutti i pesci dei tuoi fiumi, e cadrai in aperta campagna, non sarai né radunato né raccolto ti darò in pasto alle bestie della terra e agli uccelli del cielo. Allora tutti gli abitanti dell’Egitto riconosceranno che io sono l’Eterno, perché sono stati per la casa d’Israele un sostegno di canna. Quando ti hanno afferrato per la mano, ti sei rotto e hai lacerato loro tutta la spalla; quando si sono appoggiati su di te, ti sei spezzato e hai fatto loro vacillare tutti i lombi«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io farò venire sopra di te la spada e distruggerò di mezzo a te uomini e bestie; cosí il paese d’Egitto diventerà una desolazione e un deserto, e riconosceranno che io sono l’Eterno, perché egli ha detto: Il fiume è mio e l’ho fatto io stesso Perciò ecco, io sono contro di te e contro il tuo fiume; ridurrò il paese d’Egitto in un completo deserto e desolazione da Migdol a Syeneh, fino ai confini con l’Etiopia, Non vi passerà alcun piede d’uomo né vi passerà alcun piede di bestia, e non sarà piú abitato per quarant’anni. Renderò il paese d’Egitto una desolazione in mezzo a paesi desolati, e le sue città saranno una desolazione per quarant’anni, in mezzo a città devastate; disperderò gli Egiziani fra le nazioni a e li disseminerò per vari paesi«. Tuttavia cosí dice il Signore, l’Eterno: »Al termine dei quarant’anni io radunerò gli Egiziani dai popoli in mezzo ai quali erano stati dispersi. Ricondurrò a casa dalla cattività gli Egiziani e li farò ritornare nel paese di Pathros, nel loro paese nativo, e là saranno un umile regno. Sarà il piú umile dei regni e non si innalzerà piú sopra le nazioni, li ridurrò a pochi, perché non dominino piú sulle nazioni. Esso non sarà piú fonte di fiducia per la casa d’Israele, ma ricorderà loro la colpa di quando si rivolgevano a loro per aiuto. Allora riconosceranno che io sono il Signore, l’Eterno«. Nel ventisettesimo anno, il primo mese, il primo giorno del mese, avvenne che la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, Nebukadnetsar, re di Babilonia, ha fatto fare al suo esercito un duro servizio contro Tiro ogni testa è divenuta calva e ogni spalla scorticata; ma né lui né il suo esercito hanno ricavato da Tiro alcun compenso per la fatica sostenuta contro di essa«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco. io do a Nebukadnetsar, re di Babilonia, il paese d’Egitto; egli asporterà le sue ricchezze, ne porterà via le spoglie e lo saccheggerà; e questo sarà il compenso per il suo esercito. Per la fatica da lui compiuta contro di essa io gli do il paese d’Egitto, perché hanno lavorato per me«, dice il Signore, l’Eterno. »In quel giorno io farò risorgere la potenza della casa d’Israele e aprirò la tua bocca in mezzo a loro. Allora essi riconosceranno che io sono l’Eterno«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, profetizza e di’ Cosí dice il Signore, l’Eterno: Gemete: ahimè, il giorno! Poiché il giorno è vicino, è vicino il giorno dell’Eterno; sarà un giorno di nuvole, il tempo delle nazioni. La spada verrà sull’Egitto e ci sarà grande angoscia in Etiopia quando in Egitto cadranno i feriti a morte, porteranno via le sue ricchezze e le sue fondamenta saranno rovesciate. L’Etiopia, Put, Lud, tutta la mescolanza di vari popoli, Kub, e i figli dei paesi alleati cadranno con loro di spada«. Così dice l’Eterno: »Coloro che sostengono l’Egitto cadranno e l’orgoglio della sua forza sarà abbattuto; da Migdol a Syene cadranno in esso di spada«, dice il Signore, l’Eterno. »Saranno desolati in mezzo a terre desolate e le loro città saranno in mezzo a città devastate. Riconosceranno che io sono l’Eterno, quando metterò fuoco in Egitto e tutti i suoi soccorritori saranno schiacciati. In quel giorno partiranno dalla mia presenza messaggeri su navi, che faranno spaventare l’incurante Etiopia, e grande angoscia verrà su di loro come nel giorno dell’Egitto. Sí, ecco, la cosa sta per accadere«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Farò cessare il rumoreggiare dell’Egitto per mezzo di Nebukadnetsar, re di Babilonia. Egli e il suo popolo con lui, i piú terribili fra le nazioni, saranno fatti venire per distruggere il paese; sguaineranno le loro spade contro l’Egitto e riempiranno il paese di uccisi. Prosciugherò i fiumi e venderò il paese in mano di genti malvagie; e per mezzo di stranieri renderò desolato il paese e tutto ciò che contiene. Io, l’Eterno, ho parlato«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Distruggerò gli idoli e farò sparire i falsi dèi da Nof; non ci sarà piú principe dal paese d’Egitto e metterò lo spavento nel paese d’Egitto. Renderò Pathros desolata, darò fuoco a Tsoan, eseguirò i miei giudizi su No, riverserò il mio furore su Sin, la fortezza dell’Egitto, e sterminerò la moltitudine di No. Darò fuoco all’Egitto: Sin si torcerà dal dolore, No sarà squarciata. Nof sarà in angoscia ogni giorno. I giovani di Aven, e di Pibeseth cadranno di spada e queste città andranno in cattività. A Tahpanhes, il giorno si oscurerà quando là spezzerò i gioghi imposti dall’Egitto; e in essa verrà meno l’orgoglio della sua forza. Quanto a lei, una nuvola la coprirà e le sue figlie andranno in cattività. Cosí eseguirò i miei giudizi sull’Egitto. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. Nell’anno undicesimo, il primo mese, il settimo giorno del mese, avvenne che la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, io ho spezzato il braccio del Faraone, re d’Egitto; ed ecco, non è stato fasciato mettendovi medicamenti né fasciato con bende per renderlo forte abbastanza per maneggiare una spada«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io sono contro il Faraone, re d’Egitto, per spezzargli le braccia, tanto quello forte, quanto quello già spezzato e gli farò cadere di mano la spada. Disperderò quindi gli Egiziani fra le nazioni e li disseminerò per vari paesi. Fortificherò le braccia del re di Babilonia e gli metterò in mano la mia spada, ma spezzerò le braccia del Faraone che gemerà davanti a lui, come geme un uomo ferito a morte. Cosí fortificherò le braccia del re di Babilonia ma le braccia del Faraone cadranno; riconosceranno che io sono l’Eterno, quando metterò la mia spada in mano del re di Babilonia, ed egli la stenderà contro il paese d’Egitto. Disperderò gli Egiziani fra le nazioni a e li disseminerò per vari paesi. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. Nell’anno undicesimo, il terzo mese, il primo giorno del mese, avvenne che la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, di’ al Faraone, re d’Egitto, e alla sua moltitudine: A chi somigli tu nella tua grandezza? Ecco, l’Assiria era un cedro del Libano, dai bei rami, dall’ombra di una foresta, dal tronco elevato e dalla cima che si ergeva tra folti rami. Le acque lo facevano crescere, l’acqua del sottosuolo l’aveva reso elevato, con i suoi fiumi che scorrevano tutt’intorno al luogo dov’era piantato, mentre mandava i suoi ruscelli a tutti gli alberi della campagna. Perciò la sua altezza si era elevata sopra tutti gli alberi della campagna, i suoi rami si erano moltiplicati, le sue fronde si erano allungate per l’abbondanza delle acque durante la sua crescita. Tutti gli uccelli del cielo facevano il nido tra i suoi rami, tutte le bestie della campagna figliavano sotto le sue fronde e tutte le grandi nazioni dimoravano alla sua ombra. Era bello nella sua grandezza per la lunghezza dei suoi rami, perché la sua radice era presso acque abbondanti. I cedri non lo superavano nel giardino a di DIO, i cipressi non riuscivano ad eguagliare i suoi rami e i castagni non erano neppure come le sue fronde nessun albero nel giardino di DIO gli era pari in bellezza. L’avevo reso bello nell’abbondanza dei suoi rami, per cui lo invidiavano tutti gli alberi dell’Eden, che erano nel giardino di DIO«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché si è elevato in altezza e ha posto la sua cima tra folti rami e il suo cuore si è insuperbito nella sua altezza, lo darò in mano del piú potente fra le nazioni, perché faccia di lui ciò che gli piace; io l’ho scacciato per la sua malvagità. Stranieri, i piú terribili fra le nazioni, l’hanno tagliato e l’hanno abbandonato; i suoi rami sono caduti sui monti e in tutte le valli e le sue fronde giacciono spezzate presso tutti i corsi d’acqua del paese; tutti i popoli della terra sono discesi allontanandosi dalla sua ombra e l’hanno abbandonato. Sulle sue rovine si posano tutti gli uccelli del cielo e sulle sue fronde sono tutte le bestie della campagna, perché nessun albero piantato presso le acque si insuperbisca per la sua altezza, non sporga piú la sua cima tra folti rami e perché nessun albero che beve acqua si innalzi per la sua forza nella sua altezza, perché sono tutti dati alla morte, alle profondità della terra, in mezzo ai figli degli uomini, tra quelli che scendono nella fossa«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Nel giorno in cui discese nello Sceol, io feci fare cordoglio; per lui copersi l’abisso, arrestai i suoi fiumi e le grandi acque furono fermate; per lui feci fare cordoglio al Libano e per lui tutti gli alberi della campagna appassirono. Al rumore della sua caduta feci tremare le nazioni, quando lo feci scendere nello Sceol, assieme a quelli che scendono nella fossa; e nelle profondità della terra si consolarono tutti gli alberi dell’Eden, i piú scelti e i piú belli del Libano, tutti quelli che si abbeveravano alle acque. Anch’essi discesero con lui nello Sceol tra quelli uccisi dalla spada, sí, quelli che erano il suo braccio e stavano alla sua ombra in mezzo alle nazioni. A chi dunque somigli per gloria e grandezza fra gli alberi dell’Eden? Tuttavia sarai precipitato con gli alberi dell’Eden nelle profondità della terra; giacerai in mezzo agl’incirconcisi, insieme a quelli uccisi dalla spada. Questo è ciò che sarà del Faraone e di tutta la sua moltitudine«, dice il Signore, l’Eterno. Nell’anno dodicesimo, il dodicesimo mese, il primo giorno del mese avvenne che la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, innalza una lamentazione sul Faraone, re d’Egitto, e digli: Tu eri simile ad un leoncello fra le nazioni; eri come un dragone nei mari e ti slanciavi nei tuoi fiumi, agitando le acque con i tuoi piedi e intorbidandone i fiumi«. Cosí dice il Signore l’Eterno: »Stenderò su di te la mia rete con un’assemblea di molti popoli che ti tireranno su con la mia rete. Ti abbandonerò quindi sulla terra e ti getterò in aperta campagna, farò posare su di te tutti gli uccelli del cielo a e sazierò di te le bestie di tutta la terra. Getterò la tua carne sui monti e riempirò le valli con il cumulo delle tue carcasse. Darò pure da bere alla terra col flusso del tuo sangue, fino ai monti, e gli alvei saranno pieni di te. Quando ti estinguerò, coprirò i cieli e ne oscurerò le stelle, coprirò il sole con una nuvola e la luna non darà piú la sua luce, Su di te oscurerò tutti i luminari splendenti nel cielo e manderò le tenebre sul tuo paese«, dice il Signore, l’Eterno. »Affliggerò il cuore di molti popoli, quando farò giungere la tua distruzione fra le nazioni, in paesi che non conosci. Farò stupire per te molti popoli, e i loro re saranno presi da grande spavento per causa tua, quando brandirò la mia spada davanti a loro; ognuno di essi tremerà ad ogni istante per la sua vita, nel giorno della tua caduta«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »La spada del re di Babilonia ti piomberà addosso. Farò cadere la tua moltitudine con le spade di uomini potenti, tutti quanti i piú terribili fra le nazioni; essi distruggeranno l’orgoglio dell’Egitto e tutta la sua moltitudine sarà annientata. Farò perire tutto il suo bestiame sulle rive delle grandi acque che non saranno piú intorbidate da piede d’uomo, né unghia di bestia le intorbiderà. Allora lascerò posare le loro acque e farò scorrere i loro fiumi come olio«, dice il Signore, l’Eterno. »Quando renderò il paese d’Egitto una desolazione e il paese sarà spogliato di ciò che conteneva, quando colpirò tutti i suoi abitanti, allora riconosceranno che io sono l’Eterno. Questa è una lamentazione che innalzeranno per lui, la innalzeranno per lui le figlie delle nazioni; la innalzeranno sull’Egitto e su tutta la sua moltitudine«, dice il Signore, l’Eterno. Nel dodicesimo anno, il quindicesimo giorno del mese, avvenne che la parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, intona un lamento sulla moltitudine dell’Egitto e falla scendere nelle profondità della terra, lei e le figlie delle nazioni famose, assieme a quelli che scendono nella fossa, Chi mai sorpassi in bellezza? Scendi e sii posto a giacere con gl’incirconcisi, Essi cadranno in mezzo agli uccisi di spada. Esso è consegnato alla spada, lo trascinano con tutte le sue moltitudini. I più forti fra i prodi assieme a quelli che l’aiutavano gli parleranno di mezzo allo Sceol: »Sono scesi e giacciono con gli incirconcisi, trafitti dalla spada! Là è l’Assiria con tutta la sua moltitudine con i suoi sepolcri intorno a lei; sono tutti uccisi, caduti per la spada. I suoi sepolcri sono posti nelle profondità della fossa e la sua moltitudine è intorno al suo sepolcro; tutti sono uccisi, caduti per la spada, essi che spargevano il terrore sulla terra dei viventi. Là è Elam, con tutta la sua moltitudine intorno al suo sepolcro; sono tutti uccisi, caduti di spada, scesi incirconcisi nelle profondità della terra, essi che spargevano il terrore sulla terra dei viventi; ora portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa. Hanno posto il suo letto in mezzo agli uccisi con tutta la sua moltitudine, con i suoi sepolcri intorno a lui; sono tutti incirconcisi, trafitti dalla spada, perché avevano sparso il terrore sulla terra dei viventi; ora però portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa; sono stati posti in mezzo agli uccisi. Là è Mescek, Tubal e tutta la loro moltitudine, con i suoi sepolcri intorno a lui; sono tutti incirconcisi, trafitti dalla spada, perché spargevano il terrore sulla terra dei viventi. Non giacciono con gli eroi caduti degli incirconcisi, che sono scesi nello Sceol, con le loro armi da guerra, e le cui spade sono state poste sotto le loro teste; ma la punizione delle loro iniquità starà attaccata alle loro ossa, anche se il terrore di questi prodi era grande sulla terra dei viventi. Sí, tu sarai frantumato in mezzo agl’incirconcisi e giacerai con i trafitti dalla spada. Là è Edom, con i suoi re e tutti i suoi principi che, nonostante il loro valore, sono posti assieme ai trafitti dalla spada. Anch’essi giacciono con gl’incirconcisi e con quelli che scendono nella fossa. Là sono tutti i principi del nord e tutti i Sidoni, che sono discesi con i trafitti confusi per il terrore che incutevano con la loro potenza. Giacciono incirconcisi con i trafitti dalla spada e portano la loro ignominia con quelli che scendono nella fossa. Il Faraone li vedrà e si consolerà per tutta la sua moltitudine; il Faraone e tutto il suo esercito saranno trafitti dalla spada«, dice il Signore l’Eterno. »Anche se ho lasciato spargere il suo terrore nella terra dei viventi, il Faraone con tutta la sua moltitudine sarà posto a giacere in mezzo agl’incirconcisi, con i trafitti dalla spada«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, parla ai figli del tuo popolo e di’ loro: Quando farò venire la spada contro un paese e il popolo di quel paese prende un uomo dai suoi confini e lo pone come sentinella, se vede la spada venire contro il paese, e suona la tromba e avverte il popolo, chiunque ode il suono della tromba e non fa caso all’avvertimento, se la spada viene e lo porta via, il suo sangue sarà sul suo capo. Egli ha udito il suono della tromba, ma non ha fatto caso all’avvertimento, il suo sangue sarà su di lui. Chi invece ha fatto caso all’avvertimento salverà la sua vita Ma se la sentinella vede la spada venire e non suona la tromba per avvertire il popolo, e la spada viene e porta via qualcuno di loro, questi sarà portato via per la propria iniquità, ma del suo sangue chiederò conto alla sentinella. Cosí, o figlio d’uomo, io ti ho stabilito sentinella per la casa d’Israele; perciò ascolta la parola dalla mia bocca e avvertili da parte mia. Quando dico all’empio: »Empio, tu morirai sicuramente« e tu non parli per avvertire l’empio che si allontani dalla sua via, quell’empio morirà per la sua iniquità, ma del suo sangue chiederò conto alla tua mano. Se però tu avverti l’empio che si allontani dalla sua via ed egli non si allontana dalla sua via, egli morirà per la sua iniquità, ma tu salverai la tua anima. Ora tu, figlio d’uomo, di’ alla casa d’Israele: Voi dite cosí: »Se le nostre trasgressioni e i nostri peccati sono sopra di noi e a motivo d’essi languiamo, come potremo vivere?« Di’ loro: Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvagie. Perché mai dovreste morire, o casa d’Israele? Perciò tu, figlio d’uomo, di’ ai figli del tuo popolo: La giustizia del giusto non lo salverà nel giorno del suo peccato; cosí pure l’empietà dell’empio non lo farà cadere nel giorno in cui si allontanerà dalla sua empietà, e il giusto non potrà vivere per la sua giustizia nel giorno in cui peccherà. Quando dico al giusto che sicuramente vivrà, se confida nella propria giustizia e commette l’iniquità, tutti i suoi atti giusti non saranno piú ricordati, ma morirà per l’iniquità che ha commesso. Quando invece dico all’empio: »Tu morirai sicuramente«, se si allontana dal suo peccato e compie ciò che è retto e giusto, se l’empio rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato e cammina secondo gli statuti della vita, senza commettere l’iniquità, egli certamente vivrà, non morirà. Nessuno dei peccati da lui commessi sarà piú ricordato contro di lui; egli ha compiuto ciò che è retto e giusto e certamente vivrà. Ma i figli del tuo popolo dicono: »La via del Signore non è giusta« mentre è la loro via che non è giusta. Quando il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità, per questo egli morirà. Quando invece l’empio si allontana dalla sua empietà e compie ciò che è retto e giusto, per questo egli vivrà. Tuttavia voi dite: »La via del Signore non è giusta«. Io giudicherò ciascuno di voi secondo le sue vie, o casa d’Israele«, In occasione della presa di Gerusalemme Nel dodicesimo anno della nostra cattività, il decimo mese, il quinto giorno del mese, avvenne che arrivò da me un fuggiasco da Gerusalemme e mi disse: »La città è presa«. La sera prima dell’arrivo del fuggiasco, la mano dell’Eterno si era posata su di me e mi aveva aperto la bocca cosí, quando quello giunse da me al mattino la mia bocca fu aperta e non fui piú muto. La parola dell’Eterno mi fu quindi rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, gli abitanti di quelle rovine nel paese d’Israele dicono: »Abrahamo, era solo ed ebbe il possesso del paese, ma noi siamo molti e il possesso del paese è dato a noi«. Perciò di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Voi mangiate la carne col sangue, alzate gli occhi verso i vostri idoli versate il sangue e vorreste possedere il paese. Vi appoggiate sulla vostra spada, commettete abominazioni, ciascuno contamina la moglie del proprio vicino e vorreste possedere il paese. Di’ loro cosí: dice il Signore, l’Eterno: Com’è vero che io vivo, quelli che stanno fra quelle rovine periranno di spada, quelli che sono in aperta campagna li darò in pasto alle bestie e quelli che sono nelle fortezze e nelle caverne moriranno di peste. Ridurrò il paese a una desolazione e a un deserto, l’orgoglio della sua forza verrà meno e i monti d’Israele saranno cosí desolati che nessuno piú vi passerà. Riconosceranno che io sono l’Eterno, quando avrò ridotto il paese a una desolazione e a un deserto per tutte le abominazioni che hanno commesso. Quanto a te, figlio d’uomo, i figli del tuo popolo parlano di te presso le mura e sulle porte delle case, si parlano l’un l’altro, dicendo ognuno al proprio fratello: »Venite a sentire qual è la parola che viene dall’Eterno« Cosí vengono da te come fa la gente, si siedono davanti a te come il mio popolo e ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica; con la loro bocca, infatti mostrano tanto amore, ma il loro cuore va dietro al loro ingiusto guadagno. Ecco, tu sei per loro come una canzone d’amore di uno che ha una bella voce e sa suonare bene uno strumento; essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica. Ma quando la cosa avverrà (ed ecco sta per avvenire) riconosceranno che in mezzo a loro c’è stato un profeta«. La parola dell’Eterno mi fu ancora rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, profetizza contro i pastori d’Israele; profetizza e di’ a quei pastori: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Guai ai pastori d’Israele che pascolano se stessi! I pastori non dovrebbero invece pascere il gregge? Voi mangiate il grasso, vi vestite di lana, ammazzate le pecore grasse, ma non pascete il gregge. Non avete fortificato le pecore deboli, non avete curato la malata, non avete fasciato quella ferita, non avete riportato a casa la smarrita e non avete cercato la perduta, ma avete dominato su loro con forza e durezza. Cosí esse per mancanza di pastore si sono disperse, sono diventate pasto di tutte le fiere della campagna e si sono disperse. Le mie pecore vanno errando per tutti i monti e su ogni alto colle; sí, le mie pecore sono state disperse su tutta la faccia del paese, e nessuno è andato in cerca di loro, o ne ha avuto cura«. Perciò, o pastori, ascoltate la parola dell’Eterno: Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »poiché le mie pecore sono divenute una preda, le mie pecore sono andate in pasto a tutte le fiere della campagna per mancanza di un pastore e perché i miei pastori non sono andati in cerca delle mie pecore, ma i pastori hanno pasciuto se stessi e non hanno pasciuto le mie pecore«. Perciò, o pastori, ascoltate la parola dell’Eterno: Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io sono contro i pastori; chiederò loro conto delle mie pecore e li farò smettere dal pascere le pecore. I pastori non pasceranno piú se stessi, perché strapperò le mie pecore dalla loro bocca e non saranno piú il loro pasto«. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ecco, io stesso andrò in cerca delle mie pecore e ne avrò cura. Come un pastore ha cura del suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore disperse, cosí io avrò cura delle mie pecore e le strapperò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di dense tenebre. Le farò uscire di tra i popoli e le radunerò da vari paesi; le ricondurrò sul loro suolo e le pascerò sui monti d’Israele, lungo i corsi d’acqua e in tutti i luoghi abitati del paese. Le pascerò in buoni pascoli e il loro ovile sarà sugli alti monti d’Israele; là riposeranno in un buon ovile e pascoleranno in ricchi pascoli sui monti d’Israele. Io stesso pascerò le mie pecore e le farò riposare«, dice il Signore, l’Eterno. »Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, fortificherò la malata ma distruggerò la grassa e la forte; le pascerò con giustizia. Quanto a voi, o pecore mie«, cosí dice il Signore, l’Eterno, »ecco, io giudicherò tra pecora e pecora, tra montoni e capri. Vi pare piccola cosa il pascolare nel buon pascolo e poi pestare con i piedi ciò che rimane del vostro pascolo, o bere acque limpide e poi intorbidire con i piedi quel che resta? Cosí le mie pecore devono mangiare ciò che i vostri piedi hanno calpestato e devono bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidito«. Perciò cosí dice loro il Signore, l’Eterno: »Ecco, io stesso giudicherò fra la pecora grassa e la pecora magra. Poiché voi avete spinto con il fianco e con la spalla e avete dato cornate a tutte le pecore deboli fino a disperderle in giro. io salverò le mie pecore e non diventeranno piú una preda, e giudicherò fra pecora e pecora. Stabilirò su di esse un solo pastore che le pascolerà, il mio servo Davide, Egli le pascolerà e sarà il loro pastore. E io l’Eterno, sarò il loro DIO e il mio servo Davide sarà principe in mezzo a loro. Io l’Eterno, ho parlato. Stabilirò con esse un patto di pace e farò sparire le belve malefiche dal paese; cosí esse potranno dimorare al sicuro nel deserto e dormire nelle foreste. E renderò loro i luoghi intorno al mio colle una benedizione; farò scendere la pioggia a suo tempo, e saranno piogge di benedizione. L’albero della campagna darà il suo frutto e la terra darà i suoi prodotti. Esse staranno al sicuro sul loro suolo e riconosceranno che io sono l’Eterno, quando spezzerò le sbarre del loro giogo e le libererò dalla mano di quelli che le tenevano in schiavitú. E non saranno piú preda delle nazioni né le divoreranno piú le fiere della campagna, ma dimoreranno al sicuro a e nessuno le spaventerà. Farò sorgere per loro un giardino di grande fama; non saranno piú consumate dalla fame nel paese e non porteranno piú il vituperio delle nazioni. Cosí riconosceranno che io, l’Eterno, il loro DIO, sono con loro, e che essi, la casa d’Israele, sono il mio popolo«, dice il Signore, l’Eterno. »Voi siete le mie pecore, le pecore del mio pascolo; siete uomini e io sono il vostro DIO«, dice l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, volgi la tua faccia verso il monte Seir e profetizza contro di esso, e digli: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io sono contro di te, o monte Seir. Io stenderò la mia mano contro di te e ti renderò una desolazione e un deserto. Io ridurrò le tue città in rovine e tu diventerai una desolazione. Allora riconoscerai che io sono l’Eterno. Poiché tu hai avuto un’antica inimicizia e hai consegnato i figli d’Israele in balìa della spada al tempo della loro calamità, quando la loro iniquità era giunta al colmo. Com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »ti riserbo per il sangue e il sangue ti inseguirà; poiché non hai odiato il sangue, il sangue ti inseguirà. Cosí ridurrò il monte Seir in una desolazione e in un deserto e sterminerò da esso chi va e chi viene. Riempirò i suoi monti dei suoi uccisi; sui tuoi colli, nelle tue valli e in tutti i tuoi burroni cadranno gli uccisi dalla spada. Ti ridurrò una desolazione perpetua e le tue città non saranno piú abitate; allora riconoscerete che io sono l’Eterno. Poichè hai detto: »Quelle due nazioni e quei due paesi saranno miei; noi li possederemo« anche se là c’era l’Eterno, com’è vero che io vivo«, dice il Signore, l’Eterno, »io agirò con la tua stessa ira e con la gelosia che hai dimostrato nel tuo odio contro di essi e mi farò conoscere in mezzo a loro, quando ti giudicherò. Tu allora riconoscerai che io, l’Eterno, ho udito tutti gli insulti che hai proferito contro i monti d’Israele, dicendo: »Sono desolati; sono dati a noi per divorare« Con la vostra bocca vi siete vantati contro di me e avete moltiplicato contro di me le vostre parole: ho udito ogni cosa«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Quando tutta la terra si rallegrerà, io ti ridurrò una desolazione. Poiché ti sei rallegrato perché l’eredità della casa d’Israele era ridotta una desolazione, cosí io farò con te: diventerai una desolazione, o monte Seir, e anche tutto quanto Edom. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. »Tu figlio d’uomo, profetizza ai monti d’Israele e di’ O monti d’Israele, ascoltate la parola dell’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno: Poiché il nemico ha detto di voi: ah, ah! I colli eterni sono divenuti nostro possesso profetizza e di’: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Si, poiché hanno voluto devastarvi e inghiottirvi da ogni lato per farvi diventare possesso del resto delle nazioni e perché siete stati oggetto dei discorsi delle male lingue e delle calunnie della gente«, perciò, o monti d’Israele, ascoltate la parola del Signore, dell’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno, ai monti e ai colli ai burroni e alle valli, ai luoghi devastati e desolati e alle città abbandonate che sono divenute preda e oggetto di disprezzo del resto delle nazioni d’intorno. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Sí nel fuoco della mia gelosia io parlo contro il resto delle nazioni e contro tutto Edom che hanno fatto del mio paese il loro possesso con tutta la gioia del cuore e disprezzo dell’anima, per cacciarlo come preda. Perciò profetizza alla terra d’Israele e di’ ai monti e ai colli, ai burroni e alle valli: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io ho parlato nella mia gelosia e nel mio furore, perché voi avete portato il vituperio delle nazioni«, Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Io ho alzato la mano in giuramento: le nazioni che mi circondano porteranno anch’esse il loro vituperio. Ma voi o monti d’Israele, metterete i vostri rami e porterete i vostri frutti per il mio popolo d’Israele; sí, esso sta per tornare. Poiché ecco, io sono per voi, mi volgerò verso di voi e sarete coltivati e seminati. Farò moltiplicare su di voi gli uomini, tutta la casa d’Israele, le città saranno abitate e le rovine ricostruite Farò moltiplicare su di voi uomini e bestie; moltiplicheranno e saranno fecondi. Vi farò abitare come nei tempi passati e vi farò del bene piú che ai vostri inizi; allora riconoscerete che io sono l’Eterno, Sí, farò camminare su di voi degli uomini, il mio popolo d’Israele, essi vi possederanno e voi sarete la loro eredità e non li priverete piú dei loro figli«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Poiché vi dicono: »Sei un paese che ha divorato gli uomini e ha privato la tua nazione di figli« perciò non divorerai piú gli uomini e non priverai piú la tua nazione di figli«, dice il Signore, l’Eterno. »Non ti farò piú sentire gli scherni delle nazioni e tu non porterai piú il vituperio dei popoli e non farai piú cadere la tua nazione«, dice il Signore, l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, quando quelli della casa d’Israele abitavano nel loro paese, lo contaminavano con la loro condotta e le loro azioni; la loro condotta davanti a me era come impurità della donna durante il suo ciclo mestruale. Perciò riversai su di loro il mio furore per il sangue che avevano sparso sul paese e per gl’idoli con i quali lo avevano contaminato. Cosí li dispersi fra le nazioni e furono disseminati per tutti i paesi, li giudicai secondo la loro condotta e secondo le loro azioni. Arrivati fra le nazioni dove erano andati, profanarono il mio santo nome, perché di loro si diceva: »Costoro sono il popolo dell’Eterno, eppure hanno dovuto uscire dal suo paese«. Cosí io ebbi riguardo del mio santo nome che la casa d’Israele aveva profanato fra le nazioni dov’erano andati. Perciò di’ alla casa d’Israele: Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Io agisco cosí non a motivo di voi, o casa d’Israele, ma per amore del mio santo nome, che voi avete profanato fra le nazioni dove siete andati. Io santificherò il mio grande nome profanato fra le nazioni, che avete profanato nel loro mezzo. Le nazioni riconosceranno che io sono l’Eterno«, dice il Signore, l’Eterno, »quando sarò santificato in voi davanti ai loro occhi. Vi prenderò dalle nazioni, vi radunerò da tutti i paesi e vi ricondurrò nel vostro paese. Spanderò quindi su di voi acqua pura e sarete puri; vi purificherò da tutte le vostre impurità e da tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e vi farò camminare nei miei statuti, e voi osserverete e metterete in pratica i miei decreti. Abiterete nel paese che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro DIO. Vi libererò da tutte le vostre impurità; chiamerò il frumento, lo farò abbondare e non manderò piú contro di voi la fame. Farò moltiplicare il frutto degli alberi e il prodotto dei campi, affinché non subiate più il vituperio della fame tra le nazioni. Allora vi ricorderete delle vostre vie malvagie e delle vostre azioni che non erano buone e diventerete ripugnanti ai vostri stessi occhi per le vostre iniquità e le vostre abominazioni. Non è per amore di voi che io opero«, dice il Signore, l’Eterno, »sappiatelo bene. Vergognatevi e siate confusi a motivo delle vostre vie, o casa d’Israele«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Nel giorno in cui vi purificherò da tutte le vostre iniquità, vi farò abitare nuovamente le città, e le rovine saranno ricostruite. La terra desolata sarà coltivata, invece di essere una desolazione agli occhi di tutti i passanti. E diranno: »Questa terra che era desolata è divenuta come il giardino dell’Eden, e le città devastate, desolate e rovinate sono ora fortificate e abitate«. Allora le nazioni che saranno rimaste intorno a voi riconosceranno che io. l’Eterno, ho ricostruito i luoghi distrutti e piantato la terra desolata. Io l’Eterno, ho parlato e lo farò«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Sarò nuovamente supplicato dalla casa d’Israele di compiere questo per loro: io moltiplicherò i loro uomini come un gregge. Come un gregge di pecore consacrate, come il gregge di Gerusalemme, nelle sue feste solenni, cosí le città devastate saranno riempite di greggi di uomini. Allora riconosceranno che io sono l’Eterno«. La mano dell’Eterno fu sopra me, mi portò fuori nello Spirito dell’Eterno e mi depose in mezzo a una valle che era piena di ossa. Quindi mi fece passare vicino ad esse, tutt’intorno; ed ecco, erano in grandissima quantità sulla superficie della valle; ed ecco, erano molto secche. Mi disse: »Figlio d’uomo, possono queste ossa rivivere?«. Io risposi: »O Signore, o Eterno, tu lo sai«. Mi disse ancora: »Profetizza a queste ossa e di’ loro: Ossa secche, ascoltate la parola dell’Eterno. Cosí dice il Signore, l’Eterno, a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e voi rivivrete. Metterò su di voi la carne, vi coprirò di pelle e metterò in voi lo spirito, e vivrete; allora riconoscerete che io sono l’Eterno«. Cosí profetizzai come mi era stato comandato; mentre profetizzavo, ci fu un rumore; ed ecco uno scuotimento; quindi le ossa si accostarono l’una all’altra. Mentre guardavo, ecco crescere su di esse i tendini e la carne, che la pelle ricoprí; ma non c’era in loro lo spirito. Allora egli mi disse: »Profetizza allo spirito, profetizza figlio d’uomo e di’ allo spirito: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi uccisi, perché vivano«, Così profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi, e ritornarono in vita e si alzarono in piedi: erano un esercito grande, grandissimo. Poi mi disse: »Figlio d’uomo, queste ossa sono tutta la casa d’Israele. Ecco essi dicono: le nostre ossa sono secche, la nostra speranza è svanita e noi siamo perduti Perciò profetizza e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io aprirò i vostri sepolcri, vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi ricondurrò nel paese d’Israele. Riconoscerete che io sono l’Eterno, quando aprirò i vostri sepolcri e vi farò uscire dalle vostre tombe, o popolo mio. Metterò in voi il mio Spirito e voi vivrete, e vi porrò sulla vostra terra; allora riconoscerete che io, l’Eterno, ho parlato e ho portato a compimento la cosa«, dice l’Eterno. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Tu, figlio d’uomo, prenditi un pezzo di legno e su di esso scrivi: »Per Giuda e per i figli d’Israele, suoi compagni«. Poi prenditi un altro pezzo di legno e su di esso scrivi: »Per Giuseppe bastone di Efraim e di tutta la casa d’Israele, suoi compagni«. Avvicinali quindi l’uno all’altro in un solo legno, affinché diventino una sola cosa nella tua mano. Quando i figli del tuo popolo ti parleranno, dicendo: »Ci vuoi spiegare che cosa significano queste cose per te?« tu dirai loro: Così dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io prenderò il legno di Giuseppe, che è in mano di Efraim, e le tribú d’Israele che sono suoi compagni, e li unirò a questo, cioè al legno di Giuda, per farne un solo legno; essi diventeranno cosi una sola cosa nella mia mano. Tieni nella tua mano sotto i loro occhi i legni sui quali hai scritto e di’ loro: Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io prenderò i figli d’Israele dalle nazioni fra le quali sono andati, li radunerò da ogni parte e li ricondurrò nel loro paese, e farò di loro una sola nazione nel paese, sui monti d’Israele, un solo re regnerà su tutti loro; non saranno piú due nazioni né saranno piú divisi in due regni. Non si contamineranno piú con i loro idoli, con le loro abominazioni e con tutte le loro trasgressioni; li libererò da tutti i luoghi dove hanno abitato dove hanno peccato, e li purificherò; cosí saranno il mio popolo e io sarò il loro DIO. Il mio servo Davide sarà re su di loro e ci sarà un unico pastore per tutti; essi cammineranno nei miei decreti, osserveranno i miei statuti e li metteranno in pratica. E abiteranno nel paese che io diedi al mio servo Giacobbe, dove abitarono i vostri padri. Vi abiteranno essi, i loro figli e i figli dei loro figli per sempre, e il mio servo Davide sarà loro principe per sempre. Stabilirò con loro un patto di pace: sarà un patto eterno con loro, li renderò stabili, li moltiplicherò e metterò il mio santuario in mezzo a loro per sempre. La mia dimora sarà presso di loro; sí, io sarò il loro DIO ed essi saranno il mio popolo. Anche le nazioni riconosceranno che io, l’Eterno, santifico Israele, quando il mio santuario sarà in mezzo a loro per sempre«. La parola dell’Eterno mi fu rivolta, dicendo: »Figlio d’uomo, volgi la tua faccia verso Gog del paese di Magog, principe di Rosh, Mescek e Tubal, e profetizza contro di lui, e di’ Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io sono contro di te, o Gog, principe di Rosh, di Mescek e di Tubal. Io ti farò tornare indietro, metterò uncini nelle tue mascelle e ti farò uscire con tutto il tuo esercito, cavalli e cavalieri, tutti vestiti splendidamente, una grande moltitudine con scudi grandi e piccoli, tutti maneggianti la spada e con loro la Persia, l’Etiopia e Put tutti con scudi ed elmi. Gomer, e tutte le sue schiere, la casa di Togarmah, le estreme parti del nord e tutte le sue schiere, molti popoli sono con te. Preparati e sii pronto, tu con tutte le tue moltitudini radunate intorno a te, e sii per loro un guardiano. Dopo molti giorni tu sarai punito. Negli ultimi anni verrai contro il paese sottratto alla spada, i cui abitanti sono stati raccolti da molti popoli, sui monti d’Israele, che sono stati per tanto tempo una desolazione; ora essi, fatti uscire di fra i popoli, abiteranno tutti al sicuro. Tu salirai, verrai come un uragano, sarai come una nuvola che ricopre il paese, tu con tutte le tue schiere e molti popoli con te«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »In quel giorno accadrà che ti verranno in mente dei pensieri e concepirai un malvagio disegno. Dirai: o salirò contro questo paese di villaggi senza mura, andrò contro gente tranquilla che abita al sicuro, che dimora tutta in luoghi senza mura e non ha né sbarre né porte per saccheggiare e fare bottino, per stendere la tua mano contro luoghi devastati ora ripopolati e contro un popolo raccolto fra le nazioni, che si è procurato bestiame e ricchezze e dimora sulle alture del paese. Sceba, Dedan, i mercanti di Tarshish, e tutti i suoi leoncelli ti domanderanno: »Sei venuto per saccheggiare? Hai radunato la tua moltitudine per fare bottino, per portare via argento e oro, per prendere bestiame e beni, per fare un grosso bottino?« Perciò, figlio d’uomo, profetizza e di’ a Gog: Cosí dice il Signore, l’Eterno: In quel giorno, quando il mio popolo d’Israele dimorerà al sicuro non lo saprai tu? Verrai dalla tua dimora, dalle estreme parti del nord, tu e molti popoli con te, tutti a cavallo, una grande moltitudine e un potente esercito. Salirai contro il mio popolo d’Israele, come una nuvola che copre il paese. Questo avverrà negli ultimi giorni: ti condurrò contro il mio paese affinché le nazioni mi conoscano, quando sarò santificato in te davanti ai loro occhi. o Gog«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Non sei tu quello di cui parlai nei tempi antichi per mezzo dei miei servi i profeti d’Israele, i quali per anni, in quei giorni, profetizzarono che ti avrei fatto venire contro di loro? Ma avverrà in quel giorno, nel giorno in cui Gog, verrà contro la terra d’Israele«, dice il Signore, l’Eterno. »che il mio furore mi salirà alle narici. Nella mia gelosia e nel fuoco della mia ira, io dichiaro che in quel giorno ci sarà certamente un grande scuotimento nel paese d’Israele: davanti a me tremeranno i pesci del mare, gli uccelli del cielo, le bestie della campagna, tutti i rettili che strisciano sul suolo e tutti gli uomini che sono sulla faccia della terra; i monti saranno rovesciati, i luoghi scoscesi crolleranno e tutte le mura cadranno al suolo. Io chiamerò contro di lui la spada su tutti i miei monti«, dice il Signore, l’Eterno, »la spada di ognuno si volgerà contro il proprio fratello. Eseguirò il mio giudizio su di lui con la peste e col sangue e farò piovere su di lui, sulle sue schiere e sui molti popoli che sono con lui, pioggia scrosciante, pietre di ghiaccio, fuoco e zolfo Cosí mi magnificherò e mi santificherò e mi farò conoscere agli occhi di molte nazioni, e riconosceranno che io sono l’Eterno«. »Tu, figlio d’uomo, profetizza contro Gog e di’ Cosí dice il Signore, l’Eterno: Ecco, io sono contro di te principe di Rosh, di Mescek e di Tubal. Ti farò tornare indietro, ti alletterò, ti farò salire dalle estreme parti del nord e ti condurrò sui monti d’Israele. Scuoterò l’arco dalla tua mano sinistra e ti farò cadere le frecce dalla mano destra. Cadrai sui monti d’Israele, tu con tutte le tue schiere e con i popoli che sono con te; ti darò in pasto agli uccelli rapaci, agli uccelli d’ogni specie e alle bestie dei campi. Cadrai in aperta campagna, perché io ho parlato«, dice il Signore, l’Eterno. »E manderò fuoco su Magog e su quelli che abitano sicuri nelle isole, e riconosceranno che io sono l’Eterno. Cosí farò conoscere il mio santo nome in mezzo al mio popolo d’Israele e non lascerò piú profanare il mio santo nome, e le nazioni riconosceranno che io sono l’Eterno, il Santo in Israele. Ecco, la cosa avverrà e si compirà«, dice il Signore, l’Eterno; »questo è il giorno di cui ho parlato. Allora gli abitanti delle città d’Israele usciranno, daranno fuoco e bruceranno armi, scudi grandi e piccoli, mazze e lance, e con queste faranno fuoco per sette anni. Non dovranno prendere legna dalla campagna e neppure tagliarne nelle foreste, perché faranno fuoco con quelle armi, cosí spoglieranno quelli che li spogliavano e prederanno quelli che li predavano«, dice il Signore, l’Eterno. »In quel giorno avverrà che darò a Gog, là in Israele un luogo per sepoltura, la valle di Abarim, a est del mare; essa ostruirà il passaggio ai viandanti, perché là sarà sepolto Gog con tutta la sua moltitudine; e quel luogo sarà chiamato la Valle di Hammon-Gog. La casa d’Israele, per purificare il paese, impiegherà ben sette mesi a seppellirli. Li seppellirà tutto il popolo del paese, ed essi acquisteranno fama il giorno in cui mi glorificherò«, dice il Signore, l’Eterno. »Sceglieranno degli uomini che percorreranno in continuazione il paese per seppellire, con l’aiuto dei viandanti, i corpi di quelli che sono rimasti sulla superficie della terra, per purificarla; alla fine dei sette mesi faranno questa ricerca. Chiunque percorrerà il paese, al vedere un osso d’uomo, vi porrà vicino un segno indicatore, finché i seppellitori non lo seppelliranno nella Valle di Hammon-Gog. Hamonah sarà pure il nome di una città. Cosí purificheranno il paese. Quanto a te, figlio d’uomo«, cosi dice il Signore, l’Eterno: »Di’ agli uccelli d’ogni specie e a tutte le bestie dei campi: Radunatevi e venite. Raccoglietevi da ogni parte al posto del massacro che compirò per voi, un grande massacro sui monti d’Israele, perché mangiate carne e beviate sangue. Mangerete carne di uomini potenti e berrete sangue di principi della terra: come se fossero tutti montoni, agnelli capri e tori ingrassati in Bashan. Mangerete grasso a sazietà e berrete sangue fino all’ebbrezza al pasto del massacro che compirò per voi. Alla mia tavola vi sazierete di cavalli e di cavalieri, di uomini potenti e di guerrieri d’ogni sorta«, dice il Signore, l’Eterno. »Manifesterò la mia gloria fra le nazioni e tutte le nazioni vedranno il mio giudizio che ho compiuto e la mia mano che ho posto su di loro. Cosí da quel giorno in poi la casa d’Israele riconoscerà che io sono l’Eterno, il suo DIO; e le nazioni riconosceranno che fu per la sua iniquità che la casa d’Israele andò in cattività, perché mi era stata infedele, perciò ho nascosto loro la mia faccia, li ho dati in mano dei loro nemici e sono caduti tutti di spada. Li ho trattati secondo la loro impurità e secondo le loro trasgressioni e ho nascosto loro la mia faccia«. Perciò cosí dice il Signore, l’Eterno: »Ora farò tornare Giacobbe dalla cattività, avrò compassione di tutta la casa d’Israele e sarò geloso del mio santo nome, dopo che hanno portato il loro vituperio e la pena di tutte le loro infedeltà che avevano commesso contro di me, mentre dimoravano al sicuro nel loro paese e nessuno li spaventava. Quando li ricondurrò dai popoli e li raccoglierò dai paesi dei loro nemici e sarò santificato in loro agli occhi di molte nazioni, essi riconosceranno che io sono l’Eterno, il loro DIO, che li ha fatti andare in cattività fra le nazioni, ma li ha pure radunati assieme nel loro paese, senza lasciarne fuori neppure uno. Non nasconderò piú loro la mia faccia, perché spanderò il mio Spirito sulla casa d’Israele«, dice il Signore, l’Eterno. Nell’anno venticinquesimo della nostra cattività, all’inizio dell’anno, il decimo giorno del mese, nel quattordicesimo anno da quando la città era stata presa, in quello stesso giorno la mano dell’Eterno fu sopra di me; e mi trasportò là. In visioni di DIO mi trasportò nel paese d’Israele e mi posò su un monte altissimo, sul quale c’era dal lato sud una costruzione che sembrava una città. Egli mi condusse là, ed ecco un uomo, il cui aspetto era come l’aspetto di bronzo, con in mano una cordicella di lino e una canna per misurare; egli stava in piedi, sulla porta. Quell’uomo mi disse: »Figlio d’uomo, guarda con i tuoi occhi, ascolta con i tuoi orecchi e fa’ attenzione a tutte le cose che ti mostrerò, poiché tu sei stato condotto qui perché io te le mostri. Riferisci alla casa d’Israele tutto ciò che vedrai«. Ed ecco, c’era un muro all’esterno del tempio, tutt’intorno. La canna per misurare in mano all’uomo era lunga sei cubiti, di un cubito e un palmo ciascuno. Egli misurò la larghezza del muro: era una canna, e l’altezza una canna. Poi venne alla porta che guarda a est, salí i suoi gradini e misurò la soglia della porta: era una canna di larghezza; anche l’altra soglia era una canna di larghezza. Ogni camera misurava una canna di lunghezza e una canna di larghezza. Fra le camere c’era uno spazio di cinque cubiti. La soglia della porta vicina all’atrio della porta interna era di una canna. Misurò anche l’atrio della porta interna: era una canna. Poi misurò l’atrio della porta: era otto cubiti, mentre i suoi pilastri erano due cubiti. L’atrio della porta era nella parte interna. Le camere della porta a est erano tre da una parte e tre dall’altra; tutte e tre avevano la stessa grandezza; la stessa dimensione avevano pure i pilastri da una parte e dall’altra. Misurò la larghezza dell’ingresso della porta: era di dieci cubiti; la lunghezza della porta era di tredici cubiti. Lo spazio davanti alle camere era di un cubito da una parte e di un cubito dall’altra; ogni camera misurava sei cubiti da un lato e sei dall’altro. E misurò quindi la porta dal tetto di una delle camere al tetto dell’altra; la larghezza da porta a porta era di venticinque cubiti. Calcolò i pilastri: erano alti sessanta cubiti; dai pilastri si estendeva il cortile tutt’intorno alle porte. Dal davanti della porta d’ingresso al davanti dell’atrio della porta interna c’erano cinquanta cubiti. Le finestre e i loro pilastri all’interno della porta avevano le grate tutt’intorno; lo stesso era per gli archi. C’erano pure finestre tutt’intorno nella parte interna, e sui pilastri erano raffigurate delle palme. Poi mi condusse nel cortile esterno ed ecco, c’erano camere e un lastrico tutt’intorno al cortile; trenta camere davano sul lastrico. Il lastrico accanto alle porte corrispondeva alla lunghezza delle porte; era il lastrico inferiore. Poi misurò la larghezza dal davanti della porta inferiore, al davanti della porta esteriore del cortile interno: erano cento cubiti a est e a nord. Misurò pure la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a nord nel cortile esterno. Le sue camere erano tre da una parte e tre dall’altra parte; i suoi pilastri e i suoi archi avevano la stessa grandezza della prima porta: cinquanta cubiti di lunghezza e venticinque di larghezza. Le sue finestre, i suoi archi, le sue palme avevano la stessa larghezza della porta che guardava a est; vi si saliva per sette gradini, davanti ai quali stavano i suoi archi. Il cortile interno aveva una porta che stava di fronte alla porta nord, esattamente come era per la porta est, misurò da porta a porta: erano cento cubiti. Poi mi condusse verso sud, ed ecco una porta che guardava a sud; ne misurò i pilastri e gli archi, che avevano le stesse dimensioni dei precedenti. In essa e nei suoi archi c’erano finestre tutt’intorno, come le altre finestre: cinquanta cubiti di lunghezza e venticinque cubiti di larghezza. Vi si saliva per sette gradini, davanti ai quali stavano gli archi; essa aveva palme, una da una parte e l’altra dall’altra parte, sui suoi pilastri. Il cortile interno aveva una porta verso sud; misurò la distanza da porta a porta verso sud: cento cubiti. Poi mi condusse nel cortile interno attraverso la porta del sud e misurò la porta del sud, che aveva le stesse dimensioni. Anche le sue camere, i suoi pilastri e i suoi archi avevano le stesse dimensioni. Essa aveva finestre e archi tutt’intorno e misurava cinquanta cubiti di lunghezza e venticinque di larghezza. Tutt’intorno c’erano archi di venticinque cubiti di lunghezza e cinque cubiti di larghezza. I suoi archi davano sul cortile esterno; c’erano palme sui suoi pilastri, e vi si saliva per otto gradini. Poi mi condusse nel cortile interno che guarda a est e misurò la porta: aveva le stesse dimensioni. Anche le sue camere, i suoi pilastri e i suoi archi avevano le stesse dimensioni. Essa aveva finestre e archi tutt’intorno e misurava cinquanta Cubiti di lunghezza e venticinque cubiti di larghezza. I suoi archi davano sul cortile esterno; c’erano palme sui suoi pilastri da una parte e dall’altra, e vi si saliva per otto gradini. Quindi mi condusse alla porta nord e la misurò: aveva le stesse dimensioni, come pure le sue camere, i suoi pilastri e i suoi archi; c’erano finestre tutt’intorno; essa misurava cinquanta cubiti di lunghezza e venticinque cubiti di larghezza. I suoi pilastri davano sul cortile esterno; c’erano delle palme sui suoi pilastri da una parte e dall’altra, e vi si saliva per otto gradini. C’era pure una camera con l’ingresso vicino ai pilastri delle porte, là si lavavano gli olocausti. Nell’atrio della porta c’erano due tavole da una parte e due tavole dall’altra parte, sulle quali venivano scannati gli olocausti, i sacrifici per il peccato e per la trasgressione. Sul lato esterno dell’atrio, come uno sale all’ingresso della porta nord, c’erano due tavole, con altre due tavole dall’altra parte dell’atrio della porta. Cosí ai lati della porta c’erano quattro tavole da una parte e quattro tavole dall’altra parte: otto tavole in tutto su cui venivano scannati i sacrifici. Per gli olocausti c’erano ancora quattro tavole di pietra squadrate, lunghe un cubito e mezzo, larghe un cubito e mezzo e alte un cubito; su di esse venivano posti gli strumenti con i quali si scannavano gli olocausti e gli altri sacrifici. All’interno, tutt’intorno alla camera, erano attaccati uncini di un palmo sulle tavole si metteva la carne delle offerte. Fuori della porta interna c’erano due camere per i cantori nel cortile interno: una era accanto alla porta nord e guardava a sud, l’altra era accanto alla porta sud e guardava a nord. Egli mi disse: »Questa camera che guarda a sud è per i sacerdoti che prestano servizio nel tempio; la camera che guarda verso nord è per i sacerdoti che prestano servizio all’altare, essi sono i figli di Tsadok, tra i figli di Levi, che si avvicinano all’Eterno per servirlo«. Egli misurò il cortile: era quadrato di cento cubiti di lunghezza e cento cubiti di larghezza; l’altare era di fronte al tempio. Poi mi condusse nell’atrio del tempio e misurò i pilastri dell’atrio: erano cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall’altra parte; la larghezza della porta era di tre cubiti da una parte e tre cubiti dall’altra parte. La lunghezza del vestibolo era di venti cubiti, e la larghezza di undici cubiti; vi si saliva per gradini; accanto ai pilastri c’erano colonne, una da una parte e una dall’altra parte. Poi mi condusse nel santuario e misurò i pilastri: sei cubiti di larghezza da una parte e sei cubiti di larghezza dall’altra parte, come era la larghezza del tabernacolo. La larghezza dell’ingresso era di dieci cubiti e le pareti laterali dell’ingresso cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall’altra parte. Misurò la lunghezza del santuario: quaranta cubiti e venti cubiti di larghezza. Quindi entrò dentro e misurò i pilastri della porta: due cubiti, la porta era sei cubiti e la larghezza della porta sette cubiti Misurò la sua lunghezza, venti cubiti, e la larghezza davanti al santuario, venti cubiti; poi mi disse: »Questo è il luogo santissimo«. Quindi misurò il muro del tempio: sei cubiti; mentre la larghezza di ogni camera laterale tutt’intorno al tempio era di quattro cubiti. Le camere laterali erano a tre piani, una sopra l’altra, trenta camere per piano; esse si appoggiavano a sporgenze del muro del tempio, fatte tutt’intorno per le camere laterali; cosí erano attaccate ma non appoggiate sul muro del tempio. L’ampiezza delle camere laterali aumentava man mano che si saliva da un piano all’altro, perché le sporgenze del muro del tempio salivano come gradini tutt’intorno al tempio; perciò l’ampiezza della struttura del tempio aumentava man mano che si saliva dal piano inferiore al superiore passando per quello di mezzo, Vidi pure tutt’intorno al tempio un’elevazione; le fondamenta delle camere laterali erano di un’intera canna di sei cubiti. La larghezza del muro esterno delle camere laterali era di cinque cubiti; lo spazio lasciato libero tra le camere laterali che appartenevano al tempio e le camere esterne era di venti cubiti tutt’intorno al tempio. Le porte delle camere laterali davano sullo spazio libero: una porta verso nord e una porta verso sud, la larghezza dello spazio libero era di cinque cubiti tutt’intorno. La costruzione che si trovava di fronte allo spazio vuoto dal lato ovest aveva settanta cubiti di larghezza; il muro della costruzione aveva cinque cubiti di spessore tutt’intorno e una lunghezza di novanta cubiti. Poi misurò il tempio che era cento cubiti di lunghezza. Lo spazio vuoto, la costruzione e i suoi muri erano pure cento cubiti di lunghezza. La larghezza della facciata del tempio e dello spazio vuoto dal lato est era di cento cubiti. Misurò la lunghezza della costruzione davanti allo spazio vuoto della costruzione, nella parte posteriore con le sue gallerie da una parte e dall’altra parte: cento cubiti. Cosí misurò l’interno del santuario e gli atri del cortile. Le soglie, le finestre a grata e le gallerie tutt’intorno ai tre piani di fronte alle soglie erano ricoperte di legno tutt’intorno, dal pavimento fino alle finestre (le finestre erano coperte), fin sopra la porta, l’interno e l’esterno del tempio all’intorno, dentro e fuori, secondo precise misure. Vi erano riprodotti cherubini e palme, una palma fra cherubino e cherubino; ogni cherubino aveva due facce: la faccia d’uomo era rivolta verso una palma da un lato, e la faccia di leone era rivolta verso l’altra palma dall’altro lato. Erano riprodotti tutt’intorno al tempio, Dal pavimento fin sopra la porta e sulla parete del santuario erano riprodotti cherubini e palme. Gli stipiti del santuario erano quadrati e cosí pure la facciata del luogo santo; l’aspetto dell’uno era come l’aspetto dell’altro. L’altare era di legno, alto tre cubiti e lungo due cubiti; i suoi angoli, la sua lunghezza e le sue pareti erano di legno. L’uomo mi disse: »Questa è la tavola che sta davanti all’Eterno«. Il santuario e il luogo santo avevano due porte. Ogni porta aveva due battenti, due battenti che si piegavano in due: battenti per una porta e due battenti per altra. Su di esse, sulle porte del santuario, erano scolpiti cherubini e palme, come quelli scolpiti sulle pareti. Sulla facciata dell’atrio, all’esterno, c’era una tettoia di legno. C’erano finestre a grata e palme da entrambi i lati, sulle pareti laterali dell’atrio, sulle camere laterali del tempio e sulle tettoie. Poi mi fece uscire nel cortile esterno dal lato nord e mi condusse nelle camere che si trovavano davanti allo spazio vuoto e di fronte alla costruzione verso nord. La costruzione nella facciata verso nord aveva una lunghezza di cento cubiti e cinquanta cubiti di larghezza. Di fronte al cortile interno di venti cubiti e di fronte al lastrico del cortile esterno c’era una galleria sopra l’altra a tre piani. Davanti alle camere c’era un passaggio interno, largo dieci cubiti e lungo cento cubiti; le loro porte guardavano a nord. Le camere superiori erano piú strette, perché le gallerie portavano via loro maggior spazio che alle gallerie inferiori e intermedie della costruzione. Poiché erano a tre piani e non avevano colonne come le colonne dei cortili, perciò dal suolo le camere superiori erano piú strette di quelle inferiori e intermedie. Il muro esterno, parallelo alle camere dal lato del cortile esterno, di fronte alle camere, aveva cinquanta cubiti di lunghezza; infatti la lunghezza delle camere dal lato del cortile esterno era di cinquanta cubiti, mentre dal lato della facciata del santuario era di cento cubiti. Sotto queste camere c’era un ingresso dal lato est, per chi entrava in esse dal cortile esterno. Nel muro largo del cortile verso est, di fronte allo spazio vuoto e di fronte alla costruzione, c’erano camere. Davanti ad esse c’era un passaggio simile a quello delle camere che erano verso nord; esse avevano la loro stessa lunghezza e larghezza, con tutte le loro uscite e porte secondo gli stessi criteri. In corrispondenza alle porte delle camere che erano verso sud, c’era una porta all’inizio del passaggio proprio davanti al muro verso est. Egli mi disse: »Le camere a nord e le camere a sud che stanno di fronte allo spazio vuoto sono le camere sante, dove i sacerdoti che si avvicinano all’Eterno mangeranno le cose santissime; là deporranno le cose santissime, e cioè le oblazioni di cibo e le oblazioni per il peccato e per la trasgressione, perché quel luogo è santo. Quando i sacerdoti saranno entrati non usciranno dal luogo santo nel cortile esterno, ma deporranno là le loro vesti con le quali prestano servizio, perché sono sante; indosseranno altre vesti e così potranno avvicinarsi a ciò che spetta al popolo«. Terminato di misurare l’interno del tempio, mi fece uscire per la porta che guarda a est e misurò il recinto tutt’intorno. Misurò il lato est con la canna per misurare: cinquecento cubiti con la canna per misurare tutt’intorno. Misurò il lato nord: cinquecento cubiti con la canna per misurare tutt’intorno Misurò il lato sud con la canna per misurare: cinquecento cubiti. Si volse al lato ovest e misurò: cinquecento cubiti con la canna per misurare. Misurò l’area ai quattro lati; aveva tutt’intorno un muro, lungo cinquecento cubiti e largo cinquecento cubiti, per separare il luogo sacro da quello profano. Poi mi condusse alla porta, la porta che guarda a est. Ed ecco, la gloria del DIO d’Israele, veniva dall’est. La sua voce era come il rumore di molte acque e la terra risplendeva della sua gloria. La visione che vidi nell’aspetto era simile alla visione che vidi quando andai per distruggere la città, la visione era simile alle visioni che vidi presso il fiume Kebar; io caddi sulla mia faccia. E la gloria dell’Eterno entrò nel tempio per la porta che guarda a est. Quindi lo Spirito mi levò in alto e mi portò nel cortile interno; ed ecco, la gloria dell’Eterno riempiva il tempio. Allora udii uno che mi parlava dal tempio, mentre un uomo stava in piedi accanto a me, e mi disse: »Figlio d’uomo, questo è il luogo del mio trono e il luogo delle piante dei miei piedi, dove abiterò in mezzo ai figli d’Israele per sempre. E la casa d’Israele non contaminerà piú il mio santo nome, né essi né i loro re, con le loro prostituzioni e con i cadaveri dei loro re sui loro alti luoghi, mettendo la loro soglia accanto alla mia soglia e i loro stipiti accanto ai miei stipiti, con solamente una parete fra me e loro, contaminando cosí il mio santo nome con le abominazioni che commettevano; perciò nella mia ira li ho distrutti. Ora allontaneranno da me le loro prostituzioni e i cadaveri dei loro re, e io abiterò in mezzo a loro per sempre. Tu, figlio d’uomo, descrivi il tempio alla casa d’Israele, perché si vergognino delle loro iniquità. Ne misurino le dimensioni e, se si vergognano di tutto ciò che hanno fatto, fa’ loro conoscere il modello del tempio e la sua disposizione, le sue uscite e i suoi ingressi l’intero suo modello e tutti i suoi statuti, tutte le sue forme e tutte le sue leggi; mettili per iscritto sotto i loro occhi affinché osservino l’intero suo modello e tutti i suoi statuti e li mettano in pratica. Questa è la legge del tempio. Tutto il territorio che sta attorno alla sommità del monte sarà santissimo. Ecco, questa è la legge del tempio. Queste sono le misure dell’altare in cubiti (il cubito è un cubito e un palmo): la base ha un cubito d’altezza e un cubito di larghezza, con un orlo lungo tutto il suo bordo di una spanna. Questa e l’altezza dell’altare: dalla base a terra fino alla piattaforma inferiore ci sono due cubiti; la piattaforma è larga un cubito; dalla piattaforma più piccola alla piattaforma più grande ci sono quattro cubiti; la piattaforma è larga un cubito. Il focolare dell’altare è alto quattro cubiti, e dal focolare dell’altare si elevano quattro corni. Il focolare dell’altare è lungo dodici cubiti e largo dodici cubiti, cioè un quadrato perfetto. La piattaforma superiore nei suoi quattro lati è lunga quattordici cubiti e larga quattordici, con un orlo intorno di mezzo cubito; i suoi gradini guardano a est«. Quindi mi disse: »Figlio d’uomo, cosí dice il Signore l’Eterno: Questi sono gli statuti per l’altare quando sarà costruito per offrirvi gli olocausti e spruzzarvi sopra il sangue. Ai sacerdoti levitici che sono della stirpe di Tsadok, i quali si avvicinano a me per servirmi«. dice il Signore, l’Eterno, »tu darai un torello in sacrificio per il peccato. Prenderai un po’ del suo sangue e lo metterai sui quattro corni dell’altare, sui quattro angoli della piattaforma e tutt’intorno sull’orlo; cosí lo purificherai e farai l’espiazione per esso. Poi prenderai il torello del sacrificio per il peccato, e lo si brucerà in un luogo designato del tempio, fuori del santuario. Il secondo giorno offrirai in sacrificio per il peccato un capro senza difetto, e con esso si purificherà l’altare come lo si è purificato col torello. Terminata la sua purificazione, offrirai un torello senza difetto e un montone del gregge senza difetto. Li presenterai davanti all’Eterno, e i sacerdoti getteranno su di loro il sale e li offriranno in olocausto all’Eterno. Per sette giorni offrirai ogni giorno un capro in sacrificio per il peccato; verrà pure offerto un torello e un montone del gregge, entrambi senza difetto. Per sette giorni si farà l’espiazione per l’altare lo si purificherà e lo si consacrerà. Terminati questi giorni, dall’ottavo giorno in poi, i sacerdoti offriranno sull’altare i vostri olocausti e i vostri sacrifici di ringraziamento, e io vi gradirò«, dice il Signore, l’Eterno. Poi egli mi condusse verso la porta esterna del santuario che guarda a est ma era chiusa. L’Eterno mi disse: »Questa porta resterà chiusa, non sarà aperta e nessuno entrerà per essa, perché per essa è entrato l’Eterno, il DIO d’Israele; perciò resterà chiusa. Ma il principe, poiché egli è il principe, potrà sedervi per mangiare il pane davanti all’Eterno; egli entrerà dall’atrio della porta e uscirà per la stessa via«. Poi, per la porta a nord, mi condusse davanti al tempio. Guardai, ed ecco, la gloria dell’Eterno riempiva la casa dell’Eterno; e io caddi sulla mia faccia. L’Eterno mi disse: »Figlio d’uomo, sta’ attento, guarda con i tuoi occhi e ascolta con i tuoi orecchi tutto ciò che ti dirò circa tutti gli statuti della casa dell’Eterno e tutte le sue leggi; sta’ attento all’ingresso del tempio e a tutte le uscite del santuario. Dirai a questi ribelli, alla casa d’Israele: Cosí dice il Signore, l’Eterno: O casa d’Israele, basta con tutte le vostre abominazioni! Avete fatto entrare stranieri, incirconcisi di cuore e incirconcisi di carne, perché stessero nel mio santuario a profanarlo, il mio tempio, mentre offrivate il mio pane, il grasso e il sangue, rompendo cosí il mio patto con tutte le vostre abominazioni. Voi non avete preso cura delle mie cose sante, ma avete messo stranieri al vostro posto a prendere cura del mio santuario«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Nessun straniero, incirconciso di cuore e incirconciso di carne, entrerà nel mio santuario, né alcun straniero che si trova in mezzo ai figli d’Israele. Ma i Leviti, che si sono allontanati da me quando Israele si è sviato e si sono sviati da me per seguire i loro idoli, porteranno la pena della loro iniquità. Tuttavia serviranno come guardiani delle porte del tempio e presteranno servizio nel tempio; scanneranno gli olocausti e i sacrifici per il popolo e staranno davanti ad esso per servirlo. Poiché l’hanno servito davanti ai suoi idoli e hanno fatto cadere la casa d’Israele nel peccato perciò io ho alzato la mia mano contro di loro«, dice il Signore, l’Eterno, »giurando che porteranno la pena del loro peccato. E non si avvicineranno piú a me per servirmi come sacerdoti né si avvicineranno ad alcuna delle mie cose sante, alle cose che sono santissime; ma porteranno la loro vergogna e la pena delle abominazioni che hanno commesso. Tuttavia affiderò loro la custodia del tempio per ogni suo servizio e tutto ciò che in esso sarà fatto. Ma i sacerdoti Leviti, figli di Tsadok, che hanno preso cura del mio santuario quando i figli d’Israele si sono sviati da me, si avvicineranno a me per servirmi e staranno davanti a me per offrirmi il grasso e il sangue«, dice il Signore, l’Eterno. »Essi entreranno nel mio santuario si avvicineranno alla mia tavola per servirmi e compiranno tutto il mio servizio. Quando entreranno per le porte del cortile interno, indosseranno vesti di lino; non avranno addosso alcun indumento di lana, mentre presteranno servizio alle porte del cortile interno e nel tempio. Avranno in capo turbanti di lino e calzoni di lino sui lombi; non si cingeranno con ciò che fa sudare. Quando però usciranno nel cortile esterno, nel cortile esterno verso il popolo, si toglieranno le vesti con le quali hanno prestato servizio, le deporranno nelle camere del santuario e indosseranno altre vesti per non santificare il popolo con le loro vesti. Non si raderanno il capo né si lasceranno crescere i capelli, ma taglieranno regolarmente i capelli. Nessun sacerdote berrà vino, quando entrerà nel cortile interno. Non prenderanno in moglie una vedova né una donna divorziata, ma prenderanno vergini della progenie della casa d’Israele, o una vedova che sia la vedova di un sacerdote. Insegneranno al mio popolo a distinguere il sacro dal profano e gli faranno conoscere la differenza tra ciò ch’è impuro e ciò che è puro. Nelle contese essi faranno da giudici; giudicheranno secondo i miei decreti osserveranno le mie leggi e i miei statuti in tutte le mie feste e santificheranno i miei sabati, Non si avvicineranno a un morto per contaminarsi; essi potranno contaminarsi solamente per il padre o la madre, per un figlio o una figlia, per un fratello o una sorella non maritata. Dopo la sua purificazione si conteranno per lui sette giorni, Nel giorno in cui entreranno nel luogo santo, nel cortile interno, per prestare servizio nel luogo santo offriranno il sacrificio per il peccato«, dice il Signore, l’Eterno. »Quanto poi alla loro eredità, sarò io la loro eredità; non darete loro alcun possesso in Israele, perché sono io il loro possesso. Essi si nutriranno delle oblazioni di cibo, dei sacrifici per il peccato e dei sacrifici per la trasgressione; ogni cosa destinata a Dio in Israele sarà loro. La parte migliore di tutte quante le primizie e di tutte le offerte elevate di ogni genere tra le vostre offerte elevate, apparterranno ai sacerdoti, darete al sacerdote anche le primizie della pasta per far dimorare la benedizione sulla vostra casa. I sacerdoti non mangeranno carne di alcun uccello o animale morto naturalmente o sbranato«, »Quando spartirete a sorte il paese in eredità, voi metterete da parte, come offerta all’Eterno, una porzione sacra del paese, lunga venticinquemila cubiti e larga diecimila; sarà sacra in tutta la sua estensione. Da essa prenderete per il santuario un quadrato di cinquecento per cinquecento cubiti, con uno spazio libero tutt’intorno di cinquanta cubiti. Su questa estensione misurerai un’area di venticinquemila cubiti di lunghezza per diecimila di larghezza; in essa sarà il santuario, il luogo santissimo. Sarà la parte sacra del paese assegnata ai sacerdoti, i ministri del santuario, che si avvicinano all’Eterno per servirlo; sarà un luogo per le loro case e un luogo santo per il santuario. Un’area di venticinquemila cubiti di lunghezza e diecimila di larghezza apparterrà ai Leviti, che prestano servizio nel tempio; essi avranno in proprietà venti camere. Come proprietà della città assegnerete un’area di cinquemila cubiti di larghezza e venticinquemila di lunghezza, accanto alla parte assegnata al santuario; essa apparterrà a tutta la casa d’Israele«. »Al principe invece sarà assegnata un’area di qua e di là della parte sacra e della proprietà della città, di fronte alla parte sacra offerta e di fronte alla proprietà della città, che si estende sul lato ovest verso ovest e sul lato est verso est, con una lunghezza uguale a una delle parti assegnate alle tribú, dal confine ovest al confine est. Questa parte del paese sarà sua proprietà in Israele; i miei principi non opprimeranno piú il mio popolo, ma daranno il resto del paese alla casa d’Israele secondo le sue tribú«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Basta, o principi d’Israele! Mettete da parte la violenza e le rapine, praticate la rettitudine e la giustizia e smettete di spogliare il mio popolo«, dice il Signore, l’Eterno. »Abbiate bilance giuste, efa giusto e bato giusto. L’efa e il bato avranno la stessa capacità, e così il bato conterrà la decima parte di un homer, e l’efa la decima parte di un homer, la loro capacità sarà regolata dall’homer. Il siclo, sarà di venti ghere, venti sicli, venticinque sicli e quindici sicli saranno la vostra mina. Questa è l’offerta che preleverete: la sesta parte di un’efa da un homer di frumento, e la sesta parte di un efa da un homer di orzo. Questa è la norma per l’olio (cioè il bato d’olio), e un decimo di bato, da ciascun coro, un coro è un homer o dieci bati, perché dieci bati fanno un homer. Dal gregge si prenderà una pecora ogni duecento capi dai ricchi pascoli d’Israele, e questa servirà per le oblazioni di cibo, per gli olocausti e per i sacrifici di ringraziamento per fare l’espiazione per loro«, dice il Signore, l’Eterno. »Tutto il popolo del paese sarà tenuto a fare quest’offerta per il principe d’Israele. Sarà invece compito del principe provvedere gli olocausti, le oblazioni di cibo e le libazioni per le feste, per i noviluni, per i sabati e per tutte le solennità della casa d’Israele; egli provvederà al sacrificio per il peccato, all’oblazione di cibo, all’olocausto e ai sacrifici di ringraziamento per fare espiazione per la casa d’Israele«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Nel primo mese, il primo giorno del mese, prenderai un torello senza difetto e purificherai il santuario. Il sacerdote prenderà un po’ di sangue del sacrificio per il peccato e lo metterà sugli stipiti della porta della casa, sui quattro angoli delle piattaforme dell’altare, e sugli stipiti della porta del cortile interno. Farai lo stesso il settimo giorno del mese per chi ha peccato per ignoranza e per il semplice; così farete espiazione per il tempio. Nel primo mese, il quattordicesimo giorno del mese, sarà per voi la Pasqua, una festa di sette giorni; si mangerà pane senza lievito. In quel giorno il principe offrirà, per sé e per tutto il popolo del paese, un toro in sacrificio per il peccato. Nei sette giorni della festa offrirà in olocausto all’Eterno sette tori e sette montoni senza difetto ogni giorno per sette giorni, e un capretto al giorno in sacrificio per il peccato. Offrirà pure un’oblazione di cibo di un efa per ogni toro e di un’efa per ogni montone, assieme a un hin di olio per ogni efa. Nel settimo mese, il quindicesimo giorno del mese alla festa egli offrirà le stesse cose per il sacrificio per il peccato, per l’olocausto, per l’oblazione di cibo e per l’olio«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »La porta del cortile interno che guarda a est resterà chiusa durante i sei giorni di lavoro; ma sarà aperta il giorno di sabato e sarà pure aperta il giorno dei noviluni Il principe entrerà attraverso l’atrio della porta dall’esterno e si fermerà presso lo stipite della porta; i sacerdoti offriranno il suo olocausto e i suoi sacrifici di ringraziamento. Egli adorerà sulla soglia della porta poi uscirà, ma la porta non sarà chiusa fino alla sera. Anche il popolo del paese adorerà davanti all’Eterno all’ingresso di quella porta, nei giorni di sabato e nei noviluni. L’olocausto che il principe offrirà all’Eterno nel giorno di sabato sarà di sei agnelli senza difetto e di un montone senza difetto, l’oblazione di cibo per il montone sarà di un efa, mentre l’oblazione di cibo per gli agnelli sarà lasciata alla sua discrezione, assieme a un hin di olio per efa. Nel giorno del novilunio offrirà un torello senza difetto, sei agnelli e un montone, che saranno senza difetti; in oblazione di cibo offrirà pure un efa per il toro, un efa per il montone e per gli agnelli quanto può disporre, assieme a un hin di olio per efa. Quando il principe entrerà, passerà attraverso l’atrio della porta e uscirà per la stessa via. Ma quando il popolo del paese verrà davanti all’Eterno nelle feste solenni, chi entrerà attraverso la porta nord per adorare, uscirà attraverso la porta sud; chi invece entrerà attraverso la porta sud uscirà attraverso la porta nord, nessuno tornerà indietro per la porta attraverso cui è entrato, ma uscirà per la porta opposta. Il principe allora sarà in mezzo a loro, entrerà quando essi entreranno e uscirà quando essi usciranno. Nelle feste e nelle solennità l’oblazione di cibo sarà di un efa per il toro e di un efa per il montone, per gli agnelli sarà lasciata alla sua discrezione, assieme a un hin di olio per efa. Quando il principe farà un’offerta volontaria, sia olocausto o sacrificio di ringraziamento, come offerta volontaria all’Eterno, allora si aprirà a lui la porta che guarda a est, e offrirà il suo olocausto e il suo sacrificio di ringraziamento come fa nel giorno del sabato; poi uscirà e, appena sarà uscito, la porta verrà chiusa. Ogni giorno offrirai in olocausto all’Eterno un agnello di un anno, senza difetto; l’offrirai ogni mattina. Ogni mattina offrirai assieme ad esso, come oblazione di cibo, la sesta parte di un efa e la terza parte di un hin di olio per inumidire il fior di farina: è un’oblazione di cibo all’Eterno da farsi regolarmente ogni giorno per sempre. Ogni mattina offriranno cosí l’agnello, l’oblazione di cibo e l’olio come olocausto quotidiano«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Se il principe fa a uno dei suoi figli un dono preso dalla sua eredità, esso apparterrà ai suoi figli: sarà loro possedimento in eredità. Ma se egli fa a uno dei suoi servi un dono preso dalla sua eredità, esso apparterrà a costui fino all’anno della liberazione; poi ritornerà al principe; la sua eredità apparterrà unicamente ai suoi figli, soltanto a loro. Inoltre il principe non prenderà nulla dell’eredità del popolo, spogliandolo dei suoi possedimenti, egli provvederà un’eredità ai suoi figli con ciò che possiede, affinché nessuno del mio popolo sia scacciato dalla sua proprietà«, Poi egli mi condusse, attraverso l’ingresso che era accanto alla porta, nelle camere sante destinate ai sacerdoti, che guardano a nord; ed ecco, nella parte piú remota verso ovest c’era un luogo. Egli mi disse: »Questo è il luogo dove i sacerdoti cuoceranno la carne dei sacrifici per la trasgressione e per il peccato e dove cuoceranno l’oblazione di cibo, per non farle portare fuori nel cortile esterno e cosí santificare il popolo«. Poi mi condusse fuori nel cortile esterno e mi fece passare presso i quattro angoli del cortile, ed ecco in ciascun angolo del cortile c’era un altro cortile. Ai quattro angoli del cortile c’erano dei cortili chiusi lunghi quaranta cubiti e larghi trenta; tutti e quattro nei rispettivi angoli avevano la stessa grandezza. Intorno a tutti e quattro c’era un muro, e sotto il muro, tutt’intorno, erano disposti focolari per cuocere. Egli mi disse: »Queste sono le cucine dove quelli che prestano servizio al tempio, faranno cuocere i sacrifici del popolo«. Egli mi condusse nuovamente all’ingresso del tempio, ed ecco delle acque uscivano da sotto la soglia del tempio verso est, perché la facciata del tempio guardava a est; le acque scendevano da sotto il lato destro del tempio, a sud dell’altare. Poi mi condusse fuori attraverso la porta nord e mi fece girare di fuori fino alla porta esterna, che guarda a est, ed ecco, le acque sgorgavano dal lato destro. L’uomo avanzò verso est con una cordicella in mano e misurò mille cubiti, poi mi fece attraversare le acque: mi arrivavano alle caviglie. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare le acque: mi arrivavano alle ginocchia. Misurò altri mille cubiti, poi mi fece attraversare le acque: mi arrivavano ai fianchi. Misurò altri mille cubiti: era un fiume che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute; erano acque nelle quali bisognava nuotare: un fiume che non si poteva attraversare. Egli mi disse: »Hai visto, figlio d’uomo?«. Poi mi fece ritornare nuovamente sulla sponda del fiume. Dopo essere ritornato, ecco sulla sponda del fiume moltissimi alberi, da un lato e dall’altro. Quindi mi disse: »Queste acque si dirigono verso la regione est, scendono nell’Arabah, e sboccheranno nel mare; entrate nel mare, le sue acque saranno risanate. E avverrà che ogni essere vivente che si muove, dovunque il fiume arriverà, vivrà; ci sarà grande abbondanza di pesce, perche vi giungono queste acque e risanano le altre; ovunque arriverà il fiume tutto vivrà. E avverrà che sulle sue rive ci saranno pescatori; da En-ghedi fino ad Eneglaim sarà un posto dove si stenderanno le reti; il suo pesce sarà dello stesso genere e in grande quantità, come il pesce del Mar Grande. Ma le sue paludi e i suoi acquitrini non saranno risanati, saranno lasciati per estrarre il sale. Lungo il fiume, su entrambe le sue sponde, crescerà ogni specie di alberi da frutto, le cui foglie non appassiranno e il cui frutto non verrà mai meno. Porteranno frutto ogni mese, perché le loro acque escono dal santuario, il loro frutto servirà di cibo e le loro foglie di medicina«. Cosí dice il Signore, l’Eterno: »Questi sono i confini in base ai quali voi spartirete il paese in eredità fra le dodici tribú d’Israele. Giuseppe ne avrà due parti. Ognuno di voi erediterà una parte uguale a quella del fratello, perché io ho alzato la mano in giuramento di darlo ai vostri padri. Questo paese vi toccherà quindi in eredità. Questi saranno i confini del paese dal lato nord: dal Mar Grande in direzione di Hethlon fino ad arrivare a Tsedad Hamath, Berothah, Sibraim (che è tra il confine di Damasco e il confine di Hamath), Hatserhattikon (che è sul confine di Hauran). Cosí il confine sarà dal mare fino a Hatsarenon, ai confini di Damasco, con il confine di Hamath a nord. Questo è il lato nord. Dal lato est vi estenderete fra Hauran e Damasco, fra Galaad e il paese d’Israele lungo il Giordano e lungo la sponda est del mare. Questo è il lato est. Il lato sud, verso sud, si estenderà da Tamar fino alle acque di Meriboth di Kadesh, quindi lungo il torrente d’Egitto, fino al Mar Grande. Questo è il lato sud, verso sud. Il lato ovest sarà il Mar Grande, dal confine sud fino davanti all’ingresso di Hamath. Questo è il lato ovest. Dividerete cosí questo paese tra di voi, in base alle tribú d’Israele. Lo dividerete a sorte in eredità tra voi e gli stranieri che risiedono fra di voi e hanno generato figli in mezzo a voi. Questi saranno per voi come quelli nati nel paese tra i figli d’Israele; avranno anch’essi in sorte un’eredità in mezzo alle tribú d’Israele. Nella tribú in cui lo straniero risiede là gli darete la sua parte«, dice il Signore, l’Eterno. Questi sono i nomi delle tribú: dal confine nord, lungo la via di Hethlon all’ingresso di Hamath, fino ad Hatsar-Enon, confine di Damasco a nord verso Hamath, dal lato est al lato ovest: una parte per Dan. Sulla frontiera di Dan, dal confine est al confine ovest: una parte per Ascer. Sulla frontiera di Ascer, dal confine est al confine ovest: una parte per Neftali. Sulla frontiera di Ascer, dal confine est al confine ovest: una parte per Manasse. Sulla frontiera di Manasse, dal confine est al confine ovest: una parte per Efraim. Sulla frontiera di Efraim, dal confine est al confine ovest: una parte per Ruben. Sulla frontiera di Ruben, dal confine est al confine ovest: una parte per Giuda. Sulla frontiera di Giuda, dal confine est al confine ovest, sarà la parte del paese che offrirete in dono, larga venticinquemila cubiti e lunga come una delle altre parti, dal confine est al confine ovest; in mezzo ad essa ci sarà il santuario. La parte che offrirete in dono all’Eterno avrà venticinquemila cubiti di lunghezza e diecimila di larghezza. Questa parte santa apparterrà ai sacerdoti: venticinquemila cubiti di lunghezza a nord, diecimila di larghezza a ovest, diecimila di larghezza a est e venticinquemila di lunghezza a sud; in mezzo ad essa ci sarà il santuario dell’Eterno. Essa apparterrà ai sacerdoti consacrati, tra i figli di Tsadoka, che mi hanno prestato servizio e non si sono sviati quando si sviarono i figli d’Israele? e come si sviarono invece i Leviti. La parte loro offerta sarà presa dalla parte offerta in dono del paese, una cosa santissima, accanto al territorio dei Leviti. Di fronte al territorio dei sacerdoti, i Leviti avranno un’area di venticinquemila cubiti di lunghezza e diecimila di larghezza; tutta la lunghezza sarà di venticinquemila e la larghezza di diecimila, Essi non potranno né venderla né scambiarla; non potranno dar via la parte migliore del paese, perché è sacra all’Eterno. I cinquemila cubiti di larghezza che rimarranno di fronte ai venticinquemila saranno destinati ad uso profano per la città, per abitazioni e per terreni da pascolo; la città sarà in mezzo. Le sue dimensioni saranno queste: il lato nord avrà quattromilacinquecento cubiti, il lato sud quattromilacinquecento, il lato est quattromilacinquecento e il lato ovest quattromilacinquecento. I terreni da pascolo della città saranno: duecentocinquanta cubiti a nord, duecentocinquanta a sud, duecentocinquanta a est e duecentocinquanta a ovest. Il resto della lunghezza, lungo la parte santa offerta in dono, sarà di diecimila cubiti a est e diecimila a ovest; essa sarà adiacente alla parte santa offerta in dono, e i suoi prodotti serviranno di cibo per i lavoratori della città. I lavoratori della città, che la coltiveranno verranno da tutte le tribú d’Israele. Tutta la parte offerta in dono sarà di venticinquemila cubiti per venticinquemila, un quadrato perfetto. Voi offrirete, come possesso della città, la parte santa offerta in dono Il resto sarà del principe, da un lato e dall’altro della parte santa offerta in dono e del possesso della città, di fronte ai venticinquemila cubiti della parte offerta in dono fino al confine est, e ad ovest di fronte ai venticinquemila cubiti verso il confine ovest, adiacente alle parti delle tribú; questo sarà del principe; la parte santa offerta in dono e il santuario del tempio saranno in mezzo. Cosí, escludendo il possesso dei Leviti, e il possesso della città che si trovano in mezzo a ciò che appartiene al principe, l’area tra la frontiera di Giuda e la frontiera di Beniamino apparterrà al principe. Per il resto delle tribú, dal confine est al confine ovest: una parte per Beniamino. Sulla frontiera di Beniamino, dal confine est al confine ovest: una parte per Simeone. Sulla frontiera di Simeone, dal confine est al confine ovest: una parte per Issacar Sulla frontiera di Issacar, dal confine est al confine ovest: una parte per Zabulon Sulla frontiera di Zabulon, dal confine est al confine ovest: una parte per Gad. Sulla frontiera di Gad, dal lato meridionale verso sud, il confine andrà da Tamar alle acque di Meribah vicino a Kadesh, e poi lungo il Mar Grande. Questo è il paese che dividerete a sorte in eredità alle tribú d’Israele e queste sono le parti«, dice il Signore, l’Eterno »Queste sono le uscite della città: sul lato nord, si misureranno quattromilacinquecento cubiti. Le porte della città porteranno i nomi delle tribú d’Israele; a nord ci saranno tre porte: una porta per Ruben, una porta per Giuda e una porta per Levi. Sul lato est, quattromilacinquecento cubiti e tre porte: una porta per Giuseppe, una porta per Beniamino e una porta per Dan Sul lato sud, quattromilacinquecento cubiti e tre porte: una porta per Simeone, una porta per Issacar e una porta per Zabulon Sul lato ovest, quattromilacinquecento cubiti e tre porte: una porta per Gad, una porta per Ascer e una porta per Neftali L’intero perimetro sarà di diciottomila cubiti. Da quel giorno il nome della città sarà: »l’Eterno è là««.
Nel terzo anno del regno di Jehoiakim, re di Giuda, Nebukadnetsar, re di Babilonia, venne contro Gerusalemme e la cinse d’assedio. Il Signore diede nelle sue mani Jehoiakim, re di Giuda, assieme a una parte degli utensili della casa di DIO, che egli fece trasportare nel paese di Scinar, nella casa del suo dio e depose gli arredi nella casa del tesoro del suo dio. Il re disse quindi ad Ashpenaz, capo dei suoi eunuchi, di condurgli alcuni dei figli d’Israele, sia di stirpe reale che di famiglie nobili, giovani in cui non ci fosse alcun difetto, ma di bell’aspetto, dotati di ogni sapienza, che avessero conoscenza e rapido intendimento, che avessero abilità di servire nel palazzo del re e ai quali si potesse insegnare la letteratura e la lingua dei Caldei. Il re assegnò loro una razione giornaliera dei cibi squisiti del re e del vino che beveva egli stesso; dovevano essere educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero passati al servizio del re. Tra costoro c’erano dei figli di Giuda: Daniele, Hananiah, Mishael, e Azaria. Il capo degli eunuchi mise loro altri nomi: a Daniele pose nome Beltshatsar, ad Hananiah Shadrak, a Mishael Meshak e ad Azaria Abed-nego. Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con i cibi squisiti del re e con il vino che egli stesso beveva; e chiese al capo degli eunuchi di concedergli di non contaminarsi. DIO fece trovare a Daniele grazia e misericordia presso il capo degli eunuchi. Il capo degli eunuchi disse quindi a Daniele: »Io temo il re mio signore, che ha stabilito il vostro cibo e la vostra bevanda. Perché dovrebbe egli vedere le vostre facce piú tristi di quelle dei giovani della vostra stessa età? Cosí mettereste in pericolo la mia testa presso il re«. Allora Daniele disse a Meltsar, che il capo degli eunuchi aveva preposto a Daniele, Hananiah, Mishael e Azaria: »Ti prego, metti alla prova i tuoi servi per dieci giorni, e ci siano dati legumi per mangiare e acqua per bere. Poi siano esaminati alla tua presenza il nostro aspetto e l’aspetto dei giovani che mangiano i cibi squisiti del re; farai quindi con i tuoi servi in base a ciò che vedrai«. Egli acconsentí a questa loro proposta e li mise alla prova per dieci giorni. Al termine dei dieci giorni il loro aspetto appariva piú bello e avevano una carnagione piú piena di tutti i giovani che avevano mangiato i cibi squisiti del re. Cosí Meltsar tolse via i loro cibi squisiti e il vino che dovevano bere e diede loro legumi. A tutti questi quattro giovani DIO diede conoscenza e intendimento in tutta la letteratura e sapienza; e Daniele ricevette intendimento di ogni genere di visioni e di sogni. Alla fine del tempo stabilito dal re perché quei giovani gli fossero condotti il capo degli eunuchi li condusse davanti a Nebukadnetsar. Il re parlò con loro ma fra tutti loro non si trovò nessuno come Daniele Hananiah, Mishael e Azaria; perciò essi furono ammessi al servizio del re. E su ogni argomento che richiedeva sapienza e intendimento e intorno ai quali il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che erano in tutto il suo regno. Cosí Daniele continuò fino al primo anno del re Ciro. Nel secondo anno del regno di Nebukadnetsar, Nebukadnetsar, ebbe dei sogni; il suo spirito rimase turbato e il sonno lo lasciò. Il re allora diede ordini di chiamare i maghi, gli astrologi, gli stregoni e i Caldei perché raccontassero al re i suoi sogni. Questi vennero e si presentarono al re. Il re disse loro: »Ho fatto un sogno e il mio spirito è turbato, finché riuscirò a conoscere il sogno«. Allora i Caldei risposero al re in aramaico: »O re possa tu vivere per sempre. Racconta il sogno ai tuoi servi e noi ne daremo l’interpretazione«. Il re rispose e disse ai Caldei: »La mia decisione è presa: se non mi fate conoscere il sogno e la sua interpretazione sarete tagliati a pezzi e le vostre case saranno ridotte in letamai, Se invece mi indicherete il sogno e la sua interpretazione, riceverete da me doni ricompense e grandi onori, indicatemi dunque il sogno e la sua interpretazione«. Essi risposero una seconda volta e dissero: »Racconti il re il sogno ai suoi servi e noi ne daremo l’interpretazione«. Il re allora rispose e disse: »Mi rendo chiaramente conto che voi intendete guadagnare tempo, perché vedete che la mia decisione è presa; se non mi fate conoscere il sogno, c’è un’unica sentenza per voi; vi siete messi d’accordo per dire davanti a me parole bugiarde e perverse, nella speranza che i tempi mutino. Perciò raccontatemi il sogno e io saprò che siete in grado di darmene anche l’interpretazione«. I Caldei risposero davanti al re e dissero: »Non c’è alcun uomo sulla terra che possa far sapere ciò che il re domanda. Infatti nessun re, signore o sovrano ha mai chiesto una cosa simile ad alcun mago, astrologo o Caldeo. La cosa che il re domanda è troppo difficile e non c’è nessuno che la possa far sapere al re, se non gli dèi, la cui dimora non è fra i mortali«. A questo il re si adirò, montò in collera e ordinò di sterminare tutti i savi di Babilonia. Cosi fu promulgato il decreto in base al quale i savi dovevano essere uccisi, e cercavano Daniele e i suoi compagni per uccidere anche loro. Allora Daniele si rivolse con parole prudenti e sagge ad Ariok, capitano delle guardie del re, il quale era uscito per uccidere i savi di Babilonia. Prese la parola e disse ad Ariok, capitano del re: »Perché mai un decreto cosí duro da parte del re?«. Allora Ariok fece sapere la cosa a Daniele. Cosí Daniele entrò dal re e gli chiese di dargli tempo, perché potesse far conoscere al re l’interpretazione del sogno. Allora Daniele andò a casa sua e fece sapere la cosa ai suoi compagni Hananiah, Mishael e Azaria perché implorassero misericordia dal Dio del cielo riguardo a questo segreto, perché Daniele e i suoi compagni non fossero messi a morte col resto dei savi di Babilonia. Allora il segreto fu rivelato a Daniele in una visione notturna. Cosí Daniele benedisse il Dio del cielo. Daniele prese a dire: »Sia benedetto il nome di Dio per sempre, eternamente, perché a lui appartengono la sapienza e la forza. Egli muta i tempi e le stagioni, depone i re e li Innalza, dà la sapienza ai savi e la conoscenza a quelli che hanno intendimento. Egli rivela le cose profonde e segrete, conosce ciò che è nelle tenebre, e la luce dimora con lui. O Dio dei miei padri, ti ringrazio e ti lodo, perché mi hai dato sapienza e forza e mi hai fatto conoscere ciò che ti abbiamo chiesto, facendoci conoscere la cosa richiesta dal re«. Perciò Daniele entrò da Ariok, a cui il re aveva affidato l’incarico di far perire i savi di Babilonia, andò e gli disse cosí: »Non far perire i savi di Babilonia! Conducimi davanti al re e darò al re l’interpretazione«. Allora Ariok condusse in fretta Daniele davanti al re e gli parlò cosí: »Ho trovato un uomo fra i Giudei in cattività, che farà conoscere al re l’interpretazione«. Il re prese a dire a Daniele, che si chiamava Beltshatsar,: »Sei capace di farmi conoscere il sogno che ho fatto e la sua interpretazione?«. Daniele rispose in presenza del re e disse: »Il segreto di cui il re ha chiesto l’interpretazione, non può essere spiegato al re né da saggi, né da astrologi, né da maghi né da indovini. Ma c’è un Dio nel cielo che rivela i segreti, ed egli ha fatto conoscere al re Nebukadnetsar ciò che avverrà negli ultimi giorni. Questo è stato il tuo sogno e le visioni della tua mente sul tuo letto. O re, i pensieri che ti sono venuti sul tuo letto riguardano ciò che deve avvenire d’ora in poi; e colui che rivela i segreti ti ha fatto conoscere ciò che avverrà. Ma quanto a me, questo segreto mi è stato rivelato non perché io abbia maggiore sapienza di tutti gli altri viventi, ma perché l’interpretazione sia fatta conoscere al re, e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore. Tu stavi guardando, o re, ed ecco una grande immagine; questa enorme immagine, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con un aspetto terribile. La testa di questa immagine era d’oro fino, il suo petto e le sue braccia erano d’argento, il suo ventre e le sue cosce di bronzo, le sue gambe di ferro, i suoi piedi in parte di ferro e in parte d’argilla. Mentre stavi guardando, una pietra si staccò, ma non per mano d’uomo, e colpí l’immagine sui suoi piedi di ferro e d’argilla e li frantumò. Allora il ferro, l’argilla, il bronzo, l’argento e l’oro furono frantumati insieme e diventarono come la pula sulle aie d’estate; il vento li portò via e di essi non si trovò piú alcuna traccia. Ma la pietra che aveva colpito l’immagine diventò un grande monte, che riempí tutta la terra. Questo è il sogno; ora ne daremo l’interpretazione davanti al re. Tu, o re, sei il re dei re, perché il Dio del cielo ti ha dato il regno, la potenza, la forza e la gloria. Dovunque dimorano i figli degli uomini, le bestie della campagna e gli uccelli del cielo, egli li ha dati nelle tue mani e ti ha fatto dominare sopra tutti loro. Tu sei quella testa d’oro. Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno di bronzo, che dominerà su tutta la terra. Il quarto regno sarà forte come il ferro, perché il ferro fa a pezzi e stritola ogni cosa; come il ferro che frantuma, quel regno farà a pezzi e frantumerà tutti questi regni. Come tu hai visto che i piedi e le dita erano in parte d’argilla di vasaio e in parte di ferro, cosí quel regno sarà diviso, tuttavia in esso ci sarà la durezza del ferro, perché tu hai visto il ferro mescolato con argilla molle. E come le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d’argilla, cosí quel regno sarà in parte forte e in parte fragile. Come hai visto il ferro mescolato con la molle argilla, essi si mescoleranno per seme umano, ma non si uniranno l’uno all’altro, esattamente come il ferro non si amalgama con l’argilla. Al tempo di questi re il Dio del cielo farà sorgere un regno, che non sarà mai distrutto; questo regno non sarà lasciato a un altro popolo, ma frantumerà e annienterà tutti quei regni, e sussisterà in eterno, esattamente come hai visto la pietra staccarsi dal monte, non per mano d’uomo, e frantumare il ferro, il bronzo, l’argilla, l’argento e l’oro. Il grande Dio ha fatto conoscere al re ciò che deve avvenire d’ora in poi. Il sogno è veritiero e la sua interpretazione è sicura«. Allora il re Nebukadnetsar cadde sulla sua faccia e si prostrò davanti a Daniele; quindi ordinò che gli presentassero un’offerta e dell’incenso. Il re parlò a Daniele e disse: »In verità il vostro Dio è il Dio degli dèi, il Signore dei re e il rivelatore dei segreti, poiché tu hai potuto rivelare questo segreto«. Allora il re rese Daniele grande, gli diede molti e grandi doni, lo fece governatore di tutta la provincia di Babilonia e capo supremo di tutti i savi di Babilonia. Inoltre, dietro richiesta di Daniele, il re prepose Shadrak, Meshak e Abednego all’amministrazione degli affari della provincia di Babilonia. Daniele invece rimase alla corte del re. Il re Nebukadnetsar fece costruire un’immagine d’oro, alta sessanta cubiti, e larga sei cubiti, e la fece erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia. Poi il re Nebukadnetsar mandò a radunare i satrapi, i prefetti, i governatori, i giudici, i tesorieri, i consiglieri di stato gli esperti nella legge e tutte le autorità delle province, perché venissero alla inaugurazione dell’immagine che il re Nebukadnetsar aveva fatto erigere. Allora i satrapi, i prefetti e i governatori, i giudici, i tesorieri, i consiglieri di stato, gli esperti della legge e tutte le autorità delle province si radunarono insieme per la inaugurazione dell’immagine, fatta erigere dal re Nebukadnetsar, e si misero in piedi davanti all’immagine che Nebukadnetsar aveva fatto erigere. Quindi l’araldo gridò a gran voce: »A voi, popoli, nazioni e lingue è ordinato che, appena udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, della lira, del salterio della zampogna e di ogni genere di strumenti, vi prostriate per adorare l’immagine d’oro che il re Nebukadnetsar ha fatto erigere; chiunque non si prostrerà per adorare, sarà subito gettato in mezzo a una fornace di fuoco ardente«. Cosí, non appena tutti i popoli udirono il suono del corno, del flauto, della cetra, della lira, del salterio e di ogni genere di strumenti, tutti i popoli, nazioni e lingue si prostrarono e adorarono l’immagine d’oro, che il re Nebukadnetsar aveva fatto erigere. Per questa ragione in quel momento, alcuni Caldei si fecero avanti e accusarono i Giudei; prendendo la parola dissero al re Nebukadnetsar: »O re, possa tu vivere per sempre! Tu, o re, hai emanato un decreto, in forza del quale chiunque ha udito il suono del corno, del flauto, della cetra, della lira, del salterio, della zampogna e di ogni genere di strumenti deve prostrarsi per adorare l’immagine d’oro; e chiunque non si prostra e non adora, deve essere gettato in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Or ci sono alcuni Giudei che hai preposto all’amministrazione degli affari della provincia di Babilonia, Shadrak, Meshak e Abed-nego, che non prestano alcuna considerazione a te, non servono i tuoi dèi e non adorano l’immagine d’oro che hai fatto erigere«. Allora Nebukadnetsar, adirato e furibondo, comandò di far venire Shadrak, Meshak e Abed-nego, cosí questi uomini furono condotti davanti al re. Nebukadnetsar rivolse loro la parola, dicendo: »Shadrak, Meshak e Abednego, è vero che non servite i miei dèi e non adorate l’immagine d’oro che io ho fatto erigere? Ora, non appena udrete il suono del corno, del flauto, della cetra della lira del salterio, della zampogna e di ogni genere di strumenti, se siete pronti a prostrarvi per adorare l’immagine che io ho fatto, bene; ma se non l’adorate, sarete subito gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente; e qual è quel dio che potrà liberarvi dalle mie mani?«. Shadrak, Meshak e Abed-nego risposero al re, dicendo: »O Nebukadnetsar, noi non abbiamo bisogno di darti risposta in merito a questo. Ecco, il nostro Dio, che serviamo, è in grado di liberarci dalla fornace di fuoco ardente e ci libererà dalla tua mano, o re. Ma anche se non lo facesse, sappi o re, che non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo l’immagine d’oro che tu hai fatto erigere«. Allora Nebukadnetsar fu ripieno di furore e l’espressione del suo volto mutò nei riguardi di Shadrak, Meshak e Abednego. Riprendendo la parola comandò di riscaldare la fornace sette volte piú di quanto si soleva riscaldarla. Comandò quindi ad alcuni uomini forti e valorosi del suo esercito di legare Shadrak, Meshak e Abed-nego e di gettarli nella fornace di fuoco ardente. Allora questi tre uomini furono legati con i loro calzoni, le loro tuniche, i loro copricapo e tutte le loro vesti e furono gettati in mezzo alla fornace di fuoco ardente. Ma poiché l’ordine del re era duro e la fornace era estremamente surriscaldata, la fiamma del fuoco uccise gli uomini che vi avevano gettato Shadrak, Meshak e Abed-nego. E questi tre uomini, Shadrak, Meshak e Abed-nego, caddero legati in mezzo alla fornace di fuoco ardente. Allora il re Nebukadnetsar, sbalordito, si alzò in fretta e prese a dire ai suoi consiglieri: »Non abbiamo gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?«. Essi risposero e dissero al re: »Certo, o re«. Egli riprese a dire: »Ecco, io vedo quattro uomini slegati, che camminano in mezzo al fuoco, senza subire alcun danno; e l’aspetto del quarto è simile a quello di un figlio di Dio«. Poi Nebukadnetsar si avvicinò all’apertura della fornace di fuoco ardente e prese a dire: »Shadrak, Meshak e Abed-nego, servi del Dio Altissimo, uscite e venite qui«. Allora Shadrak, Meshak e Abed-nego uscirono di mezzo al fuoco. Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i consiglieri del re si radunarono per osservare quegli uomini: il fuoco non aveva avuto alcun potere sul loro corpo, i capelli del loro capo non erano stati bruciati, i loro mantelli non erano stati alterati e neppure l’odore di fuoco si era posato su di loro. Nebukadnetsar prese a dire: »Benedetto sia il Dio di Shadrak, Meshak e Abed-nego, che ha mandato il suo angelo e ha liberato i suoi servi, che hanno confidato in lui; hanno trasgredito l’ordine del re e hanno esposto i loro corpi alla morte, piuttosto che servire e adorare altro dio all’infuori del loro. Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, dirà male del Dio di Shadrak, Meshak e Abed-nego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta in un letamaio, perché non c’è nessun altro dio che possa salvare a questo modo«. Allora il re fece prosperare Shadrak, Meshak e Abed-nego nella provincia di Babilonia. »Il re Nebukadnetsar a tutti i popoli, a tutte le nazioni e lingue, che abitano su tutta la terra: La vostra pace sia grande. Mi è sembrato bene di far conoscere i segni e i prodigi che il Dio Altissimo ha fatto per me. Quanto grandi sono i suoi segni e quanto potenti i suoi prodigi! Il suo regno è un regno eterno e il suo dominio dura di generazione in generazione. Io, Nebukadnetsar, ero tranquillo in casa mia e fiorente nel mio palazzo. Feci un sogno che mi spaventò; i pensieri che ebbi sul mio letto e le visioni della mia mente mi terrorizzarono. Cosí diedi ordine di condurre davanti a me tutti i savi di Babilonia, perché mi facessero conoscere l’interpretazione del sogno. Allora vennero i maghi, gli astrologi, i Caldei e gli indovini, ai quali raccontai il sogno, ma essi non poterono farmi conoscere la sua interpretazione. Infine si presentò davanti a me Daniele, chiamato Beltshatsar dal nome del mio dio, e in cui è lo spirito degli dèi santi, e io gli raccontai il sogno: Beltshatsar, capo dei maghi, poiché io so che io spirito degli dèi santi è in te e che nessun segreto ti preoccupa, raccontami le visioni del mio sogno che ho fatto e la sua interpretazione. Le visioni della mia mente mentre ero sul mio letto sono queste: Io guardavo, ed ecco un albero in mezzo alla terra, la cui altezza era grande. L’albero crebbe e divenne forte; la sua cima giungeva al cielo e si poteva vedere dalle estremità di tutta la terra. Il suo fogliame era bello, il suo frutto abbondante e in esso c’era cibo per tutti; sotto di esso trovavano ombra le bestie dei campi, gli uccelli del cielo dimoravano fra i suoi rami e da lui prendeva cibo ogni essere vivente. Mentre sul mio letto osservavo le visioni della mia mente, ecco un guardiano, un santo, scese dal cielo, gridò con forza e disse cosí: »Tagliate l’albero e troncate i suoi rami, scuotete le sue foglie e disperdetene i frutti; fuggano gli animali di sotto a lui e gli uccelli di tra i suoi rami. Lasciate però nella terra il ceppo delle sue radici, legato con catene di ferro e di bronzo fra l’erba dei campi. Sia bagnato dalla rugiada del cielo e abbia con gli animali la sua parte d’erba della terra. Il suo cuore sia cambiato, e invece di un cuore d’uomo gli sia dato un cuore di bestia e passino su di lui sette tempi. La cosa è decretata dai guardiani e la sentenza viene dalla parola dei santi perché i viventi sappiano che l’Altissimo domina sul regno degli uomini, egli lo dà a chi vuole e vi innalza l’infimo degli uomini" Questo è il sogno che io, re Nebukadnetsar, ho fatto. Ora tu, Beltshatsar, danne l’interpretazione, perché nessuno dei savi del mio regno è in grado di farmi conoscere l’interpretazione ma tu lo puoi, perché lo spirito degli dèi santi è in te«. Allora Daniele, il cui nome è Beltshatsar, rimase per un momento spaventato e i suoi pensieri lo turbavano. Il re prese a dire: »Beltshatsar, non ti turbino né il sogno né la sua interpretazione«. Beltshatsar rispose e disse: »Signor mio, il sogno si avveri per i tuoi nemici e la sua interpretazione per i tuoi avversari. L’albero che tu hai visto, che era divenuto grande e forte, la cui cima giungeva al cielo e si vedeva da tutte le parti della terra, il cui fogliame era bello, il frutto abbondante, in cui c’era cibo per tutti, sotto il quale dimoravano le bestie dei campi e sui cui rami facevano il nido gli uccelli del cielo, sei tu, o re, che sei diventato grande e forte; la tua grandezza è cresciuta ed è giunta fino al cielo e il tuo dominio fino alle estremità della terra. Quanto poi al guardiano, un santo, che il re ha visto scendere dal cielo e dire: »Tagliate l’albero e distruggetelo, ma lasciate nella terra il ceppo delle radici, legato con catene di ferro e di bronzo fra l’erba dei campi. Sia bagnato dalla rugiada del cielo e abbia la sua parte con le bestie dei campi finché siano passati su di lui sette tempi«. Questa è l’interpretazione, o re; questo è il decreto dell’Altissimo, che è stato emanato riguardo al re mio signore; tu sarai scacciato in mezzo agli uomini e la tua dimora sarà con le bestie dei campi; ti sarà data da mangiare erba come ai buoi e sarai bagnato dalla rugiada dal cielo; passeranno su di te sette tempi, finché tu riconosca che l’Altissimo domina sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole. Quanto poi all’ordine di lasciare il ceppo delle radici dell’albero, ciò significa che il tuo regno ti sarà ristabilito, dopo che avrai riconosciuto, che è il cielo che domina. Perciò, o re, gradisci il mio consiglio: poni fine ai tuoi peccati praticando la giustizia e alle tue iniquità usando misericordia verso i poveri, forse la tua prosperità sarà prolungata«. Tutto questo avvenne al re Nebukadnetsar. Dodici mesi dopo, mentre passeggiava sul palazzo reale di Babilonia, il re prese a dire: »Non è questa la grande Babilonia, che io ho costruito come residenza reale con la forza della mia potenza e per la gloria della mia maestà?«. Queste parole erano ancora in bocca al re, quando una voce discese dal cielo: »A te, o re Nebukadnetsar, si dichiara: il tuo regno ti è tolto; tu sarai scacciato di mezzo agli uomini e la tua dimora sarà con le bestie dei campi; ti sarà data da mangiare erba come i buoi e passeranno su di te sette tempi, finché tu riconosca che l’Altissimo domina sul regno degli uomini e lo dà a chi vuole«. In quello stesso momento la parola riguardante Nebukadnetsar si adempì. Egli fu scacciato di mezzo agli uomini mangiò l’erba come i buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, finché i suoi capelli crebbero come le penne delle aquile e le sue unghie come gli artigli degli uccelli. »Alla fine di quel tempo, io Nebukadnetsar alzai gli occhi al cielo e la mia ragione ritornò, benedissi l’Altissimo e lodai e glorificai colui che vive in eterno il cui dominio è un dominio eterno e il cui regno dura di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra davanti a lui sono considerati come un nulla egli agisce come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della terra. Nessuno può fermare la sua mano o dirgli »Che cosa fai?«. In quello stesso tempo mi ritornò la ragione, e per la gloria del mio regno mi furono restituiti la mia maestà e il mio splendore. I miei consiglieri e i miei grandi mi cercarono, e io fui ristabilito nel mio regno e la mia grandezza fu enormemente accresciuta. Ora, io Nebukadnetsar lodo, esalto e glorifico il Re del cielo, perché tutte le sue opere sono verità e le sue vie giustizia; egli ha il potere di umiliare quelli che camminano superbamente«. Il re Belshatsar fece un gran banchetto a mille dei suoi grandi e in presenza dei mille bevve vino. Mentre degustava il vino, Belshatsar ordinò di far portare i vasi d’oro e d’argento che suo padre Nebukadnetsar aveva portato via dal tempio, che era in Gerusalemme, perché in essi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine. Cosí si portarono i vasi d’oro che erano stati portati via dal santuario del tempio di Dio, che era in Gerusalemme, e in essi bevvero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine. Bevvero vino e lodarono gli dèi d’oro, d’argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra. In quel momento apparvero le dita di una mano d’uomo, che si misero a scrivere di fronte al candelabro sull’intonaco della parete del palazzo reale; e il re vide la parte di quella mano che scriveva. Allora l’aspetto del re cambiò e i suoi pensieri lo turbarono, le giunture dei suoi lombi, si allentarono e i suoi ginocchi battevano l’uno contro l’altro. Il re gridò con forza di fare entrare gli astrologi, i Caldei e gli indovini, quindi il re prese a dire ai savi di Babilonia: »Chiunque leggerà questa scritta e mi darà la sua interpretazione sarà rivestito di porpora, porterà una collana d’oro al collo e sarà terzo nel governo del regno«. Allora entrarono tutti i savi del re, ma non poterono leggere la scritta né far conoscere al re la sua interpretazione; Allora il re Belshatsar fu grandemente turbato, il suo aspetto cambiò e i suoi grandi furono smarriti. La regina, a motivo delle parole del re e dei suoi grandi, entrò nella sala del banchetto. La regina prese a dire: »O re possa tu vivere per sempre! I tuoi pensieri non ti turbino e il tuo aspetto non Cambi. C’è un uomo nel tuo regno, in cui è lo spirito degli dèi santi; e al tempo di tuo padre si trovò in lui luce, intendimento e sapienza simile alla sapienza degli dèi; il re Nebukadnetsar, tuo padre, tuo padre il re, lo stabilí capo dei maghi degli astrologi, dei Caldei e degli indovini. perché in questo Daniele, a cui il re aveva posto il nome Beltshatsar, fu trovato uno spirito straordinario, conoscenza, intendimento, abilità nell’interpretare i sogni, spiegare enigmi e risolvere questioni complicate. Si chiami dunque Daniele ed egli darà l’interpretazione«. Allora Daniele fu introdotto alla presenza del re; il re parlò a Daniele e gli disse: »Sei tu Daniele, uno degli esuli di Giuda, che il re mio padre condusse dalla Giudea? Ho inteso dire di te che lo spirito degli dèi è in te e che in te si trova luce, intendimento e una sapienza straordinaria. Ora hanno fatto venire alla mia presenza i savi e gli astrologi perché leggessero questa scritta e me ne facessero conoscere l’interpretazione ma non sono stati capaci di darmi l’interpretazione della cosa. Ho invece sentito dire di te che tu puoi dare l’interpretazione e risolvere questioni complicate. Ora se sei capace di leggere questa scritta e farmene conoscere l’interpretazione, tu sarai rivestito di porpora, porterai una collana d’oro al collo e sarai terzo nel governo del regno«. Allora Daniele rispose e disse davanti al re: »Tieniti pure i tuoi doni e da’ a un altro le tue ricompense; tuttavia io leggerò la scritta al re e gliene farò conoscere l’interpretazione. O re, il Dio Altissimo aveva dato a Nebukadnetsar tuo padre regno, grandezza, gloria e maestà. Per la grandezza che gli aveva dato tutti i popoli, tutte le nazioni e lingue tremavano e temevano davanti a lui: egli faceva morire chi voleva e lasciava in vita chi voleva, innalzava chi voleva e abbassava chi voleva. Quando però il suo cuore si innalzò e il suo spirito si indurí fino all’arroganza, fu deposto dal suo trono reale e gli fu tolta la sua gloria. Fu quindi scacciato di mezzo ai figli degli uomini, il suo cuore fu reso simile a quello delle bestie e la sua dimora fu con gli asini selvatici; gli fu data da mangiare erba come ai buoi e il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo finché riconobbe che il Dio altissimo domina sul regno degli uomini e su di esso stabilisce chi vuole. Ma tu, Belshatsar suo figlio, benché sapessi tutto questo non hai umiliato il tuo cuore; anzi ti sei innalzato contro il Signore del cielo; ti sei fatto portare davanti i vasi del suo tempio, e in essi avete bevuto vino tu e i tuoi grandi le tue mogli e le tue concubine. Inoltre hai lodato gli dèi d’argento, d’oro, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra, che non vedono, non odono e non comprendono e non hai glorificato il Dio, nella cui mano è il tuo soffio vitale e a cui appartengono tutte le tue vie. Perciò dalla sua presenza è stata mandata la parte di quella mano, che ha tracciato la scritta. Questa è la scritta che è stata tracciata: MENE, MENE, TEKEL UFARSIN. Questa è l’interpretazione di ogni parola: MENE: Dio ha fatto il conto del tuo regno e gli ha posto fine. TEKEL: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante. PERES: il tuo regno è stato diviso ed è stato dato ai Medi e ai Persiani«. Allora, per ordine di Belshatsar, Daniele fu rivestito di porpora, gli posero al collo una collana d’oro e proclamarono che egli sarebbe terzo nel governo del regno. In quella stessa notte Belshatsar re dei Caldei, fu ucciso; e Dario, il Medo, ricevette il regno all’età di sessantadue anni. Piacque a Dario di stabilire sul regno centoventi satrapi, i quali fossero preposti su tutto il regno, e sopra di loro tre prefetti, di cui uno era Daniele, ai quali quei satrapi dovevano render conto, perché il re non ne soffrisse alcun danno. Ora questo Daniele eccelleva sugli altri prefetti e satrapi, perché in lui c’era uno spirito superiore, e il re pensava di stabilirlo sopra tutto il regno. Allora i prefetti e i satrapi cercarono di trovare un pretesto contro Daniele riguardo l’amministrazione del regno, ma non poterono trovare alcun pretesto o corruzione, perché egli era fedele e non si potè trovare in lui alcun errore o corruzione. Allora quegli uomini dissero: »Non troveremo mai nessun pretesto contro questo Daniele, eccetto che lo troviamo contro di lui nella legge stessa del suo Dio«. Allora quei prefetti e satrapi si radunarono tumultuosamente presso il re e gli dissero: »O re Dario, possa tu vivere per sempre! Tutti i prefetti del regno, i governatori e i satrapi, i consiglieri e i comandanti si sono consultati insieme per promulgare un editto reale e fare un fermo decreto, in base ai quali chiunque durante trenta giorni rivolgerà una richiesta a qualsiasi dio o uomo all’infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni. Ora, o re, promulga il decreto e firma il documento, in modo che non possa essere cambiato in conformità alla legge dei Medi e dei Persiani, che è irrevocabile«. Il re Dario quindi firmò il documento e il decreto. Quando Daniele seppe che il documento era stato firmato, entrò in casa sua. Quindi nella sua camera superiore, con le sue finestre aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno si inginocchiava, pregava e rendeva grazie al suo Dio, come era solito fare prima. Allora quegli uomini accorsero tumultuosamente e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio. Cosí si avvicinarono al re e parlarono davanti a lui del decreto reale: »Non hai tu firmato un decreto in base al quale chiunque durante trenta giorni farà una richiesta a qualsiasi dio o uomo all’infuori di te, o re, sarebbe gettato nella fossa dei leoni?«. Il re rispose e disse: »La cosa è stabilita in conformità alla legge dei Medi e dei Persiani, che non può essere alterata«. Allora quelli ripresero a dire davanti al re: »Daniele, che è uno degli esuli di Giuda, non mostra alcun riguardo per te, o re, o per il decreto che hai firmato ma rivolge suppliche al suo Dio tre volte al giorno«. All’udire ciò, il re ne fu grandemente dispiaciuto e si mise in cuore di liberare Daniele, e fino al tramonto del sole si affaticò per strapparlo dalle loro mani. Ma quegli uomini vennero tumultuosamente dal re e gli dissero: »Sappi, o re, che è legge dei Medi e dei Persiani che nessun decreto o editto promulgato dal re può essere cambiato«. Allora il re diede l’ordine e Daniele fu portato via e gettato nella fossa dei leoni. Ma il re parlò a Daniele e gli disse: »Il tuo Dio, che tu servi del continuo, sarà egli stesso a liberarti«. Poi fu portata una pietra che fu messa sulla bocca della fossa il re la sigillò con il suo anello e con l’anello dei suoi grandi, perché la decisione riguardo a Daniele non fosse cambiata. Allora il re si ritirò nel suo palazzo e passò la notte digiunando, non fu portato davanti a lui alcun musicista e anche il sonno lo abbandonò. La mattina dopo il re si alzò molto presto e si recò in fretta alla fossa dei leoni. Giunto vicino alla fossa, chiamò Daniele con voce accorata il re prese a dire a Daniele: »Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio, che tu servi del continuo ha potuto liberarti dai leoni?«. Allora Daniele disse al re: »O re, possa tu vivere per sempre! Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le bocche dei leoni, ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma anche davanti a te, o re, non ho fatto alcun male«. Allora il re fu ripieno di gioia e ordinò di tirar fuori Daniele dalla fossa. Cosí Daniele fu tirato fuori dalla fossa e non si trovò su di lui alcuna lesione, perché aveva confidato nel suo Dio. Il re ordinò quindi che fossero fatti venire quegli uomini che avevano accusato Daniele e furono gettati nella fossa dei leoni, essi, i loro figli e le loro mogli. E, prima ancora che giungessero in fondo alla fossa, i leoni furono loro addosso e stritolarono tutte le loro ossa. Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, nazioni e lingue che abitavano su tutta la terra: »La vostra pace sia grande! Io decreto che in tutto il dominio del mio regno si tremi e si tema davanti al Dio di Daniele, perché egli è il Dio vivente, che sussiste in eterno. Il suo regno non sarà mai distrutto e il suo dominio non avrà mai fine. Egli libera, salva, e opera segni e prodigi in cielo e sulla terra; è lui che ha liberato Daniele dal potere dei leoni«. Cosí questo Daniele prosperò durante il regno di Dario e durante il regno di Ciro, il Persiano. Nel primo anno di Belshatsar, re di Babilonia, Daniele, mentre era a letto, fece un sogno ed ebbe visioni nella sua mente. Poi scrisse il sogno e narrò la sostanza delle cose. Daniele dunque prese a dire: »Io guardavo nella mia visione, di notte, ed ecco, i quattro venti del cielo squassavano il Mar Grande, e quattro grandi bestie salivano dal mare, una diversa dall’altra. La prima era simile a un leone ed aveva ali di aquila. Io guardavo, finché le furono strappate le ali; poi fu sollevata da terra, fu fatta stare ritta sui due piedi come un uomo e le fu dato un cuore d’uomo. Ed ecco un’altra bestia, la seconda, simile ad un orso; si alzava su di un lato e aveva tre costole in bocca, fra i denti, e le fu detto: »Levati, mangia molta carne«. Dopo questo, io guardavo, ed eccone un’altra simile a un leopardo, che aveva quattro ali di uccello sul suo dorso; la bestia aveva quattro teste e le fu dato il dominio. Dopo questo, io guardavo nelle visioni notturne, ed ecco una quarta bestia spaventevole, terribile e straordinariamente forte, essa aveva grandi denti di ferro; divorava, stritolava e calpestava il resto con i piedi, era diversa da tutte le bestie precedenti e aveva dieci corna. Stavo osservando le corna, quand’ecco in mezzo ad esse spuntò un altro piccolo corno, davanti al quale tre delle prime corna furono divelte; ed ecco in quel corno c’erano degli occhi simili a occhi di uomo e una bocca che proferiva grandi cose. Io continuai a guardare finché furono collocati troni e l’Antico di giorni si assise. La sua veste era bianca come la neve e i capelli del suo capo erano come lana pura; il suo trono era come fiamme di fuoco e le sue ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scorreva, uscendo dalla sua presenza; mille migliaia lo servivano e miriadi di miriadi stavano davanti a lui. Il giudizio si tenne e i libri furono aperti. Allora io guardai a motivo delle grandi parole che il corno proferiva guardai finché la bestia fu uccisa, e il suo corpo distrutto e gettato nel fuoco per essere arso. Quanto alle altre bestie, il dominio fu loro tolto, ma fu loro concesso un prolungamento di vita per un periodo stabilito di tempo. Io guardavo nelle visioni notturne ed ecco sulle nubi del cielo venire uno simile a un Figlio dell’uomo; egli giunse fino all’Antico di giorni e fu fatto avvicinare a lui. A lui fu dato dominio, gloria e regno, perché tutti i popoli, nazioni e lingue lo servissero; il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà mai distrutto«. »Quanto a me, Daniele, il mio spirito rimase addolorato nell’involucro del corpo e le visioni della mia mente mi turbarono. Mi avvicinai a uno di quelli che stavano lì vicino e gli domandai la verità di tutto questo; ed egli mi parlò e mi fece conoscere l’interpretazione di quelle cose: Queste grandi bestie, che sono quattro, rappresentano quattro re che sorgeranno dalla terra; poi i santi dell’Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno per sempre, per l’eternità Allora desiderai sapere la verità intorno alla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e straordinariamente terribile, con denti di ferro e artigli di bronzo, che divorava, stritolava e calpestava il resto con i piedi, e intorno alle dieci corna che aveva sulla testa, e intorno all’altro corno che spuntava e davanti al quale erano cadute tre corna, cioè quel corno che aveva occhi e una bocca che proferiva grandi cose e che appariva maggiore delle altre corna. IO guardavo e quello stesso corno faceva guerra ai santi e li vinceva finché giunse l’Antico di giorni e fu resa giustizia ai santi dell’Altissimo, e venne il tempo in cui i santi possedettero il regno. Ed egli mi parlò cosí: »La quarta bestia sarà un quarto regno sulla terra che sarà diverso da tutti gli altri regni e divorerà tutta la terra, la calpesterà e la stritolerà. Le dieci corna sono dieci re che sorgeranno da questo regno; dopo di loro ne sorgerà un altro, che sarà diverso dai precedenti e abbatterà tre re. Egli proferirà parole contro l’Altissimo, perseguiterà i santi dell’Altissimo con l’intento di sterminarli e penserà di mutare i tempi e la legge; i santi saranno dati nelle sue mani per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo. Si terrà quindi il giudizio e gli sarà tolto il dominio, che verrà annientato e distrutto per sempre. Poi il regno, il dominio e la grandezza dei regni sotto tutti i cieli saranno dati al popolo dei santi dell’Altissimo; il suo regno è un regno eterno, e tutti i domini lo serviranno e gli ubbidiranno Qui finirono le parole rivoltemi. Quanto a me, Daniele, i miei pensieri mi turbarono grandemente e il mio aspetto cambiò, ma conservai le parole nel mio cuore«. Nel terzo anno di regno del re Belshatsar, io, Daniele, ebbi una visione, dopo quella avuta all’inizio del regno. Or vidi in visione e, mentre guardavo, mi avvenne di trovarmi nella cittadella di Susa, che è nella provincia di Elam, nella visione mi resi conto di essere presso il fiume Ulai. Alzai gli occhi e guardai, ed ecco, in piedi davanti al fiume un montone che aveva due corna; le due corna erano alte ma un corno era piú alto dell’altro, anche se il piú alto era spuntato per ultimo. Vidi il montone che cozzava a ovest a nord e a sud; nessuna bestia gli poteva resistere, né alcuno poteva liberare dal suo potere; cosí fece quel che volle e diventò grande. Mentre consideravo questo ecco venire dall’ovest un capro, che percorreva tutta la superficie della terra senza toccare il suolo, il capro aveva un corno cospicuo fra i suoi occhi. Giunse fino al montone dalle due corna, che avevo visto in piedi davanti al fiume, e gli si avventò contro nel furore della sua forza. Lo vidi avvicinarsi e montare in collera contro di lui, cozzò quindi contro il montone e frantumò le sue due corna, senza che il montone avesse forza per resistergli; cosí lo gettò a terra e lo calpestò, e nessuno potè liberare il montone dal suo potere. Il capro diventò molto grande; ma, quando fu potente, il suo gran corno si spezzò, al suo posto spuntarono quattro corna cospicue, verso i quattro venti del cielo. Da uno di questi uscí un piccolo corno, che diventò molto grande verso sud, verso est e verso il paese glorioso. Si ingrandí fino a giungere all’esercito del cielo, fece cadere in terra parte dell’esercito e delle stelle e le calpestò. Si innalzò addirittura fino al capo dell’esercito, gli tolse il sacrificio continuo e il luogo del suo santuario fu abbattuto. L’esercito gli fu dato in mano assieme al sacrificio continuo, a motivo della trasgressione; egli gettò a terra la verità; fece tutto questo e prosperò. Poi udii un santo che parlava, e un altro santo disse a quello che parlava: »Fino a quando durerà la visione del sacrificio continuo e la trasgressione della desolazione, che abbandona il luogo santo e l’esercito ad essere calpestati?«. Egli mi disse: »Fino a duemilatrecento giorni; poi il santuario sarà purificato«. Ora, mentre io, Daniele, consideravo la visione e cercavo d’intenderla ecco stare davanti a me uno dall’aspetto di uomo. Udii quindi in mezzo al fiume Ulai la voce di un uomo, che gridava e diceva: »Gabriele, spiega a costui la visione«. Egli si avvicinò al luogo dove mi trovavo e, quando giunse, io ebbi paura e caddi sulla mia faccia. Ma egli mi disse: »Intendi bene, o figlio d’uomo, perché questa visione riguarda il tempo della fine«. Mentre egli parlava con me, caddi in un profondo sonno con la faccia terra, ma egli mi toccò e mi fece alzare in piedi nel luogo dove mi trovavo. E disse: »Ecco, io ti faccio conoscere ciò che avverrà nell’ultimo tempo dell’indignazione, perché riguarda il tempo fissato della fine. Il montone con due corna, che tu hai visto, rappresenta i re di Media e di Persia. Il capro peloso è il re di Javan; e il gran corno che era in mezzo ai suoi occhi è il primo re. Il corno spezzato e le quattro corna che sono sorte al suo posto sono quattro regni che sorgeranno da questa nazione, ma non con la stessa sua potenza. Alla fine del loro regno, quando i ribelli avranno colmato la misura, sorgerà un re dall’aspetto feroce ed esperto in stratagemmi. La sua potenza crescerà, ma non per sua propria forza; compirà sorprendenti rovine, prospererà nelle sue imprese e distruggerà i potenti e il popolo dei santi. Per la sua astuzia farà prosperare la frode nelle sue mani; si innalzerà nel suo cuore e distruggerà molti che stanno al sicuro; insorgerà contro il principe dei principi, ma sarà infranto senza mano d’uomo. La visione delle sere e delle mattine di cui è stato parlato, è vera. Tu tieni segreta la visione, perché riguarda cose che avverranno fra molto tempo«. E io, Daniele, mi sentii sfinito e fui malato per vari giorni, poi mi alzai e sbrigai gli affari del re. Io ero stupito della visione, ma nessuno se ne avvide. Nell’anno primo di Dario, figlio di Assuero, della stirpe dei Medi, che fu costituito re sul regno dei Caldei, nel primo anno del suo regno, io, Daniele, compresi dai libri il numero degli anni in cui, secondo la parola dell’Eterno indirizzata al profeta Geremia, dovevano essere portate a compimento le desolazioni di Gerusalemme, è cioè settant’anni. Volsi quindi la mia faccia verso il Signore DIO, per cercarlo con preghiera e suppliche, col digiuno, col sacco e con la cenere. Cosí feci la mia preghiera e confessione all’Eterno, il mio DIO, dicendo: »O Signore, Dio grande e tremendo, che conservi il tuo patto e la tua misericordia con quelli che ti amano e osservano i tuoi comandamenti, abbiamo peccato e abbiamo agito perversamente, siamo stati malvagi e ci siamo ribellati, allontanandoci dai tuoi comandamenti e dai tuoi decreti. Non abbiamo ascoltato i profeti, tuoi servi, che hanno parlato nel tuo nome ai nostri re, ai nostri capi, ai nostri padri e a tutto il popolo del paese. O Signore, a te appartiene la giustizia, ma a noi la confusione della faccia come avviene oggi stesso agli uomini di Giuda, agli abitanti di Gerusalemme e a tutto Israele, a quelli vicini e a quelli lontani, in tutti i paesi in cui li hai dispersi, a motivo delle infedeltà che hanno commesso contro di te. O Signore, a noi la confusione della faccia, ai nostri re, ai nostri capi e ai nostri padri, perché abbiamo peccato contro di te. Al Signore nostro DIO appartengono la misericordia e il perdono, perché ci siamo ribellati contro di lui, e non abbiamo ascoltato la voce dell’Eterno, il nostro DIO, per camminare nelle sue leggi, che ci aveva posto davanti per mezzo dei suoi servi, i profeti. Sí, tutto Israele ha trasgredito la tua legge, si è sviato per non ubbidire alla tua voce; perciò si è riversata su di noi la maledizione e l’imprecazione scritta nella legge di Mosè, servo di DIO, perché abbiamo peccato contro di lui. Cosí egli ha mandato a compimento le sue parole che aveva pronunciato contro di noi e contro i nostri giudici che ci hanno governato, facendo venire su di noi una grande calamità, perché sotto tutto il cielo non è mai stato fatto nulla di simile a ciò che è stato fatto a Gerusalemme. Come è scritto nella legge di Mosè, tutta questa calamità ci è venuta addosso, tuttavia non abbiamo implorato l’Eterno, il nostro DIO, per convertirci dalle nostre iniquità e prestare attenzione alla tua verità. Perciò l’Eterno ha tenuto in serbo questa calamità e la fatta venire su di noi, perché l’Eterno, il nostro DIO, è giusto in tutte le cose che fa, mentre noi non abbiamo ubbidito alla sua voce. E ora, o Signore, DIO nostro, che facesti uscire il tuo popolo dal paese d’Egitto con mano potente e ti facesti un nome qual è oggi, noi abbiamo peccato, abbiamo agito malvagiamente. O Signore, secondo tutta la tua giustizia, fa ti prego, che la tua ira e il tuo furore si allontanino da Gerusalemme, la tua città, il tuo monte santo, per i nostri peccati e per le iniquità dei nostri padri, Gerusalemme e il tuo popolo sono divenuti oggetto di vituperio per tutti quelli che ci circondano. Perciò ora ascolta, o DIO nostro, la preghiera del tuo servo e le sue suppliche e fa’ risplendere, per amore del Signore, il tuo volto sul tuo santuario che è desolato. O mio DIO, porgi il tuo orecchio e ascolta; apri i tuoi occhi e guarda le nostre desolazioni e la città sulla quale è invocato il tuo nome, perché noi non presentiamo le nostre suppliche davanti a te per le nostre opere giuste, ma per le tue grandi compassioni. O Signore, ascolta; Signore, perdona; Signore, presta attenzione e opera. Non indugiare, per amor di te stesso, o mio DIO, perché il tuo nome è invocato sulla tua città e sul tuo popolo«. Mentre io stavo ancora parlando, pregando e confessando il mio peccato e il peccato del mio popolo d’Israele, e presentavo la mia supplica davanti all’Eterno, il mio DIO, per il monte santo del mio DIO, sí, mentre stavo ancora parlando in preghiera, quell’uomo Gabriele, che avevo visto in visione all’inizio, mandato con rapido volo, mi raggiunse verso l’ora dell’oblazione della sera. Egli mi ammaestrò, mi parlò e disse: »Daniele, io sono venuto ora per metterti in grado di intendere. All’inizio delle tue suppliche è uscita una parola e io sono venuto per fartela conoscere, perché tu sei grandemente amato. Fa’ dunque attenzione alla parola e intendi la visione: Settanta settimane sono stabilite per il tuo popolo e per la tua santa città, per far cessare la trasgressione, per mettere fine al peccato, per espiare l’iniquità, per far venire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo. Sappi perciò e intendi che da quando è uscito l’ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme, fino al Messia, il principe, vi saranno sette settimane e altre sessantadue settimane; essa sarà nuovamente ricostruita con piazza e fossato, ma in tempi angosciosi. Dopo le sessantadue settimane il Messia sarà messo a morte e nessuno sarà per lui. E il popolo di un capo che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà con un’inondazione, e fino al termine della guerra sono decretate devastazioni. Egli stipulerà pure un patto con molti per una settimana, ma nel mezzo della settimana farà cessare sacrificio e oblazione; e sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore, finché la totale distruzione, che è decretata, sarà riversata sul devastatore«. Nel terzo anno di Ciro, re di Persia, una parola fu rivelata a Daniele, che si chiamava Beltshatsar. La parola è verace e il conflitto lungo. Egli comprese la parola ed ebbe intendimento della visione. In quel tempo, io Daniele feci cordoglio per tre settimane intere. Non mangiai cibo prelibato, non entrarono nella mia bocca né carne né vino e non mi unsi affatto, finché non furono passate tre intere settimane. Il ventiquattresimo giorno del primo mese, mentre ero sulla sponda del gran fiume, che è il Tigri, alzai gli occhi e guardai, ed ecco un uomo vestito di lino, con ai lombi, una cintura d’oro di Ufaz. Il suo corpo era simile al topazio, la sua faccia aveva l’aspetto della folgore, i suoi occhi erano come torce fiammeggianti, le sue braccia e i suoi piedi parevano bronzo lucidato e il suono delle sue parole era come il rumore di una moltitudine. Soltanto io, Daniele, vidi la visione, mentre gli uomini che erano con me non videro la visione, ma un gran terrore piombò su di loro e fuggirono a nascondersi. Cosí rimasi solo a osservare questa grande visione. In me non rimase piú forza; il bel colorito cambiò in un pallore e le forze mi vennero meno. Tuttavia udii il suono delle sue parole; all’udire però il suono delle sue parole, caddi in un profondo sonno con la faccia a terra. Ma ecco, una mano mi toccò e mi fece stare tutto tremante sulle ginocchia e sulle palme delle mani. Poi mi disse: »Daniele, uomo grandemente amato intendi le parole che ti dico e alzati in piedi, perché ora sono stato mandato da te«. Quando mi ebbe detto questa parola, io mi alzai in piedi tutto tremante. Egli allora mi disse: »Non temere, Daniele, perché dal primo giorno che ti mettesti in cuore di intendere e di umiliarti davanti al tuo DIO, le tue parole sono state ascoltate e io sono venuto in risposta alle tue parole. Ma il principe del regno di Persia mi ha resistito ventun giorni, però ecco, Mikael, uno dei primi principi, mi è venuto in aiuto, perché ero rimasto là con il re di Persia. E ora sono venuto per farti intendere ciò che avverrà al tuo popolo negli ultimi giorni; perché la visione riguarda un tempo futuro«. Mentre mi parlava in questa maniera, abbassai la faccia a terra e ammutolii. Ed ecco uno con le sembianze di un figlio d’uomo mi toccò le labbra. Allora io apersi la bocca, parlai e dissi a colui che mi stava davanti: »Signor mio, per questa visione mi hanno colto gli spasimi e le forze mi son venute meno. E come potrebbe un tale servo del mio signore parlare con un tale mio signore, perché ora le forze mi hanno lasciato e mi manca persino il respiro?«. Allora colui che aveva le sembianze d’uomo mi toccò di nuovo e mi fortificò, e disse: »O uomo grandemente amato, non temere, pace a te, riprendi forza, sí, riprendi forza«. Quando mi ebbe parlato, io ripresi forza e dissi: »Parli pure il mio signore, perché mi hai dato forza«. Quindi egli disse: »Sai tu perché io sono venuto da te? Ora tornerò a combattere con il principe di Persia; e quando sarò uscito, ecco, verrà il principe di Javan. Ma io ti farò conoscere ciò che è scritto nel libro della verità; e non c’è nessuno che si comporti valorosamente con me contro costoro tranne Mikael, il vostro principe«. Nel primo anno di Dario, il Medo, io stesso mi tenni presso di lui per sostenerlo e difenderlo. »E ora ti farò conoscere la verità. Ecco, in Persia, sorgeranno ancora tre re, ma il quarto diventerà molto piú ricco di tutti gli altri; quando sarà diventato forte per le sue ricchezze, solleverà tutti contro il regno di Javan. Allora sorgerà un re potente che eserciterà un gran dominio e farà ciò che vorrà. Ma quando sarà sorto, il suo regno sarà fatto a pezzi e sarà diviso verso i quattro venti del cielo, ma non fra i suoi discendenti né con la stessa forza con cui egli regnava, perché il suo regno sarà sradicato e passerà ad altri, oltre che a costoro. Quindi il re del sud diventerà forte, ma uno dei suoi principi diventerà piú forte di lui e dominerà, il suo dominio sarà un grande dominio. Dopo alcuni anni si alleeranno; quindi la figlia del re del sud verrà dal re del nord per fare un accordo, ma non conserverà piú la forza della sua potenza, e non potrà durare né lui né la sua potenza in quei tempi essa sarà consegnata alla morte assieme a quelli che l’hanno condotta, colui che l’ha generata e colui che l’ha sostenuta. Ma uno dei rampolli delle sue radici sorgerà a prendere il suo posto; costui verrà contro l’esercito, entrerà nelle fortezze del re del nord, agirà contro di loro e riuscirà vincitore. Porterà pure come bottino in Egitto, i loro dèi con le loro immagini fuse e i loro preziosi arredi d’argento e d’oro, e per vari anni starà lontano dal re del nord. Questi andrà contro il re del sud, ma poi tornerà nel proprio paese. I suoi figli si prepareranno quindi alla guerra e raduneranno una moltitudine di grandi forze, e uno di essi si farà certamente avanti, strariperà come un’inondazione e passerà oltre, per portare poi le ostilità fino alla sua fortezza. Allora il re del sud, infuriato, uscirà a combattere con lui, con il re del nord, il quale arruolerà una grande moltitudine, ma la moltitudine sarà data in mano del suo nemico. Quando la moltitudine sarà portata via, il suo cuore si innalzerà, ne abbatterà delle miriadi, ma non sarà piú forte. Il re del nord infatti arruolerà di nuovo una moltitudine piú numerosa della precedente, e dopo un po’ di tempo si farà certamente avanti con un grosso esercito e con un grande equipaggiamento. In quel tempo molti insorgeranno contro il re del sud, anche alcuni uomini violenti del tuo popolo si leveranno per dar compimento alla visione, ma cadranno. Allora il re del nord verrà, innalzerà un terrapieno e si impadronirà di una città fortificata. Le forze del sud non potranno resistergli; neppure le truppe scelte avranno la forza di resistere. Colui che gli è venuto contro farà ciò che vorrà, e nessuno gli potrà resistere; egli si fermerà nel paese glorioso con la distruzione in suo potere. Poi si proporrà di venire con le forze di tutto il suo regno, offrendo oneste condizioni di pace e cosí farà. Gli darà la figlia in moglie per corromperlo, ma ella non starà dalla sua parte e non parteggerà per lui. Poi si volgerà verso le isole e ne prenderà molte, ma un comandante farà cessare il vituperio da lui inflittogli, facendolo ricadere su di lui. Quindi si volgerà verso le fortezze del proprio paese, ma inciamperà, cadrà e non si troverà piú. Al suo posto sorgerà uno che manderà un esattore di tributi per la gloria del regno; in pochi giorni però sarà distrutto, ma non nell’ira o in battaglia. Al suo posto sorgerà un uomo spregevole, a cui non sarà conferita la dignità reale; verrà pacificamente, ma si impadronirà del regno con intrighi. Davanti a lui le straripanti forze saranno spazzate via e distrutte come pure il capo di un’alleanza. In seguito a un’alleanza fatta con lui, egli agirà con frode e giungerà al potere con poca gente. Egli entrerà pacificamente anche nelle parti piú ricche della provincia e farà ciò che non avevano mai fatto né i suoi padri né i padri dei suoi padri, distribuirà tra di loro bottino, spoglie e beni e concepirà piani contro le fortezze, ma solo per un tempo. Con un grande esercito spronerà le sue forze e il suo cuore contro il re del sud. Il re del sud si impegnerà in guerra con un grande e potentissimo esercito, ma non potrà resistere, perché si ordiranno complotti contro di lui. Quegli stessi che mangeranno dei suoi cibi squisiti lo distruggeranno, il suo esercito sarà spazzato via, ma molti cadranno uccisi. Il cuore di questi due re sarà rivolto a fare del male, essi proferiranno menzogne seduti alla stessa mensa, ma la cosa non riuscirà, perché la fine verrà malgrado tutto al tempo fissato. Nel ritornare al suo paese con grandi ricchezze, il suo cuore si metterà contro il santo patto; cosí eseguirà i suoi disegni e poi ritornerà nel suo paese. Al tempo stabilito egli andrà di nuovo contro il sud, ma quest’ultima volta la cosa non riuscirà come la prima, perché delle navi di Kittim, verranno contro di lui; perciò egli si perderà d’animo, si adirerà nuovamente contro il santo patto ed eseguirà i suoi disegni; cosí tornerà a mostrare riguardo con coloro che hanno abbandonato il santo patto. Forze da lui mandate si leveranno per profanare il santuario-fortezza, sopprimeranno il sacrificio continuo e vi collocheranno l’abominazione che causa la desolazione. Con lusinghe corromperà coloro che agiscono empiamente contro il patto ma il popolo di quelli che conoscono il loro DIO mostrerà fermezza e agirà. Quelli che hanno sapienza fra il popolo ne istruiranno molti, ma per un po’ di tempo cadranno per la spada, il fuoco, l’esilio e il saccheggio. Quando cadranno, sarà loro dato un po’ di aiuto, ma molti si uniranno a loro con false apparenze. Alcuni di quelli che hanno sapienza cadranno, per essere affinati, purificati e imbiancati fino al tempo della fine, perché questo avverrà al tempo stabilito. Quindi il re agirà come vuole, si innalzerà, si magnificherà al di sopra di ogni dio e proferirà cose sorprendenti contro il Dio degli dèi; prospererà finché l’indignazione sia completata, perché ciò che è decretato si compirà. Egli non avrà riguardo al DIO dei suoi padri né al desiderio delle donne; non avrà riguardo ad alcun dio, perché si magnificherà al di sopra di tutti. Ma al loro posto egli onorerà il dio delle fortezze e onorerà con oro, argento, pietre preziose e cose piacevoli, un dio che i suoi padri non conobbero. Egli agirà contro le fortezze piú fortificate con l’aiuto di un dio straniero; ricolmerà di gloria quelli che egli riconoscerà, li farà dominare su molti e darà loro terre in ricompensa. Al tempo della fine il re del sud si scontrerà con lui, il re del nord verrà contro di lui come un turbine con carri e cavalieri e con molte navi; penetrerà nei paesi, li inonderà e passerà oltre. Entrerà pure nel paese glorioso e molti saranno abbattuti, ma queste scamperanno dalle sue mani: Edom, Moab e gran parte dei figli di Ammon. Egli stenderà la mano anche su diversi paesi e il paese d’Egitto non scamperà. S’impadronirà dei tesori d’oro e d’argento e di tutte le cose preziose dell’Egitto; i Libici e gli Etiopi saranno al suo seguito. Ma notizie dall’est e dal nord lo turberanno; perciò partirà con gran furore, per distruggere e votare allo sterminio molti E pianterà le tende del suo palazzo fra i mari e il glorioso monte santo, poi giungerà alla sua fine e nessuno gli verrà in aiuto«. »In quel tempo sorgerà Mikael, il gran principe, il difensore dei figli del tuo popolo; e ci sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato da quando esistono le nazioni fino a quel tempo. In quel tempo il tuo popolo sarà salvato, tutti quelli che saranno trovati scritti nel libro Molti di coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno, alcuni per vita eterna, altri per vergogna e infamia eterna. Quelli che hanno sapienza risplenderanno come lo splendore del firmamento e quelli che avranno condotti molti alla giustizia, risplenderanno come le stelle per sempre. Ma tu, Daniele, tieni nascoste queste parole e sigilla il libro fino al tempo della fine, molti andranno avanti e indietro e la conoscenza aumenterà«. Poi io, Daniele, guardai, ed ecco altri due in piedi, uno su questa sponda del fiume, e l’altro sull’altra sponda del fiume. Uno di essi disse all’uomo vestito di lino, che stava sopra le acque del fiume: »Quando sarà la fine di queste meraviglie?«. Io udii allora l’uomo vestito di lino, che stava sopra le acque del fiume, il quale, alzata la mano destra e la mano sinistra al cielo giurò per colui che vive in eterno che ciò sarà per un tempo, per dei tempi e per la metà di un tempo; quando la forza del popolo santo sarà interamente infranta, tutte queste cose si compiranno. Io udii, ma non compresi, perciò chiesi: »Mio signore, quale sarà la fine di queste cose?«. Egli rispose: »Va Daniele, perché queste parole sono nascoste e sigillate fino al tempo della fine. Molti saranno purificati, imbiancati e affinati; ma gli empi agiranno empiamente e nessuno degli empi capirà, ma capiranno i savi. Ora, dal tempo in cui sarà abolito il sacrifico continuo e sarà eretta l’abominazione che causa la desolazione, vi saranno milleduecentonovanta giorni. Beato chi aspetta e giunge a milletrecentotrentacinque giorni. Ma tu va’ pure alla tua fine; ti riposerai e poi ti rialzerai per ricevere la tua parte di eredità alla fine dei giorni«.
La parola dell’Eterno che fu rivolta a Osea, figlio di Beeri, ai giorni di Uzziah, di Jotham, di Achaz e di Ezechia, re di Giuda, ai giorni di Geroboamo, figlio di Joas, re d’Israele. Quando l’Eterno iniziò a parlare a Osea, l’Eterno disse ad Osea: »Va’ prenditi in moglie una prostituta e abbi figli di prostituzione, perché il paese si prostituisce, allontanandosi dall’Eterno«. Così egli andò e prese Gomer, figlia di Diblaim, ed essa concepí e gli partorí un figlio. Allora l’Eterno gli disse: »Chiamalo Jezreel, perché fra un po’ di tempo vendicherò il sangue sparso a Jezreel sulla casa di Jehu e porrò fine al regno della casa d’Israele. In quel giorno avverrà che io spezzerò l’arco d’Israele nella valle di Jezreel«. Ella concepí nuovamente e partorí una figlia. Allora l’Eterno disse a Osea: »Chiamala Lo-ruhamah, perché non avrò piú compassione della casa d’Israele, ma li porterò via interamente. Avrò invece compassione della casa di Giuda e li salverò mediante l’Eterno, il loro DIO, non li salverò con l’arco né con la spada o la battaglia, né con i cavalli o i cavalieri«. Quando ebbe divezzato Lo-ruhamah, ella concepí e partorí un figlio. Allora l’Eterno disse a Osea: »Chiamalo Lo-ammi, perché voi non siete mio popolo e io non sono vostro Dio. Tuttavia il numero dei figli d’Israele sarà come la sabbia del mare, che non si può misurare né contare. E avverrà che invece di essere detto loro: »Voi non siete mio popolo« sarà loro detto: »Siete figli del Dio vivente« Quindi i figli di Giuda e i figli d’Israele si riuniranno insieme nomineranno per se stessi un unico capo e saliranno fuori dal paese, perché grande sarà il giorno di Jezreel«. »Dite ai vostri fratelli: »Ammi« e alle vostre sorelle »Ruhamah«. Protestate con vostra madre protestate, perché essa non è mia moglie e io non sono suo marito. Allontani dalla sua faccia le sue prostituzioni e i suoi adulteri di mezzo alle sue mammelle; altrimenti la spoglierò nuda e la renderò come il giorno della sua nascita; la ridurrò a un deserto, la renderò come una terra arida e la farò morire di sete. Non avrò compassione dei suoi figli, perché sono figli di prostituzione. La loro madre infatti si è prostituita, colei che li ha concepiti si è comportata in modo vergognoso, perché ha detto: »Andrò dietro ai miei amanti, che mi danno il mio pane e la mia acqua, la mia lana e il mio lino, il mio olio e la mia bevanda« Perciò ecco, ti ostruirò la via con spine, la rinchiuderò con un muro, e cosí non troverà piú i suoi sentieri. Correrà dietro ai suoi amanti, ma non li raggiungerà; li cercherà, ma non li troverà. Allora dirà: »Ritornerò al mio primo marito, perché per me era meglio allora che adesso«. Essa non riconobbe che io le davo grano, mosto e olio e accrescevo il suo argento e oro, che essi offrivano a Baal Perciò io riprenderò il mio grano a suo tempo e il mio mosto nella sua stagione, e le sottrarrò la mia lana e il mio lino, che servivano a coprire la sua nudità. Ora scoprirò le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti e nessuno la salverà dalla mia mano. Farò pure cessare tutte le sue gioie, le sue feste, i suoi noviluni, i suoi sabati, e tutte le sue solennità. Devasterò quindi le sue viti e i suoi fichi, di cui essa diceva: »Questi sono i miei regali che mi hanno dato i miei amanti«. Cosí li ridurrò a una boscaglia e le bestie dei campi li divoreranno. La punirò quindi per i giorni dei Baal, quando bruciava loro incenso, si ornava di orecchini e di gioielli e andava dietro ai suoi amanti, ma dimenticava me«, dice l’Eterno. »Perciò, ecco, io l’attirerò, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Allora le darò le sue vigne e la valle di Akor come porta di speranza; là ella canterà come ai giorni della sua giovinezza, come quando uscí fuori dal paese d’Egitto. In quel giorno avverrà, dice l’Eterno, che tu mi chiamerai: »Marito mio«, e non mi chiamerai piú: »Mio Baal«. Toglierò dalla sua bocca i nomi dei Baal e non si ricorderanno piú del loro nome. In quel giorno io farò per loro un patto con le bestie dei campi, con gli uccelli del cielo e i rettili della terra. Spezzerò l’arco, la spada e la guerra eliminandoli dalla terra e li farò riposare al sicuro. Ti fidanzerò a me per l’eternità; sí, ti fidanzerò a me in giustizia, in equità, in benignità e in compassioni. Ti fidanzerò a me in fedeltà, e tu conoscerai l’Eterno. In quel giorno avverrà che io risponderò«, dice l’Eterno. »Risponderò al cielo ed esso risponderà alla terra; e la terra risponderà con il grano, il mosto e l’olio, e questi risponderanno a Jezreel. Io la seminerò per me sulla terra e avrò compassione di Lo-ruhamah; e dirò a Lo-ammi: »Tu sei il popolo mio« ed egli mi risponderà: »Tu sei i mio DIO««. L’Eterno mi disse ancora: »Va’ ama una donna amata da un amante e adultera, come l’Eterno ama i figli d’Israele, benché essi si volgano ad altri dèi e amino le schiacciate d’uva«. Cosí io me la comprai per quindici sicli d’argento e per un homer e mezzo di orzo, e le dissi: »Tu starai con me molti giorni, non ti prostituirai e non sarai di alcun uomo; io farò lo stesso con te«. Poiché i figli d’Israele staranno per molti giorni senza re, senza capo, senza sacrificio e senza colonna sacra, senza efod e senza idoli domestici. Poi i figli d’Israele torneranno a cercare l’Eterno, il loro DIO, e Davide, loro re, e si volgeranno tremanti all’Eterno e alla sua bontà negli ultimi giorni. Ascoltate la parola dell’Eterno, o figli d’Israele, perché l’Eterno ha una contesa con gli abitanti del paese: »Non c’è infatti né verità né misericordia né conoscenza di DIO nel paese. Non si fa che spergiurare, mentire, uccidere, rubare, commettere adulterio, rompere ogni restrizione e versare sangue su sangue. Per questo il paese sarà in lutto e tutti i suoi abitanti languiranno, insieme alle bestie dei campi e agli uccelli del cielo anche i pesci del mare saranno eliminati. Tuttavia nessuno contenda, nessuno rimproveri un altro, perché il tuo popolo è come quelli che contendono col sacerdote. Perciò tu cadrai di giorno e anche il profeta cadrà con te di notte; e io distruggerò tua madre. Il mio popolo perisce per mancanza di conoscenza. Poiché tu hai rifiutato la conoscenza, anch’io ti rifiuterò come mio sacerdote; poiché tu hai dimenticato la legge del tuo DIO, anch’io dimenticherò i tuoi figli. Piú si sono moltiplicati, piú hanno peccato contro di me; cambierò la loro gloria in vituperio. Si nutrono del peccato del mio popolo e attaccano il loro cuore alla sua iniquità. Come del popolo cosí sarà del sacerdote: li punirò per la loro condotta e li ripagherò delle loro azioni. Mangeranno, ma non si sazieranno; si prostituiranno, ma non cresceranno; perché hanno smesso di ascoltare l’Eterno. Prostituzione, vino e mosto tolgono il senno. Il mio popolo consulta i suoi idoli di legno e il suo bastone gli dà istruzioni; poiché lo spirito di prostituzione li svia, ed essi si prostituiscono, sottraendosi al suo DIO. Sacrificano sulle cime dei monti bruciano incenso, sui colli, sotto la quercia, il pioppo e il terebinto, perché la loro ombra è piacevole. Perciò le vostre figlie si prostituiscono e le vostre nuore commettono adulterio. Non punirò le vostre figlie se si prostituiscono, né le vostre nuore se commettono adulterio, perché essi stessi si appartano con le prostitute e offrono sacrifici con le prostitute dei templi; perciò la gente che non ha intendimento perirà. Benché tu, Israele, ti prostituisci, Giuda non si renda colpevole. Non andate a Ghilgal, non salite a Beth-Aven e non giurate dicendo: »Come l’Eterno vive«. Poiché Israele è ostinato come una giovenca ostinata, ora l’Eterno lo pascerà come un agnello in un luogo spazioso Efraim, si è unito a idoli, lascialo. Persino quando le loro baldorie sono finite, commettono continuamente prostituzione, i loro capi amano ardentemente il disonore. Il vento li ha legati alle sue ali ed essi avranno vergogna dei loro sacrifici«. »Ascoltate questo, o sacerdoti, prestate attenzione voi della casa d’Israele, porgete l’orecchio, o casa del re, perché questo giudizio è contro di voi. Voi infatti siete stati un laccio a Mitspah e una rete tesa sul Tabor. Quelli che si sviano sono caduti profondamente nel massacro, ma io li castigherò tutti. Io conosco Efraim, e Israele non mi è affatto nascosto: ora, o Efraim, ti sei prostituito; Israele si è contaminato. Le loro azioni non permettono loro di tornare al loro DIO, perché lo spirito di prostituzione è in mezzo a loro e non conoscono l’Eterno. Ma l’orgoglio d’Israele testimonia contro di lui; perciò Israele ed Efraim cadranno per la loro iniquità e con loro cadrà anche Giuda. Con le loro greggi e con le loro mandrie andranno in cerca dell’Eterno, ma non lo troveranno; egli si è ritirato da loro. Hanno agito con inganno contro l’Eterno, perché hanno generato dei figli di adulterio, ora un solo mese divorerà loro e il loro paese. Suonate il corno in Ghibeah, suonate la tromba in Ramah, date l’allarme a Beth-aven; il nemico è alle tue spalle, o Beniamino. Efraim sarà devastato nel giorno della punizione; fra le tribú d’Israele io faccio conoscere una cosa certa. I capi di Giuda sono come quelli che spostano i confini; io riverserò la mia ira su di loro come acqua. Efraim è oppresso e frantumato nel giudizio, perché ha deliberatamente seguito precetti umani. Perciò io sarò per Efraim come una tarma e per la casa di Giuda come la carie. Quando Efraim ha veduto la sua infermità e Giuda la sua ferita, Efraim è andato in Assiria e ha mandato messaggeri al re Jareb, tuttavia egli non può guarirvi né curarvi la piaga. Poiché io sarò per Efraim come un leone e per la casa di Giuda come un leoncello; io, io stesso dilanierò e me ne andrò; porterò via la preda e nessuno me la strapperà. Me ne ritornerò al mio luogo, finché non si riconosceranno colpevoli e cercheranno la mia faccia, nella loro avversità mi cercheranno con diligenza«. Venite, ritorniamo all’Eterno, perché egli ha lacerato, ma ci guarirà; ha percosso, ma ci fascerà. Dopo due giorni ci ridarà la vita, il terzo giorno ci farà risorgere e noi vivremo alla sua presenza. Conosciamo l’Eterno, sforziamoci di conoscerlo; il suo levarsi è certo come l’aurora. Egli verrà a noi come la pioggia, come l’ultima e la prima pioggia, alla terra. »Che cosa devo fare con te, o Efraim? Che cosa devo fare con te, o Giuda? Il vostro amore è come una nuvola mattutina, come la rugiada che al mattino presto scompare. Per questo li ho tagliati per mezzo dei profeti, li ho uccisi con le parole della mia bocca e i miei giudizi su di voi sono come la luce che si sprigiona. Poiché io desidero la misericordia e non i sacrifici, e la conoscenza di DIO piú degli olocausti. Ma, come Adamo, essi hanno trasgredito il patto, hanno agito con inganno verso di me. Galaad è una città di malfattori e macchiata di sangue. Come le bande di briganti stanno in agguato per un uomo, cosí una ciurma di sacerdoti massacra sulla via di Sichem, commette scelleratezze. Nella casa d’Israele ho visto una cosa orrenda: là si prostituisce Efraim, là Israele si contamina. Anche per te, o Giuda, è riserbata una messe, quando ricondurrò dalla cattività il mio popolo«. »Quando avrei voluto guarire Israele, allora si è scoperta l’iniquità di Efraim e la malvagità di Samaria, perché praticano la falsità: il ladro entra, una banda di briganti fa incursioni fuori. Essi non considerano dentro di loro che io ricordo tutta la loro malvagità. Ora le loro azioni li circondano da ogni lato; esse stanno davanti alla mia faccia. Con le loro malvagità rallegrano il re e i capi con le loro menzogne. Sono tutti degli adulteri, come un forno riscaldato dal fornaio, che cessa di attizzare il fuoco dopo aver impastato la farina finché sia lievitata. Nel giorno del nostro re i capi lo hanno fatto ammalare con il calore del vino il re ha steso la mano agli schernitori. Mentre stanno in agguato, essi preparano il loro cuore come un forno; il loro fornaio dorme tutta la notte, e al mattino il forno arde come un fuoco divampante. Tutti sono ardenti come un forno e divorano i loro giudici; tutti i loro re sono caduti, ma nessuno di loro mi invoca. Efraim si mescola con i popoli, Efraim è una focaccia non rivoltata. Gli stranieri divorano la sua forza, ma egli non se ne accorge; sí, ha dei capelli grigi sparsi qua e là, ma non se ne accorge. L’orgoglio d’Israele testimonia contro di lui, ma essi non tornano all’Eterno, il loro DIO, né lo cercano nonostante tutto questo. Efraim è una colomba stupida, senza intendimento; essi invocano l’Egitto, vanno in Assiria. Mentre andranno, stenderò su di loro la mia rete e li farò cadere come gli uccelli del cielo; li castigherò, come è stato annunciato alla loro assemblea. Guai a loro, perché si sono allontanati da me! Distruzione per loro, perché si sono ribellati, contro di me! Io vorrei riscattarli, ma essi dicono menzogne contro di me. Essi non gridano a me con il loro cuore, ma si lamentano sui loro letti. Si radunano insieme per il grano e il vino e si ribellano contro di me. Anche se li ho castigati e ho fortificato le loro braccia, essi macchinano del male contro di me. Essi tornano, ma non all’Altissimo; sono come un arco fallace; i loro capi cadranno di spada per il furore della loro lingua; questo tornerà a loro derisione nel paese d’Egitto«. »Da’ fiato alla tromba! Il nemico piomberà sulla casa dell’Eterno come un’aquila, perché hanno violato il mio patto e hanno trasgredito la mia legge. Israele griderà a me: »Mio DIO, noi ti conosciamo!«. Israele ha rigettato il bene, il nemico lo inseguirà. Hanno fatto dei re, ma non secondo il mio volere; hanno designato capi, ma a mia insaputa; con il loro argento e il loro oro si sono fatti idoli, perché fossero distrutti. Egli ha rigettato il tuo vitello, o Samaria. La mia ira è accesa contro di loro. Fino a quando saranno incapaci di purità? Anche questo vitello viene da Israele; un artigiano l’ha fatto e non è un dio perciò il vitello di Samaria sarà ridotto in frantumi. Poiché seminano vento, raccoglieranno tempesta. Lo stelo di grano non metterà germogli e non produrrà farina; e se mai ne producesse, gli stranieri la divorerebbero. Israele è divorato, essi sono diventati fra le nazioni come un vaso spregevole. Poiché sono saliti in Assiria, come un asino selvaggio che si apparta solitario. Efraim si è procurato amanti con regali. Benché si siano procurati amanti fra le nazioni, ora io li radunerò e inizieranno a diminuire sotto il peso del re dei principi. Poiché Efraim ha moltiplicato gli altari per peccare, essi sono divenuti per lui altari di peccato. Ho scritto per lui le grandi cose della mia legge, ma sono state considerate una cosa strana. Quanto ai sacrifici che mi offrono, essi sacrificano carne e la mangiano ma l’Eterno non li gradisce. Ora egli si ricorderà della loro iniquità e punirà i loro peccati: essi ritorneranno in Egitto. Israele ha dimenticato colui che l’ha fatto e ha costruito palazzi; Giuda ha moltiplicato le città fortificate; ma io manderò il fuoco sulle sue città, che divorerà le sue cittadelle«. Non rallegrarti, o Israele, per esultare come gli altri popoli, perché ti sei prostituito, allontanandoti dal tuo DIO; hai amato il salario della prostituta su tutte le aie di grano. L’aia e il torchio non li nutriranno e il mosto li lascerà delusi. Essi non abiteranno nel paese dell’Eterno, ma Efraim ritornerà in Egitto e in Assiria mangeranno cibi impuri. Non faranno piú libazioni di vino all’Eterno e i loro sacrifici non gli saranno graditi Saranno per loro come un cibo di lutto; chiunque ne mangerà sarà contaminato, perché il loro pane sarà per sostenere la loro vita, non entrerà nella casa dell’Eterno. Che cosa farete nei giorni delle solennità e nei giorni di festa dell’Eterno? Poiché ecco, anche se sono sfuggiti alla distruzione, l’Egitto li radunerà insieme, Mof, li seppellirà, le loro cose preziose d’argento le possederanno le ortiche, e nelle loro tende cresceranno le spine. Sono giunti i giorni della punizione, sono giunti i giorni della retribuzione; Israele lo saprà. Il profeta è uno stolto, l’uomo spirituale farnetica a causa della grandezza della tua iniquità e della grandezza della tua ostilità. La sentinella di Efraim è col mio DIO, ma il profeta è un laccio di uccellatore in tutte le sue vie, c’è ostilità nella casa del suo DIO. Essi si sono profondamente corrotti come ai giorni di Ghibeah; ma egli si ricorderà della loro iniquità, punirà i loro peccati. »Io trovai Israele come uve nel deserto, vidi i vostri padri come i fichi primaticci su un fico al suo inizio. Ma giunti a Baal-peor, Si votarono all’ignominia e divennero spregevoli come ciò che amavano. La gloria di Efraim volerà via come un uccello: non piú nascita né gravidanza, né concepimento. Anche se allevano i loro figli, io li priverò di essi, finché non rimanga piú alcun uomo; sí, guai ad essi quando mi allontanerò da loro! Efraim come guardando verso Tiro, è piantato in luogo gradevole; ma Efraim dovrà condurre i suoi figli a colui che li ucciderà«. Da’ loro, o Eterno… Che cosa darai loro? Da’ loro un grembo che abortisce e mammelle asciutte. Tutta la loro malvagità è a Ghilgal; là infatti ho preso a odiarli. Per la malvagità delle loro azioni li scaccerò dalla mia casa, non li amerò piú; tutti i loro capi sono ribelli, Efraim è colpito, la sua radice è seccata; essi non faranno piú frutto. Sí, anche se dovessero avere figli, io farei morire i cari frutti del loro grembo. Il mio DIO li rigetterà, perché non l’hanno ascoltato; ed essi andranno errando fra le nazioni. Israele era una vigna lussureggiante, che dava frutto per se stesso, piú cresceva il suo frutto, piú moltiplicava gli altari; piú ricco era il suo paese, piú belle faceva le sue colonne sacre. Il loro cuore è diviso; ora ne porteranno la pena. Egli abbatterà i loro altari distruggerà le loro colonne sacre. Sí, ora diranno: »Non abbiamo piú re, perché non abbiamo temuto l’Eterno; ma anche il re che potrebbe fare per noi?«. Dicono parole, giurando il falso nello stabilire il patto; perciò il castigo fiorisce come la cicuta nei solchi dei campi. Gli abitanti di Samaria avranno paura per il vitello di Beth-aven, perché per esso il suo popolo farà cordoglio e i suoi sacerdoti che si rallegravano su di esso tremeranno, perché la sua gloria si è allontanata da lui. L’idolo stesso sarà portato in Assiria, come un dono al re difensore. Efraim riceverà infamia e Israele, sarà svergognato per i suoi disegni. Quanto a Samaria, il suo re sarà annientato, come schiuma sull’acqua. Anche gli alti luoghi di Aven, il peccato d’Israele, saranno distrutti; spine e rovi cresceranno sui loro altari. Allora diranno ai monti: »Copriteci!«, e ai colli: »Cadeteci addosso!«. »Fin dai giorni di Ghibeah tu hai peccato, o Israele. Là si fermarono; in Ghibeah la battaglia contro i figli dell’iniquità non li raggiunse. Quando mi piacerà li castigherò; i popoli si raduneranno contro di loro, quando li legherò per le loro due iniquità. Efraim è una giovenca ben addestrata, a cui piace trebbiare il grano, ma io metterò il giogo sul suo bel collo; attaccherò Efraim all’aratro, Giuda arerà, Giacobbe, romperà le zolle«. Seminate per voi secondo giustizia, mietete secondo misericordia, dissodate il vostro campo non coltivato, perché è tempo di cercare l’Eterno, finché egli venga e faccia piovere su di voi la giustizia. Voi avete arato la malvagità, avete mietuto l’iniquità avete mangiato il frutto della menzogna. Poiché hai confidato nelle tue vie, nella moltitudine dei tuoi prodi, un tumulto si leverà fra il tuo popolo e tutte le tue fortezze saranno devastate come Shalman devastò Beth-Arbel, nel giorno della battaglia, quando la madre fu sfracellata sui figli. Cosí sarà fatto di te, o Bethel, per la vostra immensa malvagità. Al mattino il re d’Israele sarà interamente distrutto. »Quando Israele era fanciullo, io l’amai e dall’Egitto chiamai mio figlio, Ma piú i profeti li hanno chiamati, piú si sono allontanati da loro, hanno sacrificato ai Baal, e hanno bruciato incenso, alle immagini scolpite. Io stesso insegnai ad Efraim a camminare, sostenendolo per le braccia; ma essi non compresero che io li guarivo. Io li attiravo con corde di umana gentilezza, con legami d’amore; ero per loro come chi solleva il giogo dal loro collo, e mi piegavo per dar loro da mangiare, Israele non ritornerà nel paese d’Egitto; ma l’Assiro sarà il suo re, perché hanno rifiutato di convertirsi. La spada si abbatterà sulle sue città, consumerà le sue sbarre e le divorerà per i loro malvagi disegni. Il mio popolo tende ad allontanarsi da me; malgrado invocano l’Altissimo, nessuno di essi lo esalta. Come potrei abbandonarti, o Efraim, o lasciarti in balia di altri, o Israele? Come potrei renderti come Admah, o ridurti come Tseboim? Il mio cuore si commuove dentro di me, le mie compassioni si infiammano tutte. Non darò sfogo alla mia ira ardente, non distruggerò Efraim di nuovo, perché sono Dio e non un uomo, il Santo in mezzo a te, e non verrò con ira. Essi seguiranno l’Eterno, che ruggirà come un leone; quando ruggirà i suoi figli accorreranno tremanti dall’ovest. Accorreranno tremanti come uccelli dall’Egitto e come colombe dal paese d’Assiria; e io li farò abitare nelle loro case«, dice l’Eterno. (12:1) Efraim mi circonda di menzogne e la casa d’Israele, d’inganno. Anche Giuda è ancora insubordinato nei confronti di Dio e del Santo che è fedele. (12:2) Efraim si pasce di vento e va dietro al vento d’est; ogni giorno moltiplica menzogne e violenza; fanno alleanza con l’Assiria e portano olio in Egitto. (12:3) L’Eterno è pure in lite con Giuda e punirà Giacobbe per la sua condotta; lo ripagherà secondo le sue opere. (12:4) Nel grembo materno prese il fratello per il calcagno e nella sua forza lottò con DIO. (12:5) Si’ lottò con l’Angelo e vinse, pianse e lo supplicò. Lo trovò a Bethel, e là egli parlò con noi, (12:6) cioè l’Eterno, il DIO degli eserciti, il cui nome è l’Eterno. (12:7) Tu perciò ritorna al tuo DIO, pratica la misericordia e la rettitudine e spera sempre nel tuo DIO. (12:8) Efraim è un mercante che tiene in mano bilance false e ama frodare. (12:9) Efraim dice: »Mi sono anche arricchito, mi sono procurato ricchezze; in tutte le mie fatiche non troveranno in me alcuna iniquità che sia peccato«. (12:10) »Ma io sono l’Eterno, il tuo DIO, fin dal paese d’Egitto. Ti farò ancora abitare in tende come nei giorni di solennità. (12:11) Ho parlato ai profeti, ho moltiplicato le visioni e per mezzo dei profeti ho usato similitudini«. (12:12) Se Galaad si dà all’idolatria, sarà certamente ridotto a un nulla. Poiché in Ghilgal, sacrificano tori, i loro altari saranno certamente come mucchi di pietre lungo i solchi dei campi. (12:13) Giacobbe fuggí nella pianura di Siria, e Israele serví per una moglie, per una moglie fece il guardiano di pecore. (12:14) Per mezzo di un profeta l’Eterno fece uscire Israele dall’Egitto, e Israele fu custodito da un profeta. (12:15) Efraim lo ha provocato amaramente ad ira, perciò il suo Signore gli farà ricadere addosso il sangue versato e farà tornare su di lui il suo vituperio. Quando Efraim parlava con tremore, innalzava se stesso in Israele, ma quando si rese colpevole con Baal, morí. Ora continuano a peccare, e col loro argento si sono fatte immagini fuse, idoli secondo il loro intendimento, tutti quanti opera d’artigiano. Di loro dicono: »Gli uomini che offrono i sacrifici bacino i vitelli«. Peciò saranno come una nuvola mattutina, come la rugiada che al mattino presto scompare, come la pula portata via dall’aia da un turbine, come il fumo che esce dal comignolo. »Eppure io sono l’Eterno, il tuo DIO, fin dal paese d’Egitto; tu non devi riconoscere altro DIO fuori di me e non c’è altro Salvatore fuori di me. Io ti conobbi nel deserto, nella terra della grande aridità. Quando avevano pascolo, si saziavano; quando erano sazi, il loro cuore si inorgogliva; per questo mi hanno dimenticato. Cosí io sarò per loro come un leone, starò in agguato sulla strada come un leopardo; li affronterò come un’orsa privata dei suoi piccoli e squarcerò la loro cassa toracica; li divorerò come una leonessa, le belve dei campi li dilanieranno. Tu sei distrutto, o Israele, perché sei contro di me, contro il tuo aiuto. Dov’è ora il tuo re, che ti possa salvare in tutte le tue città? Dove sono i tuoi giudici di cui dicevi: »Dammi un re e dei capi«. Ti ho dato un re nella mia ira e lo ripreso nel mio furore. L’iniquità di Efraim è legata in fascio, il suo peccato è tenuto nascosto. Dolori di donna partoriente verranno su di lui. E un figlio senza senno, perché non dovrebbe fermarsi a lungo nel luogo dove escono i bambini. Io li riscatterò dal potere dello Sceol, li redimerò dalla morte. O morte, io sarò la tua peste. O Sceol, io sarò la tua distruzione. Il pentimento è nascosto ai miei occhi. Anche se è fruttifero tra i suoi fratelli, verrà un vento d’est, si alzerà dal deserto il vento dell’Eterno, allora la sua sorgente inaridirà, la sua fonte seccherà. Egli deprederà il tesoro di ogni vaso prezioso. Samaria sarà desolata, perché si è ribellata, contro il suo DIO. Cadranno di spada, i loro bambini saranno sfracellati, e le loro donne incinte sventrate«. O Israele, torna all’Eterno, il tuo DIO, perché sei caduto per la tua iniquità. Prendete con voi delle parole e tornate all’Eterno. Ditegli: »Togli via ogni iniquità e accetta ciò che è buono, e noi ti offriremo i sacrifici delle nostre labbra. L’Assiria non ci salverà, non cavalcheremo piú su cavalli e non diremo piú all’opera delle nostre mani: »Tu sei il nostro Dio«, perché presso di te l’orfano trova misericordia«. »Io guarirò il loro traviamento, li amerò grandemente, perché la mia ira si è ritirata da loro. Sarò come la rugiada per Israele; egli fiorirà come il giglio e affonderà le sue radici come i cedri del Libano. I suoi rami si estenderanno, la sua bellezza sarà come quella dell’ulivo, la sua fragranza come quella del Libano. Quelli che abitano alla sua ombra ritorneranno, rivivranno come il grano, fioriranno come la vite e saranno celebri come il vino del Libano. Efraim dirà: Che ho piú a che fare con gli idoli? Io lo esaudirò e mi prenderò cura di lui. Io sono come un verdeggiante cipresso; il tuo frutto viene da me«. Chi è saggio faccia attenzione a queste cose. Chi ha intendimento le comprenda. Poiché le vie dell’Eterno sono diritte i giusti cammineranno per esse, ma i trasgressori vi cadranno.
La parola dell’Eterno che fu rivolta a Gioele, figlio di Pethuel. Udite questo, o anziani, ascoltate, voi tutti abitanti del paese. E’ mai avvenuta una simile cosa ai vostri giorni o ai giorni dei vostri padri? Raccontatelo ai vostri figli e i vostri figli ai loro figli, e i loro figli all’altra generazione. L’avanzo lasciato dal bruco l’ha mangiato la cavalletta, l’avanzo lasciato dalla cavalletta l’ha mangiato la larva della cavalletta, l’avanzo lasciato dalla larva l’ha mangiato la locusta. Destatevi, ubriachi, e piangete; gemete voi tutti, bevitori di vino per il mosto che vi è stato tolto di bocca. Poiché una nazione forte e senza numero è salita contro il mio paese. I suoi denti sono denti di leone, e ha zanne di leonessa. Ha devastato la mia vite, ha fatto a pezzi il mio fico, l’ha completamente scortecciato e l’ha gettato via; i suoi rami sono rimasti bianchi. Piangi come una vergine cinta di sacco per lo sposo della sua giovinezza. Dalla casa dell’Eterno sono scomparse offerte di cibo e la libazione; i sacerdoti, i ministri dell’Eterno, fanno cordoglio. La campagna è devastata, il paese è in lutto perché il frumento è distrutto, il mosto è inaridito e l’olio è venuto meno. Siate confusi, o agricoltori, gemete, o vignaioli, per il frumento e per l’orzo, perché il raccolto dei campi è perduto. La vite è seccata, il fico è inaridito, il melograno, la palma, il melo e tutti gli alberi della campagna sono seccati; la gioia è venuta meno tra i figli degli uomini. Cingetevi di sacco e fate cordoglio o sacerdoti gemete, ministri dell’altare. Venite, rimanete tutta la notte vestiti di sacco, o ministri del mio DIO perché l’offerta di cibo e la libazione sono scomparse dalla casa del vostro DIO. Proclamate un digiuno, convocate una solenne assemblea. Radunate gli anziani e tutti gli abitanti del paese nella casa dell’Eterno, il vostro DIO e gridate all’Eterno. Ahimè, per quel giorno! Poiché il giorno dell’Eterno è vicino; sí, verrà come una devastazione dall’Onnipotente. Non è forse il cibo tolto via davanti ai nostri occhi, e la gioia e l’allegrezza dalla casa del nostro DIO? I semi inaridiscono sotto le zolle, i magazzini sono ridotti a una desolazione, i granai cadono in rovina, perché il grano è seccato. Come geme il bestiame! Le mandrie di bovini si aggirano senza meta, perchè non c’è pascolo per loro; soffrono persino le greggi di pecore. A te, o Eterno, io grido, perché un fuoco ha divorato i terreni da pascolo e una fiamma ha bruciato tutti gli alberi della campagna. Anche le bestie dei campi alzano lo sguardo a te, perché i corsi d’acqua sono seccati e il fuoco ha divorato i terreni da pascolo. Suonate la tromba in Sion e date l’allarme sul mio santo monte! Tremino tutti gli abitanti del paese, perché il giorno dell’Eterno viene, perché è vicino. giorno di tenebre e di densa oscurità, giorno di nubi e di caligine. Come l’alba si estende sui monti, viene un popolo numeroso e potente, simile al quale non ci fu mai alcuno prima, né mai piú ce ne sarà per molte generazioni future. Davanti a lui un fuoco divora e dietro a lui brucia una fiamma. Davanti a lui il paese è come il giardino dell’Eden; e dietro a lui è un deserto desolato; sí, nulla gli sfugge. Il loro aspetto è come l’aspetto di cavalli, e corrono come veloci destrieri. Essi balzano sulle cime dei monti con un fragore di carri, come il crepitio di una fiamma di fuoco che divora la stoppia, come un popolo forte schierato in battaglia. Davanti a loro i popoli si contorcono per il dolore, ogni volto impallidisce. Corrono come uomini valorosi, salgono sulle mura come uomini di guerra; ognuno procede per la sua strada senza deviare dal suo cammino. Nessuno spinge il suo vicino, ognuno procede per il suo sentiero, si slanciano in mezzo ai dardi, ma non sono feriti. Scorazzano per la città, corrono sulle mura, salgono sulle case, entrano dalle finestre come un ladro. Davanti a loro trema la terra, i cieli tremano, il sole e la luna si oscurano e le stelle ritirano il loro splendore. L’Eterno fa udire la sua voce davanti al suo esercito, perché il suo campo è molto grande e potente l’esecutore della sua parola. Sí, il giorno dell’Eterno è grande e assai terribile; chi potrà sostenerlo? »Perciò ora«, dice l’Eterno, »tornate a me con tutto il vostro cuore, con digiuni, con pianti e con lamenti«. Stracciate il vostro cuore e non le vostre vesti e tornate all’Eterno, il vostro DIO, perché egli è misericordioso e pieno di compassione, lento all’ira e di grande benignità, e si pente del male mandato. Chi sa che non si volga e si penta, e lasci dietro a sè una benedizione, un’offerta di cibo e una libazione per l’Eterno, il vostro DIO? Suonate la tromba in Sion, proclamate un digiuno, convocate una solenne assemblea. Radunate il popolo, santificate l’assemblea, riunite i vecchi, radunate i fanciulli e quelli che succhiano al seno. Esca lo sposo dalla sua camera e la sposa dalla sua camera nuziale. Fra il portico e l’altare, piangano i sacerdoti, i ministri dell’Eterno, e dicano: »Risparmia, o Eterno, il tuo popolo e non dare la tua eredità al vituperio o ad essere dominata dalle nazioni. Perché si direbbe fra i popoli: »Dov’è il loro DIO?«. Allora l’Eterno si è mosso a gelosia per il suo paese e ha avuto compassione del suo popolo. L’Eterno risponderà e dirà al suo popolo: »Ecco, io vi manderò grano, mosto e olio e ne avrete a sazietà e non vi renderò piú il vituperio delle nazioni. Allontanerò da voi l’esercito del nord e lo guiderò in una terra arida e desolata: la sua avanguardia verso il mare orientale e la sua retroguardia verso il mare occidentale, il suo puzzo salirà il suo fetore si leverà, perché ha fatto cose grandi. Non temere, o suolo, gioisci rallegrati, perché l’Eterno ha fatto cose grandi. Non temete, o bestie dei campi, perché i terreni da pascolo, sono rinverditi gli alberi portano il loro frutto il fico e la vite danno tutta la loro ricchezza. Gioite quindi, o figli di Sion, e rallegratevi nell’Eterno, il vostro DIO, perché vi ha dato la prima pioggia, secondo giustizia e farà cadere per voi la pioggia, la prima pioggia e l’ultima pioggia nel primo mese. Le aie saranno piene di grano e i tini traboccheranno di mosto e di olio cosí vi compenserò delle annate che hanno divorato la cavalletta, la larva della cavalletta la locusta e il bruco, il mio grande esercito che avevo mandato contro di voi. E voi mangerete in abbondanza e sarete saziati, e loderete il nome dell’Eterno, il vostro DIO, che per voi ha fatto meraviglie, e il mio popolo non sarà mai piú coperto di vergogna. Allora voi riconoscerete che io sono in mezzo ad Israele e che sono l’Eterno, il vostro DIO, e non ce n’è alcun altro; il mio popolo non sarà mai piú coperto di vergogna«. »Dopo questo avverrà che io spanderò il mio Spirito sopra ogni carne, i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri vecchi faranno sogni, i vostri giovani avranno visioni. In quei giorni spanderò il mio Spirito anche sui servi e sulle serve. Farò prodigi nei cieli e sulla terra: sangue fuoco e colonne di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il grande e terribile giorno dell’Eterno. E avverrà che chiunque invocherà il nome dell’Eterno sarà salvato, perché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà salvezza, come ha detto l’Eterno, e fra i superstiti che l’Eterno chiamerà«. »Poiché ecco, in quei giorni e in quel tempo, quando farò ritornare dalla cattività quei di Giuda e di Gerusalemme. radunerò tutte le nazioni e le farò scendere nella valle di Giosafat, e là eseguirò il mio giudizio su di loro, per Israele, mio popolo e mia eredità, che hanno disperso fra le nazioni, dividendosi quindi il mio paese. Hanno gettato la sorte sul mio popolo, hanno dato un fanciullo in cambio di una prostituta e hanno venduto una fanciulla in cambio di vino, perché potessero bere. Inoltre che cosa siete voi per me Tiro e Sidone, e voi tutte le regioni della Filistia? Volete forse ripagarmi per qualcosa che ho fatto? Ma se mi ripagate rapidamente e senza indugio farò ricadere ciò che avete fatto sul vostro capo. Perché voi avete preso il mio argento e il mio oro e avete portato nei vostri templi il meglio delle mie cose preziose e avete venduto i figli di Giuda e i figli di Gerusalemme ai figli dei Javaniti, per allontanarli dal loro paese. Ecco, io li farò risvegliare dal luogo dove li avete venduti e farò ricadere sul vostro capo ciò che avete fatto. Venderò i vostri figli e le vostre figlie nelle mani dei figli di Giuda che li venderanno ai Sabei, a una nazione lontana, perché l’Eterno ha parlato«. Proclamate questo fra le nazioni: »preparate la guerra, fate risvegliare gli uomini valorosi, si avvicinino, salgano tutti gli uomini di guerra! Forgiate spade con i vostri vomeri e lance con le vostre falci. Il debole dica: »Sono forte!«. Affrettatevi e venite, nazioni tutte d’attorno, e radunatevi! Là, o Eterno, fa’ scendere i tuoi uomini valorosi! »Si destino e salgano le nazioni alla valle di Giosafat, perché là io siederò a giudicare tutte le nazioni d’intorno. Mettete mano alla falce perché la messe è matura. Venite, scendete, perché il torchio è pieno, i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità«. Moltitudini, moltitudini nella Valle della decisione. Poiché il giorno dell’Eterno è vicino, nella Valle della decisione«. Il sole e la luna si oscurano e le stelle ritirano il loro splendore. L’Eterno ruggirà da Sion e farà sentire la sua voce da Gerusalemme, tanto che i cieli e la terra tremeranno. Ma l’Eterno sarà un rifugio per il suo popolo e una fortezza per i figli d’Israele. »Allora voi riconoscerete che io sono l’Eterno, il vostro DIO, che dimora in Sion, mio monte santo. Cosí Gerusalemme sarà santa e gli stranieri non vi passeranno piú«. In quel giorno avverrà che i monti stilleranno mosto, il latte scorrerà dai colli e l’acqua scorrerà in tutti i ruscelli di Giuda. Dalla casa dell’Eterno sgorgherà una fonte, che irrigherà la valle di Scittim. »L’Egitto diventerà una desolazione e Edom un deserto desolato per la violenza contro i figli di Giuda, perché hanno versato sangue innocente nel loro paese. Ma Giuda rimarrà per sempre, e Gerusalemme di generazione in generazione. Li purificherò dal loro sangue versato, di cui non li avevo purificati, e l’Eterno dimorerà in Sion«.
Parole di Amos, uno dei mandriani di Tekoa, che ebbe in visione riguardo a Israele, al tempo di Uzziah re di Giuda e al tempo di Geroboamo, figlio di Joas, re d’Israele, due anni prima del terremoto. Egli disse: »L’Eterno rugge da Sion e fa sentire la sua voce da Gerusalemme; i pascoli dei pastori fanno cordoglio e la sommità del Karmel è inaridita«. Cosí parla l’Eterno: »Per tre misfatti di Damasco, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché hanno tritato Galaad con trebbie di ferro. Perciò manderò fuoco nella casa di Hazael, che divorerà i palazzi di Benhadad. Spezzerò anche le sbarre di Damasco sterminerò l’abitante da Bikath-aven e chi detiene lo scettro da Beth-eden, e il popolo di Siria andrà in cattività a Kir«, dice l’Eterno. Cosí dice l’Eterno: »Per tre misfatti di Gaza, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché hanno deportato un’intera popolazione per consegnarla a Edom. Perciò manderò fuoco entro le mura di Gaza, che ne divorerà i palazzi. Sterminerò l’abitante da Ashdod e chi detiene lo scettro da Ashkelon volgerò la mia mano contro Ekron, e il resto dei Filistei perirà«, dice il Signore, l’Eterno. Cosí dice l’Eterno: »Per tre misfatti di Tiro, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché hanno consegnato come prigionieri un’intera popolazione a Edom, senza ricordarsi del patto fraterno. Perciò manderò fuoco entro le mura di Tiro, che ne divorerà i palazzi«. Cosí dice l’Eterno: »Per tre misfatti di Edom, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché ha inseguito suo fratello con la spada, soffocando ogni compassione; la sua ira dilania in continuazione e conserva la sua collera per sempre. Perciò manderò fuoco contro Teman, che divorerà i palazzi di Botsrah«. Cosí dice l’Eterno: »Per tre misfatti dei figli di Ammon, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché hanno sventrato le donne incinte di Galaad per allargare i loro confini. Perciò accenderò un fuoco entro le mura di Rabbah, che ne divorerà i palazzi tra lo strepito di un giorno di battaglia, tra il turbine in un giorno di uragano. Il loro re andrà in cattività, egli insieme ai suoi capi«, dice l’Eterno. Cosí dice l’Eterno: »Per tre misfatti, di Moab, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché ha bruciato le ossa del re di Edom, riducendole in calce. Perciò manderò fuoco in Moab, che divorerà i palazzi di Kerioth, e Moab perirà in mezzo al tumulto, al grido di guerra e al suono delle trombe. Sterminerò dal suo mezzo il giudice e ucciderò tutti i suoi capi con lui«, dice l’Eterno. Cosí dice l’eterno: »Per tre misfatti di Giuda, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché hanno disprezzato la legge dell’eterno e non hanno osservato i suoi statuti. Cosí gli idoli, dietro i quali già andarono i loro padri, li hanno fatti sviare. Perciò manderò fuoco in Giuda, che divorerà i palazzi di Gerusalemme«. Così dice l’Eterno: »Per tre misfatti d’Israele, anzi per quattro, io non revocherò la sua punizione, perché vendono il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali, essi che desiderano ardentemente vedere la polvere della terra sul capo dei miseri e pervertono il diritto degli umili. Un uomo e suo padre vanno entrambi dalla stessa ragazza, per profanare il mio santo nome. Si stendono accanto ad ogni altare su vesti prese in pegno e nella casa dei loro dèi bevono il vino di quelli colpiti da multa. Eppure io distrussi davanti a loro l’Amorreo, la cui altezza era come l’altezza dei cedri ed era forte come le querce; io distrussi il suo frutto in alto e le sue radici in basso. Io vi feci anche uscire dal paese d’Egitto e vi condussi per quarant’anni nel deserto, per darvi in eredità il paese dell’Amorreo. Feci sorgere alcuni profeti tra i vostri figli e Nazirei fra i vostri giovani. Non è forse cosí, o figli d’Israele?«: dice l’Eterno. »Ma voi avete fatto bere vino ai Nazirei e avete comandato ai profeti, dicendo: »Non profetizzate« Ecco io sono schiacciato sotto di voi, come è schiacciato il carro pieno di covoni. Perciò il veloce non avrà modo di fuggire, il forte non consoliderà la sua forza né l’uomo valoroso salverà la sua vita. Chi maneggia l’arco non potrà resistere, chi ha piedi veloci non riuscirà a scappare, né salverà la sua vita il cavaliere a cavallo. In quel giorno il piú coraggioso fra gli uomini valorosi fuggirà nudo«, dice l’Eterno. Ascoltate questa parola che l’Eterno ha pronunciato contro di voi, o figli d’Israele, contro tutta la famiglia che ho fatto uscire dal paese d’Egitto: »Soltanto voi ho conosciuto fra tutte le famiglie della terra; perciò io vi punirò per tutte le vostre iniquità«. Possono due camminare insieme se prima non si sono messi d’Accordo? Ruggisce forse il leone nella foresta, se non ha una preda? Alzerà il leoncello la voce dalla sua tana, se non ha preso nulla? Cade forse l’uccello in una trappola a terra, se non gli è teso un laccio? Scatta forse la trappola dal suolo, se non ha preso qualcosa? Se in città si suona la tromba, non si spaventerà forse il popolo? Se in una città accade una sciagura, non l’ha forse causata l’Eterno? Poiché il Signore, l’Eterno, non fa nulla, senza rivelare il suo segreto ai suoi servi, i profeti. Il leone ha ruggito, chi non avrà paura? Il Signore, l’Eterno, ha parlato chi non profetizzerà? »Fatelo udire sui palazzi di Ashdod e sui palazzi del paese d’Egitto e dite: Radunatevi sui monti di Samaria, e vedete quanti disordini ci sono in mezzo ad essa e oppressioni dentro di essa. Essi non sanno fare ciò che è retto, dice l’Eterno, nei loro palazzi accumulano violenza e rapina«. Perciò, cosí dice il Signore, l’Eterno: »Il nemico circonderà da ogni lato il paese, farà crollare la tua forza e i tuoi palazzi saranno saccheggiati«. Cosí dice l’Eterno: »Come un pastore strappa dalle fauci del leone due gambe o un pezzo d’orecchio, cosí saranno strappati i figli d’Israele che in Samaria stanno sull’angolo di un letto o sul damasco di un divano. Ascoltate e attestatelo nella casa di Giacobbe«, dice il Signore, l’Eterno il DIO degli eserciti »nel giorno in cui punirò Israele per le sue trasgressioni, punirò anche gli altari di Bethel; i corni dell’altare saranno spezzati e cadranno a terra. Percuoterò le case d’inverno assieme alle case d’estate; le case d’avorio periranno e le grandi case scompariranno«, dice l’Eterno. Ascoltate questa parola, vacche di Bashan che siete sul monte di Samaria, voi, che opprimete i miseri, che maltrattate i poveri, che dite ai vostri signori: »Portate vino e beviamo«. Il Signore, l’Eterno, ha giurato per la sua SANTITA’: »Ecco, verranno per voi giorni, in cui sarete portate via con uncini e quelli rimasti con ami da pesca. Uscirete attraverso le brecce, ognuna dritto davanti a sé, e sarete gettate nell’Harmon« dice l’Eterno. »Andate a Bethel e peccate, a Ghilgal peccate ancora di piú. Portate ogni mattina i vostri sacrifici e ogni tre giorni le vostre decime. Offrite un sacrificio di ringraziamento con lievito. Proclamate le offerte volontarie e propagandatele, perché cosí vi piace di fare, o figli d’Israele«, dice il Signore l’Eterno. »Vi ho pure lasciato a denti asciutti in tutte le vostre città e senza pane in tutte le vostre dimore, ma non siete ritornati a me«, dice l’Eterno. »Inoltre ho trattenuto da voi la pioggia a tre mesi dalla mietitura. Ho fatto piovere su una città, mentre non è piovuto su un’altra città. Su una parte di campo è piovuto, ma la parte su cui non è piovuto è seccata. Cosí due o tre città vagavano verso un’altra città per bere acqua, senza potersi dissetare, ma voi non siete tornati a me«, dice l’Eterno. »Vi ho colpito con il carbonchio e con la ruggine. Il bruco ha divorato i vostri numerosi giardini, le vostre vigne, i vostri fichi e i vostri ulivi, ma voi non siete tornati a me«, dice l’Eterno. »Ho mandato fra voi la peste, come avevo fatto in Egitto; ho ucciso i vostri giovani con la spada assieme ai vostri cavalli catturati; ho fatto salire il fetore dei vostri accampamenti nelle vostre stesse narici, ma non siete ritornati a me« dice l’Eterno. »Vi ho travolti, come Sodoma e Gomorra, e voi siete stati come un tizzone strappato da un incendio, ma non siete ritornati a me«, dice l’Eterno. »Perciò cosí farò a te o Israele; e perché io farò questo a te preparati o Israele, a incontrare il tuo DIO«. Poiché ecco, colui che forma i monti e crea il vento, che fa conoscere all’uomo qual è il suo pensiero, che cambia l’aurora in tenebre e cammina sugli alti luoghi della terra: l’Eterno il DIO degli eserciti, è il suo nome. Ascoltate questa parola, questo lamento che io elevo su di voi o casa d’Israele. La vergine d’Israele è caduta e non si alzerà piú; essa giace abbandonata sul suo suolo e nessuno la rialza. Poiché cosí dice il Signore, l’Eterno: »La città che usciva con mille uomini resterà con cento, quella invece che usciva con cento resterà con dieci per la casa d’Israele«. Poiché cosí dice l’Eterno alla casa d’Israele: »Cercate me e vivrete ma non cercate Bethel non andate a Ghilgal, non proseguite fino a Beersceba, perché Ghilgal andrà certamente in cattività e Bethel sarà ridotta al nulla. Cercate l’Eterno e vivrete perché non irrompa come fuoco nella casa di Giuseppe e la divori, senza che in Bethel nessuno lo spenga. Egli abbandona quelli che mutano la rettitudine e la giustizia in assenzio sulla terra«. Egli ha fatto le Pleiadi e Orione, muta l’ombra di morte in aurora e rende il giorno oscuro come la notte; chiama le acque del mare e le riversa sulla faccia della terra: il suo nome è l’Eterno. Fa venire repentinamente la rovina sui potenti, e cosí la distruzione piomba sulle fortezze. Essi odiano chi li riprende alla porta e hanno in orrore chi parla con integrità. Quindi, poiché calpestate il povero ed esigete da lui tributi di frumento, anche se avete costruito case con pietre squadrate, non le abiterete; avete piantato vigne deliziose, ma non ne berrete il vino. Io infatti conosco quanto siano numerose le vostre trasgressioni e quanto gravi i vostri peccati; voi opprimete il giusto, accettate regali e fate torto ai poveri alla porta. Perciò l’uomo prudente in questo tempo tacerà, perché il tempo è malvagio. Cercate il bene e non il male, affinché viviate, e cosí l’Eterno, il DIO degli eserciti, sia con voi, come dite. Odiate il male, amate il bene e stabilite saldamente il diritto alla porta. Forse l’Eterno, il Dio degli eserciti, userà misericordia col residuo di Giuseppe. Perciò cosí dice l’Eterno, il DIO degli eserciti, il Signore: »In tutte le piazze ci sarà lamento e in tutte le strade si dirà: Ahimè, ahimè! Allora chiameranno l’agricoltore al lutto e quelli abili a piangere a fare lamenti. In tutte le vigne ci sarà lamento, perché io passerò in mezzo a te«, dice l’Eterno. Guai a voi che desiderate il giorno dell’Eterno! Che sarà mai per voi il giorno dell’Eterno? Sarà un giorno di tenebre e non di luce. Sarà come quando uno fugge davanti a un leone e s’imbatte in un orso; o entra in casa, appoggia la mano alla parete e un serpente lo morde. Il giorno dell’Eterno non è forse tenebre e non luce, molto tenebroso e senza alcun splendore? »Io odio, disprezzo le vostre feste, non provo piacere nelle vostre solenni assemblee. Anche se mi offrite i vostri olocausti e le vostre oblazioni di cibo, io non le gradirò, né riguarderò con favore ai sacrifici di ringraziamento di bestie grasse. Allontana da me il rumore dei tuoi canti, perché non voglio udire la musica delle tue arpe. Ma scorra il diritto come acqua e la giustizia come un corso d’acqua perenne. O casa d’Israele, mi avete offerto sacrifici e oblazioni di cibo nel deserto per quarant’anni? Voi avete pure trasportato Sikkuth vostro re e Kiun, le vostre immagini, la stella dei vostri dèi, che vi siete fatti. Perciò io vi farò andare in cattività al di là di Damasco«, dice l’Eterno, il cui nome è DIO degli eserciti. Guai a quelli che vivono nell’agiatezza in Sion e si sentono sicuri sul monte di Samaria, persone illustri della prima fra le nazioni, ai quali va la casa d’Israele. Passate a Kalneh e guardate, di là andate ad Hamath la grande, poi scendete a Gath dei Filistei. Sono forse esse migliori di questi regni o è il loro territorio piú vasto del vostro? Voi volete allontanare il giorno malvagio, ma fate avvicinare la sede della violenza. Guai a quelli sdraiati su letti d’avorio, che si distendono sui loro divani e mangiano gli agnelli del gregge e i vitelli presi dalla stalla. Cantano al suono dell’arpa e come Davide inventano per sé strumenti musicali; bevono il vino in larghe coppe e si ungono con gli unguenti migliori, ma non si addolorano per la rovina di Giuseppe. Perciò andranno in cattività alla testa dei deportati e quelli che si distendono sui divani ai banchetti saranno rimossi. Il Signore, l’Eterno, l’ha giurato per se stesso, dice l’Eterno, il DIO degli eserciti: »Io detesto la magnificenza di Giacobbe e odio i suoi palazzi; perciò darò in potere del nemico la città con tutto ciò che contiene«. E avverrà che se saranno lasciati dieci uomini in una casa, moriranno anch’essi. Quando un parente verrà con chi brucia i corpi a prendere i corpi per portarli fuori di casa dirà a chi si trova nell’interno della casa: »Ce n’è altri con te?«. L’altro risponderà: »No«. E il primo dirà: »Zitto, perché non si deve menzionare il nome dell’Eterno«. Poiché ecco, l’Eterno comanda e riduce la casa grande in sterco e la piccola in frantumi. Corrono forse i cavalli sulle rocce o vi si ara con i buoi? Ma voi mutate il diritto in veleno e il frutto della giustizia in assenzio voi, che vi rallegrate per Lo-debar, voi che dite: »Non abbiamo preso per noi Karnaim con la nostra forza?«. »Poiché ecco, o casa d’Israele«, dice l’Eterno il DIO degli eserciti »io farò sorgere contro di voi una nazione, che vi opprimerà dall’ingresso di Hamath fino al torrente dell’Arabah«. Ecco ciò che mi fece vedere il Signore, l’Eterno: egli formava cavallette, quando iniziava a crescere la seconda erba; ed ecco, la seconda erba veniva dopo la falciatura del re. Quando esse ebbero finito di divorare l’erba della terra io dissi: »Signore, Eterno deh perdona. Come potrebbe durare Giacobbe, dato che è piccolo?«. L’Eterno si pentí di questo: »Ciò non avverrà«, disse l’Eterno. Ecco ciò che mi fece vedere il Signore, l’Eterno: il Signore, l’Eterno, proclamava di voler difendere la sua causa col fuoco; e il fuoco divorò il grande abisso e divorò una parte del paese. Allora io dissi: »Signore, Eterno, deh, cessa. Come potrebbe durare Giacobbe, dato che è piccolo?«. L’Eterno si pentí di questo: »Neppure questo avverrà«, disse il Signore, l’Eterno. Ecco ciò che egli mi fece vedere: il Signore stava ritto sopra un muro a piombo e con un filo a piombo in mano. L’Eterno mi disse: »Amos, che cosa vedi?«. Io risposi: »Un filo a piombo«. Allora il Signore disse: »Ecco, io pongo un filo a piombo in mezzo al mio popolo Israele; non lo risparmierò piú a lungo. Gli alti luoghi d’Isacco saranno devastati e i santuari d’Israele saranno distrutti; io mi leverò con la spada contro la casa di Geroboamo«. Allora Amatsiah, sacerdote di Bethel mandò a dire a Geroboamo re d’Israele: »Amos congiura contro di te in mezzo alla casa d’Israele; il paese non è in grado di sopportare tutte le sue parole. Amos infatti ha detto cosí: Geroboamo morirà di spada e Israele sarà certamente deportato lontano dal suo paese. Amatsiah disse ad Amos: »Veggente, va scappatene nel paese di Giuda; là mangerai pane e là profetizzerai; ma non profetizzare piú a Bethel, perché è il santuario del re e la residenza reale«. Allora Amos rispose e disse ad Amatsiah: »Io non ero profeta né figlio di profeti, ma ero un mandriano e coltivavo i sicomori. L’Eterno mi prese da dietro al gregge, e l’Eterno mi disse: »Va’ profetizza al mio popolo d’Israele Ora perciò ascolta la parola dell’Eterno: Tu dici: »Non profetizzare contro Israele e smettila di parlare contro la casa di Isacco« Perciò cosí parla l’Eterno: »Tua moglie si prostituirà nella città, i tuoi figli e le tue figlie cadranno di spada e il tuo paese sarà spartito con la corda; tu morirai su terra impura e Israele sarà certamente deportato lontano dal suo paese««. Ecco ciò che mi fece vedere il Signore, l’Eterno: era un cesto di frutti estivi. Egli mi disse: »Amos che cosa vedi?«. Io risposi: »Un cesto di frutti estivi«. L’Eterno mi disse: »E’ giunta la fine per il mio popolo Israele; non lo risparmierò piú a lungo. In quel giorno i canti del tempio, diventeranno lamenti«, dice il Signore, l’Eterno. »Ci saranno ovunque molti cadaveri; li getteranno fuori in silenzio«. Ascoltate questo, o voi che divorate il bisognoso e sopprimete i poveri del paese, e dite: »Quando passerà la luna nuova perché possiamo vendere il grano, e il sabato perché possiamo dar inizio alla vendita del grano, rimpicciolendo l’efa e ingrandendo il siclo, falsificando le bilance per frodare, comprando i poveri con denaro, il bisognoso per un paio di sandali e vendendo anche i rifiuti di scarto del grano?«. L’Eterno l’ha giurato per l’orgoglio di Giacobbe: »Non dimenticherò mai nessuna delle loro opere. Non tremerà forse il paese per questo e non saranno in lutto tutti i suoi abitanti? Si solleverà tutto quanto come il Nilo, si agiterà e si abbasserà come il fiume d’Egitto. In quel giorno avverrà«, dice il Signore, l’Eterno, »che io farò tramontare il sole a mezzodì e oscurerò la terra in pieno giorno. Muterò le vostre feste in lutto e tutti i vostri canti in lamento, farò mettere su ogni fianco il sacco e renderò calva ogni testa. Ne farò come un lutto per un figlio unico e la sua fine sarà come un giorno di amarezza. Ecco, verranno i giorni«, dice il Signore, l’Eterno, »in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane né sete di acqua, ma piuttosto di udire le parole dell’Eterno. Essi andranno errando da un mare all’altro, da nord a est, correranno qua e là in cerca della parola dell’Eterno, ma non la troveranno. In quel giorno le belle fanciulle e i giovani scelti verranno meno per la sete. Quelli che giurano per il peccato di Samaria e dicono: »Come il tuo DIO vive, o Dan« e: »Come vive Beer-Sceba« cadranno e non risorgeranno piú«. Io vidi il Signore che stava in piedi vicino all’Altare e disse: »Colpisci i capitelli e siano scosse le porte, e spezzali sulla testa di tutti loro. Io ucciderò quindi i loro superstiti con la spada. Nessun di essi che fugge riuscirà a scampare, e nessuno di essi che scappa riuscirà a mettersi in salvo. Anche se penetrassero nello Sceol, di là li strapperà la mia mano, anche se salissero in cielo, di là io li tirerò giú. Anche se si nascondessero in cima al Karmel, di là li scoverò e li prenderò; anche se si celassero al mio sguardo in fondo al mare, là comanderò al serpente di morderli anche se andassero in cattività davanti ai loro nemici, là comanderò alla spada di ucciderli. Io fisserò su di loro i miei occhi per il male e non per il bene. Il Signore, L’eterno degli eserciti, è lui che tocca la terra ed essa si fonde, e tutti i suoi abitanti fanno cordoglio; essa si solleva tutta quanta come il Nilo e si abbassa come il fiume d’egitto. E lui che costruisce nei cieli le sue stanze superiori e ha fondato la sua volta sulla terra; è lui che chiama le acque del mare e le riversa sulla faccia della terra; il suo nome è l’Eterno. Non siete voi per me come i figli degli Etiopi, o figli d’Israele?«, dice l’Eterno. »Non ho io fatto uscire Israele dal paese d’Egitto, i Filistei da Kaftor e i Siri da Kir? Ecco, gli occhi del Signore l’Eterno, sono sul regno peccatore: io lo sterminerò dalla faccia della terra, ma non sterminerò del tutto la casa di Giacobbe«, dice l’Eterno. »Poiché ecco, io darò il comando e vaglierò la casa d’Israele fra tutte le nazioni, come si vaglia col setaccio, ma a terra non cadrà neppure il piú piccolo chicco di grano. Tutti i peccatori del mio popolo moriranno per la spada, essi che dicono: »La calamità non si avvicinerà né giungerà fino a noi««. »In quel giorno, io rialzerò il tabernacolo di Davide che è caduto, riparerò le sue brecce e rialzerò le sue rovine, e lo ricostruirò come nei giorni antichi, affinché posseggano il resto di Edom e tutte le nazioni sulle quali è invocato il mio nome«, dice l’Eterno che farà questo. »Ecco, i giorni vengono«, dice l’Eterno, »in cui chi ara giungerà vicino a chi miete e chi pigia l’uva a chi sparge il seme; allora i monti stilleranno mosto, che scorrerà giú per i colli. Farò tornare dalla cattività il mio popolo Israele, ed essi ricostruiranno le città desolate e le abiteranno, pianteranno vigne e ne berranno il vino, coltiveranno giardini e ne mangeranno i frutti. Li pianterò sulla loro terra e non saranno mai piú sradicati dal suolo che io ho dato loro, dice l’Eterno, il tuo DIO«.
La visione di BADI. Cosí dice il Signore, l’Eterno, riguardo a Edom: »Noi abbiamo udito un messaggio dall’Eterno e un ambasciatore è stato mandato tra le nazioni, per dire: »Muovetevi e leviamoci contro di lei per combattere« Ecco, io ti renderò piccola fra le nazioni; tu sarai grandemente disprezzata. L’orgoglio del tuo cuore ti ha ingannata o tu che abiti nelle fessure delle rocce di cui hai fatto la tua alta dimora, che dici in cuor tuo: »Chi mi farà scendere a terra?«. Anche se t’innalzassi come un’aquila e ponessi il tuo nido fra le stelle, io ti farò scendere di lassú«, dice l’Eterno. »Se di notte venissero da te ladri o predoni, come saresti distrutta! Non ruberebbero quanto loro basta? Se venissero da te dei vendemmiatori, non lascerebbero alcuni grappoli da racimolare? Oh, come sarà frugato Esaù come saranno rovistati i suoi nascondigli! Tutti i tuoi alleati ti costringeranno alla frontiera, quelli che erano in pace con te ti inganneranno e prevarranno contro di te, quelli che mangiano il tuo pane ti tenderanno tranelli; ma egli non ha intendimento di questo. In quel giorno«, dice l’Eterno, »io farò scomparire da Edom i savi e dal monte di Esaù l’intendimento. Allora i tuoi uomini valorosi saranno presi da sgomento, o Teman, affinché ogni uomo sia sterminato dal monte di Esaù nel massacro. Per la violenza contro tuo fratello Giacobbe, la vergogna ti coprirà e sarai sterminato per sempre. Il giorno in cui te ne stavi in disparte. Il giorno in cui gli stranieri conducevano in cattività il suo esercito ed estranei entravano per le sue porte e gettavano le sorti su Gerusalemme, anche tu eri come uno di loro. Ma tu non avresti dovuto guardare con gioia per il giorno di tuo fratello, il giorno della sua sventura, né avresti dovuto rallegrarti sui figli di Giuda, nel giorno della loro distruzione e neppure parlare con arroganza nel giorno della sventura. Non avresti dovuto entrare per la porta del mio popolo, nel giorno della sua calamità, né guardare anche tu con piacere sulla sua afflizione, nel giorno della sua calamità e neppure stendere le mani sui suoi beni nel giorno della sua calamità. Non avresti dovuto metterti ai crocicchi delle strade per massacrare i suoi fuggiaschi né avresti dovuto dare in mano del nemico i suoi superstiti nel giorno della sventura. Poiché il giorno dell’Eterno è vicino per tutte le nazioni; ciò che hai fatto ad altri sarà fatto a te, la retribuzione delle tue azioni ricadrà sul tuo capo. Poiché come avete bevuto sul mio monte santo, cosí berranno tutte le nazioni del continuo; sí, berranno, ingoieranno e saranno come se non fossero mai state«. »Ma sul monte di Sion vi saranno i superstiti e sarà un luogo santo; e la casa di Giacobbe entrerà in possesso delle sue proprietà. La casa di Giacobbe sarà un fuoco e la casa di Giuseppe una fiamma, ma la casa di Esaù sarà come stoppia: essi la incendieranno e la divoreranno, e alla casa di Esaù non rimarrà piú alcun superstite«, perché l’Eterno ha parlato. Quelli del Neghev, possederanno il monte di Esaù e la pianura del paese dei Filistei, possederanno anche i campi di Efraim, e i campi di Samaria e Beniamino, possederà Galaad. Gli esuli di questo esercito dei figli d’Israele, che sono fra i Cananei, possederanno il paese fino a Sarepta, gli esuli di Gerusalemme, che sono a Sefarad possederanno le città del Neghev. Allora dei liberatori saliranno sul monte Sion per giudicare il monte di Esaù, e il regno sarà dell’Eterno.
E la parola dell’Eterno fu rivolta a Giona, figlio di Amittai, dicendo: »Lèvati va’ a Ninive, la grande città e predica contro di lei, perché la loro malvagità è salita davanti a me«. Ma Giona si levò per fuggire a Tarshish, lontano dalla presenza dell’Eterno. Cosí scese a Giaffa, dove trovò una nave che andava a Tarshish. Pagò il prezzo stabilito e s’imbarcò per andare con loro a Tarshish, lontano dalla presenza dell’Eterno. Ma l’Eterno scatenò un forte vento sul mare e si levò una grande tempesta sul mare, sicché la nave minacciava di sfasciarsi. I marinai spaventati, gridarono ciascuno al proprio dio e gettarono in mare il carico che era sulla nave per alleggerirla. Intanto Giona era sceso nelle parti piú recondite della nave, si era coricato e dormiva profondamente. Il capitano gli si avvicinò e gli disse: »Che fai cosí profondamente addormentato? Alzati, invoca il tuo DIO! Forse DIO si darà pensiero di noi e non periremo«. Poi si dissero l’un l’altro: »Venite gettiamo le sorti per sapere a causa di chi ci è venuta addosso questa sciagura«. Cosí gettarono le sorti e la sorte cadde su Giona. Allora gli chiesero: »Spiegaci dunque per causa di chi ci è venuta addosso questa sciagura. Qual è il tuo mestiere? Da dove vieni? Qual è il tuo paese? A quale popolo appartieni?«. Egli rispose loro: »Io sono un Ebreo e temo l’Eterno il DIO del cielo, che ha fatto il mare e la terra ferma«. Allora quegli uomini furono presi da grande spavento e gli dissero: »Perché hai fatto questo?«. Essi infatti si erano resi conto che egli fuggiva lontano dalla presenza dell’Eterno perché lo aveva loro detto. Essi gli dissero: »Cosa dobbiamo farti perché il mare si calmi per noi?«. Il mare infatti si faceva sempre piú tempestoso. Egli rispose loro: »Prendetemi e gettatemi in mare e il mare si calmerà per voi, perché io so che questa grande tempesta vi è venuta addosso per causa mia«. Tuttavia quegli uomini remavano con forza per riportare la nave a terra, ma non riuscivano, perché il mare si faceva sempre piú tempestoso contro di loro. Perciò gridarono all’Eterno e dissero: »Deh, o Eterno, non lasciare che periamo per la vita di questo uomo e non renderci colpevoli di sangue innocente, perché tu, o Eterno, hai fatto come hai voluto«. Quindi presero Giona e lo gettarono in mare, e la furia del mare si calmò. Quegli uomini allora, presi da un gran timore dell’Eterno, offrirono un sacrificio all’Eterno e fecero voti. (2:1) Ora l’Eterno aveva preparato un grosso pesce perché inghiottisse Giona; e Giona fu nel ventre del pesce tre giorni e tre notti. (2:2) Allora Giona pregò l’Eterno, il suo DIO, dal ventre del pesce e disse: (2:3) »Nella mia sventura ho gridato all’Eterno ed egli mi ha risposto dal grembo dello Sceol, ho gridato e tu hai udito la mia voce. (2:4) Mi hai gettato in un luogo profondo, nel cuore dei mari, la corrente mi ha circondato e tutti i tuoi flutti e le tue onde mi sono passati sopra. (2:5) Allora ho detto: Sono stato scacciato dalla tua presenza. Eppure guarderò ancora verso il tuo santo tempio. (2:6) Le acque mi hanno circondato fino all’anima, l’abisso mi ha avvolto, le alghe si sono avvolte intorno al mio capo. (2:7) Sono disceso fino alle fondamenta dei monti, la terra chiuse le sue sbarre dietro a me per sempre, ma tu hai fatto risalire la mia vita dalla fossa, o Eterno, mio DIO. (2:8) Quando la mia anima veniva meno dentro di me, mi sono ricordato dell’Eterno, e la mia preghiera è giunta fino a te, nel tuo santo tempio. (2:9) Quelli che riguardano alle vanità bugiarde abbandonano la fonte stessa della loro grazia. (2:10) Ma io con voci di lode ti offrirò sacrifici a e adempirò i voti che ho fatto. La salvezza, appartiene all’Eterno«. (2:11) Allora l’Eterno parlò al pesce e il pesce vomitò Giona sull’asciutto. La parola dell’Eterno fu rivolta a Giona per la seconda volta, dicendo: »Lèvati, va’ a Ninive, la grande città, e proclama ad essa il messaggio che ti comando«. Cosí Giona si levò e andò a Ninive secondo la parola dell’Eterno. Or Ninive, era una città molto grande davanti a Dio, di tre giornate di cammino. Giona cominciò a inoltrarsi nella città per il cammino di una giornata e predicando diceva: »Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta«. Allora i Niniviti a credettero a DIO, proclamarono un digiuno e si vestirono di sacco, dal piú grande al piú piccolo di loro. Quando la notizia giunse al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprí di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Per decreto del re e dei suoi grandi fece quindi proclamare e divulgare in Ninive un ordine che diceva: »Uomini e bestie, armenti e greggi non assaggino nulla, non mangino cibo e non bevano acqua; ma uomini e bestie si coprano di sacco e gridino a DIO con forza; ognuno si converta dalla sua via malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che DIO non si volga, non si penta e metta da parte la sua ira ardente e cosí noi non periamo«. Quando DIO vide ciò che facevano e cioè che si convertivano dalla loro via malvagia, DIO si pentí del male che aveva detto di far loro e non lo fece. Ma questo dispiacque molto a Giona, che si adirò. Cosí egli pregò l’Eterno, dicendo: »Deh, o Eterno, non era forse questo che dicevo quand’ero ancora nel mio paese? Per questo sono fuggito in precedenza a Tarshish, perché sapevo che sei un Dio misericordioso e pieno di compassione lento all’ira e di gran benignità, e che ti penti del male minacciato. Or dunque, o Eterno, ti prego, toglimi la vita, perché per me è meglio morire che vivere«. Ma l’Eterno gli disse: »Ti pare giusto adirarti così?«. Allora Giona uscí dalla città e si mise a sedere a est della città, là si fece una capanna e vi sedette sotto, all’ombra, per poter vedere ciò che sarebbe successo alla città. Allora l’Eterno Dio preparò una pianta che crebbe al di sopra di Giona per fare ombra al suo capo e liberarlo del suo male; e Giona provò una grandissima gioia per quella pianta. Allo spuntar dell’alba del giorno seguente DIO preparò un verme che colpí la pianta, e questa si seccò. Quando si levò il sole DIO procurò un afoso vento orientale, e il sole picchiò sul capo di Giona, che si sentí venir meno e chiese di morire, dicendo: »Per me è meglio morire che vivere«. DIO disse a Giona: »Ti pare giusto adirarti cosí per la pianta?«. Egli rispose: »Sí, è giusto per me adirarmi fino alla morte«. Ma l’Eterno disse: »Tu hai avuto compassione per la pianta per cui non hai faticato né hai fatto crescere, e che in una notte è cresciuta e in una notte è perita. E non dovrei io aver compassione di Ninive, la grande città, nella quale ci sono centoventimila persone che non sanno distinguere la loro destra dalla loro sinistra, e una grande quantità di bestiame?«.
La parola dell’Eterno che fu rivolta a Michea, il Morashtita ai giorni di Jotham, di Achaz e di Ezechia, re di Giuda, e che egli ebbe in visione intorno a Samaria e a Gerusalemme. Ascoltate, o popoli tutti! Presta attenzione, o terra, con tutto ciò che contieni! Il Signore, l’Eterno, sia testimone contro di voi, il Signore, dal suo tempio santo. Poiché, ecco, l’Eterno esce dalla sua dimora, scende e cammina sulle alture della terra; i monti si sciolgono sotto di lui, e le valli si squarciano come cera davanti al fuoco, come acque versate su un pendìo. Tutto questo per la trasgressione di Giacobbe, e per i peccati della casa d’Israele. Qual è la trasgressione di Giacobbe? Non è forse Samaria? Quali sono gli alti luoghi di Giuda? Non sono forse Gerusalemme? Perciò ridurrò Samaria a un mucchio di rovine nella campagna, a un luogo da piantarvi la vigna. Farò rotolare le sue pietre nella valle e metterò a nudo le sue fondamenta. Tutte le sue immagini scolpite saranno frantumate, tutti i suoi guadagni di prostituzione saranno arsi col fuoco e tutti i suoi idoli io li ridurrò a una desolazione, perché messi insieme con i guadagni di prostituzione, ed essi torneranno in guadagni di prostituzione. Per questo io emetterò lamenti e gemerò, me ne andrò svestito e nudo; manderò lamenti come lo sciacallo, grida lugubri come lo struzzo. Le sue ferite infatti sono incurabili, perché sono giunte fino a Giuda, sono arrivate fino alla porta del mio popolo, a Gerusalemme stessa. Non annunziatelo in Gath, non piangete affatto a Beth-le-Afrah, rotolatevi nella polvere. Passa oltre in vergognosa nudità o abitatrice di Shafir; l’abitatrice di Tsaanan non esce piú, il cordoglio di Bethhaetsel vi porterà via il luogo su cui sta. L’abitatrice di Maroth si addolora giustamente, perché una sciagura è scesa da parte dell’Eterno fino alla porta di Gerusalemme Attacca i destrieri al carro, o abitatrice di Lakish! Essa è stata il principio del peccato per la figlia di Sion, perché in te sono state trovate le trasgressioni d’Israele. Perciò tu darai un regalo di addio a Moresceth-Gath, le case di Akzib saranno una cosa ingannevole per i re d’Israele. Ti condurrò un nuovo erede, o abitatrice di Mareshah, la gloria d’Israele giungerà fino ad Adullam. Tagliati i capelli e raditi il capo a motivo dei figli delle tue delizie. Allarga la tua calvizie come l’avvoltoio perché andranno in cattività lontano da te. Guai a quelli che meditano l’iniquità e progettano il male sui loro letti; alla luce del mattino lo compiono, perché è in potere delle loro mani. Desiderano grandemente campi e li prendono con la violenza, case e se le prendono cosí opprimono con frode l’uomo e la sua casa, l’individuo e la sua proprietà. Perciò cosí dice l’Eterno: »Ecco, io tramo contro questa stirpe una sventura, da cui non potrete sottrarre il vostro collo, né camminerete a testa alta, perché sarà tempo di sventura. In quel giorno comporranno un proverbio su di voi, e innalzeranno un accorato lamento, e diranno: »Siamo interamente distrutti« Egli ha cambiato l’eredità del mio popolo. Ah, come me l’ha portata via! I nostri campi li ha distribuiti agli infedeli«. Perciò non ci sarà piú nessuno che tiri la corda per te, per tirare a sorte nell’assemblea dell’Eterno. »Non profetizzate«, dicono ai loro profeti. Cosí essi non profetizzeranno circa queste cose, ma non allontaneranno la loro ignominia. E detto, o casa di Giacobbe: »E lo Spirito dell’Eterno limitato, o sono queste le sue opere? Non rendono forse le mie parole raggiante chi cammina rettamente? Ma ultimamente il mio popolo è insorto come un nemico, voi portate via il mantello e la veste ai passanti che si credono al sicuro, a quelli che tornano dalla guerra. Voi scacciate le donne del mio popolo dalle loro deliziose case, e rapite per sempre la mia gloria ai loro bambini. Levatevi e andatevene, perché questo non è luogo di riposo; poiché è contaminato, vi distruggerà con una distruzione orrenda. Anche se un uomo camminasse in uno spirito di falsità e spacciasse menzogne, dicendo: »Io predirò per te vino e bevanda inebriante« egli sarebbe un profeta per questo popolo«. »Ti radunerò certamente tutto quanto, o Giacobbe, radunerò certamente il residuo d’Israele; li metterò assieme come pecore in un ovile, come un gregge in mezzo al suo pascolo; faranno un grande rumore per la moltitudine di uomini. Chi aprirà la breccia salirà davanti a loro; essi penetreranno, passeranno per la porta e per essa usciranno; il loro re camminerà davanti a loro e l’Eterno sarà alla loro testa«. Io dissi: »Deh, ascoltate o capi di Giacobbe, e voi governanti della casa d’Israele: Non spetta forse a voi conoscere l’equità? Voi che odiate il bene e amate il male, che strappate loro la pelle di dosso e la carne dalle loro ossa. Essi divorano la carne del mio popolo, gli strappano la pelle di dosso, gli rompono le ossa e lo tagliano a pezzi come se dovesse andare in pentola, come carne da mettere nella caldaia. Allora grideranno all’Eterno, ma egli non risponderà loro; in quel tempo egli nasconderà loro la sua faccia, perché sono stati malvagi nelle loro azioni. Cosí dice l’Eterno riguardo ai profeti che fanno sviare il mio popolo, che gridano: »Pace« se hanno qualcosa da mordere fra i denti, ma dichiarano la guerra a chi non mette loro niente in bocca. Perciò avrete notte senza visione, e avrete tenebre senza divinazione, il sole tramonterà su questi profeti e il giorno si oscurerà su di loro. I veggenti saranno ricoperti di vergogna e gli indovini arrossiranno; si copriranno tutti quanti la barba, perché non ci sarà alcuna risposta da DIO«. Io invece sono ripieno di forza dello Spirito dell’Eterno, di giustizia e potenza, per far conoscere a Giacobbe la sua trasgressione e a Israele il suo peccato. Deh, ascoltate questo, o capi della casa di Giacobbe e governanti della casa d’Israele, che abborrite la giustizia e pervertite tutto ciò che è retto, che edificate Sion con il sangue e Gerusalemme, con l’iniquità. I suoi capi giudicano per un dono, i suoi sacerdoti insegnano per un salario, i suoi profeti compiono divinazioni per denaro; tuttavia si appoggiano all’Eterno e dicono: »Non è forse l’Eterno in mezzo a noi? Non ci verrà addosso alcuna sventura«. Perciò, per causa vostra, Sion sarà arata come un campo, Gerusalemme diventerà un mucchio di rovine e il monte del tempio un’altura boscosa. Ma negli ultimi tempi avverrà che il monte della casa dell’Eterno sarà stabilito sulla sommità dei monti e sarà innalzato al di sopra dei colli, e ad esso affluiranno i popoli. Verranno molte nazioni e diranno: »Venite, saliamo al monte dell’Eterno e alla casa del DIO di Giacobbe, egli ci insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri«. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola dell’Eterno. Egli sarà giudice fra molti popoli e farà da arbitro fra nazioni potenti e lontane. Con le loro spade forgeranno vomeri, e con le loro lance falci; una nazione non leverà piú la spada contro l’altra e non saranno piú addestrate per la guerra. Siederanno ciascuno sotto la propria vite e sotto il proprio fico, e piú nessuno li spaventerà, perché la bocca dell’Eterno degli eserciti ha parlato. Mentre tutti i popoli camminano ciascuno nel nome del suo dio, noi cammineremo nel nome dell’Eterno, il nostro DIO per sempre. »In quel giorno«, dice l’Eterno, »io raccoglierò gli zoppi, radunerò gli scacciati e quelli che avevo afflitto. Degli zoppi io farò un residuo e degli scacciati una nazione potente. Cosí l’Eterno regnerà su di loro sul monte Sion, da allora e per sempre. E tu, torre del gregge roccaforte della figlia di Sion, a te verrà, proprio a te verrà l’antico dominio, il regno della figlia di Gerusalemme«. Ora perché gridi cosí forte? Non c’è alcun re dentro di te? E’ forse perito il tuo consigliere, che ti hanno colto le doglie come di donna che sta per partorire? Contorciti e da’ alla luce, o figlia di Sion, come donna che sta per partorire, perché ora uscirai dalla città, dimorerai per la campagna e andrai fino a Babilonia. Là tu sarai liberata, là l’Eterno ti riscatterà, dalla mano dei tuoi nemici. Ora si sono radunate contro di te molte nazioni che dicono: »Sia profanata e i nostri occhi riguardino con piacere sopra Sion«. Ma esse non conoscono i pensieri dell’Eterno, non intendono il suo disegno, perche egli le radunerà come covoni sull’aia. Alzati e trebbia, o figlia di Sion, perché renderò il tuo corno di ferro e le tue unghie di bronzo; tu stritolerai molti popoli e io destinerò i loro guadagni all’Eterno e le loro ricchezze al Signore di tutta la terra. Ora, radunati insieme, o figlia di schiere. Ci hanno cinto d’Assedio; con la verga percuotono sulla guancia il giudice d’Israele. »Ma tu, o Betlemme Efratah, anche se sei piccola fra le migliaia di Giuda, da te uscirà per me colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini sono dai tempi antichi, dai giorni eterni«. Perciò egli li abbandonerà fino al tempo in cui colei che deve partorire, partorirà, allora il resto dei suoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli rimarrà a pascere il suo gregge nella forza dell’Eterno, nella maestà del nome dell’Eterno, il suo DIO. Ed essi dimoreranno al sicuro, perché allora egli sarà grande fino alle estremità della terra. Ed egli stesso sarà la pace. Quando l’Assiro verrà nel nostro paese e metterà il piede nei nostri palazzi, noi faremo sorgere contro di lui sette pastori e otto principi fra gli uomini comuni. Essi devasteranno il paese dell’Assiria con la spada e la terra di Nimrod alle sue porte; cosí egli ci libererà dall’Assiro se verrà nel nostro paese e metterà piede nei nostri confini. Il resto di Giacobbe, in mezzo a molti popoli, sarà come una rugiada mandata dall’Eterno, come una fitta pioggia sull’erba, che non aspetta l’uomo e non spera nulla dai figli degli uomini. Il resto di Giacobbe sarà fra le nazioni, in mezzo a molti popoli, come un leone tra le bestie della foresta, come un leoncello fra greggi di pecore, il quale, se passa in mezzo, calpesta e sbrana, senza che alcuno possa liberare. La tua mano si alzerà contro i tuoi avversari e tutti i tuoi nemici saranno sterminati. »In quel giorno avverrà«, dice l’Eterno, »che io farò scomparire i tuoi cavalli di mezzo a te e distruggerò i tuoi carri; farò scomparire le città del tuo paese e abbatterò tutte le tue fortezze; farò scomparire dalla tua mano le arti magiche e tu non avrai piú indovini; farò scomparire di mezzo a te le tue immagini scolpite e le tue colonne sacre, e tu non ti prostrerai piú davanti all’opera delle tue mani. Estirperò di mezzo a te i tuoi Ascerah e distruggerò le tue città. Farò vendetta con ira e con furore delle nazioni che non hanno voluto ascoltare«. Deh, ascoltate ciò che dice l’Eterno: »Lèvati, difendi la tua causa davanti ai monti e i colli odano la tua voce«. Ascoltate, o monti, la contesa dell’Eterno, e voi saldi fondamenti della terra, perché l’Eterno ha una contesa con il suo popolo e vuol discutere con Israele. »Popolo mio, che cosa ti ho fatto e in che cosa ti ho stancato? Testimonia contro di me. Poiché io ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, ti ho redento dalla casa di schiavitù e ho mandato davanti a te Mosè, Aaronne e Miriam. O popolo mio, ricorda dunque ciò che Balak, re di Moab, macchinava e che cosa gli rispose Balaam, figlio di Beor, da Scittim a Ghilgal, affinché tu riconosca la giustizia dell’Eterno«. Con che cosa verso davanti all’Eterno e mi inchinerò davanti al DIO eccelso? Verrò davanti a lui con olocausti, con vitelli di un anno? Gradirà l’Eterno migliaia di montoni o miriadi di rivi d’olio? Darò il mio primogenito, per la mia trasgressione, il frutto delle mie viscere per il peccato della mia anima? O uomo, egli ti ha fatto conoscere ciò che è bene; e che altro richiede da te l’Eterno, se non praticare la giustizia, amare la clemenza e camminare umilmente col tuo DIO? La voce dell’Eterno grida alla città, e chi ha sapienza riconoscerà il tuo nome: »Fate attenzione alla verga e a colui che l’ha designata. Vi sono ancora nella casa dell’empio tesori di iniquità e l’efa scarsa che è una cosa abominevole? Posso dichiarare puro l’uomo con bilance non giuste e col sacchetto di pesi falsi? I suoi ricchi infatti sono pieni di violenza, i suoi abitanti proferiscono menzogne e la loro lingua non è che frode nella loro bocca. Perciò anch’io ti renderò sofferente, colpendoti e rendendoti desolata a motivo dei tuoi peccati. Tu mangerai, ma non ti sazierai e la fame rimarrà dentro di te; porterai via, ma non salverai niente, e quel che avrai salvato, lo consegnerò alla spada. Tu seminerai, ma non mieterai; pigerai le olive, ma non ti ungerai d’olio; farai il mosto, ma non berrai il vino. Si osservano gli statuti di Omri e tutte le pratiche della casa di Achab, e voi camminate seguendo i loro consigli, perché io vi renda una desolazione, e i tuoi abitanti un oggetto di derisione. Cosí voi porterete il vituperio del mio popolo!«. Guai a me! Poiché sono come quelli che raccolgono frutti estivi, come quelli che racimolano l’uva dell’annata: non c’è alcun grappolo da mangiare, la mia anima desidera un fico primaticcio. L’uomo pio è scomparso dalla terra fra gli uomini non c’è piú gente retta, tutti stanno in agguato per versare sangue, ognuno dà la caccia al proprio fratello con la rete. Entrambe le loro mani sono protese a fare il male con bravura; il principe pretende, il giudice cerca ricompense, il grande manifesta la sua cupidigia; cosí pervertono insieme la giustizia. ll migliore di loro è come un roveto, il piú retto è peggiore di una siepe di spine. Il giorno della tua punizione viene; ora sarà la loro confusione. Non fidatevi del compagno, non riponete fiducia nell’intimo amico; custodisci le porte della tua bocca davanti a colei che riposa sul tuo seno. Poiché il figlio disonora il padre, la figlia insorge contro la madre, la nuora contro la suocera, i nemici di ognuno sono quelli di casa sua. Ma io guarderò all’Eterno, spererò nel DIO della mia salvezza; il mio DIO mi ascolterà. Non rallegrarti di me, o mia nemica! Se sono caduta, mi rialzerò; se siedo nelle tenebre, l’Eterno sarà la mia luce. Io sopporterò l’indignazione dell’Eterno, perché ho peccato contro di lui, finché egli difenderà la mia causa e farà giustizia per me; egli mi farà uscire alla luce e io contemplerò la sua giustizia. Allora la mia nemica lo vedrà e sarà coperta di vergogna, lei che mi diceva: »Dov’è l’Eterno, il tuo DIO?«. I miei occhi la guarderanno con piacere, mentre sarà calpestata come il fango delle strade. Quando si ricostruiranno le tue mura, in quel giorno il tuo confine sarà grandemente esteso. In quel giorno verranno a te, dall’Assiria e dalle tue città fortificate, dalla città fortificata fino al Fiume, da mare a mare e da monte a monte. Ma il paese sarà ridotto in desolazione a causa dei tuoi abitanti, a motivo del frutto delle loro azioni. Pasci il tuo popolo con la tua verga, il gregge della tua eredità, che sta solitario nella foresta in mezzo al Karmel. Pascolino in Bashan e in Galaad, come nei tempi antichi. »Come ai giorni in cui uscisti dal paese d’Egitto, io farò loro vedere cose meravigliose«. Le nazioni vedranno e si vergogneranno di tutta la loro potenza; si metteranno la mano sulla bocca, le loro orecchie rimarranno sorde. Leccheranno la polvere come il serpente, come i rettili della terra, usciranno tremanti dai loro nascondigli; avranno paura dell’Eterno, il nostro DIO, e avranno timore di te. Qual Dio è come te, che perdona l’iniquità e passa sopra la trasgressione del residuo della sua eredità? Egli non conserva per sempre la sua ira, perché prende piacere nell’usare misericordia. Egli avrà nuovamente compassione di noi, calpesterà le nostre iniquità. Tu getterai in fondo al mare tutti i nostri peccati. Tu mostrerai la tua fedeltà a Giacobbe e la tua misericordia ad Abrahamo, come hai giurato ai nostri padri fin dai tempi antichi.
Profezia su Ninive. Il libro della visione di Nahum di Elkosh. L’Eterno è un Dio geloso e vendicatore, l’Eterno è vendicatore e pieno di furore. L’Eterno si vendica dei suoi avversari e conserva l’ira per i suoi nemici. L’Eterno è lento all’ira e grande in potenza, ma non lascia affatto impunito il malvagio. L’Eterno persegue il suo cammino nel turbine e nella tempesta e le nuvole sono la polvere dei suoi piedi. Egli sgrida il mare e lo prosciuga, e fa seccare tutti i fiumi. Bashan e Karmel inaridiscono e il fiore del Libano avvizzisce. I monti tremano davanti a lui, i colli si fondono, alla sua presenza la terra si solleva, sí, il mondo e tutti i suoi abitanti. Chi può resistere davanti alla sua indignazione e chi può sopportare l’ardore della sua ira? Il suo furore è riversato come fuoco e le rocce sono da lui frantumate. L’Eterno è buono, una fortezza nel giorno dell’avversità; egli conosce quelli che si rifugiano in lui. Ma con una straripante inondazione egli compirà una totale distruzione del suo luogo, e i suoi nemici saranno inseguiti dalle tenebre. Che cosa progettate contro l’Eterno? Egli compirà una totale distruzione; l’avversità non avverrà due volte. Perché fossero pure intrecciati come rovi e fradici per il vino ingerito, essi saranno consumati come stoppia totalmente secca. Da te è uscito chi ha tramato il male contro l’Eterno, chi ha concepito malvagità. Cosí dice l’Eterno: »Anche se sono pieni di forza e numerosi, saranno falciati e scompariranno. Anche se ti ho afflitta, non ti affliggerò piú. Ora spezzerò il suo giogo di dosso a te e strapperò via i tuoi legami«. Ma riguardo a te l’Eterno ha dato questo comando: »Il tuo nome non sarà piú perpetuato. Dal tempio dei tuoi dèi farò scomparire le immagini scolpite e le immagini fuse. Ti preparerò la tomba, perché sei spregevole«. Ecco sui monti i piedi di chi annuncia buone novelle e che proclama la pace! Celebra le tue feste solenni, o Giuda, adempi i tuoi voti, perché il malvagio non passerà piú in mezzo a te; egli sarà interamente sterminato. E’ salito contro di te un devastatore. Custodisci bene la fortezza, sorveglia la strada, fortifica i tuoi lombi, raccogli tutta la tua forza. Poiché l’Eterno ristabilirà la gloria di Giacobbe e la gloria d’Israele, perché i predoni li hanno depredati e hanno distrutto i loro tralci. Lo scudo dei suoi prodi è tinto di rosso, i suoi uomini valorosi sono vestiti di scarlatto, nel giorno che egli prepara il ferro dei carri scintillerà come fuoco e si brandiranno le lance di cipresso. I carri si slanceranno furiosamente per le strade, si scorrazzeranno per le piazze; avranno l’aspetto di fiaccole, guizzeranno come folgori. Egli si ricorderà dei suoi uomini forti, ma essi inciamperanno nella loro marcia, si precipiteranno verso le mura e la difesa sarà preparata. Le porte dei fiumi saranno aperte e il palazzo crollerà. Colei che stava ferma sarà spogliata e portata via; le sue serve gemeranno come con voce di colombe, percuotendosi il petto. Anche se Ninive dei tempi passati era come un serbatoio d’acqua, ora fuggono. »Fermatevi, fermatevi!«, gridano, ma nessuno si volta. Depredate l’argento, depredate l’oro! Ci sono tesori senza fine, ricchezze di ogni oggetto prezioso. Essa è desolata, vuota e devastata, il cuore viene meno, le ginocchia vacillano, c’è gran dolore in tutti i lombi, e tutti i loro volti impallidiscono. Dov’è il covo dei leoni, il luogo dove si nutrivano i leoncelli, dove si aggiravano il leone, la leonessa e i leoncini, senza che alcuno li spaventasse? Il leone sbranava per i suoi piccoli, strangolava per le sue leonesse e riempiva le sue tane di preda e i suoi covi di rapina. »Ecco, io sono contro di te«, dice l’Eterno degli eserciti, »io brucerò e ridurrò in fumo i tuoi carri e la spada divorerà i tuoi leoncelli; farò scomparire la tua rapina dalla terra e non si udrà piú la voce dei tuoi messaggeri«. Guai alla città sanguinaria, che è tutta piena di frode e di violenza e che non cessa di far preda! Schioccar di frusta, strepito assordante di ruote, di cavalli al galoppo e di carri sobbalzanti, cavalieri alla carica, spade fiammeggianti lance sfolgoranti, una moltitudine di uccisi, un gran numero di morti, cadaveri senza fine, si inciampa nei cadaveri. Tutto questo a motivo delle molte prostituzioni della seducente prostituta, maestra nelle arti magiche che vendeva le nazioni con le sue prostituzioni e i popoli con le sue arti magiche. »Ecco, io sono contro di te«, dice l’Eterno degli eserciti, »io alzerò i lembi della tua veste fin sulla faccia e mostrerò alle nazioni la tua nudità e ai regni la tua vergogna. Ti getterò addosso lordure, ti renderò spregevole e ti esporrò alla berlina. Avverrà che tutti quelli che ti vedranno fuggiranno da te e diranno: »Ninive è devastata! Chi la compiangerà?« Dove ti cercherò dei consolatori?«. Sei tu piú bella di No Amon, che si trova tra i canali del Nilo, circondata dalle acque, che aveva il mare per baluardo e il mare per mura? L’Etiopia e l’Egitto erano la sua forza e non aveva confini, Put, e i Libici erano i suoi alleati. Eppure anch’essa è stata deportata, è andata in cattività; anche i suoi bambini sono stati sfracellati all’imbocco di ogni strada; hanno gettato le sorti sui suoi nobili e tutti i suoi grandi sono stati legati con catene. Tu pure sarai ubriaca e ti nasconderai; tu pure cercherai un luogo fortificato davanti al nemico. Tutte le tue fortezze saranno come piante di fico con fichi primaticci; se sono scossi, cadono in bocca di chi li mangia. Ecco, le tue truppe in mezzo a te sono come donne; le porte del tuo paese sono spalancate davanti ai tuoi nemici, il fuoco ha divorato le sbarre delle tue porte. Attingi per te l’acqua necessaria per l’assedio, rinforza le tue fortificazioni entra nell’argilla, pesta la malta, ripara la fornace per mattoni. Là il fuoco ti divorerà, la spada ti distruggerà; ti divorerà come una larva di cavalletta; moltiplicati come le larve di cavallette, moltiplicati come le cavallette. Hai moltiplicato i tuoi mercati piú delle stelle del cielo; le larve di cavallette spogliano ogni cosa e volano via. I tuoi principi sono come le cavallette, i tuoi ufficiali come sciami di locuste che si fermano tra le siepi in giorno di freddo; ma quando sorge il sole volano via, e non si sa in quale posto siano andate. O re d’Assiria, i tuoi pastori dormono, i tuoi nobili riposano; il tuo popolo è disperso sui monti e nessuno li raduna. Non c’è rimedio per la tua fatica, la tua piaga è mortale; tutti quelli che udranno parlare di te, batteranno mani sulla tua sorte. Su chi infatti non è passata continuamente la tua malvagità?
Profezia che il profeta Habacuc ebbe in visione. Fino a quando, o Eterno, griderò, senza che tu mi dia ascolto? Io grido a te: »Violenza!«, ma tu non salvi. Perché mi fai vedere l’iniquità e mi fai guardare la perversità? Davanti a me stanno rapina e violenza, c’è contesa e cresce la discordia. Perciò la legge non ha forza e la giustizia non riesce ad affermarsi, perché l’empio raggira il giusto e la giustizia ne esce pervertita. »Guardate fra le nazioni e osservate, siate stupefatti e sbalorditi, perché io compirò ai vostri giorni un’opera, che voi non credereste, anche se ve la raccontassero. Poiché ecco, io susciterò i Caldei, nazione feroce e impetuosa, che percorre la terra nella sua ampiezza per impadronirsi di abitazioni non sue. E’ terribile, spaventevole; il suo giudizio e la sua dignità procedono da lei stessa. I suoi cavalli sono piú veloci dei leopardi, piú feroci dei lupi della sera. I suoi destrieri si spargono ovunque, i suoi destrieri vengono da lontano, volano come l’aquila che piomba sulla preda per divorare. Vengono tutti per far violenza, le loro facce sono protese in avanti e ammassano prigionieri come la sabbia. Egli si fa beffe dei re e i principi sono per lui oggetto di scherno; si ride di ogni fortezza, perché accumula un po’ di terra e la prende. Quindi avanza velocemente come il vento, passa oltre e si rende colpevole attribuendo questa sua forza al suo dio«. Non sei tu da sempre, o Eterno, mio DIO, il mio Santo? Noi non moriremo, o Eterno, perché tu l’hai designato per fare giustizia e l’hai stabilito, o Rocca, per castigare. Tu hai gli occhi troppo puri per vedere il male e non puoi guardare l’iniquità. Perché stai a guardare quelli che agiscono con frode, e taci quando il malvagio divora chi è piú giusto di lui? Perché rendi gli uomini come i pesci del mare e come i rettili che non hanno signore? Egli li prende tutti all’amo, li cattura con la sua rete e li raccoglie con la sua rete da pesca; quindi si rallegra ed esulta. Per questo fa sacrifici alla sua rete e brucia incenso alla sua rete da pesca, perché con essi la sua parte è ingente e il suo cibo abbondante. Continuerà dunque egli a vuotare la sua rete e a massacrare le nazioni senza pietà? Io starò al mio posto di guardia, mi porrò sulla torre e starò attento per vedere ciò che egli mi dirà e ciò che dovrò rispondere circa la rimostranza fatta. Quindi l’Eterno mi rispose e disse: »Scrivi la visione e incidila su tavole, perché si possa leggere speditamente. Poiché la visione è per un tempo già fissato, ma alla fine parlerà e non mentirà; se tarda, aspettala, perché certamente verrà e non tarderà«. Ecco, la sua anima si è inorgoglita in lui, non è retta, ma il giusto vivrà per la sua fede. Inoltre il vino tradisce l’uomo superbo, e cosí non sta a casa. Egli infatti allarga la sua avidità come lo Sceol, ed è come la morte, perché non è mai soddisfatto, ma raduna presso di sé tutte le nazioni e raccoglie intorno a sé tutti i popoli. Tutti questi non inizieranno forse a usare un proverbio contro di lui e un indovinello di scherno nei suoi confronti? Essi diranno: »Guai a chi accumula ciò che non è suo (ma fino a quando?) e a chi si carica di pegni!«. Non si leveranno forse improvvisamente i tuoi creditori e non si desteranno i tuoi tormentatori? E tu diventerai loro preda. Poiché tu hai depredato molte nazioni, tutto il resto dei popoli ti deprederà, a motivo del sangue umano versato e della violenza fatta al paese, alle città e a tutti i suoi abitanti. Guai a chi è avido di guadagno malvagio per la sua casa, per porre il suo nido in alto e sfuggire al potere della sventura. Tu hai programmato la vergogna della tua casa, sterminando molti popoli, e hai peccato contro te stesso. Poiché la pietra griderà dalla parete e la trave risponderà dal tavolato. Guai a chi costruisce una città con il sangue e fonda una città con l’iniquità! Ecco, non viene forse dall’Eterno degli eserciti che i popoli si affatichino per il fuoco e le nazioni si stanchino per nulla? Poiché la terra sarà ripiena della conoscenza a della gloria dell’Eterno, come le acque riempiono il mare. Guai a chi dà da bere al suo prossimo, porgendo a lui la propria bottiglia, e lo ubriaca per guardare la sua nudità! Tu sarai saziato di vergogna e non di gloria; bevi anche tu e la tua incirconcisione sia messa a nudo. La coppa della destra dell’Eterno sarà rivolta verso di te e l’ignominia coprirà la tua gloria. Poiché la violenza fatta al Libano ti coprirà, e la distruzione degli animali ti riempirà di terrore, a motivo del sangue umano versato e della violenza fatta al paese, alle città e a tutti i suoi abitanti. A che giova l’immagine scolpita quando il suo artefice l’ha scolpita, o un’immagine fusa che insegna la menzogna, perché l’artefice si confidi nel suo lavoro, fabbricando idoli muti?. Guai a chi dice al legno: »Svegliati!«, o alla pietra muta: »Lèvati!«. Potrebbe essa insegnare qualcosa? Ecco, è ricoperta d’oro e d’argento, ma in essa non c’è alcun soffio di vita. Ma l’Eterno è nel suo tempio santo; tutta la terra faccia silenzio davanti a lui. Preghiera del profeta Habacuc su Scighionoth. »O Eterno, io ho udito il tuo parlare e ho paura; o Eterno, fa’ rivivere la tua opera nel corso degli anni, nel corso degli anni falla conoscere. Nell’ira ricordati della compassione. Dio veniva da Teman, il Santo dal monte Paran. La sua gloria copriva i cieli e la terra era piena della sua lode. Il suo splendore era come la luce, raggi si sprigionavano dalla sua mano e là era nascosta la sua potenza. Davanti a lui camminava la peste e pestilenza ardente seguiva i suoi passi. Egli si fermava e misurava la terra, guardava e faceva tremare le nazioni, i monti eterni si disperdevano, i colli antichi si abbassavano; le sue vie sono eterne. Io vedevo nell’afflizione le tende di Kushan, i padiglioni del paese di Madian tremavano. O Eterno, ardeva forse la tua ira contro i fiumi? O era la tua ira contro i fiumi o il tuo furore contro il mare, quando cavalcavi sui tuoi cavalli, sui tuoi carri di vittoria? Tu hai messo interamente a nudo il tuo arco, secondo i giuramenti fatti sulle tue frecce. Tu hai diviso la terra con i fiumi. I monti ti videro e tremarono; l’uragano d’acqua è passato; l’abisso ha fatto udire la sua voce, e ha levato in alto le mani. Il sole e la luna sono rimasti nella loro dimora; alla luce delle tue frecce si sono mossi veloci, al lampeggiare della tua lancia sfolgorante. Tu hai percorso la terra indignato, hai calpestato le nazioni adirato. Sei uscito per salvare il tuo popolo, per salvare il tuo unto, tu hai colpito la testa della casa dell’empio, mettendola a nudo dalle fondamenta al collo. Tu hai trafitto con i loro propri dardi la testa dei suoi villaggi; essi erano venuti come un uragano per disperderli, mandando grida di gioia, come se divorassero il misero in segreto. Con i tuoi cavalli hai camminato attraverso il mare, attraverso un mucchio di molte acque. Ho udito e le mie viscere fremettero a quella voce le mie labbra tremarono un tarlo entrò nelle mie ossa, e fui preso da gran paura dentro di me. Tuttavia rimarrò tranquillo nel giorno dell’avversità, che verrà contro il popolo che lo invade. Anche se il fico non fiorirà e non ci sarà alcun frutto sulle viti, anche se il lavoro dell’ulivo sarà deludente e i campi non daranno piú cibo, anche se le greggi scompariranno dagli ovili e non ci saranno piú buoi nelle stalle, esulterò nell’Eterno e mi rallegrerò nel DIO della mia salvezza. L’Eterno, il Signore, è la mia forza; egli renderà i miei piedi come quelli delle cerve e mi farà camminare sulle mie alture«. Al maestro del coro. Per strumenti a corda.
La parola dell’Eterno che fu rivolta a Sofonia, figlio di Kusci, figlio di Ghedaliah, figlio di Amariah, figlio di Ezechia, ai giorni di Giosia figlio di Amon, re di Giuda. »IO farò interamente scomparire ogni cosa dalla faccia della terra«, dice l’Eterno. »Farò scomparire uomini e bestie, farò scomparire gli uccelli del cielo e i pesci del mare, le cause di peccato assieme agli empi, e sterminerò l’uomo dalla faccia della terra«, dice l’Eterno. »Stenderò la mia mano contro Giuda e contro tutti gli abitanti di Gerusalemme, e sterminerò da questo luogo i resti di Baal, il nome dei sacerdoti idolatria assieme ai sacerdoti, quelli che si prostrano sui terrazzi davanti all’esercito del cielo, quelli che si prostrano giurando all’Eterno, ma giurando anche a Malkam, quelli che si allontanano dall’Eterno e quelli che non cercano l’Eterno e non lo consultano. Sta’ in silenzio davanti al Signore, l’Eterno, perché il giorno dell’Eterno è vicino, perché l’Eterno ha preparato un sacrificio, ha santificato i suoi convitati. Nel giorno del sacrificio dell’Eterno avverrà che io punirò i principi, i figli del re e tutti quelli che indossano vesti straniere. In quello stesso giorno punirò tutti quelli che saltano sopra la soglia, che riempiono di violenza e di inganno le case dei loro padroni. In quel giorno«, dice l’Eterno, »si alzerà un grido dalla porta dei pesci, un urlo dal secondo quartiere e un gran fracasso dalle colline. Urlate, o abitanti di Maktesh, perché tutto il popolo dei mercanti è annientato, tutti quelli carichi di denaro sono sterminati. In quel tempo avverrà che io frugherò Gerusalemme con lampade e punirò gli uomini che, fermi sulle loro fecce, dicono in cuor loro: »L’Eterno non fa né bene né male«. Perciò i loro beni diventeranno bottino di guerra e le loro case una desolazione. Costruiranno case, pianteranno vigne, ma non ne berranno il vino«. Il giorno dell’Eterno è vicino, è vicino e giunge in gran fretta. Il suono del giorno dell’Eterno è amaro; allora l’uomo valoroso griderà forte. Quel giorno è un giorno di ira, un giorno di calamità e angoscia, un giorno di distruzione e desolazione, un giorno di tenebre e caligine, un giorno di nuvole e fitta oscurità, un giorno di squillo di tromba e di allarme contro le città fortificate e contro le alte torri. Farò venire l’avversità sugli uomini ed essi cammineranno come ciechi, perché hanno peccato contro l’Eterno; il loro sangue sarà sparso come polvere e la loro carne come escrementi. Né il loro argento né il loro oro li potrà liberare nel giorno dell’ira dell’Eterno; anzi tutto il paese sarà divorato dal fuoco della sua gelosia, perché egli compirà certamente una completa distruzione di tutti gli abitanti del paese. Radunatevi, radunatevi assieme, o nazione spudorata, prima che il decreto abbia effetto, prima che il giorno passi come la pula, prima che venga su di voi l’ardente ira dell’Eterno, prima che venga su di voi il giorno dell’ira dell’Eterno. Cercate l’Eterno voi tutti, umili della terra che praticate la sua legge. Cercate la giustizia, cercate l’umiltà. Forse sarete nascosti nel giorno dell’ira dell’Eterno. Poiché Gaza sarà abbandonata e Ashkelon diventerà una desolazione scacceranno Ashdod con violenza in pieno mezzogiorno ed Ekron sarà sradicata. Guai agli abitanti della costa del mare, alla nazione dei Kerethei! La parola dell’Eterno è contro di te, o Canaan, paese dei Filistei: »Io ti distruggerò e non rimarrà più nessuno«. Cosí la costa del mare sarà tutta pascoli con dimore per pastori e recinti di greggi. La costa apparterrà al residuo della casa di Giuda, in quei luoghi pascoleranno le greggi; a sera riposeranno nelle case di Ashkelon perché l’Eterno il loro DIO, li visiterà e li ricondurrà dalla cattività, »Ho udito il disprezzo di Moab e gli oltraggi dei figli di Ammon, con i quali hanno insultato il mio popolo e si sono ingranditi a danno del loro territorio. Perciò com’è vero che io vivo«, dice l’Eterno degli eserciti il DIO d’Israele, »certamente Moab sarà come Sodoma e i figli di Ammon come Gomorra, un luogo occupato dalle ortiche e saline, una desolazione per sempre. Il resto del mio popolo li saccheggerà e il residuo della mia nazione li possederà. Questo avverrà loro per la loro superbia, perché hanno insultato e trattato con arroganza a il popolo dell’Eterno degli eserciti. L’Eterno sarà terribile contro di loro, perché farà piegare tutti gli dèi della terra, e ciascuno lo adorerà dal suo luogo, sí, tutte le isole delle nazioni. Anche voi, Etiopi, sarete uccisi dalla mia spada«. Egli stenderà la mano contro il nord, distruggerà l’Assiria e farà di Ninive una desolazione, un luogo arido come il deserto. Nel suo mezzo si accovacceranno le greggi, tutti gli animali delle nazioni; tanto il pellicano che l’airone passeranno la notte sui capitelli delle sue colonne; la loro voce risuonerà alle finestre, la desolazione sarà sulle soglie, perché distruggerà il rivestimento con pannelli di cedro. Questa è la città gaudente che se ne stava al sicuro e diceva in cuor suo: »Io e nessun altro fuori di me«. Come mai è diventata una desolazione, un luogo dove gli animali si accovacciano? Chiunque le passerà vicino fischierà e agiterà la mano. Guai a colei che è ribelle e contaminata, alla città d’oppressione! Essa non ha ascoltato la sua voce, non ha accettato correzione, non ha confidato nell’Eterno, non si è avvicinata al suo DIO. I suoi capi in mezzo a lei sono leoni ruggenti; i suoi giudici sono lupi della sera, che non lasciano alcun osso da rosicchiare per il mattino. I suoi profeti sono vanagloriosi perfidi, i suoi sacerdoti hanno profanato il luogo santo, hanno fatto violenza alla legge. L’Eterno è giusto in mezzo a lei egli non commette iniquità. Ogni mattino egli porta alla luce la sua giustizia e non viene mai meno, ma il perverso non conosce vergogna. »Ho sterminato nazioni; le loro torri sono distrutte, ho reso deserte le loro strade, e nessuno piú vi passa; le loro città sono distrutte, e nessuno piú vi abita. Io dicevo: »Certamente tu mi temerai, accetterai la correzione« cosí la sua dimora non sarebbe distrutta, nonostante tutte le punizioni che le ho inflitto. Ma essi si sono affrettati a pervertire tutte le loro azioni. Perciò, aspettami«, dice l’Eterno, »quando mi leverò per far bottino, perché la mia determinazione è di radunare le nazioni, di riunire i regni, per riversare su di essi la mia indignazione, tutto l’ardore della mia ira; sí, tutta la terra sarà divorata dal fuoco della mia gelosia. Poiché allora darò ai popoli un linguaggio puro, affinché tutti invochino il nome dell’Eterno, per servirlo di comune accordo. Da oltre i fiumi di Etiopia i miei adoratori, la figlia dei miei dispersi, mi porteranno le loro offerte. In quel giorno non avrai piú vergogna di tutte le tue azioni con le quali ti sei ribellata contro di me, perché allora farò allontanare dal tuo mezzo quelli che si rallegrano nella tua grandezza, e tu cesserai di inorgoglirti sul mio monte santo«. »Farò rimanere in mezzo a te un popolo umile e povero, che confiderà nel nome dell’Eterno. Il residuo d’Israele non commetterà iniquità e non dirà piú menzogne, né si troverà nella loro bocca lingua ingannatrice; poiché essi pascoleranno il loro gregge, si coricheranno e nessuno li spaventerà«. Manda grida di gioia o figlia di Sion, manda grida d’allegrezza, o Israele! Rallegrati ed esulta di tutto cuore, o figlia di Gerusalemme! L’Eterno ha revocato i suoi giudizi contro di te, ha cacciato via il tuo nemico. Il Re d’Israele, l’Eterno, è in mezzo a te, non avrai piú da temere alcun male. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: »Non temere, o Sion, le tue mani non si indeboliscano! L’Eterno, il tuo DIO, in mezzo a te e il Potente che salva. Egli esulterà di gioia per te, nel suo amore starà in silenzio, si rallegrerà per te con grida di gioia. Io raccoglierò quelli che sono afflitti per le assemblee solenni, che sono tra di voi, per i quali il peso per lei era divenuto oggetto di disprezzo. Ecco, in quel tempo io agirò contro quelli che ti opprimono, salverò lo zoppo e raccoglierò quelli che sono stati scacciati, e li renderò gloriosi e rinomati in tutti i paesi dove sono stati nella vergogna. In quel tempo io vi farò ritornare, sí, in quel tempo vi raccoglierò poiché vi renderò rinomati e gloriosi fra tutti i popoli della terra, quando, sotto i vostri occhi, farò ritornare quelli che sono in cattività«, dice l’Eterno.
Nel secondo anno del re Dario, il sesto mese, il primo giorno del mese, la parola dell’Eterno fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo, a Zorobabel, figlio di Scealtiel, governatore di Giuda, e a Giosué, figlio di Jehotsadak sommo sacerdote, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Questo popolo dice: »Il tempo non è ancora giunto, il tempo in cui la casa dell’Eterno dev’essere ricostruita««. Allora la parola dell’Eterno fu rivolta loro per mezzo del profeta Aggeo, dicendo: »E’ forse questo il tempo per voi di abitare nelle vostre case ricoperte, mentre questo tempio giace in rovina?«. Perciò ora dice l’Eterno degli eserciti: »Considerate bene il vostro comportamento! Avete seminato molto, ma avete raccolto poco; mangiate, ma non fino a saziarvi; bevete, ma non fino a soddisfare la sete, vi vestite, ma nessuno sta al caldo; chi guadagna un salario, lo guadagna per riporlo in una borsa forata«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Considerate bene il vostro comportamento! Salite sui monti, portate legname e costruite il tempio, perché possa compiacermi in esso ed essere cosí glorificato«, dice l’Eterno. »Vi aspettavate molto, ma in realtà c’è stato poco; quando poi l’avete portato a casa, io l’ho soffiato via. Perché?« dice l’Eterno degli eserciti, »a motivo del mio tempio che giace in rovina, mentre ognuno di voi corre alla propria casa. Perciò sopra di voi il cielo ha trattenuto la rugiada e la terra ha ritenuto il suo prodotto. E io ho chiamato la siccità sul paese, sui monti, sul grano, sul mosto, sull’olio e su tutto ciò che il suolo produce, sugli uomini, sul bestiame e su tutto il lavoro delle vostre mani«. Zorobabel, figlio di Scealtiel, e Giosué, figlio di Jehotsadak, il sommo sacerdote, e tutto il resto del popolo diedero ascolto alla voce dell’Eterno, il loro DIO, e alle parole del profeta Aggeo perché l’Eterno, il loro DIO, lo aveva mandato, e il popolo ebbe timore della presenza dell’Eterno. Allora Aggeo, il messaggero dell’Eterno, proclamò al popolo il messaggio dell’Eterno, dicendo: »Io sono con voi, dice l’Eterno«. Cosí l’Eterno destò lo spirito di Zorobabel figlio di Scealtiel, governatore di Giuda e lo spirito di Giosuè, figlio di Jehotsadak, il sommo sacerdote, e lo spirito di tutto il resto del popolo; allora essi vennero e iniziarono il lavoro sulla casa dell’Eterno degli eserciti, il loro DIO nel ventiquattresimo giorno del sesto mese, il secondo anno del re Dario. Nel settimo mese, il ventunesimo giorno del mese, la parola dell’Eterno fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo, dicendo: »Parla ora a Zorobabel, figlio di Scealtiel, governatore di Giuda, e a Giosué, figlio di Jehotsadak, il sommo sacerdote, e al resto del popolo, dicendo: "Chi è rimasto fra voi che ha visto questo tempio nella sua precedente gloria? E come la vedete ora? A confronto di quella, non è questa un nulla ai vostri occhi? E ora sii forte, Zorobabel dice l’Eterno »Sii forte Giosuè, figlio di Jehotsadak il sommo sacerdote; sii forte, o popolo tutto del paese«, dice l’Eterno, »e mettetevi al lavoro, perché io sono con voi«, dice l’Eterno degli eserciti, "Secondo la parola del patto che stabilii con voi quando usciste dall’Egitto, cosí il mio Spirito dimora in mezzo a voi. Non temete". Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Ancora una volta, tra poco, io farò tremare i cieli e la terra, il mare e la terra asciutta; farò tremare tutte le nazioni; il desiderio di tutte le nazioni verrà e io riempirò questo tempio di gloria" dice l’Eterno degli eserciti. "Mio è l’argento e mio è l’oro" dice l’Eterno degli eserciti. "La gloria di quest’ultimo tempio sarà piú grande di quella del precedente," dice l’Eterno degli eserciti; »e in questo luogo io darò la pace««, dice l’Eterno degli eserciti. Nel ventiquattresimo giorno del nono mese, il secondo anno di Dario, la parola dell’Eterno fu rivolta per mezzo del profeta Aggeo, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Interroga i sacerdoti riguardo alla legge, dicendo: "Se uno porta carne consacrata nel lembo della sua veste e con il lembo tocca pane o cibo cotto, vino o olio, o qualunque altro alimento, diventerà questo santificato?. I sacerdoti risposero e dissero: »No!«. Aggeo quindi disse loro: »Se uno che è impuro per il contatto di un cadavere, tocca una di queste cose, diventerà essa impura?«. I sacerdoti risposero e dissero: »Sì, diventerà impura«. Allora Aggeo rispose e disse: »Cosí è questo popolo, cosí è questa nazione davanti a me«, dice l’Eterno »e cosí è ogni lavoro delle loro mani, e ciò che là mi offrono è impuro. Ora considerate bene da questo giorno in avanti, prima che si mettesse pietra su pietra nel tempio dell’Eterno. Da quel tempo, quando uno veniva a un mucchio di venti misure ce n’erano solo dieci, quando uno veniva al tino per cavare dal tino cinquanta bati, ce n’erano solo venti. Io vi colpii con il carbonchio con la ruggine e con la grandine in ogni lavoro delle vostre mani, ma voi non tornaste a me«, dice l’Eterno. »Considerate bene da oggi in avanti, dal ventiquattresimo giorno del nono mese, dal giorno in cui si posero le fondamenta del tempio dell’Eterno. Considerate questo: c’è ancora del grano nel granaio? La vite, il fico, il melograno e l’ulivo non hanno ancora dato frutto. Ma da questo giorno in poi, io vi benedirò«. La parola dell’Eterno fu rivolta per la seconda volta ad Aggeo il ventiquattresimo giorno del mese, dicendo: »Parla a Zorobabel, governatore di Giuda, e digli: »Io farò tremare i cieli e la terra, rovescerò il trono dei regni e distruggerò la forza dei regni delle nazioni; rovescerò i carri e quelli che vi montano cadranno i cavalli e i loro cavalieri l’uno per la spada del suo fratello. In quel giorno dice l’Eterno degli eserciti, io ti prenderò, o Zorobabel, figlio di Scealtiel, mio servo dice l’Eterno, »e ti porrò come un sigillo, perché io ti ho scelto««, dice l’Eterno degli eserciti.
Nell’ottavo mese del secondo anno di Dario, la parola dell’Eterno fu rivolta a Zaccaria, figlio di Berekiah, figlio di Iddo, il profeta, dicendo: »L’Eterno è stato grandemente adirato contro i vostri padri. Perciò di’ loro: Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Tornate a me, dice l’Eterno degli eserciti, e io tornerò a voi«, dice l’Eterno degli eserciti. »Non siate come i vostri padri, ai quali i profeti del passato hanno proclamato, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Convertitevi dalle vostre vie malvagie e dalle vostre malvagie azioni«. Ma essi non diedero ascolto e non prestarono attenzione a me«, dice l’Eterno. »I vostri padri, dove sono? E i profeti vivono forse per sempre? Ma le mie parole e i miei statuti che avevo affidato ai miei servi, i profeti, non raggiunsero forse i vostri padri? Cosí essi si convertirono e dissero: »Come l’Eterno degli eserciti aveva stabilito di compiere nei nostri riguardi, in base alle nostre vie e alle nostre azioni, cosí egli ci ha fatto.«« Il giorno ventiquattro dell’undicesimo mese, che è il mese di Scebat, nel secondo anno di Dario, la parola dell’Eterno fu rivolta a Zaccaria, figlio di Berekiah, figlio di Iddo, il profeta, dicendo: Di notte ebbi una visione; ed ecco un uomo, montato su un cavallo rosso, stava fra le piante di mirto in un fossato profondo, e dietro a lui c’erano cavalli rossi, sauri e bianchi. Io domandai: »Mio signore, che significano queste cose?«. L’angelo, che parlava con me mi rispose: »Io ti farò vedere ciò che esse significano«. Allora l’uomo che stava fra le piante di mirto prese a dire: »Questi sono quelli che l’Eterno ha mandato a percorrere la terra«. Cosí essi risposero all’angelo dell’Eterno che stava fra le piante di mirto e dissero: »Abbiamo percorso la terra, ed ecco tutta la terra è in riposo e tranquilla«. Allora l’angelo dell’Eterno prese a dire: »O Eterno degli eserciti, fino a quando continuerai a non avere compassione di Gerusalemme e delle città di Giuda, contro le quali sei stato adirato durante questi settant’anni?«. Quindi all’angelo che parlava con me, l’Eterno rivolse parole buone, parole di conforto. Cosí l’angelo che parlava con me mi disse: »Grida e di’ Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Io sono grandemente geloso di Gerusalemme e di Sion; ma sono grandemente adirato con le nazioni che vivono nell’agiatezza, perché, quando mi ero un poco adirato, esse contribuirono ad aggravare il male". Perciò cosí dice l’Eterno: »Io mi volgo di nuovo a Gerusalemme con compassione; il mio tempio vi sarà ricostruito, dice l’Eterno degli eserciti, e la corda sarà stesa su Gerusalemme«. Grida ancora e di’ »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Le mie città traboccheranno ancora di beni; l’Eterno consolerà ancora Sion e sceglierà ancora Gerusalemme««. Poi alzai gli occhi, guardai ed ecco quattro corna. Io domandai all’angelo che parlava con me: »Che cosa sono queste?«. Egli mi rispose: »Queste sono le corna che hanno disperso Giuda, Israele, e Gerusalemme«. Poi l’Eterno mi fece vedere quattro fabbri. Io domandai: »Che cosa vengono a fare costoro?«. Egli rispose e disse: »Queste sono le corna che hanno disperso Giuda, cosí che nessuno poteva alzare la testa, ma questi fabbri vengono per spaventarle, per abbattere le corna delle nazioni che hanno alzato il loro corno contro il paese di Giuda per disperderlo«. Quindi alzai gli occhi e guardai, ed ecco un uomo che aveva in mano una corda per misurare. Gli domandai: »Dove vai?«. Egli mi rispose: »Vado a misurare Gerusalemme, per vedere qual è la sua larghezza e qual è la sua lunghezza«. Ed ecco, l’angelo che parlava con me si fece avanti, e un altro angelo gli uscí incontro, e gli disse: »Corri, parla a quel giovane e digli: Gerusalemme, sarà abitata come una città senza mura, per la moltitudine di uomini e di animali che ci saranno in essa. Poiché io«, dice l’Eterno, »sarò per lei un muro di fuoco tutt’intorno e sarò la sua gloria in mezzo a lei«. Ohi, ohi! »Fuggite dal paese del nord«, dice l’Eterno, »perché vi ho disperso come i quattro venti del cielo«, dice l’Eterno. Ohi, Sion, mettiti in salvo, tu che abiti con la figlia di Babilonia! Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti: »La sua gloria mi ha mandato alle nazioni che vi hanno depredato, perché chi tocca voi tocca la pupilla del suo occhio. Ecco, io agiterò la mia mano contro di loro, ed esse diventeranno preda di quelli che erano loro asserviti; allora riconoscerete che l’Eterno degli eserciti mi ha mandato. Manda grida di gioia, rallegrati, o figlia di Sion, perché ecco io verrò ad abitare in mezzo a te«, dice l’Eterno. »In quel giorno molte nazioni si uniranno all’Eterno e diventeranno mio popolo, e io abiterò in mezzo a te; allora riconoscerai che l’Eterno degli eserciti mi ha mandato a te. E l’Eterno prenderà possesso di Giuda come sua eredità nella terra santa e sceglierà ancora Gerusalemme. Ogni carne stia in silenzio davanti all’Eterno, perché egli si è destato dalla sua santa dimora«. Poi mi fece vedere il sommo sacerdote Giosuè, che stava ritto davanti all’angelo dell’Eterno, e Satana che stava alla sua destra per accusarlo. L’Eterno disse a Satana: »Ti sgridi l’Eterno, o Satana! Sí, l’Eterno che ha scelto Gerusalemme ti sgridi! Non è forse costui un tizzone strappato dal fuoco?«. Or Giosuè era vestito di vesti sudicie e stava ritto davanti all’angelo, il quale prese a dire a quelli che gli stavano davanti: »Toglietegli di dosso quelle vesti sudicie!«. Poi disse a lui: »Guarda, ho fatto scomparire da te la tua iniquità e ti farò indossare abiti magnifici«. Io quindi dissi: »Mettano sul suo capo un turbante puro«. Cosí essi gli misero in capo un turbante puro e gli fecero indossare delle vesti, mentre l’Angelo dell’Eterno era là presente. E l’Angelo dell’Eterno ammoní solennemente Giosuè dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Se camminerai nelle mie vie e osserverai la mia legge, anche tu governerai la mia casa e custodirai i miei cortili, e io ti darò libero accesso fra quelli che stanno qui. Ascolta dunque, o Giosuè, sommo sacerdote, tu e i tuoi compagni che siedono davanti a te, perché essi sono uomini di presagio, Ecco, io faccio venire il mio servo, il Germoglio, Ecco la pietra che ho posto davanti a Giosuè: su quest’unica pietra ci sono sette occhi; ecco, io inciderò la sua iscrizione«, dice l’Eterno degli eserciti, »e rimuoverò l’iniquità di questo paese in un sol giorno. In quel giorno«, dice l’Eterno degli eserciti, »ognuno di voi inviterà il suo vicino sotto la sua vite e sotto il suo fico«, Quindi l’angelo che parlava con me tornò e mi svegliò come si sveglia uno dal sonno. E mi domandò: »Che cosa vedi?«. Risposi: »Ecco, vedo un candelabro tutto d’oro che ha in cima un vaso, su cui ci sono sette lampade con sette tubi per le sette lampade che stanno in cima. Vicino ad esso stanno due ulivi, uno a destra del vaso e l’altro alla sua sinistra«. Cosí presi a dire all’angelo che parlava con me: »Signor mio, che cosa significano queste cose?«. L’angelo che parlava con me rispose e mi disse: »Non comprendi ciò che significano queste cose?«. Io dissi: »No, mio signore«. Allora egli, rispondendo, mi disse: »Questa è la parola dell’Eterno a Zorobabel; Non per potenza né per forza, ma per il mio Spirito«, dice l’Eterno degli eserciti. »Chi sei tu, o grande monte? Davanti a Zorobabel diventerai pianura. Ed egli farà andare avanti la pietra della vetta tra grida di: »Grazia, grazia su di lei!««. La parola dell’Eterno mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Le mani di Zorobabel hanno gettato le fondamenta di questo tempio e le sue mani lo porteranno a compimento; allora riconoscerai che l’Eterno degli eserciti mi ha mandato a voi. Chi ha potuto disprezzare il giorno delle piccole cose? Ma quei sette si rallegrano a vedere il filo a piombo nelle mani di Zorobabel. Questi sette sono gli occhi a dell’Eterno che percorrono tutta la terra«. Io risposi e gli dissi: »Questi due ulivi a destra e a sinistra del candelabro cosa sono?«. Per la seconda volta presi a dirgli: »Cosa sono questi due rami di ulivo che stanno accanto ai due condotti d’oro da cui è fatto defluire l’olio dorato?«. Egli mi rispose e disse: »Non comprendi ciò che sono questi?«. Io risposi: »No, mio signore«. Allora egli mi disse: »Questi sono i due unti che stanno presso il Signore di tutta la terra«. Poi alzai nuovamente gli occhi e guardai, ed ecco un rotolo che volava. L’angelo mi disse: »Che cosa vedi?«. Io risposi: »Vedo un rotolo che vola; la sua lunghezza è di venti cubiti, e la sua larghezza di dieci cubiti«. Allora egli mi disse: »Questa è la maledizione che si sta spargendo su tutto il paese; perché da ora in poi, chiunque ruba sia reciso da esso e chiunque da ora in poi giura, sarà reciso da esso. Io la farò uscire«, dice l’Eterno degli eserciti, »ed essa entrerà nella casa del ladro e nella casa di colui che giura falsamente nel mio nome; rimarrà in quella casa e la consumerà insieme col suo legname e le sue pietre«. Quindi l’angelo che parlava con me uscí e mi disse: »Alza gli occhi e guarda che cosa è ciò che sta uscendo«. Io dissi: »Che cos’è«. Egli disse: »E’l’efa che esce«. Poi aggiunse: »Questo è il loro aspetto in tutto il paese«. Quindi ecco, fu alzato un coperchio di piombo, e cosí in mezzo all’efa stava seduta una donna. Allora egli disse: »Questa è la malvagità«. E la gettò in mezzo all’efa, quindi gettò il coperchio di piombo sulla sua apertura. Poi alzai gli occhi e guardai, ed ecco avanzarsi due donne con il vento nelle loro ali, perché esse avevano ali come le ali di una cicogna, e sollevarono l’efa tra terra e cielo. Cosí domandai all’angelo che parlava con me: »Dove portano l’efa costoro?«. Egli mi rispose: »Nel paese di Scinar per costruirle una casa, quando sarà pronta l’efa sarà collocata sul suo piedistallo«. Alzai ancora gli occhi e guardai, ed ecco, quattro carri che uscivano in mezzo a due monti; e i monti erano monti di bronzo. Nel primo carro c’erano cavalli rossi, nel secondo carro cavalli neri, nel terzo carro cavalli bianchi e nel quarto carro cavalli fortemente chiazzati. Allora presi a dire all’angelo che parlava con me: »Signore mio, e questi?«. L’angelo rispose e mi disse: »Questi sono i quattro spiriti del cielo che escono dopo essere stati alla presenza del Signore di tutta la terra. Il carro con i cavalli neri va verso il paese del nord; i cavalli bianchi lo seguono, i chiazzati vanno verso il paese del sud; quindi avanzano i cavalli rosso-vivo e chiedono di andare a percorrere la terra«. Egli disse loro: »Andate, percorrete la terra!«. Cosí essi percorsero la terra. Poi egli mi chiamò e mi parlò, dicendo: »Ecco, quelli che vanno verso il paese del nord hanno fatto calmare il mio Spirito sul paese del nord«. La parola dell’Eterno mi fu quindi rivolta, dicendo: »Accetta doni dagli esuli, cioè da Heldai, da Tobiah e a Jedaiah che sono venuti da Babilonia, e recati oggi stesso in casa di Giosia, figlio di Sofonia. Prendi l’argento e l’oro, fanne una corona e mettila sul capo di Giosuè, figlio di Jehotsadak, il sommo sacerdote. Quindi parla a lui, dicendo: Cosa dice l’Eterno degli eserciti: Ecco, l’uomo, il cui nome è il Germoglio. Germoglierà nel suo luogo e costruirà il tempio dell’Eterno. Sí, egli costruirà il tempio dell’Eterno, si ammanterà di gloria e si siederà e regnerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono, e tra i due ci sarà un consiglio di pace. La corona sarà un ricordo nel tempio dell’Eterno per Helem, per Tobiah, per Jedaiah e per Hen, figlio di Sofonia. Anche quelli che sono lontani verranno per aiutare a costruire il tempio dell’Eterno; allora riconoscerete che l’Eterno degli eserciti mi ha mandato a voi. Questo avverrà se obbedirete diligentemente alla voce dell’Eterno, il vostro DIO«. Nel quarto anno del re Dario, il quarto giorno del nono mese, che è Kislev, avvenne che la parola dell’Eterno fu rivolta a Zaccaria. Avevano mandato Sharetser, assieme a Reghemmelek e i suoi uomini a Bethel per implorare il favore dell’Eterno, é per parlare ai sacerdoti che erano nella casa dell’Eterno degli eserciti e ai profeti, dicendo: »Devo piangere il quinto mese e digiunare come ho fatto per tanti anni?«. Allora la parola dell’Eterno degli eserciti mi fu rivolta, dicendo: »Parla a tutto il popolo del paese e ai sacerdoti e di’ "Quando avete digiunato e fatto cordoglio nel quinto e nel settimo mese durante questi settant’anni, avete veramente digiunato per me, proprio per me? Quando poi avete mangiato e bevuto, non avete forse mangiato e bevuto per voi stessi? Non sono queste le parole che l’Eterno degli eserciti ha proclamato per mezzo dei profeti del passato, quando Gerusalemme era abitata e tranquilla assieme alle sue città vicine ed erano pure abitati il Neghev e la pianura?«. La parola dell’Eterno fu rivolta a Zaccaria dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Amministrate fedelmente la giustizia e mostrate ognuno verso suo fratello bontà e compassione. Non opprimete la vedova e l’orfano, lo straniero e il povero, e nessuno macchini nel suo cuore del male contro il proprio fratello. Ma essi rifiutarono di ascoltare, voltarono ostinatamente le spalle e si turarono gli orecchi per non udire. Resero il loro cuore come il diamante, per non ascoltare la legge e le parole che l’Eterno degli eserciti mandava loro per mezzo del suo Spirito, attraverso i profeti del passato. Cosí ci fu grande indignazione da parte dell’Eterno degli eserciti. E avvenne che come egli chiamava ed essi non davano ascolto, cosí essi hanno gridato e io non ho dato ascolto«, dice l’Eterno degli eserciti, »ma li ho dispersi col turbine fra tutte le nazioni che essi non conoscevano. Cosí il paese rimase desolato dietro di loro, senza più nessuno che vi passasse o vi ritornasse. Di un paese di delizie essi fecero una desolazione«. La parola dell’Eterno degli eserciti mi fu nuovamente rivolta, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Io sono grandemente geloso di Sion, sí, io ardo di gelosia per lei«. Cosí dice l’Eterno: »Io ritornerò a Sion e dimorerò in mezzo a Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata la Città della fedeltà e il monte dell’Eterno degli eserciti, il monte della SANTITA’«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Nelle piazze di Gerusalemme siederanno ancora vecchi e vecchie, ognuno con il suo bastone in mano per la sua età avanzata. Le piazze della città saranno affollate di ragazzi e ragazze che giocheranno nelle sue piazze«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Se questo sembra troppo difficile agli occhi del resto di questo popolo in questi giorni, sarà pure troppo difficile ai miei occhi?«, dice l’Eterno degli eserciti. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Ecco, io salverò il mio popolo dal paese dell’est e dal paese dell’ovest. Io li farò venire ed essi abiteranno in Gerusalemme; essi saranno il mio popolo e io sarò il loro DIO a con fedeltà e giustizia«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Le vostre mani siano forti, voi che udite in questi giorni queste parole dalla bocca dei profeti che c’erano al tempo in cui si gettavano le fondamenta della casa dell’Eterno, affinché si possa ricostruire il tempio. Prima di quel tempo non c’era salario per uomo né salario per le bestie; non c’era alcuna sicurezza per chi andava e veniva a motivo del nemico, io stesso infatti mettevo tutti gli uomini gli uni contro gli altri. Ma ora non sarò piú con il residuo di questo popolo come sono stato nei tempi passati«, dice l’Eterno degli eserciti. Poiché vi sarà un seme di pace; la vite darà il suo frutto, il suolo darà i suoi prodotti e i cieli daranno la loro rugiada. Farò entrare il residuo di questo popolo in possesso di tutte queste cose. E avverrà che, come foste una maledizione fra le nazioni, o casa di Giuda e casa d’Israele, cosí quando vi salverò sarete una benedizione. Non temete, le vostre mani siano forti!«. Poiché cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Come decisi di farvi del male quando i vostri padri mi provocarono ad ira«, dice l’Eterno degli eserciti, »e non mi pentii, cosí in questi giorni ho nuovamente deciso di fare del bene a Gerusalemme e alla casa di Giuda. Non temete! Queste sono le cose che dovete fare: parlate in verità ciascuno al suo prossimo. Alle vostre porte date giudizi secondo verità, giustizia e pace. Nessuno macchini alcun male in cuor suo contro il suo prossimo e non amate il giuramento falso, perché tutte queste cose io le odio, dice l’Eterno«. La parola dell’Eterno degli eserciti mi fu ancora rivolta, dicendo: »Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Il digiuno del quarto mese, il digiuno del quinto, il digiuno del settimo e il digiuno del decimo diventeranno per la casa di Giuda un tempo di gioia, di allegrezza e di feste liete; perciò amate la verità e la pace«. Cosí dice l’Eterno degli eserciti: »Verranno ancora popoli e abitanti di molte città; gli abitanti di una città andranno da quelli dell’altra, dicendo: »Andiamo subito a supplicare la faccia dell’Eterno e a cercare l’Eterno degli eserciti. Ci andrò anch’io Sí, molti popoli e nazioni potenti verranno a cercare l’Eterno degli eserciti a Gerusalemme e a supplicare la faccia dell’Eterno«. Così dice l’Eterno degli eserciti: »In quei giorni dieci uomini di tutte le lingue delle nazioni afferreranno un Giudeo per il lembo della veste e diranno: »Noi vogliamo venire con voi perché abbiamo udito che DIO è con voi««. L’oracolo della parola dell’Eterno contro il paese di Hadrak e Damasco, suo luogo di riposo (perché gli occhi degli uomini e di tutte le tribú d’Israele sono volti all’Eterno). e contro Hamath, che confina con esso, e contro Tiro e Sidone, anche se esse sono molto sagge. Tiro si è costruita una fortezza e ha accumulato argento come polvere e oro come fango delle strade. Ecco, l’Eterno la spodesterà e distruggerà la sua potenza nel mare, ed essa sarà consumata dal fuoco. Ashkelon lo vedrà e avrà paura, anche Gaza si contorcerà dal gran dolore e cosí Ekron perché la sua aspettativa andrà delusa. Il re scomparirà da Gaza, e Ashkelon non sarà piú abitata. Un popolo bastardo abiterà in Ashdod, e io annienterò l’orgoglio dei Filistei. Toglierò il sangue dalla sua bocca e le abominazioni di fra i suoi denti, e anch’egli sarà un residuo per il nostro DIO; sarà come un capo in Giuda, ed Ekron come il Gebuseo. Mi accamperò intorno alla mia casa per difenderla da ogni esercito da chi va e chi viene; nessun oppressore passerà piú da loro, perché ora ho visto con i miei stessi occhi. Esulta grandemente, o figlia di Sion, manda grida di gioia o figlia di Gerusalemme! Ecco, il tuo re viene a te; egli è giusto e porta salvezza, umile e montato sopra un asino, sopra un puledro d’asina. Io farò scomparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme; gli archi di guerra saranno annientati. Egli parlerà di pace alle nazioni; il suo dominio si estenderà da mare a mare, e dal Fiume fino all’estremità della terra. Quanto a te, per il sangue del mio patto con te, ho liberato i tuoi prigionieri dalla fossa senz’acqua. Tornate alla fortezza, o voi prigionieri della speranza! Oggi stesso dichiaro che ti renderò il doppio. Piegherò Giuda per me come mio arco e con Efraim lo riempirò di trecce, e solleveró i tuoi figli, o Sion, contro i tuoi figli, o Javan, e ti renderò come la spada di un uomo potente. Allora sopra di loro si vedrà l’Eterno e la sua freccia partirà come un fulmine. Il Signore, l’Eterno, suonerà la tromba e avanzerà con i turbini del sud. L’Eterno degli eserciti li proteggerà; cosí essi divoreranno e calpesteranno le pietre di fionda dei loro nemici, berranno e strepiteranno come eccitati dal vino e saranno pieni di sangue come le bacinelle per i sacrifici, come i corni dell’altare. L’Eterno, il loro DIO, li salverà in quel giorno, come il gregge del suo popolo, perché saranno come le pietre preziose di una corona, che saranno innalzate come una bandiera sulla sua terra. Quanto grande sarà la sua bontà e quanto grande la sua bellezza! Il grano farà crescere i giovani, e il mosto le fanciulle. Chiedete all’Eterno la pioggia nel tempo dell’ultima pioggia! L’Eterno produrrà lampi seguiti da tuoni e pioggia, darà loro piogge abbondanti, ad ognuno erba nel proprio campo. Poiché gli idoli domestici dicono cose vane, gli indovini osservano falsità e raccontano sogni bugiardi, danno un vano conforto; per questo vanno errando come pecore, sono afflitti, perché senza pastore »La mia ira divampa contro i pastori e punirò i capri, perché l’Eterno degli eserciti visiterà il suo gregge, la casa di Giuda, e ne farà come il suo maestoso cavallo in battaglia. Da lui uscirà la testata d’angolo, da lui il piuolo, da lui l’arco di battaglia, da lui uscirà ogni dominatore, tutti insieme. E saranno come prodi che calpesteranno i loro nemici nel fango delle strade in battaglia. Combatteranno, perché l’Eterno è con loro, saranno confusi quelli che montano i cavalli. Io fortificherò la casa di Giuda e salverò la casa di Giuseppe, e li ricondurrò perché ho compassione di loro; saranno come se non li avessi mai scacciati, perché io sono l’Eterno, il loro DIO, e li esaudirò. Quelli di Efraim saranno come un prode e il loro cuore si rallegrerà come inebriato dal vino. Sí, i loro figli lo vedranno e si rallegreranno, il loro cuore esulterà nell’Eterno. Fischierò loro per riunirli, perché io li riscatterò; ed essi moltiplicheranno come già moltiplicarono. Li disseminerò fra i popoli e nei paesi lontani si ricorderanno di me; vivranno assieme ai loro figli e torneranno. Li farò ritornare dal paese d’Egitto e li raccoglierò dall’Assiria per riportarli nel paese di Galaad e al Libano, ma non ci sarà spazio sufficiente per loro. Egli passerà per il mare dell’avversità, ma percuoterà le onde del mare e tutte le profondità del fiume saranno prosciugate. L’orgoglio dell’Assiria sarà abbattuto e lo scettro d’Egitto sarà rimosso. Li renderò forti nell’Eterno ed essi cammineranno nel suo nome«, dice l’Eterno. Apri le tue porte, Libano, perché il fuoco divori i tuoi cedri. Gemi, cipresso, perché il cedro è caduto, perché gli alberi maestosi sono devastati. Urlate, querce di Bashan, perché la foresta impenetrabile è abbattuta. Si ode il lamento dei pastori, perché il loro splendore è devastato; si ode il ruggito dei leoncelli, perché la magnificenza del Giordano è devastata. Cosí dice l’Eterno, il mio DIO: »Pasci le pecore destinate al macello, i cui compratori uccidono senza essere ritenuti colpevoli e i cui venditori dicono: »Sia benedetto l’Eterno, perché mi arricchisco« e i cui pastori non ne hanno compassione alcuna. Non avrò piú compassione degli abitanti del paese«, dice l’Eterno, »anzi, farò cadere ognuno in potere del suo prossimo e in potere del suo re. Essi devasteranno il paese e non libererò alcuno dalle loro mani«. Allora mi misi a pascere le pecore destinate al macello, precisamente le piú misere del gregge. Presi quindi per me due bastoni: uno lo chiamai »Grazia« e l’altro lo chiamai »Legami« e mi misi a pascere il gregge. In un mese eliminai tre pastori. Io ero impaziente con loro, ed essi pure mi detestarono. Allora dissi: »Non vi pascerò piú: chi sta per morire muoia, e chi sta per perire perisca; quelle poi che rimangono si divorino a vicenda«. Presi quindi il mio bastone »Grazia« e lo spezzai, per annullare il patto che avevo stabilito con tutti i popoli. In quello stesso giorno fu annullato. Cosí le pecore piú misere del gregge che mi osservavano, riconobbero che quella era la parola dell’Eterno. Allora dissi loro: »Se vi pare giusto, datemi il mio salario; se no, lasciate stare«. Cosí essi pesarono il mio salario: trenta sicli d’argento. Ma l’Eterno mi disse: »Gettalo per il vasaio, il magnifico prezzo con cui sono stato da loro valutato«. Allora presi i trenta sicli d’argento e li gettai nella casa dell’Eterno per il vasaio. Quindi spezzai l’altro bastone »Legami« per rompere la fratellanza fra Giuda e Israele. L’Eterno allora mi disse: »Prenditi anche gli attrezzi di un pastore insensato. Poiché ecco, io susciterò nel paese un pastore che non si prenderà cura delle pecore che periscono, non cercherà quelle giovani, non guarirà quelle ferite, non nutrirà quelle che stanno in piedi, ma mangerà la carne delle grasse e strapperà persino le loro unghie«. Guai al pastore da nulla che abbandona il gregge! Una spada sarà contro il suo braccio e contro il suo occhio destro. Il suo braccio seccherà interamente e il suo occhio destro sarà completamente accecato. L’oracolo della parola dell’Eterno riguardo a Israele. Cosí dice l’Eterno che ha disteso i cieli, posto le fondamenta della terra e formato lo spirito dell’uomo dentro di lui: »Ecco, io farò di Gerusalemme, una coppa di stordimento per tutti i popoli circostanti; verranno pure contro Giuda, quando cingeranno d’assedio Gerusalemme. In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso saranno interamente fatti a pezzi, anche se tutte le nazioni della terra fossero radunate contro di lei. In quel giorno«, dice l’Eterno, »io colpirò di smarrimento tutti i cavalli e di pazzia i loro cavalieri; aprirò i miei occhi sulla casa di Giuda, ma colpirò di cecità tutti i cavalli dei popoli. I capi di Giuda diranno in cuor loro: »Gli abitanti di Gerusalemme sono la mia forza nell’Eterno degli eserciti, il loro DIO In quel giorno farò dei capi di Giuda come un braciere ardente in mezzo a della legna, come una torcia accesa in mezzo ai covoni. Essi divoreranno a destra e a sinistra tutti i popoli circostanti; ma Gerusalemme sarà ancora abitata nel suo proprio luogo, a Gerusalemme. L’Eterno salverà prima le tende di Giuda, perché la gloria della casa di Davide, e la gloria degli abitanti di Gerusalemme non cresca piú di quella di Giuda. In quel giorno l’Eterno difenderà gli abitanti di Gerusalemme; in quel giorno il piú debole fra loro sarà come Davide, e la casa di Davide sarà come DIO, come l’Angelo dell’Eterno davanti a loro. In quel giorno avverrà che io mi adopererò per distruggere tutte le nazioni che verranno contro Gerusalemme«. »Riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione; ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto faranno quindi cordoglio per lui, come si fa cordoglio per un figlio unico, e saranno grandemente addolorati per lui, come si è grandemente addolorati per un primogenito In quel giorno ci sarà un grande cordoglio in Gerusalemme, simile al cordoglio di Hadad-rimmon nella valle di Me-ghiddo, E il paese farà cordoglio, ogni famiglia da sé: la famiglia della casa di Davide da sé, e le loro mogli da sé; la famiglia della casa di Nathan da sé, e le loro mogli da sé; la famiglia della casa di Levi da sé, e le loro mogli da sé; la famiglia di Scimei da sé, e le loro mogli da sé; tutte le famiglie rimaste ognuna da sé, e le loro mogli da sé«. »In quel giorno sarà aperta una fonte per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme, per il peccato e per l’impurità. In quel giorno avverrà«. dice l’Eterno degli eserciti, »che io sterminerò dal paese i nomi degli idoli, che non saranno piú ricordati; farò pure scomparire dal paese i profeti e lo spirito immondo. E avverrà che, se qualcuno profetizzerà ancora, suo padre e sua madre che l’hanno generato gli diranno: »Tu non vivrai, perché proferisci menzogne nel nome dell’Eterno« Cosí suo padre e sua madre che l’hanno generato lo trafiggeranno perché profetizza. In quel giorno avverrà che ogni profeta proverà vergogna della sua visione, quando profetizzerà, e non indosserà piú il mantello di peli per ingannare. Ma ognuno dirà: »Io non sono profeta, sono un agricoltore; qualcuno mi ha insegnato ad allevare il bestiame fin dalla mia giovinezza« Se poi qualcuno gli dirà: »Che cosa sono queste ferite nelle tue mani?«, egli risponderà: »Sono quelle con cui sono stato ferito nella casa dei miei amici«. Colpito il pastore, le pecore sono disperse »Dèstati, o spada, contro il mio pastore e contro l’uomo che è mio compagno«, dice l’Eterno degli eserciti. »Colpisci il pastore e siano disperse le pecore; poi volgerò la mia mano contro i piccoli. E in tutto il paese avverrà«, dice l’Eterno, »che i due terzi vi saranno sterminati e periranno, ma un terzo vi sarà lasciato. Farò passare questo terzo per il fuoco, lo raffinerò come si raffina l’argento e lo proverò come si prova l’oro. Essi invocheranno il mio nome e io li esaudirò. Io dirò: Questo è il mio popolo, ed esso dirà: L’Eterno è il mio Dio«. L’ultimo assedio di Gerusalemme. Ecco, viene il giorno dell’eterno; allora le tue spoglie saranno spartite in mezzo a te. Io radunerò tutte le nazioni per combattere contro Gerusalemme; la città sarà presa, le case saranno saccheggiate le donne violentate. Una metà della città andrà in cattività, ma il resto del popolo non sarà sterminato dalla città. Poi l’eterno uscirà a combattere contro quelle nazioni, come combattè altre volte nel giorno della battaglia. In quel giorno i suoi piedi si fermeranno sopra il monte degli Ulivi che sta di fronte a Gerusalemme, a est, e il monte degli Ulivi si spaccherà in mezzo da est a ovest, formando cosí una grande valle; una metà del monte si ritirerà verso nord e l’altra metà verso sud. Allora voi fuggirete per la valle dei miei monti, perché la valle dei monti si estenderà fino ad Atsal; sí, fuggirete come fuggiste davanti al terremoto ai giorni di Uzziah, re di Giuda, cosí l’Eterno, il mio DIO verrà, e tutti i suoi santi saranno con te. In quel giorno avverrà che non vi sarà piú luce; gli astri luminosi si oscureranno. Sarà un giorno unico, che è conosciuto dall’Eterno; non sarà né giorno né notte, ma verso sera vi sarà luce. In quel giorno avverrà che da Gerusalemme, usciranno acque vive: metà di esse andrà verso il mare orientale, e metà verso il mare occidentale; sarà così tanto d’estate che d’inverno. Il regno universale del Messia L’Eterno sarà re su tutta la terra; in quel giorno ci sarà soltanto l’Eterno e soltanto il suo nome. Tutto il paese sarà cambiato in pianura da Gheba a Rimmon, a sud di Gerusalemme; e Gerusalemme sarà innalzata e abitata nel suo luogo, dalla porta di Beniamino, al posto della prima porta, fino alla porta dell’Angolo, e dalla torre di Hananeel ai torchi del re. La gente vi abiterà e non ci sarà più nulla di votato allo sterminio, ma Gerusalemme dimorerà al sicuro. Questa sarà la piaga con cui l’Eterno colpirà tutti i popoli che avranno mosso guerra a Gerusalemme: egli farà consumare la loro carne mentre stanno in piedi, i loro occhi si consumeranno nelle loro orbite e la loro lingua si consumerà nella loro bocca. In quel giorno avverrà che per opera dell’Eterno vi sarà in mezzo a loro una grande confusione, ognuno di loro afferrerà la mano del suo vicino e alzerà la sua mano contro la mano del suo vicino. Giuda stesso combatterà contro Gerusalemme, e la ricchezza di tutte le nazioni circostanti sarà raccolta insieme: oro, argento e vesti in grande quantità. Simile all’altra piaga sarà la piaga che colpirà i cavalli, i muli, i cammelli, gli asini e tutte le bestie che saranno in quegli accampamenti. E avverrà che ogni sopravvissuto di tutte le nazioni venute contro Gerusalemme salirà di anno in anno ad adorare il Re, l’Eterno degli eserciti, e a celebrare la festa delle Capanne. E avverrà che, se qualche famiglia della terra non salirà a Gerusalemme, per adorare il Re, l’Eterno degli eserciti su di essa non cadrà alcuna pioggia. Se la famiglia d’Egitto non salirà non verrà, neppure su di essa cadrà la pioggia, ma cadrà la stessa piaga con cui l’Eterno colpirà le nazioni che non saliranno a celebrare la festa delle Capanne. Questa sarà la punizione dell’Egitto, e la punizione di tutte le nazioni che non saliranno a celebrare la festa delle Capanne. In quel giorno sui sonagli dei cavalli sarà inciso: »SANTITA’ ALL’ETERNO«. Le pentole nella casa dell’Eterno saranno come le bacinelle davanti all’altare. Sí, ogni pentola in Gerusalemme e in Giuda sarà consacrata all’Eterno degli eserciti; tutti quelli che offriranno sacrifici verranno a prenderle per cuocervi le carni. In quel giorno nella casa dell’Eterno degli eserciti non ci sarà piú alcun mercante.
L’oracolo della parola dell’Eterno rivolta a Israele, per mezzo di Malachia. »Io v’ho amati«, dice l’Eterno. Ma voi dite: »In che cosa ci hai amati?«. »Esaù non era forse fratello di Giacobbe?«, dice l’Eterno. »Tuttavia io ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù; ho fatto dei suoi monti una desolazione e ho dato la sua eredità agli sciacalli del deserto. Anche se Edom, dicesse: »Noi siamo stati distrutti, ma torneremo a ricostruire i luoghi desolati««, cosí dice l’Eterno degli eserciti. »Essi ricostruiranno, ma io demolirò; e saranno chiamati il Territorio dell’iniquità e il popolo contro il quale l’Eterno sarà per sempre indignato. I vostri occhi vedranno e voi direte: »L’Eterno è magnificato oltre i confini d’Israele««. »Un figlio onora il padre e un servo il suo signore. Se dunque io sono padre dov’è il mio onore? E se sono signore, dov’è il timore di me?«, dice l’Eterno degli eserciti a voi, sacerdoti, »che disprezzate il mio nome, eppure dite: »In che cosa abbiamo disprezzato il tuo nome?«. Voi offrite sul mio altare, cibi contaminati, eppure dite: »In che cosa ti abbiamo contaminato? Quando dite: «La mensa dell’Eterno è spregevole" Quando offrite in sacrificio un animale cieco, non è male? Quando offrite un animale zoppo o malato, non è male? Presentalo dunque al tuo governatore. Sarà soddisfatto di te? Ti accetterà con favore?«, dice l’Eterno degli eserciti. Ora dunque implorate il favore di Dio, perché abbia misericordia di noi. »Sono le vostre mani che hanno fatto ciò, vi accetterà forse con favore?«, dice l’Eterno degli eserciti. »Oh, ci fosse almeno qualcuno tra di voi che chiudesse le porte! Allora non accendereste invano il fuoco sul mio altare. Io non prendo alcun piacere in voi«, dice l’Eterno degli eserciti, »né gradisco alcuna offerta dalle vostre mani. Poiché dal sol levante fino al ponente sarà grande il mio nome fra le nazioni e in ogni luogo sarà offerto incenso, al mio nome e un’oblazione pura, perché il mio nome sarà grande fra le nazioni«, dice l’Eterno degli eserciti. »Ma voi lo profanate quando dite: »La mensa dell’Eterno è contaminata e il suo frutto, cioè il suo cibo, è spregevole«. Voi dite pure: »Ah, che fatica!« e la trattate con disprezzo«, dice l’Eterno degli eserciti. »Cosí voi portate animali rubati, zoppi e malati; questa è l’offerta che portate. Potrei io gradirla dalle vostre mani?«, dice l’Eterno. »Maledetto il fraudolento che ha nel suo gregge un maschio e fa un voto, ma sacrifica all’Eterno un animale difettoso. Poiché io sono un Re grande«, dice l’Eterno degli eserciti, »e il mio nome è tremendo fra le nazioni«. »E ora questo comandamento è per voi, o sacerdoti. Se non date ascolto, se non vi mettete in cuore di dar gloria al mio nome« dice l’Eterno degli eserciti, »manderò su di voi la maledizione e maledirò le vostre benedizioni; sí, le ho già maledette, perché non vi mettete questo in cuore. Ecco, io sgriderò il vostro seme, e spargerò escrementi sulle vostre facce, gli escrementi delle vostre feste solenni, e voi sarete portati via con questi. Allora riconoscerete che io vi ho mandato questo comandamento, affinché il mio patto con Levi possa continuare«, dice l’Eterno degli eserciti. »Il mio patto con lui era un patto di vita e di pace, che io gli concessi perché mi temesse, ed egli mi temette e fu terrorizzato davanti al mio nome. La legge di verità era nella sua bocca, e non si trovava alcuna perversità sulle sue labbra; camminava con me nella pace e nella rettitudine e ne ritrasse molti dall’iniquità. Poiché le labbra del sacerdote dovrebbero custodire la conoscenza e dalla sua bocca uno dovrebbe cercare la legge, perché egli è il messaggero dell’Eterno degli eserciti. Voi invece vi siete allontanati dalla via, avete fatto inciampare molti nella legge, avete violato il patto di Levi«, dice l’Eterno degli eserciti. »Perciò anch’io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo, perché non avete osservato le mie vie, e avete usato parzialità nell’applicazione della legge«. Non abbiamo tutti uno stesso Padre? Non ci ha creati uno stesso Dio? Perché dunque agiamo con perfidia l’uno verso l’altro, profanando il patto dei nostri padri? Giuda ha agito con perfidia e un’abominazione è stata commessa in Israele e in Gerusalemme perché Giuda ha profanato il luogo santo dell’Eterno, che egli ama, e ha sposato la figlia di un dio straniero. L’Eterno sterminerà dalle tende di Giacobbe colui che fa questo, chi veglia, chi risponde e chi offre un’oblazione all’Eterno degli eserciti. Voi fate anche quest’altra cosa: coprite l’altare, dell’Eterno di lacrime, di pianto e di lamenti, perché non riguarda piú con favore la vostra offerta e non la riceve piú con piacere dalle vostre mani. Eppure dite: »Per quale ragione?«. Poiché l’Eterno è testimone fra te e la moglie della tua giovinezza, verso la quale ti sei comportato perfidamente, benché ella sia la tua compagna e la moglie del tuo patto. Ma non li fece Dio uno e nondimeno lo spirito rimase in lui? E perché mai uno? Poiché egli cercava una discendenza da DIO. Badate dunque al vostro spirito e nessuno si comporti perfidamente verso la moglie della sua giovinezza. Poiché l’Eterno, il DIO d’Israele, dice che egli odia il divorzio e chi copre di violenza la sua veste«, dice l’Eterno degli eserciti. Badate dunque al vostro spirito e non comportatevi perfidamente. Voi stancate l’Eterno con le vostre parole, eppure dite: »In che cosa lo abbiamo stancato?«. Perché voi dite: »Chiunque fa il male è gradito all’Eterno, che si compiace in lui«, oppure: »Dov’è il DIO della giustizia?«. »Ecco, io mando il mio messaggero a preparare la via davanti a me. E subito il Signore, che voi cercate, entrerà nel suo tempio, l’angelo del patto in cui prendete piacere, ecco, verrà«, dice l’Eterno degli eserciti. »Ma chi potrà sostenere il giorno della sua venuta? Chi potrà rimanere in piedi quando egli apparirà? Egli è come un fuoco d’affinatore, come la soda dei lavandai. Egli siederà come chi affina e purifica l’argento; purificherà i figli di Levi e li affinerà come oro e argento, perché possano offrire all’Eterno un’oblazione con giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradevole all’Eterno, come nei tempi passati, come negli anni di prima. Cosí mi avvicinerò a voi per il giudizio e sarò un testimone pronto contro gli stregoni, contro gli adulteri, contro quelli che giurano il falso, contro quelli che frodano il salario all’operaio, opprimono la vedova e l’orfano, allontanano lo straniero e non temono me«. dice l’Eterno degli eserciti. »Io sono l’Eterno, non muto; perciò voi, o figli di Giacobbe, non siete consumati. Fin dai giorni dei vostri padri vi siete allontanati dai miei statuti e non li avete osservati. Tornate a me e io tornerò a voi«, dice l’Eterno degli eserciti. »Ma voi dite: »In che cosa dobbiamo tornare?«. Un uomo deruberà DIO? Eppure voi mi derubate e poi dite: »In che cosa ti abbiamo derubato?« Nelle decime e nelle offerte. Voi siete colpiti di maledizione perché mi derubate, sí, tutta quanta la nazione. Portate tutte le decime alla casa del tesoro, perché vi sia cibo nella mia casa, e poi mettetemi alla prova in questo«. dice l’Eterno degli eserciti, »se io non vi aprirò le cateratte del cielo e non riverserò su di voi tanta benedizione che non avrete spazio sufficiente ove riporla. Inoltre sgriderò per voi il divoratore, perché non distrugga piú il frutto del vostro suolo, e la vostra vite non mancherà di portar frutto per voi nella campagna«, dice l’Eterno degli eserciti. »Tutte le nazioni vi proclameranno beati perché sarete un paese di delizie«, dice l’Eterno degli eserciti. »Avete usato parole dure contro di me«, dice l’Eterno. »Eppure dite: »Che cosa abbiamo detto contro di te?« Avete detto: »E’ vano servire DIO; quale guadagno c’è nell’osservare i suoi ordinamenti e ad andare vestiti a lutto davanti all’Eterno degli eserciti? Perciò noi proclamiamo beati i superbi. Non solo gli operatori d’iniquità prosperano, ma essi tentano pure DIO e sfuggono"«. Allora quelli che temevano l’Eterno si sono parlati l’uno all’altro. L’Eterno è stato attento ed ha ascoltato e un libro di ricordo è stato scritto davanti a lui per quelli che temono l’Eterno e onorano il suo nome. »Essi saranno miei«, dice l’Eterno degli eserciti, »nel giorno in cui preparo il mio particolare tesoro, e li risparmierò, come un uomo risparmia il figlio che lo serve. Allora vedrete nuovamente la differenza che c’è fra il giusto e l’empio, fra colui che serve DIO e colui che non lo serve«. »Poiché ecco, il giorno viene, ardente come una fornace; e tutti quelli che operano empiamente saranno come stoppia; il giorno che viene li brucerà«, dice l’Eterno degli eserciti, »in modo da non lasciar loro né radice né ramo. Ma per voi che temete il mio nome, sorgerà il sole della giustizia con la guarigione nelle sue ali, e voi uscirete e salterete come vitelli di stalla. Calpesterete gli empi perché saranno cenere sotto la pianta dei vostri piedi nel giorno che io preparo«, dice l’Eterno degli eserciti. »Ricordatevi della legge di Mosè, mio servo, al quale in Horeb ordinai statuti e decreti per tutto Israele. Ecco, io vi manderò Elia, il profeta, prima che venga il giorno grande e spaventevole dell’Eterno. Egli farà ritornare il cuore dei padri ai figli e il cuore dei figli ai padri, affinché non venga a colpire il paese di completo sterminio.
Libro della genealogia di Gesú Cristo, figlio di Davide, figlio di Abrahamo. Abrahamo generò Isacco; Isacco generò Giacobbe; Giacobbe; generò Giuda e i suoi fratelli. Giuda generò Fares e Zara da Tamar; Fares generò Esrom; Esrom generò Aram; Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson; Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Rahab; Booz generò Obed da Ruth; Obed generò Iesse. Iesse generò il re Davide; il re Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria. Salomone generò Roboamo; Roboamo generò Abia; Abia generò Asa Asa generò Giosafat; Giosafat generò Ioram; Ioram generò Ozia. Ozia generò Ioatam; Ioatam generò Acaz; Acaz generò Ezechia. Ezechia generò Manasse; Manasse generò Amon; Amon generò Iosia. Iosia generò Ieconia e i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia. Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel; Salatiel generò Zorobahel. Zorobabel generò Abiud; Abiud generò Eliakim; Eliakim generò Azor. Azor generò Sadok; Sadok generò Achim; Achim generò Eliud. Eliud generò Eleazar; Eleazar generò Matthan; Matthan generò Giacobbe. Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesú, che è chiamato Cristo. Cosí, tutte le generazioni da Abrahamo fino a Davide sono quattordici generazioni; e da Davide fino alla deportazione in Babilonia, quattordici generazioni; e dalla deportazione in Babilonia fino a Cristo, quattordici generazioni. Or la nascita di Gesú Cristo avvenne in questo modo. Maria, sua madre, era stata promessa in matrimonio a Giuseppe, ma prima che iniziassero a stare insieme, si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Allora Giuseppe, suo sposo, che era uomo giusto e non voleva esporla ad infamia, deliberò di lasciarla segretamente. Ma, mentre rifletteva su queste cose, ecco che un angelo del Signore gli apparve in sogno, dicendo: »Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria come tua moglie, perché ciò che è stato concepito in lei è opera dello Spirito Santo. Ed ella partorirà un figlio e tu gli porrai nome Gesú, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati«. Or tutto ciò avvenne affinché si adempisse quello che era stato detto dal Signore, per mezzo del profeta che dice: »Ecco, la vergine sarà incinta e partorirà un figlio, il quale sarà chiamato Emmanuele che, interpretato, vuol dire: »Dio con noi«. E Giuseppe, destatosi dal sonno, fece come l’angelo del Signore gli aveva comandato e prese con sé sua moglie; ma egli non la conobbe, finché ella ebbe partorito il suo figlio primogenito, al quale pose nome Gesú. Ora, dopo che Gesú era nato in Betlemme di Giudea al tempo del re Erode, ecco dei magi dall’oriente arrivarono a Gerusalemme, dicendo: »Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo«. All’udire ciò, il re Erode fu turbato, e tutta Gerusalemme con lui. E, radunati tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi, del popolo, s’informò da loro dove doveva nascere il Cristo. Ed essi gli dissero: »In Betlemme di Giudea, perché cosí è scritto per mezzo del profeta: "E tu, Betlemme terra di Giuda, non sei certo la minima fra i principi di Giuda, perché da te uscirà un capo, che pascerà il mio popolo Israele"«. Allora Erode, chiamati di nascosto i magi, domandò loro con esattezza da quanto tempo la stella era apparsa. E, mandandoli a Betlemme, disse loro »Andate e domandate diligentemente del bambino, e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo«. Ed essi, udito il re, partirono; ed ecco, la stella che avevano veduta in oriente andava davanti a loro finché, giunta sul luogo dov’era il bambino, vi si fermò. Quando essi videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. E, entrati nella casa, trovarono il bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono. Poi aperti i loro tesori, gli offrirono doni: oro, incenso e mirra. Quindi, divinamente avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese. Ora, dopo che furono partiti, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: »Alzati, prendi il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e rimani là finché io non ti avvertirò, perché Erode cercherà il bambino per farlo morire«. Egli dunque, destatosi, prese il bambino e sua madre di notte, e si rifugiò in Egitto. E rimase là fino alla morte di Erode, affinché si adempisse quello che fu detto dal Signore per mezzo del profeta, che dice: »Ho chiamato il mio figlio fuori dall’Egitto«. Allora Erode, vedendosi beffato dai magi, si adirò grandemente e mandò a far uccidere tutti i bambini che erano in Betlemme e in tutti i suoi dintorni, dall’età di due anni in giú, secondo il tempo del quale si era diligentemente informato dai magi. Allora si adempí quello che fu detto dal profeta Geremia che dice: »Un grido è stato udito in Rama, un lamento, un pianto e un grande cordoglio; Rachele piange i suoi figli e rifiuta di essere consolata, perché non sono più«. Ora, morto Erode, ecco un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto, e gli disse: »Alzati, prendi il bambino e sua madre e va’ nel paese d’Israele, perché coloro che cercavano la vita del bambino sono morti«. Ed egli, alzatosi, prese il bambino e sua madre e venne nel paese d’Israele; ma, avendo udito che Archelao regnava in Giudea al posto di Erode suo padre, ebbe paura di andare là. E, divinamente avvertito in sogno, si rifugiò nel territorio della Galilea, e, giunto là, abitò in una città detta Nazaret, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti: »Egli sarà chiamato Nazareno«. Or in quei giorni venne Giovanni Battista, che predicava nel deserto della Giudea, e diceva: »Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino!« Questi infatti è colui di cui parlò il profeta Isaia quando disse: »Una voce di uno che grida nel deserto: »Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri««. Or Giovanni stesso portava un vestito di peli di cammello e una cintura di cuoio intorno ai lombi e il suo cibo erano locuste e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la regione adiacente il Giordano accorrevano a lui, ed erano battezzati da lui nel Giordano, confessando i loro peccati. Ma egli, vedendo molti dei farisei, e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: »Razza di vipere, chi vi ha mostrato a fuggire dall’ira a venire? Fate dunque frutti degni di ravvedimento! E non pensate di dir fra voi stessi: »Noi abbiamo Abrahamo per padre« perché io vi dico che Dio può far sorgere dei figli di Abrahamo anche da queste pietre. E la scure è già posta alla radice degli alberi; ogni albero dunque che non fa buon frutto, sarà tagliato e gettato nel fuoco, Io vi battezzo in acqua, per il ravvedimento; ma colui che viene dopo di me è piú forte di me e io non sono degno neanche di portare i suoi sandali, egli vi battezzerà con lo Spirito Santo, e col fuoco. Egli ha in mano il suo ventilabro e pulirà interamente la sua aia; raccoglierà il suo grano nel granaio, ma arderà la pula con fuoco inestinguibile«. Allora Gesú venne dalla Galilea al Giordano da Giovanni per essere da lui battezzato. Ma Giovanni gli si opponeva fortemente dicendo: »Io ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me?«. E Gesú, rispondendo, gli disse: »Lascia fare per ora, perché cosí ci conviene adempiere ogni giustizia«. Allora egli lo lasciò fare. E Gesú, appena fu battezzato uscí fuori dall’acqua; ed ecco i cieli gli si aprirono, ed egli vide lo Spirito di DIO scendere come una colomba e venire su di lui; ed ecco una voce dal cielo. che disse: »Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto«. Allora Gesú fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. E, dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Ora il tentatore, accostandosi, gli disse: »Se tu sei il Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane«. Ma egli, rispondendo, disse: »Sta scritto: »L’uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio««. Allora il diavolo lo trasportò nella santa città, lo pose sull’orlo del tempio e gli disse: »Se sei il Figlio di Dio, gettati giú, perché sta scritto: »Egli darà ordine ai suoi angeli riguardo a te; ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché non urti col tuo piede in alcuna pietra««. Gesú gli disse: »Sta anche scritto »Non tentare il Signore Dio tuo««. Di nuovo il diavolo lo trasportò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: »Io ti darò tutte queste cose se, prostrandoti a terra, mi adori«. Allora Gesú gli disse: »Vattene Satana, poiché sta scritto: »Adora il Signore Dio tuo e servi a lui solo««. Allora il diavolo lo lasciò; ed ecco degli angeli gli si accostarono e lo servivano. Or Gesú, avendo udito che Giovanni era stato messo in prigione, si ritirò nella Galilea. Poi lasciò Nazaret e venne ad abitare a Capernaum, città posta sulla riva del mare, ai confini di Zabulon e di Neftali. affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta Isaia, quando disse: »Il paese di Zabulon, il paese di Neftali, sulla riva del mare, la regione al di là del Giordano, la Galilea dei gentili, il popolo che giaceva nelle tenebre ha visto una grande luce, e su coloro che giacevano nella regione e nell’ombra della morte, si è levata la luce«. Da quel tempo Gesú cominciò a predicare e a dire: »Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino!«. Or Gesú, camminando lungo il mare della Galilea, vide due fratelli: Simone detto Pietro e Andrea suo fratello, i quali gettavano la rete nel mare, poiché erano pescatori; e disse loro: »Seguitemi e io vi farò pescatori di uomini«. Or essi, lasciate prontamente le reti, lo seguirono. E, proseguendo il cammino, vide due altri fratelli: Giacomo, il figlio di Zebedeo e Giovanni suo fratello, nella barca con Zebedeo loro padre, i quali riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi, lasciata prontamente la barca e il padre loro, lo seguirono. E Gesú andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando l’evangelo del regno, e sanando ogni malattia e ogni infermità fra il popolo. E la sua fama si sparse per tutta la Siria; e gli presentarono tutti i malati, colpiti da varie infermità e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarí. E grandi folle lo seguivano dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano. Ed egli, vedendo le folle, salí sul monte e, come si fu seduto i suoi discepoli gli si accostarono. Allora egli, aperta la bocca, li ammaestrava, dicendo: »Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Beati coloro che fanno cordoglio perché saranno consolati. Beati i mansueti, perché essi erediteranno la terra. Beati coloro che sono affamati e assetati di giustizia, perché essi saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché essi otterranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio. Beati coloro che si adoperano per la pace, perché essi saranno chiamati figli di Dio. Beati coloro che sono perseguitati a causa della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. Beati sarete voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli, poiché cosí hanno perseguitato i profeti che furono prima di voi«. »Voi siete il sale della terra; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli si renderà il sapore? A null’altro serve che ad essere gettato via e ad essere calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; una città posta sopra un monte non può essere nascosta. Similmente, non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candeliere, perché faccia luce a tutti coloro che sono in casa. Cosí risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli«. »Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento. Perché in verità vi dico: Finché il cielo e la terra non passeranno, neppure un iota, o un solo apice della legge passerà, prima che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà trasgredito uno di questi minimi comandamenti e avrà cosí insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma colui che li metterà in pratica e li insegnerà, sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Perciò io vi dico: Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi, e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli. Voi avete udito che fu detto agli antichi: »Non uccidere« e: »Chiunque ucciderà, sarà sottoposto al giudizio«; ma io vi dico: Chiunque si adira contro suo fratello senza motivo, sarà sottoposto al giudizio; e chi avrà detto al proprio fratello: »Raca«, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: stolto sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se tu dunque stai per presentare la tua offerta all’altare, e lí ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lí la tua offerta davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi torna e presenta la tua offerta. Fa’ presto un accordo amichevole con il tuo avversario, mentre sei sulla via con lui, che talora il tuo avversario non ti dia in mano del giudice e il giudice ti consegni alla guardia e tu sia messo prigione In verità ti dico, che non uscirai di là finché tu non abbia pagato a l’ultimo centesimo. Voi avete udito che fu detto agli antichi: »Non commettere adulterio« Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore. Ora, se il tuo occhio destro ti è causa di peccato, cavalo e gettalo via da te perché è meglio per te che un tuo membro perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nella Geenna; e se la tua mano destra ti è causa di peccato, mozzala e gettala via da te, perché è meglio per te che un tuo membro perisca, piuttosto che tutto il tuo corpo sia gettato nella Geenna. E’ stato pure detto: »Chiunque ripudia la propria moglie, le dia l’atto del divorzio«. Ma io vi dico: Chiunque manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, la fa essere adultera e chiunque sposa una donna ripudiata commette adulterio. Avete inoltre udito che fu detto agli antichi: »Non giurare il falso; ma adempi le cose promesse con giuramento al Signore«. Ma io vi dico: Non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio. né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del gran Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di fare bianco o nero un solo capello; ma il vostro parlare sia: Sí, sí, no, no; tutto ciò che va oltre questo, viene dal maligno. Voi avete udito che fu detto: »Occhio per occhio e dente per dente«. Ma io vi dico: Non resistere al malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra, e se uno vuol farti causa per toglierti la tunica, lasciagli anche il mantello. E se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Da’ a chi ti chiede, e non rifiutarti di dare a chi desidera qualcosa in prestito da te. Voi avete udito che fu detto: »Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico«. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro, che è nei cieli, poiché egli fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Perché, se amate coloro che vi amano, che premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli«. »Guardatevi dal fare la vostra elemosina davanti agli uomini, per essere da loro ammirati; altrimenti voi non ne avrete ricompensa presso il Padre vostro, che è nei cieli. Quando dunque fai l’elemosina, non far suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per essere onorati dagli uomini; in verità vi dico, che essi hanno già ricevuto il loro premio. Anzi quando tu fai l’elemosina non sappia la tua sinistra quello che fa la destra. affinché la tua elemosina si faccia in segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto te ne darà la ricompensa palesemente. E quando tu preghi, non essere come gli ipocriti, perché essi amano pregare stando in piedi nelle sinagoghe, e agli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini; in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta, chiudi la tua porta e prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà pubblicamente. Ora, nel pregare, non usate inutili ripetizioni come fanno i pagani perché essi pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno prima che gliele chiediate. Voi dunque pregate in questa maniera: »Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome. Venga il tuo regno. Sia fatta la tua volontà in terra come in cielo. Dacci oggi il nostro pane necessario. E perdonaci i nostri debiti, come anche noi perdoniamo ai nostri debitori. E non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno, perché tuo è il regno e la potenza e la gloria in eterno. Amen". Perché, se voi perdonate agli uomini le loro offese, il vostro Padre celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini le loro offese, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre. Ora, quando digiunate, non siate mesti d’aspetto come gli ipocriti; perché essi si sfigurano la faccia per mostrare agli uomini che digiunano, in verità vi dico che essi hanno già ricevuto il loro premio. Ma tu, quando digiuni, ungiti il capo e lavati la faccia, per non mostrare agli uomini che tu digiuni, ma al Padre tuo nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, te ne darà la ricompensa pubblicamente«. »Non vi fate tesori sulla terra, dove la tignola e la ruggine guastano, e dove i ladri sfondano e rubano, anzi fatevi tesori in cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove i ladri non sfondano e non rubano. Perché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. La lampada del corpo è l’occhio; se dunque l’occhio tuo è puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato ma se l’occhio tuo è viziato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso, se dunque la luce che è in te è tenebre, quanto grandi saranno quelle tenebre! Nessuno può servire a due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro; oppure sarà fedele all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona. Perciò io vi dico: Non siate con ansietà solleciti per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di che vi vestirete. La vita non vale piú del cibo e il corpo piú del vestito? Osservate gli uccelli del cielo: essi non seminano non mietono e non raccolgono in granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto piú di loro? E chi di voi, con la sua sollecitudine, può aggiungere alla sua statura un solo cubito? Perché siete in ansietà intorno al vestire? Considerate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico, che Salomone stesso, con tutta la sua gloria, non fu vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste in questa maniera l’erba dei campi, che oggi è e domani è gettata nel forno, quanto piú vestirà voi o uomini di poca fede? Non siate dunque in ansietà, dicendo: »Che mangeremo, o che berremo, o di che ci vestiremo? Poiché sono i gentili quelli che cercano tutte queste cose, il Padre vostro celeste, infatti, sa che avete bisogno di tutte queste cose. Ma cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte. Non siate dunque in ansietà del domani, perché il domani si prenderà cura per conto suo. Basta a ciascun giorno il suo affanno«. »Non giudicate, affinché non siate giudicati. Perché sarete giudicati secondo il giudizio col quale giudicate, e con la misura con cui misurate, sarà pure misurato a voi Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Ovvero, come puoi dire a tuo fratello: »Lascia che ti tolga dall’occhio la pagliuzza«, mentre c’è una trave nel tuo occhio? Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello. Non date ciò che è santo ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con i piedi e poi si rivoltino per sbranarvi. Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa. Vi è tra voi qualche uomo che, se suo figlio gli chiede del pane, gli darà una pietra? O se gli chiede un pesce, gli darà una serpe? Se dunque voi, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto piú il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a coloro che gliele chiedono. Tutte le cose dunque che voi volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro, perché questa è la legge ed i profeti. Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono coloro che entrano per essa. Quanto stretta è invece la porta e angusta la via che conduce alla vita! E pochi sono coloro che la trovano! Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci Voi li riconoscerete dai loro frutti. Si raccoglie uva dalle spine o fichi dai rovi? Cosí, ogni albero buono produce frutti buoni; ma l’albero cattivo produce frutti cattivi. Un albero buono non può dare frutti cattivi, né un albero cattivo dare frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto è tagliato, e gettato nel fuoco. Voi dunque li riconoscerete dai loro frutti. Non chiunque mi dice: »Signore, Signore« entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: »Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato nel tuo nome, e nel tuo nome scacciato demoni e fatte nel tuo nome molte opere potenti?« E allora dichiarerò loro: »Io non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi tutti operatori di iniquità«. Perciò, chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, io lo paragono ad un uomo avveduto, che ha edificato la sua casa sopra la roccia. Cadde la pioggia, vennero le inondazioni, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa; essa però non crollò, perché era fondata sopra la roccia. Chiunque invece ode queste parole non le mette in pratica, sarà paragonato ad un uomo stolto, che ha edificato la sua casa sulla sabbia. Cadde poi la pioggia, vennero le inondazioni, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa; essa crollò e la sua rovina fu grande«. Ora, quando Gesú ebbe finito questi discorsi, le folle stupivano della sua dottrina, perché egli le ammaestrava, come, uno che ha autorità e non come gli scribi. Ora, quando egli fu sceso dal monte, grandi folle lo seguirono. Ed ecco, un lebbroso venne e l’adorò, dicendo: »Signore, se vuoi, tu puoi mondarmi«. Gesú, distesa la mano, lo toccò dicendo: »Sí, io lo voglio, sii mondato«. E in quell’istante egli fu guarito dalla sua lebbra. Allora Gesú gli disse: »Guardati dal dirlo ad alcuno; ma va mostrati al sacerdote, e presenta l’offerta prescritta da Mosè, affinché questo serva loro di testimonianza«. Quando Gesú fu entrato in Capernaum, un centurione venne a lui pregandolo, e dicendo: »Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre grandemente«. E Gesú gli disse: »Io verrò e lo guarirò«. Il centurione, rispondendo, disse: »Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto; ma di’ soltanto una parola, e il mio servo sarà guarito. Perché io sono un uomo sotto l’autorità di altri e ho sotto di me dei soldati; e se dico all’uno: »Va’« egli va; e se dico all’altro: »Vieni« egli viene; e se dico al mio servo: »Fa’ questo« egli lo fa«. E Gesú, avendo udite queste cose, si meravigliò, e disse a coloro che lo seguivano: »In verità vi dico, che neppure in Israele ho trovata una cosí grande fede. Or io vi dico, che molti verranno da levante e da ponente e sederanno a tavola con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe, nel regno dei cieli. Ma i figli del regno saranno gettati nelle tenebre di fuori. Lí sarà il pianto e lo stridor di denti«, E Gesú disse al centurione: »Va’ e ti sia fatto come hai creduto!«. E il suo servo fu guarito in quell’istante. Poi Gesú, entrato nella casa di Pietro, vide che la suocera di lui era a letto con la febbre. Ed egli le toccò la mano e la febbre la lasciò, ed ella si alzò e prese a servirli. Ora, fattosi sera, gli furono presentati molti indemoniati; ed egli, con la parola, scacciò gli spiriti e guarí tutti i malati, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta Isaia, quando disse: »Egli ha preso le nostre infermità e ha portato le nostre malattie«. Ora Gesú, vedendo intorno a sé grandi folle, comandò che si passasse all’altra riva, Allora uno scriba, accostatosi, gli disse: »Maestro, io ti seguirò dovunque tu andrai«. E Gesú gli disse: »Le volpi hanno delle tane, e gli uccelli del cielo dei nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha neppure dove posare il capo«. Poi un altro dei suoi discepoli gli disse: »Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre«. Ma Gesú gli disse: »Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti«. Ed essendo egli salito nella barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco sollevarsi in mare una tempesta cosí violenta, che la barca era coperta dalle onde. Or egli dormiva. E i suoi discepoli, accostatisi, lo svegliarono dicendo: »Signore salvaci, noi periamo!«. Ma egli disse loro: »Perché avete paura, uomini di poca fede?«. E, alzatosi, sgridò i venti e il mare, e si fece gran bonaccia. Allora gli uomini si meravigliarono, e dicevano: »Chi è costui, al quale anche il mare e i venti ubbidiscono?«. E quando giunse all’altra riva, nella regione dei Ghergheseni, gli si fecero incontro due indemoniati, usciti dai sepolcri, tanto furiosi che nessuno poteva passare per quella via. Ed ecco, essi si misero a gridare, dicendo: »Che vi è tra noi e te, o Gesú, Figlio di Dio? Sei tu venuto qui, per tormentarci prima del tempo?«. Non lontano da loro, vi era un grande branco di porci che pascolava. E i demoni lo pregavano, dicendo: »Se tu ci scacci, permettici di andare in quel branco di porci«. Ed egli disse loro: »Andate!«. Cosi essi, usciti, se ne andarono in quel branco di porci, ed ecco tutto quel branco di porci si precipitò dal dirupo nel mare, e morirono nelle acque. Coloro che li custodivano fuggirono e, andati nella città, raccontarono tutte queste cose, incluso il fatto degli indemoniati. Ed ecco tutta la città uscí incontro a Gesú; e, come lo videro, lo pregarono di allontanarsi dal loro territorio. Ed egli, salito sulla barca, passò all’altra riva e venne nella sua città. Ed ecco, gli fu presentato un paralitico disteso sopra un letto e Gesú, vista la loro fede, disse al paralitico: »Figliolo, fatti animo, i tuoi peccati ti sono perdonati!«. Allora alcuni scribi, dicevano fra sè: »Costui bestemmia!«. Ma Gesú, conosciuti i loro pensieri, disse: »Perché pensate cose malvagie nei vostri cuori? Infatti, che cosa è piú facile dire: »I tuoi peccati ti sono perdonati« oppure: »Alzati e cammina?« Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha autorità in terra di perdonare i peccati: Alzati (disse al paralitico), prendi il tuo letto e vattene a casa tua!«. Ed egli, alzatosi, se ne andò a casa sua. Le folle, veduto ciò, si meravigliavano e glorificavano Dio, che aveva dato tale potere agli uomini. Poi Gesú, passando oltre, vide un uomo che sedeva al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: »Seguimi!«. Ed egli, alzatosi, lo seguí. E avvenne che, mentre Gesú era a tavola in casa, molti pubblicani e peccatori vennero e si misero a tavola con lui e con i suoi discepoli. I farisei, veduto ciò, dissero ai suoi discepoli: »Perché il vostro Maestro mangia insieme ai pubblicani, e ai peccatori?«. E Gesú, avendo sentito, disse loro: »Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Or andate e imparate che cosa significa: »Io voglio misericordia e non sacrificio Perché io non sono venuto per chiamare a ravvedimento i giusti, ma i peccatori«. Allora si accostarono a lui i discepoli di Giovanni, e gli dissero: »Perché noi e i farisei digiuniamo spesso, mentre i tuoi discepoli non digiunano?«. E Gesú disse loro: »Possono gli amici dello sposo essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa nuova su di un abito vecchio, perché ciò porta via il rattoppo e lo strappo si fa peggiore. Neppure si mette del vino nuovo in otri vecchi; altrimenti gli otri si rompono, il vino si spande e gli otri si perdono; ma si mette il vino nuovo in otri nuovi, cosí si conservano entrambi«. Mentre egli diceva loro queste cose, uno dei capi della sinagoga, si avvicinò e si inchinò davanti a lui, dicendo: »Mia figlia è morta proprio ora, ma vieni, metti la mano su di lei ed ella vivrà«. E Gesú, alzatosi, lo seguí insieme ai suoi discepoli. Ed ecco una donna, affetta da un flusso di sangue già da dodici anni, gli si accostò di dietro e toccò il lembo della sua veste. Perché diceva fra sé: »Se riuscirò anche solo a toccare la sua veste sarò guarita«. Gesú, voltatosi e vedutala, le disse »Fatti animo, figliola, la tua fede ti ha guarita«. Da quell’ora la donna fu guarita. Quando Gesú arrivò in casa del capo della sinagoga e vide i sonatori di flauto e la folla che faceva strepito, disse loro: »Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme« Ed essi lo deridevano. Poi, quando la folla fu messa fuori, egli entrò, prese la fanciulla per la mano ed ella si alzò. La fama di ciò si divulgò per tutto quel paese. E, mentre Gesú partiva di là, due ciechi lo seguirono gridando e dicendo: »Abbi pietà di noi, Figlio di Davide!«. Quando egli entrò in casa, quei ciechi si accostarono a lui. Gesú disse loro: »Credete che io possa far questo?«. Essi gli risposero: »Sí, Signore«. Allora egli toccò loro gli occhi dicendo: »Vi sia fatto secondo la vostra fede«. E i loro occhi si aprirono. Poi Gesú ordinò loro severamente, dicendo: »Badate che nessuno lo sappia«. Ma essi, usciti fuori, divulgarono la sua fama per tutto quel paese. Ora, come quei ciechi uscivano, gli fu presentato un uomo muto e indemoniato, E, quando il demone fu scacciato, il muto parlò e le folle si meravigliarono dicendo: »Non si è mai vista una simile cosa in Israele«. Ma i farisei dicevano: »Egli scaccia i demoni con l’aiuto del principe dei demoni!«. E Gesú andava attorno per tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando l’evangelo del regno e guarendo ogni malattia e ogni infermità fra il popolo. Vedendo le folle, ne ebbe compassione perché erano stanche e disperse, come pecore senza pastore. Allora egli disse ai suoi discepoli: »La mèsse è veramente grande, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il Signore della mèsse che spinga degli operai nella sua mèsse«. Poi, chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro autorità sopra gli spiriti immondi per scacciarli e per guarire qualunque malattia e qualunque infermità. Ora i nomi dei dodici apostoli sono questi: il primo Simone detto Pietro e Andrea suo fratello Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Lebbeo, soprannominato Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradí. Questi sono i dodici che Gesú inviò dopo aver dato loro questi ordini: »Non andate tra i gentili e non entrate in alcuna città dei Samaritani, ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele, Andate e predicate, dicendo: »il regno dei cieli è vicino«, Guarite gli infermi, mondate i lebbrosi, risuscitate i morti, scacciate i demoni; gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non fate provvista di oro, né di argento né di denaro nelle vostre cinture, né di sacca da viaggio, né di due tuniche, né di calzari, né di bastone, perché l’operaio è degno del suo nutrimento. Ora, in qualunque città o villaggio entrate, informatevi se vi sia qualcuno degno e lí rimanete fino alla vostra partenza, E quando entrate nella casa, datele il vostro saluto, E se quella è degna, venga la vostra pace su di essa; ma, se non è degna, la vostra pace ritorni a voi. E se qualcuno non vi riceve e non ascolta le vostre parole, uscendo da quella casa o da quella città, scuotete la polvere dai vostri piedi, Vi dico in verità che, nel giorno del giudizio, il paese di Sodoma e di Gomorra sarà trattato con piú tolleranza di quella città. Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe. Ma guardatevi dagli uomini, perché vi trascineranno davanti ai loro sinedri, e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe, E sarete condotti davanti ai governatori e davanti ai re, per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai gentili. Quando essi vi metteranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come parlerete o di che cosa dovrete dire; perché in quella stessa ora vi sarà dato ciò che dovrete dire; poiché non sarete voi a parlare, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Ora il fratello consegnerà a morte il fratello e il padre il figlio; e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato fino alla fine, sarà salvato, Ora, quando vi perseguiteranno in una città, fuggite a in un’altra, perché in verità vi dico, che non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo. Il discepolo non è da piú del maestro, né il servo da piú del suo signore, Basta al discepolo di essere come il suo maestro e al servo come il suo padrone. Se hanno chiamato il padrone di casa Beelzebub, quanto piú chiameranno cosí quelli di casa sua! Non li temete dunque, poiché non c’è nulla di nascosto che non debba essere rivelato e nulla di segreto che non debba essere conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre, ditelo nella luce, e ciò che udite dettovi all’orecchio, predicatelo sui tetti. E non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima; temete piuttosto colui che può far perire l’anima e il corpo nella Geenna. Non si vendono forse due passeri per un soldo? Eppure neanche uno di loro cade a terra senza il volere del Padre vostro. Ma quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete dunque; voi siete da piú di molti passeri. Chiunque perciò mi riconoscerà, davanti agli uomini, io pure lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli. Ma chiunque mi rinnegherà davanti agli uomini, io pure lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli«. »Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a mettervi la pace, ma la spada. Perché io sono venuto a mettere disaccordo tra figlio e padre tra figlia e madre, tra nuora e suocera, e i nemici dell’uomo saranno quelli di casa sua. Chi ama padre o madre piú di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia piú di me, non è degno di me. E chi non prende la sua croce e non viene dietro a me, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà; ma chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la ritroverà. Chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta nel nome di un profeta, riceverà un premio da profeta; e chi riceve un giusto nel nome di un giusto, riceverà un premio da giusto. E chiunque darà da bere anche un solo bicchiere d’acqua fredda a uno di questi piccoli nel nome di un discepolo, in verità vi dico, che egli non perderà affatto il suo premio«, E dopo che Gesú ebbe finito di dare disposizioni ai suoi dodici discepoli, se ne andò di là, per insegnare e predicare nelle loro città. Or Giovanni, avendo in prigione sentito parlare delle opere del Cristo, mandò due dei suoi discepoli a dirgli: »Sei tu colui che deve venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?« E Gesú, rispondendo, disse loro: »Andate e riferite a Giovanni le cose che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista e gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati e i sordi odono; i morti risuscitano e l’evangelo è annunziato ai poveri. Beato è colui che non si sarà scandalizzato di me!«. Ora, come essi se ne andavano, Gesú prese a dire alle folle intorno a Giovanni: »Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Ma che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Ecco, coloro che portano vesti morbide abitano nei palazzi dei re. Insomma, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sí, vi dico, egli è piú che un profeta, Perché questi è colui del quale è scritto: »Ecco, io mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, egli preparerà la tua strada davanti a te«. In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto mai nessuno piú grande di Giovanni Battista; ma il minimo nel regno dei cieli è piú grande di lui. E dai giorni di Giovanni Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti lo rapiscono. Poiché tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni. E se lo volete accettare, egli è Elia che doveva venire. Chi ha orecchi da udire, oda! Ma a chi paragonerò questa generazione? Essa è simile a fanciulli seduti nelle piazze, che si rivolgono ai loro compagni e dicono: »Noi vi abbiamo sonato il flauto e voi non avete ballato, abbiamo intonato lamenti e voi non avete fatto cordoglio«. Difatti è venuto Giovanni, che non mangia né beve, ed essi dicono egli ha un demone venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, ed essi dicono: »Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani, e dei peccatori« Ma alla sapienza è stata resa giustizia dai suoi figli«. Allora egli cominciò a rimproverare quelle città, in cui la maggior parte delle sue opere potenti erano state fatte, perché esse non si erano ravvedute, dicendo: »Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidone fossero state fatte le opere potenti che sono state compiute tra di voi, già da tempo si sarebbero pentite con sacco e cenere. Perciò io vi dico che nel giorno del giudizio, Tiro e Sidone saranno trattate con piú tolleranza di voi. E tu, o Capernaum, che sei stata innalzata fino al cielo, sarai abbassata fino all’inferno, perché se in Sodoma fossero state fatte le opere potenti compiute in te, essa esisterebbe ancora oggi. Pertanto io vi dico che nel giorno del giudizio la sorte del paese di Sodoma sarà piú tollerabile della tua«. In quel tempo Gesú prese a dire: »Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai savi e agli intelligenti, e le hai rivelate ai piccoli fanciulli. Sí, o Padre, perché cosí ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio, e nessuno conosce il Figlio, se non il Padre; e nessuno conosce il Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarlo. Venite a me, voi tutti che siete travagliati e aggravati, ed io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo per le vostre anime. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso è leggero!«. In quel tempo Gesú camminava in giorno di sabato tra i campi di grano; ora i suoi discepoli ebbero fame e si misero a svellere delle spighe e a mangiarle. Ma i farisei, veduto ciò, gli dissero: »Ecco, i tuoi discepoli fanno quello che non è lecito fare in giorno di sabato«. Ed egli disse loro: »Non avete letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame, egli e quelli che erano con lui? Come egli entrò nella casa di Dio e mangiò i pani della presentazione, che non era lecito mangiare né a lui, né a quelli che erano con lui, ma solo ai sacerdoti? Ovvero, non avete letto nella legge che nel tempio i sacerdoti, nei giorni di sabato, trasgrediscono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c’è qualcuno piú grande del tempio. Ora, se voi sapeste che cosa significa: »Io voglio misericordia e non sacrificio« non avreste condannato gl’innocenti. Perché il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato«. Poi, partitosi di là, entrò nella loro sinagoga; ed ecco, vi era un uomo che aveva una mano secca. Ed essi domandarono a Gesú, per poterlo poi accusare: »è lecito guarire qualcuno in giorno di sabato?«. Ed egli disse loro: »Chi è l’uomo fra voi che avendo una pecora, se questa cade in giorno di sabato in una fossa, non la prenda e non la tiri fuori? Ora, quanto vale un uomo piú di una pecora! E dunque lecito fare del bene in giorno di sabato?«. Allora egli disse a quell’uomo: »Stendi la tua mano!«. Ed egli la stese e fu resa sana come l’altra. Ma i farisei, usciti fuori, tennero consiglio contro di lui, del come farlo morire, Ma Gesú, conoscendo ciò, si allontanò di là; grandi folle lo seguirono, ed egli li guarí tutti, e ordinò loro severamente di non dire chi egli fosse, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta Isaia che dice: »Ecco il mio servo che io ho scelto; l’amato mio in cui l’anima mia si è compiaciuta. Io metterò il mio Spirito su di lui, ed egli annunzierà la giustizia alle genti. Egli non disputerà e non griderà e nessuno udirà la sua voce per le piazze. Egli non frantumerà la canna rotta e non spegnerà il lucignolo fumante, finché non abbia fatto trionfare la giustizia. E le genti spereranno nel suo nome«. Allora gli fu presentato un indemoniato, cieco e muto; ed egli lo guarí, sicché il cieco e muto parlava e vedeva. E tutte le folle stupivano e dicevano: »Non è costui il Figlio di Davide?«. Ma i farisei, udito ciò, dicevano: »Costui scaccia i demoni a solo per virtú di Beelzebub, principe dei demoni«. E Gesú, conoscendo i loro pensieri, disse loro: »Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina; ed ogni città o casa, divisa contro se stessa non può durare. Ora, se Satana scaccia Satana, egli è diviso contro se stesso, come dunque può durare il suo regno? E se io scaccio i demoni con l’aiuto di Beelzebub, con l’aiuto di chi li scacciano i vostri figli? Per questo essi saranno i vostri giudici. Ma, se io scaccio i demoni per mezzo dello Spirito di Dio, allora il regno di Dio è giunto in mezzo a voi. Ovvero, come può uno entrare nella casa dell’uomo forte e rapirgli i suoi beni, se prima non lega l’uomo forte? Allora soltanto riuscirà a saccheggiare la sua casa. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Perciò io vi dico: Ogni peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini; ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà loro perdonata. E chiunque parla contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma chi parla contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonato, né in questa età né in quella futura«. »O fate l’albero buono e il suo frutto sarà buono, o fate l’albero malvagio e il suo frutto sarà malvagio; infatti l’albero lo si conosce dal frutto. Razza di vipere! Come potete dir cose buone, essendo malvagi? Poiché la bocca parla dall’abbondanza del cuore. L’uomo buono dal buon tesoro del cuore trae cose buone; ma l’uomo malvagio dal suo malvagio tesoro trae cose malvagie. Or io dico che nel giorno del giudizio gli uomini renderanno conto di ogni parola oziosa che avranno detta. Poiché in base alle tue parole sarai giustificato, e in base alle tue parole sarai condannato«. Allora alcuni scribi e farisei, lo interrogarono, dicendo: »Maestro, noi vorremmo vedere da te qualche segno«. Ma egli, rispondendo, disse loro: »Questa malvagia e adultera generazione chiede un segno, ma nessun segno le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Infatti, come Giona fu tre giorni e tre notti nel ventre del grosso pesce, cosí starà il Figlio dell’uomo tre giorni e tre notti nel cuore della terra. I Niniviti risorgeranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona; ed ecco, qui c’è uno piú grande di Giona. La regina del mezzogiorno risusciterà nel giudizio con questa generazione e la condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui c’è uno piú grande di Salomone. Ora, quando lo spirito immondo è uscito da un uomo, vaga per luoghi aridi, cercando riposo e non lo trova. Allora dice: »Ritornerò nella mia casa da dove sono uscito ma quando giunge, la trova vuota, spazzata e adorna; va allora a prendere con sé altri sette spiriti peggiori di lui, i quali entrano e vi prendono dimora; e l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima, Cosí avverrà anche a questa generazione malvagia«. Ora, mentre egli parlava ancora alle folle, ecco sua madre e i suoi fratelli i quali, fermatisi fuori, cercavano di parlargli. E qualcuno gli disse: »Ecco tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e cercano di parlarti«. Ma egli rispondendo, disse a colui che lo aveva informato: »Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?«. E, distesa la mano verso i suoi discepoli, disse: »Ecco mia madre e i miei fratelli. Poiché chiunque fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello, sorella e madre«. Ora, in quello stesso giorno Gesú, uscito di casa, si pose a sedere presso il mare. E grandi folle si radunarono intorno a lui, cosí che egli, salito su una barca, si pose a sedere; e tutta la folla stava in piedi sulla riva. Ed egli espose loro molte cose in parabole, dicendo: »Ecco, un seminatore uscí a seminare. Mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada; e gli uccelli vennero e lo mangiarono. Un’altra cadde in luoghi rocciosi, dove non c’era molta terra, e subito germogliò perché il terreno non era profondo ma, levatosi il sole, fu riarso e, perché non aveva radice, si seccò. Un’altra cadde tra le spine; e le spine crebbero e la soffocarono. E un’altra cadde in buona terra e portò frutto dando il cento, il sessanta, ed il trenta per uno. Chi ha orecchi da udire, oda!«. Allora i discepoli, accostatisi, gli dissero: »Perché parli loro in parabole?«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Perché a chiunque ha sarà dato, e sarà nell’abbondanza, ma a chiunque non ha, gli sarà tolto anche quello che ha. Perciò io parlo loro in parabole, perché vedendo non vedano, e udendo non odano né comprendano. Cosí si adempie in loro la profezia d’Isaia, che dice: »Voi udirete ma non intenderete; guarderete ma non vedrete«. Perché il cuore di questo popolo è divenuto insensibile, essi sono diventati duri d’orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, e non intendano col cuore e non si convertano, e io li guarisca Ma, beati i vostri occhi perché vedono, e i vostri orecchi perché odono. Perché in verità vi dico che molti profeti e giusti desiderarono vedere le cose che voi vedete e non le videro, e udire le cose che voi udite e non le udirono! Voi dunque intendete la parabola del seminatore. Quando qualcuno ode la parola del regno e non la comprende, il maligno viene e porta via ciò che era stato seminato nel suo cuore. Questi è colui che ha ricevuto il seme lungo la strada. E quello che ha ricevuto il seme in luoghi rocciosi, è colui che ode la parola e subito la riceve con gioia ma non ha radice in sé, ed è di corta durata; e quando sopraggiunge la tribolazione o persecuzione, a causa della parola, ne è subito scandalizzato. E quello che ha ricevuto il seme fra le spine è colui che ode la parola, ma le sollecitudini di questo mondo e l’inganno delle ricchezze soffocano la parola; ed essa diviene infruttuosa. Quello invece che riceve il seme nella buona terra, è colui che ode la parola, la comprende e porta frutto; e produce uno il cento, un altro il sessanta e un altro il trenta per uno«. Egli propose loro un’altra parabola dicendo: »Il regno dei cieli è simile a un uomo, che seminò buon seme nel suo campo. Ma, mentre gli uomini dormivano, venne il suo nemico e seminò della zizzania in mezzo al grano, e se ne andò. Quando poi il grano germogliò e mise frutto, apparve anche la zizzania. E i servi del padrone di casa vennero a lui e gli dissero: »Signore, non hai seminato buon seme nel tuo campo? Come mai, dunque, c’è della zizzania?«. Ed egli disse loro: »un nemico ha fatto questo«. Allora i servi gli dissero: »Vuoi dunque che andiamo e la estirpiamo?« Ma egli disse: »No, per timore che estirpando la zizzania, non sradichiate insieme ad essa anche il grano. Lasciate che crescano entrambi insieme fino alla mietitura; e al tempo della mietitura io dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano, invece, riponetelo nel mio granaio«. Egli propose loro un’altra parabola, dicendo: »Il regno dei cieli è simile a un granello di senape che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è certamente il piú piccolo di tutti i semi, ma una volta cresciuto è il piú grande di tutte le erbe e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a ripararsi tra i suoi rami«. Egli disse loro un’altra parabola: »Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prende ed impasta con tre misure di farina finché tutta la pasta sia lievitata«. Gesú disse alle folle tutte queste cose in parabole, e parlava loro solo in parabole, affinhé si adempisse ciò che fu detto dal profeta: »Io aprirò la mia bocca in parabole e rivelerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo«. Allora Gesú, licenziate le folle, se ne ritornò a casa e i suoi discepoli gli si accostarono, dicendo: »Spiegaci la parabola della zizzania a nel campo«. Ed egli, rispondendo disse loro: »Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo, il buon seme sono i figli del regno, e la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo, mentre la mietitura è la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, cosí avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, ed essi raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e gli operatori d’iniquità, e li getteranno nella fornace del fuoco. Lì sarà pianto e stridor di denti. Allora i giusti risplenderanno come Il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi da udire, oda!«. »Di nuovo, il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto in un campo, che un uomo, avendolo trovato. nasconde; e, per la gioia che ne ha, va, vende tutto ciò che ha e compera quel campo. Ancora, il regno dei cieli è simile ad un mercante che va in cerca di belle perle. E, trovata una perla di grande valore, va, vende tutto ciò che ha, e la compera. Il regno dei cieli è pure simile ad una rete gettata in mare, che raccoglie ogni sorta di cose. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e, postisi a sedere, raccolgono ciò che è buono nelle ceste, mentre gettano via quello non buono. Cosí avverrà alla fine del mondo, gli angeli verranno e separeranno i malvagi dai giusti e li getteranno nella fornace del fuoco. Lí sarà pianto e stridor di denti. Gesú disse loro: »Avete capito tutte queste cose?«. Essi gli dissero: »Sì Signore«. Ed egli disse loro: »Perciò ogni scriba, ammaestrato per il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che trae fuori dal suo tesoro cose nuove e vecchie«. Ora, quando Gesú ebbe finito queste parabole, se ne andò di là. E, venuto nella sua patria, li ammaestrava nella loro sinagoga, sicché essi stupivano e dicevano: »Da dove ha ricevuto costui questa sapienza e queste potenti operazioni? Non è costui il figlio del falegname? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Iose, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove ha egli dunque ricevuto queste cose?«. E si scandalizzavano di lui. Ma Gesú disse loro: »Nessun profeta è disprezzato, se non nella sua patria e in casa sua«. Ed egli non fece lí molte opere potenti a causa della loro incredulità. In quel tempo Erode, il tetrarca, udí della fama di Gesú, e disse ai suoi servi: »Costui è Giovanni Battista; egli è risuscitato dai morti e perciò le potenze soprannaturali operano in lui«. Erode infatti, aveva arrestato Giovanni, lo aveva incatenato e messo in prigione, a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo. Perché Giovanni gli diceva: »Non ti è lecito di convivere con lei!«. E, pur volendo farlo morire, egli temeva il popolo, che lo riteneva un profeta. Ora, mentre si celebrava il compleanno di Erode, la figlia di Erodiade danzò in sua presenza e piacque a Erode, tanto che egli le promise con giuramento di darle tutto ciò che gli avesse chiesto. Ed ella, istigata da sua madre, disse: »Dammi qui, su un piatto, la testa di Giovanni Battista«. Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e per riguardo degli invitati che erano con lui a tavola, comandò che le fosse data. Cosí mandò a far decapitare Giovanni Battista in prigione; e la sua testa fu portata su un piatto e data alla fanciulla; ed ella la portò a sua madre. Poi vennero i suoi discepoli, presero il corpo e lo seppellirono; in seguito essi andarono a riferire l’accaduto a Gesú. Quando Gesú ebbe udito ciò, partí di là su una barca e si ritirò in disparte, in un luogo deserto. E le folle, saputolo, lo seguirono a piedi dalle città. E Gesú, smontato dalla barca, vide una grande folla e ne ebbe compassione, e ne guarí gli infermi. Poi, facendosi sera, i suoi discepoli gli si accostarono, e gli dissero: »Questo luogo è deserto, ed è già tardi; licenzia dunque le folle affinché vadano per i villaggi a comprarsi da mangiare«. Ma Gesú disse loro: »Non è necessario che se ne vadano, date voi a loro da mangiare«. Ed essi gli dissero: »Noi non abbiamo qui altro che cinque pani e due pesci«. Ed egli disse: »Portatemeli qua«. Comandò quindi che le folle si sedessero sull’erba; poi prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, li benedisse; spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli, alle folle. E tutti mangiarono e furono saziati poi i discepoli raccolsero i pezzi avanzati in dodici ceste piene. Ora, coloro che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Subito dopo Gesú costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo all’altra riva, mentre egli licenziava le folle. Dopo averle congedate, salí sul monte in disparte per pregare. E, fattosi sera, era là tutto solo. La barca intanto si trovava al largo, in mezzo al mare, ed era sbattuta dalle onde perché il vento era contrario. Alla quarta vigilia, della notte, Gesú andò verso di loro, camminando sul mare. I discepoli, vedendolo camminare sul mare, si turbarono e dissero: »è un fantasma!«. E si misero a gridare dalla paura; ma subito Gesú parlò loro, dicendo: »Rassicuratevi; sono io, non temete!«. E Pietro, rispondendogli disse: »Signore, se sei tu, comandami di venire da te sulle acque«. Egli disse: »Vieni!« E Pietro, sceso dalla barca, camminò sulle acque, per venire da Gesú. Ma, vedendo il vento forte, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò dicendo: »Signore, salvami!«. E subito Gesú stese la mano, lo prese e gli disse: »O uomo di poca fede, perché hai dubitato?«. Poi, quando salirono in barca, il vento si acquetò. Allora quelli che erano nella barca vennero e l’adorarono, dicendo: »Veramente tu sei il Figlio di Dio!«. Poi, essendo passati all’altra riva, vennero nella regione di Gennesaret. E gli uomini di quel luogo, avendolo riconosciuto, diffusero la notizia per tutta la regione circostante; e gli presentarono tutti i malati; e lo pregarono che potessero toccare almeno il lembo della sua veste, e tutti quelli che lo toccarono furono perfettamente guariti. Allora gli scribi, e i farisei, di Gerusalemme vennero da Gesú e gli dissero: »Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli anziani? Poiché non si lavano le mani prima di mangiare«. Ma egli rispose e disse loro: »E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione? Dio infatti ha comandato cosí: »Onora il padre e la madre« e ancora: »Chi maledice padre o madre sia punito con la morte«. Voi invece dite: »Chiunque dice al padre o alla madre: Tutto ciò con cui potrei sostenerti è stato offerto a Dio«, egli non è piú obbligato a onorare suo padre e sua madre. Cosí facendo, voi avete annullato il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione. Ipocriti, ben profetizzò di voi Isaia quando disse: "Questo popolo si accosta a me con la bocca e mi onora con le labbra; ma il loro cuore è lontano da me. E invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono comandamenti di uomini«. Poi, chiamata a sé la folla, disse loro: »Ascoltate e intendete: Non ciò che entra nella bocca contamina l’uomo, ma è quel che esce dalla bocca che contamina l’uomo«. Allora i suoi discepoli, accostatisi, gli dissero: »Sai tu che a sentire queste parole i farisei si sono scandalizzati?«. Ma egli, rispondendo, disse: »Ogni pianta che il Padre mio celeste non ha piantata sarà sradicata. Lasciateli, sono ciechi guide di ciechi; e se un cieco guida un altro cieco, ambedue cadranno nella fossa«. Allora Pietro, rispondendo, gli disse: »Spiegaci questa parabola«. E Gesú disse: »Neppure voi avete ancora capito? Non capite che tutto ciò che entra nella bocca se ne va nel ventre, e viene espulso nella fogna? Ma le cose che escono dalla bocca procedono dal cuore; sono esse che contaminano l’uomo. Poiché dal cuore provengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, maldicenze. Queste sono le cose che contaminano l’uomo; ma il mangiare senza lavarsi le mani non contamina l’uomo«. Poi Gesú, partito di là, si diresse verso le parti di Tiro e di Sidone, Ed ecco una donna Cananea, venuta da quei dintorni, si mise a gridare, dicendo: »Abbi pietà di me, Signore, Figlio di Davide! Mia figlia è terribilmente tormentata da un demone!«. Ma egli non le rispondeva nulla. E i suoi discepoli, accostatisi, lo pregavano dicendo: »Licenziala, perché ci grida dietro«. Ma egli, rispondendo, disse: »Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d’Israele«. Ella però venne e l’adorò, dicendo: »Signore, aiutami!«. Egli le rispose, dicendo: »Non è cosa buona prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini«. Ma ella disse: »è vero, Signore, poiché anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni«. Allora Gesú le rispose, dicendo: »O donna, grande è la tua fede! Ti sia fatto come tu vuoi«. E in quel momento sua figlia fu guarita. Poi partito di là, Gesú venne presso il mare di Galilea e, salito sul monte, là egli si pose a sedere. E grandi folle si accostarono a lui, recando con sé zoppi, ciechi, muti, storpi e molti altri; li deposero ai piedi di Gesú ed egli li guarí. Tanto che le folle si meravigliavano, nel vedere che i muti parlavano, gli storpi erano guariti, gli zoppi camminavano e i ciechi vedevano; e glorificavano il Dio d’Israele. E Gesú, chiamati a sé i suoi discepoli, disse: »Io ho pietà della folla, perché sono già tre giorni che sta con me e non ha niente da mangiare; eppure non voglio licenziarli digiuni, affinché non vengano meno lungo la strada«. E i suoi discepoli gli dissero: »Dove potremmo procurarci, in un luogo deserto, abbastanza pane per sfamare una folla cosí grande?«. E Gesú disse loro: »Quanti pani avete?«. Essi dissero: »Sette e pochi pesciolini«. Egli comandò allora alle folle che si mettessero a sedere per terra. Poi prese i sette pani e i pesci e, dopo aver reso grazie, li spezzò e li diede ai suoi discepoli, e i discepoli alla folla. E tutti mangiarono e furono saziati e dei pezzi avanzati ne raccolsero sette panieri pieni. Ora coloro che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini. Poi, licenziate le folle, egli salí in barca e si diresse nella regione di Magdala. Poi si accostarono a lui i farisei, e i sadducei e, per tentarlo, gli chiesero di mostrar loro un segno dal cielo. Ma egli rispose loro e disse: »Quando si fa sera, voi dite: »Farà bel tempo perché il cielo rosseggia«. E la mattina dite: »Oggi farà tempesta perché il cielo tutto cupo rosseggia«. Ipocriti, ben sapete dunque distinguere l’aspetto del cielo, ma non riuscite a discernere i segni dei tempi? Una generazione malvagia ed adultera richiede un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno del profeta Giona«, E, lasciatili, se ne andò. Quando i suoi discepoli furono giunti all’altra riva, ecco avevano dimenticato di prendere del pane. E Gesú disse loro: »State attenti e guardatevi dal lievito dei farisei e dei sadducei!«. Ed essi ragionavano fra loro, dicendo: »è perché non abbiamo preso del pane«. Ma Gesú, accortosene, disse loro: »O uomini di poca fede, perché discutete tra di voi per non aver preso del pane? Non avete ancora capito e non vi ricordate dei cinque pani per i cinquemila uomini, e quante ceste ne avete raccolto? E dei sette pani per i quattromila uomini, e quanti panieri ne avete riempito? Come mai non capite che non mi riferivo al pane quando vi dissi di guardarvi dal lievito dei farisei e dei sadducei?«. Allora essi capirono che egli non aveva detto di guardarsi dal lievito del pane, ma dalla dottrina dei farisei e dei sadducei. Poi Gesú, giunto dalle parti di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: »Chi dicono gli uomini che io, il Figlio dell’uomo, sia?«. Ed essi dissero: »Alcuni, Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia, o uno dei profeti«. Egli disse loro: »E voi, chi dite che io sia?«. E Simon Pietro, rispondendo, disse: »Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente«. E Gesú, rispondendo, gli disse: »Tu sei beato, o Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli. Ed io altresí ti dico, che tu sei Pietro, e sopra questa roccia io edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno non la potranno vincere. Ed io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla terra sarà sciolto nei cieli«, Allora egli ordinò ai suoi discepoli di non dire ad alcuno che egli era Gesú, il Cristo. Da quel momento Gesú cominciò a dichiarare ai suoi discepoli che era necessario per lui andare a Gerusalemme e soffrire molte cose da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, essere ucciso e risuscitare il terzo giorno. Allora Pietro lo prese in disparte e cominciò a riprenderlo, dicendo: »Signore, Dio te ne liberi; questo non ti avverrà mai«. Ma egli, voltatosi, disse a Pietro: »Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini«. Allora Gesú disse ai suoi discepoli: »Se qualcuno mi vuole seguire, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi avrà perduto la propria vita per amor mio, la ritroverà. Che giova infatti all’uomo, se guadagna tutto il mondo e poi perde la propria anima? Ovvero, che darà l’uomo in cambio dell’anima sua? Perché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo con i suoi angeli; e allora egli renderà a ciascuno secondo il suo operato, In verità vi dico che alcuni di coloro che sono qui presenti non morranno prima d’aver visto il Figlio dell’uomo venire nel suo regno«. Sei giorni dopo Gesú prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello, e li condusse sopra un alto monte, in disparte; e fu trasfigurato alla loro presenza: la sua faccia risplendette come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosé ed Elia, che conversavano con lui. Pietro allora, prendendo la parola disse a Gesú: »Signore, è bene che noi stiamo qui; se vuoi, faremo qui tre tende: una per te, una per Mosé e una per Elia«. Mentre egli parlava ancora, ecco una nuvola luminosa li adombrò, e si udí una voce dalla nuvola che diceva: »Questi è il mio amato Figlio, in cui mi sono compiaciuto: ascoltatelo!«. E i discepoli, udito ciò, caddero con la faccia a terra e furono presi da gran spavento. Ma Gesú, accostatosi, li toccò e disse: »Alzatevi e non temete!«. Ed essi, alzati gli occhi, non videro alcuno se non Gesú tutto solo. Poi, mentre scendevano dal monte, Gesú diede loro quest’ordine dicendo: »Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risuscitato dai morti«. Allora i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: »Come mai dunque gli scribi, dicono che prima deve venire Elia?«. E Gesú rispose loro, dicendo: »Elia veramente deve venire prima e ristabilire ogni cosa. Ma io vi dico che Elia è già venuto ed essi non l’hanno riconosciuto, anzi l’hanno trattato come hanno voluto; cosí anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire da parte loro«. Allora i discepoli compresero che aveva parlato loro di Giovanni Battista. Quando giunsero presso la folla, un uomo gli si accostò e, inginocchiandosi davanti a lui, disse: »Signore, abbi pietà di mio figlio, perché è epilettico e soffre grandemente; egli cade spesso nel fuoco ed anche nell’acqua. Or io l’ho presentato ai tuoi discepoli, ma essi non l’hanno potuto guarire«. E Gesú, rispondendo, disse: »O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? Portatelo qui da me«. Gesú allora sgridò il demone, che uscí da lui; e da quell’istante il fanciullo fu guarito. Allora i discepoli, accostatisi a Gesú in disparte, dissero: »Perché non siamo stati capaci di scacciarlo?«. E Gesú disse loro: »Per la vostra incredulità; perché io vi dico in verità che, se avete fede quanto un granel di senape, direte a questo monte: »spostati da qui a là« ed esso si sposterà; e niente vi sarà impossibile. Ora questa specie di demoni non esce se non mediante la preghiera e il digiuno«. Ora, mentre essi s’intrattenevano nella Galilea, Gesú disse loro: »Il Figlio dell’uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini, ed essi l’uccideranno; ma il terzo giorno egli risusciterà«. Ed essi ne furono grandemente contristati. Quando giunsero a Capernaum, gli esattori di didramme si accostarono a Pietro e dissero: »Il vostro maestro, non paga le didramme?«. Egli disse: »Sí«. Quando fu entrato in casa, Gesú lo prevenne dicendo: »Che ti pare Simone? Da chi prendono i re della terra i tributi, o le tasse? Dai propri figli o dagli estranei?«. Pietro gli disse: »Dagli estranei«. Gesú disse: »I figli dunque sono esenti. Tuttavia per non scandalizzarli, va’al mare, getta l’amo e prendi il primo pesce che verrà su; aprigli la bocca e vi troverai uno statere, prendilo e dallo loro per te e per me«. In quell’Ora i discepoli si accostarono a Gesú e gli chiesero: »Chi dunque è il piú grande nel regno dei cieli?«. E Gesú, chiamato a sé un piccolo fanciullo, lo pose in mezzo a loro e disse: »In verità vi dico: se non vi convertite e non diventate come piccoli fanciulli, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli. Chi dunque si umilierà come questo piccolo fanciullo, sarà il piú grande nel regno dei cieli. E chiunque riceve un piccolo fanciullo come questo in nome mio, riceve me. Ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse legata una macina d’asino al collo e che fosse sommerso nel fondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! Perché è necessario che avvengano gli scandali, ma guai a quell’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! Ora, se la tua mano, o il tuo piede, ti è occasione di peccato, mozzalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. Parimenti, se il tuo occhio ti è occasione di peccato, cavalo e gettalo via da te, è meglio per te entrare nella vita avendo un occhio solo che, avendone due, esser gettato nella Geenna, del fuoco. Guardatevi dal disprezzare alcuno di questi piccoli, perché io vi dico che gli angeli loro vedono continuamente nei cieli la faccia del Padre mio, che è nei cieli. Poiché il Figlio dell’uomo è venuto per salvare ciò che era perduto. Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore ed una di esse si smarrisce non lascerà egli le novantanove sui monti per andare in cerca di quella smarrita? E se gli capita di ritrovarla, io vi dico in verità che si rallegrerà piú di questa che delle novantanove che non si erano smarrite. Cosí è la volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neppure uno di questi piccoli perisca«. »Ora, se il tuo fratello ha peccato contro di te, va’ e riprendilo fra te e lui solo; se ti ascolta, tu hai guadagnato il tuo fratello; ma se non ti ascolta, prendi con te ancora uno o due persone, affinché ogni parola sia confermata per la bocca di due o tre testimoni. Se poi rifiuta di ascoltarli, dillo alla chiesa; e se rifiuta anche di ascoltare la chiesa, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità vi dico che tutte le cose che voi avrete legate sulla terra saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra saranno sciolte nel cielo Ancora io vi dico che, se due di voi si accordano sulla terra per domandare qualunque cosa, questa sarà loro concessa dal Padre mio che è nei cieli. Poiché dovunque due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro«. Allora Pietro, accostatosi, gli disse: »Signore, se il mio fratello pecca contro di me, quante volte gli dovrò perdonare? Fino a sette volte?«. Gesú gli disse: »Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette. Perciò il regno dei cieli è simile ad un re, il quale volle fare i conti con i suoi servi. Avendo iniziato a fare i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. E non avendo questi di che pagare, il suo padrone comandò che fosse venduto lui con sua moglie, i suoi figli e tutto quanto aveva, perché il debito fosse saldato. Allora quel servo, gettandosi a terra gli si prostrò davanti dicendo: »Signore, abbi pazienza con me e ti pagherò tutto« Mosso a compassione, il padrone di quel servo lo lasciò andare e gli condonò il debito. Ma quel servo, uscito fuori, incontrò uno dei suoi conservi, che gli doveva cento denari; e, afferratolo per la gola, lo soffocava dicendo: »Pagami ciò che mi devi« Allora il suo conservo, gettandosi ai suoi piedi, lo supplicava dicendo: »Abbi pazienza con me, e ti pagherò tutto« Ma costui non volle, anzi andò e lo fece imprigionare, finché non avesse pagato il debito. Ora gli altri servi, visto quanto era accaduto, ne furono grandemente rattristati e andarono a riferire al loro padrone tutto ciò che era accaduto. Allora il suo padrone lo chiamò a sé e gli disse: »servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché mi hai supplicato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?" E il suo padrone, adiratosi, lo consegnò agli aguzzini finché non avesse pagato tutto quanto gli doveva. Cosí il mio Padre celeste farà pure a voi, se ciascuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello i suoi falli«. Quando Gesú terminò questi discorsi, partí dalla Galilea e venne nel territorio della Giudea, al di là del Giordano. Grandi folle lo seguirono, e là egli le guarí. Allora gli si accostarono alcuni farisei per tentarlo, e gli dissero: »è lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »Non avete voi letto che chi li creò da principio, li creò maschio e femmina? E disse: »Perciò l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà con la propria moglie, e i due diverranno una sola carne«. E cosí non sono piú due, ma una sola carne, quello dunque che Dio ha unito insieme, l’uomo non lo separi«. Essi gli dissero: »Perché allora Mosé ha ordinato di darle un atto di divorzio e mandarla via?«. Egli disse loro: »Per la durezza dei vostri cuori Mosé vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non era cosí. Or io vi dico che chiunque manda via la propria moglie, eccetto in caso di fornicazione, e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chi sposa colei che è stata mandata via, commette adulterio«. I suoi discepoli gli dissero: »Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla moglie, non conviene sposarsi«. Ma egli disse loro: »Non tutti sono capaci di accettare questo parlare, ma è per coloro ai quali è stato dato. Poiché vi sono degli eunuchi, che sono nati cosí dal grembo della madre vi sono degli eunuchi che sono stati fatti eunuchi dagli uomini, e vi sono eunuchi che si sono fatti eunuchi da se stessi per il regno dei cieli. Chi è in grado di accettarlo, lo accetti«. Allora gli furono presentati dei piccoli fanciulli perché imponesse loro le mani e pregasse; i discepoli però li sgridavano. Ma Gesú disse: »Lasciate i piccoli fanciulli venire a me, perché di tali è il regno dei cieli«. E, dopo aver imposto loro le mani, partí di là. Ed ecco, un tale si avvicinò e gli disse: »Maestro buono, che devo fare di buono per avere la vita eterna?«. Ed egli disse: »Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non uno solo, cioè: Dio. Ora, se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti«. Egli gli disse: »Quali?«. Gesú allora disse: »Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre e ama il tuo prossimo come te stesso«. Quel giovane gli disse: »Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza, che mi manca ancora?«. Gesú gli disse: »Se vuoi essere perfetto, va vendi ciò che hai, dallo ai poveri e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi«. Ma il giovane, udito questo parlare, se ne andò rattristato, perché aveva molte ricchezze. Gesú allora disse ai suoi discepoli: »In verità vi dico che un ricco difficilmente entrerà nel regno dei cieli. E ve lo ripeto: è piú facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio«. All’udire ciò, i suoi discepoli, furono grandemente sbigottiti e dissero: »Chi dunque può essere salvato?«. E Gesú fissando lo sguardo su di loro, disse: »Per gli uomini questo è impossibile, ma per Dio ogni cosa è possibile«. Allora Pietro gli rispose, dicendo: »Ecco, noi abbiamo abbandonato ogni cosa e ti abbiamo seguito; che ne avremo dunque?«. Gesú disse loro: »In verità vi dico che nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, anche voi che mi avete seguito sederete su dodici troni, per giudicare le dodici tribú d’Israele, E chiunque ha lasciato casa, fratelli, sorelle, padre, madre, moglie, figli o campi per amore del mio nome, ne riceverà il centuplo ed erediterà la vita eterna. Ma molti primi saranno ultimi e molti ultimi saranno primi«, »Il regno dei cieli infatti è simile a un padrone di casa, che di buon mattino uscí per prendere a giornata dei lavoratori e mandarli nella sua vigna. Accordatosi con i lavoratori per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso l’ora terza, ne vide altri che stavano in piazza disoccupati. E disse loro: »Andate anche voi nella vigna e io vi darò ciò che è giusto« Ed essi andarono. Uscito di nuovo verso l’ora sesta e l’ora nona, fece altrettanto. Uscito ancora verso l’undicesima ora, ne trovò altri che se ne stavano disoccupati e disse loro: »Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far nulla?« Essi gli dissero: »Perché nessuno ci ha presi a giornata« Egli disse loro: »Andate anche voi nella vigna e riceverete ciò che è giusto« Poi fattosi sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: »Chiama i lavoratori e paga loro il salario, cominciando dagli ultimi fino ai primi« E, venuti quelli dell’undicesima ora, ricevettero ciascuno un denaro. Quando vennero i primi, pensavano di ricevere di piú, ma ricevettero anch’essi un denaro per uno. Nel riceverlo, mormoravano contro il padrone di casa, dicendo: »Questi ultimi hanno lavorato solo un’ora, e tu li hai trattati come noi che abbiamo sopportato il peso e il caldo della giornata«. Ma egli, rispondendo, disse a uno di loro: »amico, io non ti faccio alcun torto; non ti sei accordato con me per un denaro? Prendi ciò che è tuo e vattene; ma io voglio dare a quest’ultimo quanto a te. Non mi è forse lecito fare del mio ciò che voglio? O il tuo occhio è cattivo, perché io sono buono?" Cosí gli ultimi saranno primi e i primi ultimi, perché molti sono chiamati, ma pochi eletti«. Poi, mentre Gesú saliva a Gerusalemme, strada facendo, prese in disparte i dodici discepoli e disse loro: »Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato in mano dei capi dei sacerdoti e degli scribi, ed essi lo condanneranno a morte. Lo consegneranno poi nelle mani dei gentili perché sia schernito, flagellato e crocifisso; ma il terzo giorno egli risusciterà«. Allora la madre dei figli di Zebedeo si accostò a lui con i suoi figli, si prostrò e gli chiese qualche cosa. Ed egli le disse: »Che vuoi?«. Ella rispose: »Ordina che questi miei due figli siedano l’uno alla tua destra e l’altro alla sinistra nel tuo regno«. E Gesú, rispondendo, disse: »Voi non sapete ciò che domandate, potete voi bere il calice che io sto per bere, ed essere battezzati del battesimo di cui io sarò battezzato?«. Essi gli dissero: »Sí, lo possiamo«. Allora egli disse loro: »Voi certo berrete il mio calice e sarete battezzati del battesimo di cui io sarò battezzato; ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo, ma è riservato a coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio«. All’udire ciò, gli altri dieci si indignarono contro i due fratelli. E Gesú, chiamatili a sé, disse: »Voi sapete che i sovrani delle nazioni le signoreggiano e che i grandi esercitano il potere su di esse, ma tra di voi non sarà così; anzi chiunque tra di voi vorrà diventare grande sia vostro servo; e chiunque tra di voi vorrà essere primo a sia vostro schiavo. Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti«. Mentre essi uscivano da Gerico, una grande folla li seguí. Ed ecco, due ciechi che sedevano lungo la strada, avendo udito che Gesú passava, si misero a gridare dicendo: »Abbi pietà di noi, Signore, Figlio di Davide«. Ma la folla li sgridava perché tacessero; essi però gridavano ancora piú forte dicendo: »Abbi pietà di noi, Signore, Figlio di Davide!«. Allora Gesú, fermatosi, li chiamò e disse: »Che volete che io vi faccia?«. Essi gli dissero: »Signore, che i nostri occhi si aprano!«. E Gesú, mosso a pietà, toccò i loro occhi; e all’istante i loro occhi recuperarono la vista e lo seguirono. Quando furono vicini a Gerusalemme, giunti a Betfage, presso il monte degli Ulivi, Gesú mandò due discepoli, dicendo loro: »Andate nel villaggio che si trova davanti a voi; e subito troverete un’asina legata e un puledro con essa; scioglieteli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dice qualcosa, ditegli che il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà presto«. Or questo accadde, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta, che dice: »Dite alla figlia di Sion: Ecco il tuo re viene a te mansueto, cavalcando un asino, anzi un puledro, figlio di una bestia da soma«. I discepoli andarono e fecero come Gesú aveva loro comandato. Condussero l’asina e il puledro, posero su questo i loro mantelli, ed egli vi montò sopra. E una grandissima folla stendeva i suoi mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li spargevano sulla via. Le folle che precedevano come quelle che seguivano gridavano, dicendo: »Osanna al Figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nei luoghi altissimi!«. E, quando egli entrò in Gerusalemme, tutta la città fu messa in agitazione, e diceva: »Chi è costui?«. E le folle dicevano: »Costui è Gesú il profeta che viene da Nazaret di Galilea«. Poi Gesú entrò nel tempio di Dio, ne scacciò tutti coloro che nel tempio vendevano e compravano, e rovesciò le tavole dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombi. E disse loro: »Sta scritto: »La mia casa sarà chiamata casa di orazione ma voi ne avete fatto un covo di ladroni«. Allora vennero da lui nel tempio ciechi e zoppi, ed egli li guarí. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, viste le meraviglie che egli aveva fatto e i fanciulli che gridavano nel tempio dicendo: »Osanna al Figlio di Davide!«, ne furono indignati, e gli dissero: »Senti tu ciò che questi dicono?«. Gesú disse loro »Sí! Non avete mai letto: »Dalla bocca dei bambini e dei lattanti, tu ti sei procurato lode«. E lasciatili, uscí dalla città verso Betania, e là passò la notte. La mattina, ritornando in città, ebbe fame. E vedendo un fico lungo la strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò nulla se non delle foglie; e gli disse: »Non nasca mai piú frutto da te in eterno!«. E subito il fico si seccò. E, vedendo ciò, i discepoli si meravigliarono e dissero: »Come mai il fico si è seccato all’istante?«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »In verità vi dico che se avete fede e non dubitate, non solo farete ciò che io ho fatto al fico, ma se anche diceste a questo monte: »Levati di lí e gettati nel mare« ciò avverrà. E tutto ciò che chiederete in preghiera, avendo fede, lo otterrete«. Quando entrò nel tempio, i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si accostarono a lui, mentre insegnava, e dissero: »Con quale autorità fai tu queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Anch’io vi farò una domanda, e se voi mi risponderete, io pure vi dirò con quale autorità faccio queste cose. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?«. Ed essi ragionavano tra loro dicendo: »Se diciamo dal cielo, ci dirà: »Perché dunque non gli credeste?« Se invece diciamo dagli uomini, temiamo la folla, perché tutti ritengono Giovanni un profeta«. E risposero a Gesú dicendo: »Non lo sappiamo«. Allora egli disse loro: »Neanch’io vi dirò con quale autorità faccio queste cose«. »Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli e rivolgendosi al primo disse »Figlio, va’ oggi a lavorare nella mia vigna«. ma egli rispose e disse: »Non voglio«; piú tardi però, pentitosi, vi andò. Poi, rivoltosi al secondo gli disse la stessa cosa. Ed egli rispose e disse: »Sí, lo farò signore ma non vi andò. Chi dei due ha fatto la volontà del padre?«. Essi gli dissero: »Il primo«. Gesú disse loro: »In verità vi dico che i pubblicani e le meretrici vi precedono nel regno dei cieli. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto, mentre i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto; e voi, nemmeno dopo aver visto queste cose, vi siete ravveduti per credergli«. »Ascoltate un’altra parabola: Vi era un padrone di casa, il quale piantò una vigna, Ia cinse di una siepe, vi scavò un luogo dove pigiare l’uva, vi costruí una torre e, dopo averla affidata a certi vignaioli, partí. Ora giunto il tempo della raccolta egli mandò i suoi servi dai vignaioli, per riceverne i frutti, ma i vignaioli, presi i suoi servi, uno lo bastonarono, un altro lo uccisero e un altro lo lapidarono. Di nuovo egli mandò altri servi, in maggior numero dei primi; e quei vignaioli li trattarono allo stesso modo. In ultimo egli mandò loro il proprio figlio dicendo: »Avranno almeno rispetto di mio figlio!«. Ma i vignaioli, visto il figlio dissero fra loro: »Costui è l’erede; venite uccidiamolo e impadroniamoci della sua eredità« E, presolo lo cacciarono fuori della vigna e lo uccisero. Ora, quando verrà il padrone della vigna, che cosa farà a quei vignaioli?«. Essi gli dissero: »Egli farà perire miseramente quegli scellerati, e affiderà la vigna ad altri vignaioli, i quali gli renderanno i frutti a suo tempo«. Gesú disse loro: »Non avete mai letto nelle Scritture: »La pietra che gli edificatori hanno rigettata è divenuta la testata d’angolo. Questa è opera del Signore, ed è meravigliosa agli occhi nostri«?. Perciò io vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato a una gente che lo farà fruttificare. E chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato; e colui sul quale essa cadrà sarà stritolato«. I capi dei sacerdoti e i farisei, udite le sue parabole, si avvidero che parlava di loro. E cercavano di prenderlo, ma temettero le folle, perché lo ritenevano un profeta. E Gesú, riprendendo la parola, di nuovo parlò loro in parabole dicendo: »Il regno dei cieli è simile a un re, il quale preparò le nozze di suo figlio. E mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi dicendo: »Dite agl’invitati: Ecco, io ho apparecchiato il mio pranzo, i miei vitelli e i miei animali ingrassati sono ammazzati ed è tutto pronto; venite alle nozze«. Ma essi, non curandosene, se ne andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari. E gli altri, presi i suoi servi, li oltraggiarono e li uccisero. Il re allora, udito ciò, si adirò e mandò i suoi eserciti per sterminare quegli omicidi e per incendiare la loro città. Disse quindi ai suoi servi: »Le nozze sono pronte, ma gl’invitati non ne erano degni. Andate dunque agli incroci delle strade e chiamate alle nozze chiunque troverete E quei servi, usciti per le strade, radunarono tutti coloro che trovarono cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempí di commensali. Ora il re, entrato per vedere i commensali, vi trovò un uomo che non indossava l’abito da nozze; e gli disse: »amico come sei entrato qui senza avere l’abito da nozze?« E quegli rimase con la bocca chiusa. Allora il re disse ai servi: »Legatelo mani e piedi, prendetelo e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lí sarà il pianto e lo stridor di denti. Poiché molti sono chiamati, ma pochi eletti«. Allora i farisei, allontanatisi, si consigliarono sul modo di coglierlo in fallo nelle parole, E gli mandarono i propri discepoli, con gli erodiani, per dirgli: »Maestro, noi sappiamo che tu sei verace e che insegni la via di Dio in verità, senza preoccuparti del giudizio di alcuno, perché tu non riguardi all’apparenza delle persone. Dicci dunque: Che te ne pare? è lecito o no pagare il tributo a Cesare?«. Ma Gesú, conoscendo la loro malizia, disse: »Perché mi tentate, ipocriti? Mostratemi la moneta del tributo«. Allora essi gli presentarono un denaro. Ed egli disse loro: »Di chi è questa immagine e questa iscrizione?«. Essi gli dissero: »Di Cesare«. Allora egli disse loro: »Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio«. Ed essi, udito ciò, si meravigliarono e, lasciatolo, se ne andarono. In quello stesso giorno vennero da lui i sadducei, i quali dicono che non vi è risurrezione, e lo interrogarono, dicendo: »Maestro, Mosé ha detto: »se qualcuno muore senza avere figli, il suo fratello ne sposi la moglie, per dare una discendenza a suo fratello« Ora, c’erano tra noi sette fratelli, il primo dopo essersi sposato morí e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello. Cosí anche il secondo e il terzo, fino al settimo. Per ultima, morí anche la donna. Alla risurrezione, dunque, di chi dei sette costei sarà moglie? Poiché tutti l’ebbero come moglie«. Ma Gesú, rispondendo, disse loro: »Voi sbagliate, non comprendendo né le Scritture né la potenza di Dio. Nella risurrezione, infatti, né si sposano né sono date in moglie, ma essi saranno in cielo come gli angeli di Dio. Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto ciò che vi fu detto da Dio, quando disse: IO sono il Dio di Abrahamo, il Dio d’Isacco e di Giacobbe Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi«. E le folle, udite queste cose, stupivano della sua dottrina, Allora i farisei, avendo udito che egli aveva messo a tacere i sadducei, si radunarono insieme. E uno di loro, dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova, dicendo: »Maestro, qual è il grande comandamento della legge?«. E Gesú gli disse: »"ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente". Questo è il primo e il gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è: »ama il tuo prossimo come te stesso«. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti«, Ora, essendo i farisei riuniti, Gesú chiese loro: »Che ve ne pare del Cristo? Di chi è figlio?«. Essi gli dissero: »Di Davide«. Egli disse loro: »Come mai dunque Davide, per lo Spirito, lo chiama Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: »Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi«? Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?«. Ma nessuno era in grado di rispondergli; e, da quel giorno, nessuno osò piú interrogarlo. Allora Gesú parlò alle folle e ai suoi discepoli, dicendo: »Gli scribi, e i farisei siedono sulla cattedra di Mosè. Osservate dunque e fate tutte le cose che vi dicono di osservare; ma non fate come essi fanno, poiché dicono ma non fanno. Legano infatti pesi pesanti e difficili da portare, e li mettono sulle spalle degli uomini; ma essi non li vogliono smuovere neppure con un dito. Fanno tutte le loro opere per essere ammirati dagli uomini; allargano le loro filatterie, e allungano le frange dei loro vestiti, Amano i posti d’onore nei conviti e i primi posti nelle sinagoghe, e anche i saluti nelle piazze, e di sentirsi chiamare dagli uomini rabbi, rabbi. Ma voi non fatevi chiamare maestro, perché uno solo è il vostro maestro: Il Cristo, e voi siete tutti fratelli. E non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è vostro Padre, colui che è nei cieli. Né fatevi chiamare guida, perché uno solo è la vostra guida: Il Cristo. E il maggiore di voi sia vostro servo, Or chiunque si innalzerà sarà abbassato; e chiunque si abbasserà sarà innalzato, Ma guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché chiudete il regno dei cieli davanti agli uomini; poiché né entrate voi né lasciate entrare coloro che stanno per entrarvi. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché divorate le case delle vedove e per pretesto fate lunghe preghiere; per questo subirete una condanna piú severa. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché scorrete il mare e la terra, per fare un proselito e, quando lo è diventato, ne fate un figlio della Geenna il doppio di voi. Guai a voi, guide cieche, che dite: »se uno ha giurato per il tempio, non è nulla; ma se ha giurato per l’oro del tempio è obbligato«. Stolti e ciechi! Perché, cosa è piú grande, l’oro o il tempio che santifica l’oro? "E: se uno ha giurato per l’altare, non è nulla; ma se ha giurato per l’offerta che vi è sopra è obbligato". Stolti e ciechi! Poiché, cosa è piú grande, l’offerta o l’altare che santifica l’offerta? Chi dunque giura per l’altare, giura per esso e per quanto vi è sopra. Chi giura per il tempio, giura per esso e per colui che l’abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per colui che vi è assiso. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché calcolate la decima della menta dell’aneto e del comino, e trascurate le cose piú importanti della legge: il giudizio, la misericordia e la fede, queste cose bisogna praticare senza trascurare le altre. Guide cieche, che colate il moscerino e inghiottite il cammello. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché pulite l’esterno della coppa e del piatto, mentre l’interno è pieno di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco! Pulisci prima l’interno della coppa e del piatto, affinché anche l’esterno sia pulito. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché rassomigliate a sepolcri imbiancati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putredine. Cosí anche voi di fuori apparite giusti davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità. Guai a voi, scribi e farisei ipocriti! Perché edificate i sepolcri dei profeti e ornate i monumenti dei giusti e dite: »se noi fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro nell’uccisione dei profeti Cosí dicendo, voi testimoniate contro voi stessi, che siete figli di coloro che uccisero i profeti. Voi superate la misura dei vostri padri! Serpenti, razza di vipere! Come sfuggirete al giudizio della Geenna? Perciò, ecco io vi mando dei profeti, dei savi e degli scribi; di loro ne ucciderete e crocifiggerete alcuni, altri ne flagellerete nelle vostre sinagoghe e li perseguiterete di città in città, affinché ricada su di voi tutto il sangue giusto sparso sulla terra, dal sangue del giusto Abele, fino al sangue di Zaccaria, figlio di Barachia che uccideste fra il tempio e l’altare. In verità vi dico che tutte queste cose ricadranno su questa generazione. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi è lasciata deserta. Poiché io vi dico, che da ora in avanti non mi vedrete piú, finché non direte: »Benedetto colui che viene nel nome del Signore!««. Ora, mentre Gesú usciva dal tempio e se ne andava, i suoi discepoli gli si accostarono per fargli osservare gli edifici del tempio. Ma Gesú disse loro: »Non vedete voi tutte queste cose? In verità vi dico che non resterà qui pietra su pietra che non sarà diroccata«. Poi, mentre egli era seduto sul monte degli Ulivi, i discepoli gli si accostarono in disparte, dicendo: »Dicci, quando avverranno queste cose? E quale sarà il segno della tua venuta e della fine dell’età presente?«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Guardate che nessuno vi seduca! Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: »io sono il Cristo« e ne sedurranno molti. Allora sentirete parlare di guerre e di rumori di guerre; guardate di non turbarvi, perché bisogna che tutte queste cose avvengano ma non sarà ancora la fine. Infatti si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie, pestilenze e terremoti in vari luoghi Ma tutte queste cose saranno soltanto l’inizio delle doglie di parto, Allora vi sottoporranno a supplizi e vi uccideranno; e sarete odiati da tutte le genti a causa del mio nome. Allora molti si scandalizzeranno, si tradiranno e si odieranno l’un l’altro. E sorgeranno molti falsi profeti, e ne sedurranno molti. E perché l’iniquità sarà moltiplicata, l’amore di molti si raffredderà; ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato, E questo evangelo del regno sarà predicato in tutto il mondo in testimonianza a tutte le genti, e allora verrà la fine«. »Quando dunque avrete visto l’abominazione della desolazione predetta dal profeta Daniele, posta nel luogo santo (chi legge intenda), allora coloro che sono nella Giudea fuggano ai monti. Chi si trova sulla terrazza della casa, non scenda a prendere qualcosa di casa sua; e chi è nei campi, non torni indietro a prendere il suo mantello. Ma guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! E pregate che la vostra fuga non accada d’inverno, né di sabato perché allora vi sarà una tribolazione cosí grande, quale non vi fu mai dal principio del mondo fino ad ora né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuna carne si salverebbe; ma a motivo degli eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dice: »Ecco, il Cristo è qui« oppure »è là« non gli credete. Perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti, e faranno grandi segni e miracoli tanto da sedurre, se fosse possibile anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi dicono: »Ecco è nel deserto« non vi andate: »Ecco è nelle stanze segrete« non ci credete. Infatti, come il lampo esce da levante e sfolgora fino a ponente cosí sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Poiché dovunque sarà il carname, li si aduneranno le aquile«. »Ora, subito dopo l’afflizione di quei giorni, il sole si oscurerà e la luna non darà il suo chiarore, le stelle cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno scrollate. E allora apparirà nel cielo il segno del Figlio dell’uomo; e tutte le nazioni della terra faranno cordoglio e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nuvole del cielo con potenza e grande gloria. Ed egli manderà i suoi angeli con un potente suono di tromba, ed essi raccoglieranno i suoi eletti dai quattro venti, da una estremità dei cieli all’altra. Ora imparate dal fico questa similitudine: quando ormai i suoi rami s’inteneriscono e le fronde germogliano, sapete che l’estate è vicina. Cosí anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli è vicino, anzi alle porte. In verità vi dico che questa generazione non passerà, finché tutte queste cose non siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno«. »Quanto poi a quel giorno e a quell’ora, nessuno li conosce, neppure gli angeli dei cieli, ma soltanto il Padre mio. Ma come fu ai giorni di Noè, cosí sarà anche alla venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio, le persone mangiavano, bevevano, si sposavano ed erano date in moglie, fino a quando Noè entrò nell’arca; e non si avvidero di nulla, finché venne il diluvio e li portò via tutti; cosí sarà pure alla venuta del Figlio dell’uomo. Allora due saranno nel campo; uno sarà preso e l’altro lasciato. Due donne macineranno al mulino, una sarà presa e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete a che ora il vostro Signore verrà. Ma sappiate questo che, se il padrone di casa sapesse a che ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe forzare la casa. Perciò anche voi siate pronti, perché nell’ora che non pensate, il Figlio dell’uomo verrà«. »Qual è dunque quel servo fedele e avveduto, che il suo padrone ha preposto ai suoi domestici, per dar loro il cibo a suo tempo? Beato quel servo che il suo padrone, quando egli tornerà, troverà facendo così. In verità vi dico che gli affiderà l’amministrazione di tutti i suoi beni. Ma, se quel malvagio servo dice in cuor suo: »il mio padrone tarda a venire« e comincia a battere i suoi conservi, e a mangiare e a bere con gli ubriaconi; il padrone di quel servo verrà nel giorno in cui meno se l’aspetta e nell’ora che egli non sa; lo punirà duramente e gli riserverà la sorte degli ipocriti. Lí sarà il pianto e lo stridor di denti«. »Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini le quali, prese le loro lampade, uscirono fuori incontro allo sposo. Or cinque di loro erano avvedute e cinque stolte. Le stolte, nel prendere le loro lampade, non presero con sé l’olio; le avvedute, invece, insieme alle lampade, presero anche l’olio nei loro vasi. Ora, siccome lo sposo tardava si assopirono tutte e si addormentarono. E sulla mezzanotte si levò un grido: »Ecco, arriva lo sposo, uscitegli incontro!« Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle avvedute: »Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade stanno per spegnersi«. Ma le avvedute, rispondendo. dissero: »No, perché non basterebbe né a noi né a voi; andate piuttosto dai venditori e compratene«. Ora, mentre quelle andavano a comprarne, arrivò lo sposo; le vergini che erano pronte entrarono con lui per le nozze; e la porta fu chiusa. Piú tardi giunsero anche le altre vergini, dicendo: »Signore, signore, aprici«. Ma egli, rispondendo, disse: »in verità vi dico che non vi conosco« Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno, né l’ora in cui il Figlio dell’uomo verrà«. »Inoltre il regno dei cieli è simile a un uomo che, partendo per un viaggio chiamò i suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e subito partí. Ora colui che aveva ricevuto i cinque talenti, andò e trafficò con essi e ne guadagnò altri cinque. Similmente anche quello dei due ne guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno andò, fece una buca in terra e nascose il denaro del suo signore. Ora, dopo molto tempo, ritornò il signore di quei servi e fece i conti con loro. E colui che aveva ricevuto i cinque talenti si fece avanti e ne presentò altri cinque, dicendo: »Signore, tu mi affidasti cinque talenti, ecco, con quelli ne ho guadagnati altri cinque E il suo signore gli disse: »Bene, buono e fedele servo; tu sei stato fedele in poca cosa, io ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo signore«. Poi venne anche colui che aveva ricevuto i due talenti e disse: »Signore, tu mi affidasti due talenti; ecco, con quelli ne ho guadagnati altri due«. Il suo signore gli disse: »Bene, buono e fedele servo; tu sei stato fedele in poca cosa, io ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo signore«. Infine venne anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: »Signore, io sapevo bene che tu sei un uomo aspro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; perciò ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra; ecco te lo restituisco" E il suo signore rispondendo, gli disse: »Malvagio e indolente servo, tu sapevi che io mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; tu avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e cosí, al mio ritorno, l’avrei riscosso con l’interesse. Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti. Poiché a chiunque ha, sarà dato e sovrabbonderà, ma a chi non ha gli sarà tolto anche quello che ha. E gettate questo servo inutile nelle tenebre di fuori. Lí sarà il pianto e lo stridor di denti«. »Ora, quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i santi angeli, allora si siederà sul trono della sua gloria. E tutte le genti saranno radunate davanti a lui; ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri. E metterà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il Re dirà a coloro che saranno alla sua destra: »Venite, benedetti del Padre mio; ricevete in eredità il regno che vi è stato preparato sin dalla fondazione del mondo. Poiché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere; fui forestiero e mi accoglieste, fui ignudo e mi rivestiste, fui infermo e mi visitaste, fui in prigione e veniste a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno, dicendo: »Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? E quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato? O ignudo e ti abbiamo rivestito? E quando ti abbiamo visto infermo, o in prigione e siamo venuti a visitarti?" E il Re, rispondendo, dirà loro: »in verità vi dico: tutte le volte che l’avete fatto ad uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me«. Allora egli dirà ancora a coloro che saranno a sinistra: »Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Poiché ebbi fame e non mi deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere fui forestiero e non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e non mi visitaste". Allora anche questi gli risponderanno, dicendo: »Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?«. Allora egli risponderà loro dicendo: »in verità vi dico: tutte le volte che non l’avete fatto a uno di questi minimi, non l’avete fatto neppure a me E questi andranno nelle pene eterne e i giusti nella vita eterna«, E avvenne che, quando Gesú ebbe finito tutti questi discorsi, disse ai suoi discepoli: »Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua, e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per esser crocifisso«. Allora i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani del popolo si riunirono nella corte del sommo sacerdote di nome Caiafa. E tennero consiglio per prendere Gesú con inganno e farlo morire; ma dicevano: »Non durante la festa, perché non nasca tumulto fra il popolo«. Ora, essendo Gesú in Betania, in casa di Simone il lebbroso gli si avvicinò una donna con un alabastro di olio profumato di gran prezzo, e lo versò sul suo capo, mentre egli era a tavola. Visto ciò, i Suoi discepoli s’indignarono e dissero: »Perché mai questo spreco? Quest’olio, infatti, si poteva vendere a gran prezzo e darne il ricavato ai poveri«. Ma Gesú, conosciuto ciò, disse loro: »Perché mai infastidite questa donna? Ella infatti ha compiuto una buona azione verso di me. Perché avrete sempre i poveri con voi, ma non avrete sempre me. Poiché, versando questo olio profumato sul mio corpo, ella lo ha fatto per preparare il mio corpo per la sepoltura. Io Vi dico in verità, che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato questo evangelo, si racconterà anche ciò che costei ha fatto, in memoria di lei«. Allora uno dei dodici, di nome Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti, e disse loro: »Quanto mi volete dare, perché io ve lo consegni?«. Ed essi gli contarono trenta sicli d’argento. E da quell’ora egli cercava l’opportunità di tradirlo. Or il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si accostarono a Gesú e gli dissero: »Dove vuoi che ti apparecchiamo per mangiare la Pasqua?«. Ed egli rispose: »Andate in città da un tale e ditegli: »il Maestro dice: Il mio tempo è vicino, farò la Pasqua in casa tua con i miei discepoli««. Allora i discepoli fecero come Gesú aveva loro ordinato e apparecchiarono la Pasqua. E quando fu sera, egli si mise a tavola con i dodici; e, mentre mangiavano, disse: »In verità vi dico che uno di voi mi tradirà«. Ed essi si rattristarono grandemente, e ciascuno di loro prese a dirgli: »Sono io quello, Signore?«. Ed egli, rispondendo, disse: »Colui che ha intinto con me la mano nel piatto mi tradirà. Il Figlio dell’uomo certo se ne va secondo che è scritto di lui; ma guai a quell’uomo per mezzo del quale il Figlio dell’uomo è tradito! Sarebbe stato meglio per lui di non essere mai nato«. E Giuda, colui che lo avrebbe tradito, prese a dire: »Maestro, sono io quello?«. Egli gli disse: »Tu l’hai detto!«. Ora, mentre mangiavano, Gesú prese il pane e lo benedisse, lo ruppe e lo diede ai discepoli e disse: »Prendete, mangiate; questo è il mio corpo«. Poi prese il calice e rese grazie, e lo diede loro dicendo: »Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto che è sparso per molti per il perdono dei peccati. Ed io vi dico, che da ora in poi io non berrò piú di questo frutto della vigna fino a quel giorno in cui io lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio«. E, dopo aver cantato l’inno, se ne uscirono verso il monte degli Ulivi. Allora Gesú disse loro: »Voi tutti questa notte sarete scandalizzati per causa mia, perché sta scritto: »Percuoterò il pastore e le pecore del gregge saranno disperse«. Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea«, Allora Pietro, rispondendo, gli disse: »Quand’anche tutti si scandalizzassero per causa tua, io non mi scandalizzerò mai!«. Gesú gli disse: »In verità ti dico che questa stessa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte«. Pietro gli disse: »Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò in alcun modo«. Lo stesso dissero anche tutti i discepoli. Allora Gesú andò con loro in un luogo, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli: »Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare«. E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e grande angoscia. Allora egli disse loro: »L’anima mia è profondamente triste, fino alla morte; restate qui e vegliate con me«. E andato un poco in avanti, si gettò con la faccia a terra e pregava dicendo: »Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice; tuttavia, non come io voglio, ma come vuoi tu«. Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano, e disse a Pietro: »Cosí non avete potuto vegliare neppure un’ora con me? Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione, poiché lo spirito è pronto ma la carne è debole«. Si allontanò di nuovo per la seconda volta e pregò, dicendo: »Padre mio, se non è possibile che questo calice si allontani da me senza che io lo beva sia fatta la tua volontà!«. Poi, tornato di nuovo, li trovò che dormivano, perché i loro occhi erano appesantiti. E, lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, dicendo le medesime parole. Ritornò poi dai suoi discepoli e disse loro: »Da ora in poi dormite pure e riposatevi; ecco l’ora è giunta e il Figlio dell’uomo è dato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino«. E mentre egli parlava ancora, ecco Giuda, uno dei dodici, arrivò, e con lui una grande turba con spade e bastoni, mandati dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. Or colui che lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: »Quello che io bacerò, è lui; prendetelo«. E in quell’istante, accostatosi a Gesú, gli disse: »Salve, Maestro!«. E lo baciò caldamente. E Gesú, gli disse: »Amico, cosa sei venuto a fare?«. Allora essi, accostatisi a Gesú, gli posero le mani addosso e lo presero. Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesú, stesa la mano, trasse fuori la sua spada e percosse il servo del sommo sacerdote, recidendogli un orecchio. Allora Gesú gli disse: »Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che mettono mano alla spada, periranno di spada. Pensi forse che io non potrei adesso pregare il Padre mio, perché mi mandi piú di dodici legioni di angeli? Come dunque si adempirebbero le Scritture, le quali dicono che deve avvenire cosi?«. In quello stesso momento Gesú disse alle turbe: »Voi siete usciti a prendermi con spade e bastoni, come contro un brigante; eppure ogni giorno ero seduto in mezzo a voi nel tempio ad insegnare, e non mi avete preso. Ma tutto questo è avvenuto affinché si adempissero le Scritture dei profeti«. Allora tutti i discepoli, lasciatolo, se ne fuggirono. Or quelli che avevano arrestato Gesú lo condussero da Caiafa, sommo sacerdote, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani. E Pietro lo seguí da lontano fino al cortile del sommo sacerdote, e, entrato dentro, si pose a sedere con le guardie per vedere la fine. Ora i capi dei sacerdoti, gli anziani e tutto il sinedrio, cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesú, per farlo morire, ma non ne trovavano alcuna; sebbene si fossero fatti avanti molti falsi testimoni, non ne trovarono. Ma alla fine vennero avanti due falsi testimoni i quali dissero: »Costui ha detto: »Io posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni«, Allora il sommo sacerdote, alzatosi, gli disse: »Non rispondi nulla a ciò che costoro testimoniano contro di te?«. Ma Gesú taceva. E il sommo sacerdote replicò dicendo: »Io ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se sei il Cristo, il Figlio di Dio«. Gesú gli disse: »Tu l’hai detto! Anzi io vi dico che in avvenire voi vedrete il Figlio dell’uomo sedere alla destra della Potenza, e venire sulle nuvole del cielo«. Allora il sommo sacerdote stracciò le sue vesti, dicendo: »Egli ha bestemmiato; quale bisogno abbiamo piú di testimoni? Ecco, ora avete udito la sua bestemmia. Che ve ne pare?«. Ed essi, rispondendo, dissero: »Egli è reo di morte!«. Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; ed altri lo percossero con pugni, dicendo: »O Cristo. indovina! Chi ti ha percosso?«. Ora Pietro sedeva fuori nel cortile e una serva si accostò a lui, dicendo: »Anche tu eri con Gesú il Galileo«. Ma egli lo negò davanti a tutti, dicendo: »Non so di che stai parlando«. Come egli uscí nell’atrio, un’altra lo vide e disse a quelli che erano là: »Anche costui era con Gesú il Nazareno!«. Ma egli di nuovo lo negò con giuramento, dicendo: »Io non conosco quell’uomo«. Poco dopo anche gli astanti, accostatisi, dissero a Pietro: »Certo, anche tu sei uno di loro, perché il tuo parlare ti tradisce«. Allora egli cominciò a maledire e a giurare, dicendo: »Io non conosco quell’uomo«. E in quell’istante il gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quello che Gesú gli aveva detto: »Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte«, Ed egli uscí, e pianse amaramente. Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, tennero consiglio contro Gesú, per farlo morire. E, legatolo, lo condussero via e lo consegnarono nelle mani del governatore Ponzio Pilato. Allora Giuda, che lo aveva tradito, vedendo che Gesú era stato condannato si pentí e riportò i trenta sicli d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, dicendo: »Ho peccato, tradendo il sangue innocente«. Ma essi dissero: »Che c’importa? Pensaci tu!«. Ed egli, gettati i sicli d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. Ma i capi dei sacerdoti presero quei denari e dissero: »Non è lecito metterli nel tesoro del tempio, perché è prezzo di sangue«. E tenuto consiglio, comprarono con quel denaro il campo del vasaio, come luogo di sepoltura per i forestieri. Perciò quel campo è stato chiamato sino ad oggi: »Campo di sangue« Allora si adempí quanto era stato detto dal profeta Geremia che disse: »E presero i trenta pezzi d’argento, il prezzo di colui che fu valutato, come è stato valutato dai figli d’Israele; e li versarono per il campo del vasaio, come mi ordinò il Signore«. Ora Gesú comparve davanti al governatore; e il governatore lo interrogò dicendo: »Sei tu il re dei Giudei?«. E Gesú gli disse: »Tu lo dici!«. Accusato poi dai capi dei sacerdoti e dagli anziani, non rispose nulla. Allora Pilato gli disse: »Non odi quante cose testimoniano contro di te?«. Ma egli non gli rispose neppure una parola, tanto che il governatore ne fu grandemente meravigliato. Ora il governatore, in occasione di ogni festività, aveva l’usanza di rilasciare alla folla un prigioniero, come essi volevano. Avevano in quel tempo un ben noto prigioniero, di nome Barabba. Quando si furono radunati, Pilato chiese loro: »Chi volete che vi liberi, Barabba o Gesú, detto Cristo?«. Perché egli sapeva bene che glielo avevano consegnato per invidia. Ora, mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: »Non avere nulla a che fare con quel giusto, perché oggi ho molto sofferto in sogno, per causa sua«. Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero le folle a chiedere Barabba, e a far morire Gesú. E il governatore, replicando, disse loro: »Quale dei due volete che vi liberi?«. Essi dissero: »Barabba!«. Pilato disse loro: »Che farò dunque di Gesú, detto Cristo?«. Tutti gli dissero: »Sia crocifisso!«. Ma il governatore disse: »Eppure, che male ha fatto?«. Ma essi gridavano ancora piú forte: »Sia crocifisso!«. Allora Pilato, vedendo che non otteneva nulla, ma che anzi il tumulto cresceva sempre piú, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: »Io sono innocente del sangue di questo giusto; pensateci voi«. E tutto il popolo rispondendo disse: »Sia il suo sangue sopra di noi e sopra i nostri figli!«. Allora egli liberò loro Barabba; e dopo aver fatto flagellare Gesú, lo diede loro, perché fosse crocifisso. Allora i soldati del governatore, avendo condotto Gesú nel pretorio, radunarono attorno a lui tutta la coorte. E, spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto. E, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra; e, inginocchiandosi davanti a lui, lo schernivano dicendo: »Salve, o re dei Giudei!«. Poi, sputandogli a addosso, presero la canna e con quella lo percotevano sul capo. E dopo averlo schernito, lo spogliarono di quel manto e lo rivestirono delle sue vesti; poi lo condussero via per crocifiggerlo. Ora, uscendo, incontrarono un uomo di Cirene, di nome Simone, che costrinsero a portare la croce di Gesú. E, giunti sul luogo detto Golgota, che vuol dire: il luogo del teschio gli diedero da bere dell’aceto mescolato con fiele; ma egli, avendolo assaggiato non volle berne. Dopo averlo crocifisso, si spartirono le sue vesti tirando a sorte, affinché si adempisse ciò che fu detto dal profeta: »Hanno diviso tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno tirato a sorte«. Postisi quindi a sedere, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo, posero anche la motivazione scritta della sua condanna: »COSTUI E’ GESU’, IL RE DEI GIUDEI«. Allora furono crocifissi con lui due ladroni: uno a destra e l’altro a sinistra. E coloro che passavano di là lo ingiuriavano scuotendo il capo, e dicendo: »Tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se sei il Figlio di Dio, scendi giú dalla croce!«. Similmente, anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani facendosi beffe, dicevano: »Egli ha salvato gli altri e non può salvare se stesso, se è il re d’Israele, scenda ora giú dalla croce e noi crederemo in lui; egli si è confidato in Dio; lo liberi ora, se veramente lo gradisce, poiché ha detto: io sono il Figlio di Dio. Anche i ladroni crocifissi con lui lo ingiuriavano allo stesso modo. Dall’ora sesta fino all’ora nona si fecero tenebre su tutto il paese. Verso l’ora nona, Gesú gridò con gran voce dicendo: »Elì, Elì, lammà sabactanì?«. Cioè: »Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?«. E alcuni fra i presenti, udito questo, dicevano: »Costui chiama Elia«. E in quell’istante uno di loro corse, prese una spugna, l’inzuppò d’aceto e, infilatala in cima ad una canna, gli diede da bere. Ma gli altri dicevano: »Lascia, vediamo se viene Elia a salvarlo«. E Gesú, avendo di nuovo gridato con gran voce, rese lo spirito. Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo; la terra tremò e le rocce si spaccarono; i sepolcri si aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri dopo la risurrezione di Gesú, entrarono nella santa città e apparvero a molti. Ora il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesú, veduto il terremoto e le cose accadute, temettero grandemente e dissero: »Veramente costui era il Figlio di Dio!«. Erano là presenti anche molte donne che osservavano da lontano, esse avevano seguito Gesú dalla Galilea per servirlo; fra di loro c’era Maria Maddalena. Maria madre di Giacomo e di Iose; e la madre dei figli di Zebedeo. Poi verso sera giunse un uomo ricco di Arimatea, di nome Giuseppe, il quale era pure discepolo di Gesú. Costui si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesú. Allora Pilato comandò che il corpo gli fosse consegnato. E Giuseppe, preso il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito; e lo mise nel suo sepolcro nuovo, che egli si era fatto scavare nella roccia; poi, dopo aver rotolato una grande pietra all’ingresso del sepolcro, se ne andò. Or Maria Maddalena e l’altra Maria stavano là, sedute di fronte al sepolcro. E il giorno seguente, che era quello successivo alla Preparazione, i capi dei sacerdoti e i farisei si riunirono presso Pilato, dicendo: »Signore, ci siamo ricordati che quel seduttore, quando era ancora in vita, disse: »Dopo tre giorni io risusciterò«. Ordina dunque che il sepolcro sia ben custodito fino al terzo giorno, che talora non vengano i suoi discepoli di notte a rubare il corpo e poi dicano al popolo: »egli è risuscitato dai morti« cosí l’ultimo inganno sarebbe peggiore del primo«. Ma Pilato disse loro: »Voi avete un corpo di guardia; andate, e assicurate il sepolcro, come vi sembra meglio«. Essi dunque andarono e assicurarono il sepolcro e, oltre a mettere la guardia, sigillarono la pietra. Ora, alla fine dei sabati, all’alba del primo giorno dopo i sabati, Maria Maddalena e l’altra Maria, andarono a vedere il sepolcro. Ed ecco, si fece un gran terremoto, perché un angelo del Signore, sceso dal cielo, venne e rotolò la pietra dall’apertura del sepolcro e si pose a sedere su di essa. E il suo aspetto era come di folgore e il suo vestito bianco come la neve. E, per lo spavento che ebbero di lui, le guardie tremarono e rimasero come morte; ma l’angelo, rivolgendosi alle donne, disse loro: »Non temete, perché io so che cercate Gesú, che è stato crocifisso. Egli non è qui, perché è risorto, come aveva detto; venite, vedete il luogo dove giaceva il Signore. Presto, andate a dire ai suoi discepoli che egli è risorto dai morti; ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete; ecco, io ve l’ho detto«. Esse dunque si allontanarono in fretta dal sepolcro con spavento e con grande gioia; e corsero a darne la notizia ai suoi discepoli. E mentre andavano per dirlo ai discepoli, ecco Gesú venne loro incontro e disse: »Salve!«. Allora esse, accostatesi, gli strinsero i piedi e lo adorarono. Quindi Gesú disse loro: »Non temete, andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e che là mi vedranno«. Mentre esse andavano, ecco alcuni della guardia giunsero in città e riferirono ai capi dei sacerdoti quanto era accaduto. Questi allora, radunatisi con gli anziani, deliberarono di dare una cospicua somma di denaro ai soldati, e dissero loro: »Dite: I suoi discepoli sono venuti di notte, e l’hanno rubato mentre noi dormivamo. E se poi la cosa verrà agli orecchi del governatore, lo placheremo noi e faremo in modo che voi non siate puniti«. Ed essi, preso il denaro, fecero come erano stati istruiti, e questo detto si è divulgato fra i Giudei, fino ad oggi. Ora gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesú aveva loro indicato e, vedutolo, lo adorarono, alcuni però dubitarono. Poi Gesú si avvicinò e parlò loro dicendo: »Ogni potestà mi è stata data in cielo e sulla terra. Andate dunque, e fate discepoli di tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro di osservare tutte le cose che io vi ho comandato. Or ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dell’età presente. Amen«.
Il principio dell’evangelo di Gesú Cristo, il Figlio di Dio, Come sta scritto nei profeti: »Ecco, io mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, il quale preparerà la tua via davanti a te. Vi è una voce di uno che grida nel deserto: »Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri««. Giovanni comparve nel deserto, battezzando e predicando un battesimo di ravvedimento, per il perdono dei peccati. E tutto il paese della Giudea e quelli di Gerusalemme andavano a lui, ed erano tutti battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Or Giovanni era vestito di peli di cammello, aveva una cintura di cuoio intorno ai lombi e mangiava locuste e miele selvatico. E predicava, dicendo: »Dopo di me viene uno che è piú forte di me, al quale io non sono degno neppure di chinarmi a sciogliere il legaccio dei suoi sandali. Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo«, E avvenne in quei giorni, che Gesú venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato da Giovanni nel Giordano. E subito, come usciva dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito scendere su di lui come una colomba. E venne dal cielo una voce: »Tu sei il mio amato Figlio nel quale mi sono compiaciuto«. Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto; e rimase nel deserto quaranta giorni, tentato da Satana. Era con le fiere e gli angeli lo servivano. Ora, dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesú venne in Galilea predicando l’evangelo del regno di Dio e dicendo: »Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino. Ravvedetevi e credete all’evangelo«. Camminando poi lungo il mare della Galilea, egli vide Simone e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, perche erano pescatori. E Gesú disse loro: »Seguitemi, e io vi farò diventare pescatori di uomini«. Ed essi, lasciate subito le loro reti, lo seguirono. Poi, andando un po’ oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, i quali riparavano le loro reti nella barca. E subito li chiamò; ed essi, lasciato Zebedeo loro padre nella barca con gli operai, lo seguirono. Poi entrarono in Capernaum, e subito, in giorno di sabato, egli entrò nella sinagoga e insegnava. E la gente stupiva della sua dottrina perché egli li ammaestrava come uno che ha autorità e non come gli scribi, Ora nella loro sinagoga vi era un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale si mise a gridare, dicendo: »Che vi è fra noi e te, Gesú Nazareno? Sei tu venuto per distruggerci? Io so chi tu sei: Il Santo di Dio«. Ma Gesú lo sgridò, dicendo: »Ammutolisci ed esci da costui!«. E lo spirito u immondo, straziandolo e mandando un gran grido, uscí da lui. E tutti furono sbalorditi, tanto che si domandavano fra loro dicendo: »Che è mai questo? Quale nuova dottrina è mai questa? Egli comanda con autorità persino agli spiriti immondi, ed essi gli ubbidiscono«. E la sua fama si diffuse subito per tutta la regione intorno alla Galilea. Appena furono usciti dalla sinagoga, vennero nella casa di Simone e di Andrea, con Giacomo e Giovanni. Or la suocera di Simone giaceva a letto con la febbre ed essi subito gli parlarono di lei. Allora egli si avvicinò, la prese per la mano e l’alzò, e immediatamente la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Poi, fattosi sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati. E tutta la città era affollata davanti alla porta. Egli ne guarí molti, colpiti da varie malattie, e scacciò molti demoni, e non permetteva ai demoni di parlare perché sapevano chi egli fosse. Poi il mattino seguente, essendo ancora molto buio, Gesú si alzò, uscí e se ne andò in un luogo solitario e là pregava. E Simone e quelli che erano con lui lo cercarono. E, trovatolo, gli dissero: »Tutti ti cercano!«. Ed egli disse loro: »Andiamo nei villaggi vicini affinché io predichi anche là, perché è per questo che io sono venuto«. Ed egli andò predicando nelle loro sinagoghe per tutta la Galilea e scacciando demoni. E venne da lui un lebbroso il quale, supplicandolo, cadde in ginocchio davanti a lui, e gli disse: »Se vuoi, tu puoi mondarmi«. E Gesú, mosso a pietà, stese la mano, lo toccò e gli disse: »Sí, lo voglio, sii mondato!«. E, come ebbe detto questo, subito la lebbra lo lasciò e fu guarito. Poi, dopo averlo severamente ammonito, lo mandò via subito, dicendogli: »Guardati dal farne parola ad alcuno, ma va mostrati al sacerdote e offri per la tua purificazione quanto ha prescritto Mosè, come testimonianza per loro«. Ma egli, andandosene, cominciò a proclamare e a divulgare grandemente il fatto, al punto che Gesú non poteva piú entrare pubblicamente in città, ma se ne stava fuori in luoghi solitari; e da ogni parte venivano a lui. Alcuni giorni dopo, egli entrò di nuovo in Capernaum e si venne a sapere che egli si trovava in casa; e subito si radunò tanta gente da non trovare piú posto neppure davanti alla porta; ed egli annunziava loro la parola. Allora vennero da lui alcuni a presentargli un paralitico, portato da quattro uomini Ma, non potendo accostarsi a lui a causa della folla, scoperchiarono il tetto sul punto ove era Gesú e, fatta un’apertura, calarono il lettuccio sul quale giaceva il paralitico. Come Gesú vide la loro fede, disse al paralitico: »Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati!«. Or vi erano là seduti alcuni scribi i quali ragionavano in cuor loro: »Perché mai costui parla in questo modo? Egli bestemmia. Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?«. Ma Gesú, avendo subito conosciuto nel suo spirito che ragionavano queste cose dentro di sé, disse loro: »Perché ragionate voi queste cose nei vostri cuori? Che cosa è piú facile dire al paralitico: »I tuoi peccati ti sono perdonati«, oppure dire: »Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina«. Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha potestà di perdonare i peccati in terra, io ti dico (disse al paralitico): Alzati, prendi il tuo lettuccio e vattene a casa tua«. Ed egli si alzò immediatamente, prese il suo lettuccio e uscí in presenza di tutti, cosí che tutti stupivano e glorificavano Dio dicendo: »Non abbiamo mai visto nulla di simile!«. Gesú uscí di nuovo lungo il mare e tutta la folla veniva a lui, ed egli li ammaestrava. Nel passare vide Levi figlio di Alfeo, che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: »Seguimi!«. Ed egli, alzatosi, lo seguí. Or avvenne che mentre egli era a tavola in casa di Levi, molti pubblicani e peccatori si misero a tavola con Gesú e con i suoi discepoli; infatti erano molti quelli che lo seguivano. Allora gli scribi e i farisei, vedendolo mangiare con i pubblicani e con i peccatori, dissero ai suoi discepoli: »Come mai mangia e beve egli in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?«. E Gesú, udito ciò, disse loro: »Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a ravvedimento«. Allora i discepoli di Giovanni e quelli dei farisei stavano digiunando. Ora essi vennero da Gesú e gli dissero: »Perché i discepoli di Giovanni e quelli dei farisei digiunano mentre i tuoi discepoli non digiunano?«. E Gesú disse loro: »Possono forse gli amici dello sposo digiunare, mentre lo sposo è con loro? Per tutto il tempo che hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo, e allora in quei giorni digiuneranno. Nessuno cuce un pezzo di stoffa nuova sopra un vestito vecchio, altrimenti il pezzo nuovo porta via l’intero rattoppo e lo strappo si fa peggiore. Cosí, nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino nuovo rompe gli otri, il vino si spande e gli otri si perdono; ma il vino nuovo va messo in otri nuovi«. Or avvenne che in giorno di sabato egli passava per i campi, e i suoi discepoli, strada facendo, si misero a svellere delle spighe. E i farisei gli dissero: »Guarda, perché fanno ciò che non è lecito in giorno di sabato?«. Ma egli disse loro: »Non avete mai letto ciò che fece Davide, quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e quelli con lui? Come egli entrò nella casa di Dio, al tempo del sommo sacerdote Abiatar, e mangiò i pani di presentazione che non è lecito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche a quelli che erano con lui?«. Poi disse loro: »Il sabato è fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato. Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato«. Poi egli entrò di nuovo nella sinagoga, e là c’era un uomo che aveva una mano secca. Ed essi lo stavano ad osservare per vedere se lo avesse guarito in giorno di sabato, per poi accusarlo, Ed egli disse all’uomo che aveva la mano secca: »Alzati in mezzo a tutti!«. Poi disse loro: »E’ lecito in giorno di sabato fare del bene o del male, salvare una vita o annientarla?«. Ma essi tacevano. Allora egli, guardatili tutt’intorno con indignazione, rattristato per la durezza del loro cuore, disse a quell’uomo: »Stendi la tua mano!«. Egli la stese e la sua mano fu risanata come l’altra. E i farisei, usciti, tennero subito consiglio con gli erodiani contro di lui come farlo morire. Ma Gesú si ritirò con i suoi discepoli verso il mare; e una gran folla lo seguí dalla Galilea e dalla Giudea, ed anche da Gerusalemme, dall’Idumea e da oltre il Giordano; similmente una gran folla dai dintorni di Tiro e di Sidone, udendo le grandi cose che egli faceva, venne a lui. Allora egli disse ai suoi discepoli di tenergli sempre pronta una barchetta per non essere schiacciato dalla folla. Poiché egli ne aveva guariti molti, tutti quelli che avevano malattie si accalcavano attorno a lui per toccarlo, E gli spiriti immondi, quando lo vedevano, si prostravano davanti a lui e gridavano, dicendo: »Tu sei il Figlio di Dio!«. Ma egli li sgridava severamente, perché non dicessero chi egli fosse. Poi egli salí sul monte, chiamò presso di sé Quelli che volle; ed essi si avvicinarono a lui. Quindi ne costituí dodici perché stessero con lui e potesse mandarli a predicare, e avessero il potere di guarire le infermità e di scacciare i demoni. Essi erano: Simone al quale pose nome Pietro; Giacomo figlio di Zebedeo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanerges, che vuol dire: »Figli del tuono«; Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo, e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradí. Poi entrarono in una casa. E la folla si radunò di nuovo, tanto che non potevano neppure prendere cibo. E quando i suoi parenti udirono ciò, uscirono per prenderlo, perché dicevano: »Egli è fuori di sé« Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: »Egli ha Beelzebub e scaccia i demoni con l’aiuto del principe dei demoni«. Ma egli, chiamatili a sé, disse loro in parabole: »Come può Satana scacciare Satana? E se un regno è diviso contro se stesso, quel regno non può durare. E se una casa è divisa in parti contrarie, quella casa non può durare. Cosí, se Satana insorge contro se stesso ed è diviso, non può durare, ma è giunto alla fine. Nessuno può entrare in casa dell’uomo forte e rapirgli i suoi beni, se prima non ha legato l’uomo forte; solo allora potrà saccheggiare la sua casa. In verità vi dico che ai figli degli uomini sarà perdonato ogni peccato e qualunque bestemmia essi diranno; ma chiunque bestemmierà contro lo Spirito Santo, non ha perdono in eterno; ma è sottoposto a giudizio eterno«. Asseriva questo perché dicevano: »Egli ha uno spirito immondo«. Nel frattempo giunsero i suoi fratelli e sua madre e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare. Or la folla sedeva intorno a lui; e gli dissero: »Ecco, tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e ti cercano«. Ma egli rispose loro, dicendo: »Chi è mia madre, o i miei fratelli?«. Poi guardando in giro su coloro che gli sedevano intorno, disse: »Ecco mia madre e i miei fratelli. Poiché chiunque fa la volontà di Dio, questi è mio fratello, mia sorella e madre«. Poi prese di nuovo ad insegnare in riva al mare; e una gran folla si radunò intorno a lui, tanto che egli, salito su una barca, vi sedeva stando in mare, mentre l’intera folla era a terra lungo la riva. Ed egli insegnava loro molte cose in parabole, e diceva loro nel suo insegnamento: »Ascoltate! Ecco, il seminatore uscí a seminare. Or avvenne che mentre seminava, una parte del seme cadde lungo la strada e gli uccelli del cielo vennero e la mangiarono. Un’altra cadde in luoghi rocciosi dove non c’era molta terra e subito spuntò, perché non c’era un terreno profondo. Ma quando si levò il sole fu riarsa; e poiché non aveva radice si seccò. Un’altra cadde tra le spine; le spine crebbero, la soffocarono e non diede frutto. Un’altra cadde in buona terra e portò frutto che crebbe, e si sviluppò tanto da rendere l’uno trenta, l’altro sessanta e l’altro cento«. Poi egli disse loro: »Chi ha orecchi da udire, oda!«. Ora, quando egli fu solo, coloro che gli stavano attorno con i dodici lo interrogarono sulla parabola. Ed egli disse loro: »A voi è dato di conoscere il mistero del regno di Dio; ma a coloro che sono di fuori tutte queste cose si propongono in parabole, affinché: »Vedendo, vedano ma non intendano, udendo, odano ma non comprendano, che talora non si convertano e i peccati non siano loro perdonati««. Poi disse loro: »Non comprendete questa parabola? E come comprenderete tutte le altre parabole? Il seminatore è colui che semina la parola. Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma dopo che l’hanno udita, subito viene Satana e porta via la parola seminata nei loro cuori. Parimenti quelli che ricevono il seme su un suolo roccioso sono coloro che, quando hanno udita la parola, subito la ricevono con gioia; ma non hanno in sé radice e sono di corta durata; e, quando sopravviene la tribolazione o la persecuzione a causa della parola, sono subito scandalizzati. Quelli invece che ricevono il seme fra le spine, sono coloro che odono la parola; ma le sollecitudini di questo mondo, l’inganno delle ricchezze e le cupidigie delle altre cose, che sopravvengono, soffocano la parola e questa rimane infruttuosa. Ma quelli che hanno ricevuto il seme in buon terreno, sono coloro che odono la parola, la ricevono e portano frutto, chi il trenta, chi il sessanta e chi il cento«. Disse loro ancora: »Si prende forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? Non la si mette piuttosto sopra il candeliere? Poiché non c’è nulla di nascosto che non sia manifestato, né nulla di segreto che non sia palesato. Chi ha orecchi da udire, oda!«. Disse loro ancora: »Fate attenzione a ciò che udite. Con la stessa misura con cui misurate, sarà misurato a voi; e a voi che udite sarà dato di piú. Poiché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, gli sarà tolto anche quello che ha«. Disse ancora: »Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme in terra. Ora la notte e il giorno, mentre egli dorme e si alza, il seme germoglia e cresce senza che egli sappia come. Poiché la terra produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga. E, quando il frutto è maturo, il mietitore mette subito mano alla falce perché è venuta la mietitura«. Disse ancora: »A che cosa paragoneremo il regno di Dio? O con quale parabola lo rappresenteremo? Esso è simile a un granello di senape che, quando è seminato in terra, è il piú piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma, dopo che è stato seminato, cresce e diventa il piú grande di tutte le erbe, e mette rami cosí grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi sotto la sua ombra«. E con molte parabole di questo genere annunciava loro la parola, come essi erano in grado di capire. E non parlava loro senza parabole; ma in privato ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. Or in quello stesso giorno, fattosi sera, disse loro: »Passiamo all’altra riva«. E i discepoli, licenziata la folla, lo presero con loro, cosí come egli era, nella barca. Con lui c’erano altre barchette. Si scatenò una gran bufera di vento e le onde si abbattevano sulla barca, tanto che questa si riempiva. Egli intanto stava dormendo a poppa, su un guanciale. Essi lo destarono e gli dissero: »Maestro, non t’importa che noi periamo?«. Ed egli, destatosi, sgridò il vento e disse al mare: »Taci e calmati!«. E il vento cessò e si fece gran bonaccia. Poi disse loro: »Perché siete voi cosí paurosi? Come mai non avete fede?«. Ed essi furono presi da gran timore e dicevano tra loro: »Chi è dunque costui al quale anche il vento e il mare ubbidiscono?«. Cosí giunsero all’altra riva del mare, nel paese dei Gadareni. E, come Gesú scese dalla barca, subito gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo, il quale aveva la sua dimora fra i sepolcri, e nessuno riusciva a tenerlo legato neanche con catene. Infatti piú volte era stato legato con ceppi e con catene; ma egli aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi; e nessuno era riuscito a domarlo. Continuamente, notte e giorno, fra i sepolcri e su per i monti, andava gridando e picchiandosi con pietre. Ora, quando vide Gesú da lontano, egli accorse e gli si prostrò davanti, e dando un gran grido, disse: »Che c’è fra me e te, Gesú Figlio del Dio altissimo? Io ti scongiuro, in nome di Dio, di non tormentarmi!«. Perché egli gli diceva: »Spirito immondo, esci da quest’uomo!«. Poi Gesú gli domandò: »Qual è il tuo nome?«. E quello rispose, dicendo: »Io mi chiamo Legione, perché siamo molti«. E lo supplicava con insistenza perché non li mandasse fuori da quella regione. Or vi era là, sul pendio del monte, un grande branco di porci che pascolava. Allora tutti i demoni lo pregarono, dicendo: »Mandaci nei porci, perché entriamo in essi«. E Gesú prontamente lo permise loro; allora gli spiriti immondi, usciti, entrarono nei porci e il branco si precipitò giú per il dirupo nel mare, erano circa duemila, e affogarono nel mare. Allora quelli che custodivano i porci fuggirono e diffusero la notizia in città e per le campagne; e la gente venne a vedere ciò che era accaduto. Giunti che furono da Gesú, videro l’indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura. E quelli che avevano visto l’accaduto, raccontarono loro ciò che era successo all’indemoniato e il fatto dei porci. Allora essi cominciarono a pregarlo che se ne andasse dal loro territorio. Mentre egli saliva sulla barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di poter rimanere con lui ma Gesú non glielo permise; gli disse invece: »Va’ a casa tua dai tuoi e racconta loro quali grandi cose il Signore ti ha fatto e come ha avuto pietà di te«. Egli se ne andò e cominciò a predicare per la Decapoli tutto quanto Gesú gli aveva fatto; tutti restavano meravigliati. E, quando Gesú passò nuovamente all’altra riva in barca, una grande folla si radunò intorno a lui; ed egli se ne stava in riva al mare. Allora venne uno dei capi della sinagoga, di nome Iairo, il quale vedutolo, gli si gettò ai piedi, e lo pregò con molta insistenza, dicendo: »La mia figliola è agli estremi; vieni a imporle le mani, affinché sia guarita e viva«. Ed egli se ne andò con lui. Una grande folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Ora una donna che aveva un flusso di sangue già da dodici anni e aveva molto sofferto da parte di parecchi medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun giovamento, anzi piuttosto peggiorando, avendo sentito parlare di Gesú, venne tra la folla alle sue spalle e toccò il suo vestito, poiché diceva: »Se solo tocco le sue vesti sarò guarita«. E immediatamente il flusso del suo sangue si stagnò, ed ella sentí nel suo corpo di essere guarita da quel male. Ma subito Gesú, avvertendo in se stesso che una potenza era uscita da lui, voltatosi nella folla, disse: »Chi mi ha toccato i vestiti?«. E i suoi discepoli gli dissero: »Non vedi che la folla ti stringe da ogni parte e tu dici: »chi mi ha toccato?««. Ma egli guardava intorno per vedere colei che aveva fatto ciò. Allora la donna, paurosa e tremante, sapendo quanto era avvenuto in lei, venne e gli si gettò ai piedi e gli disse tutta la verità. Ma egli le disse: »Figliola, la tua fede ti ha guarita; va’ in pace e sii guarita dal tuo male«. Mentre egli stava ancora parlando, vennero alcuni dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: »La tua figlia è morta; perché importuni ancora il Maestro?«. Ma Gesú, appena intese ciò che si diceva, disse al capo della sinagoga: »Non temere, credi solamente!«. E non permise che alcuno lo seguisse, all’infuori di Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. E, giunto a casa del capo della sinagoga, vide un gran trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Ed entrato, disse loro: »Perché fate tanto chiasso e piangete? La fanciulla non è morta, ma dorme«, E quelli lo deridevano, ma egli, messili tutti fuori, prese con sé il padre, la madre della fanciulla e coloro che erano con lui, ed entrò là dove giaceva la fanciulla. Quindi presa la fanciulla per mano, le disse: »Talitha cumi«; che tradotto vuol dire: »Fanciulla, ti dico: Alzati!«. E subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; ella aveva infatti dodici anni. Ed essi furono presi da un grande stupore. Ma egli comandò loro con fermezza che nessuno lo venisse a sapere; poi ordinò che si desse da mangiare alla fanciulla. Poi uscí di là e venne nella sua patria, e i suoi discepoli lo seguirono. E, venuto il sabato, si mise ad insegnare nella sinagoga. E molti, udendolo, stupivano e dicevano: »Da dove vengono a costui queste cose? Che sapienza è mai questa che gli è data? E come mai si compiono tali potenti opere per mano sua? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Iose, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non sono qui fra noi?«. Ed erano scandalizzati a causa di lui. Ma Gesú disse loro: »Nessun profeta è disonorato, se non nella sua patria, fra i suoi parenti e in casa sua«. E non potè fare lí alcuna opera potente, salvo che guarire pochi infermi, imponendo loro le mani. E si meravigliava della loro incredulità; e andava in giro per i villaggi, insegnando. Poi egli chiamò a sé i dodici e cominciò a mandarli a due a due; e diede loro potere sugli spiriti immondi. E ordinò loro che non prendessero nulla per il viaggio, eccetto un bastone soltanto: né sacca né pane né denaro nella cintura; e che fossero calzati di sandali e non indossassero due tuniche. Disse loro ancora: »Dovunque entrate in una casa, fermatevi lí, finché non partiate da quel luogo. Se poi alcuni non vi ricevono e non vi ascoltano, andando via di là, scuotete la polvere dai vostri piedi in testimonianza contro di loro. In verità vi dico che nel giorno del giudizio Sodoma e Gomorra saranno trattate con piú tolleranza che quella città«. Cosí partiti, predicavano che la gente si doveva ravvedere; e scacciavano molti demoni e ungevano con olio molti infermi, e li guarivano. Ora il re Erode sentí parlare di Gesú, perché il suo nome era diventato celebre, e diceva: »Quel Giovanni che battezzava è risuscitato dai morti; e perciò le potenze miracolose operano in lui«. Altri dicevano: »E’ Elia«; ed altri: »E’ un profeta, o come uno dei profeti«. Ma Erode, udito questo, diceva: »Quel Giovanni, che io ho fatto decapitare, è risorto dai morti!«. Erode stesso infatti aveva fatto arrestare Giovanni e l’aveva tenuto legato in carcere a causa di Erodiade, moglie di Filippo suo fratello, perché egli l’aveva presa per moglie. Giovanni infatti diceva ad Erode: »Non ti è lecito di avere la moglie di tuo fratello«. Ed Erodiade gli portava rancore e volentieri l’avrebbe fatto uccidere, ma non poteva. Erode infatti temeva Giovanni, sapendolo uomo giusto e santo, e lo proteggeva; e, dopo averlo udito, faceva molte cose e lo ascoltava volentieri. Ora, venuto un giorno propizio, Erode per il suo compleanno offrí un banchetto ai suoi grandi, ai comandanti e ai notabili della Galilea. La figlia di Erodiade stessa entrò e danzò, e piacque ad Erode e a coloro che erano a tavola con lui; allora il re disse alla fanciulla: »Domandami tutto ciò che vuoi e io te lo darò«. E le giurò: »Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fino alla metà del mio regno!«. Ella uscí, e disse a sua madre: »Che cosa devo chiedere?«. Quella rispose: »La testa di Giovanni Battista«. Ed ella, ritornata subito dal re, gli fece in fretta la richiesta, dicendo: »Io desidero che tu mi dia immediatamente, su un piatto, la testa di Giovanni Battista«. E il re, sebbene ne fosse molto rattristato, a motivo del giuramento e per rispetto dei convitati, non volle opporle un rifiuto. Cosí il re mandò subito una guardia, con l’ordine di portargli la testa di Giovanni. E quegli andò, lo decapitò in prigione e portò la sua testa su un piatto e la diede alla fanciulla, e la fanciulla la diede a sua madre. E quando i suoi discepoli udirono ciò, vennero, presero il suo corpo e lo posero in un sepolcro. Ora gli apostoli si radunarono intorno a Gesú, e gli riferirono tutto quello che avevano fatto ed insegnato. Ed egli disse loro: »Venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po’«. Poichè era tanta la gente che andava e veniva, che essi non avevano neppure il tempo di mangiare. Partirono quindi in barca verso un luogo solitario e appartato. La folla però li vide partire, e molti lo riconobbero, e da tutte le città accorsero là a piedi ed arrivarono prima di loro, e si strinsero intorno a lui. E Gesú, sbarcato, vide una grande folla e ne ebbe compassione, perché erano come pecore senza pastore, e prese a insegnare loro molte cose. Ed essendo già tardi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e gli dissero: »Questo luogo è deserto, ed è già tardi. Licenzia questa gente perché se ne vada nelle campagne e nei villaggi all’intorno a comprarsi del pane, perché non ha nulla da mangiare«. Ma egli, rispondendo, disse loro: »Date voi a loro da mangiare«. Ed essi gli dissero: »Dobbiamo andare noi a comperare del pane per duecento denari e dare loro da mangiare?«. Ed egli disse loro: »Quanti pani avete? Andate a vedere«. Ed essi, accertatisi, dissero: »Cinque pani e due pesci«. Allora egli ordinò loro di farli accomodare tutti, per gruppi, sull’erba verde. Cosí essi si sedettero in gruppi di cento e di cinquanta. Poi egli prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, li benedisse, quindi spezzò i pani e li diede ai suoi discepoli, perché li distribuissero loro; e divise pure i due pesci fra tutti. Mangiarono tutti a sazietà. E raccolsero dodici ceste piene di pezzi di pane e di resti dei pesci. Or coloro che avevano mangiato di quei pani erano cinquemila uomini. Subito dopo Gesú costrinse i suoi discepoli a salire nella barca e precederlo all’altra riva verso Betsaida, mentre egli licenziava la folla. Appena l’ebbe congedata, salí sul monte a pregare. Fattosi sera, la barca era in mezzo al mare ed egli era a terra tutto solo. E, vedendo i discepoli affaticarsi a remare, perché avevano il vento contrario, verso la quarta vigilia della notte, egli andò verso loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Ma essi, vedendolo camminare sul mare, pensavano che fosse un fantasma e si misero a gridare perché lo avevano visto tutti e si erano spaventati, ma egli subito parlò loro e disse: »Fatevi animo, sono io, non temete!«. Poi salí con loro sulla barca e il vento si calmò, ed essi erano enormemente stupiti in se stessi e si meravigliarono, perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito. Compiuta la traversata, giunsero nella contrada di Gennesaret e vi approdarono. E, scesi dalla barca, subito la gente lo riconobbe; e, percorrendo per tutta quella regione all’intorno, incominciò a portare i malati sui lettucci, ovunque sentiva che si trovasse e dovunque egli giungeva, in villaggi, città o borgate, la gente metteva gli infermi sulle piazze e lo pregava di poter toccare almeno il lembo del suo vestito, e tutti quelli che lo toccavano erano guariti. Allora si riunirono intorno a lui i farisei e alcuni scribi venuti da Gerusalemme. E, avendo visto che alcuni dei suoi discepoli mangiavano il cibo con le mani impure, cioè non lavate, li accusarono. Infatti i farisei e tutti i Giudei non mangiano se non si sono prima lavate le mani con gran cura, attenendosi alla tradizione degli anziani; e, quando tornano dalla piazza, non mangiano senza prima essersi purificati. Ci sono molte altre cose, che sono tenuti ad osservare per tradizione: lavatura di coppe, di brocche, di vasi di rame e di letti. Poi i farisei e gli scribi gli domandarono: »Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli anziani, ma prendono il cibo senza lavarsi le mani?«. Ma egli, rispondendo, disse loro: »Ben profetizzò Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: »Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Ma invano mi rendono un culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini" Trascurando infatti il comandamento di Dio, vi attenete alla tradizione degli uomini: lavatura di brocche e di coppe; e fate molte altre cose simili«. Disse loro ancora: »Voi siete abili nell’annullare il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione. Mosé infatti ha detto: »onora tuo padre e tua madre« e: »chi maledice il padre o la madre sia messo a morte«. Ma voi dite: »Se un uomo dice a suo padre o a sua madre: Tutto quello con cui potrei assisterti è Corban cioè un’offerta a Dio«, non gli lasciate piú far nulla per suo padre o per sua madre, annullando cosí la parola di Dio con la vostra tradizione, che voi avete tramandata. E fate molte altre cose simili«. Poi, chiamata a sé tutta la folla, disse loro: »Ascoltatemi tutti ed intendete: Non c’è nulla di esterno all’uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono da lui che lo contaminano. Chi ha orecchi da udire, oda!«. Quando poi egli fu rientrato in casa, lontano dalla folla, i suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse loro: »Siete anche voi cosí privi d’intelligenza? Non capite voi che tutto ciò che dal di fuori entra nell’uomo non può contaminarlo, perché non entra nel suo cuore, ma nel ventre, e poi se ne va nella fogna?«. Cosí dicendo, dichiarava puri tutti gli alimenti. Disse ancora: »Ciò che esce dall’uomo, quello lo contamina. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, procedono pensieri malvagi, adultéri, fornicazioni, omicidi, furti, cupidigie, malizie, frodi, insolenza, invidia, bestemmia, orgoglio, stoltezza. Tutte queste cose malvagie escono dal di dentro dell’uomo e lo contaminano«. Poi partí di là e andò nel territorio di Tiro e di Sidone, entrò in una casa e non voleva che alcuno lo sapesse, ma non potè restare nascosto. Infatti una donna, la cui figlia aveva uno spirito immondo, avendo sentito parlare di Gesú, venne e gli si gettò ai piedi. Or quella donna era greca, sirofenicia di origine, e lo pregava di scacciare il demone da sua figlia; ma Gesú le disse: »Lascia che si sazino prima i figli, perché non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini«. Ma ella rispose e gli disse: »Dici bene, o Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli«. Allora egli le disse: »Per questa tua parola, va il demone è uscito da tua figlia«. Ed ella, tornata a casa sua, trovò la figlia coricata a letto, e il demone era uscito da lei. Poi Gesú, partito di nuovo dal territorio di Tiro e di Sidone, giunse al mare di Galilea, in mezzo al territorio della Decapoli. E gli presentarono un sordo che parlava a stento, pregandolo di imporgli le mani. Ed egli, condottolo in disparte, lontano dalla folla, gli mise le dita negli orecchi e, dopo aver sputato, gli toccò la lingua. Poi, alzati gli occhi al cielo, sospirò e gli disse: »Effata«, che vuol dire: »Apriti!«. E subito gli si aprirono gli orecchi si sciolse il nodo della sua lingua e parlava distintamente. E Gesú ordinò loro di non dirlo a nessuno; ma quanto piú lo vietava loro, tanto piú essi lo divulgavano. E, pieni di stupore, dicevano: »Egli ha fatto bene ogni cosa: egli fa udire i sordi e parlare i muti!«. In quei giorni, essendovi una folla grandissima e non avendo da mangiare, Gesú chiamò a sé i suoi discepoli, e disse loro: »Ho pietà di questa folla, perché sono già tre giorni che stanno con me, e non hanno di che mangiare. E se io li rimando digiuni a casa, verranno meno per via; alcuni di loro, infatti, sono venuti da lontano«. E i suoi discepoli gli risposero: »Come potrebbe alcuno saziare di pane costoro, qui nel deserto?«. Ed egli domandò loro: »Quanti pani avete?«. Essi dissero: »Sette«. Allora egli ordinò alla folla di sedere per terra; e presi i sette pani, rese grazie, li spezzò e li diede ai suoi discepoli, perché li distribuissero alla folla; ed essi li distribuirono. Avevano pure alcuni pesciolini, dopo averli benedetti, ordinò che anche quelli fossero distribuiti alla folla. Cosí essi mangiarono a sazietà; e i discepoli portarono via sette panieri di pezzi avanzati. Or quelli che avevano mangiato erano circa quattromila; poi li licenziò. E subito, salito in barca con i suoi discepoli, andò dalle parti di Dalmanuta. Sopraggiunsero i farisei e cominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo per metterlo alla prova. Ma egli, gemendo nel suo spirito, disse: »Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico che non sarà dato alcun segno a questa generazione«. Quindi lasciatili, salí di nuovo in barca e passò all’altra riva. Ora i discepoli avevano dimenticato di prendere del pane e non avevano con sé nella barca che un pane solo. Ed egli li ammoniva, dicendo: »State attenti, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode!«. Ma essi discutevano fra di loro dicendo: »Noi non abbiamo pane«. Accortosene, Gesú disse loro: »Perché discutete sul fatto che non avete pane? Non capite ancora e non intendete? Avete il vostro cuore ancora indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate? Quando spezzai i cinque pani per i cinquemila, quante ceste piene di pezzi avete raccolto?«. Essi dissero: »Dodici«. »E quando spezzai i sette pani per i quattromila, quanti panieri pieni di pezzi raccoglieste?«. Ed essi dissero: »Sette«. Ed egli disse loro: »Come, ancora non capite?«. Poi venne a Betsaida; e gli portarono un cieco, pregandolo di toccarlo. Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori dal villaggio e, dopo avergli sputato sugli occhi e impostegli le mani, gli domandò se vedesse qualcosa. E quegli, alzando gli occhi, disse: »Vedo gli uomini camminare e mi sembrano alberi«. Allora gli pose di nuovo le mani sugli occhi e lo fece guardare in alto; ed egli recuperò la vista e vedeva tutti chiaramente. E Gesú lo rimandò a casa sua, dicendo: »Non entrare nel villaggio e non dirlo ad alcuno nel villaggio«. Poi Gesú con i suoi discepoli, se ne andò per le borgate di Cesarea di Filippo; e lungo il cammino interrogò i suoi discepoli, dicendo loro: »Chi dice la gente che io sia?«. Essi risposero: »Alcuni Giovanni Battista, altri Elia, ed altri uno dei profeti«. Ed egli disse loro: »Ma voi, chi dite che io sia?«. E Pietro, rispondendo, gli disse: »Tu sei il Cristo«. Allora egli intimò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno. Poi cominciò a insegnare loro che era necessario che il Figlio dell’uomo soffrisse molte cose, fosse riprovato dagli anziani dai capi dei sacerdoti e dagli scribi e fosse ucciso, e dopo tre giorni risuscitasse. E parlava di queste cose apertamente. Allora Pietro, lo prese in disparte e cominciò a riprenderlo. Ma egli, voltatosi e riguardando i suoi discepoli, sgridò Pietro, dicendo: »Vattene lontano da me, Satana, perché tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini«. Poi chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: »Chiunque vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua perché chiunque vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor mio e dell’evangelo, la salverà. Che gioverà infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde l’anima sua? O che cosa potrebbe dare l’uomo in cambio dell’anima sua? Perché chi si vergognerà di me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell’uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo, con i santi angeli«. Poi disse loro: »In verità vi dico che vi sono alcuni qui presenti che non gusteranno la morte, senza aver visto il regno di Dio venire con potenza«. Sei giorni dopo Gesú prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse in disparte, essi soli, sopra un alto monte; e fu trasfigurato davanti a loro. E le sue vesti divennero risplendenti e bianchissime, come neve, piú bianche di ciò che potrebbe fare alcun lavandaio sulla terra. Ed apparve loro Elia con Mosè, i quali conversavano con Gesú. Pietro allora, prendendo la parola, disse a Gesú: »Maestro, è bene per noi stare qui; facciamo dunque tre tende: una per te, una per Mosè e una per Elia!«. Egli infatti non sapeva che cosa dire, perché erano spaventati. Venne poi una nuvola che li adombrò; e dalla nuvola uscí una voce che disse: »Questi è il mio amato Figlio; ascoltatelo!«. Ed improvvisamente, guardandosi attorno, non videro piú nessuno, se non Gesú tutto solo con loro. Ora, come scendevano dal monte Gesú ordinò loro di non raccontare ad alcuno le cose che avevano visto, fino a quando il Figlio dell’uomo sarebbe risuscitato dai morti. Ed essi tennero per sé quella dichiarazione e discutevano fra di loro che cosa significasse risuscitare dai morti Poi lo interrogarono, dicendo: »Perche gli scribi dicono che prima deve venire Elia?«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »Elia veramente deve venire prima e ristabilire ogni cosa; ma come sta scritto del Figlio dell’uomo: Egli dovrà soffrire molte cose ed essere disprezzato. Ma io vi dico che Elia è venuto e gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto, come era scritto di lui«. Ritornato poi dai discepoli, vide una grande folla intorno a loro e degli scribi, che disputavano con loro. E subito tutta la folla, vedutolo, sbigottí e accorse a salutarlo. Allora egli domandò agli scribi: »Di che cosa discutete con loro?«. Ed uno della folla, rispondendo, disse: »Maestro, ti avevo condotto mio figlio che ha uno spirito muto, e dovunque lo afferra, lo strazia ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Cosí ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non hanno potuto«. Ed egli, rispondendogli, disse: »O generazione incredula, fino a quando sarò con voi? Fino a quando vi sopporterò? portatelo da me«. Ed essi glielo portarono. Ma appena lo vide, lo spirito lo scosse con violenza, e il fanciullo, caduto a terra, si rotolava schiumando. E Gesú domandò al padre di lui: »Da quanto tempo gli accade questo?«. Ed egli disse: »Dalla sua fanciullezza. E spesso lo ha gettato nel fuoco e nell’acqua per distruggerlo ma, se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci«. E Gesú gli disse: »Se tu puoi credere, ogni cosa è possibile a chi crede«. Subito il padre del fanciullo, gridando con lacrime, disse: »Io credo Signore, sovvieni alla mia incredulità«. Allora Gesú, vedendo accorrere la folla, sgridò lo spirito immondo dicendogli: »Spirito muto e sordo, io te lo comando, esci da lui e non entrare mai piú in lui«. E il demone, gridando e straziandolo grandemente, se ne uscí. E il fanciullo divenne come morto, sicché molti dicevano: »E’ morto«. Ma Gesú, presolo per mano, lo sollevò, ed egli si alzò in piedi. Or quando Gesú fu entrato in casa, i suoi discepoli lo interrogarono in privato: »Perché non abbiamo noi potuto scacciarlo?«. Ed egli disse loro: »Questa specie di spiriti non si può scacciare in altro modo, se non con la preghiera e il digiuno«. Poi, partiti di là, attraversarono la Galilea; ed egli non voleva che alcuno lo sapesse. Egli infatti ammaestrava i suoi discepoli e diceva loro: »Il Figlio dell’uomo sarà presto dato nelle mani degli uomini ed essi lo uccideranno; ma dopo essere stato ucciso, risusciterà il terzo giorno« Essi però non comprendevano questo parlare e avevano timore di interrogarlo. Giunsero poi a Capernaum, e quando fu in casa, domandò loro: »Di che discutevate fra di voi per la strada?«. Ed essi tacquero, perché per via avevano discusso intorno a chi fra di loro fosse il piú grande. Allora, postosi a sedere, egli chiamò i dodici, e disse loro: »Se alcuno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti«. E preso un bambino, lo pose in mezzo a loro; poi, presolo in braccio, disse loro: »Chiunque riceve uno di questi bambini nel mio nome, riceve me; e chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato«. Allora Giovanni, prendendo la parola, gli disse: »Maestro, noi abbiamo visto un tale che non ci segue scacciare demoni nel tuo nome e glielo abbiamo proibito, perché non ci segue«. Ma Gesú disse: »Non glielo proibite, perché nessuno può fare un’opera potente nel nome mio, e subito dopo dire male di me. Poiché chi non è contro di noi, è per noi. Chiunque infatti vi dà da bere un bicchiere d’acqua nel nome mio, perché siete di Cristo, io vi dico in verità che non perderà affatto la sua ricompensa«. »E chiunque scandalizzerà uno di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse legata intorno al collo una pietra da mulino e che fosse gettato in mare. Ora, se la tua mano ti è occasione di peccato, tagliala; è meglio per te entrare monco nella vita, che avere due mani e andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne. E se il tuo piede ti è occasione di peccato, taglialo, è meglio per te entrare zoppo nella vita, che avere due piedi ed essere gettato nella Geenna, nel fuoco inestinguibile, dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne. E se l’occhio tuo ti è occasione di peccato, cavalo; è meglio per te entrare con un occhio solo nella vita, che averne due ed essere gettato nella Geenna del fuoco, dove il loro verme non muore e il fuoco non si spegne. Poiché ognuno deve essere salato col fuoco, e ogni sacrificio deve essere salato col sale. Il sale è buono, ma se il sale diviene insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate del sale in voi stessi e state in pace gli uni con gli altri«. Poi, partendo di là, si recò nel territorio della Giudea lungo il Giordano, e di nuovo le folle si radunarono intorno a lui, ed egli nuovamente, come al solito, le ammaestrava. E i farisei, per metterlo alla prova, gli domandarono: »E’ lecito al marito ripudiare la moglie?«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »Che cosa vi ha comandato Mosè?«. Essi dissero: »Mosè ha permesso di scrivere un atto di divorzio e di ripudiare la moglie«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Fu a causa della durezza del vostro cuore che egli scrisse questa disposizione; ma al principio della creazione, Dio li fece maschio e femmina. Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie; e i due diverranno una stessa carne; cosí non sono piú due, ma una sola carne. L’uomo dunque non separi ciò che Dio ha unito!«. E in casa i suoi discepoli lo interrogarono di nuovo su questo argomento. Allora egli disse loro: »Chiunque manda via la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio contro di lei. Similmente, se la moglie lascia il proprio marito e ne sposa un altro, commette adulterio«. Allora, gli furono presentati dei fanciulli, perché li toccasse, ma i discepoli sgridavano coloro che li portavano. E Gesú, nel vedere ciò, si indignò, e disse loro: »Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a me e non glielo impedite, perché di tali è il regno di Dio. In verità vi dico che chiunque non riceve il regno di Dio come un piccolo fanciullo, non entrerà in esso«. E, presili in braccio, li benedisse, imponendo loro le mani. Ora, mentre stava per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro; e inginocchiatosi davanti a lui, gli chiese: »Maestro buono, cosa devo fare per ereditare la vita eterna?«. E Gesú gli disse: »Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu conosci i comandamenti: »Non commettere adulterio. Non uccidere. Non rubare. Non dire falsa testimonianza. Non frodare. Onora tuo padre e tua madre««. Ed egli, rispondendo, gli disse: »Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia fanciullezza«. Allora Gesú, fissandolo nel volto, l’amò e gli disse: »Una cosa ti manca; va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni, prendi la tua croce e seguimi«. Ma egli, rattristatosi per quella parola, se ne andò dolente, perché aveva molti beni. Allora Gesú, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: »Quanto difficilmente coloro che hanno delle ricchezze entreranno nel regno di Dio!«. E i discepoli sbigottirono alle sue parole. Ma Gesú, prendendo di nuovo la parola, disse loro: »Figli, quanto è difficile, per coloro che confidano nelle ricchezze entrare nel regno di Dio. E piú facile che un cammello passi per la cruna, di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio«. Ed essi, ancora piú stupiti, dicevano fra di loro: »E chi dunque può essere salvato?«. Ma Gesú, fissando lo sguardo su di loro, disse: »Questo è impossibile agli uomini, ma non a Dio, perché ogni cosa è possibile a Dio«, E Pietro prese a dirgli: »Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito«. Allora Gesú, rispondendo, disse: »Io vi dico in verità che non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o padre o madre o moglie o figli o poderi per amor mio e dell’evangelo, che non riceva il centuplo ora, in questo tempo, in case, fratelli, sorelle madre, figli e poderi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna. Ma molti primi saranno ultimi, e molti ultimi saranno primi«. Or essi si trovavano in viaggio per salire a Gerusalemme, e Gesú li precedeva, ed essi erano sgomenti e lo seguivano con timore. Ed egli presi nuovamente i dodici in disparte, prese a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: »Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani dei capi dei sacerdoti e degli scribi; ed essi lo condanneranno a morte e lo consegneranno nelle mani dei gentili, i quali lo scherniranno, lo flagelleranno, gli sputeranno addosso e l’uccideranno, ma il terzo giorno egli risusciterà«. Allora Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, si accostarono a lui, dicendo: »Maestro, noi desideriamo che tu faccia per noi ciò che ti chiederemo«. Ed egli disse loro: »Che volete che io vi faccia?«. Essi gli dissero: »Concedici di sedere uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra nella tua gloria«. E Gesú disse loro: »Voi non sapete quello che domandate. Potete voi bere il calice che io berrò ed essere battezzati del battesimo di cui io sono battezzato?«. Essi gli dissero: »Sí, lo possiamo«. E Gesú disse loro: »Voi certo berrete il calice che io bevo e sarete battezzati del battesimo di cui io sono battezzato, ma quanto a sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me darlo, ma è per coloro ai quali è stato preparato«. Udito ciò, gli altri dieci cominciarono ad indignarsi contro Giacomo e Giovanni. Ma Gesú, chiamatili a sé, disse loro: »Voi sapete che coloro che sono ritenuti i sovrani delle nazioni le signoreggiano, e i loro grandi esercitano dominio su di esse; ma tra voi non sarà cosí; anzi chiunque vorrà diventare grande tra voi, sarà vostro servo; e chiunque fra voi vorrà essere il primo, sarà schiavo di tutti. Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti«. Giunsero cosí a Gerico. E come egli usciva da Gerico con i suoi discepoli e con una grande folla, un certo figlio di Timeo, Bartimeo il cieco, sedeva lungo la strada mendicando. Or avendo udito che chi passava era Gesú il Nazareno, cominciò a gridare e a dire: »Gesú, Figlio di Davide, abbi pietà di me!«. Molti lo sgridavano affinché tacesse ma egli gridava ancora piú forte: »Figlio di Davide, abbi pietà di me!«. E Gesú, fermatosi, ordinò che lo si chiamasse. Chiamarono dunque il cieco dicendogli: »Fatti animo, alzati, egli ti chiama!«. Allora egli, gettando via il suo vestito, si alzò e venne a Gesú. E Gesú, rivolgendogli la parola, disse: »Che vuoi che io ti faccia?«. Il cieco gli disse: »Rabboni, che io recuperi la vista!«. E Gesú gli disse: »Va la tua fede a ti ha guarito«. E in quell’istante recuperò la vista e si mise a seguire Gesú per la via. Ora quando furono giunti vicino a Gerusalemme, verso Betfage e Betania, presso il monte degli Ulivi, Gesú mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: »Andate nel villaggio che vi sta di fronte e, appena entrati in esso, troverete un puledro d’asino legato, sul quale nessuno è ancora salito; scioglietelo e conducetelo da me. E se qualcuno vi dice: »Perché fate questo?«. Rispondete: »Il Signore ne ha bisogno. Lo rimanderà qui subito««. Essi dunque andarono e trovarono il puledro legato vicino ad una porta, fuori sulla strada, e lo sciolsero. Alcuni dei presenti dissero loro: »Cosa fate? Perché sciogliete il puledro?«. Ed essi risposero loro come Gesú aveva loro indicato, e quelli li lasciarono andare. Allora essi condussero il puledro a Gesú, vi posero sopra i loro mantelli, ed egli vi si sedette sopra. E molti stendevano i loro vestiti sulla strada, e altri tagliavano rami dagli alberi e li spargevano sulla strada. E tanto quelli che precedevano come quelli che seguivano, gridando, dicevano: »Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il regno di Davide nostro padre, che viene nel nome del Signore. Osanna nei luoghi altissimi!«. Cosí Gesú entrò in Gerusalemme e nel tempio; e, dopo aver osservato bene ogni cosa, essendo ormai tardi, uscí con i dodici diretto a Betania. Il giorno seguente, usciti da Betania, egli ebbe fame. E, vedendo da lontano un fico che aveva delle foglie, andò a vedere se vi trovasse qualcosa; ma, avvicinatosi ad esso, non vi trovò altro che foglie, perché non era il tempo dei fichi. Allora Gesú, rivolgendosi al fico, disse: »Nessuno mangi mai piú frutto da te in eterno«. E i suoi discepoli l’udirono. Cosí giunsero a Gerusalemme. E Gesú, entrato nel tempio, cominciò a scacciare quelli che nel tempio vendevano e compravano e rovesciò le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombi. E non permetteva ad alcuno di portare oggetti attraverso il tempio. E insegnava, dicendo loro: »Non è scritto: »La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti?« Voi, invece, ne avete fatto un covo di ladroni!«. Ora gli scribi e i capi dei sacerdoti, avendo udito queste cose, cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era rapita in ammirazione del suo insegnamento. E, quando fu sera, Gesú uscí fuori dalla città. Il mattino seguente, ripassando vicino al fico, lo videro seccato fin dalle radici. E Pietro, ricordandosi, gli disse: »Maestro, ecco, il fico che tu maledicesti è seccato«. Allora Gesú, rispondendo, disse loro: »Abbiate la fede di Dio! Perche in verità vi dico che se alcuno dirà a questo monte: »Spostati e gettati nel mare« e non dubiterà in cuor suo ma crederà che quanto dice avverrà qualunque cosa dirà, gli sarà concesso. Perciò vi dico: Tutte le cose che domandate pregando, credete di riceverle e le otterrete. E quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate affinché anche il Padre vostro, che è nei cieli, perdoni i vostri peccati. Ma se voi non perdonate, neanche il Padre vostro, che è nei cieli, perdonerà i vostri peccati«. Poi vennero di nuovo a Gerusalemme; e mentre egli passeggiava per il tempio, i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani, si accostarono a lui, e gli dissero: »Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato codesta autorità per fare queste cose?«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Anch’io vi domanderò una cosa, rispondetemi dunque, ed io vi dirò con quale autorità faccio queste cose. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi«. Ed essi ragionavano tra di loro, dicendo: »Se diciamo dal cielo, egli dirà: »Perché dunque non gli credeste?« Ma se diciamo dagli uomini, noi abbiamo paura del popolo, poiché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta«. Perciò, rispondendo, dissero a Gesú: »Non lo sappiamo«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Neppure io vi dico con quale autorità faccio queste cose«. Poi egli cominciò a parlar loro in parabole: »Un uomo piantò una vigna, vi fece attorno una siepe, vi scavò un luogo dove pigiare l’uva, vi costruí una torre, e l’affidò a dei vignaioli, poi se ne andò lontano. Nella stagione della raccolta inviò a quei vignaioli un servo per ricevere da loro la sua parte del frutto della vigna. Ma essi lo presero, lo batterono e lo rimandarono a mani vuote. Egli mandò loro di nuovo un altro servo; ma essi, dopo avergli tirate delle pietre, lo ferirono alla testa e lo rimandarono vilipeso. Ne inviò ancora un altro e questi lo uccisero. Poi ne mandò molti altri, e di questi alcuni furono percossi, altri uccisi. Gli restava ancora uno da mandare: il suo amato figlio. Per ultimo mandò loro anche lui, dicendo: »avranno almeno rispetto per mio figlio« Ma quei vignaioli dissero fra loro: »Costui è l’erede, venite, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra« Cosí lo presero, lo uccisero e lo gettarono fuori dalla vigna. Che farà dunque il padrone della vigna? Egli verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. Non avete neppure letto questa scrittura: »La pietra che gli edificatori hanno scartata è divenuta la testata d’angolo. Ciò è stato fatto dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri"?«. Allora essi cercavano di prenderlo, perché avevano capito che egli aveva detto quella parabola contro di loro; ma ebbero paura della folla; e, lasciatolo, se ne andarono. Gli mandarono poi alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nelle parole. Ed essi, giunti, gli dissero: »Maestro, noi sappiamo che tu sei verace e non hai riguardi per nessuno, perché non badi all’apparenza delle persone, ma insegni la via di Dio secondo verità. è lecito o no pagare il tributo a Cesare? Dobbiamo pagarlo o no?«. Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse loro: »Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché lo veda«. Essi glielo portarono. Ed egli disse loro: »Di chi è questa immagine e questa iscrizione?«. Essi gli dissero: »Di Cesare«. Allora Gesú rispose e disse loro: »Rendete a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio«. Ed essi si meravigliarono di lui. Poi si presentarono a lui dei sadducei, i quali dicono che non vi è risurrezione, e lo interrogarono, dicendo: »Maestro, Mosè ci lasciò scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello di lui deve sposare la vedova per suscitare una discendenza a suo fratello. Ora vi erano sette fratelli; il primo prese moglie e morí senza lasciare figli. Quindi la prese il secondo, ma anche questi morí senza lasciare figli; cosí pure il terzo. Tutti e sette l’ebbero per moglie, e morirono senza lasciare figli. Infine, dopo tutti, morí anche la donna. Nella risurrezione dunque, quando risusciteranno, di chi di loro sarà ella moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta per moglie«. Ma Gesú, rispondendo, disse loro: »Non è proprio per questo che siete in errore, perché non conoscete né le Scritture né la potenza di Dio? Infatti, quando gli uomini risusciteranno dai morti, né si ammoglieranno nè si mariteranno, ma saranno come gli angeli in cielo. Riguardo poi alla risurrezione dei morti, non avete letto nel libro di Mosé come Dio gli parlò dal roveto, dicendo io sono il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe Egli non è Dio dei morti, ma Dio dei viventi. Voi, dunque, vi sbagliate grandemente«. Allora uno degli scribi che aveva udita la loro discussione, riconoscendo che egli aveva loro risposto bene, si accostò e gli domandò: »Qual è il primo comandamento di tutti?«. E Gesú gli rispose: »Il primo comandamento di tutti è: »ascolta, Israele: Il Signore Dio nostro è l’unico Signore«, e: »ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza«. Questo è il primo comandamento. E il secondo è simile a questo: »ama il tuo prossimo come te stesso«. Non vi è alcun altro comandamento maggiore di questi«. Allora lo scriba gli disse: »Bene, Maestro. Hai detto secondo verità che vi è un sol Dio e non ve n’è alcun altro all’infuori di lui; e che amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l’anima e con tutta la forza, e amare il prossimo come se stessi vale piú di tutti gli olocausti e i sacrifici«, E Gesú, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: »Tu non sei lontano dal regno di Dio«. E nessuno ardiva piú interrogarlo. E Gesú, insegnando nel tempio, prese a dire: »Come mai gli scribi dicono che il Cristo è Figlio di Davide? Poiché Davide stesso, per lo Spirito Santo, disse: »il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia fatto dei tuoi nemici lo sgabello dei tuoi piedi«. Davide stesso dunque lo chiama Signore; come può dunque egli essere suo figlio?«. E la maggior parte della folla lo ascoltava con piacere. Ed egli diceva loro nel suo insegnamento: »Guardatevi dagli scribi che amano passeggiare in lunghe vesti ed essere salutati nelle piazze, e avere i primi seggi nelle sinagoghe, e i primi posti nei conviti, che divorano le case delle vedove e per mettersi in mostra, fanno lunghe preghiere; essi riceveranno una piú dura condanna«. E Gesú, postosi a sedere di fronte alla cassa del tesoro, osservava come la gente vi gettava il denaro; e tanti ricchi ne gettavano molto. Venuta una povera vedova, vi gettò due spiccioli, cioè un quadrante. E Gesú, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: »In verità vi dico che questa povera vedova ha gettato nel tesoro piú di tutti gli altri. Poiché tutti vi hanno gettato del loro superfluo, mentre ella, nella sua povertà, vi ha gettato tutto quello che aveva per vivere«. Mentre egli usciva dal tempio, uno dei suoi discepoli gli disse: »Maestro, guarda che pietre e che costruzioni!«. E Gesú, rispondendo, gli disse: »Vedi questi grandi edifici? Non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà diroccata«. E, come egli era seduto sul monte degli Ulivi di fronte al tempio, Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea gli domandarono in disparte: »Dicci, quando avverranno queste cose, e quale sarà il segno del tempo in cui tutte queste cose dovranno compiersi?«. E Gesú, rispondendo loro, prese a dire: »Guardate che nessuno vi seduca. Poiché molti verranno nel mio nome, dicendo: »sono io« e ne sedurranno molti. Ora, quando udrete parlare di guerre e di rumori di guerre, non vi turbate perché bisogna che queste cose avvengano; ma non sarà ancora la fine. Infatti si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in vari luoghi, carestie ed agitazioni. Queste cose non saranno altro che l’inizio delle doglie di parto. Badate a voi stessi! Poiché vi consegneranno ai tribunali e sarete battuti nelle sinagoghe; sarete portati davanti ai governatori e ai re, per causa mia, in testimonianza a loro. Ma prima bisogna che l’evangelo sia predicato fra tutte le genti. Ora, quando vi condurranno via per consegnarvi nelle loro mani, non preoccupatevi in anticipo di ciò che dovrete dire, e non lo premeditate; ma dite ciò che vi sarà dato in quell’istante, perché non siete voi a parlare, ma lo Spirito Santo. Ora, il fratello consegnerà a morte il fratello e il padre il figlio; e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E voi sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato«. »Or quando vedrete l’abominazione della desolazione, predetta dal profeta Daniele, posta dove non dovrebbe essere (chi legge intenda), allora coloro che saranno nella Giudea fuggano ai monti. E chi sarà sul tetto di casa non scenda, né entri in casa a prendere qualcosa da casa sua. E chi sarà nei campi non torni indietro a prendersi il vestito. Or guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni! E pregate che la vostra fuga non avvenga d’inverno. Perché in quei giorni vi sarà una grande tribolazione, la piú grande che sia mai venuta dall’inizio della creazione fatta da Dio fino ad oggi, né mai piú vi sarà. E se il Signore non avesse abbreviato quei giorni, nessuna carne si salverebbe; ma a motivo degli eletti, che egli ha scelto, il Signore ha abbreviato quei giorni. Allora, se qualcuno vi dirà: »ecco qui il Cristo« ovvero: »eccolo là«, non gli credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Voi però state attenti; ecco, io vi ho predetto ogni cosa«. »Ma in quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà il suo splendore; le stelle del cielo cadranno e le potenze che sono nei cieli saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire nelle nuvole, con grande potenza e gloria. Egli allora manderà i suoi angeli e raccoglierà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Or dal fico imparate questa similitudine: quando i suoi rami diventano teneri e spuntano le prime foglie, voi sapete che l’estate è vicina. Cosí anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, proprio alle porte. In verità vi dico che questa generazione non passerà, prima che tutte queste cose siano avvenute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno«. »Ma quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno li conosce, né gli angeli nel cielo, né il Figlio, ma solo il Padre. State attenti, vegliate e pregate, perché non sapete quando sarà quel momento. E come se un uomo, andando in viaggio, lasciasse la propria casa, dandone l’autorità ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e al portinaio ordinasse di vegliare. Vegliate dunque, perché non sapete quando il padrone di casa verrà; se di sera, a mezzanotte, al cantar del gallo o al mattino; perché, venendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Ora, ciò che dico a voi, lo dico a tutti: Vegliate!«. Ora, due giorni dopo era la Pasqua e la festa degli Azzimi; e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di prendere Gesú con inganno e ucciderlo. Ma dicevano: »Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo«. Ora egli, trovandosi a Betania in casa di Simone il lebbroso, mentre era a tavola, entrò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato di autentico nardo, di grande valore; or ella, rotto il vaso di alabastro, glielo versò sul capo. Alcuni si sdegnarono fra di loro e dissero: »Perché tutto questo spreco di olio? Poiché si poteva vendere quest’olio per piú di trecento denari e darli ai poveri«. Ed erano indignati contro di lei. Ma Gesú disse: »Lasciatela fare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto una buona opera verso di me. Perché i poveri li avrete sempre con voi; e quando volete, potete far loro del bene, ma non avrete sempre me. Ella ha fatto ciò che poteva; ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. Ma in verità vi dico che in tutto il mondo, ovunque sarà predicato questo evangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che costei ha fatto«. Allora Giuda Iscariota, uno dei dodici, andò dai capi dei sacerdoti, per consegnarlo nelle loro mani. Ed essi, udito ciò, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Cosí egli cercava un’occasione propizia per tradirlo. Ora, nel primo giorno della festa degli Azzimi, quando si sacrificava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: »Dove vuoi che andiamo a prepararti da mangiare la Pasqua?«. Allora egli mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: »Andate in città e incontrerete un uomo, che porta una brocca piena d’acqua; seguitelo. E là dove entrerà, dite al padron di casa: »Il Maestro chiede: Dov’è la stanza in cui mangerò la Pasqua con i miei discepoli?« Egli allora vi mostrerà una grande sala di sopra arredata e pronta; là apparecchiate per noi«. I suoi discepoli andarono e, giunti in città, trovarono come egli aveva loro detto; e apparecchiarono la Pasqua. Quando fu sera, egli giunse con i dodici. E, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesú disse: »In verità vi dico che uno di voi, che mangia con me, mi tradirà«. Allora essi cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: »Sono forse io?«. E un altro disse: »Sono forse io?«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »è uno dei dodici che intinge con me nel piatto. Si, il Figlio dell’uomo se ne va come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo per mezzo del quale il Figlio dell’uomo è tradito. Sarebbe stato meglio per lui, se quell’uomo non fosse mai nato!«. E mentre essi mangiavano, Gesú prese del pane e, dopo averlo benedetto lo spezzò e lo diede loro dicendo: »Prendete, mangiate; questo è il mio corpo«. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro, e tutti ne bevvero. Quindi disse loro: »Questo è il mio sangue, il sangue del nuovo patto, che è sparso per molti. In verità vi dico che non berrò piú del frutto della vigna fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio«. E, dopo aver cantato un inno, uscirono, dirigendosi verso il monte degli Ulivi. E Gesú disse loro: »Voi tutti sarete scandalizzati di me questa notte, perché sta scritto: »Percuoterò il Pastore e le pecore saranno disperse«. Ma dopo che sarò risuscitato, io vi precederò in Galilea«. E Pietro gli disse: »Anche se tutti gli altri si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò«. E Gesú gli disse: »In verità ti dico che oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte«. Ma egli con piú fermezza diceva: »Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò affatto«. Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. Poi essi arrivarono ad un luogo chiamato Getsemani, ed egli disse ai suoi discepoli: »Sedete qui, finché io abbia pregato«. Quindi prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, e cominciò ad essere preso da timore e angoscia; e disse loro: »L’anima mia è grandemente rattristata, fino alla morte, rimanete qui e vegliate«. E, andato un poco avanti, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, si allontanasse da lui quell’ora. E disse: »Abba, Padre, ogni cosa ti è possibile; allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che tu vuoi«. Quindi, tornato indietro, trovò i discepoli che dormivano e disse a Pietro: »Simone, dormi? Non hai avuto la forza di vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione, certo lo spirito è pronto, ma la carne è debole«. Se ne andò di nuovo e pregò, dicendo le medesime parole. Ritornato, trovò i discepoli nuovamente addormentati, perché i loro occhi erano appesantiti e non sapevano che cosa rispondergli. Infine, ritornò per la terza volta e disse loro: »Dormite pure ora e riposatevi, basta! L’ora è giunta. Ecco, il Figlio dell’uomo è consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce è vicino«. E in quell’istante, mentre egli parlava ancora, giunse Giuda, uno dei dodici, e con lui una gran turba con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti dagli scribi e dagli anziani. Or chi lo tradiva aveva dato loro un segnale, dicendo: »Quello che bacerò è lui. Pigliatelo e conducetelo via sotto buona scorta«. E, come fu giunto, subito si accostò a lui e disse: »Rabbi, Rabbi«; e lo baciò caldamente! Essi allora gli misero le mani addosso e lo arrestarono. E uno dei presenti trasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise un orecchio. Allora Gesú, rispondendo. disse: »Siete venuti con spade e bastoni per catturarmi, come se fossi un brigante? Eppure, ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio ad insegnare, e voi non mi avete preso; ma questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture!«. Allora i discepoli, abbandonatolo, se ne fuggirono tutti. Ed un certo giovane lo seguiva, avvolto in un lenzuolo sul corpo nudo, ed essi lo afferrarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo. se ne fuggí nudo dalle loro mani. Essi allora condussero Gesú dal sommo sacerdote, presso il quale si radunarono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. E Pietro lo seguí da lontano fin dentro il cortile del sommo sacerdote, dove si mise a sedere con le guardie, scaldandosi vicino al fuoco. Ora i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio, cercavano qualche testimonianza contro Gesú, per farlo morire; ma non ne trovavano. Molti infatti deponevano il falso contro di lui; ma le loro testimonianze non erano concordi. Allora alcuni, alzatisi, testimoniarono il falso contro di lui, dicendo: »Noi l’abbiamo udito dire: »Io distruggerò questo tempio fatto da mani, e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani««. Ma neppure su questo la loro testimonianza era concorde. Allora il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesú, dicendo: »Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?«. Ma egli tacque e non rispose nulla. Di nuovo, il sommo sacerdote lo interrogò e gli disse: »Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?«. E Gesú disse: »Sí, io lo sono. E voi vedrete il Figlio dell’uomo sedere alla destra della Potenza e venire con le nuvole del cielo«. Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: »Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?«. E tutti lo giudicarono reo di morte. Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a bendargli il viso, a dargli degli schiaffi ed a dirgli: »Indovina«. E le guardie lo percuotevano. Or mentre Pietro era giú nel cortile, sopraggiunse una serva del sommo sacerdote. E, visto Pietro che si scaldava, lo guardò attentamente e disse: »Anche tu eri con Gesú Nazareno«. Ma egli negò dicendo: »Non lo conosco e non capisco ciò che dici«. Uscí quindi fuori nel vestibolo, e il gallo cantò. Or la serva, vedutolo di nuovo, cominciò a dire ai presenti: »Costui è uno di loro«. Ma egli negò ancora. E, poco dopo, i presenti dissero di nuovo a Pietro: »Veramente tu sei uno di loro; infatti sei Galileo e il tuo parlare lo rivela«. Ma egli cominciò a maledire e a giurare: »Io non conosco quest’uomo di cui parlate«. E il gallo cantò per la seconda volta; allora Pietro si ricordò della parola che Gesú gli aveva detta: »Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte«. E, pensando a ciò, scoppiò a piangere. E al mattino presto, i capi dei sacerdoti con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, tenuto consiglio, legarono Gesú, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. E Pilato gli domandò: »Sei tu il re dei Giudei?«. Ed egli, rispondendo, gli disse: »Tu lo dici«. E i capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose; ma egli non rispondeva nulla. Pilato lo interrogò di nuovo, dicendo: »Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano?«. Ma Gesú non rispose piú nulla, tanto che Pilato ne rimase meravigliato. Or ad ogni festa era solito rilasciare loro un prigioniero, chiunque essi chiedessero. Vi era allora in prigione un tale chiamato Barabba, insieme ad altri compagni ribelli, i quali avevano commesso un omicidio durante una sommossa. E la folla, gridando, cominciò a domandare che facesse come aveva sempre fatto per loro. Allora Pilato rispose loro, dicendo: »Volete che vi liberi il re dei Giudei?«. Perché sapeva che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla a chiedere piuttosto che liberasse loro Barabba. E Pilato, prendendo di nuovo la parola, disse loro: »Che volete dunque che faccia di colui che voi chiamate il re dei Giudei?«. Ed essi gridarono di nuovo: »Crocifiggilo!«. E Pilato disse loro: »Ma che male ha fatto?«. Essi allora gridarono ancora piú forte: »Crocifiggilo!«. Perciò Pilato, volendo soddisfare la folla, liberò loro Barabba. E, dopo aver flagellato Gesú, lo consegnò loro perché fosse crocifisso. Allora i soldati lo condussero nel cortile interno, cioè nel pretorio, e convocarono l’intera coorte. Lo vestirono di porpora e, intrecciata una corona di spine, gliela misero sul capo. Cominciarono poi a salutarlo dicendo: »Salve, re dei Giudei!«. E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, lo adoravano. Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e lo rivestirono delle sue vesti, poi lo portarono fuori per crocifiggerlo. E costrinsero un passante, un certo Simone di Cirene che tornava dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo, perché portasse la sua croce. Poi condussero Gesú al luogo detto Golgota che significa: Luogo del teschio. Gli diedero da bere del vino mescolato con mirra, ma egli non lo prese. E, dopo averlo crocifisso, spartirono le sue vesti, tirandole a sorte, per sapere che cosa toccasse a ciascuno. Era l’ora terza quando lo crocifissero. E l’iscrizione che indicava il motivo della condanna, posta sopra lui, diceva: »il re dei Giudei« Crocifissero pure con lui due ladroni, uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. Cosí si adempí la Scrittura che dice: »Egli è stato annoverato fra i malfattori«. E coloro che passavano lí vicino lo ingiuriavano, scuotendo il capo e dicendo: »Eh, tu che distruggi il tempio e in tre giorni lo riedifichi salva te stesso e scendi giú dalla croce!«. Similmente anche i capi dei sacerdoti con gli scribi, beffandosi, dicevano tra di loro: »Egli ha salvato gli altri, e non può salvare se stesso. Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, affinché lo vediamo e crediamo«. Anche quelli che erano stati crocifissi con lui, lo ingiuriavano. Poi, venuta l’ora sesta, si fece buio su tutto il paese fino all’ora nona. E all’ora nona, Gesú gridò a gran voce: »Eloì, Eloì, lammà sabactanì?«. Che, tradotto vuol dire: »Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?.«. E alcuni degli astanti, udito ciò, dicevano: »Ecco, egli chiama Elia!«. Allora uno di loro accorse, inzuppò una spugna nell’aceto e, postala su una canna, gli diede da bere, dicendo: »Lasciate, vediamo se viene Elia a tirarlo giú«. Ma Gesú, emesso un forte grido, rese lo spirito. Allora il velo del tempio, si squarciò in due, dall’alto in basso. E il centurione che stava di fronte a Gesú, visto che dopo aver gridato cosí aveva reso lo spirito, disse: »Veramente quest’uomo era Figlio di Dio«. Vi erano pure delle donne che guardavano da lontano, fra di esse vi erano Maria Maddalena e Maria madre di Giacomo il minore e di Iose e Salome che lo seguivano e lo servivano quando era in Galilea; e ce n’erano molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme. Poi, avvicinandosi ormai la sera, poiché era la Preparazione, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, un rispettabile membro del consiglio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato e domandò il corpo di Gesú. E Pilato si meravigliò che fosse già morto. E, chiamato il centurione, gli domandò se fosse morto da molto tempo. E, rassicurato dal centurione, concesse il corpo a Giuseppe. E questi, comperato un lenzuolo e deposto Gesú dalla croce, lo avvolse nel lenzuolo e lo mise in un sepolcro che era stato scavato nella roccia; poi rotolò una pietra davanti all’entrata del sepolcro. E Maria Maddalena e Maria, madre di Iose, osservavano dove egli veniva deposto. Ora, trascorso il sabato, Maria Maddalena, Maria, madre di Giacomo, e Salome acquistarono degli aromi a per andare ad imbalsamare Gesú. La mattina del primo giorno della settimana, molto presto, vennero al sepolcro al levar del sole. E dicevano fra di loro: »Chi ci rotolerà la pietra dall’entrata del sepolcro?«. Ma, alzando gli occhi, videro che la pietra era stata rotolata, sebbene fosse molto grande. Entrate dunque nel sepolcro, videro un giovanetto che sedeva dal lato destro vestito di bianco, e rimasero spaventate. Ed egli disse loro: »Non vi spaventate! Voi cercate Gesú il Nazareno che è stato crocifisso; è risuscitato, non è qui, ecco il luogo dove l’avevano posto. Ma andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete come vi ha detto«. Ed esse, uscite prontamente, fuggirono via dal sepolcro, perché erano prese da tremore e stupore; e non dissero nulla a nessuno, perché avevano paura. Ora Gesú, essendo risuscitato la mattina del primo giorno della settimana, apparve prima a Maria Maddalena, dalla quale aveva scacciato sette demoni. Ed ella andò e l’annunciò a quelli che erano stati con lui, i quali erano afflitti e piangevano. Ma essi, sentendo dire che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero. Dopo queste cose, apparve in altra forma a due di loro, che erano in cammino verso la campagna, Anch’essi andarono ad annunziarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro. Infine apparve agli undici mentre erano a tavola e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a coloro che lo avevano visto risuscitato. Poi disse loro: »Andate per tutto il mondo e predicate l’evangelo a ogni creatura; chi ha creduto ed è stato battezzato, sarà salvato; ma chi non ha creduto, sarà condannato. E questi sono i segni che accompagneranno quelli che hanno creduto: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue; prenderanno in mano dei serpenti anche se berranno qualcosa di mortifero, non farà loro alcun male; imporranno le mani agli infermi, e questi guariranno«. Il Signore Gesú dunque, dopo aver loro parlato, fu portato in cielo e si assise alla destra di Dio. Essi poi se ne andarono a predicare dappertutto, mentre il Signore operava con loro e confermava la parola con i segni che l’accompagnavano. Amen.
Poiché molti hanno intrapreso ad esporre ordinatamente la narrazione delle cose che si sono verificate in mezzo a noi, come ce le hanno trasmesse coloro che da principio ne furono testimoni oculari e ministri della parola, è parso bene anche a me, dopo aver indagato ogni cosa accuratamente fin dall’inizio, di scrivertene per ordine, eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate. Ai giorni di Erode, re della Giudea, vi era un certo sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia; sua moglie era discendente da Aaronne e si chiamava Elisabetta. Erano entrambi giusti agli occhi di Dio, camminando irreprensibili in tutti i comandamenti e le leggi del Signore. Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile, ed entrambi erano già avanzati in età. Or avvenne che, mentre Zaccaria esercitava il suo ufficio sacerdotale davanti a Dio nell’ordine della sua classe, secondo l’usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio del Signore per bruciare l’incenso. Intanto l’intera folla del popolo stava fuori in preghiera, nell’ora dell’incenso. Allora un angelo del Signore gli apparve, stando in piedi alla destra dell’altare dell’incenso. Al vederlo Zaccaria fu turbato e preso da paura, Ma l’angelo gli disse: »Non temere Zaccaria, perché la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti partorirà un figlio, al quale porrai nome Giovanni. Ed egli sarà per te motivo di gioia e di allegrezza, e molti si rallegreranno per la sua nascita. Perché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà né vino né bevande inebrianti e sarà ripieno di Spirito Santo fin dal grembo di sua madre. E convertirà molti dei figli d’Israele al Signore, loro Dio. Ed andrà davanti a lui nello spirito e potenza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto«. E Zaccaria disse all’angelo: »Da che cosa conoscerò questo? Poiché io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni«. E l’angelo, rispondendo, gli disse: »Io sono Gabriele che sto alla presenza di Dio, e sono stato mandato per parlarti e annunziarti queste buone novelle. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole che si adempiranno a loro tempo«. Intanto il popolo aspettava Zaccaria e si meravigliava che egli si trattenesse cosí a lungo nel tempio. Ma, quando uscí, non poteva parlare loro; allora essi compresero che egli aveva avuto una visione nel tempio; egli faceva loro dei cenni, ma rimase muto. E avvenne che, quando furono compiuti i giorni del suo servizio, egli ritornò a casa sua. Ora, dopo quei giorni, sua moglie Elisabetta concepí; e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva: »Ecco cosa mi ha fatto il Signore nei giorni, in cui ha volto il suo sguardo su di me per rimuovere la mia vergogna tra gli uomini«. Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, ad una vergine fidanzata a un uomo di nome Giuseppe, della casa di Davide; e il nome della vergine era Maria. E l’angelo, entrato da lei, disse: »Salve, o grandemente favorita, il Signore è con te; tu sei benedetta fra le donne« Ma quando lo vide, ella rimase turbata alle sue parole, e si domandava cosa potesse significare un tale saluto. E l’angelo le disse: »Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, tu concepirai nel grembo e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesú. Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre; e regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine«. E Maria disse all’angelo: »Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo?«. E l’angelo, rispondendo, le disse: »Lo Spirito Santo verrà su di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà, pertanto il santo che nascerà da te sarà chiamato figlio di Dio. Ed ecco Elisabetta, tua parente, ha anch’ella concepito un figlio nella sua vecchiaia; e questo è il sesto mese per lei, che era chiamata sterile poiché nulla è impossibile con Dio«. Allora Maria disse: »Ecco la serva del Signore; mi sia fatto secondo la tua parola«. E l’angelo si allontanò da lei. Ora in quei giorni Maria si levò e si recò in fretta nella regione montuosa, in una città di Giuda, ed entrò in casa di Zaccaria e salutò Elisabetta. E avvenne che, appena Elisabetta udì il saluto di Maria, il bambino le sobbalzò nel grembo, ed Elisabetta fu ripiena di Spirito Santo, ed esclamò a gran voce, dicendo: »Tu sei benedetta fra le donne e benedetto è il frutto del tuo grembo. E perché mi accade questo, che la madre del mio Signore venga a me? Poiché, ecco, appena la voce del tuo saluto mi è giunta agli orecchi, il bambino è sobbalzato di gioia nel mio grembo. Ora, beata è colei che ha creduto, perché le cose dettele da parte del Signore avranno compimento«. E Maria disse: »L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, perché egli ha avuto riguardo alla bassezza della sua serva, poiché ecco d’ora in poi tutte le generazioni mi proclameranno beata, perché il Potente mi ha fatto cose grandi, e Santo è il suo nome! E la sua misericordia si estende di generazione in generazione verso coloro che lo temono. Egli ha operato potentemente col suo braccio; ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai loro troni ed ha innalzato gli umili ha ricolmato di beni gli affamati e ha rimandato i ricchi a mani vuote. Egli ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia come aveva dichiarato ai nostri padri, ad Abrahamo e alla sua progenie, per sempre«. E Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi, poi se ne tornò a casa sua. Ora giunse per Elisabetta il tempo di partorire, e diede alla luce un figlio. I suoi vicini e i parenti, udendo che il Signore le aveva usato grande misericordia, si rallegrarono con lei. Ed avvenne che nell’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e intendevano chiamarlo Zaccaria, col nome di suo padre; ma sua madre intervenne e disse: »No, si chiamerà invece Giovanni«. Ed essi le dissero: »Non vi è alcuno nella tua parentela che si chiami con questo nome«. Cosí domandarono con cenni a suo padre, come voleva che lo si chiamasse. Egli allora chiese una tavoletta e vi scrisse: »Il suo nome è Giovanni«. E tutti si meravigliarono. In quell’istante la sua bocca si aperse e la sua lingua si sciolse, e parlava benedicendo Dio. E tutti i loro vicini furono presi da timore, e tutte queste cose erano divulgate per tutta la regione montuosa della Giudea. E tutti coloro che le udirono, le riposero nel cuore loro, dicendo: »Chi sarà mai questo bambino?«. E la mano del Signore era con lui. E Zaccaria, suo padre, fu ripieno di Spirito Santo e profetizzò, dicendo: »Benedetto sia il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e compiuto la redenzione per il suo popolo; e ci ha suscitato una potente salvezza nella casa di Davide suo servo come egli aveva dichiarato per bocca dei suoi santi profeti fin dai tempi antichi, perché fossimo salvati dai nostri nemici e dalle mani di tutti coloro che ci odiano, per usare misericordia verso i nostri padri e ricordarsi del suo santo patto, il giuramento fatto ad Abrahamo nostro padre, per concederci che, liberati dalle mani dei nostri nemici, lo potessimo servire senza paura, in santità e giustizia davanti a lui tutti i giorni della nostra vita. E tu, o piccolo bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché tu andrai davanti alla faccia del Signore a preparare le sue vie, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza, nel perdono dei loro peccati; grazie alle viscere di misericordia de nostro Dio, per cui l’aurora dall’alto ci visiterà, per illuminare quelli che giacevano nelle tenebre e nell’ombra della morte, per guidare i nostri passi nella via della pace«. Intanto il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, e rimase nei deserti fino al giorno che egli doveva manifestarsi ad Israele. Ora, in quei giorni fu emanato un decreto da parte di Cesare Augusto che si compisse il censimento di tutto l’impero. Questo censimento fu il primo ad essere fatto quando Quirinio era governatore della Siria. E tutti andavano a farsi registrare ciascuno nella sua città. Or anche Giuseppe uscí dalla città di Nazaret della Galilea, per recarsi in Giudea nella città di Davide, chiamata Betlemme, perché egli era della casa e della famiglia di Davide, per farsi registrare con Maria, sua moglie, che aveva sposato e che era incinta. Cosí mentre erano là, giunse per lei il tempo del parto. Ed ella diede alla luce il suo figlio primogenito, e lo fasciò e lo pose a giacere in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo. Ora in quella stessa regione c’erano dei pastori che dimoravano all’aperto nei campi, e di notte facevano la guardia al loro gregge. Ed ecco, un angelo del Signore si presentò loro e la gloria del Signore risplendette intorno a loro, ed essi furono presi da grande paura. Ma l’angelo disse loro: »Non temete, perché vi annunzio una grande gioia che tutto il popolo avrà; poiché oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore, che è Cristo, il Signore E questo vi servirà di segno: Voi troverete un bambino fasciato, coricato in una mangiatoia«. E ad un tratto si uní all’angelo una moltitudine dell’esercito celeste che lodava Dio, dicendo: »Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini, su cui si posa il suo favore«. E avvenne che, quando gli angeli si allontanarono da loro per ritornare in cielo, i pastori dissero tra loro: »Andiamo fino a Betlemme, per vedere ciò che è avvenuto e che il Signore ci ha fatto conoscere«. Andarono quindi in fretta e trovarono Maria, Giuseppe e il bambino, che giaceva in una mangiatoia. Dopo averlo visto, divulgarono quanto era stato loro detto a proposito di quel bambino. E tutti coloro che li udirono si meravigliarono delle cose raccontate loro dai pastori. Maria custodiva tutte queste parole, meditandole in cuor. E i pastori se ne ritornarono, glorificando e lodando Dio per tutte le cose che avevano udito e visto, come era stato loro detto. E quando furono trascorsi gli otto giorni dopo i quali egli doveva essere circonciso, gli fu posto nome Gesú, il nome dato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. Quando poi furono compiuti i giorni della purificazione di lei secondo la legge di Mosé, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore come è scritto nella legge del Signore: »Ogni maschio primogenito sarà chiamato santo al Signore«, e per offrire in sacrificio, come è detto nella legge del Signore, un paio di tortore o due giovani colombi. Or ecco, vi era a Gerusalemme un uomo chiamato Simeone; quest’uomo era giusto e pio e aspettava la consolazione d’Israele; e lo Spirito Santo era su di lui. E gli era stato divinamente rivelato dallo Spirito Santo, che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signore. Egli dunque, mosso dallo Spirito, venne nel tempio, e, come i genitori vi portavano il bambino Gesú, per fare a suo riguardo quanto prescriveva la legge, egli lo prese tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: »Ora, Signore, lascia che il tuo servo muoia in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che tu hai preparato davanti a tutti i popoli; luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele«. E Giuseppe e la madre del bambino si meravigliavano delle cose che si dicevano di lui. Poi Simeone li benedisse e disse a Maria sua madre: »Ecco, costui è posto per la caduta e per l’innalzamento di molti in Israele e per essere segno di contraddizione, e a te stessa una spada trafiggerà l’anima, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori«. Vi era anche Anna, una profetessa, figlia di Fanuel, della tribú di Aser, la quale era molto avanzata in età, avendo vissuto dopo la sua verginità sette anni con il marito. Ella era vedova e, sebbene avesse ormai ottantaquattro anni, non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta ella pure in quel momento, lodava il Signore e parlava di quel bambino a tutti coloro che aspettavano la redenzione in Gerusalemme. Ora, quando ebbero compiuto tutto quello che riguardava l’osservanza della legge del Signore, ritornarono in Galilea nella loro città di Nazaret. Intanto il bambino cresceva e si fortificava nello spirito, essendo ripieno di sapienza; e la grazia di Dio era su di lui. Or i suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. E, quando egli compí dodici anni, essi salirono a Gerusalemme, secondo l’usanza della festa. Terminati quei giorni, mentre essi ritornavano, il fanciullo Gesú rimase in Gerusalemme; ma Giuseppe e sua madre non lo sapevano. Supponendo che egli fosse nella comitiva, essi fecero una giornata di cammino, poi si misero a cercarlo fra i parenti e i conoscenti; e, non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme in cerca di lui. E avvenne che, tre giorni dopo, lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, intento ad ascoltarli e a far loro domande. E tutti quelli che l’udivano, stupivano della sua intelligenza e delle sue risposte. E, quando essi lo videro, rimasero stupiti, e sua madre gli disse: »Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo!«. Ma egli disse loro: »Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?«. Ma essi non compresero le parole che aveva detto loro. Ed egli scese con loro, tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. E sua madre serbava tutte queste parole nel suo cuore. E Gesú cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini. Or nell’anno quindicesimo del regno di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea. Erode tetrarca della Galilea, suo fratello Filippo tetrarca dell’Iturea e della regione della Traconitide e Lisania tetrarca dell’Abilene, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caiafa, la parola di Dio fu indirizzata a Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Egli allora percorse tutta la regione nei dintorni del Giordano, predicando un battesimo di ravvedimento per il perdono dei peccati, come sta scritto nel libro delle parole del profeta Isaia, che dice: »Ecco la voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. Ogni valle sia colmata e ogni monte e colle sia abbassato; i luoghi tortuosi siano raddrizzati e le vie scabrose appianate e ogni carne vedrà la salvezza di Dio«. Egli dunque diceva alle folle che andavano per essere da lui battezzate: »Razza di vipere, chi vi ha insegnato a fuggire dall’ira a venire? Fate dunque frutti degni del ravvedimento e non cominciate a dire dentro di voi: »Noi abbiamo Abrahamo per padre«, perché io vi dico che Dio può suscitare dei figli ad Abrahamo anche da queste pietre. E già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero quindi che non produce buon frutto sarà tagliato e gettato nel fuoco«. Or le folle lo interrogavano, dicendo: »Che faremo noi dunque?«. Allora egli, rispondendo, disse loro: »Chi ha due tuniche ne faccia parte a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto«. Or vennero anche dei pubblicani per essere battezzati e gli chiesero: »Maestro, che dobbiamo fare.«. Ed egli disse loro: »Non riscuotete nulla di piú di quanto vi è stato ordinato«. Anche i soldati lo interrogarono dicendo: »E noi, che dobbiamo fare?«. Ed egli disse loro: »Non fate estorsioni ad alcuno, non accusate falsamente alcuno e contentatevi della vostra paga«. Ora il popolo era in attesa, e tutti si chiedevano in cuor loro se Giovanni fosse lui il Cristo, Giovanni rispose, dicendo a tutti: »lo vi battezzo con acqua; ma viene colui che è piú forte di me, al quale io non sono neppure degno di sciogliere il legaccio dei sandali; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco. Egli ha in mano il suo ventilabro, per pulire interamente la sua aia e raccogliere il grano nel suo granaio; ma brucerà la pula con fuoco inestinguibile«. Cosí egli evangelizzava il popolo, esortandolo in molti altri modi. Ora Erode, il tetrarca, essendo stato da lui ripreso a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, e per tutte le malvagità che egli aveva commesso, aggiunse a tutte le altre anche questa, cioè di rinchiudere Giovanni in prigione. Ora, come tutto il popolo era battezzato, anche Gesú fu battezzato, e mentre stava pregando, il cielo si aprí e lo Spirito Santo scese sopra di lui in forma corporea come di colomba; e dal cielo venne una voce, che diceva: »Tu sei il mio amato Figlio, in te mi sono compiaciuto!«. E Gesú aveva circa trent’anni e lo si credeva figlio di Giuseppe, figlio di Eli; figlio di Matthat, figlio di Levi, figlio di Melchi, figlio di Ianna, figlio di Giuseppe; figlio di Mattathia, figlio di Amos, figlio di Naum, figlio di Esli, figlio di Naggai; figlio di Maath, figlio di Mattathia, figlio di Semei, figlio di Giuseppe, figlio di Giuda. figlio di Ioanna, figlio di Resa, figlio di Zorobabel, figlio di Salathiel, figlio di Neri. figlio di Melchi, figlio di Addi, figlio di Cosam, figlio di Elmodam figlio di Er; figlio di Iose, figlio di Eliezer, figlio di Iorim, figlio di Matthat, figlio di Levi; figlio di Simeone, figlio di Giuda, figlio di Giuseppe, figlio di Ionan, figlio di Ellakim; figlio di Melea, figlio di Mena figlio di Mattatha, figlio di Natan, figlio di Davide figlio di Iesse, figlio di Obed, figlio di Booz, figlio di Salmon, figlio di Naasson; figlio di Aminadab, figlio di Aram, figlio di Esrom, figlio di Fares, figlio di Giuda. figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abrahamo, figlio di Tara, figlio di Nacor; figlio di Seruk, figlio di Ragau, figlio di Pelek, figlio di Eber, figlio di Sela figlio di Cainan, figlio di Arfacsad, figlio di Sem, figlio di Noè, figlio di Lamek; figlio di Mathusala, figlio di Enok, figlio di Iared, figlio di Mahalaleel, figlio di Cainan; figlio di Enos, figlio di Set, figlio di Adamo, di Dio. Or Gesú, ripieno di Spirito Santo, ritornò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto, e per quaranta giorni fu tentato dal diavolo; durante quei giorni non mangiò nulla; ma quando furono trascorsi, egli ebbe fame. E il diavolo gli disse: »Se tu sei il Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane«. Ma Gesú gli rispose, dicendo: »Sta scritto: »L’uomo non vivrà soltanto di pane, ma di ogni parola di Dio. Poi il diavolo lo condusse su di un alto monte e gli mostrò in un attimo tutti i regni del mondo. E il diavolo gli disse: »Io ti darò tutto il potere di questi regni e la loro gloria, perché essa mi è stata data nelle mani e io la do a chi voglio. Se dunque tu prostrandoti mi adori, sarà tutta tua«. Ma Gesú, rispondendo, gli disse: »Vattene via da me, Satana. Sta scritto: »Adora il Signore Dio tuo e servi a lui solo««. Poi lo condusse a Gerusalemme lo pose sull’orlo del tempio e gli disse: »"Se tu sei il Figlio di Dio, gettati giú di qui; perché sta scritto: »Egli comanderà ai suoi angeli attorno a te di custodirti. Ed essi ti sosterranno con le loro mani, affinché il tuo piede non urti contro alcuna pietra"«. E Gesú, rispondendo, gli disse: »E’ stato detto: »Non tentare il Signore Dio tuo«.«. E, quando il diavolo ebbe finito ogni tentazione, si allontanò da lui, fino ad un certo tempo. E Gesú, nella potenza dello Spirito se ne ritornò in Galilea e la sua fama si sparse per tutta la regione all’intorno. Ed egli insegnava nelle loro sinagoghe, essendo onorato da tutti. Poi venne a Nazaret, dove era cresciuto e, com’era solito fare in giorno di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò per leggere. E gli fu dato in mano il libro del profeta Isaia; lo aprí e trovò quel passo dove era scritto: »Lo Spirito del Signore è sopra di me, perché mi ha unto per evangelizzare i poveri; mi ha mandato per guarire quelli che hanno il cuore rotto, per proclamare la liberazione ai prigionieri e il recupero della vista ai ciechi, per rimettere in libertà gli oppressi, e per predicare l’anno accettevole del Signore«. Poi, chiuso il libro e resolo all’inserviente, si pose a sedere; e gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Allora cominciò a dir loro: »Oggi questa Scrittura si è adempiuta nei vostri orecchi«. E tutti gli rendevano testimonianza e si meravigliavano delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca, e dicevano: »Non è costui il figlio di Giuseppe?«. Ed egli disse loro: »Certamente voi mi citerete questo proverbio: »Medico, cura te stesso« tutto ciò che abbiamo udito essere avvenuto a Capernaum, fallo anche qui nella tua patria«. Ma egli disse: »In verità vi dico che nessun profeta è ben accetto nella sua patria, Vi dico in verità che al tempo di Elia, quando il cielo fu serrato tre anni e sei mesi e vi fu una grande fame in tutto il paese, vi erano molte vedove in Israele; eppure a nessuna di loro fu mandato Elia, se non a una donna vedova in Sarepta di Sidone. E al tempo del profeta Eliseo vi erano molti lebbrosi in Israele; eppure nessuno di loro fu mondato, eccetto Naaman il Siro«. Nell’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono presi dall’ira. E, levatisi, lo cacciarono dalla città e lo condussero fino al ciglio della sommità del monte, su cui la loro città era edificata, per precipitarlo giú. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò, Poi discese a Capernaum, città della Galilea, e nei giorni di sabato insegnava alla gente. Ed essi stupivano del suo insegnamento, perché la sua parola era con autorità. Or nella sinagoga c’era un uomo posseduto da uno spirito di un demone immondo, che si mise a gridare a gran voce, dicendo: »Ah, che vi è fra noi e te, o Gesú Nazareno? Sei tu venuto per distruggerci? Io so chi tu sei: Il Santo di Dio!«. Ma Gesú lo sgridò, dicendo: »Ammutolisci ed esci da costui!«. E il demone, dopo averlo gettato in mezzo a loro uscí da lui senza fargli alcun male. Allora tutti furono presi da stupore e si dicevano l’un l’altro: »Che parola è mai questa? Egli comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi, e questi escono«. E la fama di lui si diffondeva in ogni luogo della regione all’intorno. Uscito poi dalla sinagoga, Gesú entrò in casa di Simone. Or la suocera di Simone era stata colpita da una grande febbre; e gli fecero richiesta per lei. Ed egli, chinatosi su di lei, sgridò la febbre e questa la lasciò; ed ella, alzatasi prontamente, si mise a servirli. Al tramontar del sole, tutti coloro che avevano degli infermi colpiti da varie malattie li condussero da lui; ed egli, imposte le mani su ciascuno di loro, li guarí. Da molti uscivano i demoni, gridando e dicendo: »Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio«. Ma egli li sgridava e non permetteva loro di parlare, perché sapevano che egli era il Cristo. Poi, fattosi giorno, egli uscí e andò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano e lo raggiunsero; e lo trattenevano perché non andasse via da loro. Ma egli disse loro: »Bisogna che io annunzi la buona novella del regno di Dio anche alle altre città, perché sono stato mandato per questo«. E andava predicando nelle sinagoghe della Galilea. Or avvenne che, mentre egli si trovava sulla riva del lago di Gennesaret e la folla gli si stringeva attorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla riva del lago, dalle quali erano scesi i pescatori e lavavano le reti. Allora salí su una delle barche, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Postosi a sedere, ammaestrava le folle dalla barca. E, quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: »Prendi il largo, e calate le vostre reti per pescare«. E Simone, rispondendo, gli disse: »Maestro, ci siamo affaticati tutta la notte e non abbiamo preso nulla; però, alla tua parola, calerò la rete«. E, fatto ciò, presero una tale quantità di pesci che la rete si rompeva. Allora fecero cenno ai loro compagni, che erano nell’altra barca, perché venissero ad aiutarli. Ed essi vennero e riempirono tutt’e due le barche, tanto che stavano affondando. Vedendo questo, Simon Pietro si gettò ai piedi di Gesú, dicendo: »Signore allontanati da me perché sono un uomo peccatore«. Infatti Pietro e tutti quelli che erano con lui furono presi da grande stupore, per la quantità di pesci che avevano preso. Lo stesso avvenne pure a Giacomo e a Giovanni, figli di Zebedeo, che erano compagni di Simone. Allora Gesú disse a Simone: »Non temere; da ora in avanti tu sarai pescatore di uomini vivi«. Essi quindi, tirate in secco le barche, lasciarono ogni cosa e lo seguirono. Or avvenne che, mentre egli si trovava in una di quelle città, ecco un uomo tutto coperto di lebbra che, veduto Gesú, si prostrò con la faccia a terra e lo pregò, dicendo: »Signore, se tu vuoi, tu puoi mondarmi«. Allora egli, distesa la mano, lo toccò dicendo: »Sí, lo voglio, sii mondato«. E subito la lebbra lo lasciò. E Gesú gli comandò: »Non dirlo a nessuno; ma va mostrati al sacerdote e fa’ un’offerta per la tua purificazione, come ha prescritto Mosé, affinché ciò serva loro di testimonianza«. E la sua fama si diffondeva sempre piú; e grandi folle si radunavano per udirlo e per essere da lui guarite dalle loro infermità. Ma egli si ritirava in luoghi solitari e pregava. Or un giorno avvenne che, mentre egli insegnava, erano presenti, seduti, dei farisei e dei dottori della legge, i quali erano venuti da tutti i villaggi della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme; e la potenza del Signore era con lui, per compiere guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini portavano sopra un letto un uomo paralitico e cercavano di portarlo dentro e di metterlo davanti a lui. Ma, non riuscendo ad introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto della casa e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio, proprio in mezzo, davanti a Gesú. Ed egli, veduta la loro fede, disse a quello: »Uomo, i tuoi peccati ti sono perdonati«. Allora gli scribi e i farisei cominciarono a ragionare, dicendo: »Chi è costui che pronunzia bestemmie? Chi può togliere i peccati se non Dio solo?«. Ma Gesú conosciuti i loro pensieri, prese la parola e disse loro: »Che ragionate nei vostri cuori? Che cosa è piú facile dire: »I tuoi peccati ti sono perdonati« oppure dire: »Alzati e cammina« Ora, affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha autorità sulla terra di perdonare i peccati, io ti dico, (disse al paralitico), alzati, prendi il tuo lettuccio e va’ a casa tua«. E subito quell’uomo si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e se ne andò a casa sua, glorificando Dio. E tutti furono presi da stupore e glorificavano Dio. E, pieni di paura, dicevano: »Oggi abbiamo visto delle cose sorprendenti«. E, dopo queste cose, egli uscí e vide un pubblicano di nome Levi che sedeva al banco delle imposte, e gli disse: »Seguimi«. Ed egli, lasciata ogni cosa, si alzò e lo seguì. Poi Levi gli preparò un gran banchetto in casa sua, e una grande folla di pubblicani e di altri erano a tavola con loro. Ma gli scribi e i farisei di quel luogo mormoravano contro i discepoli di Gesú, dicendo: »Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. IO non sono venuto a chiamare a ravvedimento i giusti, ma i peccatori«. Allora essi gli dissero: »Perché i discepoli di Giovanni e anche quelli dei farisei digiunano spesso e fanno preghiere, mentre i tuoi mangiano e bevono?«. Ed egli disse loro: »Potete voi far digiunare gli intimi amici dello sposo, mentre lo sposo è con loro? Ma verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto e allora, in quei giorni, digiuneranno«. Inoltre disse loro una parabola: »Nessuno cuce un pezzo di un vestito nuovo sopra un vestito vecchio; altrimenti si trova con il nuovo strappato, e il pezzo tolto dal nuovo non si adatta al vecchio. E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo rompe gli otri, ed esso si spande e gli otri vanno perduti. Ma bisogna mettere il vino nuovo in otri nuovi, cosí tutti e due si conservano. Nessuno poi, avendo bevuto del vino vecchio, ne vuole subito del nuovo, perché egli dice: »Il vecchio è migliore««. Or avvenne in un giorno di sabato, dopo il grande sabato, che egli camminava attraverso i campi di grano, ed i suoi discepoli coglievano delle spighe e le mangiavano, sfregandole con le mani. E alcuni dei farisei dissero loro: »Perché fate ciò che non è lecito fare nei giorni di sabato?«. Ma Gesú, rispondendo, disse loro: »Non avete voi letto ciò che fece Davide e coloro che erano con lui quando ebbe fame? Come egli entrò nella casa di Dio, prese i pani della presentazione, e ne mangiò e ne diede anche a quelli che erano con lui, sebbene non fosse lecito mangiarne se non ai soli sacerdoti?«. Poi disse loro: »Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato«. Or avvenne in un altro sabato che egli entrò nella sinagoga e insegnava; or là c’era un uomo la cui mano destra era secca. E i farisei e gli scribi lo stavano osservando se lo avesse guarito di sabato per poi accusarlo. Ma egli conosceva i loro pensieri e disse all’uomo dalla mano secca: »Alzati e mettiti qui nel mezzo«. Ed egli si alzò in piedi. Quindi Gesú disse loro: »Io vi domando: E’ lecito, nei giorni di sabato fare del bene o del male, salvare una persona o ucciderla?«. E, volgendo lo sguardo intorno su tutti loro, disse a quell’uomo: »Stendi la tua mano!«. Ed egli lo fece, e la sua mano fu resa sana come l’altra. Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra loro che cosa potessero fare a Gesù. Or avvenne in quei giorni che egli se ne andò sul monte a pregare, e passò la notte in preghiera a Dio. E quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli, e ne scelse dodici ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, che soprannominò Pietro, e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, Filippo e Bartolomeo, Matteo e Tommaso, Giacomo d’Alfeo e Simone, chiamato Zelota, Giuda, fratello di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu anche il traditore. Poi, sceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante, con la folla dei suoi discepoli e con un gran numero di popolo da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone, che erano venuti per udirlo e per essere guariti dalle loro malattie; e anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi erano guariti. E tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una potenza che guariva tutti. Quindi egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: »Beati voi, poveri perché vostro è il regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati, Beati voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi odieranno, vi scomunicheranno e vitupereranno, e bandiranno il vostro nome come malvagio, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno e saltate di gioia, perché ecco, il vostro premio è grande in cielo, nello stesso modo infatti i loro padri trattavano i profeti. Ma guai a voi ricchi, perché avete la vostra consolazione. Guai a voi che siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete perché farete cordoglio e piangerete. Guai a voi, quando tutti gli uomini diranno bene di voi, perché allo stesso modo facevano i padri loro verso i falsi profeti. Ma io dico a voi che udite: Amate i vostri nemici; fate del bene a coloro che vi odiano. Benedite coloro che vi maledicono e pregate per coloro che vi maltrattano. Se qualcuno ti percuote su una guancia, porgigli anche l’altra; e a chi ti toglie il mantello, non impedire di prenderti anche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede; e se qualcuno ti toglie il tuo, non glielo ridomandare. Ma come volete che gli uomini facciano a voi, cosí fate a loro. Ma se amate coloro che vi amano, che merito ne avrete? Poiché anche i peccatori amano coloro che li amano. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Poiché i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro dai quali sperate di riavere, che merito ne avrete? Anche i peccatori prestano ai peccatori, per riceverne altrettanto. Ma amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete i figli dell’Altissimo, perché egli è benigno verso gli ingrati e i malvagi. Siate dunque misericordiosi, come anche il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato: una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata in seno, perché con la misura con cui misurate, sarà altresí misurato a voi«. Poi egli disse loro una parabola: »Può un cieco far da guida a un altro cieco? Non cadranno tutti e due nella fossa? Nessun discepolo è da piú del suo maestro, anzi ogni discepolo ben addestrato sarà come il suo maestro. Ora, perché guardi la pagliuzza che e nell’occhio di tuo fratello e non scorgi la trave che è nel tuo proprio occhio? O come puoi dire al tuo fratello: »Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio«, quando tu stesso non vedi la trave che è nel tuo proprio occhio? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vedere bene per togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello. Poiché non c’è albero buono che faccia frutto cattivo, né albero cattivo che faccia frutto buono. Ogni albero infatti lo si riconosce dal proprio frutto, perché non si raccolgono fichi dalle spine e non si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae il bene; e l’uomo malvagio dal malvagio tesoro del suo cuore trae il male, perché la bocca di uno parla dall’abbondanza del cuore. Ora, perché mi chiamate, Signore, Signore, e non fate quello che dico? Chiunque viene a me, e ode le mie parole e le mette in pratica, io vi mostrerò a chi e simile. Egli è simile ad un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto il fondamento sopra la roccia, e venuta una piena, il torrente ha investito quella casa, ma non l’ha potuta scrollare perché era stata fondata sulla roccia. Chi invece le ha udite e non le ha messe in pratica, è simile a un uomo che ha edificato una casa sopra la terra senza fondamento; quando il torrente l’ha investita, essa è subito caduta, e la sua rovina è stata grande«. Ora, dopo che ebbe terminato tutto questo suo discorso al popolo che udiva, entrò in Capernaum. Ora il servo di un centurione, che gli era molto caro, era malato e stava per morire. E il centurione, avendo sentito parlare di Gesú, gli mandò alcuni anziani dei Giudei, pregandolo di venire a guarire il suo servo. Ed essi, giunti da Gesú, lo pregarono con insistenza dicendo: »Egli merita che tu gli conceda questo, perché egli ama la nostra nazione, ed è stato lui a costruirci la sinagoga«. Allora Gesú andò con loro. Egli non era molto lontano dalla casa, quando il centurione gli mandò degli amici per dirgli: »Signore, non disturbarti, perché io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto. Per questo neppure mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Poiché anch’io sono un uomo sottoposto all’autorità altrui e ho sotto di me dei soldati, e dico ad uno: »Va’« ed egli va, e a un altro: »Vieni« ed egli viene, e al mio servo: »Fa’ questo« ed egli lo fa«. Quando Gesú udí queste cose si meravigliò di lui e, rivolgendosi alla folla che lo seguiva, disse: »Io vi dico, che neppure in Israele ho trovato una fede cosí grande«. E, quando gli inviati fecero ritorno a casa, trovarono il servo, che era stato infermo, guarito. E il giorno dopo egli si recò in una città, chiamata Nain; e con lui andavano molti dei suoi discepoli e una grande folla. E quando fu vicino alla porta della città, ecco che si portava a seppellire un morto, figlio unico di sua madre, che era vedova; e una grande folla della città era con lei. Appena la vide, il Signore ne ebbe compassione e le disse: »Non piangere!«. Accostatosi, toccò la bara, e i portatori si fermarono, allora egli disse: »Giovinetto, io ti dico, alzati!«. E il morto si mise a sedere e cominciò a parlare. E Gesú lo consegnò a sua madre. Allora furono tutti presi da meraviglia e glorificavano Dio, dicendo: »Un grande profeta è sorto fra noi« e: »Dio ha visitato il suo popolo«. E questo detto a suo riguardo si sparse per tutta la Giudea e per tutta la regione all’intorno. Or Giovanni venne informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. E Giovanni, chiamati a sé due dei suoi discepoli, li mandò da Gesú a dirgli: »Sei tu colui che ha da venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?«. Quegli uomini, dunque, andarono da lui e gli dissero: »Giovanni Battista ci ha mandati da te, a dirti: »Sei tu colui che deve venire, oppure dobbiamo aspettarne un altro?««. In quella stessa ora Gesú ne guarí molti da infermità, da calamità e da spiriti maligni, e a molti ciechi donò la vista. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi recuperano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano, e l’evangelo è annunziato ai poveri. E beato è colui che non si scandalizza di me!«. Quando i messaggeri di Giovanni se ne furono andati, egli prese a dire alle folle riguardo a Giovanni: »Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento? Ma che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con morbide vesti? Ecco, coloro che portano splendide vesti e vivono in delizie stanno nei palazzi dei re. Ma che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sí, vi dico, ancor piú di un profeta. Egli è colui del quale è scritto: »Ecco, io mando il mio messaggero davanti alla tua faccia, il quale preparerà la tua strada davanti a te«. Perché io vi dico che fra i nati di donna, non vi è alcun profeta piú grande di Giovanni Battista; tuttavia il minimo nel regno di Dio è piú grande di lui«. E tutto il popolo che lo aveva udito, e i pubblicani riconobbero la giustizia di Dio, e si fecero battezzare del battesimo di Giovanni. Ma i farisei e i dottori della legge respinsero il disegno di Dio per loro e non si fecero battezzare. Allora il Signore disse: »A che cosa dunque paragonerò gli uomini di questa generazione? E a chi somigliano? Sono simili ai fanciulli che siedono in piazza e gridano gli uni agli altri, dicendo: »Noi vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, vi abbiamo cantato dei lamenti e non avete pianto«. E’ venuto infatti Giovanni Battista che non mangia pane né beve vino, e voi dite: »Egli ha un demone«. E’ venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve voi dite: »Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori«. Ma alla sapienza è stata fatta giustizia da tutti i suoi figli«. Or uno dei farisei lo invitò a mangiare con lui; ed egli, entrato in casa del fariseo, si mise a tavola. Ed ecco una donna della città, che era una peccatrice, saputo che egli era a tavola in casa del fariseo, portò un vaso di alabastro pieno di olio profumato. E, stando ai suoi piedi, di dietro piangendo, cominciò a bagnargli di lacrime i piedi e ad asciugarli con i capelli del suo capo; e glieli baciava e li ungeva con l’olio profumato. Al vedere questo, il fariseo che lo aveva invitato disse fra sé: »Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e quale genere di persona e la donna che lo tocca perché è una peccatrice«. E Gesú, rispondendo, gli disse: »Simone, ho qualche cosa da dirti«. Ed egli disse: »Maestro, di’ pure«. E Gesú gli disse: »Un creditore aveva due debitori; l’uno gli doveva cinquecento denari e l’altro cinquanta. Non avendo essi di che pagare, egli condonò il debito ad entrambi. Secondo te, chi di loro lo amerà di piú?«. E Simone, rispondendo, disse: »Suppongo sia colui, al quale egli ha condonato di piú«. E Gesú gli disse: »Hai giudicato giustamente«. Poi, volgendosi verso la donna, disse a Simone: »Vedi questa donna? Io sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato dell’acqua per lavare i piedi lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i capelli del suo capo. Tu non mi hai dato neppure un bacio, ma lei da quando sono entrato, non ha smesso di baciarmi i piedi. Tu non mi hai unto il capo di olio ma lei, ha unto i miei piedi di olio profumato. Perciò ti dico che i suoi molti peccati le sono perdonati, perché ha molto amato; ma colui al quale poco è perdonato, poco ama«. Poi disse a lei: »I tuoi peccati ti sono perdonati«. Allora quelli che erano a tavola con lui cominciarono a dire fra loro: »Chi è costui che perdona anche i peccati?«. Ma Gesú disse alla donna: »La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!«. E in seguito avvenne che egli andava attorno per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio; con lui vi erano i dodici, e certe donne, che erano state guarite da spiriti maligni e da infermità: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, le quali lo sostenevano con i loro beni. Ora, mentre si radunava una grande folla ed accorreva a lui gente da ogni città, egli disse in parabola: »Un seminatore uscí a seminare la sua semente; e mentre egli seminava una parte cadde lungo la via, fu calpestata e gli uccelli del cielo la mangiarono. Un’altra parte cadde sulla roccia e, appena germogliata, seccò per mancanza di umidità. Un’altra parte cadde fra le spine; e le spine, cresciute insieme, la soffocarono. Una parte invece cadde in buona terra, germogliò e fruttò il cento per uno«. Dette queste cose, esclamò: »Chi ha orecchi da udire, oda!«. Allora i suoi discepoli gli domandarono che cosa significasse quella parabola. Ed egli disse: »A voi è dato di conoscere i misteri del regno di Dio; ma agli altri essi sono proposti in parabole, affinché vedendo non vedano e udendo non intendano. Or questo è il significato della parabola: La semente è la parola di Dio. Quelli lungo la strada sono coloro che odono la parola, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dal loro cuore, affinché non credano e non siano salvati. Quelli sulla roccia sono coloro che, quando ascoltano, ricevono la parola con gioia; costoro però non hanno radice, credono per un certo tempo, ma al momento della prova, si tirano indietro. E la parte che è caduta fra le spine sono coloro che hanno udito la parola; ma, strada facendo, sono soffocati dalle sollecitudini, dalle ricchezze e dai piaceri di questa vita, e non giungono a maturità. Ma la parte che è caduta in buona terra sono coloro che, dopo aver udita la parola, la ritengono in un cuore onesto e buono e portano frutto con perseveranza«. »E nessuno, accesa una lampada, la copre con un vaso o la mette sotto il letto, ma la mette sul candeliere, affinché coloro che entrano vedano la luce. Poiché non vi è nulla di nascosto che non sarà manifestato, né di segreto che non debba essere conosciuto e portato alla luce. Fate dunque attenzione a come ascoltate, perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che pensa di avere«. Or sua madre e i suoi fratelli vennero da lui, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla. E da alcuni gli fu riferito: »Tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori e ti vogliono vedere«. Ma egli, rispondendo, disse loro: »Mia madre e i miei fratelli sono quelli che odono la parola di Dio e la mettono in pratica«. Ora uno di quei giorni avvenne che egli salí su una barca con i suoi discepoli e disse loro: »Passiamo all’altra riva del lago«. Ed essi presero il largo. Mentre navigavano, egli si addormentò; e un turbine di vento si abbattè sul lago, tanto che la barca si riempiva, ed erano in pericolo. Allora essi, accostatisi, lo svegliarono, dicendo: »Maestro, maestro, noi periamo!«. Ed egli, destatosi, sgridò il vento e la furia dell’acqua; e questi si acquetarono e si fece bonaccia. E Gesú disse ai suoi discepoli: »Dov’è la vostra fede?«. Ed essi, impauriti, si meravigliavano e si dicevano l’un l’altro: »Chi è mai costui, che comanda anche al vento e all’acqua, e gli ubbidiscono?«. Poi navigarono verso la regione dei Gadareni che sta di fronte alla Galilea; e, quando scese a terra, gli venne incontro un uomo di quella città, il quale già da lungo tempo era posseduto da demoni, e non indossava vesti, e non abitava in alcuna casa, ma tra i sepolcri. Quando vide Gesú, lanciò un grido, gli si gettò ai piedi e disse a gran voce: »Che vi è fra me e te, o Gesú, Figlio del Dio Altissimo? Ti prego, non tormentarmi!«. Gesú comandava infatti allo spirito immondo di uscire da quell’uomo, perché molte volte se ne era impossessato e, benché fosse stato legato con catene e con ceppi e fosse sorvegliato, egli spezzava i legami ed era spinto dal demone nei deserti. E Gesú lo interrogò, dicendo: »Qual è il tuo nome?«. Ed egli disse: »Legione«. Perché molti demoni erano entrati in lui. Ed essi lo pregavano che non comandasse loro di andare nell’abisso. Or c’era là un numeroso branco di porci che pascolavano sul monte, e quei demoni lo pregarono che permettesse loro di entrare in quelli. Ed egli lo permise loro. I demoni allora, usciti da quell’uomo, entrarono nei porci, e quel branco si precipitò dal dirupo nel lago ed annegò. E quando videro ciò che era accaduto, quelli che li custodivano fuggirono e andarono a portare la notizia in città e per le campagne. La gente allora uscí per vedere ciò che era accaduto e venne da Gesú, e trovò l’uomo dal quale erano usciti i demoni seduto ai piedi di Gesú, vestito e sano di mente, ed ebbe paura. Or quelli che avevano visto l’accaduto, raccontarono loro come l’indemoniato era stato liberato. Allora tutta la popolazione della regione dei Gadareni, chiese a Gesú di allontanarsi da loro, perché erano in preda a un grande spavento. E Gesú, salito sulla barca, tornò indietro. Intanto l’uomo, da cui erano usciti i demoni, lo pregava di poter restare con lui; ma Gesú lo congedò, dicendo: »Ritorna a casa tua e racconta quali grandi cose Dio ha fatto per te«. Ed egli se ne andò per tutta la città proclamando le grandi cose che Gesú aveva fatto per lui. Or avvenne che, quando Gesú fu ritornato, la folla lo accolse perché tutti lo aspettavano. Ed ecco venire un uomo di nome Iairo, che era capo della sinagoga; gettatosi ai piedi di Gesú, lo pregava di andare a casa sua, perché egli aveva una figlia unica di circa dodici anni, che stava per morire. Or mentre vi andava, la folla gli si accalcava attorno. E una donna, che aveva un flusso di sangue da dodici anni ed aveva speso con i medici tutti i suoi beni senza poter essere guarita da alcuno Si avvicinò di dietro e toccò il lembo del suo vestito, e in quell’istante il suo flusso di sangue si arrestò. E Gesú disse: »Chi mi ha toccato?«. Siccome tutti lo negavano, Pietro e coloro che erano con lui dissero: »Maestro, le folle ti stringono e ti premono e tu dici: Chi mi ha toccato?«. Ma Gesú disse: »Qualcuno mi ha toccato, perché ho sentito che una potenza è uscita da me«. Allora la donna, vedendo che non era rimasta inosservata, venne tutta tremante e, gettandosi ai suoi piedi, gli dichiarò in presenza di tutto il popolo per quale motivo lo aveva toccato e come era stata guarita all’istante. Ed egli le disse: »Fatti animo, figliola; la tua fede ti ha guarita; va’ in pace!«. Mentre egli parlava ancora, venne uno dalla casa del capo della sinagoga, e gli disse: »La tua figlia è morta, non disturbare il maestro«. Ma Gesú, udito ciò, gli disse: »Non temere; credi solamente ed ella sarà quanta«. Giunto alla casa, non permise ad alcuno di entrare, eccetto Pietro, Giovanni e Giacomo, e il padre e la madre della fanciulla. Or tutti piangevano e facevano cordoglio per lei. Ma egli disse: »Non piangete; ella non è morta, ma dorme«. Ed essi lo deridevano, sapendo che era morta. Ma egli, dopo aver messo tutti fuori, le prese la mano ed esclamò dicendo: »Fanciulla, alzati!«. E il suo spirito ritornò in lei e subito ella si alzò; Gesú poi comandò che le si desse da mangiare. E i suoi genitori rimasero stupefatti. Ma Gesú raccomandò loro di non dire a nessuno quanto era accaduto. Poi, chiamati insieme i suoi dodici discepoli, diede loro potere ed autorità sopra tutti i demoni e di guarire le malattie. E li mandò a predicare il regno di Dio e a guarire i malati. E disse loro: »Non prendete nulla per il viaggio: né bastoni, né sacca, né pane, né denari, e non abbiate due tuniche ciascuno. In qualunque casa entrerete, là rimanete e da quella ripartite. Se poi alcuni non vi ricevono, uscendo da quella città, scuotete anche la polvere dai vostri piedi, in testimonianza contro di loro«. Allora essi partirono e andavano per i villaggi; evangelizzando e operando guarigioni dovunque. Or Erode, il tetrarca, sentí parlare di tutte le cose fatte da Gesú e ne era perplesso, perché alcuni dicevano che Giovanni era risuscitato dai morti, altri invece che Elia era apparso, e altri ancora che era risuscitato uno degli antichi profeti. Ma Erode disse: »Giovanni l’ho decapitato io; chi è dunque costui del quale sento dire tali cose?«. E cercava di vederlo Quando gli apostoli ritornarono, raccontarono a Gesú tutte le cose che avevano fatto. Allora egli li prese con sé e si ritirò in disparte in un luogo deserto di una città, detta Betsaida. Ma quando le folle lo vennero a sapere, lo seguirono; ed egli le accolse e parlava loro del regno di Dio, e guariva coloro che avevano bisogno di guarigione. Or il giorno cominciava a declinare; e i dodici, accostatisi, gli dissero: »Congeda la folla, perché se ne vada per i villaggi e per le campagne d’intorno a trovare alloggio e nutrimento perché qui siamo in un luogo deserto«. Ma egli disse loro: »Date voi ad essi da mangiare«. Essi risposero: »Noi non abbiamo altro che cinque pani e due pesci, a meno che andiamo noi stessi a comprare dei viveri per tutta questa gente« Erano infatti circa cinquemila uomini. Ma egli disse ai suoi discepoli: »Fateli accomodare a gruppi di cinquanta«. Essi fecero cosí e fecero accomodare tutti. Egli allora prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai suoi discepoli, perché li distribuissero alla folla. E tutti mangiarono e furono saziati; e dei pezzi avanzati ne raccolsero dodici ceste. Or avvenne che, mentre egli si trovava in disparte a pregare, i discepoli erano con lui. Ed egli li interrogò, dicendo: »Chi dicono le folle che io sia?«. Ed essi, rispondendo, dissero: »Alcuni dicono Giovanni Battista altri Elia ed altri uno degli antichi profeti che è risuscitato«. Ed egli disse loro: »E voi chi dite che io sia?«. Pietro allora, rispondendo, disse: »Il Cristo di Dio«. Allora egli ingiunse loro severamente e comandò di non dirlo ad alcuno dicendo: »E’ necessario che il Figlio dell’uomo soffra molte cose, sia rigettato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, sia ucciso e risusciti il terzo giorno«. Poi disse a tutti: »Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per causa mia, la salverà. Che giova infatti all’uomo guadagnare tutto il mondo, se poi rovina se stesso e va in perdizione? Perché, se uno ha vergogna di me e delle mie parole, anche il Figlio dell’uomo avrà vergogna di lui, quando verrà nella gloria sua e del Padre e dei santi angeli. Or io vi dico in verità che vi sono alcuni qui presenti che non gusteranno la morte, prima di aver visto il regno di Dio«. Or avvenne che circa otto giorni dopo questi discorsi, egli prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salí sul monte per pregare. E mentre egli pregava, l’aspetto del suo volto cambiò e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini parlavano con lui; essi erano Mosé ed Elia, i quali, apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi a Gerusalemme. Or Pietro e i suoi compagni erano appesantiti dal sonno; ma, quando furono completamente svegli, videro la sua gloria e i due uomini che erano con lui. E mentre questi si separavano da lui Pietro disse a Gesú: »Maestro, è bene per noi stare qui; facciamo dunque tre tende: una per te, una per Mosé e una per Elia«; ma egli non sapeva quello che diceva. E, mentre egli parlava cosí, venne una nuvola che li avvolse nella sua ombra; e i discepoli temettero, quando essi entrarono nella nuvola. E una voce venne dalla nuvola dicendo: »Questi è il mio amato Figlio; ascoltatelo«. E, mentre quella voce parlava, Gesú si trovò tutto solo. Or essi tacquero, e in quei giorni non raccontarono nulla a nessuno di ciò che avevano visto. Or il giorno seguente, quando discesero dal monte, avvenne che una gran folla venne incontro a Gesú. Ed ecco, un uomo fra la folla si mise a gridare, dicendo: »Maestro, ti prego, volgi lo sguardo su mio figlio perché è l’unico che ho. Ed ecco, uno spirito lo prende e subito egli grida; poi lo contorce e lo fa schiumare, e se ne va da lui a fatica, dopo averlo straziato. Io ho pregato i tuoi discepoli di scacciarlo, ma non hanno potuto«. E Gesú, rispondendo, disse: »O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò? Porta qui tuo figlio«. E mentre il fanciullo si avvicinava, il demone lo contorse e lo straziò. Ma Gesú sgridò lo spirito immondo, guarí il fanciullo e lo rese a suo padre. E tutti rimasero sbalorditi della magnificenza di Dio. Ora, mentre tutti si meravigliavano per tutte le cose che Gesú faceva, egli disse ai suoi discepoli: »Voi, riponete queste parole nei vostri orecchi, perché il Figlio dell’uomo sarà dato nelle mani degli uomini«. Ma essi non compresero questo parlare; ed era loro velato per cui non lo potevano intendere, e temevano di interrogarlo in merito a ciò che aveva detto. Poi sorse fra loro una disputa: chi di loro fosse il maggiore. Allora Gesú, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un piccolo fanciullo e se lo pose accanto e disse loro: »Chi riceve questo piccolo fanciullo nel nome mio, riceve me e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato, perché chi è il piú piccolo di tutti voi, questi sarà grande«. Or Giovanni prese la parola e gli disse: »Maestro, noi abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo proibito, perché non ti segue con noi«. Ma Gesú gli disse: »Non glielo proibite. perché chi non è contro di noi è per noi«. Or avvenne che, mentre si stava compiendo il tempo in cui egli doveva essere portato in cielo, egli diresse risolutamente la sua faccia per andare a Gerusalemme, e mandò dei messaggeri davanti a sé. Ed essi, partiti, entrarono in un villaggio dei Samaritani, per preparargli un alloggio. Ma quelli del villaggio non lo vollero ricevere, perché egli camminava con la faccia rivolta a Gerusalemme. Visto ciò, i suoi discepoli Giacomo e Giovanni dissero: »Signore, vuoi che diciamo che scenda fuoco dal cielo e li consumi, come fece anche Elia?«. Ma egli si voltò verso di loro e li sgridò dicendo: »Voi non sapete di quale spirito siete; poiché il Figlio dell’uomo non è venuto per distruggere le anime degli uomini, ma per salvarle«. Poi andarono in un altro villaggio. Or avvenne che, mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: »Signore, io ti seguirò dovunque andrai«. Ma Gesú gli disse: »Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del cielo dei nidi; ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo«. Poi disse ad un altro: »Seguimi!«. Ma quello rispose: »Signore, permettimi prima di andare a seppellire mio padre«. Gesú gli disse: »Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, ma tu va’ ad annunziare il regno di Dio«. Ancora un altro gli disse: »Signore io ti seguirò, ma permettimi prima di congedarmi da quelli di casa mia«. Gesú gli disse: »Nessuno che ha messo la mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio«. Dopo queste cose, il Signore ne designò altri settanta e li mandò a due a due davanti a sé, in ogni città e luogo dove egli stava per recarsi. E diceva loro: »La mèsse è grande, ma gli operai sono pochi; pregate dunque il Signore della mèsse che spinga degli operai nella sua mèsse, Andate; ecco, io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi, Non portate borsa, né sacca, né sandali, e non salutate alcuno per via. E in qualunque casa entriate, dite prima: »Pace a questa casa«. E se lí vi è un figlio di pace, la vostra pace si poserà su di lui; se no, essa ritornerà a voi. Rimanete quindi nella stessa casa, mangiando e bevendo ciò che vi daranno, perché l’operaio è degno della sua ricompensa. Non passate di casa in casa. E in qualunque città entriate, se vi ricevono, mangiate di ciò che vi sarà messo davanti. E guarite i malati che saranno in essa e dite loro: »Il regno di Dio si è avvicinato a voi«. Ma in qualunque città entriate, se non vi ricevono uscite nelle strade di quella e dite: "Noi scuotiamo contro di voi la polvere stessa della vostra città che si è attaccata a noi, sappiate tuttavia questo, che il regno di Dio si è avvicinato a voi". Io Vi dico che in quel giorno Sodoma sarà trattata con piú tolleranza di quella città. Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e in Sidone fossero state fatte le potenti opere compiute in voi, già da tempo si sarebbero ravvedute, vestendosi di sacco e sedendo nella cenere, Perciò nel giorno del giudizio Tiro e Sidone saranno trattate con piú tolleranza di voi. E tu, Capernaum, che sei stata innalzata fino al cielo, sarai abbassata fin nell’inferno. Chi ascolta voi, ascolta me; chi disprezza voi, disprezza me; e chi disprezza me, disprezza colui che mi ha mandato«. Or i settanta tornarono con allegrezza, dicendo: »Signore, anche i demoni ci sono sottoposti nel nome tuo«. Ed egli disse loro: »Io vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni, e su tutta la potenza del nemico, e nulla potrà farvi del male. Tuttavia non vi rallegrate del fatto che gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli«. In quella stessa ora Gesú giubilò nello spirito e disse: »Io ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra perche hai nascosto queste cose ai savi e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli fanciulli. Sí, o Padre, perché cosí ti è piaciuto. Ogni cosa mi è stata data in mano dal Padre mio; e nessuno conosce chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare«. Poi, rivolto verso i discepoli, disse loro in disparte: »Beati gli occhi che vedono le cose che voi vedete, perché vi dico che molti profeti e re hanno desiderato di vedere le cose che voi vedete e non le hanno viste, e di udire le cose che voi udite e non le hanno udite«. Allora ecco, un certo dottore della legge si levò per metterlo alla prova e disse: »Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?«. Ed egli disse: »Che cosa sta scritto nella legge? Come leggi?«. E quegli, rispondendo, disse: »Ama a il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso«. Ed egli gli disse: »Hai risposto esattamente; fa’ questo e vivrai« Ma egli, volendo giustificarsi, disse a Gesú: »E chi è il mio prossimo?«. Gesú allora rispose e disse: »Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei ladroni i quali, dopo averlo spogliato e coperto di ferite, se ne andarono lasciandolo mezzo morto. Per caso un sacerdote scendeva per quella stessa strada e, veduto quell’uomo, passò oltre, dall’altra parte. Similmente anche un levita si trovò a passare da quel luogo, lo vide e passò oltre, dall’altra parte. Ma un Samaritano che era in viaggio, passò accanto a lui, lo vide e ne ebbe compassione. E, accostatosi, fasciò le sue piaghe, versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. E il giorno dopo, prima di partire, prese due denari, e li diede al locandiere, dicendogli: »Prenditi cura di lui e tutto quello che spenderai in piú, te lo renderò al mio ritorno«. Quale dunque di questi tre ti pare sia stato il prossimo di colui che cadde nelle mani dei ladroni?«. E quello disse: »Colui che usò misericordia verso di lui«. Gesú allora gli disse: »Va’ e fa’ lo stesso anche tu«. Ora, mentre essi erano in cammino, avvenne che egli entrò in un villaggio; e una certa donna, di nome Marta, lo ricevette in casa sua. Or ella aveva una sorella che si chiamava Maria, la quale si pose a sedere ai piedi di Gesú, e ascoltava la sua parola. Ma Marta, tutta presa dalle molte faccende, si avvicinò e disse: »Signore, non t’importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti«. Ma Gesú, rispondendo, le disse: »Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti inquieti per molte cose ma una sola cosa è necessaria, e Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta«. E avvenne che egli si trovava in un certo luogo a pregare e, come ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: »Signore, insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli«. Ed egli disse loro: »Quando pregate, dite: »Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà sulla terra, come nel cielo. Dacci di giorno in giorno il nostro pane necessario. E perdona i nostri peccati, perché anche noi perdoniamo ad ogni nostro debitore; e non esporci alla tentazione, ma liberaci dal maligno. Poi disse loro: »Chi è fra voi colui che ha un amico, che va da lui a mezzanotte, dicendogli: »Amico, prestami tre pani, perché un mio amico in viaggio è arrivato da me, e io non ho cosa mettergli davanti" e quello di dentro, rispondendo, gli dice: »Non darmi fastidio, la porta è già chiusa e i miei bambini sono a letto con me; non posso alzarmi per darteli«? Io vi dico che anche se non si alzasse a darglieli perché gli è amico, nondimeno per la sua insistenza si alzerà e gli darà tutti i pani di cui ha bisogno. Perciò vi dico: Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Poiché chiunque chiede riceve, chi cerca trova e sarà aperto a chi bussa. E chi è tra voi quel padre che, se il figlio gli chiede del pane, gli dà una pietra? O se gli chiede un pesce gli dà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli dà uno scorpione? Se voi dunque, che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto piú il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono«. Or egli stava scacciando un demone che era muto; e avvenne che, quando il demone fu uscito, il muto parlò e le folle si meravigliarono. Ma alcuni di loro dissero: »Egli scaccia i demoni per mezzo di Beelzebub il principe dei demoni«. Altri invece, per metterlo alla prova, chiedevano da lui un segno dal cielo. Ma egli, conoscendo i loro pensieri, disse loro: »Ogni regno diviso contro se stesso va in rovina, e ogni casa divisa contro se stessa crolla. Se dunque anche Satana è diviso contro se stesso, come può durare il suo regno? Poiché voi dite che io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebub. Or se io scaccio i demoni per mezzo di Beelzebub, per mezzo di chi li scacciano i vostri figli? Perciò essi saranno i vostri giudici. Ma se io scaccio i demoni col dito di Dio, il regno di Dio è dunque giunto fino a voi. Quando l’uomo forte, ben armato, custodisce la sua casa, i suoi beni stanno al sicuro. Ma se arriva uno piú forte di lui e lo vince, questi gli toglie l’armatura nella quale confidava e ne divide le sue spoglie. Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde. Quando lo spirito immondo esce da un uomo, vaga per luoghi aridi, cercando riposo; e, non trovandone, dice: »Ritornerò nella mia casa dalla quale sono uscito«. E, se quando torna, la trova spazzata e adorna, allora va e prende con sé sette altri spiriti peggiori di lui, ed essi entrano là e vi abitano; e l’ultima condizione di quell’uomo diviene peggiore della prima«. Or avvenne che, mentre egli diceva queste cose, una donna della folla alzò la voce e gli disse: »Beato il grembo che ti ha portato e le mammelle che ti hanno allattato«. Ma egli disse: »Beati piuttosto coloro che odono la parola di Dio e l’osservano«. Ora, come le folle gli si stringevano attorno, egli cominciò a dire: »Questa generazione è malvagia; essa chiede un segno, ma nessun segno le sarà dato se non il segno del profeta Giona. Infatti, come Giona fu un segno per i Niniviti, cosí anche il Figlio dell’uomo sarà un segno per questa generazione. La regina del Mezzodí si leverà nel giudizio con gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché essa venne dagli estremi confini della terra per udire la sapienza di Salomone; ed ecco, qui vi è uno piú grande di Salomone. I Niniviti risorgeranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona, ed ecco, qui vi è uno piú grande di Giona«. »Or nessuno, quando ha acceso una lampada, la mette in un luogo nascosto o sotto il moggio, ma sul candeliere, affinché coloro che entrano vedano la luce. La lampada del corpo è l’occhio se dunque il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà illuminato, ma se il tuo occhio è malato, anche tutto il tuo corpo sarà pieno di tenebre. Bada perciò che la luce che è in te non sia tenebre. Se quindi tutto il tuo corpo è illuminato senza avere alcuna parte tenebrosa, tutto sarà illuminato, come quando la lampada ti illumina col suo splendore«. Ora, mentre egli parlava, un certo fariseo lo invitò a pranzo in casa sua. Ed egli entrò e si mise a tavola. Il fariseo notò questo e si meravigliò che non si fosse lavato prima del pranzo. E il Signore gli disse: »Ora voi farisei pulite l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di malvagità. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha fatto anche l’interno? Ma date in elemosina quel che c’è dentro, e ogni cosa sarà pura per voi. Ma guai a voi farisei! Poiché voi pagate la decima della ruta della menta e di ogni erba, e poi trascurate la giustizia e l’amore di Dio. Dovevate fare queste cose, senza trascurare le altre. Guai a voi farisei! Perché amate il primo posto nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze. Guai a voi scribi e farisei ipocriti! Perché siete come i sepolcri che non si vedono, e gli uomini vi camminano sopra senza accorgersene«. Allora uno dei dottori della legge, rispondendo, gli disse: »Maestro, dicendo queste cose, tu offendi anche noi«. Ed egli disse: »Guai anche a voi, dottori della legge! Perché caricate gli uomini di pesi difficili da portare, e voi non toccate questi pesi neppure con un dito. Guai a voi! Perché voi edificate i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Cosí facendo, voi testimoniate e approvate le opere dei vostri padri, infatti essi uccisero i profeti e voi edificate i loro sepolcri. Per questa ragione anche la sapienza di Dio ha detto: »Io manderò loro dei profeti e degli apostoli, ed essi ne uccideranno alcuni ed altri li perseguiteranno«. Affinché sia chiesto conto a questa generazione del sangue di tutti i profeti, che è stato sparso fin dalla fondazione del mondo: dal sangue di Abele fino al sangue di Zaccaria, che fu ucciso tra l’altare e il tempio; sí, io vi dico, ne sarà chiesto conto a questa generazione. Guai a voi dottori della legge! Perché avete sottratto la chiave della scienza voi stessi non siete entrati e ne avete impedito l’accesso a coloro che entravano«. Ora, mentre egli diceva loro queste cose, gli scribi e i farisei, cominciarono ad irritarsi grandemente contro di lui e ad assalirlo con molte domande tendendogli tranelli, per coglierlo in fallo e poterlo accusare per qualche sua parola. Nel frattempo, essendosi radunata la folla a migliaia, cosí da calpestarsi gli uni gli altri, Gesú prese a dire ai suoi discepoli: »Prima di ogni cosa guardatevi dal lievito dei farisei, che è ipocrisia. Ma non vi è nulla di nascosto che non debba essere palesato, né di occulto che non debba essere conosciuto. Perciò tutto quello che avete detto nelle tenebre sarà udito nella luce; e ciò che avete detto all’orecchio nelle stanze interne, sarà predicato sui tetti delle case«. »Or dico a voi, amici miei, non temete coloro che uccidono il corpo, ma dopo questo non possono far niente di più. Io vi mostrerò chi dovete temere: temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna; sí, vi dico, temete lui. Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure neanche uno di essi è dimenticato davanti a Dio. Anzi, persino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non temete dunque voi valete piú di molti passeri. Or io vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio. Ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. E chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo sarà perdonato, ma chi bestemmierà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato. Quando poi vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi di come o di che cosa rispondere a vostra difesa, o di quel che dovrete dire, perché lo Spirito Santo in quello stesso momento vi insegnerà ciò che dovrete dire«. Or qualcuno della folla gli disse: »Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità«. Ma egli gli disse: »O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?«. Poi disse loro: »Fate attenzione e guardatevi dall’avarizia, perché la vita di uno non consiste nell’abbondanza delle cose che possiede«. Ed egli disse loro una parabola: »La tenuta di un uomo ricco diede un abbondante raccolto; ed egli ragionava fra sé dicendo: Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti? E disse: »Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di piú grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all’anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi Ma Dio gli disse: »Stolto, questa stessa notte l’anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?« Cosí avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio«. Poi disse ai suoi discepoli: »Perciò vi dico: Non siate in ansia per la vostra vita di che mangerete, né per il vostro corpo di che vi vestirete. La vita vale piú del nutrimento e il corpo piú del vestito. Osservate i corvi, essi non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre; ebbene, voi valete molto piú degli uccelli. E chi di voi può con la sua ansietà aggiungere alla sua statura un sol cubito? Se dunque non potete far neppure ciò che è minimo, perché siete in ansia per il resto? Osservate come crescono i gigli: essi non lavorano e non filano; eppure io vi dico che Salomone stesso, in tutta la sua gloria, non fu vestito come uno di loro. Ora se Dio riveste cosí l’erba che oggi è nel campo e domani è gettata nel forno, quanto maggiormente rivestirà voi, o gente di poca fede? Inoltre non cercate che cosa mangerete o che cosa berrete, e non ne state in ansia, perché le genti del mondo cercano tutte queste cose, ma il Padre vostro sa che voi ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e tutte queste cose vi saranno sopraggiunte. Non temere, o piccol gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il regno. Vendete i vostri beni e dateli in elemosina; fatevi delle borse che non invecchiano un tesoro inesauribile nei cieli dove il ladro non giunge e la tignola non rode. Poiché dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore«. »I vostri lombi siano cinti e le vostre lampade accese. E siate simili a coloro che aspettano il loro padrone quando ritorna dalle nozze, per aprirgli appena egli arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone troverà vigilanti quando egli verrà. In verità vi dico che egli si cingerà e li farà mettere a tavola, ed egli stesso si metterà a servirli. E se verrà alla seconda o alla terza vigilia, e li troverà cosí, beati quei servi. Or sappiate questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe forzare la casa. Anche voi dunque siate pronti perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate«. E Pietro gli disse: »Signore, questa parabola la dici per noi soli o per tutti?«. E il Signore disse: »Chi è dunque quell’amministratore fedele e saggio, che il padrone costituirà sui suoi domestici per dar loro a suo tempo la porzione di viveri? Beato quel servo che il suo padrone, arrivando, troverà a far cosí. In verità vi dico che lo costituirà su tutti i suoi beni. Ma se quel servo dice in cuor suo: »Il mio padrone tarda a venire« e comincia a battere i servi e le serve, e a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo verrà nel giorno in cui non se l’aspetta e nell’ora che egli non sa; lo punirà severamente e gli assegnerà la sorte con gli infedeli. Ora quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non si è preparato e non ha fatto la sua volontà riceverà molte battiture. Ma colui che non la conosciuta, se fa cose che meritano le battiture, ne riceverà poche. A chiunque è stato dato molto, sarà domandato molto; e a chi molto è stato affidato, molto piú sarà richiesto«. »Io sono venuto a gettare fuoco sulla terra e quanto desidero che fosse già acceso. Ora io ho un battesimo di cui devo essere battezzato, e come sono angustiato finché non sia compiuto. Pensate voi che sia venuto a mettere pace sulla terra? No, vi dico, ma piuttosto divisione; perché, d’ora in avanti, cinque persone in una casa saranno divise, tre contro due e due contro tre. Il padre sarà diviso contro il figlio e il figlio contro il padre; la madre contro la figlia e la figlia contro la madre; la suocera contro la sua nuora e la nuora contro la sua suocera«. Or egli disse ancora alle folle: »Quando voi vedete una nuvola alzarsi da ponente, subito dite: »Viene la pioggia«, e cosí avviene; quando invece soffia lo scirocco dite: »Sarà caldo«, e cosí avviene. Ipocriti! Voi sapete discernere l’aspetto del cielo e della terra, ma come mai non discernete questo tempo? E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Quando vai col tuo avversario dal magistrato, per strada fa’ di tutto per accordarti con lui, perché non ti trascini dal giudice e il giudice ti consegni all’ufficiale giudiziario e l’ufficiale ti metta in prigione. Io ti dico che non ne uscirai, finché tu abbia pagato fino all’ultimo spicciolo«. In quello stesso tempo, c’erano lì alcuni che gli raccontarono di quei Galilei il cui sangue Pilato aveva mescolato con i loro sacrifici. E Gesú, rispondendo, disse loro: »Pensate voi che quei Galilei fossero piú peccatori di tutti gli altri Galilei, perché hanno sofferto tali cose? No, vi dico; ma se non vi ravvedete perirete tutti allo stesso modo. Oppure pensate voi che quei diciotto, sui quali cadde la torre in Siloe e li uccise, fossero piú colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico; ma se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo«. Or disse questa parabola: »Un uomo aveva un fico piantato nella sua vigna; venne a cercarvi del frutto ma non ne trovò. Disse allora al vignaiolo: Ecco, sono già tre anni che io vengo a cercare frutto su questo fico, e non ne trovo; taglialo; perché deve occupare inutilmente il terreno? Ma quegli gli rispose e disse: Signore, lascialo ancora quest’anno, finché lo scalzi e gli metta del letame e se fa frutto, bene; altrimenti, in avvenire lo taglierai"«. Or egli insegnava in una delle sinagoghe in giorno di sabato. Ed ecco vi era una donna, che da diciotto anni aveva uno spirito di infermità, ed era tutta curva e non poteva in alcun modo raddrizzarsi. Or Gesú, vedutala, la chiamò a sé e le disse: »Donna, tu sei liberata dalla tua infermità«. E pose le mani su di lei ed ella fu subito raddrizzata, e glorificava Dio. Ma il capo della sinagoga, indignato che Gesú avesse guarito in giorno di sabato, si rivolse alla folla e disse: »Vi sono sei giorni in cui si deve lavorare; venite dunque in quelli a farvi guarire e non in giorno di sabato«. Allora il Signore gli rispose e disse: »Ipocriti! Ciascun di voi non slega forse di sabato dalla mangiatoia, il suo bue o il suo asino per condurlo a bere? Non doveva quindi essere sciolta da questo legame, in giorno di sabato, costei che è figlia di Abrahamo e che Satana aveva tenuta legata per ben diciotto anni?«. E mentre egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari erano svergognati, tutta la folla invece si rallegrava di tutte le opere gloriose da lui compiute. Quindi egli disse: »A cosa è simile il regno di Dio, e a che lo paragonerò? E’ simile a un granel di senape che un uomo ha preso e gettato nel suo orto, poi è cresciuto ed è diventato un grande albero, e gli uccelli del cielo sono venuti a cercar riparo tra i suoi rami«. Poi disse di nuovo: »A che paragonerò il regno di Dio? Esso è simile al lievito che una donna prende e ripone in tre stai di farina, finché sia tutta lievitata«. Ed egli andava in giro per città e villaggi insegnando, e intanto si avvicinava a Gerusalemme. Or un tale gli chiese: »Signore, sono pochi coloro che si salvano?«. Egli disse loro: »Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché vi dico che molti cercheranno di entrare e non potranno. Una volta che il padrone di casa si è alzato ed ha chiuso la porta, voi allora, stando di fuori, comincerete a bussare alla porta dicendo: Signore, Signore, aprici ma egli, rispondendo, vi dirà: »Io non so da dove venite«. Allora comincerete a dire: »Noi abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza, e tu hai insegnato nelle nostre piazze«. Ma egli dirà: »Io vi dico che non so da dove venite, via da me voi tutti operatori d’iniquità Lí sarà pianto e stridor di denti, quando vedrete Abrahamo, Isacco, Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, mentre voi ne sarete cacciati fuori. Ne verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno, e sederanno a tavola nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono alcuni fra gli ultimi che saranno i primi, e alcuni fra i primi che saranno gli ultimi«. In quello stesso giorno alcuni farisei, vennero a dirgli: »Parti e vattene da qui perché Erode vuole ucciderti«. Ed egli disse loro: »Andate a dire a quella volpe: »Ecco, oggi e domani io scaccio i demoni e compio guarigioni, e il terzo giorno giungo al termine della mia corsa«. Ma oggi, domani e dopodomani devo camminare, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme. Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti sono mandati! Quante volte ho voluto a raccogliere i tuoi figli come la gallina raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, ma voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa vi è lasciata deserta. Or io vi dico che non mi vedrete piú finché venga il tempo in cui direte: »Benedetto colui che viene nel nome del Signore««. Or avvenne che, come egli entrò in casa di uno dei capi dei farisei in giorno di sabato per mangiare, essi lo osservavano; ed ecco, davanti a lui c’era un uomo idropico. E Gesú, rispondendo ai dottori della legge e ai farisei, disse: »E’ lecito guarire in giorno di sabato?«. Ma essi tacquero. Allora egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò. Poi, rispondendo loro disse: »Chi di voi se il suo asino o bue cade in un pozzo, non lo tira subito fuori in giorno di sabato?«. Ma essi non gli potevano rispondere nulla in merito a queste cose. Ora, notando come essi sceglievano i primi posti a tavola, propose agli invitati questa parabola, dicendo: »Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché quel tale potrebbe aver invitato un altro piú importante di te, e chi ha invitato te e lui non venga a dirti: »Cedi il posto a questi«. E allora tu, pieno di vergogna, non vada ad occupare l’ultimo posto. Ma quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto affinché, venendo chi ti ha invitato, ti dica: »Amico, sali più su Allora ne avrai onore davanti a coloro che sono a tavola con te. Perché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato«. Or egli disse a colui che lo aveva invitato: »Quando fai un pranzo o una cena, non chiamare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti, né i vicini ricchi, affinché essi non invitino a loro volta te, e ti sia reso il contraccambio. Ma quando fai un banchetto, chiama i mendicanti, i mutilati, gli zoppi, i ciechi; e sarai beato, perché essi non hanno modo di contraccambiarti; ma il contraccambio ti sarà reso alla risurrezione dei giusti«. Or uno dei commensali, udite queste cose, gli disse: »Beato chi mangerà del pane nel regno di Dio«. Allora Gesú gli disse: »Un uomo fece una gran cena e invitò molti; e, all’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: »Venite, perché è già tutto pronto«. Ma tutti allo stesso modo cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: »Ho comprato un podere e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi«. E un altro disse: »Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi«. Un altro ancora disse: »Ho preso moglie e perciò non posso venire«. Cosí quel servo tornò e riferí queste cose al suo signore. Allora il padrone di casa, pieno di sdegno, disse al suo servo: »Presto, va’ per le piazze e per le strade della città, conduci qua i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi«. Poi il servo gli disse: »Signore, è stato fatto come hai comandato, ma c’è ancora posto«. Allora il signore disse al servo: »Va’ fuori per le vie e lungo le siepi e costringili ad entrare, affinché la mia casa sia piena. Perché io vi dico che nessuno di quegli uomini che erano stati invitati gusterà la mia cena"«. Or grandi folle andavano a lui, ed egli si rivolse loro e disse: »Se uno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie e figli fratelli e sorelle e perfino la sua propria vita, non può essere mio discepolo. E chiunque non porta la sua croce e mi segue, non può essere mio discepolo. Chi di voi infatti, volendo edificare una torre, non si siede prima a calcolarne il costo, per vedere se ha abbastanza per portarla a termine? Che talora, avendo posto il fondamento e non potendola finire, tutti coloro che la vedono non comincino a beffarsi di lui, dicendo: »Quest’uomo ha cominciato a costruire e non è stato capace di terminare«. Ovvero quale re, andando a far guerra contro un altro re, non si siede prima a determinare se può con diecimila affrontare colui che gli viene contro con ventimila? Se no, mentre quello è ancora lontano, gli manda un’ambasciata per trattar la pace. Cosí dunque, ognuno di voi che non rinunzia a tutto ciò che ha, non può essere mio discepolo. Il sale è buono, ma se il sale diviene insipido, con che cosa gli si renderà il sapore? Esso non serve né per la terra, né per il concime, ma è gettato via. Chi ha orecchi da udire oda«. Or tutti i Pubblicani e i peccatori, si accostavano a lui per udirlo. E i farisei e gli scribi mormoravano, dicendo: »Costui accoglie i peccatori e mangia con loro«. Allora egli disse loro questa parabola: »Qual uomo fra voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e non va dietro alla perduta finché non la ritrova? E quando la ritrova, se la mette sulle spalle tutto contento; e, giunto a casa, convoca gli amici e i vicini e dice loro: »Rallegratevi con me perché ho ritrovato la mia pecora che era perduta Io vi dico che allo stesso modo vi sarà in cielo piú gioia per un solo peccatore che si ravvede, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento. O quale donna, se ha dieci dramme, e ne perde una, non accende la lampada, non spazza la casa e non cerca accuratamente finché non la ritrova? E quando l’ha trovata, chiama insieme le amiche e le vicine, dicendo: »Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta«. Allo stesso modo vi dico, vi sarà gioia presso gli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede«. Disse ancora: »Un uomo aveva due figli. Il piú giovane di loro disse al padre: »Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta«. E il padre divise fra loro i beni. Pochi giorni dopo il figlio piú giovane, raccolta ogni cosa, se ne andò in un paese lontano e là dissipò le sue sostanze vivendo dissolutamente. Ma quando ebbe speso tutto, in quel paese sopraggiunse una grave carestia ed egli cominciò ad essere nel bisogno. Allora andò a mettersi con uno degli abitanti di quel paese, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Ed egli desiderava riempire il ventre con le carrube che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava. Allora, rientrato in sé, disse: »Quanti lavoratori salariati di mio padre hanno pane in abbondanza, io invece muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre, e gli dirò: Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te non sono piú degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi lavoratori salariati Egli dunque si levò e andò da suo padre. Ma mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: »Padre, ho peccato contro il cielo e davanti a te e non sono piú degno di essere chiamato tuo figlio«. Ma il padre disse ai suoi servi: »Portate qui la veste piú bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei sandali ai piedi. Portate fuori il vitello ingrassato e ammazzatelo; mangiamo e rallegriamoci, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato". E si misero a fare grande festa. Or il suo figlio maggiore era nei campi; e come ritornava e giunse vicino a casa, udí la musica e le danze. Chiamato allora un servo, gli domandò cosa fosse tutto ciò. E quello gli disse: »E’ tornato tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché lo ha riavuto sano salvo«. Udito ciò, egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscí e lo pregava di entrare. Ma egli, rispose al padre e disse: »Ecco, son già tanti anni che io ti servo e non ho mai trasgredito alcun tuo comandamento, eppure non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma quando è tornato questo tuo figlio, che ha divorato i tuoi beni con le meretrici, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato Allora il padre gli disse: »Figlio, tu sei sempre con me, e ogni cosa mia è tua. Ma si doveva fare festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato"«. Or egli disse ancora ai suoi discepoli: »Vi era un uomo ricco che aveva un fattore; e questi fu accusato davanti a lui di dissipare i suoi beni. Allora egli lo chiamò e gli disse: »Che cosa è questo che sento dire di te? Rendi ragione della tua amministrazione, perché tu non puoi piú essere mio fattore«. E il fattore disse fra se stesso: »Che farò ora, dato che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? A zappare non son capace, e a mendicare mi vergogno. Io so cosa fare affinché, quando io sarò rimosso dall’amministrazione, mi accolgano nelle loro case Chiamati dunque ad uno ad uno i debitori del suo padrone, disse al primo: »Quanto devi al mio padrone? Quello rispose: »Cento bati di olio«. Allora egli gli disse: »Prendi la tua ricevuta, siedi e scrivi subito cinquanta«. Poi disse ad un altro: »e tu quanto devi«. Ed egli disse: »Cento cori di grano«. Allora egli gli disse: »Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta«. Il padrone lodò il fattore disonesto, perché aveva agito con avvedutezza, poiché i figli di questo mondo, nella loro generazione, sono piú avveduti dei figli della luce. Or io vi dico: Fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste perché, quando esse verranno a mancare, vi ricevano nelle dimore eterne. Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è ingiusto nel poco, è ingiusto anche nel molto. Se dunque voi non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà le vere? E se non siete stati fedeli nelle ricchezze altrui, chi vi darà le vostre? Nessun servo può servire a due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro; voi non potete servire a Dio e a mammona«. Or i farisei, che erano amanti del denaro, udivano tutte queste cose e si beffavano di lui. Ed egli disse loro: »Voi siete quelli che giustificate voi stessi davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori; poiché ciò che è grandemente stimato tra gli uomini è cosa abominevole davanti a Dio. La legge e i profeti arrivano fino a Giovanni; da allora in poi il regno di Dio è annunziato e ognuno si sforza di entrarvi. Ma è piú facile che passino il cielo e la terra, piuttosto che cada un sol apice della legge. Chiunque manda via la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio; e chiunque sposa una donna mandata via dal marito, commette adulterio«. »Or vi era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e bisso, e ogni giorno se la godeva splendidamente. Vi era anche un mendicante chiamato Lazzaro, che giaceva alla sua porta tutto coperto di piaghe ulcerose e desiderava saziarsi delle briciole che cadevano dalla tavola del ricco, e perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Or avvenne che il mendicante morí e fu portato dagli angeli nel seno di Abrahamo; morí anche il ricco e fu sepolto. E, essendo tra i tormenti nell’inferno, alzò gli occhi e vide da lontano Abrahamo e Lazzaro nel suo seno. Allora, gridando, disse: »Padre Abrahamo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito per rinfrescarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma Ma Abrahamo disse: »Figlio, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la tua vita e Lazzaro similmente i mali; ora invece egli è consolato e tu soffri. Oltre a tutto ciò, fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro che vorrebbero da qui passare a voi non possono; cosí pure nessuno può passare di là a noi Ma quello disse: »Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa di mio padre, perché io ho cinque fratelli, affinché li avverta severamente, e cosí non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. Abrahamo rispose: »hanno Mosé e i profeti, ascoltino quelli«. Quello disse: »No, padre Abrahamo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno«. Allora egli gli disse: »se non ascoltano Mosé e i profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti««. Or egli disse ai suoi discepoli: »è impossibile che non avvengano scandali; ma guai a colui per colpa del quale avvengono! Sarebbe meglio per lui che gli fosse messa al collo una macina da mulino e fosse gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno solo di questi piccoli. State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca contro di te, riprendilo; e se si pente, perdonagli. E se anche peccasse sette volte al giorno contro di te, e sette volte al giorno ritorna a te, dicendo: »Mi pento«, perdonagli«. Allora gli apostoli dissero al Signore: »Accresci a noi la fede«. E il Signore disse: »Se aveste tanta fede quanto un granel di senape, potreste dire a questo gelso: »sradicati e trapiantati in mare« ed esso vi ubbidirebbe. Ora chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge gli dirà quando è tornato a casa dai campi: »Vieni subito a metterti a tavola«? Non gli dirà piuttosto: »Preparami la cena, rimboccati le vesti e servimi affinché io abbia mangiato e bevuto, poi mangerai e berrai tu Ringrazierà forse quel servo perché ha fatto le cose che gli erano state comandate? Non lo penso. Cosí anche voi, quando avrete fatto tutte le cose che vi sono comandate, dite: »Siamo servi inutili. Abbiamo fatto ciò che dovevamo fare«. Or avvenne che, nel suo cammino verso Gerusalemme, egli passò attraverso la Samaria e la Galilea. E, come egli entrava in un certo villaggio, gli vennero incontro dieci uomini lebbrosi, i quali si fermarono a distanza, e alzarono la voce, dicendo: »Maestro, Gesú, abbi pietà di noi«. Ed egli, vedutili, disse loro: »Andate a mostrarvi ai sacerdoti«. E avvenne che, mentre se ne andavano, furono mondati. E uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro glorificando Dio ad alta voce. E si gettò con la faccia a terra ai piedi di Gesú, ringraziandolo. Or questi era un Samaritano. Gesú allora prese a dire: »Non sono stati guariti tutti e dieci? Dove sono gli altri nove? Non si è trovato nessuno che sia ritornato per dare gloria a Dio, se non questo straniero?«. E disse a questi: »Alzati e va la tua fede a ti ha guarito«. Ora, interrogato dai farisei sul quando verrebbe il regno di Dio, rispose loro e disse: »Il regno di Dio non viene in maniera che si possa osservare né si dirà: »Eccolo quí« o: »Eccolo là«, poiché, ecco, il regno di Dio è dentro di voi«. Poi disse ai suoi discepoli: »Verranno i giorni in cui desidererete vedere uno dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. E vi si dirà: »Eccolo quí« o: »Eccolo là« non vi andate e non li seguite. Perché come il lampo che, guizzando da una estremità all’altra del cielo, illumina ogni cosa, cosí sarà anche il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molte cose e sia rigettato da questa generazione. E, come avvenne ai giorni di Noé, cosí avverrà anche nei giorni del Figlio dell’uomo. Le persone mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noé entrò nell’arca, e venne il diluvio e li fece perire tutti. Lo stesso avvenne anche ai giorni di Lot: la gente mangiava, beveva, comperava, vendeva, piantava ed edificava; ma nel giorno in cui Lot uscí da Sodoma, piovve dal cielo fuoco e zolfo e li fece perire tutti. Cosí sarà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo sarà manifestato. In quel giorno chi si troverà sul tetto della casa, non scenda in casa a prendere le sue cose; cosí pure chi si troverà nei campi, non torni indietro. Ricordatevi della moglie di Lot, Chi cercherà di salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la salverà. Io Vi dico: In quella notte due saranno in un letto; l’uno sarà preso e l’altro lasciato, Due donne macineranno insieme; l’una sarà presa e l’altra lasciata. Due uomini saranno nei campi; l’uno sarà preso e l’altro lasciato«. I discepoli allora, rispondendo, gli dissero: »Dove Signore?« Ed egli disse loro: »Dove sarà il corpo, là si raduneranno le aquile«, Poi propose loro ancora una parabola, per mostrare che bisogna continuamente pregare senza stancarsi, dicendo: »C’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva rispetto per alcun uomo. Or in quella stessa città c’era una vedova che andava da lui, dicendo: »Fammi giustizia del mio avversario«. Per un certo tempo egli si rifiutò di farlo, ma poi disse fra sé: »Anche se non temo Dio e non ho rispetto per alcun uomo, tuttavia, poiché questa vedova continua a infastidirmi, le farò giustizia perché a forza di venire, alla fine non mi esaurisca"«. E il Signore disse: »Ascoltate ciò che dice il giudice iniquo. Non vendicherà Dio i suoi eletti che gridano a lui giorno e notte. Tarderà egli forse a intervenire a loro favore? Sí, io vi dico che li vendicherà prontamente. Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?«. Disse ancora questa parabola per certuni che presumevano di essere giusti e disprezzavano gli altri. »Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo e l’altro pubblicano Il fariseo, stando in piedi, dentro di sé pregava cosí: »O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, rapaci, ingiusti, adulteri, e neppure come quel pubblicano. Io digiuno due volte la settimana e pago la decima di tutto ciò che possiedo". Il pubblicano invece, stando lontano, non ardiva neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: »O Dio, sii placato verso me peccatore«, Io vi dico che questi, e non l’altro, ritornò a casa sua giustificato, perché chiunque si innalza sarà abbassato e chi si abbassa sarà innalzato«, Gli presentarono anche dei piccoli fanciulli perché li toccasse; ma i discepoli, vedendo ciò, li sgridavano. Gesú allora, chiamati a sé i fanciulli, disse: »Lasciate che i piccoli fanciulli vengano a me e non glielo impedite, perché di tali è il regno di Dio. In verità vi dico che chi non riceve il regno di Dio come un piccolo fanciullo, non vi entrerà«. Uno dei capi lo interrogò, dicendo: »Maestro buono, che devo fare per ereditare la vita eterna?«. E Gesú gli disse: »Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Dio. Tu conosci i comandamenti: »Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre««. E colui disse: »Tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza«. Udito ciò, Gesú gli disse: »Ti manca ancora una cosa: vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi«. Ma egli, udite queste cose, si rattristò grandemente, perché era molto ricco. Allora Gesú, visto che si era molto rattristato, disse »Quanto è difficile per coloro che hanno delle ricchezze entrare nel regno di Dio! Perché è piú facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio«. E quelli che l’udivano dissero: »Chi dunque può essere salvato?«. Ma egli disse: »Le cose impossibili agli uomini, sono possibili a Dio«. Poi Pietro disse: »Ecco, noi abbiamo lasciato ogni cosa e ti abbiamo seguito«. Ed egli disse loro: »In verità vi dico che non c’è nessuno che abbia lasciato casa o genitori o fratelli o moglie o figli, per il regno di Dio, che non ne riceva molte volte tanto in questo tempo, e nell’età a venire la vita eterna«. Poi prese con sé i dodici e disse loro: »Ecco, noi saliamo a Gerusalemme, e tutte le cose scritte dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compiranno. Egli infatti sarà consegnato in mano dei gentili, sarà schernito e oltraggiato e gli sarà sputato addosso. E, dopo averlo flagellato, lo uccideranno; ma il terzo giorno risusciterà«. Ma essi non compresero nulla di tutto ciò: questo parlare era per loro oscuro e non capivano le cose che erano state loro dette. Ora, come egli si avvicinava a Gerico, un cieco era seduto lungo la strada. mendicando; sentendo passare la folla domandò che cosa fosse; gli risposero che stava passando Gesú, il Nazareno. Allora egli gridò, dicendo: »Gesú, Figlio di Davide, abbi pietà di me«. Quelli che camminavano davanti lo sgridavano perché tacesse, ma lui gridava ancora piú forte: »Figlio di Davide, abbi pietà di me«. Allora Gesú, fermatosi, ordinò che gli fosse condotto e, quando gli fu vicino, lo interrogò, dicendo: »Cosa vuoi che io ti faccia?«. Ed egli disse: »Signore, che io recuperi la vista«. E Gesú gli disse: »Recupera la vista; la tua fede ti ha guarito«. All’istante egli recuperò la vista e lo seguiva glorificando Dio; e tutto il popolo, vedendo questo, diede lode a Dio. Poi Gesú, entrato in Gerico, l’attraversava; ed ecco un uomo, chiamato Zaccheo il quale era il capo dei pubblicani ed era ricco. Egli cercava di vedere chi fosse Gesú, ma non poteva a motivo della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e salí su un sicomoro per vederlo, perché egli doveva passare di là. E, quando Gesú arrivò in quel luogo alzò gli occhi, lo vide e gli disse: »Zaccheo, scendi giú subito, perché oggi devo fermarmi in casa tua«. Ed egli scese in fretta e lo ricevette con gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano, dicendo: »Egli è andato ad alloggiare in casa di un uomo peccatore«. Ma Zaccheo si alzò e disse al Signore: »Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri e, se ho defraudato qualcuno di qualcosa, gli restituirò quattro volte tanto«. E Gesú gli disse: »Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anche costui è figlio d’Abrahamo. Perché il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto«. E, mentre essi ascoltavano queste cose, Gesú proseguí a raccontare una parabola, perché era vicino a Gerusalemme, ed essi pensavano che il regno di Dio dovesse manifestarsi subito. Disse dunque: »Un uomo nobile andò in un paese lontano, per ricevere l’investitura di un regno e poi tornare. E, chiamati a sé dieci suoi servi, diede loro dieci mine, e disse loro: »Trafficate fino al mio ritorno«. Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un’ambasciata, dicendo: »Non vogliamo che costui regni su di noi«. Ora, quando fu di ritorno, dopo aver ricevuto l’investitura del regno fece chiamare quei servi ai quali aveva dato il denaro per sapere quanto ciascuno avesse guadagnato trafficando. Allora si fece avanti il primo e disse: »Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine«; ed egli disse: »Bene, servo buono poiché sei stato fedele in cosa minima, ricevi il governo su dieci città Venne poi il secondo, dicendo: »Signore, la tua mina ha fruttato altre cinque mine«; ed egli disse anche a costui: »Tu pure sii capo di cinque città«. Venne poi un altro, che disse: »Signore, ecco la tua mina che ho tenuta riposta in un fazzoletto perché ho avuto paura di te, che sei un uomo severo; tu prendi ciò che non hai depositato e mieti ciò che non hai seminato". E il suo signore gli disse: »Ti giudicherò dalle tue stesse parole, malvagio servo; tu sapevi che sono un uomo duro, che prendo ciò che non ho depositato e mieto ciò che non ho seminato; perché non hai depositato il mio denaro in banca; cosí, al mio ritorno, lo avrei riscosso con l’interesse?" Disse poi ai presenti: »Toglietegli la mina e datela a colui che ha dieci mine«. Ed essi gli dissero: »Signore, egli ha dieci mine«. "Poiché io vi dico che a chi ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Inoltre, conducete qui i miei nemici, che non hanno voluto che io regnassi su di loro e uccideteli alla mia presenza. Dopo aver detto queste cose, egli andava avanti salendo a Gerusalemme. E, come fu vicino a Betfage e a Betania, presso il monte detto degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli, dicendo: »Andate nel villaggio di fronte, entrando nel quale troverete un puledro di asino legato, su cui nessun uomo è mai salito; scioglietelo e conducetelo qui. E se qualcuno vi domanda perché lo sciogliete, direte loro cosí: »Il Signore ne ha bisogno««. E quelli che erano stati mandati andarono e trovarono come egli aveva loro detto. E, mentre scioglievano il puledro, i suoi padroni dissero loro: »Perché sciogliete il puledro?«. Ed essi dissero: »Il Signore ne ha bisogno«. Lo condussero allora da Gesú e, gettate le loro vesti sopra il puledro, vi fecero montare Gesú. E, mentre egli avanzava, stendevano le loro vesti sulla strada. E, quando egli fu vicino alla discesa del monte degli Ulivi, tutta la folla dei discepoli iniziò con gioia a lodare Dio a gran voce per tutte le opere potenti che avevano visto, dicendo: »Benedetto il Re che viene nel nome del Signore; pace in cielo e gloria nei luoghi altissimi«. E alcuni farisei fra la folla gli dissero: »Maestro, sgrida i tuoi discepoli!«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »Io vi dico che se costoro tacessero, griderebbero le pietre«. E come egli si avvicinava, vide la città e pianse a su di essa, dicendo: »Oh, se tu, proprio tu, avessi riconosciuto almeno in questo tuo giorno le cose necessarie alla tua pace! Ma ora esse sono nascoste agli occhi tuoi. Poiché verranno sopra di te dei giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti accerchieranno e ti assedieranno da ogni parte. E abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te; e non lasceranno in te pietra su pietra perché tu non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata«. Poi, entrato nel tempio, cominciò a cacciarne fuori coloro che vendevano e comperavano, dicendo loro: »Sta scritto: »La mia casa è casa di preghiera, ma voi ne avete fatto un covo di ladroni««. Ogni giorno egli insegnava nel tempio. E i capi dei sacerdoti, gli scribi e i capi del popolo cercavano di farlo morire. Ma non riuscivano a decidere che cosa fare, perché tutto il popolo lo ascoltava pendendo dalle sue labbra. E in uno di quei giorni avvenne che, mentre egli istruiva il popolo nel tempio e predicava l’evangelo, sopraggiunsero i capi dei sacerdoti e gli scribi, con gli anziani, e gli dissero: »Dicci con quale autorità fai queste cose; o, chi è colui che ti ha dato questa autorità?«. Ed egli, rispondendo, disse loro: »Anch’io vi domanderò una cosa, e voi rispondetemi. Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini?«. Ed essi ragionavano fra loro, dicendo: »Se diciamo dal cielo, egli ci dirà: »Perché dunque non gli avete creduto?«. Se invece diciamo dagli uomini, tutto il popolo ci lapiderà perché è convinto che Giovanni era un profeta«. Risposero dunque che non sapevano da dove venisse. Allora Gesú disse loro: »Neppure io vi dirò con quale autorità faccio queste cose«. Poi cominciò a raccontare al popolo questa parabola: »Un uomo piantò una vigna, l’affidò a certi vignaioli e se ne andò lontano per lungo tempo. Al tempo del raccolto, mandò un servo da quei vignaioli perché gli dessero la sua parte del frutto della vigna; ma i vignaioli, battutolo, lo rimandarono a mani vuote. Egli mandò di nuovo un altro servo ma essi, dopo aver battuto e insultato anche questo, lo rimandarono a mani vuote. Egli ne mandò ancora un terzo, ma essi ferirono anche questo e lo cacciarono. Allora il padrone della vigna disse: »Che devo fare? Manderò il mio amato figlio. Forse, vedendo lui, lo rispetteranno!«. Ma i vignaioli, quando lo videro, dissero tra di loro: »Costui è l’erede; venite, uccidiamolo affinché l’eredità diventi nostra«. Cosí cacciatolo fuori dalla vigna, lo uccisero. Che farà dunque a costoro il padrone della vigna? Egli verrà, sterminerà quei vignaioli, e darà la vigna ad altri«. Ma essi, udito ciò, dissero: »Cosí non sia«. Allora egli, guardandoli in faccia, disse: »Che cosa è dunque ciò che sta scritto: »La pietra che gli edificatori hanno rigettata è diventata la testata d’angolo«? Chiunque cadrà su questo sasso si sfracellerà, e colui sul quale esso cadrà sarà stritolato«. In quello stesso momento, i capi dei sacerdoti e gli scribi, cercarono di mettergli le mani addosso, perché avevano compreso che aveva raccontato quella parabola per loro, ma temettero il popolo. Essi lo osservavano attentamente e gli mandarono degli istigatori che, fingendosi giusti, lo sorprendessero in fallo in un suo discorso, per poi consegnarlo al potere e all’autorità del governatore. Costoro lo interrogarono, dicendo: »Maestro, noi sappiamo che tu parli e insegni rettamente e che non usi alcuna parzialità ma insegni la via di Dio in verità. Ci è lecito pagare il tributo a Cesare o no?«. Ma egli, accortosi della loro malizia, disse loro: »Perché mi tentate? Mostratemi un denaro: di chi è l’immagine e l’iscrizione che porta?«. Ed essi, rispondendo, dissero: »Di Cesare«. Allora egli disse loro: »Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare, e a Dio ciò che è di Dio«. E cosí non poterono coglierlo in fallo nel suo discorso davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero. Or gli si accostarono alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e lo interrogarono, dicendo: »Maestro, Mosé ci ha scritto che se il fratello di qualcuno muore avendo moglie e muore senza figli, il suo fratello prenda la moglie e susciti una discendenza a suo fratello. Or vi furono sette fratelli; il primo prese moglie e morí senza lasciare figli. Il secondo la prese come moglie, e morí anch’egli senza lasciare figli. La prese poi il terzo; e cosí tutti e sette morirono senza lasciare figli. Dopo tutti, morí anche la donna. Nella risurrezione, dunque, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta per moglie«. E Gesú, rispondendo, disse loro: »I figli di questa età si sposano e si maritano ma coloro che sono ritenuti degni di ottenere l’altra età e la risurrezione dei morti, non si sposano né si maritano; essi infatti non possono piú morire, perché sono come gli angeli e sono figli di Dio, essendo figli della risurrezione. E che i morti risuscitino, lo ha dichiarato Mosé stesso nel passo del roveto, quando chiama Signore, il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe. Or egli non è il Dio dei morti ma dei viventi, poiché tutti vivono per lui«. Allora alcuni degli scribi presero la parola e dissero: »Maestro, hai detto bene«. E non ardirono piú fargli alcuna domanda. Ed egli disse loro: »Come mai dicono che il Cristo è Figlio di Davide? Nel libro dei Salmi Davide stesso dice: »Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi". Davide dunque lo chiama Signore come può essere suo figlio?«. Ora, mentre tutto il popolo stava ascoltando, egli disse ai suoi discepoli: »Guardatevi dagli scribi, i quali passeggiano volentieri in lunghe vesti e amano i saluti nelle piazze, i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei conviti; essi divorano le case delle vedove e fanno lunghe preghiere per farsi vedere. Essi riceveranno una piú dura condanna«. Poi Gesú alzò gli occhi e vide i ricchi che gettavano i loro doni nella cassa del tesoro, e vide anche una povera vedova che vi gettava due spiccioli, e disse: »In verità io vi dico che questa povera vedova ha gettato piú di tutti gli altri. Tutti costoro infatti hanno gettato nelle offerte per la casa di Dio del loro superfluo, ma costei vi ha gettato nella sua povertà tutto quello che aveva per vivere«. Poi, come alcuni parlavano del tempio e facevano notare che era adorno di belle pietre e di offerte, egli disse: »Di tutte queste cose che ammirate, verranno i giorni in cui non sarà lasciata pietra su pietra che non sia diroccata«. Essi allora lo interrogarono dicendo: »Maestro, quando avverranno dunque queste cose e quale sarà il segno che queste cose stanno per compiersi?«. Ed egli disse: »Guardate di non essere ingannati, perché molti verranno nel mio nome, dicendo: »Sono io« e: »Il tempo è giunto«. Non andate dunque dietro a loro. Quando poi sentirete parlare di guerre e di tumulti, non vi spaventate perché queste cose devono prima avvenire, ma non verrà subito la fine«. Allora disse loro: »Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno; e vi saranno grandi terremoti, carestie e pestilenze in vari luoghi vi saranno anche dei fenomeni spaventevoli e grandi segni dal cielo. Ma prima di tutte queste cose, vi metteranno le mani addosso e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e mettendovi in prigione; e sarete portati davanti ai re e ai governatori a causa del mio nome; ma questo vi darà occasione di testimoniare. Mettetevi dunque in cuore di non premeditare come rispondere a vostra difesa, perché io vi darò una favella e una sapienza a cui tutti i vostri avversari non potranno contraddire o resistere. Or voi sarete traditi anche dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici; e faranno morire alcuni di voi. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma neppure un capello del vostro capo perirà. Nella vostra perseveranza guadagnerete le anime vostre«. »Ora, quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti, sappiate che allora la sua desolazione è vicina. Allora, coloro che sono nella Giudea fuggano sui monti; e coloro che sono in città se ne allontanino; e coloro che sono nei campi non entrino in essa. Poiché questi sono giorni di vendetta, affinché tutte le cose che sono scritte siano adempiute. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni, perché vi sarà grande avversità nel paese e ira su questo popolo. Ed essi cadranno sotto il taglio della spada, e saranno condotti prigionieri fra tutte le nazioni; e Gerusalemme sarà calpestata dai gentili, finché i tempi dei gentili siano compiuti«. »E vi saranno dei segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli, nello smarrimento al fragore del mare e dei flutti; gli uomini verranno meno dalla paura e dall’attesa delle cose che si abbatteranno sul mondo, perché le potenze dei cieli saranno scrollate. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nuvola con potenza e grande gloria. Ora, quando queste cose cominceranno ad accadere, guardate in alto e alzate le vostre teste, perché la vostra redenzione è vicina«. Poi disse loro una parabola: »Osservate il fico e tutti gli alberi. Quando essi cominciano a mettere i germogli, vedendoli, voi stessi riconoscete che l’estate è vicina; cosí anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il regno di Dio è vicino. In verità io vi dico che questa generazione non passerà finché tutte queste cose non siano accadute. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno«. »Or fate attenzione che talora i vostri cuori non siano aggravati da gozzoviglie da ubriachezza e dalle preoccupazioni di questa vita, e che quel giorno vi piombi addosso all’improvviso. Perché verrà come un laccio su tutti quelli che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate dunque, pregando in ogni tempo, affinché siate ritenuti degni di scampare a tutte queste cose che stanno per accadere e di comparire davanti al Figlio dell’uomo«. Durante il giorno egli insegnava nel tempio, e la notte usciva e la trascorreva all’aperto sul monte degli Ulivi. E tutto il popolo, al mattino presto veniva da lui nel tempio per ascoltarlo. Si avvicinava intanto la festa degli Azzimi, detta Pasqua. Ed i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano come farlo morire, poiché temevano il popolo. Or Satana entrò in Giuda, soprannominato Iscariota, che era nel numero dei dodici. Cosí egli andò ad accordarsi con i capi dei sacerdoti e con i magistrati sul come tradirlo. Ed essi se ne rallegrarono e convennero di dargli del denaro. Ed egli acconsentí, e cercava l’opportunità di consegnarlo nelle loro mani di nascosto dalla folla. Or venne il giorno degli Azzimi, nel quale si doveva sacrificare la Pasqua. E Gesú mandò Pietro e Giovanni, dicendo: »Andate e preparate la Pasqua per noi, affinché la possiamo mangiare«. Ed essi gli dissero: »Dove vuoi che la prepariamo?«. Allora egli disse loro: »Ecco, quando entrerete in città, vi verrà incontro un uomo che porta una brocca d’acqua; seguitelo nella casa dove entrerà. Dite quindi al padrone di casa: »Il Maestro ti manda a dire: Dov’è la sala, nella quale posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?« Allora egli vi mostrerà una grande sala arredata; là preparerete la Pasqua«. Andati dunque, essi trovarono come aveva loro detto e prepararono la Pasqua. E, quando giunse l’ora, egli si mise a tavola e i dodici apostoli con lui. Allora egli disse loro: »Ho grandemente desiderato di mangiare questa Pasqua con voi prima di soffrire, poiché io vi dico che non ne mangerò piú finché abbia il suo compimento nel regno di Dio«. Poi prese il calice, rese grazie e disse: »Prendete questo e dividetelo fra di voi, perché io vi dico che non berrò piú del frutto della vigna, finché il regno di Dio sia venuto«. Poi, preso il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: »Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me« Cosí pure, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: »Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è sparso per voi. Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è sulla tavola con me. Certamente il Figlio dell’uomo se ne va, come è stabilito, ma guai a quell’uomo per mezzo del quale è tradito!«. Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro, chi di loro avrebbe fatto questo. E tra di loro sorse anche una contesa, intorno a chi di loro doveva essere considerato il maggiore. Ma Gesú disse loro: »I re delle nazioni le signoreggiano, e coloro che esercitano autorità su di esse sono chiamati benefattori. Ma con voi non sia cosí; anzi il piú grande fra di voi sia come il minore e chi governa come colui che serve. Chi è infatti piú grande chi siede a tavola, o colui che serve? Non è forse colui che siede a tavola? Eppure io sono in mezzo a voi come colui che serve. Or voi siete quelli che siete rimasti con me nelle mie prove. Ed io vi assegno il regno, come il Padre mio lo ha assegnato a me, affinché mangiate e beviate alla mia tavola nel mio regno e sediate su troni per giudicare le dodici tribú d’Israele. Il Signore disse ancora: »Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano. Ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai ritornato, conferma i tuoi fratelli«. Ma egli disse: »Signore, io sono pronto ad andare con te tanto in prigione che alla morte«. Ma Gesú disse: »Pietro, io ti dico che oggi il gallo non canterà, prima che tu abbia negato tre volte di conoscermi«. Poi disse loro: »Quando vi mandai senza borsa, senza sacca e senza sandali, vi è forse mancata qualche cosa?«. Ed essi dissero: »Nessuna«. Disse loro dunque: »Ma ora chi ha una borsa la prenda con sé, e cosí pure una sacca; e chi non ha la spada venda la sua veste e ne compri una. Poiché io vi dico che ciò che è scritto deve ancora essere adempiuto in me: »Ed egli è stato annoverato fra i malfattori« Le cose infatti che sono scritte di me hanno il loro compimento«. Allora essi dissero: »Signore, ecco qui due spade«. Ma egli disse loro: »Basta!«. Poi, uscito, andò come al solito al monte degli ulivi, e anche i suoi discepoli lo seguirono. Giunto sul posto, disse loro: »Pregate per non entrare in tentazione« E si allontanò da loro, circa un tiro di sasso e, postosi in ginocchio, pregava, dicendo: »Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia volontà, ma la tua«. Allora gli apparve un angelo dal cielo per dargli forza. Ed egli, essendo in agonia, pregava ancor piú intensamente, e il suo sudore divenne simile a grumi di sangue che cadevano a terra. Alzatosi poi dalla preghiera, venne dai suoi discepoli e li trovò che dormivano per la tristezza e disse loro: »Perché dormite? Alzatevi e pregate per non entrare in tentazione«. Mentre egli parlava ancora, ecco una turba; or colui che si chiamava Giuda uno dei dodici, li precedeva e si accostò a Gesú per baciarlo. E Gesú gli disse: »Giuda, tradisci il Figlio dell’uomo con un bacio?«. Allora quelli attorno a Gesú, vedendo ciò che stava per accadere, gli dissero: »Signore, dobbiamo colpire con la spada?«. E uno di loro colpí il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio destro. Ma Gesú, rispondendo, disse: »Lasciate, basta cosí«. E, toccato l’orecchio di quell’uomo, lo guarí. Poi Gesú disse ai capi dei sacerdoti, ai capitani del tempio e agli anziani che erano venuti contro di lui: »Siete usciti contro di me con spade e bastoni come contro un brigante? Mentre ogni giorno io ero con voi nel tempio, voi non metteste mai le mani su di me; ma questa è la vostra ora e la potestà delle tenebre«. Dopo averlo catturato, lo portarono via e lo condussero nella casa del sommo sacerdote. E Pietro seguiva da lontano. Quando essi accesero un fuoco in mezzo al cortile e si posero a sedere attorno, Pietro si sedette in mezzo a loro. Una serva lo vide seduto presso il fuoco, lo guardò attentamente e disse: »Anche costui era con lui«. Ma egli lo negò, dicendo: »Donna, non lo conosco«. Poco dopo lo vide un altro e disse: »Anche tu sei di quelli«. Ma Pietro disse: »O uomo, non lo sono«. Passata circa un’ora, un altro affermava con insistenza, dicendo: »In verità anche costui era con lui, perché è Galileo«. Ma Pietro disse: »O uomo, non so quello che dici«. E subito, mentre ancora parlava, il gallo cantò. E il Signore, voltatosi, guardò Pietro. E Pietro si ricordò della parola che il Signore gli aveva detto: »Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte«. Allora Pietro uscì fuori e pianse amaramente. Intanto gli uomini che tenevano Gesú lo schernivano, percuotendolo. E, dopo averlo bendato, lo percuotevano in faccia e gli domandavano, dicendo: »Indovina, chi è colui che ti ha percosso?«. E, bestemmiando, dicevano molte altre cose contro di lui. Appena fu giorno si riunirono gli anziani del popolo, i capi dei sacerdoti e gli scribi e lo condussero nel loro sinedrio, dicendo: »Se tu sei il Cristo, diccelo«. Ma egli disse loro: »Anche se ve lo dicessi, non credereste. Se poi vi interrogassi, non mi rispondereste né mi lascereste andare. Ma da ora in poi il Figlio dell’uomo sederà alla destra della potenza di Dio«. Allora tutti dissero: »Sei tu dunque il Figlio di Dio?«. Ed egli disse loro: »Voi dite giustamente, perché io lo sono«. Essi allora dissero: »Che bisogno abbiamo ancora di testimonianza? Dal momento che noi stessi l’abbiamo udito dalla sua propria bocca«. Allora tutta l’assemblea si alzò e lo condusse da Pilato. E cominciarono ad accusarlo, dicendo: »Noi abbiamo sorpreso costui che sovvertiva la nazione e proibiva di dare i tributi a Cesare, affermando di essere un re, il Cristo«. Allora Pilato lo interrogò, dicendo: »Sei tu il re dei Giudei?«. E Gesú gli rispose e disse: »Tu lo dici«. Pilato quindi disse ai capi dei sacerdoti e alle turbe: »Io non trovo nessuna colpa in quest’uomo«. Ma quelli insistevano, dicendo: »Egli solleva il popolo insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fin qua«. Allora Pilato, avendo udito nominare la Galilea, domandò se quell’uomo fosse Galileo. E, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode, che in quei giorni si trovava anch’egli a Gerusalemme. Quando Erode vide Gesú, se ne rallegrò grandemente; da molto tempo infatti desiderava vederlo, perché aveva sentito dire molte cose di lui e sperava di vederlo compiere qualche miracolo. Egli gli rivolse molte domande, ma Gesú non gli rispose nulla. Intanto i capi dei sacerdoti e gli scribi stavano là accusandolo con veemenza. Allora Erode, con i suoi soldati, dopo averlo oltraggiato e schernito, lo rivestí di una veste splendida e lo rimandò da Pilato. In quel giorno Erode e Pilato divennero amici, mentre prima erano stati nemici. Allora Pilato, riuniti i capi dei sacerdoti i magistrati e il popolo, disse loro: »Voi mi avete portato quest’uomo, come uno che perverte il popolo; ed ecco, dopo averlo esaminato alla vostra presenza, non ho trovato in lui nessuna delle colpe di cui lo accusate e neppure Erode, perche lo ha rimandato a noi; in realtà egli non ha fatto nulla che meriti la morte. Perciò, dopo averlo fatto flagellare, lo rilascerò«. Ora in occasione della festa di Pasqua, il governatore doveva liberare qualcuno. Ma essi tutti insieme gridarono, dicendo: »A morte costui, e liberaci Barabba«. Questi era stato incarcerato per una sedizione fatta in città e per omicidio. Perciò Pilato desiderando liberare Gesú parlò loro di nuovo. Ma essi gridavano, dicendo: »Crocifiggilo, crocifiggilo«. Per la terza volta, egli disse loro: »Ma che male ha fatto costui? Io non ho trovato in lui alcuna colpa che meriti la morte. Perciò, dopo averlo fatto flagellare, lo rilascerò«. Ma quelli insistevano con grandi grida, chiedendo che fosse crocifisso, e le loro grida e quelle dei capi dei sacerdoti finirono per prevalere. Pilato allora decise che fosse fatto ciò che chiedevano. E rilasciò loro colui che era stato incarcerato per sedizione e per omicidio e che essi avevano richiesto; e consegnò Gesú alla loro volontà. Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirenea che veniva dai campi, e gli misero addosso la croce, perché la portasse dietro a Gesú. Or lo seguiva una grande folla di popolo e di donne, che facevano cordoglio e lamenti su di lui. Ma Gesú. voltandosi verso di loro disse: »Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli. Perché ecco, verranno i giorni in cui si dirà: »Beate le sterili e beati i grembi che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato!«. Allora cominceranno a dire ai monti: »Cadeteci addosso« e alle colline: »Copriteci« Perché, se tali cose si fanno al legno verde, che cosa sarà fatto al legno secco?«. Or venivano condotti con lui anche due malfattori per essere messi a morte. E quando giunsero al luogo, detto del Teschio, là crocifissero lui e i malfattori, l’uno a destra e l’altro a sinistra. E Gesú diceva: »Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno«. Poi, spartite le sue vesti, le tirarono a sorte. E il popolo stava là a guardare, ed anche i magistrati col popolo lo beffavano, dicendo: »Egli ha salvati gli altri, salvi se stesso se veramente egli è il Cristo. l’eletto di Dio«. Anche i soldati lo schernivano, accostandosi e presentandogli dell’aceto. e dicendo: »Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso«. Sopra il suo capo, inoltre vi era una scritta, in caratteri greci, latini ed ebraici: »COSTUI E IL RE DEI GIUDEI«. Or uno dei malfattori appesi lo ingiuriava, dicendo: »Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi«. Ma l’altro, rispondendo, lo sgridava dicendo: »Non hai neppure timore di Dio, trovandoti sotto la medesima condanna? Noi in realtà siamo giustamente condannati, perché riceviamo la dovuta pena dei nostri misfatti, ma costui non ha commesso alcun male«. Poi disse a Gesú: »Signore, ricordati di me quando verrai nel tuo regno«. Allora Gesú gli disse: »In verità ti dico: oggi tu sarai con me in paradiso«. Era circa l’ora sesta, e si fece buio su tutto il paese fino all’ora nona. Il sole si oscurò e la cortina del tempio si squarciò in mezzo. E Gesú, gridando con gran voce, disse: »Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito«. E detto questo, rese lo spirito. Allora il centurione, visto quanto era accaduto, glorificò Dio, dicendo: »Veramente quest’uomo era giusto«. E tutta la folla che si era radunata per osservare ciò che accadeva, alla vista di questo, se ne tornò a casa battendosi il petto. Ma tutti i suoi conoscenti e le donne che l’avevano seguito dalla Galilea se ne stavano a distanza, osservando queste cose. Or vi era un uomo di nome Giuseppe, che era membro del sinedrio, uomo giusto e buono, il quale non aveva acconsentito alla deliberazione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatea, città dei Giudei, e aspettava anch’egli il regno di Dio. Costui si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesú. E, dopo averlo tirato giú dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia, dove nessuno era ancora stato sepolto. Era il giorno della Preparazione, e il sabato stava per cominciare. Le donne, che erano venute con Gesú dalla Galilea seguendolo da vicino osservarono il sepolcro e come vi era stato deposto il corpo di Gesú; poi esse tornarono a casa e prepararono gli aromi e gli unguenti, e durante il sabato si riposarono, secondo il comandamento. Ora nel primo giorno della settimana, al mattino molto presto esse, e altre donne con loro, si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano preparato. E trovarono che la pietra era stata rotolata dal sepolcro. Ma, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesú. E, mentre erano grandemente perplesse a questo riguardo, ecco presentarsi loro due uomini in vesti sfolgoranti. Ora, essendo esse impaurite e tenendo la faccia chinata a terra, quelli dissero loro: »Perché cercate il vivente tra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato; ricordatevi come vi parlò, mentre era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio dell’uomo doveva esser dato nelle mani di uomini peccatori, essere crocifisso e risuscitare il terzo giorno«. Ed esse si ricordarono delle sue parole. Al loro ritorno dal sepolcro, raccontarono tutte queste cose agli undici e a tutti gli altri. Or quelle che riferirono queste cose agli apostoli erano Maria Maddalena, Giovanna, Maria madre di Giacomo e le altre donne che erano con loro. Ma queste parole parvero loro come un’assurdità; ed essi non credettero loro. Pietro tuttavia, alzatosi, corse al sepolcro e, chinatosi a guardare, non vide altro che le lenzuola che giacevano da sole, poi se ne andò, meravigliandosi dentro di sé di quanto era accaduto. In quello stesso giorno, due di loro se ne andavano verso un villaggio, di nome Emmaus, distante sessanta stadi da Gerusalemme. Ed essi parlavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Or avvenne che, mentre parlavano e discorrevano insieme, Gesú stesso si accostò e si mise a camminare con loro. Ma i loro occhi erano impediti dal riconoscerlo. Egli disse loro: »Che discorsi sono questi che vi scambiate l’un l’altro, cammin facendo? E perché siete mesti?«. E uno di loro, di nome Cleopa, rispondendo, gli disse: »Sei tu l’unico forestiero in Gerusalemme, che non conosca le cose che vi sono accadute in questi giorni?«. Ed egli disse loro: »Quali?«. Essi gli dissero: »Le cose di Gesú Nazareno, che era un profeta potente in opere e parole davanti a Dio e davanti a tutto il popolo. E come i capi dei sacerdoti e i nostri magistrati lo hanno consegnato per essere condannato a morte e l’hanno crocifisso Or noi speravamo che fosse lui che avrebbe liberato Israele; invece, con tutto questo, siamo già al terzo giorno da quando sono avvenute queste cose. Ma anche alcune donne tra di noi ci hanno fatto stupire perché, essendo andate di buon mattino al sepolcro, e non avendo trovato il suo corpo, sono tornate dicendo di aver avuto una visione di angeli, i quali dicono che egli vive. E alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato le cose come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto«. Allora egli disse loro: »O insensati e tardi di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno detto! Non doveva il Cristo soffrire tali cose, e cosí entrare nella sua gloria?«. E cominciando da Mosé e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano. Come si avvicinavano al villaggio dove erano diretti, egli finse di andare oltre. Ma essi lo trattennero, dicendo: »Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno è già declinato«. Egli dunque entrò per rimanere con loro. E, come si trovava a tavola con loro prese il pane, lo benedisse e, dopo averlo spezzato, lo distribuí loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero; ma egli scomparve dai loro occhi. Ed essi si dissero l’un l’altro: »Non ardeva il nostro cuore dentro di noi, mentre egli ci parlava per la via e ci apriva le Scritture?«. In quello stesso momento si alzarono e ritornarono a Gerusalemme, dove trovarono gli undici e quelli che erano con loro riuniti insieme. Costoro dicevano: »Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone«. Essi allora raccontarono le cose avvenute loro per via, e come lo avevano riconosciuto allo spezzar del pane. Ora, mentre essi parlavano di queste cose, Gesú stesso si rese presente in mezzo a loro e disse loro: »Pace a voi!«. Ma essi, terrorizzati e pieni di paura, pensavano di vedere uno spirito. Allora egli disse loro: »Perché siete turbati? E perché nei vostri cuori sorgono dei dubbi? Guardate le mie mani e i miei piedi, perché sono io. Toccatemi e guardate, perché uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho io«. E, detto questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché essi non credevano ancora per la gioia ed erano pieni di meraviglia, egli disse loro: »Avete qui qualcosa da mangiare?«. Ed essi gli diedero un pezzo di pesce arrostito e un favo di miele. Ed egli li prese e mangiò in loro presenza. Poi disse loro: »Queste sono le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: che si dovevano adempiere tutte le cose scritte a mio riguardo nella legge di Mosé, nei profeti e nei salmi«. Allora aprí loro la mente, perché comprendessero le Scritture, e disse loro: »Cosí sta scritto, e cosí era necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti il terzo giorno e che nel suo nome si predicasse il ravvedimento e il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Or voi siete testimoni di queste cose. Ed ecco, io mando su di voi la promessa del Padre mio; ma voi rimanete nella città di Gerusalemme, finché siate rivestiti di potenza dall’alto. Poi li condusse fuori fino a Betania e alzate in alto le mani, li benedisse. E avvenne che, mentre egli li benediceva, si separò da loro e fu portato su nel cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia. E stavano continuamente nel tempio, lodando e benedicendo Dio. Amen!
Nel principio era la Parola e la Parola era presso Dio, e la Parola era Dio. Egli (la Parola) era nel principio con Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (la Parola), e senza di lui nessuna delle cose fatte è stata fatta. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini. E la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno compresa. Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni, Questi venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, affinché tutti credessero per mezzo di lui; egli non era la luce, ma fu mandato per rendere testimonianza della luce. Egli (la Parola) era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene nel mondo. Egli (la Parola) era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, ma il mondo non lo ha conosciuto. Egli è venuto in casa sua, e i suoi non lo hanno ricevuto, ma a tutti coloro che lo hanno ricevuto, egli ha dato l’autorità di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma sono nati da Dio. E la Parola si è fatta carne ed ha abitato fra di noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria, come gloria dell’unigenito proceduto dal Padre, piena di grazia e di verità. Giovanni testimoniò di lui e gridò, dicendo: »Questi è colui del quale dicevo: Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me. E noi tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza grazia sopra grazia. Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosé, ma la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesú Cristo. Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio, che è nel seno del Padre, è colui che lo ha fatto conoscere. E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme dei sacerdoti e dei leviti per domandargli: »Chi sei tu?«. Egli lo dichiarò e non lo negò, e dichiarò: »Io non sono il Cristo«, Allora essi gli domandarono: »Chi sei dunque? Sei tu Elia?«. Egli disse: »Non lo sono!«. »Sei tu il profeta?«. Ed egli rispose: »No!«. Essi allora gli dissero: »Chi sei tu, affinché diamo una risposta a coloro che ci hanno mandato? Che dici di te stesso?«. Egli rispose: »Io sono la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate la via del Signore, come disse il profeta Isaia«. Or coloro che erano stati mandati venivano dai farisei; essi gli domandarono e gli dissero: »Perché dunque battezzi, se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?«. Giovanni rispose loro. dicendo: »Io battezzo con acqua, ma in mezzo a vo i sta uno che non conoscete. Egli è colui che viene dopo di me e che mi ha preceduto, a cui io non sono degno di sciogliere il legaccio dei sandali«. Queste cose avvennero in Betabara al di là del Giordano, dove Giovanni battezzava. Il giorno seguente, Giovanni vide Gesú che veniva verso di lui e disse: »Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! Questi è colui del quale dissi: »Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto, perché era prima di me« Io non lo conoscevo, perciò sono venuto a battezzare con acqua, affinché egli fosse manifestato in Israele«. E Giovanni testimoniò, dicendo: »Io ho visto lo Spirito scendere dal cielo come una colomba e fermarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma colui che mi mandò a battezzare con acqua mi disse: »Colui sul quale vedrai scendere lo Spirito e fermarsi su di lui, è quello che battezza con lo Spirito Santo«. Ed io ho visto ed ho attestato che questi è il Figlio di Dio«. Il giorno seguente, Giovanni era nuovamente là con due dei suoi discepoli. E, fissando lo sguardo su Gesú che passava, disse: »Ecco l’Agnello di Dio«. E i due discepoli, avendolo sentito parlare, seguirono Gesú. Ma Gesú, voltatosi e vedendo che lo seguivano, disse loro: »Che cercate?« Essi gli dissero: »Rabbi (che, tradotto; vuol dire maestro), dove abiti?«. Egli disse loro: »Venite e vedete«. Essi dunque andarono e videro dove egli abitava, e stettero con lui quel giorno. Era circa l’ora decima. Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due che avevano udito questo da Giovanni e avevano seguito Gesú. Costui trovò per primo suo fratello Simone e gli disse: »Abbiamo trovato il Messia che, tradotto, vuol dire: »Il Cristo««; e lo condusse da Gesú. Gesú allora, fissandolo, disse: »Tu sei Simone, figlio di Giona; tu sarai chiamato Cefa che vuol dire: sasso«. Il giorno seguente, Gesú desiderava partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: »Seguimi«. Or Filippo era di Betsaida, la stessa città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: »Abbiamo trovato colui, del quale hanno scritto Mosé nella legge e i profeti: Gesú da Nazareth, il figlio di Giuseppe«. E Natanaele gli disse: »Può venire qualcosa di buono da Nazaret?«. Filippo gli disse: »Vieni e vedi«. Gesú vide venirgli incontro Natanaele e disse di lui: »Ecco un vero Israelita, in cui non c’è inganno«. Natanaele gli disse: »Come fai a conoscermi?«. Gesú gli rispose, dicendo: »Ti ho visto quando eri sotto il fico, prima che Filippo ti chiamasse«. Natanaele, rispondendogli, disse: »Maestro, tu sei il Figlio di Dio tu sei il re d’Israele«. Gesú rispose e gli disse: »Poiché ho detto di averti visto sotto il fico, tu credi; vedrai cose maggiori di queste«. Poi gli disse: »In verità, in verità io vi dico che da ora in poi vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo«. Tre giorni dopo, si fecero delle nozze in Cana di Galilea, e la madre di Gesú si trovava là. Or anche Gesú fu invitato alle nozze con i suoi discepoli. Essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesú gli disse: »Non hanno piú vino«. Gesú le disse: »Che cosa c’è tra te e me o donna? L’ora mia non è ancora venuta«, Sua madre disse ai servi: »Fate tutto quello che egli vi dirà«. Or c’erano là sei recipienti di pietra, usati per la purificazione dei Giudei, che contenevano due o tre misure ciascuno. Gesú disse loro: »Riempite d’acqua i recipienti«. Ed essi li riempirono fino all’orlo. Poi disse loro: »Ora attingete e portatene al maestro della festa«. Ed essi gliene portarono. E come il maestro della festa assaggiò l’acqua mutata in vino (or egli non sapeva da dove venisse quel vino, ma ben lo sapevano i servi che avevano attinto l’acqua), il maestro della festa chiamò lo sposo, e gli disse: »Ogni uomo presenta all’inizio il vino migliore e, dopo che gli invitati hanno copiosamente bevuto, il meno buono; tu, invece, hai conservato il buon vino fino ad ora«. Gesú fece questo inizio dei segni in Cana di Galilea e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui. Dopo questo, egli discese a Capernaum con sua madre, i suoi fratelli e i suoi discepoli; ed essi rimasero lí pochi giorni. Or la Pasqua dei Giudei era vicina, e Gesú salí a Gerusalemme. E trovò nel tempio venditori di buoi, di pecore, di colombi, e i cambiamonete seduti; fatta quindi una frusta di cordicelle, li scacciò tutti fuori del tempio insieme con i buoi e le pecore, e sparpagliò il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò le tavole, e ai venditori di colombi disse: »Portate via da qui queste cose; non fate della casa del Padre mio una casa di mercato«. Cosí i suoi discepoli si ricordarono che stava scritto: »Lo zelo della tua casa mi ha divorato«. Allora i Giudei risposero e gli dissero: »Quale segno ci mostri per fare queste cose?«. Gesú rispose e disse loro: »Distruggete questo tempio e in tre giorni io lo ricostruirò«. Allora i Giudei dissero: »Ci son voluti quarantasei anni per edificare questo tempio, e tu lo ricostruiresti in tre giorni?«. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi egli fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva loro detto questo e credettero alla Scrittura e alle parole che Gesú aveva detto. Ora, mentre egli si trovava in Gerusalemme alla festa della Pasqua, molti credettero nel suo nome vedendo i segni che faceva, ma Gesú non si fidava di loro, perché li conosceva tutti, e perché non aveva bisogno che alcuno gli testimoniasse dell’uomo, perché egli conosceva ciò che vi era nell’uomo. Gesú ammaestra Nicodemo sulla nuova nascita Or c’era fra i farisei un uomo di nome Nicodemo, un capo dei Giudei. Questi venne a Gesú di notte e gli disse: »Maestro, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio, perché nessuno può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui«. Gesú gli rispose e disse: »In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio«. Nicodemo gli disse: »Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?«. Gesú rispose: »In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è nato dalla carne è carne; ma ciò che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: »Dovete nascere di nuovo«. Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai da dove viene né dove va, cosí è per chiunque è nato dallo Spirito«. Nicodemo, rispondendo, gli disse: »Come possono accadere queste cose?«. Gesú rispose e gli disse: »Tu sei il dottore d’Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo visto, ma voi non accettate la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose terrene e non credete, come crederete se vi parlo di cose celesti? Or nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo, cioè il Figlio dell’uomo che è nel cielo. E come Mosé innalzò il serpente nel deserto, cosí bisogna che il Figlio dell’uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia vita eterna. Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Dio infatti non ha mandato il proprio Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre piú che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Infatti chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano riprovate; ma chi pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio«. Dopo queste cose, Gesú venne con i suoi discepoli nel territorio della Giudea e là rimase con loro e battezzava. Or anche Giovanni battezzava in Enon, vicino a Salim, perché là c’era abbondanza di acqua; e la gente veniva e si faceva battezzare, perché Giovanni non era ancora stato gettato in prigione. Sorse allora una discussione da parte dei discepoli di Giovanni con i Giudei intorno alla purificazione. Cosí vennero da Giovanni e gli dissero: »Maestro, colui che era con te al di là del Giordano, a cui hai reso testimonianza, ecco che battezza e tutti vanno da lui«. Giovanni rispose e disse: »L’uomo non può ricevere nulla, se non gli è dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: »Io non sono il Cristo, ma sono stato mandato davanti a lui«. Colui che ha la sposa è lo sposo, ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ode, si rallegra grandemente alla voce dello sposo; perciò questa mia gioia è completa. Bisogna che egli cresca e che io diminuisca. Colui che viene dall’alto è sopra tutti, colui che viene dalla terra è della terra e parla della terra; colui che viene dal cielo è sopra tutti. Ed egli attesta ciò che ha visto e udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza. Colui che ha ricevuto la sua testimonianza ha solennemente dichiarato che Dio è verace. Infatti colui che Dio ha mandato, proferisce le parole di Dio, perché Dio non gli dà lo Spirito con misura. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha vita eterna ma chi non ubbidisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio dimora su di lui«. Quando dunque il Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesú stava facendo piú discepoli e battezzando più di Giovanni, (sebbene non fosse Gesú stesso che battezzava ma i suoi discepoli), lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea. Or egli doveva passare per la Samara. Arrivò dunque in una città della Samaria, detta Sichar, vicino al podere che Giacobbe aveva dato a Giuseppe, suo figlio. Or qui c’era il pozzo di Giacobbe. E Gesú, affaticato dal cammino, sedeva cosí presso il pozzo; era circa l’ora sesta. Una donna di Samaria venne per attingere l’acqua. E Gesú le disse: »Dammi da bere«, perché i suoi discepoli erano andati in città a comperare del cibo. Ma la donna samaritana gli disse: »Come mai tu che sei Giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?« (Infatti i Giudei non hanno rapporti con i Samaritani). Gesú rispose e le disse: »Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: »Dammi da bere tu stessa gliene avresti chiesto, ed egli ti avrebbe dato dell’acqua viva« La donna gli disse: »Signore, tu non hai neppure un secchio per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest’acqua viva? Sei tu forse piú grande di Giacobbe nostro padre, che ci diede questo pozzo e ne bevve egli stesso, i suoi figli e il suo bestiame?«. Gesú rispose e le disse: »Chiunque beve di quest’acqua, avrà ancora sete, ma chi beve dell’acqua che io gli darò non avrà mai piú sete in eterno; ma l’acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna«. La donna gli disse: »Signore, dammi quest’acqua, affinché io non abbia piú sete e non venga piú qui ad attingere«. Gesú le disse: »Va’ a chiamare tuo marito e torna qui«. La donna rispose e gli disse: »Io non ho marito«. Gesú le disse: »Hai detto bene: »Non ho marito«, perché tu hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto la verità«. La donna gli disse: »Signore, vedo che tu sei un profeta. I nostri padri hanno adorato su questo monte, e voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove si deve adorare«. Gesú le disse: »Donna, credimi: l’ora viene che né su questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo; perché la salvezza viene dai Giudei. Ma l’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre richiede. Dio è Spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità«. La donna gli disse: »lo so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire quando sarà venuto lui ci annunzierà ogni cosa«. Gesú le disse: »Io sono, colui che ti parla«. In quel momento arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con una donna; nessuno però gli disse: »Che vuoi?« o: »Perché parli con lei?«. La donna allora, lasciato il suo secchio, se ne andò in città e disse alla gente: »Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che io ho fatto; non sarà forse lui il Cristo?«. Uscirono dunque dalla città e vennero da lui. Intanto i suoi discepoli lo pregavano dicendo: »Maestro, mangia«. Ma egli disse loro: »Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete«. I discepoli perciò si dicevano l’un l’altro: »Gli ha qualcuno forse portato da mangiare?«. Gesú disse loro: »Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e di compiere l’opera sua. Non dite voi che vi sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Alzate i vostri occhi e mirate le campagne come già biancheggiano per la mietitura. Or il mietitore riceve il premio e raccoglie frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme. Poiché in questo è vero il detto: »L’uno semina e l’altro miete«. Io vi ho mandato a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete entrati nella loro fatica«. Ora, molti Samaritani di quella città credettero in lui, a motivo della parola che la donna aveva attestato: »Egli mi ha detto tutte le cose che io ho fatto«. Quando poi i Samaritani vennero da lui, lo pregarono di restare con loro; ed egli vi rimase due giorni. E molti di piú credettero a motivo della sua parola. Ed essi dicevano alla donna: »Non è piú a motivo delle tue parole che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo«. Ora, passati quei due giorni, egli partí di là e andò in Galilea, perché Gesú stesso aveva testimoniato che un profeta non è onorato nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo ricevettero, perché avevano visto tutte le cose che egli aveva fatto in Gerusalemme durante la festa, poiché anch’essi erano andati alla festa. Gesú dunque venne di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva mutato l’acqua in vino. Ora vi era un funzionario regio, il cui figlio era ammalato a Capernaum. Avendo egli udito che Gesú era venuto dalla Giudea in Galilea, andò da lui e lo pregò che scendesse e guarisse suo figlio, perché stava per morire. Allora Gesú gli disse: »Se non vedete segni e miracoli, voi non credete«. Il funzionario regio gli disse: »Signore, scendi prima che il mio ragazzo muoia«. Gesú gli disse: »Va tuo figlio vive!«. E quell’uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesú, e se ne andò. Proprio mentre egli scendeva, gli vennero incontro i suoi servi e lo informarono, dicendo: »Tuo figlio vive«. Ed egli domandò loro a che ora era stato meglio; essi gli dissero: »Ieri all’ora settima la febbre lo lasciò«. Allora il padre riconobbe che era proprio in quell’ora in cui Gesú gli aveva detto: »Tuo figlio vive«; e credette lui con tutta la sua casa. Gesú fece anche questo secondo segno quando tornò dalla Giudea in Galilea. Dopo queste cose, ricorreva una festa dei Giudei e Gesú salí a Gerusalemme. Or a Gerusalemme, vicino alla porta delle pecore, c’è una piscina detta in ebraico Betesda, che ha cinque portici. Sotto questi giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici, i quali aspettavano l’agitarsi dell’acqua. Perché un angelo, in determinati momenti, scendeva nella piscina e agitava l’acqua; e il primo che vi entrava, dopo che l’acqua era agitata, era guarito da qualsiasi malattia fosse affetto. C’era là un uomo infermo da trentotto anni. Gesú, vedendolo disteso e sapendo che si trovava in quello stato da molto tempo, gli disse: »Vuoi essere guarito?«. L’infermo gli rispose: »Signore, io non ho nessuno che mi metta nella piscina quando l’acqua è agitata, e, mentre io vado, un altro vi scende prima di me«. Gesú gli disse: »Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina«. L’uomo fu guarito all’istante, prese il suo lettuccio e si mise a camminare. Or quel giorno era sabato I Giudei perciò dissero a colui che era stato guarito: »sabato; non ti è lecito portare il tuo lettuccio«. Egli rispose loro: »Colui che mi ha guarito mi ha detto: »Prendi il tuo lettuccio e cammina««. Essi allora gli domandarono: »Chi è quell’uomo che ti ha detto: »Prendi il tuo lettuccio e cammina«?«. Ma colui che era stato guarito non sapeva chi egli fosse, perché Gesú si era allontanato a motivo della folla che era in quel luogo. Piú tardi Gesú lo trovò nel tempio e gli disse: »Ecco, tu sei stato guarito; non peccare più affinché non ti avvenga di peggio«. Quell’uomo se ne andò e riferí ai Giudei che era Gesú colui che lo aveva guarito. Per questo i Giudei perseguitavano Gesú e cercavano di ucciderlo, perché faceva queste cose di sabato. Ma Gesú rispose loro: »Il Padre mio opera fino ad ora, e anch’io opero«. Per questo i Giudei cercavano ancor piú di ucciderlo, perché non solo violava il sabato, ma addirittura chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio. Allora Gesú rispose e disse loro: »In verità, in verità vi dico che il Figlio non può far nulla da se stesso, se non quello che vede fare dal Padre; le cose infatti che fa il Padre, le fa ugualmente anche il Figlio. Poiché il Padre ama il Figlio e gli mostra tutte le cose che egli fa; e gli mostrerà opere più grandi di queste, affinché voi ne siate meravigliati. Infatti come il Padre risuscita i morti e dà loro la vita, cosí anche il Figlio dà la vita a chi vuole. Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ha dato tutto il giudizio al Figlio, affinché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre, chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato. In verità, in verità vi dico: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha vita eterna, e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: L’ora viene, anzi è venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e coloro che l’avranno udita vivranno. Poiché, come il Padre ha vita in se stesso, cosí ha dato anche al Figlio di avere vita in se stesso; e gli ha anche dato l’autorità di giudicare, perché è il Figlio dell’uomo. Non vi meravigliate di questo, perché l’ora viene, in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno, quelli che hanno fatto il bene in risurrezione di vita, e quelli che hanno fatto il male in risurrezione di condanna. Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo ciò che odo e il mio giudizio è giusto, perché non cercola mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato. Se io testimonio di me stesso, la mia testimonianza non è verace. Vi è un altro che rende testimonianza di me, e io so che la testimonianza che egli rende di me è verace. Voi avete mandato a interrogare Giovanni, ed egli ha reso testimonianza alla verità. Ora io non prendo testimonianza da alcun uomo, ma dico queste cose affinché siate salvati. Egli era una lampada ardente e lucente; e voi avete voluto gioire per breve tempo alla sua luce. Ma la testimonianza che io ho è maggiore di quella di Giovanni, poiché le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle opere che io faccio testimoniano di me, che il Padre mi ha mandato. E il Padre, che mi ha mandato, ha egli stesso testimoniato di me; voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto, e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete in colui che egli ha mandato. Voi investigate le Scritture, perché pensate di aver per mezzo di esse vita eterna; ed esse sono quelle che testimoniano di me. Ma voi non volete venire a me per avere la vita. lo non prendo gloria dagli uomini, Ma io vi conosco, che non avete l’amore di Dio in voi. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel suo proprio nome, voi lo ricevereste. Come potete voi credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri e non cercate la gloria che viene da Dio solo? Non pensate che io vi accusi presso il Padre, c’è chi vi accusa, Mosé, nel quale avete riposto la vostra speranza; infatti se voi credeste a Mosé, credereste anche a me, perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come crederete alle mie parole?«. Dopo queste cose, Gesú se ne andò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade. E una grande folla lo seguiva, perché vedevano i segni che egli faceva sugli infermi. Ma Gesú salí sul monte e là si sedette con i suoi discepoli. Or la Pasqua, la festa dei Giudei, era vicina. Gesú dunque, alzati gli occhi e vedendo che una grande folla veniva da lui, disse a Filippo: »Dove compreremo del pane perché costoro possano mangiare?«. Or diceva questo per metterlo alla prova, perché egli sapeva quello che stava per fare. Filippo gli rispose: »Duecento denari di pane non basterebbero per loro, perché ognuno di loro possa avere un pezzetto«. Andrea, fratello di Simon Pietro, uno dei suoi discepoli, gli disse: »V’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due piccoli pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?«. E Gesú disse: »Fate sedere la gente!«. Or c’era molta erba in quel luogo. La gente dunque si sedette ed erano in numero di circa cinquemila. Poi Gesú prese i pani e, dopo aver reso grazie li distribuí ai discepoli, e i discepoli alla gente seduta; lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero. E, dopo che furono saziati, Gesú disse ai suoi discepoli: »Raccogliete i pezzi avanzati perche niente si perda«. Essi dunque li raccolsero e riempirono dodici cesti con i pezzi di quei cinque pani d’orzo avanzati a coloro che avevano mangiato. Allora la gente, avendo visto il segno che Gesú aveva fatto, disse: »Certamente costui è il profeta, che deve venire nel mondo«. Ma Gesú, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, tutto solo. Quando fu sera, i suoi discepoli discesero al mare. E, montati in barca, si diressero all’altra riva del mare, verso Capernaum; era ormai buio e Gesú non era ancora venuto da loro. Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Ora, dopo aver remato circa venticinque o trenta stadi, videro Gesú che camminava sul mare e si accostava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: »Sono io, non temete!«. Essi dunque volentieri lo ricevettero nella barca, e subito la barca approdò là dove essi erano diretti. Il giorno seguente la folla, che era rimasta sull’altra riva del mare, si rese conto che là non c’era che una piccola barca, quella in cui erano saliti i discepoli di Gesú, e che egli non vi era salito con loro, ma che i suoi discepoli erano partiti soli; or altre barche erano venute da Tiberiade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. La folla, come vide che Gesú non era piú là e neppure i suoi discepoli, salí anch’essa su quelle barche e venne a Capernaum, alla ricerca di Gesú. Avendolo trovato di là dal mare, gli dissero: »Maestro, quando sei venuto qui?«. Gesú rispose loro e disse: »In verità, in verità vi dico che voi mi cercate non perché avete visto segni, ma perché avete mangiato dei pani e siete stati saziati. Adoperatevi non per il cibo che perisce, ma per il cibo che dura in vita eterna, che il Figlio dell’uomo vi darà, perché su di lui il Padre, cioè Dio, ha posto il suo sigillo«. Gli chiesero allora: »Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?«. Gesú rispose e disse loro: »Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato«. Allora essi gli dissero: »Quale segno fai tu dunque, affinché lo vediamo e ti crediamo? Che opera compi? I nostri padri mangiarono la manna nel deserto, come è scritto: »Egli diede loro da mangiare del pane venuto dal cielo««. Allora Gesú disse loro: »In verità, in verità vi dico che non Mosé vi ha dato il pane che viene dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Perché il pane di Dio è quello che discende dal cielo e dà vita al mondo«. Essi allora gli dissero: »Signore, dacci sempre questo pane«. E Gesú disse loro: »Io sono il pane della vita chi viene a me non avrà mai piú fame e chi crede in me non avrà mai piú sete Ma io ve l’ho detto: voi mi avete visto, ma non credete. Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché io sono disceso dal cielo, non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E’ questa la volontà del Padre che mi ha mandato: che io non perda niente di tutto quello che egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà di colui che mi ha mandato: che chiunque viene alla conoscenza del Figlio e crede in lui, abbia vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno«. I Giudei dunque mormoravano di lui, perché aveva detto: »Io sono il pane che è disceso dal cielo«, e dicevano: »Non è costui Gesú, il figlio di Giuseppe, di cui conosciamo il padre e la madre? Come può egli dire: Io sono disceso dal cielo"?«. Allora Gesú rispose e disse loro: »Non mormorate fra di voi. Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: »E tutti saranno ammaestrati da Dio«. Ogni uomo dunque che ha udito e imparato dal Padre, viene a me. Non che alcuno abbia visto il Padre, se non colui che è da Dio, questi ha visto il Padre. In verità, in verità vi dico: Chi crede in me ha vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane che discende dal cielo affinché uno ne mangi e non muoia, Io sono il pane vivente che è disceso dal Cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; or il pane che darò è la mia carne, che darò per la vita del mondo«. Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro, dicendo: »Come può costui darci da mangiare la sua carne?«. Perciò Gesú disse loro: »In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha vita eterna, e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Poiché la mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me ed io in lui. Come il Padre vivente mi ha mandato ed io vivo a motivo del Padre, cosí chi si ciba di me vivrà anch’egli a motivo di me. Questo è il pane che è disceso dal cielo; non è come la manna che mangiarono i vostri padri e morirono; chi si ciba di questo pane vivrà in eterno«. Queste cose disse nella sinagoga, insegnando a Capernaum. Udito questo, molti dei suoi discepoli dissero: »Questo parlare è duro, chi lo può capire?«. Ma Gesú, conoscendo in se stesso che i suoi discepoli mormoravano di questo, disse loro: »Questo vi scandalizza? Che sarebbe dunque se doveste vedere il Figlio dell’uomo salire dove era prima? E lo Spirito che vivifica, la carne non giova a nulla; le parole che vi dico sono spirito e vita. Ma vi sono alcuni tra voi che non credono«, Gesú infatti sapeva fin dal principio chi erano coloro che non credevano, e chi era colui che lo avrebbe tradito; e diceva: »Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me se non gli è dato dal Padre mio«. Da quel momento molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui Allora Gesú disse ai dodici: »Volete andarvene anche voi?«. E Simon Pietro gli rispose: »Signore, da chi ce ne andremo? Tu hai parole di vita eterna. E noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente«. Gesú rispose loro: »Non ho io scelto voi dodici? Eppure uno di voi è un diavolo«. Or egli alludeva a Giuda Iscariota, figlio di Simone, perché egli stava per tradirlo, quantunque fosse uno dei dodici. Dopo queste cose, Gesú andava in giro per la Galilea, perché non voleva andare per la Giudea, perché i Giudei cercavano di ucciderlo. Ora la festa dei Giudei, quella dei Tabernacoli, era vicina. Per cui i suoi fratelli gli dissero: »Parti di qui e va’ in Giudea, affinché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai. Nessuno infatti fa alcuna cosa in segreto, quando cerca di essere riconosciuto pubblicamente, se tu fai tali cose, palesati al mondo«. Neppure i suoi fratelli infatti credevano in lui. Allora Gesú disse loro: »Il mio tempo non è ancora venuto; il vostro tempo invece è sempre pronto. Il mondo non può odiare voi, ma odia me perché io testimonio di lui, che le sue opere sono malvagie. Salite voi a questa festa, io non vi salgo ancora, perché il mio tempo non è ancora compiuto«. E, dette loro tali cose, rimase in Galilea. Dopo che i suoi fratelli furono saliti alla festa, allora anche lui vi salí, non pubblicamente, ma come di nascosto. I Giudei dunque lo cercavano durante la festa e dicevano: »Dov’è quel tale?«. Fra le folle si faceva un gran parlottare intorno a lui; gli uni dicevano: »Egli è un uomo dabbene!«. Altri dicevano: »No, anzi egli inganna la folla«. Nessuno però parlava di lui apertamente, per timore dei Giudei. Ma, verso la metà della festa, Gesú salí al tempio e incominciò a insegnare. E i Giudei si meravigliavano e dicevano: »Come mai costui sa di lettere, senza aver fatto studi?«. Gesú allora rispose loro e disse: »La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Se qualcuno vuol fare la sua volontà, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, oppure se io parlo da me stesso. Chi parla da se stesso cerca la sua propria gloria, ma chi cerca la gloria di colui che l’ha mandato è verace, e in lui non vi è ingiustizia. Non vi ha Mosé dato la legge? Eppure nessuno di voi mette in pratica la legge. Perché cercate di uccidermi?«. La folla rispose e disse: »Tu hai un demone; chi cerca di ucciderti?«. Gesú replicò e disse loro: »Io ho fatto un’opera e ne siete tutti meravigliati. Ora Mosé vi ha dato la circoncisione, (non già che essa provenga da Mosé, ma dai padri); e voi circoncidete un uomo di sabato. Se un uomo riceve la circoncisione di sabato, affinché la legge di Mosé non sia violata, vi adirate voi contro di me perché ho guarito interamente un uomo di sabato? Non giudicate secondo l’apparenza ma giudicate secondo giustizia«. Allora alcuni di Gerusalemme dicevano: »Non è questi colui che cercano di uccidere? Eppure, ecco, egli parla liberamente e non gli dicono nulla; hanno i capi riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma noi sappiamo di dove sia costui; invece quando il Cristo verrà, nessuno saprà di dove egli sia«. Allora Gesú, insegnando nel tempio, esclamò e disse: »Voi mi conoscete e sapete da dove sono; tuttavia io non sono venuto da me stesso, ma colui che mi ha mandato è verace e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed è stato lui a mandarmi«. Perciò cercavano di prenderlo, ma nessuno gli mise le mani addosso, perché la sua ora non era ancora venuta. Ma molti della folla credettero in lui e dicevano: »Il Cristo, quando verrà, farà piú segni di quanti ne abbia fatti costui?«. I farisei udirono che la folla sussurrava queste cose a suo riguardo; perciò i farisei e i capi dei sacerdoti mandarono delle guardie per prenderlo. Allora Gesú disse loro: »Io sono con voi ancora per poco tempo; poi me ne andrò da colui che mi ha mandato. Voi mi cercherete e non mi troverete; e dove sarò io, voi non potete venire«. Dicevano perciò i Giudei tra loro: »Dove sta egli per andare che noi non lo troveremo? Andrà forse da quelli che sono dispersi fra i Greci, e ad insegnare ai Greci? Cosa voleva dire quando disse: »Voi mi cercherete e non mi troverete«; e: »Dove sarò io, voi non potete venire«?«. Or nell’ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesú si alzò in piedi ed esclamò dicendo: »Se qualcuno ha sete, venga a me e beva. Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, da dentro di lui sgorgheranno fiumi d’acqua viva«. Or egli disse questo dello Spirito, che avrebbero ricevuto coloro che avrebbero creduto in lui; lo Spirito Santo infatti non era ancora stato dato, perché Gesú non era stato ancora glorificato. Molti dunque della folla, udite queste parole, dicevano: »Costui è veramente il profeta«. Altri dicevano: »Costui è il Cristo«. Alcuni invece dicevano: »Viene forse il Cristo dalla Galilea? Non dice la Scrittura che il Cristo viene dalla progenie di Davide e da Betlemme, villaggio dove viveva Davide?«. Ci fu dunque dissenso fra la folla a motivo di lui. E alcuni di loro lo volevano prendere, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai capi dei sacerdoti e dai farisei, e questi dissero loro: »Perché non l’avete portato?«. Le guardie risposero: »Nessun uomo ha mai parlato come costui«. Perciò i farisei risposero loro: »Siete stati sedotti anche voi? Ha qualcuno dei capi o dei farisei creduto in lui? Ma questa plebaglia, che non conosce la legge, è maledetta«. Nicodemo, uno di loro, colui che era andato da Gesú di notte, disse loro: »La nostra legge condanna forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che egli ha fatto?«. Essi risposero e gli dissero: »Sei forse anche tu Galileo? Ricerca le Scritture e vedrai che dalla Galilea non sorse mai alcun profeta«. E ciascuno se ne tornò a casa sua. E Gesú se ne andò al monte degli ulivi. Ma sul far del giorno tornò di nuovo nel tempio e tutto il popolo venne da lui ed egli, postosi a sedere, li ammaestrava. Allora i farisei e gli scribi gli condussero una donna sorpresa in adulterio e postala nel mezzo dissero a Gesú: »Maestro, questa donna è stata sorpresa sul fatto, mentre commetteva adulterio. Ora, nella legge Mosé ci ha comandato di lapidare tali donne; ma tu, che ne dici?«. Or dicevano questo per metterlo alla prova e per aver di che accusarlo. Ma Gesú, fingendo di non sentire, chinatosi. scriveva col dito in terra. E, come essi continuavano ad interrogarlo, egli si alzò e disse loro: »Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei«. Poi, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Quelli allora, udito ciò e convinti dalla coscienza, se ne andarono ad uno ad uno, cominciando dai piú vecchi fino agli ultimi; cosí Gesú fu lasciato solo con la donna, che stava là in mezzo. Gesú dunque, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: »Donna dove sono quelli che ti accusavano? Nessuno ti ha condannata?«. Ed ella rispose: »Nessuno, Signore«. Gesú allora le disse: »Neppure io ti condanno; va’ e non peccare piú«. E Gesú di nuovo parlò loro, dicendo: »Io sono la luce del mondo; chi mi segue non camminerà nelle tenebre ma avrà la luce della vita«. Allora i farisei gli dissero: »Tu testimoni di te stesso; la tua testimonianza non è verace« Gesú rispose e disse loro: »Anche se testimonio di me stesso, la mia testimonianza è verace, perché so da dove son venuto e dove vado; voi invece, non sapete né da dove vengo, né dove vado. Voi giudicate secondo la carne, i non giudico nessuno. E, anche se giudico, il mio giudizio è verace, perché io non sono solo, ma sono io e il Padre che mi ha mandato. Or anche nella vostra legge è scritto che la testimonianza di due uomini è verace. Sono io che testimonio di me stesso, ed anche il Padre che mi ha mandato testimonia di me«. Gli dissero allora: »Dov’è tuo Padre?«. Gesú rispose: »Voi non conoscete né me né il Padre mio; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio«, Gesú pronunziò queste parole nel luogo del tesoro, insegnando nel tempio; e nessuno lo prese, perché non era ancora venuta la sua ora. Gesú dunque disse loro di nuovo: »Io me ne vado e voi mi cercherete, e morirete nel vostro peccato. Là dove vado io, voi non potete venire«. Dicevano perciò i Giudei: »Vuole forse uccidersi, perché dice: »Dove vado io, voi non potete venire«?«. Ed egli disse loro: »Voi siete di quaggiú, mentre io sono di lassú; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Perciò vi ho detto che voi morirete nei vostri peccati, perché se non credete che io sono, voi morirete nei vostri peccati«. Allora essi gli dissero: »Chi sei tu?«. E Gesú disse loro: »Proprio quello che vi dico. Io ho, a vostro riguardo, molte cose da dire e da giudicare; ma colui che mi ha mandato è verace, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo«. Essi non capirono che parlava loro del Padre. Quindi Gesú disse loro: »Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono e che non faccio nulla da me stesso, ma dico queste cose come il Padre mi ha insegnato. E colui che mi ha mandato è con me il Padre non mi ha lasciato solo, perché faccio continuamente le cose che gli piacciono«. Mentre egli diceva queste cose, molti credettero in lui. Gesú disse allora ai Giudei che avevano creduto in lui: »Se dimorate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi«. Essi gli risposero: »Noi siamo progenie di Abrahamo e non siamo mai stati schiavi di nessuno; come puoi tu dire: »Diventerete liberi«?«. Gesú rispose loro: »In verità, in verità vi dico: Chi fa il peccato è schiavo del peccato. Or lo schiavo non rimane sempre nella casa; il figlio invece vi rimane per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi sarete veramente liberi«. »Io so che siete progenie di Abrahamo, ma cercate di uccidermi, perché la mia parola non trova posto in voi. Io parlo di ciò che ho visto presso il Padre mio, e anche voi fate le cose che avete visto presso il padre vostro«. Essi, rispondendo, gli dissero: »Il padre nostro è Abrahamo«. Gesú disse loro: »Se foste figli di Abrahamo, fareste le opere di Abrahamo; ma ora cercate di uccidere me, uno che vi ha detto la verità che ho udito da Dio; Abrahamo non fece questo. Voi fate le opere del padre vostro«. Perciò essi gli dissero: »Noi non siamo nati da fornicazione; noi abbiamo un solo Padre: Dio«. Allora Gesú disse loro: »Se Dio fosse vostro Padre, mi amereste, perché io sono proceduto e sono venuto da Dio; non sono venuto infatti da me stesso, ma è lui che mi ha mandato. Perché non comprendete il mio parlare? Perché non potete ascoltare la mia parola. Voi siete dal diavolo, che è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro; egli fu omicida fin dal principio e non è rimasto fermo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, parla del suo perché è bugiardo e padre della menzogna. A me invece, perché vi dico la verità, voi non credete. Chi di voi mi convince di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio, ascolta le parole di Dio; perciò voi non le ascoltate, perché non siete da Dio«. Allora i Giudei gli risposero e gli dissero: »Non diciamo con ragione che sei un Samaritano e che hai un demone?«. Gesú rispose: »Io non ho un demone, ma onoro il Padre mio; voi invece mi disonorate. Or io non cerco la mia gloria; v’è uno che la cerca e che giudica. In verità, in verità vi dico che, se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte in eterno«, Gli dissero dunque i Giudei: »Ora conosciamo che tu hai un demone. Abrahamo e i profeti sono morti, tu invece dici: »Se uno osserva la mia parola, non gusterà mai la morte in eterno«. Sei tu piú grande del padre nostro Abrahamo, il quale è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?«. Gesú rispose: »Se io glorifico me stesso, la mia gloria non è nulla. E il mio Padre che mi glorifica, quello che voi dite essere vostro Dio. Ma voi non l’avete conosciuto, io però lo conosco e se dicessi di non conoscerlo, sarei un bugiardo come voi; ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abrahamo, vostro padre, giubilò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò«. I Giudei dunque gli dissero: »Tu non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abrahamo?«. Gesú disse loro: »In verità, in verità io vi dico: Prima che Abrahamo fosse nato, io sono«. Allora essi presero delle pietre, per lanciarle addosso a lui; ma Gesú si nascose e uscí dal tempio, passando in mezzo a loro, e cosí se ne andò. Mentre passava, vide un uomo che era cieco fin dalla nascita. E i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: »Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?«. Gesú rispose: »Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma ciò è accaduto, affinché siano manifestate in lui le opere di Dio. Bisogna che io compia le opere di colui che mi ha mandato, mentre è giorno; la notte viene in cui nessuno può operare. Mentre sono nel mondo, io sono la luce del mondo«. Dopo aver detto queste cose, sputò in terra, con la saliva fece del fango e ne impiastrò gli occhi del cieco. Poi gli disse: »Va’, lavati nella piscina di Siloe« (che significa: »Mandato«); egli dunque vi andò, si lavò e ritornò che ci vedeva. Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima cieco, dissero: »Non è questi colui che stava seduto a mendicare?«. Alcuni dicevano: »E’ lui«. Altri: »Gli assomiglia«. Ed egli diceva: »Io sono«. Gli dissero dunque: »Come ti sono stati aperti gli occhi?«. Egli rispose e disse: »Un uomo, chiamato Gesú, ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: »Va’ alla piscina di Siloe e lavati«. Ed io vi sono andato, mi sono lavato e ho recuperato la vista«. E quelli gli dissero: »Dov’è costui?«. Egli rispose: »Non lo so«. Allora essi condussero dai farisei colui che prima era stato cieco. Ora era sabato quando Gesú fece del fango e gli aperse gli occhi. Anche i farisei dunque gli domandarono di nuovo come avesse recuperato la vista. Ed egli disse loro: »Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo«. Allora alcuni farisei dicevano: »Quest’uomo non è da Dio, perché non osserva il sabato«. Altri dicevano: »Come può un uomo peccatore compiere tali segni?«. E c’era divisione tra di loro. Chiesero dunque di nuovo al cieco: »E tu, che dici di lui per il fatto che ti ha aperto gli occhi?«. Egli disse: »E’ un profeta!«. Ma i Giudei non credettero che lui fosse stato cieco e avesse riacquistato la vista, finché ebbero chiamato i genitori di colui che aveva riacquistato la vista. E chiesero loro: »E’ questo il vostro figlio che voi dite esser nato cieco? Come mai ora ci vede?«. I suoi genitori, rispondendo loro dissero: »Noi sappiamo che costui è nostro figlio e che è nato cieco, ma come ora ci veda, o chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo domandatelo a lui; egli è adulto, parlerà lui stesso di sé«. Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che se uno avesse riconosciuto Gesú come il Cristo, sarebbe stato espulso dalla sinagoga. Perciò i suoi genitori dissero: »E’ adulto, chiedetelo a lui«. Essi dunque chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: »Da’ gloria a Dio; noi sappiamo che quest’uomo è peccatore«. Egli allora rispose e disse: »Se sia peccatore, non lo so; ma una cosa so, che prima ero cieco e ora ci vedo«. Gli chiesero di nuovo: »Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?«. Egli rispose loro: »Io ve l’ho già detto e voi non avete ascoltato, perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?«. Essi perciò l’ingiuriarono e dissero: »Tu sei suo discepolo; ma noi siamo discepoli di Mosé. Noi sappiamo che Dio ha parlato a Mosé, ma quanto a costui non sappiamo da dove venga«. Quell’uomo rispose e disse loro: »Ebbene, è molto strano che voi non sappiate da dove venga; eppure egli mi ha aperto gli occhi. Or noi sappiamo che Dio non esaudisce i peccatori, ma se uno è pio verso Dio e fa la sua volontà, egli lo esaudisce. Da che mondo è mondo non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi ad un cieco nato. Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto fare nulla«. Essi risposero e gli dissero: »Tu sei nato completamente nei peccati e vuoi insegnare a noi?«. E lo cacciarono fuori. Gesú seppe che l’avevano cacciato fuori e, trovatolo, gli disse: »Credi tu nel Figlio di Dio?«. Egli rispose e disse: »Chi è, Signore, perché io creda in lui?«. E Gesú gli disse: »Tu l’hai visto, è proprio colui che ti sta parlando« Allora egli disse: »lo credo, Signore«; e l’adorò. Poi Gesú disse: »lo sono venuto in questo mondo per fare un giudizio, affinché quelli che non vedono vedano e quelli che vedono diventino ciechi«. Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste cose e gli dissero: »Siamo ciechi anche noi?«. Gesú rispose loro: »Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: »Noi vediamo perciò il vostro peccato rimane«. »In verità, in verità io vi dico: Chi non entra per la porta nell’ovile delle pecore, ma vi sale da un’altra parte, quello è un ladro e un brigante; ma chi entra per la porta è il pastore delle pecore. A lui apre il portinaio; le pecore ascoltano la sua voce, ed egli chiama le sue pecore per nome e le conduce fuori. E, quando ha fatto uscire le sue pecore, va davanti a loro; e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Non seguiranno però alcun estraneo ma fuggiranno lontano da lui, perché non conoscono la voce degli estranei«. Gesú disse loro questa similitudine ma essi non capirono di che cosa stesse loro parlando. Perciò Gesú disse loro di nuovo: »In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti quelli che sono venuti prima di me sono stati ladri e briganti, ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta; se uno entra per mezzo di me sarà salvato; entrerà, uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; ma io sono venuto affinché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. Io sono il buon pastore; il buon pastore depone la sua vita per le pecore. Ma il mercenario, che non è pastore e a cui non appartengono le pecore, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; e il lupo rapisce e disperde le pecore. Or il mercenario fugge, perché è mercenario e non si cura delle pecore. Io sono il buon pastore, e conosco le mie pecore e le mie conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e depongo la mia vita per le pecore. Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest’ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore. Per questo mi ama il Padre, perché io depongo la mia vita per prenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me stesso; io ho il potere di deporla e il potere di prenderla di nuovo; questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio«. Allora sorse di nuovo una divisione tra i Giudei per queste parole. E molti di loro dicevano: »Egli ha un demone ed è fuori di sé; perché lo ascoltate?«. Altri dicevano: »Queste non sono parole di un indemoniato; può un demone aprire gli occhi ai ciechi?«. Si celebrava allora a Gerusalemme la festa della Dedicazione, ed era inverno. E Gesú passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. Lo circondarono dunque i Giudei e gli dissero: »Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente«. Gesú rispose loro: »Io ve l’ho detto, ma voi non credete; le opere che faccio nel nome del Padre mio, sono quelle che testimoniano di me. Ma voi non credete, perché non siete delle mie pecore, come vi ho detto. Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è piú grande di tutti; e nessuno le può rapire dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo uno«. Perciò i Giudei raccolsero di nuovo delle pietre a per lapidarlo. Gesú rispose loro: »Io vi ho fatto vedere molte buone opere da parte del Padre mio; per quali di esse mi lapidate?«. I Giudei gli risposero, dicendo: »Noi non ti lapidiamo per nessuna opera buona, ma per bestemmia, e perché tu che sei uomo ti fai Dio«. Gesú rispose loro: »Non è scritto nella vostra legge: »Io ho detto: Voi siete dèi«? Ora, se essa chiama dèi coloro a cui fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), voi dite che colui, che il Padre ha santificato e ha mandato nel mondo, bestemmia, perché ha detto: »Io sono il Figlio di Dio«? Se non faccio le opere del Padre mio, non credetemi, ma se le faccio, anche se non credete a me, credete almeno alle opere, affinché conosciate e crediate che il Padre è in me e io in lui«. Perciò essi cercavano nuovamente di prenderlo, ma egli sfuggí dalle loro mani. E se ne andò di nuovo al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava; e si fermò qui. Or molti vennero da lui e dicevano: »Giovanni certamente non fece alcun segno, ma tutto quello che Giovanni disse di costui era vero«. E molti in quel luogo credettero in lui. Era allora malato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella. Or Maria era quella che unse di olio profumato il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; e suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle dunque mandarono a dire a Gesú: »Signore, ecco, colui che tu ami è malato«. E Gesú, udito ciò, disse: »Questa malattia non è a morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato«. Or Gesú amava Marta, sua sorella e Lazzaro. Come dunque ebbe inteso che Lazzaro era malato, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove egli era. Poi disse ai suoi discepoli: »Torniamo di nuovo in Giudea«. I discepoli gli dissero: »Maestro, i Giudei poco fa cercavano di lapidarti e tu vai di nuovo là?«. Gesú rispose: »Non vi sono forse dodici ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo ma se uno cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui«. Dopo aver detto queste cose, soggiunse: »Il nostro amico Lazzaro si è addormentato, ma io vado a svegliarlo«. Allora i suoi discepoli dissero: »Signore, se dorme si riprenderà«. Or Gesú aveva parlato della sua morte, essi invece pensavano che avesse parlato del riposo del sonno. Allora Gesú disse loro apertamente: »Lazzaro è morto. Ed io mi rallegro per voi di non essere stato là, affinché crediate; ma andiamo da lui«. Allora Tommaso, detto Didimo, disse ai condiscepoli: »Andiamo anche noi a morire con lui«. Arrivato dunque Gesú, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi. E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. Marta dunque, come udí che Gesú veniva, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesú: »Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto, ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà«. Gesú le disse: »Tuo fratello risusciterà«. Marta gli disse: »Lo so che risusciterà nella risurrezione all’ultimo giorno«. Gesú le disse: »Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo?«. Ella gli disse: »Sí, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo«. E, detto questo, andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: »Il Maestro è qui e ti chiama«. Appena udito ciò, ella si alzò in fretta e venne da lui. Or Gesú non era ancora giunto nel villaggio, ma si trovava nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. Perciò i Giudei che erano in casa con lei per consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, dicendo: »Ella se ne va al sepolcro per piangere la«. Appena Maria giunse al luogo in cui si trovava Gesú, e lo vide, si gettò ai suoi piedi, dicendogli: »Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto«. Gesú allora, come vide che lei e i Giudei che erano venuti con lei piangevano, fremé nello spirito e si turbò, e disse: »Dove l’avete posto?«. Essi gli dissero: »Signore, vieni e vedi«. Gesú pianse. Dissero allora i Giudei: »Vedi come l’amava!«. Ma alcuni di loro dissero: »Non poteva costui che aprí gli occhi al cieco, far sí che questi non morisse?«. Perciò Gesú, fremendo di nuovo in se stesso, venne al sepolcro; or questo era una grotta davanti alla quale era stata posta una pietra. Gesú disse: »Togliete via la pietra!«. Marta, la sorella del morto, gli disse: »Signore, egli puzza già, poiché è morto da quattro giorni«. Gesú le disse: »Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?«. Essi dunque tolsero la pietra dal luogo dove giaceva il morto. Gesú allora alzati in alto gli occhi, disse: »Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito. lo sapevo bene che tu mi esaudisci sempre, ma ho detto ciò per la folla che sta attorno, affinché credano che tu mi hai mandato«. E, detto questo, gridò a gran voce: »Lazzaro, vieni fuori!«. Allora il morto uscí, con le mani e i piedi legati con fasce e con la faccia avvolta in un asciugatoio. Gesú disse loro: »Scioglietelo e lasciatelo andare«. Allora molti dei Giudei, che erano venuti da Maria e avevano visto tutto quello che Gesú aveva fatto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quanto Gesú aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono a il sinedrio e dicevano: »Che facciamo? Quest’uomo fa molti segni. Se lo lasciamo andare avanti cosí, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo e la nostra nazione«. Ma uno di loro, Caiafa, che era sommo sacerdote in quell’anno, disse loro: »Voi non capite nulla; e non considerate che conviene per noi che un sol uomo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione«. Or egli non disse questo da se stesso; ma, essendo sommo sacerdote in quell’anno, profetizzò che Gesú doveva morire per la nazione, e non solo per la nazione, ma anche per raccogliere in uno i figli di Dio dispersi. Da quel giorno dunque deliberarono di farlo morire. Perciò Gesú non si aggirava piú pubblicamente tra i Giudei, ma si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città detta Efraim, e lí rimase con i suoi discepoli. Or la Pasqua dei Giudei era vicina e molti di quella regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Cercavano dunque Gesú e, stando nel tempio, dicevano fra di loro: »Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?«. Or i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che, se qualcuno sapeva dove egli era, lo segnalasse affinché potessero prenderlo. Gesú dunque, sei giorni prima della Pasqua, si recò a Betania dove abitava Lazzaro, colui che era morto e che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero un convito, Marta serviva e Lazzaro era uno di quelli che erano a tavola con lui. Maria allora prese una libbra di olio profumato di nardo autentico di gran prezzo, ne unse i piedi di Gesú e li asciugo con i suoi capelli; e la casa fu ripiena del profumo di quest’olio. Allora uno dei suoi discepoli, Giuda Iscariota, figlio di Simone, quello che stava per tradirlo, disse: »Perché non si è venduto quest’olio per trecento denari e non si è dato il ricavato ai poveri?«. Or egli disse questo, non perché si curasse dei poveri, ma perché era ladro e, tenendo la borsa, ne sottraeva ciò che si metteva dentro. Gesú dunque disse: »Lasciala; essa l’aveva conservato per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me«. Intanto una grande folla di Giudei seppe che egli era là, e venne non solo a motivo di Gesú, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. Or i capi dei sacerdoti deliberarono di far morire anche Lazzaro, perché a motivo di lui molti lasciavano i Giudei e credevano in Gesú, Il giorno seguente, una grande folla che era venuta alla festa, udito che Gesú veniva a Gerusalemme, prese dei rami di palme e uscí incontro a lui, gridando: »Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!«. E Gesú, trovato un asinello, vi montò sopra come sta scritto: »Non temere, o figlia di Sion; ecco, il tuo re viene, cavalcando un puledro d’asina«. Or i suoi discepoli non compresero sul momento queste cose, ma quando Gesú fu glorificato, allora si ricordarono che queste cose erano state scritte di lui e che avevano fatte queste cose a lui. La folla dunque, che era con lui quando aveva chiamato Lazzaro fuori dal sepolcro e l’aveva risuscitato dai morti, gli rendeva testimonianza. Perciò la folla gli andò incontro, perché aveva udito che egli aveva fatto questo segno. I farisei allora dissero tra di loro: »Vedete che non guadagnate nulla; ecco, il mondo gli va dietro«. Or tra quelli che erano saliti ad adorare a durante la festa c’erano alcuni Greci, Costoro dunque, accostatisi a Filippo, che era di Betsaida di Galilea, lo pregarono dicendo: »Signore, vorremmo vedere Gesú«. Filippo andò a dirlo ad Andrea; a loro volta, Andrea e Filippo lo dissero a Gesú. Ma Gesú rispose loro, dicendo: »L’ora è venuta, in cui il Figlio dell’uomo deve essere glorificato. In verità, in verità vi dico: Se il granel di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà, e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. Se uno mi serve, mi segua; e là dove sono io, là sarà anche il mio servo; se uno mi serve, il Padre l’onorerà. Ora l’anima mia è turbata; e che dirò: Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo io sono giunto a quest’ora. Padre, glorifica il tuo nome!«. Allora venne una voce dal cielo: »L’ho glorificato e lo glorificherò ancora«. La folla dunque, che era presente e aveva udito la voce, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: »Un angelo gli ha parlato«. E Gesú rispose e disse: »Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo ora sarà cacciato fuori il principe di questo mondo. Ed io, quando sarò innalzato dalla terra, attirerò tutti a me«. Or egli diceva questo, per indicare di qual morte egli doveva morire. La folla gli rispose: »Noi abbiamo appreso dalla legge che il Cristo rimane in eterno; ora come puoi tu dire che il Figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?«. Gesú allora disse loro: »La luce è con voi ancora per un po’; camminate mentre avete la luce, affinché non vi sorprendano le tenebre; chi cammina nelle tenebre non sa dove va«. »Mentre avete la luce, credete nella luce, affinché diventiate figli di luce«. Queste cose disse Gesú; poi se ne andò e si nascose da loro. Sebbene avesse fatto tanti segni davanti a loro, non credevano in lui, affinché si adempisse la parola detta dal profeta Isaia: »Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?«. Perciò non potevano credere, perché Isaia disse ancora: »Egli ha accecato i loro occhi e ha indurito il loro cuore, perché non vedano con gli occhi, non intendano col cuore, non si convertano e io non li guarisca«. Queste cose disse Isaia, quando vide la sua gloria e parlò di lui. Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui; ma a motivo dei farisei non lo confessavano, per non essere espulsi dalla sinagoga, perché amavano la gloria degli uomini piú della gloria di Dio. Or Gesú gridò e disse: »Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato. E chi vede me, vede colui che mi ha mandato. Io sono venuto come luce per il mondo, affinché chiunque crede in me non resti nelle tenebre. E se uno ode le mie parole e non crede, io non lo giudico; perché io non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo. Chi mi respinge e non accoglie le mie parole, ha chi lo giudica; la parola che ho annunziata sarà quella che lo giudicherà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre stesso mi ha mandato e mi ha comandato ciò che io devo dire ed annunziare. Ed io so che il suo comandamento è vita eterna; le cose dunque che io dico le dico cosí come il Padre me le ha dette«. Or prima della festa di Pasqua sapendo Gesú che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. E, finita la cena, avendo già il diavolo (messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesú, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che egli era proceduto da Dio e a Dio ritornava, Si alzò dalla cena e depose le sue vesti: poi, preso un asciugatoio, se lo cinse. Dopo aver messo dell’acqua in una bacinella, cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui era cinto. Venne dunque a Simon Pietro. Ed egli gli disse: »Signore tu lavi i piedi a me?«. Gesú rispose e gli disse: »Quello che io faccio, ora non lo comprendi, ma lo comprenderai dopo«. Pietro gli disse: »Tu non mi laverai mai i piedi«. Gesú gli rispose: »Se non ti lavo, non avrai nessuna parte con me«. Simon Pietro gli disse: »Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo«. Gesú gli disse: »Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno che di lavarsi i piedi ed è tutto mondo; anche voi siete mondi, ma non tutti«. Egli infatti sapeva chi lo avrebbe tradito; perciò disse: »Non tutti siete mondi«. Cosí, dopo aver lavato i piedi riprese le sue vesti, si mise di nuovo a tavola e disse loro: »Comprendete quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Io infatti vi ho dato l’esempio, affinché come ho fatto io facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: Il servo non è piú grande del suo padrone, né il messaggero piú grande di colui che l’ha mandato. Se sapete queste cose, siete beati se le fate. Non parlo di voi tutti; io conosco quelli che ho scelto, ma bisogna che si adempia questa Scrittura: »Colui che mangia il pane con me, mi ha levato contro il suo calcagno«. Ve lo dico fin d’ora prima che avvenga, affinché quando sarà avvenuto, crediate che io sono il Cristo. In verità, in verità vi dico: Chi riceve colui che manderò, riceve me, e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato« Dette queste cose, Gesú fu turbato nello spirito, e testimoniò e disse: »In verità, in verità vi dico che uno di voi mi tradirà«. I discepoli allora si guardarono l’un l’altro, non riuscendo a capire di chi parlasse. Or uno dei discepoli, quello che Gesú amava, era appoggiato sul petto di Gesú. Allora Simon Pietro gli fece cenno di domandare chi fosse colui del quale egli parlava. E quel discepolo, chinatosi sul petto di Gesú, gli chiese: »Signore, chi è?«. Gesú rispose: »è colui al quale io darò il boccone, dopo averlo intinto«. E intinto il boccone, lo diede a Giuda Iscariota, figlio di Simone. Or dopo quel boccone, Satana entrò in lui. Allora Gesú gli disse: »Quel che fai, fallo presto!«. Ma nessuno di quelli che erano a tavola comprese perché gli avesse detto ciò. Alcuni infatti pensavano, poiché Giuda teneva la borsa, che Gesú gli avesse detto: »Compra le cose che ci occorrono per la festa«, oppure che desse qualcosa ai poveri. Egli dunque, preso il boccone uscí subito. Era notte. Quando fu uscito, Gesú disse: »Ora il Figlio dell’uomo è glorificato, e Dio è glorificato in lui. Se Dio è glorificato in lui, Dio lo glorificherà pure in se stesso e lo glorificherà subito. Figlioli, per poco tempo sono ancora con voi; voi mi cercherete, ma come ho detto ai Giudei: »Dove io vado voi non potete venire«. Cosí adesso lo dico anche a voi. Vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri«. Simon Pietro gli disse: »Signore, dove vai?«. Gesú gli rispose: »Là dove io vado, tu non puoi seguirmi ora; ma mi seguirai piú tardi«. Pietro gli disse: »Signore, perché non posso seguirti ora? Darò la mia vita per te«. Gesú gli rispose: »Darai la tua vita per me? In verità, in verità ti dico: il gallo non canterà, prima che tu non mi abbia rinnegato tre volte«. »Il vostro cuore non sia turbato; credete in Dio e credete anche in me. Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto. E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io siate anche voi. Voi sapete dove io vado e conoscete anche la via«. Tommaso gli disse: »Signore, noi non sappiamo dove vai; come dunque possiamo conoscere la via?« Gesú gli disse: »Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se mi aveste conosciuto, avreste conosciuto anche mio Padre; fin da ora lo conoscete e l’avete visto«. Filippo gli disse: »Signore, mostraci il Padre e ci basta«. Gesú gli disse: »Da tanto tempo io sono con voi e tu non mi hai ancora conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre; come mai dici: »Mostraci il Padre?« Non credi che io sono nel Padre e che il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso. Il Padre che dimora in me è colui che fa le opere. Credetemi che io sono nel Padre e che il Padre è in me, se no, credetemi a motivo delle opere stesse. In verità, in verità vi dico: chi crede in me farà anch’egli le opere che io faccio; anzi ne farà di piú grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se chiedete qualche cosa nel nome mio, io la farò«. »Se mi amate, osservate i miei comandamenti, Ed io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore, che rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce; ma voi lo conoscete, perché dimora con voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani; tornerò a voi. Ancora un po’ di tempo e il mondo non mi vedrà piú, ma voi mi vedrete; poiché io vivo, anche voi vivrete. In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e che voi siete in me ed Io in voi. Chi ha i miei comandamenti e li osserva, è uno che mi ama, e chi mi ama sarà amato dal Padre mio; e io lo amerò e mi manifesterò a lui«. Giuda, non l’Iscariota, gli disse: »Signore, come mai ti manifesterai a noi e non al mondo?«. Gesú rispose e gli disse: »Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l’amerà, e noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che udite non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose, mentre ero con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto. Io vi lascio la pace, vi do la mia pace; io ve la do, non come la dà il mondo; il vostro cuore non sia turbato e non si spaventi. Avete udito che vi ho detto: »Io me ne vado e tornerò a voi«. Se voi mi amaste, vi rallegrereste perché ho detto: »Io vado al Padre« poiché il Padre è piú grande di me. E ora ve l’ho detto, prima che avvenga affinché, quando avverrà, crediate. Non parlerò piú a lungo con voi, perché viene il principe di questo mondo e non ha nulla in me; ma questo accade affinché il mondo conosca che io amo il Padre e che faccio come il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui«. »Io sono la vera vite e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie via; ma ogni tralcio che porta frutto, lo pota affinché ne porti ancora di più. Voi siete già mondi a motivo della parola che vi ho annunziata. Dimorate in me e io dimorerò in voi; come il tralcio non può da sé portare frutto se non dimora nella vite, cosí neanche voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci; chi dimora in me e io in lui, porta molto frutto, poiché senza di me non potete far nulla. Se uno non dimora in me è gettato via come il tralcio e si secca; poi questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e sono bruciati. Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quel che volete e vi sarà fatto, In questo è glorificato il Padre mio, che portiate molto frutto, e cosí sarete miei discepoli, Come il Padre ha amato me, cosí io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e dimoro nel suo amore. Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi, Nessuno ha amore piú grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo piú servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udito dal Padre mio. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi; e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo, affinché qualunque cosa chiediate al Padre nel mio nome, egli ve la dia. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri, Se il mondo vi odia, sappiate che ha odiato me prima di voi. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; ma poiché non siete del mondo, ma io vi ho scelto dal mondo, perciò il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: »Il servo non è piú grande del suo padrone«. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Tutte queste cose ve le faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero colpa; ma ora non hanno alcuna scusa per il loro peccato. Chi odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi fatto in mezzo a loro le opere che nessun altro ha fatto, non avrebbero colpa; ora invece le hanno viste, e hanno odiato me e il Padre mio. Ma questo è accaduto affinché si adempisse la parola scritta nella loro legge: »Mi hanno odiato senza motivo«. Ma quando verrà il Consolatore, che vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre mio, egli testimonierà di me. E anche voi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio«. »Vi ho detto queste cose, affinché non siate scandalizzati, Vi espelleranno dalle sinagoghe; anzi l’ora viene che chiunque vi ucciderà penserà di rendere un servizio a Dio. E vi faranno queste cose, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché quando sia giunto il momento, vi ricordiate che io ve le avevo dette; or da principio non vi dissi queste cose, perché ero con voi. Ma ora vado da colui che mi ha mandato, e nessun di voi mi domanda: »Dove vai?«. Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Tuttavia io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vado, io ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo di peccato, di giustizia e di giudizio. Di peccato, perché non credono in me; di giustizia, perché io vado al Padre e non mi vedrete piú; di giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato. Ho ancora molte cose da dirvi, ma non sono ancora alla vostra portata. Ma quando verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà in ogni verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutte le cose che ha udito e vi annunzierà le cose a venire. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve lo annunzierà. Tutte le cose che il Padre ha sono mie, per questo ho detto che egli prenderà del mio e ve lo annunzierà. Fra poco non mi vedrete piú; e un altro poco e mi vedrete, perché me ne vado al Padre«. Allora alcuni dei suoi discepoli dissero fra di loro: »Che cosa è questo che egli ci dice: »Fra poco non mi vedrete piú« e: »Un altro poco e mi vedrete«: »Perché me ne vado al Padre«?«. Dicevano dunque: »Che cosa è questo fra poco di cui parla? Noi non sappiamo quello che vuol dire«. Gesú dunque comprese che lo volevano interrogare e disse loro: »Vi domandate l’un l’altro perché ho detto: »Fra poco non mi vedrete piú« e: »Un altro poco e mi vedrete«? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e farete cordoglio, e il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione sarà mutata in gioia. La donna quando partorisce sente dolore, perché è giunta la sua ora, ma appena ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’angoscia per la gioia che è venuto al mondo un essere umano. Così anche voi ora siete nel dolore, ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà, e nessuno vi toglierà la vostra gioia. In quel giorno non mi farete piú alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che tutto ciò che domanderete al Padre nel mio nome, egli ve lo darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome; chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa. Vi ho detto queste cose in similitudini, ma l’ora viene in cui non vi parlerò piú in similitudini, ma vi parlerò del Padre apertamente. In quel giorno chiederete nel mio nome; e non vi dico che io pregherò il Padre per voi; il Padre stesso infatti vi ama, poiché voi mi avete amato e avete creduto che io sono proceduto da Dio. Io sono proceduto dal Padre e sono venuto nel mondo; di nuovo lascio il mondo e torno al Padre«. I suoi discepoli gli dissero: »Ecco, adesso tu parli apertamente e non usi alcuna similitudine. Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che qualcuno ti interroghi; per questo crediamo che sei proceduto da Dio«. Gesú rispose loro: »Credete ora? Ecco l’ora viene, anzi è già venuta, in cui sarete dispersi, ciascuno per conto suo, e mi lascerete solo, ma io non sono solo, perché il Padre è con me. Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me; nel mondo avrete tribolazione, ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo«. Queste cose disse Gesú, poi alzò gli occhi al cielo e disse: »Padre, l’ora è venuta; glorifica il Figlio tuo, affinché anche il Figlio glorifichi te, poiché tu gli hai dato potere sopra ogni carne, affinché egli dia vita eterna a tutti coloro che tu gli hai dato. Or questa è la vita eterna, che conoscano te, il solo vero Dio, e Gesú Cristo che tu hai mandato, Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuta l’opera che tu mi hai dato da fare, Ora dunque, o Padre, glorificami presso di te della gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. Io ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dato dal mondo; erano tuoi, e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi hanno conosciuto che tutte le cose che tu mi hai dato vengono da te, perché ho dato loro le parole che tu hai dato a me; ed essi le hanno accolte e hanno veramente conosciuto che io sono proceduto da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. E tutte le cose mie sono tue, e le cose tue sono mie; e io sono glorificato in loro. Ora io non sono piú nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dato, affinché siano uno come noi, Mentre ero con loro nel mondo io li ho conservati nel tuo nome; io ho custodito coloro che tu mi hai dato, e nessuno di loro è perito, tranne il figlio della perdizione, affinché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose nel mondo, affinché la mia gioia giunga a compimento in loro. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come neppure io sono del mondo, Io non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali nella tua verità, la tua parola è verità, Come tu hai mandato me nel mondo, cosí ho mandato loro nel mondo. E per loro santifico me stesso, affinché essi pure siano santificati in verità. Or io non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me per mezzo della loro parola affinché siano tutti uno, come tu, o Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi uno in noi, affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. E io ho dato loro la gloria che tu hai dato a me, affinché siano uno come noi siamo uno. Io sono in loro e tu in me, affinché siano perfetti nell’unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato e li hai amati, come hai amato me. Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche coloro che tu mi hai dato, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai dato, perché tu mi hai amato prima della fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto, e costoro hanno conosciuto che tu mi hai mandato. E io ho fatto loro conoscere il tuo nome e lo farò conoscere ancora, affinché l’amore, del quale tu mi hai amato, sia in loro e io in loro«. Dette queste cose, Gesú uscí con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Kedron, dove c’era un orto nel quale entrò lui con i suoi discepoli. Or Giuda, che lo tradiva, conosceva anche lui quel luogo, perché molte volte Gesú vi si era ritirato con i suoi discepoli. Giuda dunque, preso un gruppo di soldati e le guardie mandate dai capi dei sacerdoti e dai farisei. venne là con lanterne torce e armi. Gesú allora, conoscendo tutto quello che gli stava per accadere, uscí e chiese loro: »Chi cercate?«. Gli risposero »Gesú il Nazareno«. Gesú disse loro: »Io sono!«. Or Giuda che lo tradiva era anch’egli con loro. Appena egli disse loro: »Io sono«, essi indietreggiarono e caddero a terra. Gesú dunque domandò loro di nuovo: »Chi cercate?«. Essi dissero: »Gesú il Nazareno«. Gesú rispose: »Vi ho detto che io sono; se dunque cercate me lasciate andare via costoro«; e ciò affinché si adempisse la parola che egli aveva detto: »Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato«, Allora Simon Pietro, che aveva una spada la sfoderò, percosse il servo del sommo sacerdote e gli recise l’orecchio destro; or quel servo si chiamava Malco. Ma Gesú disse a Pietro: »Riponi la tua spada nel fodero; non berrò io il calice che il Padre mi ha dato?«. Allora il gruppo di soldati, il capitano e le guardie dei Giudei presero Gesú e lo legarono. E lo condussero prima da Anna, perché era suocero di Caiafa, che era sommo sacerdote in quell’anno. Caiafa era colui che aveva consigliato ai Giudei che era conveniente che un uomo morisse per il popolo. Or Simon Pietro e un altro discepolo seguivano Gesú. E quel discepolo era noto al sommo sacerdote, ed entrò con Gesú nel cortile del sommo sacerdote. Ma Pietro restò alla porta di fuori. Allora l’altro discepolo, che era noto al sommo sacerdote, uscí e parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. E la serva portinaia disse a Pietro: »Non sei anche tu dei discepoli di quest’uomo?«. Egli rispose: »Non lo sono«. Intanto i servi e le guardie, acceso un fuoco di carboni, se ne stavano in piedi e si scaldavano, perché faceva freddo; anche Pietro stava in piedi con loro e si scaldava. Or il sommo sacerdote interrogò Gesú riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesú gli rispose: »Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio dove tutti i Giudei si radunano, e non ho detto niente in segreto. Perché interroghi me? Interroga coloro che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno le cose che ho detto«. Egli aveva appena detto queste parole, che una delle guardie che gli stava vicino diede a Gesú uno schiaffo, dicendo: »Cosí rispondi al sommo sacerdote?«. Gesú gli rispose: »Se ho parlato male, mostra dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?«. Anna dunque lo rimandò legato a Caiafa, sommo sacerdote. Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero dunque: »Non sei anche tu dei suoi discepoli?« Ed egli lo negò e disse: »Non lo sono«. Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di colui a cui Pietro aveva reciso l’orecchio, disse: »Non ti ho io visto nell’orto con lui?«. E Pietro lo negò di nuovo, e subito il gallo cantò. Poi da Caiafa condussero Gesú nel pretorio; era mattino presto. Ma essi non entrarono nel pretorio, per non contaminarsi e poter cosí mangiare la Pasqua. Pilato dunque uscí verso di loro e disse: »Quale accusa portate contro quest’uomo?«. Essi risposero e gli dissero: »Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo dato nelle mani«. Allora Pilato disse loro: »Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge«. Ma i Giudei gli dissero: »A noi non è lecito far morire alcuno«. E ciò affinché si adempisse quello che Gesú aveva detto, indicando di quale morte doveva morire. Pilato dunque rientrò nel pretorio chiamò Gesú e gli disse: »Sei tu il re dei Giudei?«. Gesú gli rispose: »Dici questo da te stesso, oppure altri te lo hanno detto di me?«. Pilato gli rispose: »Sono io forse Giudeo? La tua nazione e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato nelle mie mani; che hai fatto?«. Gesú rispose: »Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servi combatterebbero affinché io non fossi dato in mano dei Giudei; ma ora il mio regno non è di qui«. Allora Pilato gli disse: »Dunque sei tu re?«. Gesú rispose: »Tu dici giustamente che io sono re; per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità; chiunque è per la verità ascolta la mia voce«. Pilato gli chiese: »Che cosa è verità?«. E, detto questo, uscí di nuovo verso i Giudei e disse loro: »Io non trovo alcuna colpa in lui. Ma vi è tra voi l’usanza che io vi liberi uno nella Pasqua; volete dunque che vi liberi il re dei Giudei?«. Allora tutti di nuovo gridarono, dicendo: »Non costui, ma Barabba«. Or Barabba era un brigante. Allora Pilato prese Gesú e lo fece flagellare. E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un manto di porpora e dicevano: »Salve, o re dei Giudei«; e lo schiaffeggiavano. Poi Pilato uscí di nuovo e disse loro: »Ecco, io ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui alcuna colpa«. Gesú dunque uscí, portando la corona di spine e il manto di porpora. E Pilato disse loro: »Ecco l’uomo!«. Ora, quando lo videro i capi sacerdoti e le guardie, si misero a gridare, dicendo: »Crocifiggilo, crocifiggilo«. Pilato disse loro: »Prendetelo voi e crocifiggetelo, perché io non trovo in lui colpa alcuna«. I Giudei gli risposero: »Noi abbiamo una legge e secondo la nostra legge egli deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio«. Quando Pilato udí queste parole, ebbe ancor piú paura; e, rientrato nel pretorio, disse a Gesú: »Di dove sei tu?«. Ma Gesú non gli diede alcuna risposta. Pilato perciò gli disse: »Non mi parli? Non sai che io ho il potere di crocifiggerti e il potere di liberarti?«. Gesú rispose: »Tu non avresti alcun potere su di me se non ti fosse dato dall’alto; perciò chi mi ha consegnato nelle tue mani ha maggior colpa«. Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridavano, dicendo: »Se liberi costui, tu non sei amico di Cesare; chiunque si fa re, si oppone a Cesare«. Pilato dunque, udite queste parole, condusse fuori Gesú e si pose a sedere in tribunale nel luogo detto »Lastrico«, e in ebraico »Gabbata«; or era la preparazione della Pasqua, ed era circa l’ora sesta; e disse ai Giudei: »Ecco il vostro re«. Ma essi gridarono: »Via, via, crocifiggilo«. Pilato disse loro: »Crocifiggerò il vostro re?«. I capi dei sacerdoti risposero: »Noi non abbiamo altro re che Cesare«. Allora egli lo diede nelle loro mani affinché fosse crocifisso. Ed essi presero Gesú e lo condussero via. Ed egli, portando la sua croce, si avviò verso il luogo detto »del Teschio« che in ebraico si chiama »Golgota«, dove lo crocifissero, e con lui due altri, uno di qua e l’altro di là, e Gesú nel mezzo. Or Pilato fece anche un’iscrizione e la pose sulla croce, e vi era scritto: »GESU’ IL NAZARENO, IL RE DEI GIUDEI«. Cosí molti dei Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesú fu crocifisso era vicino alla città, e quella era scritta in ebraico, in greco e in latino. Perciò i capi dei sacerdoti dei Giudei dissero a Pilato: »Non scrivere: »Il re dei Giudei«, ma che egli ha detto: »Io sono il re dei Giudei«. Pilato rispose: »Ciò che ho scritto, ho scritto«. Or i soldati, quando ebbero crocifisso Gesú, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una parte per ciascun soldato, e la tunica. Ma la tunica era senza cuciture, tessuta d’un sol pezzo da cima a fondo. Dissero dunque fra di loro: »Non stracciamola, ma tiriamola a sorte per decidere di chi sarà«; e ciò affinché si adempisse la Scrittura, che dice: »Hanno spartito fra di loro le mie vesti, e hanno tirato a sorte la mia tunica«. I soldati dunque fecero queste cose. Or presso la croce di Gesú stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa e Maria Maddalena. Gesú allora, vedendo sua madre e presso di lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: »Donna, ecco tuo figlio!«. Poi disse al discepolo: »Ecco tua madre!«. E da quel momento il discepolo l’accolse in casa sua. Dopo questo, sapendo Gesú che ogni cosa era ormai compiuta, affinché si adempisse la Scrittura, disse: »Ho sete«. Or c’era là un vaso pieno d’aceto. Inzuppata dunque una spugna nell’aceto e postala in cima ad un ramo d’issopo gliela accostarono alla bocca. Quando Gesú ebbe preso l’aceto disse: »E’ compiuto«. E, chinato il capo, rese lo spirito. Or i Giudei, essendo il giorno di Preparazione, affinché i corpi non rimanessero sulla croce il sabato, perché quel sabato era un giorno di particolare importanza, chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. I soldati dunque vennero e spezzarono le gambe al primo e poi anche all’altro, che era crocifisso con lui; ma, arrivati a Gesú, come videro che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli trafisse il costato con una lancia, e subito ne uscí sangue ed acqua. E colui che ha visto ne ha reso testimonianza e la sua testimonianza è verace, ed egli sa che dice il vero, affinché voi crediate. Queste cose infatti sono accadute affinché si adempisse la Scrittura: »Non gli sarà spezzato alcun osso«. E ancora un’altra Scrittura dice: »Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto«. Dopo queste cose, Giuseppe d’Arimatea che era discepolo di Gesú, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di poter prendere il corpo di Gesú; e Pilato glielo permise. Egli dunque venne e prese il corpo di Gesú. Or venne anche Nicodemo, che in precedenza era andato di notte da Gesú, portando una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi dunque presero il corpo di Gesú e lo avvolsero in panni di lino con gli aromi, secondo il costume di sepoltura in uso presso i Giudei. Or nel luogo dove egli fu crocifisso c’era un orto, e nell’orto un sepolcro nuovo nel quale non era ancora stato posto nessuno. Lí dunque, a motivo del giorno di Preparazione dei Giudei, misero Gesú perché il sepolcro era vicino. Or il primo giorno dopo i sabati, al mattino quando era ancora buio, Maria Maddalena andò al sepolcro e vide che la pietra era stata rimossa dal sepolcro. Allora andò di corsa da Simon Pietro e dall’altro discepolo che Gesú amava e disse loro: »Hanno tolto il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’abbiano posto«. Pietro dunque e l’altro discepolo uscirono fuori e si avviarono al sepolcro. Correvano tutti e due insieme, ma l’altro discepolo corse avanti piú in fretta di Pietro e arrivò primo al sepolcro. E, chinatosi, vide i panni di lino che giacevano nel sepolcro, ma non vi entrò. Arrivò anche Simon Pietro che lo seguiva, entrò nel sepolcro e vide i panni di lino che giacevano per terra, e il sudario, che era stato posto sul capo di Gesú; esso non giaceva con i panni, ma era ripiegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo che era giunto per primo al sepolcro, vide e credette. Essi infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli doveva risuscitare dai morti, I discepoli poi ritornarono di nuovo a casa. Ma Maria era rimasta fuori del sepolcro a piangere. E, mentre piangeva, si chinò dentro il sepolcro, e vide due angeli, vestiti di bianco, che sedevano l’uno al capo e l’altro ai piedi del luogo, dove era stato posto il corpo di Gesú. Essi le dissero: »Donna, perché piangi?«. Ella rispose loro: »Perché hanno portato via il mio Signore, e io non so dove l’abbiano posto«. Detto questo, ella si volse indietro e vide Gesú, che stava lí in piedi, ma ella non sapeva che fosse Gesú. Gesú le disse: »Donna, perché piangi? Chi cerchi?«. Lei, pensando che fosse l’ortolano, gli disse »Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io lo prenderò«. Gesú le disse: »Maria!«. Ed ella allora, voltandosi, gli disse: »Rabboni!« che significa: Maestro. Gesú le disse: »Non toccarmi, perché non sono ancora salito al Padre mio; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro che io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro«. Allora Maria Maddalena andò ad annunziare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che lui le aveva detto queste cose. Ora, la sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, mentre le porte del luogo dove erano radunati i discepoli erano serrate per paura dei Giudei, Gesú venne e si presentò là in mezzo, e disse loro: »Pace a voi!«. E, detto questo, mostrò loro le sue mani e il costato. I discepoli dunque, vedendo il Signore, si rallegrarono. Poi Gesú di nuovo disse loro: »Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, cosí io mando voi«. E, detto questo, soffiò su di loro e disse »Ricevete lo Spirito Santo. A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati, e a chi li riterrete, saranno ritenuti«. Or Tommaso, detto Didimo, uno dei dodici, non era con loro quando venne Gesú. Gli altri discepoli dunque gli dissero: »Abbiamo visto il Signore«. Ma egli disse loro: »Se io non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, e se non metto il mio dito nel segno dei chiodi e la mia mano nel suo costato, io non crederò«. Otto giorni dopo, i discepoli erano di nuovo in casa, e Tommaso era con loro. Gesú venne a porte serrate, si presentò in mezzo a loro e disse: »Pace a voi!«. Poi disse a Tommaso: »Metti qua il dito e guarda le mie mani, stendi anche la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente«. Allora Tommaso rispose e gli disse: »Signor mio e Dio mio!«. Gesú gli disse: »Perché mi hai visto Tommaso, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto«. Or Gesú fece ancora molti altri segni In presenza dei suoi discepoli, che non sono scritti in questo libro. Ma queste cose sono state scritte affinché voi crediate che Gesú è il Cristo il Figlio di Dio e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome. Dopo queste cose, Gesú si fece vedere di nuovo dai discepoli presso il mare di Tiberiade; e si fece vedere in questa maniera. Simon Pietro, Tommaso detto Didimo, Natanaele da Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli erano insieme. Simon Pietro disse loro: »Io vado a pescare«. Essi gli dissero: »Veniamo anche noi con te«. Cosí uscirono e salirono subito sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Al mattino presto, Gesú si presentò sulla riva, i discepoli tuttavia non si resero conto che era Gesú. E Gesú disse loro: »Figlioli, avete qualcosa da mangiare?«. Essi gli risposero: »No!«. Ed egli disse loro: »Gettate la rete dal lato destro della barca e ne troverete«. Essi dunque la gettarono e non potevano piú tirarla su per la quantità di pesci. Allora il discepolo che Gesú amava disse a Pietro: »E il Signore«. Simon Pietro, udito che era il Signore, si cinse con la veste (perché era nudo) e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece andarono con la barca (non erano infatti molto lontani da terra, solo circa duecento cubiti), trascinando la rete piena di pesci. Come dunque furono scesi a terra, videro della brace con sopra del pesce e del pane. Gesú disse loro: »Portate qua dei pesci che avete presi ora«. Simon Pietro risalí in barca e tirò a terra le rete, piena di centocinquantatré grossi pesci; e benché ve ne fossero tanti, la rete non si strappò. Gesú disse loro: »Venite a far colazione«. Or nessuno dei discepoli ardiva chiedergli: »Chi sei?«, sapendo che era il Signore. Allora Gesú venne, prese del pane e ne diede loro; e cosí pure del pesce. Ora questa fu la terza volta che Gesú si fece vedere dai suoi discepoli, dopo essere risuscitato dai morti. Dopo che ebbero mangiato, Gesú disse a Simon Pietro: »Simone di Giona mi ami tu piú di costoro?«. Gli rispose »Certo Signore, tu lo sai che io ti amo«. Gesú gli disse: »Pasci i miei agnelli«. Gli chiese di nuovo una seconda volta: »Simone di Giona, mi ami tu?«. Gli rispose: »Certo Signore, tu lo sai che io ti amo«. Gesú gli disse: »Abbi cura delle mie pecore«. Gli chiese per la terza volta: »Simone di Giona, mi ami tu?«. Pietro si rattristò che per la terza volta gli avesse chiesto: »Mi ami tu?«, e gli rispose: »Signore, tu sai ogni cosa, tu sai che io ti amo«. Gesú gli disse: »Pasci le mie pecore. In verità, in verità ti dico che, quando eri giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi, ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà là dove tu non vorresti«. Or disse questo per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo, gli disse: »Seguimi«, Or Pietro voltatosi, vide che li seguiva il discepolo che Gesú amava, quello che durante la cena si era anche posato sul petto di Gesú e aveva chiesto: »Signore, chi è colui che ti tradisce?«. Al vederlo, Pietro disse a Gesú: »Signore, e di costui che ne sarà?«. Gesú gli rispose: »Se voglio che lui rimanga finché io venga, che te ne importa? Tu seguimi!«. Si sparse allora la voce tra i fratelli che quel discepolo non sarebbe morto; ma Gesú non aveva detto a Pietro che egli non sarebbe morto, ma: »Se io voglio che lui rimanga finché io venga, che te ne importa?«. Questo è il discepolo che rende testimonianza di queste cose e che ha scritto queste cose; e noi sappiamo che la sua testimonianza è verace. Or vi sono ancora molte altre cose che Gesù fece, che se fossero scritte ad una ad una, io penso che non basterebbe il mondo intero a contenere i libri che si potrebbero scrivere. Amen.
Io ho fatto il primo trattato, o Teofilo, circa tutte le cose che Gesú prese a fare e ad insegnare, fino al giorno in cui fu portato in cielo dopo aver dato dei comandamenti per mezzo dello Spirito Santo agli apostoli che egli aveva scelto. Ad essi, dopo aver sofferto, si presentò vivente con molte prove convincenti, facendosi da loro vedere per quaranta giorni e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio. E, ritrovandosi assieme a loro, comandò loro che non si allontanassero da Gerusalemme, ma che aspettassero la promessa del Padre: »Che, egli disse, voi avete udito da me. Perché Giovanni battezzò con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo, fra non molti giorni«. Cosí quelli che erano riuniti assieme lo interrogarono, dicendo: »Signore, è in questo tempo che ristabilirai il regno a Israele?«. Ma egli disse loro: »Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti adatti, che il Padre ha stabilito di sua propria autorità. Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e fino all’estremità della terra«. Dette queste cose, mentre essi guardavano, fu sollevato in alto; e una nuvola lo accolse e lo sottrasse dai loro occhi. Come essi avevano gli occhi fissi in cielo, mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono loro, e dissero: »Uomini Galilei, perché state a guardare verso il cielo? Questo Gesú, che è stato portato in cielo di mezzo a voi, ritornerà nella medesima maniera in cui lo avete visto andare in cielo«. Allora essi ritornarono a Gerusalemme, dal monte chiamato dell’Uliveto, che è vicino a Gerusalemme quanto un cammin di sabato. Rientrati in città, salirono nella sala di sopra, dove si trattenevano Pietro e Giacomo, Giovanni e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d’Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo. Tutti costoro perseveravano con una sola mente nella preghiera e supplica con le donne, con Maria, madre di Gesú, e con i fratelli di lui. In quei giorni Pietro, alzatosi in mezzo ai discepoli (or il numero delle persone riunite era di circa centoventi), disse: »Fratelli, era necessario che si adempisse questa Scrittura, che lo Spirito Santo predisse per bocca di Davide riguardo a Giuda, che fu la guida di coloro che arrestarono Gesú. Perché egli era stato annoverato tra noi e aveva avuto parte in questo ministero. Egli dunque acquistò un campo col compenso dell’iniquità e, essendo caduto in avanti, si squarciò in mezzo, e tutte le sue viscere si sparsero. Questo divenne noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme, cosicché quel campo nel loro proprio linguaggio è chiamato Akeldama, che vuol dire: »Campo di sangue«. E’ scritto infatti nel libro dei Salmi: »Divenga la sua abitazione deserta e non vi sia chi abiti in essa«, e: »Un altro prenda il suo ufficio«. Bisogna dunque che tra gli uomini che sono stati in nostra compagnia per tutto il tempo in cui il Signor Gesú è andato e venuto tra noi, cominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui egli fu portato in cielo da mezzo a noi, uno di questi diventi testimone con noi della sua risurrezione«. Or ne furono presentati due: Giuseppe, detto Barsaba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. E pregando, dissero: »Tu, Signore, che conosci i cuori di tutti, mostra quale di questi due hai scelto, per ricevere la sorte di questo ministero e apostolato, dal quale Giuda si è sviato per andare al suo luogo«. Cosí tirarono a sorte, e la sorte cadde su Mattia; ed egli fu aggiunto agli undici apostoli. Come giunse il giorno della Pentecoste, essi erano tutti riuniti con una sola mente nello stesso luogo. E all’improvviso venne dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempí tutta la casa dove essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e andarono a posarsi su ciascuno di loro. Cosí furono tutti ripieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro di esprimersi. Or a Gerusalemme dimoravano dei Giudei, uomini pii, da ogni nazione sotto il cielo. Quando si fece quel suono, la folla si radunò e fu confusa, perché ciascuno di loro li udiva parlare nella sua propria lingua. E tutti stupivano e si meravigliavano, e si dicevano l’un l’altro: »Ecco, non sono Galilei tutti questi che parlano? Come mai ciascuno di noi li ode parlare nella propria lingua natìa? Noi Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia che è di fronte a Cirene e noi residenti di passaggio da Roma, Giudei e proseliti, Cretesi ed Arabi, li udiamo parlare delle grandi cose di Dio nelle nostre lingue!«. E tutti stupivano ed erano perplessi, e si dicevano l’un l’altro: »Che vuol dire questo?«. Altri invece li schernivano e diceva no: »Sono ripieni di vin dolce!«. Ma Pietro si alzò in piedi con gli undici e ad alta voce parlò loro: »Giudei e voi tutti che abitate in Gerusalemme, vi sia noto questo e prestate attenzione alle mie parole. Costoro non sono ubriachi, come voi ritenete, poiché è solo la terza ora del giorno. Ma questo è ciò che fu detto dal profeta Gioele: E avverrà negli ultimi giorni, dice Dio, che spanderò del mio Spirito sopra ogni carne; e i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno, i vostri giovani avranno delle visioni e i vostri vecchi sogneranno dei sogni. In quei giorni spanderò del mio Spirito sopra i miei servi e sopra le mie serve, e profetizzeranno. E farò prodigi su nel cielo e segni giú sulla terra: sangue, fuoco e vapore di fumo. Il sole sarà mutato in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il grande e glorioso giorno del Signore. E avverrà che chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato". Uomini d’Israele, ascoltate queste parole: Gesú il Nazareno, uomo accreditato da Dio tra di voi per mezzo di potenti operazioni, prodigi e segni che Dio fece tra di voi per mezzo di lui, come anche voi sapete, egli, dico, secondo il determinato consiglio e prescienza di Dio, vi fu dato nelle mani e voi lo prendeste, e per mani di iniqui lo inchiodaste alla croce e lo uccideste, Ma Dio lo ha risuscitato, avendolo sciolto dalle angosce della morte, poiché non era possibile che fosse da essa trattenuto. Infatti Davide dice di lui: »Io ho avuto del continuo il Signore davanti a me, perché egli è alla mia destra, affinché io non sia smosso. Per questo si è rallegrato il cuore mio e ha giubilato la mia lingua, e anche la mia carne dimorerà nella speranza. Poiché tu non lascerai l’anima mia nell’Ades e non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Tu mi hai fatto conoscere le vie della vita, tu mi riempirai di gioia alla tua presenza". Fratelli, si può ben liberamente dire intorno al patriarca Davide che egli morí e fu sepolto; e il suo sepolcro si trova tra di noi fino al giorno d’oggi. Egli dunque, essendo profeta, sapeva che Dio gli aveva con giuramento promesso che dal frutto dei suoi lombi, secondo la carne, avrebbe suscitato il Cristo per farlo sedere sul suo trono; e, prevedendo le cose a venire, parlò della risurrezione di Cristo, dicendo che l’anima sua non sarebbe stata lasciata nell’Ades e che la sua carne non avrebbe visto la corruzione. Questo Gesú, Dio lo ha risuscitato; e di questo noi tutti siamo testimoni. Egli dunque, essendo stato innalzato alla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre la promessa dello Spirito Santo, ha sparso quello che ora voi vedete e udite. Poiché Davide non è salito in cielo anzi egli stesso dice: »Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che quel Gesú che voi avete crocifisso, Dio lo ha fatto Signore e Cristo«, Or essi, udite queste cose, furono compunti nel cuore e chiesero a Pietro e agli apostoli: »Fratelli, che dobbiamo fare?«. Allora Pietro disse loro: »Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesú Cristo per il perdono dei peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo. Poiché la promessa è per voi e per i vostri figli e per tutti coloro che sono lontani, per quanti il Signore Dio nostro ne chiamerà«. E con molte altre parole li scongiurava e li esortava, dicendo: »Salvatevi da questa perversa generazione«. Quelli dunque che ricevettero la sua parola lietamente furono battezzati; in quel giorno furono aggiunte circa tremila persone. Essi erano perseveranti nel seguire l’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nel rompere il pane e nelle preghiere. Ed erano tutti presi da timore; e molti segni e miracoli si facevano per mano degli apostoli. Or tutti coloro che credevano stavano insieme ed avevano ogni cosa in comune. E vendevano i poderi e i beni e li distribuivano a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. E perseveravano con una sola mente tutti i giorni nel tempio e rompendo il pane di casa in casa, prendevano il cibo insieme con gioia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. E il Signore aggiungeva alla chiesa ogni giorno coloro che erano salvati. Or Pietro e Giovanni salivano insieme al tempio verso l’ora nona, l’ora della preghiera. E vi era un uomo zoppo fin dalla nascita, che veniva ogni giorno portato e deposto presso la porta del tempio, detta Bella, per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, avendo visto Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, chiese loro l’elemosina. Allora Pietro, con Giovanni, fissando gli occhi su di lui, disse: »Guarda noi«. Ed egli li guardava attentamente, sperando di ricevere qualche cosa da loro. Ma Pietro disse: »Io non ho né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesú Cristo il Nazareno, alzati, e cammina!«. E presolo per la mano destra, lo sollevò; e in quell’istante i suoi piedi e le caviglie si rafforzarono. E con un balzo si rizzò in piedi e si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio, camminando, saltando e lodando Dio. E tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio, e lo riconobbero per quel tale che sedeva alla porta Bella del tempio chiedere l’elemosina, e furono ripieni di sbigottimento e di stupore per ciò che gli era accaduto. Ora, mentre quello zoppo che era stato guarito si teneva stretto a Pietro e a Giovanni, tutto il popolo attònito accorse verso loro al portico, detto di Salomone. E Pietro, vedendo ciò, parlò al popolo dicendo: »Uomini d’Israele, perché vi meravigliate di questo? O perché fissate su di noi gli occhi come se per la nostra propria potenza o pietà avessimo fatto camminare costui? Il Dio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri padri ha glorificato il suo Figlio Gesú che voi consegnaste nelle mani di Pilato e rinnegaste davanti a lui, nonostante egli avesse deciso di liberarlo. Ma voi rinnegaste il Santo, il Giusto, e chiedeste che vi fosse dato un assassino e uccideste l’autore della vita, che Dio ha risuscitato dai morti e del quale noi siamo testimoni! E per la fede nel nome di Gesú, quest’uomo che voi vedete e conoscete è stato fortificato dal suo nome; e la fede, che si ha per mezzo suo, gli ha dato la completa guarigione delle membra, in presenza di tutti voi. Ma ora, fratelli, io so che lo avete fatto per ignoranza, come hanno fatto pure i vostri capi. Ma Dio ha cosí adempiuto le cose che egli aveva predetto per bocca di tutti i suoi profeti, e cioè, che il suo Cristo avrebbe sofferto. Ravvedetevi dunque e convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati, e perché vengano dei tempi di refrigerio dalla presenza del Signore, ed egli mandi Gesú Cristo che è stato predicato prima a voi, che il cielo deve ritenere fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose, dei quali Dio ha parlato per bocca di tutti i suoi santi profeti fin dal principio del mondo. Mosè stesso infatti disse ai padri: »Il Signore Dio vostro susciterà per voi un profeta come me in mezzo ai vostri fratelli; ascoltatelo in tutte le cose che egli vi dirà. E avverrà che chiunque non ascolterà quel profeta, sarà distrutto tra il popolo. E parimenti tutti i profeti, tutti quelli che hanno parlato da Samuele in poi; hanno in realtà annunziato questi giorni. Voi siete i figli dei profeti e del patto che Dio stabilí con i nostri padri, dicendo ad Abrahamo: »E nella tua progenie tutte le nazioni della terra saranno benedette«. A voi per primi Dio, dopo aver risuscitato il suo Figlio Gesú, lo ha mandato per benedirvi, allontanando ciascuno di voi dalle sue iniquità«. Ora, mentre essi parlavano al popolo, i sacerdoti, il comandante del tempio e i sadducei, piombarono su di loro, indignati perché ammaestravano il popolo e annunziavano in Gesú la risurrezione dai morti. E misero loro le mani addosso e li gettarono in prigione fino al giorno seguente, perché era già sera. Or molti di coloro che avevano udito la parola credettero; e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila. Il giorno dopo i capi, gli anziani e gli scribi si radunarono in Gerusalemme, insieme con Anna, sommo sacerdote, e con Caiafa, Giovanni, Alessandro e tutti quelli che appartenevano alla parentela dei sommi sacerdoti. E, fatti comparire là in mezzo Pietro e Giovanni, domandarono loro: »Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?«. Allora Pietro, ripieno di Spirito Santo, disse loro: »Capi del popolo e anziani d’Israele, se oggi noi siamo giudicati intorno ad un beneficio fatto a un uomo infermo, per sapere come egli è stato guarito, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele che ciò è stato fatto nel nome di Gesú Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti; in virtú di lui compare davanti a voi quest’uomo completamente guarito. Questi è la pietra che è stata da voi edificatori rigettata e che è divenuta la testata d’angolo, E in nessun altro vi è la salvezza, poiché non c’è alcun altro nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati«. Or essi, vista la franchezza di Pietro e di Giovanni e avendo capito che erano uomini illetterati e senza istruzione, si meravigliavano e riconoscevano che erano stati con Gesú. Vedendo poi in piedi accanto a loro l’uomo che era stato guarito, non potevano dire nulla contro. E, dopo aver comandato loro di uscire dal sinedrio, si consultarono fra loro, dicendo: »Che faremo a questi uomini? Perché è noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che un evidente miracolo è stato fatto da loro, e noi non lo possiamo negare; ma affinché questo non si divulghi maggiormente fra il popolo, imponiamo loro con severe minacce di non parlare più a nessun uomo in questo nome«. E, chiamatili, comandarono loro di non parlare affatto, né di insegnare nel nome di Gesú, Ma Pietro e Giovanni, rispondendo loro, dissero: »Giudicate voi, se è giusto davanti a Dio ubbidire a voi, piuttosto che a Dio. Poiché, quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo visto e udito«. Ed essi, minacciatili di nuovo, li lasciarono andare, non trovando alcun modo per poterli punire, a motivo del popolo, poiché tutti glorificavano Dio per ciò che era accaduto. Infatti l’uomo, in cui si era prodotta quella guarigione miracolosa, aveva piú di quarant’anni. Quando furono rilasciati, ritornarono dai loro e riferirono tutte le cose che i capi dei sacerdoti e gli anziani avevano loro detto. All’udire ciò, alzarono all’unanimità la voce a Dio e dissero: »Signore, tu sei il Dio che hai fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi, e che mediante lo Spirito Santo hai detto, per bocca di Davide tuo servo: »Perché si sono adirate le genti e i popoli hanno macchinato cose vane? I re della terra si sono sollevati e i principi si sono radunati insieme contro il Signore e contro il suo Cristo Poiché proprio contro il tuo santo Figlio Gesú, che tu hai unto, si sono radunati Erode e Ponzio Pilato con i gentili e il popolo d’Israele, per fare tutte le cose che la tua mano e il tuo consiglio avevano prestabilito che avvenissero. Ed ora, Signore, considera le loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare la tua parola con ogni franchezza, stendendo la tua mano per guarire e perché si compiano segni e prodigi nel nome del tuo santo Figlio Gesú«. E, dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano radunati tremò; e furono tutti ripieni di Spirito Santo, e annunziavano la parola di Dio con franchezza. E il gran numero di coloro che avevano creduto era di un sol cuore e di una sola anima; nessuno diceva esser suo quello che aveva, ma tutte le cose erano in comune fra di loro. E gli apostoli con grande potenza rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesú; e grande grazia era sopra tutti loro. Infatti non vi era alcun bisognoso fra di loro, perché tutti coloro che possedevano poderi o case li vendevano e portavano il ricavato delle cose vendute, e lo deponevano ai piedi degli apostoli, poi veniva distribuito a ciascuno, secondo il suo particolare bisogno. Or Iose, soprannominato dagli apostoli Barnaba (che significa: »figlio di consolazione«), levita, originario di Cipro. avendo un campo lo vendette e portò il ricavato e lo depose ai piedi degli apostoli. Ma un certo uomo, di nome Anania, con sua moglie Saffira, vendette un podere, e trattenne per sé una parte dell’importo d’accordo con la moglie, e andò a deporre il resto ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: »Anania, perché ha Satana riempito il tuo cuore per farti mentire allo Spirito Santo e trattenere una parte del prezzo del podere? Se questo restava invenduto, non rimaneva tuo? E il ricavato della vendita non era forse a tua disposizione? Perché ti sei messo in cuore questa cosa? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio!«. All’udire queste cose, Anania cadde e spirò. E una grande paura venne su tutti coloro che udirono queste cose. Allora si alzarono alcuni giovani, lo avvolsero, lo portarono fuori e lo seppellirono. Or circa tre ore piú tardi entrò anche sua moglie, ignara dell’accaduto. E Pietro le rivolse la parola, dicendo: »Dimmi avete voi venduto il podere per tanto?«. Ed ella rispose: »Sí, per tanto«. Allora Pietro le disse: »Perché vi siete messi d’accordo di tentare lo Spirito del Signore? Ecco, i piedi di coloro che hanno sepolto tuo marito sono all’uscio e porteranno via anche te«. In quel momento ella cadde ai suoi piedi e spirò. E i giovani, entrati, la trovarono morta, la portarono via e la seppellirono accanto a suo marito. Cosí una grande paura venne su tutta la chiesa e su tutti coloro che udivano queste cose. Or molti segni e prodigi erano fatti fra il popolo per le mani degli apostoli. Tutti con una sola mente si ritrovavano sotto il portico di Salomone. E nessuno degli altri ardiva unirsi a loro; ma il popolo li magnificava. Cosí si aggiungeva al Signore un numero sempre maggiore di credenti, moltitudini di uomini e donne tanto che portavano i malati nelle piazze, li mettevano su letti e giacigli perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città intorno accorreva a Gerusalemme, portando i malati e quelli che erano tormentati da spiriti immondi, e tutti erano guariti. Allora si alzarono il sommo sacerdote e tutti coloro che erano con lui, cioè la setta dei sadducei, ripieni di invidia, e misero le mani addosso agli apostoli e li gettarono nella prigione pubblica. Ma un angelo del Signore di notte aprí le porte della prigione e, condottili fuori, disse: »Andate, presentatevi nel tempio e annunziate al popolo tutte le parole di questa vita«. Ed essi, udito ciò, entrarono nel tempio sul far del giorno ed insegnavano. Intanto il sommo sacerdote e coloro che erano con lui vennero e convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d’Israele; quindi mandarono le guardie alla prigione per prelevare gli apostoli. Ma le guardie, giunte alla prigione, non li trovarono; e, ritornate, fecero il loro rapporto, dicendo: »Noi abbiamo trovato la prigione ben chiusa con ogni precauzione e le guardie in piedi davanti alle porte; ma, avendole aperte, non vi abbiamo trovato dentro nessuno«. Ora, come il sommo sacerdote, il comandante del tempio e i capi dei sacerdoti udirono queste cose, rimasero perplessi nei loro confronti, non sapendo che cosa significasse tutto questo. Ma sopraggiunse uno che riferí loro dicendo: »Ecco, quegli uomini che metteste in prigione sono nel tempio e stanno ammaestrando il popolo«. Allora il comandante del tempio andò con le guardie e li ricondusse, senza far loro violenza, per paura di essere lapidati dal popolo. Cosí essi li portarono e li presentarono davanti al sinedrio e il sommo sacerdote li interrogò, dicendo: »Non vi abbiamo severamente proibito di insegnare in questo nome? Ed ecco, voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quest’uomo«. Ma Pietro e gli altri apostoli, rispondendo, dissero: »Bisogna ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini. Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesú, che voi uccideste, appendendolo al legno. Dio lo ha esaltato con la sua destra e lo ha fatto principe e salvatore per dare ad Israele ravvedimento e perdono dei peccati. E di queste cose noi gli siamo testimoni, come pure lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che gli ubbidiscono«. All’udire queste cose, essi si infuriarono e deliberarono di ucciderli. Ma un certo fariseo, di nome Gamaliele, un dottore della legge onorato da tutto il popolo, si alzò in piedi nel sinedrio e comandò di far uscire un momento gli apostoli. Poi disse a quelli del sinedrio: »Uomini d’Israele, badate bene a ciò che state per fare a questi uomini. Poiché un po’ di tempo fa sorse Teuda, che diceva di essere qualcuno; accanto a lui si raccolsero circa quattrocento uomini; ma egli fu ucciso, e tutti coloro che l’avevano seguito furono dispersi. Dopo di lui, al tempo del censimento, sorse Giuda il Galileo che trascinò dietro a sé molta gente; anch’egli perì, e tutti coloro che lo seguirono furono dispersi. Ora dunque io vi dico state alla larga da questi uomini e lasciateli stare, perché se questo progetto o quest’opera è dagli uomini sarà distrutta, ma se è da Dio, voi non la potete distruggere, perché vi trovereste a combattere contro Dio stesso!«. Ed essi gli diedero ascolto. E, chiamati gli apostoli, li batterono e comandarono loro di non parlare nel nome di Gesú; poi li lasciarono andare. Cosí essi si allontanarono dal sinedrio, rallegrandosi di essere stati ritenuti degni di essere vituperati per il nome di Gesú. E ogni giorno, nel tempio e per le case, non cessavano di insegnare e di annunziare la buona novella: che Gesú è il Cristo. Or in quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli Ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove veni vano trascurate nel servizio di assistenza quotidiana. Allora i dodici, radunato il gran numero dei discepoli, dissero: »Non è bene che noi, lasciata la parola di Dio, serviamo alle mense. Perciò, fratelli, cercate fra voi sette uomini, di cui si abbia buona testimonianza, ripieni di Spirito Santo e di sapienza, a cui noi affideremo questo compito. Ma noi continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della parola«. Questa proposta piacque a tutti i discepoli. Ed elessero Stefano, uomo ripieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, un proselito, di Antiochia. Li presentarono poi davanti agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani. Intanto la parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede. Or Stefano, ripieno di fede e di potenza, faceva grandi prodigi e segni fra il popolo. E alcuni della sinagoga, detta dei Liberti, dei Cirenei, degli Alessandrini e di quelli di Cilicia e d’Asia si alzarono per disputare con Stefano; ma non potevano resistere alla sapienza e allo spirito col quale egli parlava. Allora istigarono degli uomini che dicessero: »Noi lo abbiamo udito pronunciare parole di bestemmia contro Mosé e contro Dio«. Ed eccitarono il popolo, gli anziani e gli scribi; e, piombatigli addosso, lo trascinarono via e lo condussero davanti al sinedrio. Poi presentarono dei falsi testimoni che dicevano: »Quest’uomo non cessa di proferire parole di bestemmia contro questo santo luogo e contro la legge. Lo abbiamo infatti sentito dire che questo Gesú, il Nazareno, distruggerà questo luogo e muterà i riti che Mosé ci ha dato«. E tutti quelli che sedevano nel sinedrio, avendo fissati gli occhi su di lui videro il suo volto simile al volto di un angelo. Allora il sommo sacerdote gli disse: »Stanno queste cose proprio cosí?«. Egli disse: »Fratelli e padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve ad Abrahamo, nostro padre, mentre egli era in Mesopotamia, prima che abitasse in Carran. e gli disse: »Usci dal tuo paese e dal tuo parentado e va’ nel paese che io ti mostrerò«. Allora egli uscí dal paese dei Caldei e abitò in Carran; di là, dopo che suo padre morí, Dio lo fece venire in questo paese, nel quale ora voi abitate. E non gli diede alcuna eredità, neppure lo spazio per posarvi un piede. Ma promise di darlo in proprietà a lui e alla sua progenie dopo di lui, quand’egli non aveva ancora alcun figlio. E Dio parlò cosí: che la sua progenie dimorerebbe come forestiera in paese straniero, e che là sarebbe tenuta in schiavitú e maltrattata quattrocento anni. Ma Dio aggiunse: »Io giudicherò la nazione alla quale avranno servito; e dopo ciò, essi usciranno e mi serviranno in questo luogo«. Poi gli diede il patto della circoncisione. E cosí Abrahamo generò Isacco e lo circoncise nell’ottavo giorno Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi. I patriarchi, portando invidia a Giuseppe, lo vendettero perché fosse condotto in Egitto, ma Dio era con lui; e lo liberò da tutte le sue tribolazioni e gli diede grazia e sapienza davanti al Faraone, re di Egitto, il quale lo costituí governatore sull’Egitto e su tutta la sua casa. Or sopravvenne una carestia e una grande calamità in tutto il paese d’Egitto e di Canaan, e i nostri padri non trovavano viveri. Ma Giacobbe, saputo che in Egitto c’era del grano, vi mandò una prima volta i nostri padri. La seconda volta Giuseppe si fece riconoscere dai suoi fratelli e fu svelata al Faraone la parentela di Giuseppe. Allora Giuseppe mandò a chiamare suo padre Giacobbe e tutto il suo parentado, in tutto settantacinque persone. Giacobbe scese in Egitto, dove morí lui e i nostri padri. Essi furono poi trasportati a Sichema e posti nel sepolcro, che Abrahamo aveva comprato a prezzo d’argento dai figli di Emor, padre di Sichem. Ora, mentre si avvicinava il tempo della promessa che Dio aveva giurata ad Abrahamo, il popolo crebbe e si moltiplicò a in Egitto, finché sorse in Egitto un altro re che non aveva conosciuto Giuseppe. Questi, usando malizia contro la nostra stirpe, maltrattò i nostri padri fino a far esporre i loro bambini, perché non sopravvivessero. In quel tempo nacque Mosé, ed era bello agli occhi di Dio; egli fu nutrito per tre mesi in casa di suo padre. E, quando fu esposto, la figlia del Faraone lo raccolse e lo allevò come suo figlio. Cosí Mosé fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani, ed era potente in parole ed opere. Ma, quando giunse all’età di quarant’anni, gli venne in cuore di andare a visitare i suoi fratelli: i figli d’Israele. E, vedendone uno che subiva un torto, lo difese e vendicò l’oppresso, uccidendo l’Egiziano. Or egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio stava per dar loro liberazione per mezzo suo, ma essi non compresero. Il giorno seguente egli comparve in mezzo a loro, mentre litigavano e li esortò alla pace, dicendo: »O uomini, voi siete fratelli, perché vi fate torto l’un l’altro?«. Ma colui che faceva torto al suo vicino lo respinse, dicendo: »Chi ti ha costituito principe e giudice su di noi? Vuoi uccidere me, come ieri hai ucciso l’Egiziano?". A queste parole Mosé fuggí e dimorò come forestiero nel paese Dimadian dove generò due figli. Passati quarant’anni, l’angelo del Signore gli apparve nel deserto del monte Sinai, nella fiamma di fuoco di un roveto, Alla vista di ciò, Mosé rimase stupito di quel che vedeva, e come si avvicinava per osservare, udì la voce del Signore, che diceva: »Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abrahamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe«. Ma Mosé, tremando tutto, non ardiva alzare lo sguardo. Allora il Signore gli disse: »Togliti i calzari dai piedi, perché il luogo sul quale stai è terra santa. Ho certamente visto l’afflizione del mio popolo in Egitto e ho udito i loro sospiri, e sono disceso per liberarli; or dunque vieni, io ti manderò in Egitto". Quel Mosé che avevano rifiutato, di cendo: »Chi ti ha costituito principe e giudice?«. Quello mandò loro Dio come capo e liberatore, per mezzo dell’angelo che gli era apparso nel roveto. Egli li condusse fuori, operando segni e prodigi nel paese di Egitto, nel Mar Rosso e nel deserto, per quarant’anni. Questi è quel Mosé che disse ai figli d’Israele: Il Signore Dio vostro susciterà per voi, tra i vostri fratelli, un profeta come me. Ascoltatelo!. Questi è colui che nell’assemblea nel deserto fu con l’angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri; e ricevette le parole viventi per trasmetterle a noi. A lui i padri nostri non vollero ubbidire; anzi lo respinsero e si rivolsero con i loro cuori all’Egitto, dicendo ad Aaronne: »Facci degli dèi che vadano davanti a noi, perché a questo Mosé che ci ha condotti fuori dal paese di Egitto non sappiamo che cosa sia accaduto«. E in quei giorni fecero un vitello, offrirono un sacrificio all’idolo e si rallegrarono nell’opera delle loro mani. Allora Dio si ritrasse e li lasciò servire all’esercito del cielo, com’è scritto nel libro dei profeti: »Casa d’Israele, mi avete voi offerto sacrifici e olocausti per quarant’anni nel deserto? Avete piuttosto portato la tenda di Molok e la stella del vostro dio Remfan, le immagini da voi fatte per adorarle; perciò io vi trasporterò al di là di Babilonia Nel deserto i vostri padri avevano il tabernacolo della testimonianza, come aveva comandato colui che aveva detto a Mosé di farlo secondo il modello che aveva visto. E i nostri padri, dopo averlo ricevuto, lo trasportarono con Giosué nel paese che era stato posseduto dai gentili, che Dio scacciò davanti ai nostri padri; e là rimase fino ai giorni di Davide, il quale trovò grazia davanti a Dio e chiese di poter trovare una dimora per il Dio di Giacobbe. Fu invece Salomone quello che gli edificò una casa. Ma l’Altissimo non abita in templi fatti da mani d’uomo, come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono e la terra lo sgabello dei miei piedi; quale casa mi edifichereste voi, dice il Signore, o quale sarebbe il luogo del mio riposo? Non ha la mia mano fatto tutte queste cose?" Uomini di collo duro ed incirconcisi di cuore e di orecchi, voi resistete sempre allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, cosí fate anche voi. Quale dei profeti non perseguitarono i padri vostri? Essi uccisero anche coloro che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale ora voi siete divenuti traditori e uccisori; voi che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli e non l’avete osservata!«. All’udire queste cose, essi fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui. Ma egli, ripieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesú che stava alla destra di Dio e disse: »Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo che sta alla destra di Dio«. Ma essi, mandando alte grida, si turarono gli orecchi e tutti insieme si avventarono sopra di lui; e, cacciatolo fuori dalla città, lo lapidarono. E i testimoni deposero le loro vesti ai piedi di un giovane, chiamato Saulo. Cosí lapidarono Stefano, che invocava Gesú e diceva: »Signor Gesú, ricevi il mio spirito«. Poi, postosi in ginocchio, gridò ad alta voce: »Signore, non imputare loro questo peccato«. E, detto questo, si addormentò. Or Saulo approvava la sua uccisione. In quel tempo ci fu grande persecuzione contro la chiesa che era in Gerusalemme; e furono tutti dispersi per le contrade della Giudea e della Samaria, ad eccezione degli apostoli. E alcuni uomini pii portarono a seppellire Stefano e fecero grande cordoglio per lui. Ma Saulo devastava la chiesa entrando di casa in casa, trascinava via uomini e donne e li metteva in prigione. Coloro dunque che furono dispersi andavano attorno, annunziando la parola Or Filippo discese nella città di Samaria e predicò loro Cristo. E le folle, con una sola mente, prestavano attenzione alle cose dette da Filippo, udendo e vedendo i miracoli che egli faceva. Gli spiriti immondi infatti uscivano da molti indemoniati, gridando ad alta voce; e molti paralitici e zoppi erano guariti. E vi fu grande gioia in quella città. Or in quella città vi era da tempo un uomo di nome Simone, il quale esercitava le arti magiche e faceva stupire la gente di Samaria, spacciandosi per un grande uomo. E tutti, dal maggiore al minore, gli davano ascolto, dicendo: »Costui è la grande potenza di Dio«. E gli davano ascolto, perché già da molto tempo li aveva fatti strabiliare con le sue arti magiche. Quando però credettero a Filippo, che annunziava la buona novella delle cose concernenti il regno di Dio e il nome di Gesú Cristo, uomini e donne si fecero battezzare. Anche Simone credette e, dopo essere stato battezzato, stava del continuo con Filippo; e, vedendo le potenti operazioni e i segni che erano fatti, ne rimaneva stupito. Ora gli apostoli che erano a Gerusalemme, quando seppero che la Samaria aveva ricevuta la parola di Dio, mandarono loro Pietro e Giovanni. Giunti là, essi pregarono per loro, affinché ricevessero lo Spirito Santo, perché non era ancora disceso su alcuno di loro, ma essi erano soltanto stati battezzati nel nome del Signore Gesú. Imposero quindi loro le mani ed essi ricevettero lo Spirito Santo. Or Simone, vedendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli veniva dato lo Spirito Santo, offrí loro del denaro, dicendo: »Date anche a me questo potere, affinché colui sul quale imporrò le mani riceva lo Spirito Santo«. Ma Pietro gli disse: »Vada il tuo denaro in perdizione con te, perché tu hai pensato di poter acquistare il dono di Dio col denaro. Tu non hai parte né sorte alcuna in questo, perché il tuo cuore non è diritto davanti a Dio. Ravvediti dunque da questa tua malvagità e prega Dio che, se è possibile, ti sia perdonato il pensiero del tuo cuore. Poiché io ti vedo essere nel fiele di amarezza e nei legami d’iniquità«. E Simone, rispondendo, disse: »Pregate voi il Signore per me, affinché nulla di ciò che avete detto mi accada«. Essi dunque, dopo aver testimoniato e annunziato la parola del Signore, ritornarono a Gerusalemme, dopo aver evangelizzato molti villaggi dei Samaritani. Or un angelo del Signore parlò a Filippo, dicendo: »Alzati e va’ verso il mezzogiorno, sulla strada che da Gerusalemme scende a Gaza; essa è deserta«. Egli si alzò e si mise in cammino; ed ecco un uomo Etiope, eunuco, un alto funzionario di Candace, regina degli Etiopi, sovrintendente di tutti i suoi tesori, che era venuto a Gerusalemme per adorare. Or egli se ne stava ritornando e, seduto sul suo carro, leggeva il profeta Isaia. E lo Spirito disse a Filippo: »Accostati e raggiungi quel carro!«. Filippo gli corse vicino e, sentendo che leggeva il profeta Isaia, gli disse: »Comprendi ciò che leggi?«. Quegli disse: »E come potrei, se nessuno mi fa da guida?«. Poi pregò Filippo di salire e di sedersi accanto a lui. Or il passo della Scrittura che egli leggeva era questo: »Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello è muto davanti a chi lo tosa, cosí egli non ha aperto la sua bocca. Nella sua umiliazione gli fu negata ogni giustizia; ma chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra«. E l’eunuco, rivolto a Filippo, disse: »Ti prego, di chi dice questo il profeta? Lo dice di se stesso o di un altro?«. Allora Filippo prese la parola e, cominciando da questa Scrittura, gli annunziò Gesú. E, mentre proseguivano il loro cammino, giunsero ad un luogo con dell’acqua. E l’eunuco disse: »Ecco dell’acqua, cosa mi impedisce di essere battezzato?«. E Filippo disse: »Se tu credi con tutto il cuore, lo puoi«. Ed egli rispose, dicendo: »Io credo che Gesú Cristo è il Figlio di Dio«. Allora comandò al carro di fermarsi; ed ambedue, Filippo e l’eunuco, discesero nell’acqua, ed egli lo battezzò. Quando uscirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapí Filippo, e l’eunuco non lo vide piú; ma proseguí il suo cammino pieno di gioia. Or Filippo si ritrovò in Azot; e, proseguendo, evangelizzò tutte le città, finché giunse a Cesarea. Saulo intanto, spirando ancora minacce e strage contro i discepoli del Signore, si recò dal sommo sacerdote, e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco affinché, se avesse trovato alcun seguace della Via, uomini o donne, li potesse condurre legati a Gerusalemme. Or avvenne che, mentre era in cammino e si avvicinava a Damasco, all’improvviso una luce dal cielo gli folgorò d’intorno. E, caduto a terra, udí una voce che gli diceva: »Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?«. Ed egli disse: »Chi sei, Signore?«. E il Signore disse. »Io sono Gesú, che tu perseguiti; ti è duro recalcitrare contro i pungoli«. Allora egli, tutto tremante e spaventato, disse: »Signore, che vuoi ch’io faccia?«. E il Signore: »Alzati ed entra nella città, e ti sarà detto ciò che devi fare«. Or gli uomini che viaggiavano con lui si fermarono attoniti, perché udivano il suono della voce, ma non vedevano alcuno. Poi Saulo si alzò da terra ma, aperti gli occhi, non vedeva alcuno; allora prendendolo per mano, lo condussero in Damasco. E rimase tre giorni senza vedere, nei quali né mangiò né bevve. Or a Damasco vi era un discepolo di nome Anania, al quale il Signore disse in visione: »Anania!«. Ed egli rispose: »Eccomi, Signore!«. E il Signore a lui: »Alzati e recati nella strada detta Diritta, e cerca in casa di Giuda un uomo di Tarso di nome Saulo, che sta pregando; egli ha visto in visione un uomo, di nome Anania, entrare e imporgli le mani perché ricuperi la vista«. Allora Anania rispose: »Signore, io ho sentito molti parlare di quest’uomo di quanto male ha fatto ai tuoi santi in Gerusalemme. E qui ha l’autorizzazione dai capi dei sacerdoti, di imprigionare tutti coloro che invocano il tuo nome«. Ma il Signore gli disse: »Va perché costui è uno strumento da me scelto per portare il mio nome davanti alle genti, ai re e ai figli d’Israele. Poiché io gli mostrerò quante cose egli deve soffrire per il mio nome«. Anania dunque andò ed entrò in quella casa; e, imponendogli le mani, disse: »Fratello Saulo, il Signore Gesú, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e sii ripieno di Spirito Santo«. In quell’istante gli caddero dagli occhi come delle scaglie, e riacquistò la vista; poi si alzò e fu battezzato. E, dopo aver preso cibo, egli ricuperò le forze. Poi Saulo rimase alcuni giorni con i discepoli che erano a Damasco. E subito si mise a predicare il Cristo nelle sinagoghe, proclamando che egli è il Figlio di Dio. E tutti quelli che lo udivano stupivano e dicevano: »Non è costui quel tale che a Gerusalemme perseguitava tutti coloro che invocavano questo nome, ed è venuto qui col preciso scopo di condurli prigionieri dai capi dei sacerdoti?«. Ma Saulo confondeva i Giudei che abitavano a Damasco, dimostrando che Gesú è il Cristo. Molti giorni dopo, i Giudei si consultarono assieme per ucciderlo. Ma il loro complotto venne a conoscenza di Saulo. Or essi facevano la guardia alle porte, giorno e notte, per poterlo uccidere; allora i discepoli lo presero di notte e lo calarono giú dalle mura dentro una cesta. Giunto a Gerusalemme, Saulo cercava di unirsi ai discepoli, ma avevano tutti paura di lui, non potendo credere che egli fosse un discepolo. Allora Barnaba lo prese e lo condusse dagli apostoli, e raccontò loro come egli, lungo la strada, aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come a Damasco aveva parlato con franchezza nel nome di Gesú. Così egli rimase con loro a Gerusalemme, andando e venendo, e parlava con franchezza nel nome del Signore Gesú. Egli parlava anche e discuteva con gli ellenisti; ma essi cercavano di ucciderlo. I fratelli però, venuti a conoscenza di questo, lo condussero a Cesarea e di là lo mandarono a Tarso. Così le chiese in tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria avevano pace ed erano edificate. E, camminando nel timore del Signore e nella consolazione dello Spirito Santo, moltiplicavano. Or avvenne che, mentre Pietro percorreva tutto il paese, venne anche dai santi che abitavano a Lidda. Qui trovò un uomo di nome Enea che già da otto anni giaceva in un letto, perché era paralitico. Pietro gli disse: »Enea, Gesú, il Cristo, ti guarisce; alzati e rifatti il letto«. Ed egli subito si alzò. E tutti gli abitanti di Lidda e di Saron lo videro e si convertirono al Signore. Or in Ioppe c’era una discepola di nome Tabitha, che significa Gazzella ella faceva molte buone opere e molte elemosine. Or avvenne in quei giorni che ella si ammalò e morí. Dopo averla lavata, fu posta in una stanza al piano superiore. E, poiché Lidda era vicina a loppe, i discepoli, udito che Pietro si trovava là gli mandarono due uomini per pregarlo di venire da loro senza indugio. Pietro dunque si alzò e partí con loro. Appena giunse, lo condussero nella stanza di sopra; tutte le vedove si presentarono a lui piangendo e gli mostrarono tutte le tuniche e le vesti che Gazzella faceva, mentre era con loro. Pietro allora, fatti uscire tutti, si pose in ginocchio e pregò. Poi, rivoltosi al corpo, disse: »Tabitha, alzati!«. Ed ella aprí gli occhi e, visto Pietro, si mise a sedere. Egli le diede la mano e l’aiutò ad alzarsi, e, chiamati i santi e le vedove, la presentò loro in vita. La cosa fu risaputa per tutta Ioppe, e molti credettero nel Signore. E Pietro, rimase a Ioppe parecchi giorni, in casa di un certo Simone, conciatore di pelli. Or vi era in Cesarea un certo uomo di nome Cornelio, centurione della coorte, detta Italica; egli era un uomo pio e timorato di Dio con tutta la sua casa, faceva molte elemosine al popolo e pregava Dio del continuo. Egli vide chiaramente in visione, verso l’ora nona del giorno, un angelo di Dio che entrò da lui e gli disse: »Cornelio!«. Ed egli, guardandolo fisso e tutto spaventato, disse: »Che c’è, Signore?«. Allora l’angelo gli disse: »Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite davanti a Dio, come una ricordanza; or dunque manda degli uomini a Ioppe e fa’ chiamare Simone, soprannominato Pietro. Egli si trova presso un certo Simone, conciatore di pelli, che ha la casa vicino al mare; egli ti dirà ciò che devi fare«. Appena l’angelo che gli parlava se ne fu andato, Cornelio chiamò due dei suoi domestici e un soldato fidato, di quelli addetti al suo personale servizio raccontò loro ogni cosa e li mandò a Ioppe. Il giorno seguente, mentre essi erano in cammino e si avvicinavano alla città, Pietro salí sul terrazzo della casa, verso l’ora sesta per pregare. Or gli venne fame e desiderava prendere cibo; e mentre quelli di casa glielo preparavano, fu rapito in estasi; e vide il cielo aperto e scendere verso di lui un oggetto simile ad un gran lenzuolo, tenuto ai quattro capi e che veniva calato a terra. dentro il quale vi erano tutte le specie di quadrupedi, di fiere, di rettili terrestri e di uccelli del cielo. E una voce gli disse: »Pietro, alzati, ammazza e mangia!«. Ma Pietro rispose: »Niente affatto, Signore, poiché io non ho mai mangiato nulla di impuro e di contaminato«. E la voce gli disse per la seconda volta: »Le cose che Dio ha purificate, tu non farle impure«. Or questo avvenne per tre volte; poi l’oggetto fu di nuovo ritirato in cielo. E, come Pietro si chiedeva perplesso che cosa potesse significare la visione che aveva avuto, ecco che gli uomini mandati da Cornelio, informatisi della casa di Simone, si presentarono alla porta. E, chiamato qualcuno, domandarono se Simone, soprannominato Pietro, si trovasse lí. Mentre Pietro stava riflettendo sulla visione, lo Spirito gli disse: »Ecco, tre uomini ti cercano. Alzati dunque, scendi e va’ con loro senza alcuna esitazione, perché sono io che li ho mandati«. Allora Pietro scese dagli uomini che gli erano stati mandati da Cornelio e disse loro: »Ecco, sono io quello che cercate; qual è il motivo per cui siete qui?«. Ed essi dissero: »Il centurione Cornelio, uomo giusto e timorato di Dio, di cui rende buona testimonianza tutta la nazione dei Giudei, è stato divinamente avvertito da un santo angelo di farti chiamare in casa sua e di ascoltare ciò che avrai da dirgli«. Allora Pietro li invitò ad entrare e li ospitò; poi, il giorno seguente andò con loro; e alcuni dei fratelli di Ioppe lo accompagnarono. Il giorno dopo entrarono in Cesarea. Or Cornelio li stava aspettando e aveva radunato i suoi parenti e i suoi intimi amici. Come Pietro entrava, Cornelio gli andò incontro, gli si gettò ai piedi e l’adorò. Ma Pietro lo rialzò, dicendo: »Alzati, sono anch’io un uomo« E, conversando con lui, entrò e trovò molte persone radunate. Ed egli disse loro: »Voi sapete come non è lecito a un Giudeo associarsi a uno straniero, o entrare in casa sua; ma Dio mi ha mostrato di non chiamare nessun uomo impuro o contaminato. Perciò, appena sono stato invitato a venire, sono venuto senza obiettare. Ora vi domando: per quale motivo mi avete mandato a chiamare?«. E Cornelio rispose: »Quattro giorni fa avevo digiunato fino a quest’ora, e all’ora nona pregavo in casa mia, quand’ecco un uomo si presentò davanti a me in veste risplendente, e disse: »Cornelio, la tua preghiera è stata esaudita e le tue elemosine sono state ricordate davanti a Dio. Manda dunque qualcuno a Ioppe e fa’ chiamare Simone, soprannominato Pietro; egli si trova in casa di Simone conciatore di pelli, presso il mare; e, venuto che sarà, egli ti parlerà". Cosí mandai subito a chiamarti, e tu hai fatto bene a venire; ora noi siamo tutti qui alla presenza di Dio per udire tutte le cose che Dio ti ha comandato«. Allora Pietro, aperta la bocca disse: »In verità io comprendo che Dio non usa alcuna parzialità; ma in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente, gli è gradito. secondo la parola che egli ha dato ai figli d’Israele, annunziando la pace per mezzo di Gesú Cristo, che è il Signore di tutti Voi sapete ciò che è accaduto per tutta la Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il battesimo che Giovanni predicò: come Dio abbia unto di Spirito Santo e di potenza Gesú di Nazaret, il quale andò attorno facendo del bene e sanando tutti coloro che erano oppressi dal diavolo, perché Dio era con lui. E noi siamo testimoni di tutte le cose che egli ha fatto nel paese dei Giudei e in Gerusalemme; e come essi lo uccisero, appendendolo a un legno. Ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e ha fatto sí che si manifestasse, non già a tutto il popolo, ma ai testimoni preordinati da Dio, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui, dopo che è risuscitato dai morti. Or egli ci ha comandato di predicare al popolo e di testimoniare che egli è colui che Dio ha costituito giudice dei vivi e dei morti, A lui rendono testimonianza tutti i profeti, che chiunque crede in lui riceve il perdono dei peccati mediante il suo nome«. Mentre Pietro stava ancora dicendo queste cose, lo Spirito Santo scese su tutti coloro che udivano la parola. E tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con Pietro, rimasero meravigliati che il dono dello Spirito Santo fosse stato sparso anche sui gentili, perché li udivano parlare in altre lingue e magnificare Dio. Allora Pietro prese a dire: »Può alcuno vietare l’acqua, perché siano battezzati costoro che hanno ricevuto lo Spirito Santo proprio come noi?«. Cosí egli comandò che fossero battezzati nel nome del Signore Gesú. Essi poi lo pregarono di rimanere con loro alcuni giorni. Or gli apostoli e i fratelli che erano in Giudea vennero a sapere che anche i gentili avevano ricevuto la parola di Dio. E, quando Pietro salí a Gerusalemme, quelli che erano circoncisi contendevano con lui dicendo: »Tu sei entrato in casa di uomini incirconcisi e hai mangiato con loro!«. Ma Pietro cominciando dall’inizio, spiegò loro per ordine come si erano svolti i fatti dicendo: »Io stavo pregando nella città di Ioppe, quando fui rapito in estasi ed ebbi una visione: un oggetto, simile a un gran lenzuolo tenuto per i quattro capi, scendeva come se fosse calato giú dal cielo e giunse fino a me. Guardandovi attentamente dentro scorsi e vidi quadrupedi, fiere, rettili della terra e uccelli del cielo. E udii una voce che mi diceva: »Pietro, alzati, ammazza e mangia«. Ma io dissi: »Niente affatto, Signore, poiché non mi è mai entrato in bocca nulla di impuro o di contaminato«. Ma la voce mi rispose per la seconda volta dal cielo: »Le cose che Dio ha purificato, non farle tu impure«. E ciò accadde per tre volte, poi ogni cosa fu di nuovo ritirata in cielo. In quello stesso momento tre uomini, mandati a me da Cesarea, si presentarono alla casa dove mi trovavo. E lo Spirito mi disse di andare con loro, senza avere alcuna esitazione. Or con me vennero anche questi sei fratelli, e cosí entrammo nella casa di quell’uomo. Egli ci raccontò come aveva visto presentarsi un angelo in casa sua e dirgli: »Manda degli uomini a Ioppe e fa’ chiamare Simone, soprannominato Pietro. Egli ti dirà parole, per mezzo delle quali sarai salvato tu e tutta la tua casa". Avevo appena cominciato a parlare quando lo Spirito Santo discese su di loro, come era sceso al principio su di noi. Mi ricordai allora della parola del Signore che diceva: »Giovanni ha battezzato con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo«. Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che abbiamo ricevuto noi, che abbiamo creduto nel Signore Gesú Cristo, chi ero io da potermi opporre a Dio?«. Udite queste cose, essi si calmarono e glorificavano Dio, dicendo: »Dio dunque ha concesso il ravvedimento anche ai gentili per ottenere la vita!«. Or coloro che erano stati dispersi a motivo della persecuzione iniziata con Stefano, arrivarono fino alla Fenicia, a Cipro e ad Antiochia, annunziando la parola a nessun altro, se non ai soli Giudei. Or alcuni di loro originari di Cipro e di Cirene, arrivati ad Antiochia, iniziarono a parlare ai Greci, annunziando il Signore Gesú. E la mano del Signore era con loro; e un gran numero credette e si convertí al Signore. La notizia di questo pervenne agli orecchi della chiesa che era in Gerusalemme; ed essi inviarono Barnaba, perché andasse fino ad Antiochia. Quando egli giunse, vista la grazia di Dio, si rallegrò e esortava tutti a rimanere fedeli al Signore con fermo proponimento di cuore, perché egli era un uomo dabbene, pieno di Spirito Santo e di fede. E un gran numero di persone fu aggiunto al Signore. Poi Barnaba partí per andare a Tarso in cerca di Saulo e, trovatolo, lo condusse ad Antiochia. E per un anno intero essi si radunarono con la chiesa e ammaestrarono un gran numero di gente; e, per la prima volta ad Antiochia, i discepoli furono chiamati Cristiani. In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia. E uno di loro, di nome Agabo, si alzò e per lo Spirito predisse che ci sarebbe stata una grande carestia in tutto il mondo; e questa avvenne poi sotto Claudio Cesare. Allora i discepoli, ciascuno secondo le proprie possibilità, decisero di mandare una sovvenzione ai fratelli che abitavano in Giudea. E questo essi fecero, inviandola agli anziani per mezzo di Barnaba e di Saulo. Or in quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della chiesa. E fece morire di spada Giacomo, fratello di Giovanni. E, vedendo che questo era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro (or erano i giorni degli Azzimi). Dopo averlo arrestato, lo mise in prigione e lo affidò alla custodia di quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, intendendo di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Ma, mentre Pietro era custodito nella prigione, continue orazioni a Dio erano fatte dalla chiesa per lui. Or la notte, prima che Erode lo facesse comparire in pubblico, Pietro dormiva in mezzo a due soldati, legato con due catene; e le guardie davanti alla porta custodivano la prigione. Ed ecco, un angelo del Signore sopraggiunse e una luce risplendette nella cella; e, percosso il fianco di Pietro, lo svegliò, dicendo: »Alzati in fretta!«. E le catene gli caddero dalle mani. Quindi l’angelo gli disse: »Cingiti allacciati i sandali«. Ed egli fece così. Poi gli disse: »Avvolgiti nel mantello e seguimi«. E Pietro, uscito, lo seguiva senza rendersi conto che ciò che gli stava accadendo per mezzo dell’angelo fosse vero infatti egli pensava di avere una visione. Ora, come oltrepassarono il primo e il secondo posto di guardia, giunsero alla porta di ferro che conduceva in città, ed essa si aprí da sé davanti a loro, e, usciti percorsero una strada, e all’improvviso l’angelo lo lasciò. Quando rientrò in sé, Pietro disse: »Ora per certo riconosco che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha liberato dalle mani di Erode e ha resa vana tutta l’attesa del popolo dei Giudei«. Quando si rese conto della situazione, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni, soprannominato Marco, dove molti fratelli erano radunati e pregavano. Appena Pietro bussò alla porta d’ingresso, una serva di nome Rode si avvicinò cautamente per ascoltare. E, riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprí la porta, ma corse dentro e annunziò che Pietro stava davanti all’ingresso. Ma essi le dissero: »Tu vaneggi«. Ella però affermava che era cosí. E quelli dicevano: »E’ il suo angelo«. Pietro intanto continuava a bussare. Or essi, avendo aperto, lo videro e sbigottirono. Ma egli, fatto loro cenno con la mano di tacere, raccontò loro come il Signore lo aveva fatto uscire dalla prigione. Poi disse: »Riferite queste cose a Giacomo e ai fratelli«. Poi uscí e si recò in un altro luogo. Quando si fece giorno vi fu un gran subbuglio fra i soldati, perché non sapevano cosa fosse avvenuto di Pietro. Ed Erode lo mandò a cercare ma non lo trovò e, dopo avere interrogato le guardie, comandò che fossero condotte al supplizio. Poi discese dalla Giudea a Cesarea e là si fermò per un podi tempo. Or Erode era indignato contro i Tiri e i Sidoni; ma essi di comune accordo si presentarono a lui e, persuaso Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace perché il loro paese era rifornito di viveri dalla liberalità del re. Nel giorno stabilito Erode, vestito del manto regale e seduto sul trono, teneva loro un discorso. Il popolo lo acclamava, dicendo: »Voce di Dio e non di uomo!«. In quell’istante un angelo del Signore lo colpí, perché non aveva dato gloria a Dio; e morí roso dai vermi. Ora la parola di Dio cresceva e si diffondeva. E Barnaba e Saulo, ultimata la loro missione, ritornarono da Gerusalemme ad Antiochia, avendo preso con loro Giovanni, soprannominato Marco. Or, nella chiesa di Antiochia, vi erano profeti e dottori: Barnaba, Simeone chiamato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, allevato assieme a Erode il tetrarca, e Saulo. Or, mentre celebravano il servizio al Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: »Mettetemi da parte Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati«. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono. Essi dunque, mandati dallo Spirito Santo, scesero a Seleucia e di là si imbarcarono per Cipro. Giunti a Salamina, annunziarono la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei; or avevano anche Giovanni come aiutante. Poi, attraversata l’isola fino a Pafo, trovarono lí un mago, falso profeta giudeo, di nome Bar-Gesú, che stava col proconsole Sergio Paolo, uomo prudente. Costui, chiamati a sé Barnaba e Saulo, cercava di ascoltare la parola di Dio, ma Elimas, il mago (questo infatti è il significato del suo nome) resisteva loro cercando di allontanare il proconsole dalla fede. Allora Saulo, detto anche Paolo, ripieno di Spirito Santo, fissando gli occhi su di lui, disse: »O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, non la smetterai tu di pervertire le diritte vie del Signore? Ora dunque, ecco, la mano del Signore è su di te, e sarai cieco senza vedere il sole per un certo tempo«. Immediatamente caddero su di lui caligine e tenebre; e andava attorno in cerca di chi lo conducesse per mano. Allora il proconsole, visto ciò che era accaduto, credette, colpito dalla dottrina del Signore. Or Paolo e i suoi compagni salparono da Pafo e arrivarono per via mare a Perge di Panfilia; ma Giovanni, separatosi da loro ritornò a Gerusalemme. Or essi, proseguendo da Perge, giunsero ad Antiochia di Pisidia; e, entrati nella sinagoga in giorno di sabato, si sedettero. Dopo la lettura della legge e dei profeti, i capi della sinagoga mandarono loro a dire: »Fratelli, se avete qualche parola di esortazione da rivolgere al popolo, ditela«. Allora Paolo si alzò e, fatto cenno con la mano, disse: »Israeliti e voi che temete Dio, ascoltate. Il Dio di questo popolo d’Israele elesse i nostri padri, e rese grande il popolo durante la sua dimora nel paese di Egitto; poi, con braccio potente, lo fece uscire fuori di là. E per circa quarant’anni lo sopportò nel deserto. Poi distrusse sette nazioni nel paese di Canaan e distribuí ad essi in eredità il loro paese. Dopo di che, per circa quattrocentocinquant’anni, diede loro dei Giudici fino al profeta Samuele. In seguito essi chiesero un re; e Dio diede loro Saul, figlio di Kis, un uomo della tribú di Beniamino, per quarant’anni. Poi Dio lo rimosse e suscitò loro come re, Davide, a cui rese testimonianza, dicendo: »Io trovato Davide, figlio di Iesse, uomo secondo il mio cuore, il quale eseguirà tutti i miei voleri«. Dalla sua discendenza Dio, secondo la sua promessa, ha suscitato ad Israele il Salvatore Gesú. Prima della sua venuta Giovanni predicò un battesimo di ravvedimento a tutto il popolo d’Israele. E, come Giovanni stava per finire la sua missione, disse: »Chi pensate voi che io sia? Io non sono il Cristo; ma ecco, dopo di me viene uno, a cui io non sono degno di sciogliere i sandali dei piedi«. Fratelli, figli della progenie di Abrahamo, e quelli fra di voi che temono Dio, a voi è stata mandata la parola di questa salvezza. Poiché gli abitanti di Gerusalemme e i loro capi, non avendo riconosciuto questo Gesú, condannandolo, hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato. E, benché non trovassero in lui alcuna colpa degna di morte, richiesero a Pilato che fosse fatto morire. Dopo aver compiuto tutte le cose che sono scritte di lui egli fu tratto giú dal legno e fu posto in un sepolcro. Ma Dio lo risuscitò dai morti. ed egli fu visto per molti giorni da coloro che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, i quali sono ora i suoi testimoni presso il popolo. E noi vi annunziamo la buona novella della promessa fatta ai padri, dicendovi, che Dio l’ha adempiuta per noi, loro figli, avendo risuscitato Gesú come anche è scritto nel secondo salmo: »Tu sei il mio Figlio. oggi ti ho generato«. E poiché lo ha risuscitato dai morti per non tornare piú nella corruzione, egli ha detto cosí: »Io vi darò le fedeli promesse fatte a Davide«. Per questo egli dice anche in un altro Salmo: »Tu non permetterai che il tuo Santo veda la corruzione. Or Davide, dopo aver eseguito il consiglio di Dio nella sua generazione, si addormentò e fu aggiunto ai suoi padri, e vide la corruzione, ma colui che Dio ha risuscitato, non ha visto corruzione. Vi sia dunque noto, fratelli, che per mezzo di lui vi è annunziato il perdono dei peccati, e che, mediante lui, chiunque crede è giustificato di tutte le cose, di cui non avete potuto essere giustificati mediante la legge di Mosé. Guardatevi dunque che non vi accada ciò che è detto nei profeti: Guardate, o sprezzatori, meravigliatevi e siate consumati, perché io compio un’opera ai vostri giorni, un’opera che non credereste, se qualcuno ve la raccontasse. Ora, quando i Giudei furono usciti dalla sinagoga, i gentili li pregarono che il sabato seguente fossero loro proposte le stesse cose. E, dopo che fu sciolta la riunione molti fra i Giudei e pii proseliti seguirono Paolo e Barnaba, i quali, parlando loro, li persuasero a perseverare nella grazia di Dio. Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio. Ma i Giudei, vedendo la folla, furono ripieni d’invidia e si opponevano alle cose dette da Paolo, contraddicendo e bestemmiando. Allora Paolo e Barnaba, parlando con franchezza, dissero: »Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio; ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna ecco, noi ci rivolgiamo ai gentili. Poiché cosí ci ha comandato il Signore: »Io ti ho posto come luce delle genti perché tu porti la salvezza fino all’estremità della terra. I gentili, udendo queste cose, si rallegrarono e glorificavano la parola del Signore; e tutti coloro che erano preordinati alla vita eterna credettero. E la parola del Signore si diffondeva per tutto il paese. Ma i Giudei istigarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba, e li scacciarono dai loro confini. Essi allora, scossa la polvere dai loro piedi contro di loro, si recarono a Iconio. E i discepoli erano ripieni di gioia di Spirito Santo. Or avvenne che anche a Iconio essi entrarono nella sinagoga dei Giudei e parlarono in modo tale che una grande folla di Giudei e di Greci credette, ma i Giudei increduli sollevarono e inasprirono gli animi dei gentili contro i fratelli. Essi dunque rimasero là molto tempo, parlando francamente nel Signore, il quale rendeva testimonianza alla parola della sua grazia, concedendo che segni e prodigi si operassero per mano loro. Or la popolazione della città fu divisa: gli uni parteggiavano per i Giudei e gli altri per gli apostoli. Ma quando ci fu un tentativo dei gentili e dei Giudei con i loro capi di maltrattare gli apostoli e lapidarli, essi lo vennero a sapere e fuggirono nelle città della Licaonia, a Listra. a Derbe, e nella regione circostante e là continuarono ad evangelizzare. Or a Listra c’era un uomo paralizzato ai piedi, che stava sempre seduto e non aveva mai camminato, essendo storpio sin dal grembo di sua madre. Costui udí parlare Paolo che, fissati gli occhi su di lui, e vedendo che egli aveva fede per essere guarito, disse ad alta voce: »Alzati in piedi«. Ed egli saltò su e si mise a camminare. Quando la folla vide ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: »Gli dèi sono discesi fino a noi, in forma umana«. E chiamavano Barnaba Giove, Paolo Mercurio, perché era lui che parlava di piú. Or il sacerdote di Giove, il cui tempio era all’ingresso della loro città, condusse dei tori con ghirlande alle porte e voleva offrire un sacrificio assieme alla folla. Ma gli apostoli Barnaba e Paolo, udito ciò, si stracciarono le vesti e si precipitarono in mezzo alla folla, gridando e dicendo: »Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani con la vostra stessa natura e vi annunziamo la buona novella, affinché da queste cose vane vi convertiate al Dio vivente cheha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi. Nelle generazioni passate egli ha lasciato che tutte le nazioni seguissero le loro strade; ma non ha lasciato se stesso senza testimonianza, facendo del bene, dandoci dal cielo piogge e stagioni fruttifere e riempiendo i nostri cuori di cibo e di gioia«. Dicendo queste cose, riuscirono a stento a trattenere le folle dall’offrire loro un sacrificio. Or sopraggiunsero certi Giudei da Antiochia e da Iconio; essi, dopo aver persuaso la folla, lapidarono Paolo e, pensando che fosse morto, lo trascinarono fuori della città. Ma, essendosi i discepoli radunati intorno a lui, egli si alzò ed entrò in città; e il giorno seguente partí con Barnaba alla volta di Derbe. E, dopo aver evangelizzato quella città e fatto molti discepoli, se ne ritornarono a Listra, a Iconio e ad Antiochia, confermando gli animi dei discepoli e esortandoli a perseverare nella fede, e dicendo che attraverso molte afflizioni dobbiamo entrare nel regno di Dio. E dopo aver designato per loro degli anziani in ciascuna chiesa, avendo pregato e digiunato, li raccomandarono al Signore nel quale avevano creduto. Attraversata poi la Pisidia, vennero nella Panfilia. E, dopo aver annunziata la parola a Perge, scesero ad Attalia. Poi di là salparono per Antiochia da dove erano stati raccomandati alla grazia di Dio per l’opera che avevano appena compiuta. Giunti là, radunarono la chiesa e riferirono quante grandi cose Dio aveva compiuto per mezzo loro e come egli aveva aperto ai gentili la porta della fede. E rimasero qui con i discepoli per parecchio tempo. Or alcuni, discesi dalla Giudea, insegnavano ai fratelli, dicendo: »Se non siete circoncisi secondo il rito di Mosé, non potete essere salvati«. Essendo perciò sorta una non piccola controversia e discussione da parte di Paolo e Barnaba con costoro fu ordinato che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro salissero a Gerusalemme dagli apostoli e anziani per tale questione. Essi dunque, scortati per un tratto dalla chiesa, attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione dei gentili e arrecando grande gioia a tutti i fratelli. Giunti a Gerusalemme, furono accolti dalla chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono le grandi cose che Dio aveva operato per mezzo di loro. Ma alcuni della setta dei farisei che avevano creduto si alzarono, dicendo: »Bisogna circoncidere i gentili e comandar loro di osservare la legge di Mosé«. Allora gli apostoli e gli anziani si radunarono per esaminare questo problema. Ed essendo sorta una grande disputa, Pietro si alzò in piedi e disse loro: »Fratelli, voi sapete che già dai primi tempi Dio tra noi scelse me, affinché per la mia bocca i gentili udissero la parola dell’evangelo e credessero. Dio, che conosce i cuori, ha reso loro testimonianza, dando loro lo Spirito Santo, proprio come a noi; e non ha fatto alcuna differenza tra noi e loro, avendo purificato i loro cuori mediante la fede. Ora dunque perché tentate Dio, mettendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri né noi abbiamo potuto portare? Ma noi crediamo di essere salvati mediante la grazia del Signor Gesú Cristo, e nello stesso modo anche loro«. Allora tutta la folla tacque, e stavano ad ascoltare Barnaba e Paolo, che raccontavano quali segni e prodigi Dio aveva operato per mezzo loro fra i gentili. Quando essi tacquero, Giacomo prese la parola e disse: »Fratelli, ascoltatemi. Simone ha raccontato come per la prima volta Dio ha visitato i gentili per scegliersi da quelli un popolo per il suo nome. Con questo si accordano le parole dei profeti, come è scritto: "Dopo queste cose, io ritornerò e riedificherò il tabernacolo, di Davide che è caduto, restaurerò le sue rovine e lo rimetterò in piedi, affinché il resto degli uomini e tutte le genti su cui è invocato il mio nome cerchino il Signore, dice il Signore che fa tutte queste cose". A Dio sono note da sempre tutte le opere sue. Perciò io ritengo che non si dia molestia a quelli che tra i gentili si convertono a Dio, ma che si scriva loro di astenersi dalle contaminazioni degli idoli, dalla fornicazione, dalle cose soffocate e dal sangue Poiché Mosé già dai tempi antichi ha delle persone che lo predicano per ogni città essendo letto ogni sabato nelle sinagoghe«. Allora parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa di mandare ad Antiochia, con Paolo e Barnaba, degli uomini scelti da loro: Giuda, soprannominato Barsabba, e Sila, uomini autorevoli tra i fratelli, con una lettera scritta di loro mano che diceva: »Gli apostoli, gli anziani e i fratelli, ai fratelli fra i gentili che sono in Antiochia Siria e Cilicia, salute. Siccome abbiamo inteso che alcuni provenienti da noi, ma ai quali non avevamo dato alcun mandato, vi hanno turbato con parole sconvolgendo le anime vostre, dicendo che bisogna che siate circoncisi e osserviate la legge, è parso bene a noi, riuniti di comune accordo, di scegliere alcuni uomini e di mandarli assieme ai nostri cari Barnaba e Paolo, uomini che hanno rischiato la loro vita per il nome del Signor nostro Gesú Cristo. Abbiamo dunque mandato Giuda, e Sila; anch’essi a voce riferiranno le medesime cose. Infatti è parso bene allo Spirito Santo e a noi di non imporvi alcun altro peso all’infuori di queste cose necessarie: che vi asteniate dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione, farete bene a guardarvi da queste cose. State bene«. Essi dunque, congedatisi, discesero ad Antiochia e, riunita l’assemblea, consegnarono la lettera. E, dopo averla letta, quelli di Antiochia si rallegrarono della consolazione Or Giuda e Sila, essendo anch’essi profeti, con molte parole esortarono i fratelli e li confermarono. Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, furono dai fratelli rimandati in pace dagli apostoli. Ma parve bene a Sila di restare là. Anche Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando ed annunziando con molti altri la parola del Signore. Alcuni giorni dopo, Paolo disse a Barnaba: »Torniamo ora a visitare i nostri fratelli in ogni città dove abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno«. Or Barnaba intendeva prendere con loro Giovanni, detto Marco. Ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere con loro colui che si era separato da loro in Panfilia, e non era andato con loro all’opera. Ne nacque allora una tale disputa che si separarono l’uno dall’altro, poi Barnaba, preso Marco, s’imbarcò per Cipro. Paolo invece, sceltosi per compagno Sila, partí, raccomandato dai fratelli alla grazia di Dio. E attraversò la Siria e la Cilicia, confermando le chiese. Or egli giunse a Derbe e a Listra; qui c’era un discepolo, di nome Timoteo, figlio di una donna giudea credente, ma di padre greco, di cui rendevano buona testimonianza i fratelli di Listra e di Iconio. Paolo volle che questi andasse con lui; cosí presolo con sé, lo circoncise a motivo dei Giudei che erano in quei luoghi, perché tutti sapevano che suo padre era greco. E, come essi attraversavano le città, ordinavano loro di osservare le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani a Gerusalemme. Le chiese dunque erano fortificate nella fede e crescevano di numero ogni giorno. Mentre attraversavano la Frigia e la regione della Galazia, furono impediti dallo Spirito Santo di annunziare la parola in Asia. Giunti ai confini della Misia, essi tentavano di andare in Bitinia, ma lo Spirito non lo permise loro. Cosí, attraversata la Misia, discesero a Troas. Durante la notte apparve a Paolo una visione. Gli stava davanti un uomo Macedone, che lo supplicava e diceva: »Passa in Macedonia e soccorrici«. Dopo che ebbe visto la visione, cercammo subito di passare in Macedonia, persuasi che il Signore ci aveva chiamati là per annunziare loro il vangelo. Perciò, salpando da Troas, ci dirigemmo a Samotracia, e il giorno seguente a Neapolis, e di là a Filippi, che è la prima città di quella parte della Macedonia e una colonia romana; e restammo in quella città diversi giorni. Il giorno di sabato andammo fuori città lungo il fiume, dove era il luogo ordinario della preghiera; e, postici a sedere, parlavamo alle donne che erano là radunate. E una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiatira, che adorava Dio, stava ad ascoltare. E il Signore aprí il suo cuore per dare ascolto alle cose dette da Paolo. Dopo essere stata battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: »Se mi avete giudicata fedele al Signore, entrate e rimanete in casa mia«. E ci costrinse ad accettare. Ora, mentre andavamo al luogo della preghiera, ci venne incontro una giovane schiava che aveva uno spirito di divinazione e che, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni. Costei, messasi a seguire Paolo e noi, gridava, dicendo: »Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza«. Ed essa fece questo per molti giorni; ma Paolo, infastidito, si voltò e disse allo spirito: »Io ti comando nel nome di Gesú Cristo di uscire da lei«. E lo spirito uscí in quell’istante. Ora i padroni di lei, vedendo che la speranza del loro guadagno era svanita, presero Paolo e Sila e li trascinarono sulla piazza del mercato davanti ai magistrati; e, presentatili ai pretori, dissero: »Questi uomini, che sono Giudei, turbano la nostra città, e predicano usanze, che a noi che siamo Romani, non è lecito di accettare o di osservare«. Allora la folla insorse tutta insieme contro di loro; e i pretori, strappate loro le vesti, comandarono che fossero frustati. E, dopo averli battuti con molti colpi, li gettarono in prigione, comandando al carceriere di tenerli al sicuro. Questi, ricevuto un tale ordine, li gettò nella parte piú interna della prigione e fissò i loro piedi ai ceppi. Verso la mezzanotte Paolo e Sila pregavano e cantavano inni a Dio; e i prigionieri li udivano. Improvvisamente si fece un gran terremoto tanto che le fondamenta della prigione furono scosse: e in quell’istante tutte le porte si aprirono e le catene di tutti si sciolsero. Il carceriere, destatosi e viste le porte della prigione spalancate, trasse fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò ad alta voce: »Non farti alcun male, perché noi siamo tutti qui«. E, chiesto un lume, egli corse dentro, e tutto tremante si gettò ai piedi di Paolo e Sila; poi li condusse fuori e disse: »Signori, cosa devo fare per essere salvato?«. Ed essi dissero: »Credi nel Signore Gesú Cristo, e sarai salvato tu e la casa tua«. Poi essi annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti coloro che erano in casa sua. Ed egli li prese in quella stessa ora della notte e lavò loro le piaghe. E lui e tutti i suoi furono subito battezzati. Condottili quindi in casa sua, apparecchiò loro la tavola e si rallegrava con tutta la sua famiglia di aver creduto in Dio. Fattosi giorno i pretori mandarono i littori a dire al carceriere: »Lascia liberi quegli uomini«. E il carceriere riferí a Paolo queste parole: »I pretori hanno mandato a dire che siate lasciati liberi; quindi uscite e andate in pace«. Ma Paolo disse loro: »Dopo averci pubblicamente battuti senza essere stati condannati in giudizio, noi che siamo cittadini romani, ci hanno gettati in prigione e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano loro stessi a condurci fuori«. I littori riferirono queste parole ai pretori; ed essi, quando udirono che erano cittadini romani, ebbero paura. Or essi vennero e li pregarono di scusarli e, condottili fuori, chiesero loro di lasciare la città. Allora essi, usciti di prigione, entrarono in casa di Lidia e, visti i fratelli, li consolarono; poi partirono. Or dopo essere passati per Anfipoli e per Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c’era la sinagoga dei Giudei. E Paolo, secondo il suo solito, entrò da loro e per tre sabati presentò loro argomenti tratti dalle Scritture, dichiarando e dimostrando loro, che era necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti, e dicendo: »Questo Gesú che vi annunzio è il Cristo«. Alcuni di loro credettero e si unirono a Paolo e Sila, come pure un gran numero di Greci pii e non poche donne ragguardevoli. Ma i Giudei che non avevano creduto, mossi da invidia, presero con loro certi uomini malvagi tra la gente di piazza e, radunata una plebaglia, misero in subbuglio la città, avendo poi assalita la casa di Giasone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo. Ma, non avendoli trovati, trascinarono Giasone e alcuni dei fratelli davanti ai capi della città, gridando: »Quelli che hanno messo sottosopra il mondo sono venuti anche qua, e Giasone li ha accolti; tutti costoro agiscono contro gli statuti di Cesare, dicendo che c’è un altro re, cioè Gesú«. Cosí misero in agitazione il popolo e i capi della città, che udivano queste cose. Ma essi, ricevuta una cauzione da Giasone e dagli altri, li lasciarono andare Allora i fratelli fecero subito partire di notte Paolo e Sila per Berea ed essi, appena vi giunsero, entrarono nella sinagoga dei Giudei. Or costoro erano di sentimenti piú nobili di quelli di Tessalonica e ricevettero la parola con tutta prontezza, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se queste cose stavano cosí. Così molti di loro credettero assieme a un non piccolo numero di nobili donne greche e di uomini. Ma, quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che la parola di Dio era stata annunziata da Paolo anche a Berea, andarono pure là, mettendo in agitazione le folle. Allora i fratelli fecero subito partire Paolo in direzione del mare, ma Sila e Timoteo rimasero là. Quelli che scortavano Paolo lo condussero fino ad Atene; poi, ricevuto da lui l’incarico di dire a Sila e a Timoteo di raggiungerlo quanto prima, tornarono indietro. Ora, mentre Paolo li aspettava ad Atene, il suo spirito s’inacerbiva in lui, vedendo la città piena di idoli. Egli dunque discuteva nella sinagoga con i Giudei e con le persone pie, e ogni giorno sulla piazza con quelli che incontrava. Con lui discutevano pure alcuni filosofi epicurei, e stoici. Alcuni dicevano: »Che vuol dire questo cianciatore?«. E gli altri: »Egli pare essere un annunziatore di divinità straniere«, perché annunziava loro Gesú e la risurrezione. Cosí lo presero e lo condussero nell’Areopago, dicendo: »Potremmo sapere qual è questa nuova dottrina che tu proponi? Poiché tu rechi cose strane ai nostri orecchi, vogliamo dunque sapere che cosa significano queste cose«. Or tutti gli Ateniesi e i forestieri che dimoravano in quella città non avevano passatempo migliore che quello di dire o ascoltare qualche novità. Allora Paolo, stando in piedi in mezzo all’Areopago, disse: »Ateniesi, io vi trovo in ogni cosa fin troppo religiosi. Poiché, passando in rassegna e osservando gli oggetti del vostro culto, ho trovato anche un altare sul quale era scritto: AL DIO SCONOSCIUTO. Quello dunque che voi adorate senza conoscerlo, io ve lo annunzio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutte le cose che sono in esso, essendo Signore del cielo e della terra, non abita in templi fatti da mani d’uomo, e non è servito dalle mani di uomini come se avesse bisogno di qualcosa, essendo lui che dà a tutti la vita, il fiato e ogni cosa; or egli ha tratto da uno solo tutte le stirpi degli uomini, perché abitassero sopra tutta la faccia della terra, avendo determinato le epoche prestabilite e i confini della loro abitazione, affinché cercassero il Signore, se mai riuscissero a trovarlo come a tastoni, benché egli non sia lontano da ognuno di noi. Poiché in lui viviamo, ci muoviamo e siamo, come persino alcuni dei vostri poeti hanno detto: »Poiché siamo anche sua progenie«. Essendo dunque noi progenie di Dio, non dobbiamo stimare che la deità sia simile all’oro o all’argento o alla pietra o alla scultura d’arte e d’invenzione umana. Ma ora, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, Dio comanda a tutti gli uomini e dappertutto che si ravvedano. Poiché egli ha stabilito un giorno in cui giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo di quell’uomo che egli ha stabilito; e ne ha dato prova a tutti, risuscitandolo dai morti«. Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo beffavano, altri dicevano: »Su questo argomento ti ascolteremo un’altra volta«. Cosí Paolo uscí di mezzo a loro. Ma alcuni si unirono a lui e credettero fra i quali anche Dionigi l’areopagita, una donna di nome Damaris e altri con loro. Dopo queste cose Paolo partí da Atene e venne a Corinto. E, trovato un certo Giudeo, di nome Aquila originario del Ponto, venuto di recente dall’Italia insieme a Priscilla, sua moglie (perché Claudio aveva ordinato che tutti i Giudei partissero da Roma) si recò da loro. Or siccome era dello stesso mestiere andò ad abitare con loro e lavorava; per professione infatti essi erano fabbricanti di tende. Ogni sabato insegnava nella sinagoga e riusciva a persuadere Giudei e Greci. Quando Sila e Timoteo giunsero dalla Macedonia Paolo era spinto dallo Spirito a testimoniare ai Giudei, che Gesú, era il Cristo. Ma poiché essi contrastavano e bestemmiavano, egli scosse le sue vesti e disse loro: »Il vostro sangue ricada sul vostro capo io sono libero da ogni colpa; da ora in poi andrò ai gentili«. E allontanatosi di là, entrò in casa di un tale di nome Giusto, il quale serviva Dio e la cui casa era attigua alla sinagoga. Or Crispo, capo della sinagoga, credette al Signore con tutta la sua famiglia; anche molti dei Corinzi, udendo Paolo credevano ed erano battezzati. Una notte il Signore in visione disse a Paolo: »Non temere, ma parla e non tacere, perché io sono con te e nessuno ti metterà le mani addosso per farti del male poiché io ho un grande popolo in questa città«. Cosí egli rimase là un anno e sei mesi, insegnando fra di loro la parola di Dio. Ma, mentre Gallione era proconsole dell’Acaia, i Giudei insorsero tutti d’accordo contro Paolo e lo condussero al tribunale, dicendo: »Costui persuade la gente a servire Dio, contrariamente a quanto la legge insegna«. Come Paolo stava per aprire la bocca, Gallione disse ai Giudei: »Se si trattasse di qualche ingiustizia o misfatto, o Giudei, io vi ascolterei pazientemente, secondo la ragione; ma se sono questioni che riguardano parole, nomi e la vostra legge, vedetevela voi, perché io non voglio essere giudice di tali cose«. E li scacciò dal tribunale. Allora tutti i Greci presero Sostene capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale. Ma Gallione non si curava di queste cose. Ora Paolo, dopo aver dimorato là ancora molti giorni prese commiato dai fratelli e s’imbarcò per la Siria con Priscilla ed Aquila, essendosi fatto radere il capo a Cencrea, perché aveva fatto un voto. Quando giunse ad Efeso, li lasciò lí. Ma egli entrò nella sinagoga e si mise a discutere con i Giudei. Questi lo pregavano di rimanere con loro piú a lungo, ma egli non acconsentí; ma si congedò da loro, dicendo: »Devo proprio passare la prossima festa a Gerusalemme, ma ritornerò di nuovo da voi, se piace a Dio«. Cosí partí via mare da Efeso. Sbarcato a Cesarea, salí a Gerusalemme, e, dopo aver salutato la chiesa, scese ad Antiochia. Dopo aver trascorso là un po’ di tempo, ripartí percorrendo successivamente le regioni della Galazia e della Frigia, confermando nella fede tutti i discepoli. Or un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria uomo eloquente e ferrato nelle Scritture, arrivò ad Efeso. Costui era ammaestrato nella via del Signore e fervente di spirito, parlava e insegnava diligentemente le cose del Signore, ma conosceva soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare francamente nella sinagoga. Ma, quando Aquila e Priscilla l’udirono, lo presero con loro e gli esposero piú a fondo la via di Dio. Poi, volendo egli passare in Acaia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli che l’accogliessero. Giunto colà, egli fu di grande aiuto a coloro che avevano creduto mediante la grazia. Egli infatti confutava con grande vigore i Giudei pubblicamente, dimostrando per mezzo delle Scritture che Gesú è il Cristo. Ora, mentre Apollo era a Corinto, Paolo, attraversate le località piú alte del paese, giunse ad Efeso e, trovati là alcuni discepoli, disse loro: »Avete ricevuto lo Spirito Santo, quando avete creduto?«. Quelli gli risposero: »Non abbiamo neppure udito che vi sia uno Spirito Santo«. E disse loro: »Con quale battesimo dunque siete stati battezzati?«. Essi risposero: »Col battesimo di Giovanni«. Allora Paolo disse: »Giovanni battezzò con il battesimo di ravvedimento dicendo al popolo che dovevano credere in colui che veniva dopo di lui, cioè in Cristo Gesú«. Udito questo, furono battezzati nel nome del Signore Gesú. E, quando Paolo impose loro le mani, lo Spirito Santo scese su di loro e parlavano in altre lingue e profetizzavano. Or erano in tutto circa dodici uomini. Poi egli entrò nella sinagoga e parlò con franchezza per tre mesi, discutendo e persuadendo sulle cose appartenenti al regno di Dio. Ma poiché alcuni si indurivano e persistevano nell’incredulità, parlando male della via in presenza della folla, egli, ritiratosi da loro, separò i discepoli e continuò a discutere ogni giorno nella scuola di un certo Tiranno. E questo durò per due anni di modo che tutti gli abitanti dell’Asia, Giudei e Greci, udirono la parola del Signore Gesú. E Dio faceva prodigi straordinari per le mani di Paolo, al punto che si portavano sui malati degli asciugatoi e dei grembiuli che erano stati sul suo corpo, e le malattie si allontanavano da loro e gli spiriti maligni uscivano da loro. Or alcuni itineranti esorcisti Giudei tentarono di invocare il nome del Signore Gesú su coloro che avevano gli spiriti maligni, dicendo: »Vi scongiuriamo per Gesú, che Paolo predica!«. E quelli che facevano questo erano sette figli di un certo Sceva, un capo sacerdote giudeo. Ma lo spirito maligno rispose e disse: »Io conosco Gesú e so chi è Paolo, ma voi chi siete?«. Quindi l’uomo che aveva lo spirito maligno si avventò su di loro e, sopraffattili, fece loro tal violenza che fuggirono da quella casa, nudi e feriti. Or questo fu risaputo da tutti i Giudei e Greci che abitavano ad Efeso, e furono tutti presi da paura, e il nome del Signore Gesú era magnificato. E molti di coloro che avevano creduto venivano a confessare, e a dichiarare le cose che avevano fatto. Molti di coloro che avevano esercitato le arti occulte radunarono assieme i libri e li arsero in presenza di tutti, e, calcolatone il prezzo, si trovò che ammontava a cinquantamila pezzi d’argento. Cosí la parola di Dio cresceva potentemente e si affermava. Dopo questi avvenimenti. Paolo si mise nell’animo di andare a Gerusalemme passando per la Macedonia e per l’Acaia, e diceva: »Dopo essere stato lí, bisogna che io veda anche Roma«. Mandati allora in Macedonia due dei suoi collaboratori, cioè Timoteo ed Erasto, egli si trattenne ancora qualche tempo in Asia. Or in quel tempo nacque un grande tumulto in merito alla Via, perché un tale di nome Demetrio, orafo, che faceva dei templi di Diana in argento, procurava non poco guadagno agli artigiani. Costui li radunò insieme ai lavoratori che avevano un’attività affine, e disse: »Uomini, voi sapete che il nostro guadagno proviene da questa attività. Or voi vedete e udite che questo Paolo ha persuaso e sviato un gran numero di gente non solo in Efeso, ma in quasi tutta l’Asia, dicendo che non sono dèi quelli costruiti da mano d’uomo. Non solo c’è pericolo per noi che quest’arte particolare venga discreditata, ma che anche il tempio della grande dea Diana non conti piú nulla, e che venga spogliata della sua grandezza colei che tutta l’Asia, anzi tutto il mondo, adora«. All’udire queste cose, essi si accesero di sdegno e gridarono, dicendo: »Grande è la Diana degli Efesini«. E tutta la città fu ripiena di confusione; e, trascinando con forza Gaio e Aristarco, Macedoni, compagni di viaggio di Paolo, corsero tutti d’accordo al teatro. Or Paolo voleva presentarsi al popolo, ma i discepoli non glielo permisero. Anche alcuni Asiarchi, che gli erano amici, mandarono a pregarlo di non presentarsi al teatro. Intanto gli uni gridavano una cosa, gli altri un’altra, tanto che l’adunanza era confusa e i piú non sapevano per quale ragione si fossero radunati. Allora fu fatto uscire dalla folla Alessandro, spinto avanti dai Giudei. E Alessandro, fatto cenno con la mano, voleva parlare in sua difesa al popolo. Ma, quando si resero conto che egli era Giudeo, si misero tutti a gridare a una sola voce per quasi due ore: »Grande è la Diana degli Efesini«. Dopo aver calmato la folla, il cancelliere disse: »Efesini, chi è mai quell’uomo che non sappia che la città degli Efesini è la custode del tempio della grande dea Diana e della sua immagine caduta da Giove? Poiché dunque queste cose sono incontestabili, voi dovete restare calmi e non fare nulla di sconsiderato. Infatti avete condotto qui questi uomini, che non sono né sacrileghi né bestemmiatori della vostra dea. Se dunque Demetrio e gli artigiani che sono con lui hanno qualcosa contro qualcuno, i tribunali sono aperti e vi sono i proconsoli; presenti ognuno le sue accuse. Se poi avete qualche altra richiesta da fare, ciò si risolverà nell’ordinaria assemblea. Noi infatti corriamo il rischio di essere accusati di sedizione per l’accaduto di oggi, non essendovi ragione alcuna con cui giustificare questo assembramento«. E, dette queste cose, sciolse l’adunanza. Dopo che fu cessato il tumulto, Paolo chiamò a sé i discepoli, li abbracciò e partí per andare in Macedonia. E, dopo aver attraversato quelle regioni e aver dato loro molte esortazioni, si recò in Grecia. Dopo aver trascorso colà tre mesi, poiché i Giudei avevano ordito un complotto mentre egli stava salpando per la Siria, decise di far ritorno passando per la Macedonia. Or l’accompagnarono fino in Asia Sopatro di Berea, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timoteo, e Tichico e Trofimo, oriundi dell’Asia. Costoro, partiti prima di noi, ci aspettarono a Troas. Ma noi partimmo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e in cinque giorni li raggiungemmo a Troas, dove dimorammo sette giorni. Il primo giorno della settimana, essendosi i discepoli radunati per rompere il pane, Paolo, dovendo partire il giorno seguente, conversava con loro, e protrasse il discorso fino a mezzanotte. Or nella sala, dove eravamo radunati, vi erano molte lampade. Un giovane di nome Eutico, che era seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo; e, mentre Paolo tirava il suo discorso a lungo, preso dal sonno, cadde dal terzo piano e fu raccolto morto. Ma Paolo, sceso giú, si gettò su di lui, l’abbracciò e disse: »Non vi turbate, perché l’anima sua è in lui«. Quindi risalí, spezzò il pane con loro e mangiò, e dopo aver parlato a lungo fino all’alba, partí. Intanto ricondussero il ragazzo vivo, per cui furono oltremodo consolati. Noi invece, che ci eravamo già imbarcati, navigammo verso Asso, dove avevamo intenzione di riprendere a bordo Paolo, perché aveva stabilito cosí, volendo egli fare quel viaggio via terra. Quando ci raggiunse ad Asso, lo prendemmo con noi e arrivammo a Mitilene. Salpammo di là e arrivammo il giorno seguente di fronte a Chio; l’indomani raggiungemmo Samo e, dopo una sosta a Trogillio, il giorno dopo giungemmo a Mileto. Paolo infatti aveva deliberato di navigare senza fermarsi a Efeso per evitare di perdere tempo in Asia, perché aveva fretta di trovarsi, se possibile, a Gerusalemme il giorno di Pentecoste. Da Mileto mandò ad Efeso a far chiamare gli anziani della chiesa. Quando giunsero da lui, egli disse loro: »Voi sapete dal primo giorno che entrai in Asia come ho vissuto tra di voi per tutto questo tempo, servendo il Signore in tutta umiltà con molte lacrime e prove che mi sono avvenute per le insidie dei Giudei e come io non mi sono astenuto di annunziarvi e insegnarvi in pubblico e per le case nessuna di quelle cose che sono giovevoli, dichiarando solennemente ai Giudei e ai Greci la necessità della conversione a Dio e della fede nel Signor nostro Gesú Cristo. Ed ora, ecco, spinto dallo Spirito, vado a Gerusalemme, non sapendo le cose che là mi accadranno, se non ciò che lo Spirito Santo mi attesta in ogni città, dicendo che mi aspettano legami e tribolazioni. Ma io non ne tengo alcun conto e la mia propria vita non mi è cara, pur di terminare con gioia il mio corso e il ministero che ho ricevuto dal Signore Gesú, che è di testimoniare pienamente l’evangelo della grazia di Dio. Ecco, ora so che voi tutti, fra i quali sono andato e venuto predicando il regno di Dio, non vedrete piú la mia faccia. Perciò oggi vi dichiaro di essere puro del sangue di tutti; poiché io non mi sono tratto indietro dall’annunziarvi tutto il consiglio di Dio. Badate dunque a voi stessi e a tutto il gregge in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata col proprio sangue Infatti io so che dopo la mia partenza, entreranno in mezzo a voi dei lupi rapaci, i quali non risparmieranno il gregge, e che tra voi stessi sorgeranno degli uomini che proporranno cose perverse per trascinarsi dietro i discepoli. Perciò vegliate, ricordandovi che per lo spazio di tre anni, giorno e notte, non ho mai cessato di ammonire ciascuno con lacrime. Ed ora, fratelli, io vi raccomando a Dio e alla parola della sua grazia, che è in grado di edificarvi e di darvi l’eredità in mezzo a tutti i santificati. Io non ho desiderato né l’argento, né l’oro, né il vestito di alcuno. E voi stessi sapete che queste mani hanno provveduto ai bisogni miei e di quelli che erano con me. In ogni cosa vi ho mostrato che affaticandosi in questo mondo ci conviene sostenere gli infermi e ricordarsi delle parole del Signore Gesú, il quale disse: »C’è maggior felicità nel dare che nel ricevere!«. E, quando ebbe dette queste cose, si inginocchiò e pregò con tutti loro. Allora tutti scoppiarono in un gran pianto e, gettatisi al collo di Paolo, lo baciavano, dolenti soprattutto per la parola che aveva detto, che non vedrebbero piú la sua faccia. Poi l’accompagnarono alla nave. Dopo esserci separati da loro, salpammo e, puntando diritto, arrivammo a Cos, il giorno seguente a Rodi, e di là a Patara. Trovata qui una nave diretta in Fenicia, ci imbarcammo e salpammo. Avvistata Cipro e lasciatala a sinistra, proseguimmo per la Siria e approdammo a Tiro, perché qui si doveva scaricare la nave. Trovati i discepoli, ci trattenemmo sette giorni; mossi dallo Spirito, essi dicevano a Paolo di non salire a Gerusalemme. Ma al termine del nostro soggiorno, partimmo e ci mettemmo in cammino, accompagnati da tutti, con le mogli e figli, fin fuori della città; e, postici in ginocchio sul lido, pregammo. Poi, dopo esserci scambiati i saluti, montammo sulla nave, mentre quelli se ne tornarono alle loro case. Terminata la navigazione, da Tiro arrivammo a Tolemaide e, salutati i fratelli, ci trattenemmo un giorno con loro. Ripartiti il giorno seguente, noi che eravamo compagni di Paolo, arrivammo a Cesarea e, entrati in casa di Filippo l’evangelista che era uno dei sette, restammo presso di lui. Or egli aveva quattro figlie vergini, che profetizzavano. E, restando noi lí molti giorni, un certo profeta di nome Agabo, scese dalla Giudea. Venuto da noi, egli prese la cintura di Paolo, si legò mani e piedi, e disse: »Questo dice lo Spirito Santo: Cosí legheranno i Giudei a Gerusalemme l’uomo a cui appartiene questa cintura e lo consegneranno nelle mani dei gentili«. All’udire queste cose, noi e quelli del luogo lo pregavamo di non salire a Gerusalemme. Ma Paolo rispose: »Che fate voi, piangendo e spezzandomi il cuore? Poiché io sono pronto non solo ad essere legato, ma anche a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesú«. E siccome non c’era modo di persuaderlo, ci rassegnammo dicendo: »Sia fatta la volontà del Signore«. Dopo quei giorni, preparate le nostre cose, salimmo a Gerusalemme. Con noi vennero anche alcuni discepoli di Cesarea e condussero con loro un certo Mnasone, nativo di Cipro, un vecchio discepolo, presso il quale dovevamo alloggiare. Al nostro arrivo a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero lietamente. Il giorno seguente Paolo si recò con noi da Giacomo, e tutti gli anziani erano presenti. Dopo averli salutati, Paolo raccontò loro, ad una ad una, le cose che il Signore aveva operato fra i gentili per mezzo del suo ministero. Ed essi, udito ciò, glorificavano Dio, poi dissero a Paolo: »Fratello, tu vedi quante migliaia di Giudei vi sono che hanno creduto; e tutti sono zelanti della legge. Or sono stati informati a tuo riguardo che tu insegni a tutti i Giudei che vivono fra i gentili di distaccarsi da Mosé, dicendo di non circoncidere i figli e di non seguire piú le usanze giudaiche. Or dunque, che si deve fare? E’ inevitabile che la folla si raduni, perché sapranno che tu sei venuto. Fa’ dunque quanto ti diciamo: noi abbiamo quattro uomini, che hanno fatto un voto; prendili con te, purificati con loro, e paga per loro, perché si possano radere il capo; cosí tutti sapranno che non c’è nulla di vero in quelle cose di cui sono stati informati intorno a te, ma che anche tu sei disciplinato e osservi la legge. Ma per quanto riguarda i gentili che hanno creduto, noi abbiamo loro scritto, avendo stabilito che non osservino alcuna cosa del genere, ma che si guardino unicamente dalle cose sacrificate agli idoli dal sangue, dalle cose soffocate e dalla fornicazione«. Allora Paolo, il giorno seguente, prese con sé quegli uomini e, dopo essersi purificato con loro, entrò nel tempio dichiarando di voler portare a compimento i giorni della purificazione, quando sarebbe stata presentata l’offerta per ciascun di loro. Ma, come i sette giorni stavano per compiersi i Giudei dell’Asia, vedendolo nel tempio, sollevarono tutta la folla e gli misero le mani addosso, gridando: »Uomini d’Israele, venite in aiuto! Costui è l’uomo che insegna a tutti e dappertutto una dottrina che è contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo; oltre a ciò, ha pure condotto dei Greci nel tempio e ha contaminato questo santo luogo«. Infatti avevano in precedenza visto Trofimo di Efeso in città con Paolo, e pensavano che egli lo avesse condotto nel tempio. E tutta la città fu in subbuglio, e ci fu un accorrere di gente; e, preso Paolo, lo trascinarono fuori del tempio e subito furono serrate le porte. Ora, mentre essi cercavano di ucciderlo, al tribuno della coorte giunse la notizia che tutta Gerusalemme era sottosopra. Immediatamente egli, presi dei soldati e dei centurioni, corse verso di loro. E questi, visto il tribuno e i soldati, smisero di battere Paolo. Allora il tribuno, avvicinatosi, lo prese e comandò che fosse legato con due catene, poi domandò chi fosse e che cosa avesse fatto. Tra la folla gli uni gridavano una cosa e gli altri un’altra; non potendo perciò sapere nulla di certo per il tumulto, comandò che fosse condotto nella fortezza. Quando arrivò alla gradinata, egli dovette essere portato dai soldati per la violenza della folla, perché la massa del popolo lo seguiva, gridando: »A morte«. Mentre Paolo stava per essere introdotto nella fortezza, disse al tribuno: »Mi è lecito dirti qualcosa?«. Quegli rispose: »Sai il greco? Non sei tu quell’Egiziano che tempo fa insorse e condusse nel deserto quei quattromila briganti?«. Ma Paolo disse: »Io sono un Giudeo di Tarso, cittadino di quella non oscura città di Cilicia; or ti prego di lasciarmi parlare al popolo«. Avendoglielo permesso, Paolo, stando in piedi sopra la gradinata, fece cenno con la mano al popolo. E, fattosi un gran silenzio, parlò in lingua ebraica dicendo: »Fratelli e padri, ascoltate ciò che ora vi dico a mia difesa«. Nell’udire che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancor piú silenzio. Poi disse: »In verità io sono un Giudeo, nato in Tarso di Cilicia e allevato in questa città ai piedi di Gamaliele, educato nella rigorosa osservanza della legge dei padri, pieno di zelo di Dio, come oggi lo siete voi tutti; io ho perseguitato fino alla morte questa Via, legando e mettendo in prigione uomini e donne, come mi sono testimoni il sommo sacerdote e tutto il sinedrio, degli anziani, dai quali avendo anche ricevuto lettere per i fratelli, mi recavo a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che erano là, perché fossero puniti. Or avvenne che, mentre io ero in cammino e mi avvicinavo a Damasco, intorno a mezzogiorno, all’improvviso una gran luce dal cielo mi folgorò d’intorno. Ed io caddi a terra e udii una voce che mi diceva: »Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?«. Io risposi: »Chi sei, Signore?« Egli mi disse: »Io sono Gesú il Nazareno, che tu perseguiti«. Or quelli che erano con me videro sí la luce e furono spaventati, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi: »Signore, che devo fare?« Il Signore mi disse: »Alzati e va’ a Damasco, là ti sarà annunziato tutto quello che ti è ordinato di fare« Ora, siccome io non vedevo nulla per lo splendore di quella luce, fui condotto per mano da quelli che erano con me, e cosí entrai a Damasco. Or un certo Anania, uomo pio secondo la legge, di cui tutti i Giudei che abitavano a Damasco rendevano buona testimonianza, venne da me e, standomi vicino, mi disse: »Fratello Saulo, ricupera la vista«. In quell’istante io ricuperai la vista e lo guardai. Poi aggiunse: »Il Dio dei nostri padri ti ha preordinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e a udire una voce dalla sua bocca. Perché tu gli devi essere testimone presso tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. Ed ora che aspetti? Alzati e sii battezzato e lavato dai tuoi peccati, invocando il nome del Signore". Or avvenne che, quando ritornai a Gerusalemme e stavo pregando nel tempio, fui rapito in estasi, e vidi il Signore che mi diceva: »Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché essi non riceveranno la tua testimonianza intorno a me«. Allora io dissi: »Signore, loro stessi sanno che incarceravo e battevo da una sinagoga all’altra quelli che credevano in te; quando si versava il sangue di Stefano, tuo martire, anch’io ero presente, acconsentivo alla sua morte e custodivo le vesti di coloro che lo uccidevano. Ma egli mi disse: »Va’ perché io ti manderò lontano tra i gentili?«. Essi lo ascoltarono fino a questo punto; poi alzarono la voce, dicendo: »Togli dal mondo un tale uomo, perché non è degno di vivere!«. Siccome essi gridavano, gettando via le loro vesti e lanciando polvere in aria, il tribuno comandò che Paolo fosse condotto nella fortezza, ordinando di interrogarlo a colpi di flagelli al fine di sapere per quale motivo gridavano cosí contro di lui. Ma, quando lo ebbero disteso con le cinghie, Paolo disse al centurione che era presente: »Vi è lecito flagellare un cittadino romano, non ancora condannato?«. Udito questo, il centurione andò a riferirlo al tribuno, dicendo: »Che cosa stai facendo? Quest’uomo è un cittadino romano!«. Il tribuno allora si recò da Paolo e gli chiese: »Dimmi, sei tu un cittadino romano?«. Egli disse: »Sí, lo sono«. Il tribuno rispose: »Io ho acquistata questa cittadinanza mediante una grande somma di denaro«. Paolo disse: »Io invece l’ho di nascita«. Allora quelli che lo dovevano interrogare si allontanarono subito da lui; e lo stesso tribuno, avendo saputo che egli era cittadino romano, ebbe paura perché lo aveva fatto legare. Or il giorno seguente, volendo sapere con certezza il motivo per cui egli era accusato dai Giudei, lo sciolse dai legami e ordinò ai capi dei sacerdoti e a tutto il sinedrio di venire. Poi, condotto giú Paolo, lo presentò davanti a loro. Paolo, fissati gli occhi sul sinedrio, disse: »Fratelli, fino a questo giorno, io mi sono comportato davanti a Dio in perfetta buona coscienza«. A questo dire il sommo sacerdote Anania ordinò a quelli che gli erano accanto di percuoterlo sulla bocca. Allora Paolo gli disse: »Dio percuoterà te, muro imbiancato. Tu siedi per giudicarmi secondo la legge e, violando la legge, ordini che io sia percosso«. Or quelli che erano presenti dissero: »Insulti tu il sommo sacerdote di Dio?«. Paolo rispose: »Non sapevo, fratelli, che egli fosse sommo sacerdote, perché sta scritto: »Tu non dirai male del principe del tuo popolo««. Paolo quindi, sapendo che una parte dei presenti era composta di sadducei e l’altra di farisei gridò a quelli del sinedrio: »Fratelli, io sono fariseo, figlio di farisei, è a motivo della speranza e della risurrezione dei morti che vengo giudicato«. Appena egli disse questo, nacque un dissenso fra i farisei e i sadducei, e l’assemblea si divise; infatti i sadducei dicono che non vi è risurrezione né angelo, né spirito, mentre i farisei affermano l’una e l’altra cosa. Si fece allora un grande clamore. Gli scribi del partito dei farisei, alzatisi, protestavano con forza e dicevano: »Noi non troviamo nulla di male in quest’uomo; e se uno spirito o un angelo gli avesse parlato? Non combattiamo contro Dio«. Ora siccome il dissenso andava aumentando, il tribuno, per timore che Paolo fosse fatto a pezzi da loro, ordinò ai soldati di scendere e di portarlo via dal loro mezzo, e di ricondurlo nella fortezza. La notte seguente, il Signore si presentò a lui e disse: »Paolo, coraggio, perché come tu hai reso testimonianza di me in Gerusalemme, cosí bisogna che tu la renda anche a Roma«. Quando fu giorno, certi Giudei tramarono una congiura obbligandosi con giuramento esecratorio a non mangiare né bere, finché non avessero ucciso Paolo. Erano piú di quaranta quelli che avevano fatto questa congiura. Essi si presentarono ai capi dei sacerdoti e agli anziani e dissero: »Noi ci siamo impegnati con giuramento di non assaggiare alcuna cosa, finché non abbiamo ucciso Paolo. Or dunque voi con il sinedrio fate una petizione al tribuno perché domani ve lo riconduca, come se voleste indagare piú a fondo sul suo caso, e noi, prima che si avvicini, saremo pronti ad ucciderlo«. Ma il figlio della sorella di Paolo, venuto a conoscenza dell’agguato corse alla fortezza e, entrato, lo riferí a Paolo. Allora Paolo, chiamato a sé uno dei centurioni, disse: »Conduci questo giovane dal tribuno, perché ha qualcosa da comunicargli«. Egli dunque lo prese, lo condusse dal tribuno e disse: »Paolo, quel prigioniero, mi ha chiamato e mi ha pregato di condurti questo giovane, che ha qualcosa da dirti«. Allora il tribuno, presolo per mano, lo condusse in disparte e domandò: »Che cosa hai da riferirmi?«. Egli disse: »I Giudei si sono accordati per chiederti che domani tu conduca Paolo giú nel sinedrio, come se volessero investigare piú a fondo il suo caso. Perciò tu non dar loro ascolto, perché piú di quaranta uomini di loro, stanno in agguato per prenderlo, essendosi impegnati con un voto di non mangiare né bere, finché non l’abbiano ucciso; ed ora sono pronti, aspettando che tu lo permetta loro«. Il tribuno dunque licenziò il giovane, ordinandogli di non palesare ad alcuno che gli avesse fatto sapere queste cose. Poi, chiamati due centurioni, disse loro: »Tenete pronti fin dalle ore tre della notte duecento soldati, settanta cavalieri e duecento lancieri, per andare fino a Cesare«. Disse loro ancora di tenere pronte delle cavalcature per farvi montare su Paolo e condurlo sano e salvo dal governatore Felice. Egli scrisse pure una lettera di questo tenore: »Claudio Lisia, all’eccellentissimo governatore Felice, salute. Quest’uomo era stato preso dai Giudei e stava per essere da loro ucciso, quando io sopraggiunsi con i soldati e lo liberai, avendo inteso che era cittadino romano. Volendo poi sapere la colpa di cui l’accusavano, l’ho condotto nel loro sinedrio. Ho cosí trovato che era accusato per questioni relative alla loro legge e che non c’era in lui alcuna colpa degna di morte né di prigione. Quando poi mi fu riferito dell’agguato che i Giudei tendevano a quest’uomo, te l’ho subito mandato, ordinando pure ai suoi accusatori di esporre davanti a te le rimostranze che hanno contro di lui. Sta’ bene!«. I soldati dunque, secondo ch’era stato loro ordinato, presero in consegna Paolo e lo condussero di notte ad Antipàdride. IL giorno seguente, lasciato ai cavalieri il compito di andare con lui, ritornarono alla fortezza. Quelli giunti a Cesarea e consegnata la lettera al governatore, gli presentarono anche Paolo. Dopo aver letto la lettera, il governatore domandò a Paolo di quale provincia fosse; e, saputo che era della Cilicia, gli disse: »Io ti ascolterò quando saranno arrivati anche i tuoi accusatori«. E ordinò che fosse custodito nel palazzo di Erode. Ora, cinque giorni dopo, arrivò il sommo sacerdote Anania insieme con gli anziani, e con un oratore, un certo Tertullo, essi comparvero davanti al governatore per accusare Paolo. Quando Paolo fu chiamato, Tertullo cominciò ad accusarlo, dicendo: »Eccellentissimo Felice, noi riconosciamo in tutto e per tutto e con profonda gratitudine che la pace che godiamo e le vantaggiose riforme attuate per questa nazione sono opera delle tue previdenti misure. Ma per non importunarti piú a lungo, ti prego nella tua benevolenza di darci brevemente ascolto. Noi abbiamo trovato che quest’uomo è una peste e suscita sedizioni fra tutti i Giudei che sono nel mondo, ed è capo della setta dei Nazareni. Egli ha perfino tentato di profanare il tempio; per questo noi l’abbiamo preso e lo volevamo giudicare secondo la nostra legge. Ma, sopraggiungendo il tribuno Lisia lo ha tolto a forza dalle nostre mani, ordinando ai suoi accusatori di venire da te, esaminandolo, potrai tu stesso sapere da lui la verità su tutte le cose di cui l’accusiamo«. I Giudei si associarono anch’essi nelle accuse, affermando che le cose stavano cosí. Allora Paolo, dopo che il governatore gli fece cenno di parlare, rispose: »Sapendo che da molti anni tu sei giudice di questa nazione, con piú coraggio parlo a mia difesa. Non piú di dodici giorni fa come tu puoi verificare, io salii a Gerusalemme per adorare. Or essi non mi hanno trovato nel tempio a disputare con alcuno, o a incitare la folla né nelle sinagoghe né per la città; né possono provare le cose delle quali ora mi accusano. Ma questo ti confesso che, secondo la Via che essi chiamano setta io servo cosí il Dio dei padri, credendo a tutte le cose che sono scritte nella legge e nei profeti, avendo in Dio la speranza, che anch’essi condividono, che vi sarà una risurrezione dei morti, tanto dei giusti che degli ingiusti. Per questo io mi sforzo di avere continuamente una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini. Ora, dopo molti anni, io sono venuto a portare elemosine e offerte alla mia nazione. Mentre facevo questo, essi mi hanno trovato purificato nel tempio, senza alcun assembramento o tumulto. Ma vi erano alcuni Giudei dell’Asia che dovevano comparire davanti a te per accusarmi, se avevano qualcosa contro di me. O questi stessi dicano se hanno trovato alcun misfatto in me, quando stavo davanti al sinedrio, a meno che sia per questa sola parola che io gridai stando in piedi in mezzo a loro: E’ a motivo della risurrezione dei morti che oggi vengo giudicato da voi. Quando udí queste cose, Felice, che era ben informato sulla Via, rinviò il processo, dicendo: »Quando verrà il tribuno Lisia, prenderò in esame il vostro caso«. E ordinò al centurione che Paolo fosse custodito, ma che avesse una certa libertà, senza impedire a nessuno dei suoi di prestargli dei servizi o di venire a trovarlo. Alcuni giorni dopo Felice, venuto con Drusilla sua moglie che era giudea, mandò a chiamare Paolo e l’ascoltò intorno alla fede in Cristo Gesú. E siccome Paolo parlava di giustizia, di autocontrollo e del giudizio futuro, Felice, tutto spaventato, rispose: »Per il momento va’ quando avrò opportunità, ti manderò a chiamare«. Nel medesimo tempo egli sperava che Paolo gli avrebbe dato del denaro perché lo liberasse; e per questo lo faceva spesso chiamare e conversava con lui. Ma dopo due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo; e Felice, volendo far cosa grata ai Giudei, lasciò Paolo in prigione. Quando Festo giunse nella provincia, tre giorni dopo salí da Cesarea a Gerusalemme. Il sommo sacerdote e i capi dei Giudei gli presentarono le loro accuse contro Paolo e lo supplicavano, chiedendogli nei riguardi di Paolo il favore di farlo trasferire a Gerusalemme; cosí essi lo avrebbero ucciso in un’imboscata lungo la strada. Ma Festo rispose che Paolo era custodito a Cesarea, e che egli stesso sarebbe presto andato là. »Perciò le persone influenti tra di voi«, disse egli, »scendano con me; e se vi è alcuna colpa in quest’uomo, lo accusino«. Fermatosi tra loro non piú di otto o dieci giorni, Festo discese a Cesarea; il giorno seguente sedette in tribunale e ordinò che gli fosse portato Paolo. Quando egli giunse, i Giudei che erano discesi da Gerusalemme lo attorniarono, portando contro a Paolo molte e gravi accuse, che però non potevano provare. Paolo diceva a sua difesa: »Io non ho peccato né contro la legge dei Giudei né contro il tempio né contro Cesare«. Ma Festo, volendo far cosa grata ai Giudei, rispose a Paolo e disse: »Vuoi tu salire a Gerusalemme per esservi giudicato davanti a me intorno a queste cose?«. Allora Paolo disse: »Io sto davanti al tribunale di Cesare, dove devo essere giudicato, io non ho fatto alcun torto ai Giudei, come tu stesso sai molto bene. Se ho fatto del male e ho commesso qualche cosa degna di morte, non rifiuto di morire, ma se non c’è nulla di vero nelle cose delle quali costoro mi accusano, nessuno può consegnarmi nelle loro mani. Mi appello a Cesare« Allora Festo, dopo aver conferito col consiglio, rispose: »Ti sei appellato a Cesare; a Cesare andrai«. Alcuni giorni dopo, il re Agrippa e Berenice arrivarono a Cesarea per salutare Festo. E poiché vi si trattennero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo, dicendo: »Felice ha lasciato prigioniero un certo uomo, contro il quale, quando io fui a Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli anziani dei Giudei presentarono accuse, chiedendo la sua condanna. Io risposi loro che non è abitudine dei Romani di consegnare alcuno per la morte prima che l’accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori, e gli sia stato dato modo di difendersi dall’accusa. Perciò, quando essi si radunarono qui, senza frapporre indugi, il giorno seguente mi sedetti in tribunale e ordinai di portarmi quest’uomo. Quando i suoi accusatori si alzarono, non addussero contro di lui alcuna accusa delle cose che io sospettavo. Ma avevano solamente dei punti di disaccordo sulla loro religione e intorno a un certo Gesú, morto, che Paolo diceva essere vivente. Ora, essendo io perplesso davanti a una controversia del genere, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme e là essere giudicato intorno a queste cose. Ma, essendosi Paolo appellato ad Augusto per rimettersi al suo giudizio, ordinai che fosse custodito finché non potrò mandarlo da Cesare«. Agrippa disse a Festo: »Vorrei ascoltare anch’io quest’uomo«. Ed egli rispose: »Domani l’ascolterai«. Cosí il giorno seguente Agrippa e Berenice vennero con grande pompa e, entrati nella sala dell’udienza con i tribuni e con i notabili della città, per ordine di Festo Paolo fu condotto lí. Allora Festo disse: »Re Agrippa, e voi tutti che siete qui presenti con noi voi vedete costui circa il quale tutta la moltitudine dei Giudei si è rivolta a me in Gerusalemme e qui, gridando che non è piú degno di vivere, Io però, avendo riscontrato che non ha fatto alcuna cosa degna di morte ed essendosi egli stesso appellato ad Augusto, ho deliberato di mandarlo. E, siccome non ho nulla di certo da scrivere all’imperatore nei suoi confronti, l’ho condotto qui davanti a voi, e principalmente davanti a te, o re Agrippa, affinché dopo questa udienza io possa avere qualcosa da scrivere. Mi pare infatti irragionevole mandare un prigioniero senza indicare le accuse fatte contro di lui«. Quindi Agrippa disse a Paolo: »Ti è concesso di parlare a tua difesa!«. Allora Paolo, distesa la mano iniziò a fare la sua difesa: »O re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi oggi discolpare davanti a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai Giudei, soprattutto perché tu conosci tutte le usanze e le questioni che ci sono tra i Giudei; ti prego perciò di ascoltarmi con pazienza. Ora quale sia stato il mio modo di vivere fin dalla giovinezza, che ho trascorsa interamente a Gerusalemme in mezzo al mio popolo, tutti i Giudei lo sanno. Essi mi hanno conosciuto fin d’allora e possono testimoniare, se lo vogliono che son vissuto come fariseo, secondo la piú rigida setta della nostra religione. Ed ora mi trovo in giudizio per la speranza della promessa fatta da Dio ai nostri padri, quella promessa che le nostre dodici tribú, che servono Dio con fervore giorno e notte, sperano di ottenere; per questa speranza, o re Agrippa, io sono accusato dai Giudei. Perché mai ritenete incredibile che Dio risusciti i morti? Io stesso ritenni essere mio dovere far molte cose contro il nome di Gesú il Nazareno. E questo è ciò che feci in Gerusalemme, avendone ricevuto l’autorità dai capi dei sacerdoti, rinchiusi nelle prigioni molti santi e, quando erano messi a morte, io davo il mio assenso. E spesse volte, andando da una sinagoga all’altra, li costrinsi a bestemmiare e, grandemente infuriato contro di loro, li perseguitai fin nelle città straniere. Mentre ero impegnato in questo e stavo andando a Damasco con l’autorizzazione e i pieni poteri dei capi dei sacerdoti, a mezzogiorno, o re, sulla strada io vidi una luce dal cielo piú splendente del sole, sfolgorare intorno a me e a quelli che viaggiavano con me. Essendo noi tutti caduti a terra, udii una voce che mi parlava e mi disse in lingua ebraica: »Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Ti è duro recalcitrare contro i pungoli«. Io dissi: »Chi sei tu, Signore?«. Egli disse: »Io sono Gesú, che tu perseguiti. Ma alzati e stà in piedi, perché per questo ti sono apparso: per costituirti ministro e testimone delle cose che tu hai visto e di quelle per le quali io ti apparirò, liberandoti dal popolo e dai gentili, ai quali ora ti mando, per aprir loro gli occhi e convertirli dalle tenebre alla luce e dalla potestà di Satana a Dio, affinché ricevano mediante la fede in me il perdono dei peccati e un’eredità tra i santificati Perciò, o re Agrippa, io non sono stato disubbidiente alla celeste visione. Ma prima a quelli in Damasco, poi a Gerusalemme. in tutta la regione della Giudea e ai gentili, ho annunziato di ravvedersi e di convertirsi a Dio, facendo opere degne di ravvedimento. Per queste cose i Giudei, dopo avermi preso nel tempio tentarono di uccidermi. Ma, per l’aiuto ottenuto da Dio fino a questo giorno ho continuato a testimoniare a piccoli e grandi, non dicendo nient’altro se non ciò che i profeti e Mosé dissero che doveva avvenire, cioè: che il Cristo avrebbe sofferto e che, essendo il primo a risuscitare dai morti, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai gentili«. Ora, mentre Paolo diceva queste cose a sua difesa, Festo disse ad alta voce: »Paolo, tu farnetichi; le molte lettere ti fanno uscire di senno«. Ma egli disse: »Io non farnetico, eccellentissimo Festo, ma proferisco parole di verità e di buon senno. Infatti il re, al quale parlo con franchezza, è ben informato su queste cose, poiché sono convinto che nessuna di queste cose gli sia sconosciuta, perché tutto questo non è stato fatto in segreto. O re Agrippa, credi ai profeti? Io so che ci credi«. Allora Agrippa disse a Paolo: »Ancora un po’ e mi persuadi a diventare cristiano«. Paolo disse: »Volesse Dio che in poco o molto tempo non solo tu, ma anche tutti quelli che oggi mi ascoltano, diventaste tali, quale sono io, all’infuori di queste catene«. Dette queste cose, il re si alzò e con lui il governatore, Berenice e quelli che sedevano con loro. Ritiratisi in disparte, parlavano tra di loro e dicevano: »Quest’uomo non ha fatto nulla che meriti la morte o la prigione«. Allora Agrippa disse a Festo: »Quest’uomo poteva essere liberato, se non si fosse appellato a Cesare« Quando fu deciso che noi salpassimo per l’Italia, Paolo e alcuni altri prigionieri furono consegnati a un centurione di nome Giulio, della coorte Augusta. Saliti su una nave di Adramitto, che doveva toccare i porti sulle coste dell’Asia, salpammo, avendo con noi Aristarco, un macedone di Tessalonica. Il giorno seguente arrivammo a Sidone; e Giulio, usando umanità verso Paolo, gli permise di andare dai suoi amici per riceverne le cure. Essendo poi partiti di là, navigammo al riparo di Cipro, perché i venti erano contrari. Attraversato il mare a ridosso della Cilicia e della Panfilia, arrivammo a Mira di Licia. Il centurione trovò qui una nave di Alessandria, che faceva vela per l’Italia e ci fece salire. Navigando lentamente per molti giorni, giungemmo a stento di fronte a Cnido per l’impedimento del vento; poi prendemmo a navigare al riparo di Creta, al largo di Salmone. E, costeggiandola con grande difficolta, giungemmo in un certo luogo chiamato Beiporti, vicino al quale era la città di Lasea. Ora, essendo già trascorso molto tempo ed essendo la navigazione divenuta pericolosa, poiché il digiuno era già passato, Paolo ammoní quelli della nave. dicendo: »Uomini, io vedo che la navigazione si farà con pericolo e grave danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre persone«. Ma il centurione aveva maggior fiducia nel pilota e nel capitano della nave che nelle cose dette da Paolo. E poiché quel porto non era adatto per svernare, i piú furono del parere di salpare di là per cercare di arrivare in qualche modo a Fenice, un porto di Creta, esposto al libeccio e al maestrale, e passarvi l’inverno. Quando si levò un leggero scirocco, pensando di poter attuare il loro intento, levarono le ancore e si misero a costeggiare Creta. Ma poco dopo, si scatenò sull’isola un vento impetuoso, chiamato euroclidone. Siccome la nave era portata via, non potendo reggere al vento, la lasciammo in sua balía, e cosí eravamo portati alla deriva. Passati velocemente sotto un’isoletta, chiamata Clauda, riuscimmo a stento a controllare la scialuppa. E, dopo averla tirata a bordo, i marinai usarono tutti i mezzi per fasciare di sotto la nave con gomene e, temendo di finire incagliati nella Sirte, calarono le vele, lasciandosi cosí portare alla deriva. Ma, essendo violentemente sbattuti dalla tempesta, il giorno seguente incominciarono a gettare il carico. Il terzo giorno, con le loro mani gettarono in mare l’attrezzatura della nave Poiché non apparivano né sole né stelle già da molti giorni, e infuriava su di noi una gran tempesta, si era ormai persa ogni speranza di salvezza. E poiché erano rimasti senza cibo per molto tempo. Paolo si alzò in mezzo a loro e disse: »Uomini, se mi aveste dato ascolto e non foste partiti da Creta, avreste evitato questo pericolo e questa perdita. Ma ora vi esorto a non perdervi d’animo, perché non vi sarà perdita della vita di alcuno di voi, ma solo della nave. Poiché mi è apparso questa notte un angelo di Dio, al quale appartengo e che io servo, dicendo: »Paolo, non temere, tu devi comparire davanti a Cesare; ed ecco. Dio ti ha dato tutti coloro che navigano con te«. Perciò, o uomini, state di buon cuore, perché io ho fede in Dio che avverrà esattamente come mi è stato detto. Ma dovremo finire incagliati su un isola«, Quando era la quattordicesima notte che eravamo portati qua e là nel mare Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l’impressione di essere vicini a qualche terra. E, calato lo scandaglio, trovarono venti braccia di profondità; poi, un poco piú avanti calarono di nuovo lo scandaglio, e trovarono quindici braccia. Temendo allora di urtare contro gli scogli, gettarono dalla poppa quattro ancore, aspettando con ansia che si facesse giorno. Ora, siccome i marinai cercavano di fuggire dalla nave e stavano calando la scialuppa in mare col pretesto di voler gettare le ancore da prua Paolo disse al centurione e ai soldati: »Se costoro non restano sulla nave, voi non potete scampare«. Allora i soldati tagliarono le funi della scialuppa e la lasciarono cadere. Nell’attesa che si facesse giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo, dicendo: »Oggi sono quattordici giorni che state aspettando digiuni senza aver preso nulla. Vi esorto perciò a prendere cibo, poiché questo contribuirà alla vostra salvezza; poiché neppure un capello del nostro capo perirà«. Detto questo, prese del pane e rese grazie a Dio in presenza di tutti poi lo ruppe e cominciò a mangiare. Tutti allora, fattosi animo, presero anch’essi del cibo. Or sulla nave noi eravamo duecentosettantasei persone in tutto. Dopo aver mangiato a sazietà, alleggerirono la nave gettando il frumento in mare. Fattosi giorno, non riuscivano a riconoscere la terra, ma notarono una insenatura con la spiaggia e decisero di spingervi la nave, se potevano. Staccate le ancore, le lasciarono andare in mare, sciogliendo nello stesso tempo i legami dei timoni; poi, spiegata la vela maestra al vento, si diressero verso il lido. Ma, essendo incappati in una secca che aveva il mare da ambo i lati, vi arenarono la nave che rimase con la prua incagliata e immobile, mentre la poppa si sfasciava per la violenza delle onde. Or i soldati erano del parere di uccidere i prigionieri, perché nessuno fuggisse a nuoto. Ma il centurione, volendo salvare Paolo, li distolse da quel proposito e comandò a coloro che sapevano nuotare di gettarsi per primi in mare e di raggiungere la terra; poi gli altri, chi su tavole, chi su rottami della nave; e cosí avvenne che tutti poterono mettersi in salvo a terra. Dopo essere giunti in salvo a terra, seppero allora che quell’isola si chiamava Malta. Gli abitanti del luogo usarono verso di noi una gentilezza non comune, perché accesero un gran fuoco e accolsero tutti per la pioggia che cadeva e per il freddo. Ora mentre Paolo raccoglieva un gran fascio di rami secchi e li posava sul fuoco, a motivo del calore ne uscí una vipera e gli si attaccò alla mano. Quando gli abitanti del luogo videro la serpe che gli pendeva dalla mano, dissero l’un l’altro: »Quest’uomo è certamente un omicida perché, pur essendo scampato dal mare, la giustizia divina non gli permette di sopravvivere«. Ma Paolo, scossa la serpe nel fuoco non ne risentí alcun male. Or essi si aspettavano di vederlo gonfiare o cadere morto all’istante; ma dopo aver lungamente aspettato e vedendo che non gli avveniva nulla di insolito, mutarono parere e cominciarono a dire che egli era un dio. In quei dintorni aveva i suoi poderi il capo dell’isola di nome Publio, egli ci accolse e ci ospitò con tanta cortesia per tre giorni. Or avvenne che il padre di Publio giaceva a letto, malato di febbre e di dissenteria; Paolo andò a trovarlo e, dopo aver pregato, gli impose le mani e lo guarí. Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano delle malattie venivano ed erano guariti; e questi ci colmarono di grandi onori e, quando salpammo, ci fornirono delle cose necessarie. Tre mesi dopo, partimmo su una nave di Alessandria, che aveva svernato nell’isola, avente per insegna Castore e Polluce. Arrivati a Siracusa, vi restammo tre giorni. E di là, costeggiando, arrivammo a Reggio. Il giorno dopo si levò lo scirocco, e in due giorni arrivammo a Pozzuoli. Avendo trovato qui dei fratelli, fummo pregati di rimanere presso di loro sette giorni. E cosí giungemmo a Roma. Or i fratelli di là, avute nostre notizie, ci vennero incontro fino al Foro Appio e alle Tre Taverne; e Paolo, quando li vide, rese grazie a Dio e prese coraggio. Quando giungemmo a Roma, il centurione consegnò i prigionieri al capitano della guardia, ma a Paolo fu concesso di abitare per conto suo con un soldato di guardia. Tre giorni dopo, Paolo chiamò i capi dei Giudei. Quando furono radunati, disse loro: »Fratelli, senza aver fatto nulla contro il popolo né contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato nelle mani dei Romani. Dopo aver esaminato il mio caso, essi volevano liberarmi, perché non vi era in me alcuna colpa degna di morte. Ma poiché i Giudei si opponevano, fui costretto ad appellarmi a Cesare; non che io avessi alcuna accusa da fare contro la mia nazione. Per questa ragione dunque vi ho fatti chiamare per vedervi e per parlarvi, poiché è a motivo della speranza d’Israele che io porto questa catena«. Ma essi gli dissero: »Noi non abbiamo ricevuto alcuna lettera a tuo riguardo dalla Giudea, né è venuto alcuno dei fratelli a riferire o a dire alcun male di te. Ma desideriamo sapere da te ciò che pensi perché, quanto a questa setta, ci è noto che ne parlano male ovunque«. Avendogli fissato un giorno, vennero in gran numero da lui nel suo alloggio; ed egli, da mattina a sera, esponeva e testimoniava loro del regno di Dio e, tramite la legge di Mosé e i profeti, cercava di persuaderli sulle cose che riguardano Gesú. Alcuni si lasciarono convincere dalle cose dette, ma gli altri rimasero increduli. Or essendo in disaccordo gli uni con gli altri, se ne andarono, ma non prima che Paolo avesse detto queste precise parole: »Lo Spirito Santo ben parlò ai nostri padri per mezzo del profeta Isaia, dicendo: »Va’ da questo popolo e digli: Voi udrete ma non intenderete, guarderete ma non vedrete; infatti il cuore di questo popolo si è indurito, e sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, affinché non vedano con gli occhi e non odano con gli orecchi, e non intendano col cuore e non si convertano, ed io non li guarisca". Sappiate dunque che questa salvezza di Dio è mandata ai gentili, ed essi l’ascolteranno!«. Quando ebbe dette queste cose, i Giudei se ne andarono avendo tra di loro un’accesa discussione. E Paolo rimase due anni interi nella casa che aveva presa in affitto e accoglieva tutti coloro che venivano da lui, predicando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesú Cristo con tutta franchezza senza alcun impedimento.
Paolo, servo di Gesú Cristo, chiamato ad essere apostolo, appartato per l’evangelo di Dio, come egli aveva già promesso per mezzo dei suoi profeti nelle sante Scritture, riguardo a suo Figlio, nato dal seme di Davide secondo la carne, dichiarato Figlio di Dio in potenza, secondo lo Spirito di santità mediante la resurrezione dai morti: Gesú Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale noi abbiamo ricevuto grazia e apostolato, per l’ubbidienza di fede fra tutte le genti per amore del suo nome, fra le quali anche voi siete stati chiamati da Gesú Cristo; a voi tutti che siete in Roma, amati da Dio, chiamati santi: grazia e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Prima di tutto, rendo grazie al mio Dio per mezzo di Gesú Cristo per tutti voi, perché la vostra fede è pubblicata in tutto il mondo. Perché Dio, a cui io servo nel mio spirito mediante l’evangelo di suo Figlio, mi è testimone che non smetto mai di menzionarvi, chiedendo continuamente nelle mie preghiere che mi sia finalmente concessa dalla volontà di Dio l’opportunità di venire da voi, perché io desidero grandemente vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale, affinché siate fortificati. E questo è per essere in mezzo a voi consolato insieme mediante la fede che abbiamo in comune, vostra e mia. Ora, fratelli, io non voglio che ignoriate che molte volte mi sono proposto di venire da voi per avere qualche frutto fra voi come ne ho avuto fra le altre genti, ma finora ne sono stato impedito. Io sono debitore ai Greci e ai barbari, ai savi e agli ignoranti. Cosí, quanto a me, sono pronto ad evangelizzare anche voi che siete in Roma. Infatti io non mi vergogno dell’evangelo di Cristo, perché esso è la potenza di Dio per la salvezza, di chiunque crede, del Giudeo prima e poi del Greco. Perché la giustizia di Dio è rivelata in esso di fede in fede, come sta scritto: »Il giusto vivrà per fede«. Perché l’ira di Dio si rivela dal cielo sopra ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, perché Dio lo ha loro manifestato. Infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, essendo evidenti per mezzo delle sue opere fin dalla creazione del mondo, si vedono chiaramente, affinché siano inescusabili. Poiché, pur avendo conosciuto Dio, non l’hanno però glorificato né l’hanno ringraziato come Dio, anzi sono divenuti insensati nei loro ragionamenti e il loro cuore senza intendimento si è ottenebrato. Dichiarandosi di essere savi, sono diventati stolti, e hanno mutato la gloria dell’incorruttibile Dio in un’immagine simile a quella di un uomo corruttibile, di uccelli, di bestie quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità nelle concupiscenze dei loro cuori, sí da vituperare i loro corpi tra loro stessi. Essi che hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno adorato e servito la creatura, al posto del Creatore che è benedetto in eterno. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami, poiché anche le loro donne hanno mutato la relazione naturale in quella che è contro natura. Nello stesso modo gli uomini, lasciata la relazione naturale con la donna, si sono accesi nella loro libidine gli uni verso gli altri, commettendo atti indecenti uomini con uomini, ricevendo in se stessi la ricompensa dovuta al loro traviamento. E siccome non ritennero opportuno conoscere Dio, Dio li ha abbandonati ad una mente perversa, da far cose sconvenienti, essendo ripieni d’ogni ingiustizia fornicazione, malvagità, cupidigia, malizia; pieni d’invidia, omicidio, contesa frode, malignità, ingannatori, maldicenti, nemici di Dio, ingiuriosi, superbi, vanagloriosi ideatori di cose malvagie, disubbidienti, al genitori, senza intendimento, senza affidamento, senza affetto naturale, implacabili, spietati. Or essi, pur avendo riconosciuto il decreto di Dio secondo cui quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non solo le fanno, ma approvano anche coloro che le commettono. Perciò, o uomo, chiunque tu sia che, giudichi, sei inescusabile perché in quel che giudichi l’altro, condanni te stesso, poiché tu che giudichi fai le medesime cose. Or noi sappiamo che il giudizio di Dio è secondo verità su coloro che fanno tali cose. E pensi forse, o uomo che giudichi coloro che fanno tali cose e tu pure le fai, di scampare al giudizio di Dio? Ovvero disprezzi le ricchezze della sua benignità, della sua pazienza e longanimità, non conoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento? Ma tu, per la tua durezza ed il cuore impenitente, ti accumuli un tesoro d’ira, per il giorno dell’ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere: la vita eterna a coloro che cercano gloria, onore e immortalità, perseverando nelle opere di bene a coloro invece che contendono e non ubbidiscono alla verità, ma ubbidiscono all’ingiustizia, spetta indignazione ed ira. Tribolazione e angoscia spetta ad ogni anima d’uomo che fa il male del Giudeo prima e poi del Greco; ma gloria, onore e pace a chiunque fa il bene, al Giudeo prima e poi al Greco. Perché presso Dio non v’è parzialità. Infatti tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno pure senza la legge; e tutti quelli che hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati secondo la legge, perché non coloro che odono la legge sono giusti presso Dio, ma coloro che mettono in pratica la legge saranno giustificati. Infatti quando i gentili, che non hanno la legge, fanno per natura le cose della legge, essi, non avendo legge, sono legge a se stessi; questi dimostrano che l’opera della legge è scritta nei loro cuori per la testimonianza che rende la loro coscienza, e perché i loro pensieri si scusano o anche si accusano a vicenda, nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesú Cristo, secondo il mio evangelo. Ecco, tu ti chiami Giudeo, ti fondi sulla legge e ti glori in Dio, conosci la sua volontà e distingui le cose importanti, essendo ammaestrato dalla legge, e sei convinto di essere guida di ciechi, luce di quelli che sono nelle tenebre, istruttore degli insensati, insegnante dei bambini, avendo la forma della conoscenza e della verità nella legge. Tu dunque che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi che non si deve rubare, rubi? Tu che dici che non si deve commettere adulterio, commetti adulterio? Tu che hai in abominio gli idoli, ne derubi i templi? Tu che ti glori nella legge, disonori Dio trasgredendo la legge? Infatti: »Per causa vostra, come sta scritto, il nome di Dio è bestemmiato fra i gentili«. Perché la circoncisione, è vantaggiosa se tu osservi la legge, ma se sei trasgressore della legge, la tua circoncisione diventa incirconcisione. Perciò se un incirconciso osserva gli statuti della legge, non sarà la sua incirconcisione reputata circoncisione? E se colui che per natura è incirconciso adempie la legge, non giudicherà egli te che con la lettera e la circoncisione sei trasgressore della legge? Infatti il Giudeo non è colui che appare tale all’esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne; ma Giudeo è colui che lo è interiormente, e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito, e non nella lettera; e d’un tal Giudeo la lode non proviene dagli uomini, ma da Dio. Qual è dunque il vantaggio del Giudeo, o qual è l’utilità della circoncisione? Grande in ogni maniera; prima di tutto perché gli oracoli di Dio furono affidati a loro. Che dire allora? Se alcuni sono stati increduli, la loro incredulità annullerà forse la fedeltà di Dio? Non sia mai; anzi, sia Dio verace e ogni uomo bugiardo, come sta scritto: »Affinché tu sia giustificato nelle tue parole e vinca quando sei giudicato«. Ora se la nostra ingiustizia fa risaltare la giustizia di Dio, che diremo? Dio è ingiusto quando dà corso alla sua ira? (Io parlo da uomo). Niente affatto! Altrimenti, come giudicherebbe Dio il mondo? Per cui se la verità di Dio per la mia menzogna è sovrabbondata alla sua gloria, perché sono io ancora giudicato un peccatore? E perché non dire come alcuni calunniandoci affermano che noi diciamo »Facciamo il male affinché ne venga il bene« La condanna di costoro è giusta. Che dunque? Abbiamo noi qualche superiorità? Niente affatto! Abbiamo infatti dimostrato precedentemente che tanto Giudei che Greci sono tutti sotto peccato, come sta scritto: »Non c’è alcun giusto, neppure uno. Non c’è alcuno che abbia intendimento, non c’è alcuno che ricerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti quanti sono divenuti inutili; non c’è alcuno che faccia il bene, neppure uno. La loro gola è un sepolcro aperto con le loro lingue hanno tramato inganni, c’è un veleno di aspidi sotto le loro labbra; la loro bocca è piena di maledizione e di amarezza; i loro piedi sono veloci per spandere il sangue; sulle loro vie c’è rovina e calamità, e non hanno conosciuto la via della pace; non c’è il timore di Dio davanti ai loro occhi«. Or noi sappiamo che tutto quello che la legge dice, lo dice per coloro che sono sotto la legge, affinché ogni bocca sia messa a tacere e tutto il mondo sia sottoposto al giudizio di Dio, perché nessuna carne sarà giustificata davanti a lui per le opere della legge; mediante la legge infatti vi è la conoscenza del peccato. Ma ora, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, alla quale rendono testimonianza la legge e i profeti, cioè la giustizia di Dio mediante la fede in Gesú Cristo verso tutti e sopra tutti coloro che credono, perché non c’è distinzione; poiché tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesú. Lui ha Dio preordinato per far l’espiazione mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare cosí la sua giustizia per il perdono dei peccati, che sono stati precedentemente commessi durante il tempo della pazienza di Dio, per manifestare la sua giustizia nel tempo presente, affinché egli sia giusto e giustificatore di colui che ha la fede di Gesú. Dov’è dunque il vanto? E’ escluso. Per quale legge? Quella delle opere? No, ma per la legge della fede. Noi dunque riteniamo che l’uomo è giustificato mediante la fede senza le opere della legge. Dio è forse soltanto il Dio dei Giudei? Non lo è anche dei gentili? Certo, è anche il Dio dei gentili. Poiché vi è un solo Dio, che giustificherà il circonciso per fede e anche l’incirconciso mediante la fede. Annulliamo noi dunque la legge mediante la fede? Cosí non sia, anzi stabiliamo la legge. Che cosa diremo dunque in merito a ciò, che il nostro padre Abrahamo ha ottenuto secondo la carne? Perché se Abrahamo è stato giustificato per le opere, egli ha di che gloriarsi; egli invece davanti a Dio non ha nulla di che gloriarsi. Infatti, che dice la Scrittura? »Or Abrahamo credette a Dio e ciò gli fu imputato a giustizia«. Ora a colui che opera, la ricompensa non è considerata come grazia, ma come debito; invece colui che non opera, ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede gli è imputata come giustizia. Davide stesso proclama la beatitudine dell’uomo a cui Dio imputa la giustizia senza opere, dicendo: »Beati coloro le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l’uomo a cui il Signore non imputerà il peccato«. Ora dunque questa beatitudine vale solo per i circoncisi, o anche per gli incirconcisi? Perché noi diciamo che la fede fu imputata ad Abrahamo come giustizia. In che modo dunque gli fu imputata? Mentre egli era circonciso o incirconciso? Non mentre era circonciso, ma quando era incirconciso. Poi ricevette il segno della circoncisione, come sigillo della giustizia della fede che aveva avuto mentre era ancora incirconciso, affinché fosse il padre di tutti quelli che credono anche se incirconcisi, affinché anche a loro sia imputata la giustizia, e fosse il padre dei veri circoncisi, di quelli cioè che non solo sono circoncisi ma che seguono anche le orme della fede del nostro padre Abrahamo, che egli ebbe mentre era incirconciso. Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abrahamo e alla sua progenie mediante la legge, ma attraverso la giustizia della fede. Poiché se sono eredi quelli che sono della legge, la fede è resa vana e la promessa è annullata, perché la legge produce ira; infatti dove non c’è legge, non vi è neppure trasgressione. Perciò l’eredità è per fede, in tal modo essa è per grazia, affinché la promessa sia assicurata a tutta la progenie, non solamente a quella che è dalla legge, ma anche a quella che deriva dalla fede di Abrahamo, il quale (come sta scritto: »Io ti ho costituito padre di molte nazioni«), è padre di tutti noi davanti a Dio a cui egli credette, il quale fa vivere i morti e chiama le cose che non sono come se fossero. Egli, sperando contro ogni speranza, credette per diventare padre di molte nazioni secondo ciò che gli era stato detto: »Cosí sarà la tua progenie«. E, non essendo affatto debole nella fede, non riguardò al suo corpo già reso come morto (avendo egli quasi cent’anni), né al grembo già morto di Sara. Neppure dubitò per incredulità riguardo alla promessa di Dio, ma fu fortificato nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto che ciò che egli aveva promesso era anche potente da farlo. Perciò anche questo gli fu imputato a giustizia. Ora non per lui solo è scritto che questo gli fu imputato, ma anche per noi ai quali sarà imputato, a noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesú, nostro Signore, il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione. Giustificati dunque per fede abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore, per mezzo del quale abbiamo anche avuto, mediante la fede, l’accesso a questa grazia nella quale stiamo saldi e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo, ma ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l’afflizione produce perseveranza, la perseveranza esperienza e l’esperienza speranza. Or la speranza non confonde, perché l’amore di Dio è stato sparso nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Perché, mentre eravamo ancora senza forza, Cristo a suo tempo è morto per gli empi. Difficilmente infatti qualcuno muore per un giusto; forse qualcuno ardirebbe morire per un uomo dabbene. Ma Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. Molto piú dunque, essendo ora giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Infatti, se mentre eravamo nemici siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del suo Figlio, molto piú ora, che siamo stati riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. E non solo, ma anche ci vantiamo in Dio per mezzo del Signor nostro Gesú Cristo, tramite il quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione. Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per mezzo del peccato la morte, cosí la morte si è estesa a tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato; perché, fino a che fu promulgata la legge, il peccato era nel mondo; ora il peccato non è imputato se non vi è legge; ma la morte regnò da Adamo fino a Mosé anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, che è figura di colui che doveva venire. La grazia però non è come la trasgressione; se infatti per la trasgressione di uno solo quei molti sono morti, molto piú la grazia di Dio e il dono per la grazia di un uomo, Gesú Cristo, hanno abbondato verso molti altri. Riguardo al dono, non è avvenuto come per quell’uno che ha peccato, perché il giudizio produsse la condanna da una sola trasgressione, ma la grazia produsse la giustificazione da molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione di quell’uno solo la morte ha regnato a causa di quell’uno, molto di piú coloro che ricevono l’abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell’uno, che è Gesú Cristo. Per cui, come per una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, cosí pure con un solo atto di giustizia la grazia si è estesa a tutti gli uomini in giustificazione di vita. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati costituiti peccatori, cosí ancora per l’ubbidienza di uno solo i molti saranno costituiti giusti. Or la legge intervenne affinché la trasgressione abbondasse; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, affinché come il peccato ha regnato nella morte, cosí anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore. Che diremo dunque? Rimarremo nel peccato, affinché abbondi la grazia? Niente affatto! Noi che siamo morti al peccato, come vivremo ancora in esso? Ignorate voi, che noi tutti che siamo stati battezzati in Gesú Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? Noi dunque siamo stati sepolti con lui per mezzo del battesimo nella morte affinché, come Cristo è risuscitato dai morti per la gloria del Padre, cosí anche noi similmente camminiamo in novità di vita. Poiché, se siamo stati uniti a Cristo per una morte simile alla sua, saremo anche partecipi della sua risurrezione, sapendo questo: che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui, perché il corpo del peccato possa essere annullato e affinché noi non serviamo piú al peccato. Infatti colui che è morto è libero dal peccato. Ora se siamo morti con Cristo, noi crediamo pure che vivremo con lui, sapendo che Cristo, essendo risuscitato dai morti, non muore piú; la morte non ha piú alcun potere su di lui. Perché, in quanto egli è morto, è morto al peccato una volta per sempre; ma in quanto egli vive, vive a Dio. Cosí anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi a Dio, in Gesú Cristo, nostro Signore. Non regni quindi il peccato nel vostro corpo mortale, per ubbidirgli nelle sue concupiscenze. Non prestate le vostre membra al peccato come strumenti d’iniquità, ma presentate voi stessi a Dio, come dei morti fatti viventi, e le vostre membra a Dio come strumenti di giustizia. Infatti il peccato non avrà piú potere su di voi, poiché non siete sotto la legge, ma sotto la grazia. Che dunque? Peccheremo noi, perché non siamo sotto la legge, ma sotto la grazia? Cosí non sia. Non sapete voi che a chiunque vi offrite come servi per ubbidirgli, siete servi di colui al quale ubbidite, o del peccato per la morte, o dell’ubbidienza per la giustizia? Ora sia ringraziato Dio, perché eravate servi del peccato, ma avete ubbidito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso. E, essendo stati liberati dal peccato, siete stati fatti servi della giustizia. Io parlo in termini umani per la debolezza della vostra carne. Perché, come un tempo prestaste le vostre membra per essere serve dell’impurità e dell’iniquità per commettere l’iniquità, così ora prestate le vostre membra per essere serve della giustizia, per la santificazione. Perché, quando eravate servi del peccato, eravate liberi in rapporto alla giustizia. Quale frutto dunque avevate allora dalle cose delle quali ora vi vergognate? Poiché la loro fine è la morte. Ora invece, essendo stati liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi avete per vostro frutto la santificazione e per fine la vita eterna. Infatti il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesú, nostro Signore. Ignorate, fratelli (perché parlo a persone che hanno conoscenza della legge), che la legge ha potere sull’uomo per tutto il tempo che egli vive? Infatti una donna sposata è per legge legata al marito finché egli vive, ma se il marito muore, ella è sciolta dalla legge del marito. Perciò, se mentre vive il marito ella diventa moglie di un altro uomo, sarà chiamata adultera; ma quando il marito muore, ella è liberata da quella legge, per cui non è considerata adultera se diventa moglie di un altro uomo. Così dunque, fratelli miei, anche voi siete morti alla legge mediante il corpo di Cristo per appartenere ad un altro, che è risuscitato dai morti, affinché portiamo frutti a Dio. Infatti, mentre eravamo nella carne, le passioni peccaminose che erano mosse dalla legge operavano nelle nostre membra, portando frutti per la morte, ma ora siamo stati sciolti dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva soggetti, per cui serviamo in novità di spirito e non il vecchio sistema della lettera. Che diremo dunque? Che la legge è peccato? Cosí non sia; anzi io non avrei conosciuto il peccato, se non mediante la legge; infatti io non avrei conosciuta la concupiscenza, se la legge non avesse detto: »Non concupire«. Il peccato invece, presa occasione da questo comandamento, ha prodotto in me ogni concupiscenza, perché senza la legge, il peccato è morto. Ci fu un tempo in cui io vivevo senza la legge, ma essendo venuto il comandamento, il peccato prese vita ed io morii, e trovai che proprio il comandamento, che è in funzione della vita, mi era motivo di morte. Infatti il peccato, colta l’occasione per mezzo del comandamento, mi ingannò e mediante quello mi uccise. Cosí, la legge è certamente santa, e il comandamento santo, giusto e buono. Ciò che è buono è dunque diventato morte per me? Cosí non sia; anzi il peccato mi è diventato morte, affinché appaia che il peccato produce in me la morte per mezzo di ciò che è buono, affinché il peccato divenisse estremamente peccaminoso per mezzo del comandamento, Infatti noi sappiamo che la legge è spirituale, ma io sono carnale, venduto come schiavo al peccato. Giacché non capisco quel che faccio, perché non faccio quello che vorrei, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio ciò che non voglio, io riconosco che la legge è buona. Quindi non sono piú io ad agire, ma è il peccato che abita in me. Infatti io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene, poiché ben si trova in me la volontà di fare il bene, ma io non trovo il modo di compierlo. Infatti il bene che io voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se faccio ciò che non voglio, non sono piú io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. Io scopro dunque questa legge: che volendo fare il bene, in me è presente il male. Infatti io mi diletto nella legge di Dio secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e che mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. O miserabile uomo che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Io rendo grazie a Dio per mezzo di Gesú Cristo, nostro Signore. Io stesso dunque con la mente servo la legge di Dio, ma con la carne la legge del peccato. Ora dunque non vi è alcuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesú, i quali non camminano secondo la carne ma secondo lo Spirito, perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesú mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte. Infatti ciò che era impossibile alla legge, in quanto era senza forza a motivo della carne, Dio, mandando il proprio Figlio in carne simile a quella del peccato e a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, affinche la giustizia della legge si adempia in noi che non camminiamo secondo la carne, ma secondo lo Spirito. Infatti coloro che sono secondo la carne volgono la mente alle cose della carne, ma coloro che sono secondo lo Spirito alle cose dello Spirito. Infatti la mente controllata dalla carne produce morte, ma la mente controllata dallo Spirito produce vita e pace. Per questo la mente controllata dalla carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo. Quindi quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio. Se lo Spirito di Dio abita in voi, non siete piú nella carne ma nello Spirito. Ma se uno non ha lo Spirito di Cristo, non appartiene a lui. Se Cristo è in voi, certo il corpo è morto a causa del peccato, ma lo Spirito è vita a causa della giustizia. E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesú dai morti abita in voi, colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali mediante il suo Spirito che abita in voi. Perciò, fratelli, noi siamo debitori non alla carne per vivere secondo la carne, perché se vivete secondo la carne voi morrete; ma se per mezzo dello Spirito fate morire le opere del corpo, voi vivrete. Poiché tutti quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio sono figli di Dio. Voi infatti non avete ricevuto uno spirito di schiavitú per cadere nuovamente nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito di adozione per il quale gridiamo: »Abba, Padre« Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi, eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pure soffriamo con lui per essere anche con lui glorificati. Io ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non sono affatto da eguagliarsi alla gloria che sarà manifestata in noi. Infatti il desiderio intenso della creazione aspetta con bramosia la manifestazione dei figli di Dio, perché la creazione è stata sottoposta alla vanità non di sua propria volontà, ma per colui che ve l’ha sottoposta, nella speranza che la creazione stessa venga essa pure liberata dalla servitú della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Infatti noi sappiamo che fino ad ora tutto il mondo creato geme insieme ed è in travaglio. E non solo esso, ma anche noi stessi, che abbiamo le primizie dello Spirito noi stessi, dico, soffriamo in noi stessi, aspettando intensamente l’adozione, la redenzione del nostro corpo. Perché noi siamo stati salvati in speranza; or la speranza che si vede non è speranza, poiché ciò che uno vede come può sperarlo ancora? Ma se speriamo ciò che non vediamo, l’aspettiamo con pazienza. Nello stesso modo anche lo Spirito sovviene alle nostre debolezze, perché non sappiamo ciò che dobbiamo chiedere in preghiera, come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con sospiri ineffabili. E colui che investiga i cuori conosce quale sia la mente dello Spirito, poiché egli intercede per i santi, secondo Dio. Or noi sappiamo che tutte le cose cooperano al bene per coloro che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento. Poiché quelli che egli ha preconosciuti, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del suo Figlio affinché egli sia il primogenito fra molti fratelli. E quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati, quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati. Che diremo dunque circa queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Certamente colui che non ha risparmiato il suo proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi è colui che li condannerà? Cristo è colui che è morto, e inoltre è anche risuscitato; egli è alla destra di Dio, ed anche intercede per noi, Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà l’afflizione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada? Come sta scritto: »Per amor tuo siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati reputati come pecore da macello«. Ma in tutte queste cose noi siamo piú che vincitori in virtú di colui che ci ha amati. Infatti io sono persuaso che né morte né vita né angeli né principati né potenze né cose presenti né cose future, né altezze né profondità, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesú, nostro Signore. Io dico la verità in Cristo, non mento, perché me lo attesta la mia coscienza nello Spirito Santo; ho grande tristezza e continuo dolore nel mio cuore. Infatti desidererei essere io stesso anatema e separato da Cristo per i miei fratelli, miei parenti secondo la carne, che sono Israeliti, dei quali sono l’adozione, la gloria, i patti, la promulgazione della legge, il servizio divino e le promesse; dei quali sono i padri e dai quali proviene secondo la carne il Cristo che è sopra tutte le cose Dio, benedetto in eterno. Amen. Tuttavia non è che la parola di Dio sia caduta a terra, poiché non tutti quelli che sono d’Israele sono Israele. E neppure perché sono progenie di Abrahamo sono tutti figli; ma: »In Isacco ti sarà nominata una progenie«. Cioè non i figli della carne sono figli di Dio, ma i figli della promessa sono considerati come progenie. Questa fu infatti la parola della promessa: »In questo tempo ritornerò e Sara avrà un figlio«. E non solo questo, ma anche Rebecca concepí da un solo uomo, Isacco nostro padre. (infatti, quando non erano ancora nati i figli e non avevano fatto bene o male alcuno, affinché rimanesse fermo il proponimento di Dio secondo l’elezione e non a motivo delle opere, ma per colui che chiama), le fu detto: »Il maggiore servirà al minore«, come sta scritto: »Io ho amato Giacobbe e ho odiato Esaú«. Che diremo dunque? C’è ingiustizia presso Dio? Cosí non sia. Egli dice infatti a Mosé: »Io avrò misericordia di chi avrò misericordia, e avrò compassione di chi avrò compassione«. Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia. Dice infatti la Scrittura al Faraone: »Proprio per questo ti ho suscitato, per mostrare in te la mia potenza e affinché il mio nome sia proclamato in tutta la terra«. Cosí egli fa misericordia a chi vuole e indurisce chi vuole. Tu mi dirai dunque: »Perché trova ancora egli da ridire? Chi può infatti resistere alla sua volontà?«. Piuttosto chi sei tu, o uomo, che disputi con Dio? La cosa formata dirà a colui che la formò: »Perché mi hai fatto cosí?«. Non ha il vasaio autorità sull’argilla, per fare di una stessa pasta un vaso ad onore e un altro a disonore? E che dire se Dio, volendo mostrare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con molta pazienza i vasi d’ira preparati per la perdizione? E questo per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso dei vasi di misericordia, che lui ha già preparato per la gloria, cioè noi che egli ha chiamato, non solo fra i Giudei ma anche fra i gentili? Come ancora egli dice in Osea: »Io chiamerò il mio popolo quello che non è mio popolo, e amata quella che non è amata. E avverrà che là dove fu loro detto »Voi non siete mio popolo«, saranno chiamati figli del Dio vivente«. Ma Isaia esclama riguardo a Israele: »Anche se il numero dei figli d’Israele fosse come la sabbia del mare, solo il residuo sarà salvato«. Infatti egli manda ad effetto la decisione con giustizia, perché il Signore manderà ad effetto e accelererà la decisione sopra la terra. E come Isaia aveva predetto: »Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato un seme, saremmo diventati come Sodoma e saremmo stati simili a Gomorra«. Che diremo dunque? Che i gentili, che non cercavano la giustizia, hanno ottenuta la giustizia, quella giustizia però che deriva dalla fede, mentre Israele, che cercava la legge della giustizia, non è arrivato alla legge della giustizia. Perché? Perché la cercava non mediante la fede ma mediante le opere della legge; essi infatti hanno urtato nella pietra d’inciampo. come sta scritto »Ecco, io pongo in Sion una pietra d’inciampo e una roccia di scandalo, ma chiunque crede in lui non sarà svergognato«. Fratelli, il desiderio del mio cuore e la preghiera che rivolgo a Dio per Israele è per la sua salvezza. Rendo loro testimonianza infatti che hanno lo zelo per Dio, ma non secondo conoscenza. Poiché ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia non si sono sottoposti alla giustizia di Dio perché il fine della legge è Cristo, per la giustificazione di ognuno che crede. Mosé infatti descrive cosí la giustizia che proviene dalla legge: »L’uomo che fa quelle cose, vivrà per esse«. Ma la giustizia che proviene dalla fede dice cosí: »Non dire in cuor tuo: Chi salirà in Cielo?«. Questo significa farne discendere Cristo. Ovvero: »Chi scenderà nell’abisso?«. Questo significa far risalire Cristo dai morti. Ma che dice essa? »La parola è presso di te, nella tua bocca e nel tuo cuore«. Questa è la parola della fede, che noi predichiamo; poiché se confessi con la tua bocca il Signore Gesú, e credi nel tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato. Col cuore infatti si crede per ottenere giustizia e con la bocca si fa confessione, per ottenere salvezza,. perché la Scrittura dice: »Chiunque crede in lui non sarà svergognato«. Poiché non c’è distinzione fra il Giudeo e il Greco, perché uno stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: »Chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato«. Come dunque invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno udito parlare? E come udiranno, se non c’è chi predichi? E come predicheranno, se non sono mandati? Come sta scritto: »Quanto sono belli i piedi di coloro che annunziano la pace, che annunziano buone novelle!«. Ma non tutti hanno ubbidito all’evangelo, perché Isaia dice: »Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione?«. La fede dunque viene dall’udire, e l’udire viene dalla parola di Dio. Ma io dico: Non hanno essi udito? Anzi, »La loro voce è corsa per tutta la terra, e le loro parole fino agli estremi confini del mondo«. Ma io dico: Non ha Israele compreso? Mosé dice per primo: »Io vi muoverò a gelosia per una nazione che non è nazione; vi provocherò a sdegno per una nazione stolta«. E Isaia arditamente dice: »Io sono stato trovato da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me«. Ma riguardo ad Israele dice: »Tutto il giorno ho steso le mani verso un popolo disubbidiente, e contraddicente«. Io dico dunque: Ha Dio rigettato il suo popolo? Cosí non sia, perché anch’io sono Israelita, della progenie di Abrahamo, della tribú di Beniamino. Dio non ha rigettato il suo popolo, che ha preconosciuto. Non sapete voi ciò che la Scrittura dice nella storia di Elia? Come egli si rivolge a Dio contro Israele, dicendo: »Signore, hanno ucciso i tuoi profeti e hanno distrutto i tuoi altari, e io sono rimasto solo, ed essi cercano la mia vita«. Ma che gli disse la voce divina? »Io mi sono riservato settemila uomini, che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal«. Cosí dunque, anche nel tempo presente è stato lasciato un residuo secondo l’elezione della grazia. E se è per grazia, non è piú per opere, altrimenti la grazia non sarebbe piú grazia; ma se è per opere, non è piú grazia, altrimenti l’opera non sarebbe piú opera. Che dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma gli eletti l’hanno ottenuto, e gli altri sono stati induriti, come sta scritto: »Dio ha dato loro uno spirito di stordimento, occhi per non vedere e orecchi per non udire«. E Davide dice: »La loro mensa di venti per loro un laccio, una trappola, un intoppo e una retribuzione. Siano oscurati i loro occhi da non vedere, e piega loro la schiena del continuo«. Io dico dunque: Hanno inciampato perché cadessero? Cosí non sia; ma per la loro caduta la salvezza è giunta ai gentili per provocarli a gelosia. Ora, se la loro caduta è la ricchezza del mondo e la loro diminuzione la ricchezza dei gentili, quanto piú lo sarà la loro pienezza? Infatti io parlo a voi gentili, in quanto sono apostolo dei gentili; io onoro il mio ministero, per provare se in qualche maniera posso provocare a gelosia quelli della mia carne e salvarne alcuni. Infatti, se il loro rigetto è la riconciliazione del mondo, che sarà la loro riammissione, se non la vita dai morti? Ora, se le primizie sono sante, anche la massa è santa; e se la radice è santa, anche i rami sono santi. E se pure alcuni rami sono stati troncati, e tu che sei olivastro sei stato innestato al loro posto e fatto partecipe della radice e della grassezza dell’olivo, non vantarti contro i rami, ma se ti vanti contro di loro ricordati che non sei tu a portare la radice, ma è la radice che porta te. Forse dunque dirai: »I rami sono stati troncati, affinché io fossi innestato«. Bene; essi sono stati troncati per l’incredulità e tu stai ritto per la fede; non insuperbirti, ma temi. Se Dio infatti non ha risparmiato i rami naturali, guarda che talora non risparmi neanche te. Vedi dunque la bontà e la severità di Dio: la severità su quelli che sono caduti, e la bontà verso di te, se pure perseveri nella bontà, altrimenti anche tu sarai reciso. E anche essi, se non perseverano nell’incredulità, saranno innestati, perché Dio è potente da innestarli di nuovo. Infatti, se tu sei stato tagliato dall’olivo per natura selvatico e innestato contro natura nell’olivo domestico, quanto piú costoro, che sono rami naturali, saranno innestati nel proprio olivo. Perché non voglio, fratelli, che ignoriate questo mistero, affinché non siate presuntuosi in voi stessi, che ad Israele è avvenuto un indurimento parziale finché sarà entrata la pienezza dei gentili, e cosí tutto Israele sarà salvato come sta scritto: »Il liberatore verrà da Sion, e rimuoverà l’empietà da Giacobbe. E questo sarà il mio patto con loro quando io avrò tolto via i loro peccati«. Quanto all’evangelo, essi sono nemici per causa vostra, ma quanto all’elezione, sono amati a causa dei padri perché i doni e la vocazione di Dio sono senza pentimento. Come infatti pure voi una volta foste disubbidienti a Dio, ma ora avete ottenuta misericordia per la disubbidienza di costoro, così anche costoro al presente sono stati disubbidienti affinché, per la misericordia a voi fatta, anch’essi ottengano misericordia. Poiché Dio ha rinchiuso tutti nella disubbidienza, per far misericordia a tutti. O profondità di ricchezze, di sapienza e di conoscenza di Dio! Quanto imperscrutabili sono i suoi giudizi e inesplorabili le sue vie! »Chi infatti ha conosciuto la mente del Signore? O chi è stato suo consigliere? O chi gli ha dato per primo, sí che ne abbia a ricevere la ricompensa?«. Poiché da lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen. Vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio, a presentare i vostri corpi, il che è il vostro ragionevole servizio, quale sacrificio vivente, santo e accettevole a Dio. E non vi conformate a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza qual sia la buona, accettevole e perfetta volontà di Dio. Infatti, per la grazia che mi è stata data, dico a ciascuno che si trovi fra voi di non avere alcun concetto piú alto di quello che conviene avere, ma di avere un concetto sobrio, secondo la misura della fede che Dio ha distribuito a ciascuno. Infatti, come in uno stesso corpo abbiamo molte membra e tutte le membra non hanno la medesima funzione, cosí noi, che siamo molti, siamo un medesimo corpo in Cristo, e ciascuno siamo membra l’uno dell’altro. Ora, avendo noi doni differenti secondo la grazia che ci è stata data, se abbiamo profezia, profetizziamo secondo la proporzione della fede; se di ministero, attendiamo al ministero; similmente il dottore attenda all’insegnamento; e colui che esorta, attenda all’esortare; colui che distribuisce, lo faccia con semplicità; colui che presiede, presieda con diligenza; colui che fa opere di pietà le faccia con gioia. L’amore sia senza ipocrisia, detestate il male e attenetevi fermamente al bene. Nell’amore fraterno, amatevi teneramente gli uni gli altri nell’onore usate riguardo gli uni verso gli altri. Non siate pigri nello zelo, siate ferventi nello spirito, servite il Signore allegri nella speranza, costanti nell’afflizione, perseveranti nella preghiera; provvedete ai bisogni dei santi, esercitate l’ospitalità. Benedite quelli che vi perseguitano benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono allegri, piangete con quelli che piangono. Abbiate gli stessi pensieri gli uni verso gli altri; non aspirate alle cose alte, ma attenetevi alle umili; non siate savi da voi stessi. Non rendete ad alcuno male per male, cercate di fare il bene davanti a tutti gli uomini. Se è possibile e per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti gli uomini. Non fate le vostre vendette, cari miei, ma lasciate posto all’ira di Dio, perché sta scritto: »A me la vendetta, io renderò la retribuzione, dice il Signore«. »Se dunque il tuo nemico ha fame dagli da mangiare, se ha sete dagli da bere; perché, facendo questo, radunerai dei carboni accesi sul suo capo« Non essere vinto dal male, ma vinci il male con il bene. Ogni persona sia sottoposta alle autorità superiori, poiché non c’è autorità se non da Dio, e le autorità che esistono sono istituite da Dio. Perciò chi resiste all’autorità, resiste all’ordine di Dio; e quelli che vi resistono attireranno su di sé la condanna. I magistrati infatti non sono da temere per le opere buone, ma per le malvagie; ora vuoi non temere l’autorità? Fa’ ciò che è bene, e tu riceverai lode da essa, perché il magistrato è ministro di Dio per te nel bene; ma se tu fai il male, temi, perché egli non porta la spada invano; poiché egli è ministro di Dio, un vendicatore con ira contro colui che fa il male. Perciò è necessario essergli sottomessi, non solo per timore dell’ira ma anche per ragione di coscienza. Infatti per questo motivo pagate anche i tributi, perché essi sono ministri di Dio, dediti continuamente a questo servizio. Rendete dunque a ciascuno ciò che gli è dovuto: il tributo a chi dovete il tributo, l’imposta a chi dovete l’imposta, il timore a chi dovete il timore, l’onore a chi l’onore. Non abbiate alcun debito con nessuno, se non di amarvi gli uni gli altri, perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti questi comandamenti: »Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dir falsa testimonianza, non desiderare«, e se vi è qualche altro comandamento, si riassumono tutti in questo: »Ama il tuo prossimo come te stesso«. L’amore non fa alcun male al prossimo; l’adempimento dunque della legge è l’amore. E questo tanto piú dobbiamo fare, conoscendo il tempo, perché è ormai ora che ci svegliamo dal sonno, poiché la salvezza ci è ora piú vicina di quando credemmo. La notte è avanzata e il giorno è vicino; gettiamo dunque via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Camminiamo onestamente, come di giorno, non in gozzoviglie ed ebbrezze, non in immoralità e sensualità, non in contese ed invidie. Ma siate rivestiti del Signor Gesú Cristo e non abbiate cura della carne per soddisfarne le sue concupiscenze. Or accogliete chi è debole nella fede, ma non per giudicare le sue opinioni. L’uno crede di poter mangiare d’ogni cosa, mentre l’altro, che è debole, mangia solo legumi. Colui che mangia non disprezzi colui che non mangia, e colui che non mangia non giudichi colui che mangia, poiché Dio lo ha accettato. Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Stia egli in piedi o cada, ciò riguarda il suo proprio signore, ma sarà mantenuto saldo, perché Dio è capace di tenerlo in piedi. L’uno stima un giorno piú dell’altro, e l’altro stima tutti i giorni uguali; ciascuno sia pienamente convinto nella sua mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; chi non ha alcun riguardo al giorno lo fa per il Signore; chi mangia lo fa per il Signore e rende grazie a Dio; e chi non mangia non mangia per il Signore e rende grazie a Dio. Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e neppure muore per se stesso, perché, se pure viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore, dunque sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto, è risuscitato ed è tornato in vita: per signoreggiare sui morti e sui vivi. Ora tu, perché giudichi il tuo fratello? O perché disprezzi il tuo fratello? Poiché tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo. Sta infatti scritto: »Come io vivo, dice il Signore, ogni ginocchio si piegherà davanti a me e ogni lingua darà gloria a Dio«. Cosí dunque ognuno di noi renderà conto di se stesso a Dio. Perciò non giudichiamo piú gli uni gli altri ma piuttosto giudicate questo: di non porre intoppo o scandalo al fratello. Io so e sono persuaso nel Signore Gesú, che nessuna cosa è immonda in se stessa, ma chi stima qualche cosa immonda, per lui è immonda. Ma se tuo fratello è contristato a motivo di un cibo, tu non cammini piú secondo amore; non far perire col tuo cibo colui per il quale Cristo è morto. Perciò quel che per voi è bene non diventi motivo di biasimo poiché il regno di Dio non è mangiare e bere, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo. Infatti chi serve Cristo in queste cose è gradito a Dio e approvato dagli uomini. Perseguiamo dunque le cose che contribuiscono alla pace e alla edificazione reciproca. Non distruggere l’opera di Dio per il cibo; certo, tutte le cose sono pure, ma è sbagliato quando uno mangia qualcosa che è occasione di peccato. E’ bene non mangiare carne, né bere vino, né fare cosa alcuna che porti tuo fratello a inciampare o ad essere scandalizzato o essere indebolito. Hai tu fede? Tienila per te stesso davanti a Dio; beato chi non condanna se stesso in ciò che approva. Ma colui che sta in dubbio, se mangia è condannato, perché non mangia con fede; or tutto ciò che non viene da fede è peccato. Or noi, che siamo forti, dobbiamo sopportare le debolezze dei deboli e non compiacere a noi stessi. Ciascuno di noi compiaccia al prossimo nel bene, per l’edificazione, poiché anche Cristo non ha compiaciuto a se stesso, ma come sta scritto: »Gli oltraggi di coloro che ti oltraggiano sono caduti su di me«. Infatti tutte le cose che furono scritte in passato furono scritte per nostro ammaestramento, affinché mediante la perseveranza e la consolazione delle Scritture noi riteniamo la speranza. Ora il Dio della pazienza e della consolazione vi dia di avere gli uni verso gli altri gli stessi pensieri, secondo Cristo Gesù, affinché con una sola mente e una sola bocca glorifichiate Dio, che è Padre del nostro Signore Gesú Cristo. Perciò accoglietevi gli uni gli altri come anche Cristo ci ha accolti per la gloria di Dio. Or io dico che Gesú Cristo è diventato ministro dei circoncisi a difesa della verità di Dio, per confermare le promesse fatte ai padri, ed ha accolto i gentili per la sua misericordia, affinché glorifichino Dio come sta scritto: »Per questo ti celebrerò fra le genti, e canterò le lodi del tuo nome«. E altrove la Scrittura dice: »Rallegratevi, o genti, col suo popolo«. E di nuovo »Lodate il Signore, tutte le genti; e lo celebrino i popoli tutti«. Ed ancora Isaia dice: »Spunterà un germoglio dalla radice di Iesse, e colui che sorgerà per reggere le genti; le nazioni spereranno in lui«. Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nel credere, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo. Ora, fratelli miei, io stesso sono persuaso a vostro riguardo, che anche voi siete pieni di bontà, ripieni d’ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi gli uni gli altri. Ma, fratelli, io vi ho scritto alquanto piú arditamente, come per ricordarvi per la grazia che mi è stata data da Dio, per essere ministro di Gesú Cristo presso i gentili, adoperandomi nel sacro servizio dell’evangelo di Dio, affinché l’offerta dei gentili sia accettevole, santificata dallo Spirito Santo. Io ho dunque di che gloriarmi in Cristo Gesú nelle cose che riguardano Dio. Infatti non ardirei dir cosa che Cristo non abbia operata per mezzo mio, per condurre all’ubbidienza i gentili con la parola e con l’opera, con potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito di Dio; cosí, da Gerusalemme e nei dintorni fino all’Illiria, ho compiuto il servizio dell’evangelo di Cristo, avendo l’ambizione di evangelizzare là dove non era ancora stato nominato Cristo, per non edificare sul fondamento altrui. Ma, come sta scritto: »Coloro ai quali non era stato annunziato nulla di lui vedranno, e coloro che non avevano udito parlare intenderanno«. Anche per questo motivo sono stato spesse volte impedito di venire da voi. Ma ora, non avendo piú luogo da evangelizzare in queste contrade, avendo da molti anni un grande desiderio di venire da voi, quando andrò in Spagna, verrò da voi; passando, spero infatti di vedervi e di essere accompagnato da voi fin là, dopo aver goduto un poco della vostra compagnia. Ma ora vado a Gerusalemme per sovvenire ai santi, perché a quelli della Macedonia e dell’Acaia è piaciuto di fare contribuzione per i poveri che sono fra i santi in Gerusalemme. Ora è piaciuto loro di far questo, perché sono ad essi debitori; se i gentili infatti hanno avuto parte dei loro beni spirituali, devono anche sovvenire loro nei beni materiali. Dopo dunque aver compiuto questo ed aver consegnato loro questo frutto, andrò in Spagna, passando da voi. Ma io so che, venendo da voi, verrò nella pienezza della benedizione dell’evangelo di Cristo. Or vi esorto, fratelli, per il Signor nostro Gesú Cristo e per l’amore dello Spirito, a combattere con me presso Dio per me nelle vostre preghiere, affinché io sia liberato dagli increduli che sono nella Giudea, perché il mio servizio per Gerusalemme sia accettevole ai santi, affinché, se piace a Dio, io venga con gioia da voi e sia ricreato insieme a voi. Ora il Dio della pace sia con tutti voi Amen. Or io vi raccomando Febe, nostra sorella, che è diaconessa della chiesa che è in Cencrea, affinché l’accogliate nel Signore, come si conviene ai santi, assistendola in qualunque cosa avrà bisogno di voi, perché ella ha prestato assistenza a molti e anche a me stesso. Salutate Priscilla ed Aquila miei compagni d’opera in Cristo Gesú, i quali hanno rischiato la loro testa per la mia vita; a loro non solo io, ma anche tutte le chiese dei gentili rendono grazie. Salutate anche la chiesa che è in casa loro; salutate il mio caro Epeneto il quale è la primizia dell’Acaia in Cristo. Salutate Maria, la quale si è molto affaticata per noi. Salutate Andronico e Giunia, miei parenti e compagni di prigione, i quali sono segnalati fra gli apostoli, e anche sono stati in Cristo prima di me. Salutate Amplia, mio diletto nel Signore. Salutate Urbano, nostro compagno d’opera in Cristo, e il mio caro Stachi. Salutate Apelle, che è approvato in Cristo. Salutate quelli della casa di Aristobulo. Salutate Erodione, mio parente. Salutate quelli della casa di Narcisso che sono nel Signore. Salutate Trifena e Trifosa, che si affaticano nel Signore. Salutate la cara Perside, che si è molto affaticata nel Signore. Salutate Rufo, che è eletto nel Signore, e sua madre che è pure mia. Salutate Asincrito, Flegonte, Erma Patroba, Erme e i fratelli che sono con loro. Salutate Filologo, Giulia, Nereo e sua sorella Olimpa, e tutti i santi che sono con loro. Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio; le chiese di Cristo vi salutano. Or io vi esorto, fratelli, a guardarvi da quelli che fomentano le divisioni e gli scandali contro la dottrina che avete appreso, e ritiratevi da loro; costoro infatti non servono il nostro Signore Gesú Cristo ma il proprio ventre, e con dolce e lusinghevole parlare seducono i cuori dei semplici. La vostra ubbidienza infatti si è divulgata fra tutti; io mi rallegro quindi per voi; or io desidero che siate savi nel bene e semplici nel male. Ora il Dio della pace schiaccerà presto Satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signore nostro Gesú Cristo sia con voi. Amen. Timoteo, mio compagno d’opera, Lucio, Giasone e Sosipatro, miei parenti, vi salutano. Io, Terzio, che ho scritto questa epistola, vi saluto nel Signore. Gaio, che ospita me e tutta la chiesa, vi saluta. Erasto, il tesoriere della città e il fratello Quarto vi salutano. La grazia del Signor nostro Gesú Cristo sia con tutti voi. Amen. Or a colui che vi può raffermare secondo il mio evangelo e la predicazione di Gesú Cristo, secondo la rivelazione del mistero celato per molti secoli addietro, e ora manifestato e rivelato fra tutte le genti mediante le Scritture profetiche, secondo il comandamento dell’eterno Dio, per indurli all’ubbidienza della fede. a Dio, unico sapiente, sia la gloria in eterno, per mezzo di Gesú Cristo. Amen.
Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesú Cristo, per volontà di Dio, e il fratello Sostene, alla chiesa di Dio che è in Corinto ai santificati in Gesú Cristo, chiamati ad essere santi, insieme a tutti quelli che in qualunque luogo invocano il nome di Gesú Cristo, loro Signore e nostro: grazia e pace a voi da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Io rendo continuamente grazie per voi al mio Dio, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesú, perché in lui siete stati arricchiti in ogni cosa, in ogni dono di parola e in ogni conoscenza, per la testimonianza di Cristo che è stata confermata tra voi, cosí che non vi manca alcun dono mentre aspettate la manifestazione del Signor nostro Gesú Cristo, il quale vi confermerà fino alla fine, affinché siate irreprensibili nel giorno del nostro Signore Gesú Cristo. Fedele è Dio dal quale siete stati chiamati alla comunione del suo Figlio Gesú Cristo, nostro Signore. Ora, fratelli, vi esorto nel nome del nostro Signore Gesú Cristo ad avere tutti un medesimo parlare e a non avere divisioni tra di voi, ma ad essere perfettamente uniti in un medesimo modo di pensare e di volere. Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli miei, da quelli della casa di Cloe, che vi sono contese fra voi. Or voglio dire questo, che ciascuno di voi dice: »Io sono di Paolo«, »io di Apollo«, »io di Cefa« ed »io di Cristo«. Cristo è forse diviso? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati nel nome di Paolo? Ringrazio Dio che non ho battezzato alcuno di voi, ad eccezione di Crispo e Gaio, perché nessuno dica che siete stati battezzati nel mio nome. Ho battezzato anche la famiglia di Stefana; per il resto non so se ho battezzato qualcun altro. Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma ad evangelizzare, non però con sapienza di parola, affinché la croce di Cristo non sia resa vana. Infatti il messaggio della croce è follia per quelli che periscono, ma per noi che siamo salvati è potenza di Dio. Sta scritto infatti: »Io farò perire la sapienza dei savi e annullerò l’intelligenza degli intelligenti«. Dov’è il savio? Dov’è lo scriba? Dov’è il disputatore di questa età? Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? Infatti, poiché nella sapienza di Dio il mondo non ha conosciuto Dio per mezzo della propria sapienza, è piaciuto a Dio di salvare quelli che credono mediante la follia della predicazione poiché i Giudei chiedono un segno e i Greci cercano sapienza, ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che è scandalo per i Giudei e follia per i Greci; ma a quelli che sono chiamati, sia Giudei che Greci, noi predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; poiché la follia di Dio è piú savia degli uomini e la debolezza di Dio piú forte degli uomini. Riguardate infatti la vostra vocazione, fratelli, poiché non ci sono tra di voi molti savi secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili, ma Dio ha scelto le cose stolte del mondo per svergognare le savie; e Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; e Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose spregevoli e le cose che non sono per ridurre al niente quelle che sono, affinché nessuna carne si glori alla sua presenza. Ora grazie a lui voi siete in Cristo Gesú, il quale da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, affinché, come sta scritto: »Chi si gloria, si glori nel Signore« Anch’io, fratelli, quando venni da voi, non venni con eccellenza di parola o di sapienza, annunziandovi la testimonianza di Dio, perché mi ero proposto di non sapere fra voi altro, se non Gesú Cristo e lui crocifisso. Cosí io sono stato presso di voi con debolezza, con timore e con gran tremore. La mia parola e la mia predicazione non consistettero in parole persuasive di umana sapienza, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza, affinché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza degli uomini, ma sulla potenza di Dio. Or noi parliamo di sapienza fra gli uomini maturi, ma di una sapienza che non è di questa età né dei dominatori di questa età che sono ridotti al nulla, ma parliamo della sapienza di Dio nascosta nel mistero, che Dio ha preordinato prima delle età per la nostra gloria, che nessuno dei dominatori di questa età ha conosciuta; perché, se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. Ma come sta scritto: »Le cose che occhio non ha visto e che orecchio non ha udito e che non sono salite in cuor d’uomo, sono quelle che Dio ha preparato per quelli che lo amano«. Dio però le ha rivelate a noi per mezzo del suo Spirito, perché lo Spirito investiga ogni cosa, anche le profondità di Dio. Chi tra gli uomini, infatti conosce le cose dell’uomo, se non lo spirito dell’uomo che è in lui? Cosí pure nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio. Ora noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito che viene da Dio, affinché conosciamo le cose che ci sono state donate da Dio. Di queste anche parliamo, non con parole insegnate dalla sapienza umana ma insegnate dallo Spirito Santo, esprimendo cose spirituali con parole spirituali. Or l’uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché sono follia per lui, e non le può conoscere, poiché si giudicano spiritualmente. Ma colui che è spirituale giudica ogni cosa ed egli non è giudicato da alcuno. Infatti chi ha conosciuto la mente del Signore per poterlo ammaestrare? Or noi abbiamo la mente di Cristo. Or io, fratelli, non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma vi ho parlato come a dei carnali, come a bambini in Cristo. Vi ho dato da bere del latte, e non vi ho dato del cibo solido, perché non eravate in grado di assimilarlo, anzi non lo siete neppure ora, perché siete ancora carnali. Infatti, poiché fra voi vi è invidia, dispute e divisioni, non siete voi carnali e non camminate secondo l’uomo? Quando uno dice: »Io sono di Paolo«, e un altro: »Io sono di Apollo«, non siete voi carnali? Chi è dunque Paolo e chi è Apollo, se non ministri per mezzo dei quali voi avete creduto, e ciò secondo che il Signore ha dato a ciascuno? Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere. Ora né chi pianta né chi annaffia è cosa alcuna, ma è Dio che fa crescere. Cosí colui che pianta e colui che annaffia sono una medesima cosa, ma ciascuno riceverà il proprio premio a secondo la sua fatica. Noi siamo infatti collaboratori di Dio; voi siete il campo di Dio, l’edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come savio architetto io ho posto il fondamento, ed altri vi costruisce sopra; ora ciascuno stia attento come vi costruisce sopra perché nessuno può porre altro fondamento diverso da quello che è stato posto, cioè Gesú Cristo. Ora, se uno costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, stoppia, l’opera di ciascuno sarà manifestata, perché il giorno la paleserà; poiché sarà manifestata mediante il fuoco, e il fuoco proverà quale sia l’opera di ciascuno. Se l’opera che uno ha edificato sul fondamento resiste, egli ne riceverà una ricompensa, ma se la sua opera è arsa, egli ne subirà la perdita, nondimeno sarà salvato, ma come attraverso il fuoco. Non sapete voi che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se alcuno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui, perché il tempio di Dio, che siete voi, è santo. Nessuno inganni se stesso, se qualcuno fra voi pensa di essere savio in questa età, diventi stolto affinché possa diventare savio. Infatti la sapienza di questo mondo è follia presso Dio, poiché sta scritto: »Egli è colui che prende i savi nella loro astuzia«; e altrove: »Il Signore conosce i pensieri dei savi e sa che sono vani«. Perciò nessuno si glori negli uomini, perché ogni cosa è vostra: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, le cose presenti e le cose future; tutte le cose sono vostre. E voi siete di Cristo e Cristo è di Dio. A Cosí l’uomo ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ma del resto dagli amministratori si richiede che ciascuno sia trovato fedele. Ora a me importa ben poco di essere giudicato da voi o da un tribunale umano; anzi non giudico neppure me stesso. Non sono infatti consapevole di colpa alcuna; non per questo sono però giustificato, ma colui che mi giudica è il Signore. Perciò non giudicate nulla prima del tempo, finché sia venuto il Signore, il quale metterà in luce le cose occulte delle tenebre e manifesterà i consigli dei cuori; e allora ciascuno avrà la sua lode da Dio. Ora, fratelli, per amore vostro, io ho applicato queste cose a me e ad Apollo, affinché per mezzo di noi impariate a non andare al di là di ciò che è scritto, per non gonfiarvi l’un per l’altro a danno di terzi. Che cosa infatti ti rende diverso? Che cosa hai tu che non l’abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché ti glori come se non l’avessi ricevuto? Già siete sazi, già vi siete arricchiti già siete diventati re senza di noi, e magari foste diventati re, affinché noi pure regnassimo con voi. Perché io ritengo che Dio ha designato noi apostoli come gli ultimi di tutti, come uomini condannati a morte, poiché siamo stati fatti un pubblico spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini. Noi siamo stolti per Cristo, ma voi siete savi in Cristo, noi siamo deboli ma voi forti; voi siete onorati, ma noi disprezzati. Fino ad ora noi soffriamo la fame, la sete e la nudità; siamo schiaffeggiati e non abbiamo alcuna fissa dimora, e ci affatichiamo, lavorando con le nostre mani; ingiuriati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; vituperati, esortiamo, siamo diventati come la spazzatura del mondo e come la lordura di tutti fino ad ora. Non scrivo queste cose per farvi vergognare, ma vi ammonisco come miei cari figli. Perché anche se aveste diecimila educatori in Cristo, non avreste però molti padri, poiché io vi ho generato in Cristo Gesú, mediante l’evangelo. Vi esorto dunque a divenire miei imitatori. Per questa ragione vi ho mandato Timoteo, che è mio figlio diletto e fedele nel Signore, che vi ricorderà quali sono le mie vie in Cristo e come insegno dappertutto in ogni chiesa. Or alcuni si sono gonfiati, come se non dovessi piú venire da voi ma verrò presto da voi, se piace al Signore, e conoscerò non il parlare, ma la potenza di coloro che si sono gonfiati, perché il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza. Che volete? Che venga da voi con la verga, oppure con amore e con spirito di mansuetudine? Si ode dappertutto dire che tra di voi vi è fornicazione, e una tale fornicazione che non è neppure nominata fra i gentili, cioè che uno tiene con sé la moglie del padre. E vi siete addirittura gonfiati e non avete piuttosto fatto cordoglio, affinché colui che ha commesso una tale azione fosse tolto di mezzo a voi. Ora io, assente nel corpo ma presente nello spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha commesso ciò. Nel nome del nostro Signore Gesú Cristo, essendo riuniti assieme voi e il mio spirito, con il potere del Signor nostro Gesú Cristo ho deciso che quel tale sia dato in mano di Satana a perdizione della carne, affinché lo spirito sia salvato nel giorno del Signor Gesú. Il vostro vanto non è buono. Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via dunque il vecchio lievito affinché siate una nuova pasta, come ben siete senza lievito, la nostra pasqua infatti, cioè Cristo, è stata immolata per noi. Celebriamo perciò la festa non con vecchio lievito, né con lievito di malvagità e di malizia, ma con azzimi di sincerità e di verità. Vi ho scritto nella mia epistola di non immischiarvi con i fornicatori, ma non intendevo affatto con i fornicatori di questo mondo, o con gli avari, o con i ladri, o con gli idolatri, perché altrimenti dovreste uscire dal mondo. Ma ora vi ho scritto di non mescolarvi con chi, facendosi chiamare fratello, sia un fornicatore, o un avaro o un idolatra, o un oltraggiatore, o un ubriacone, o un ladro; con un tale non dovete neppure mangiare. Tocca forse a me giudicare quelli di fuori? Non giudicate voi quelli di dentro? Ora è Dio che giudica quelli di fuori. Perciò togliete il malvagio di mezzo a voi. C’è qualcuno di voi che, quando ha una questione contro un altro, osa farlo giudicare dagli ingiusti invece che dai santi? Non sapete voi che i santi giudicheranno il mondo? E se il mondo è giudicato da voi, siete voi indegni di giudicare dei piccoli problemi? Non sapete voi che noi giudicheremo gli angeli? Quanto piú possiamo giudicare le cose di questa vita! Se avete dunque delle cause giudiziarie per cose di questa vita, stabilite come giudici quelli che nella chiesa sono i meno stimati. Dico questo per farvi vergogna. Cosí, non c’è tra voi neppure un savio, che nel vostro mezzo sia capace di pronunciare un giudizio tra i suoi fratelli? Il fratello invece chiama in giudizio il fratello, e ciò davanti agli infedeli. E certamente già un male che abbiate tra di voi delle cause gli uni contro gli altri. Perché non subite piuttosto un torto? Perché non vi lasciate piuttosto defraudare? Voi invece fate torto e defraudate, e questo nei confronti dei fratelli. Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio. Or tali eravate già alcuni di voi; ma siete stati lavati, ma siete stati santificati, ma siete stati giustificati nel nome del Signore Gesú e mediante lo Spirito del nostro Dio. Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è vantaggiosa; ogni cosa mi è lecita, ma non mi lascerò dominare da cosa alcuna. Le vivande sono per il ventre e il ventre per le vivande, Dio distruggerà queste e quello; il corpo però non è per la fornicazione, bensí per il Signore, e il Signore per il corpo. Ora Dio, come ha risuscitato il Signore, cosí risusciterà anche noi con la sua potenza. Non sapete voi che i vostri corpi sono membra di Cristo? Prenderò io dunque le membra di Cristo, per farne le membra di una prostituta? Cosí non sia. Non sapete voi che chi si unisce ad una prostituta forma uno stesso corpo con lei? »I due infatti«, dice il Signore, »diventeranno una stessa carne«. Ma chi si unisce al Signore è uno stesso spirito con lui. Fuggite la fornicazione. Qualunque altro peccato che l’uomo commetta è fuori del corpo, ma chi commette fornicazione pecca contro il suo proprio corpo. Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi, il quale voi avete da Dio, e che voi non appartenete a voi stessi? Infatti siete stati comprati a caro prezzo, glorificate dunque Dio nel vostro corpo e nel vostro spirito, che appartengono a Dio. Ora, riguardo alle cose di cui mi avete scritto, sarebbe bene per l’uomo non toccare donna. Ma, a motivo della fornicazione, ogni uomo abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito. Il marito renda alla moglie il dovere coniugale, e ugualmente la moglie al marito. La moglie non ha potestà sul proprio corpo, ma il marito; nello stesso modo anche il marito non ha potestà sul proprio corpo, ma la moglie. Non privatevi l’uno dell’altro, se non di comune accordo per un tempo, per dedicarvi al digiuno e alla preghiera, poi di nuovo tornate a stare insieme, affinché Satana non vi tenti a causa della vostra mancanza di autocontrollo. Or io dico questo per concessione, non per comandamento perché vorrei che tutti gli uomini fossero come me, ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro. Or a quelli che non sono sposati e alle vedove dico che è bene per loro che se ne stiano come sto anch’io ma se non hanno autocontrollo, si sposino, perché è meglio sposarsi che ardere. Agli sposati invece ordino, non io ma il Signore, che la moglie non si separi dal marito, e qualora si separasse, rimanga senza maritarsi, o si riconcili col marito. E il marito non mandi via la moglie. Ma agli altri dico io, non il Signore: se un fratello ha una moglie non credente, e questa acconsente di abitare con lui, non la mandi via. Anche la donna che ha un marito non credente, se questi acconsente di abitare con lei, non lo mandi via, perché il marito non credente è santificato nella moglie, e la moglie non credente è santificata nel marito, altrimenti i vostri figli sarebbero immondi; ora invece sono santi. Se il non credente si separa, si separi pure; in tal caso il fratello o la sorella non sono piú obbligati; ma Dio ci ha chiamati alla pace. Infatti che ne sai tu, moglie, se salverai il marito? Ovvero che ne sai tu, marito, se salverai la moglie? Negli altri casi, ciascuno continui a vivere nella condizione che Dio gli ha assegnato e come il Signore lo ha chiamato, e cosí ordino in tutte le chiese. Qualcuno è stato chiamato quando era circonciso? Non diventi incirconciso; qualcuno è stato chiamato quando era incirconciso? Non si faccia circoncidere. La circoncisione, è nulla e l’incirconcisione è nulla, ma quel che importa è l’osservanza dei comandamenti di Dio. Ciascuno rimanga nella condizione nella quale è stato chiamato. Sei tu stato chiamato quando eri schiavo? Non ti affliggere; se però puoi divenire libero, è meglio che lo fai. Perché chi è chiamato nel Signore da schiavo è un liberto del Signore; parimenti anche colui che è chiamato da libero, è schiavo di Cristo. Voi siete stati comprati a prezzo, non diventate schiavi degli uomini. Fratelli, ognuno rimanga presso Dio nella condizione in cui è stato chiamato. Or riguardo alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un parere come avendo ottenuto misericordia dal Signore per essere fedele. A motivo della imminente avversità, ritengo dunque che sia bene per un uomo di rimanere cosí. Sei legato ad una moglie? Non cercare di esserne sciolto. Sei sciolto da una moglie? Non cercare moglie. Tuttavia, anche se prendi moglie, tu non pecchi; e se una vergine si marita, non pecca; ma tali persone avranno tribolazione nella carne; ora io vorrei risparmiarvi ciò. Ma questo vi dico, fratelli, che il tempo è ormai abbreviato; cosí d’ora in avanti anche quelli che hanno moglie, siano come se non l’avessero; e quelli che piangono, come se non piangessero; e quelli che si rallegrano, come se non si rallegrassero; e quelli che comprano, come se non possedessero; e quelli che usano di questo mondo, come se non ne usassero, perché la forma attuale di questo mondo passa. Or io desidero che voi siate senza sollecitudine. Chi non è sposato, si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore; ma chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie. Vi è differenza tra la donna sposata e la vergine; quella che non è sposata, si preoccupa delle cose del Signore per essere santa nel corpo e nello spirito, ma la sposata si preoccupa delle cose del mondo, del come possa piacere al marito. Ora dico questo per il vostro vantaggio, non per tendervi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è decoroso e perché possiate darvi assiduamente al Signore senza esserne distratti. Ma, se alcuno pensa di fare cosa sconveniente verso la propria figlia vergine se essa oltrepassa il fiore dell’età, e che cosí bisogna fare, faccia ciò che vuole; egli non pecca; la dia a marito. Ma chi sta fermo nel suo cuore senza sottostare ad alcuna costrizione, ma è padrone della sua volontà ed ha determinato questo nel cuor suo, di conservare cioè la sua figlia vergine, fa bene. Perciò, chi dà la sua propria figlia a marito fa bene e chi non la dà a marito fa meglio. La moglie è vincolata per legge per tutto il tempo che vive suo marito; ma se il marito muore, essa è libera di maritarsi a chi vuole, purché nel Signore. Tuttavia, secondo il mio avviso, essa sarà piú felice se rimane cosí, or penso di avere anch’io lo Spirito di Dio. Ora, riguardo alle cose sacrificate agli idoli, noi sappiamo che tutti abbiamo conoscenza; la conoscenza gonfia, ma l’amore edifica. Ora, se uno pensa di sapere qualche cosa, non sa ancora nulla di come egli dovrebbe sapere. Ma se uno ama Dio, egli è da lui conosciuto. Perciò quanto al mangiare le cose sacrificate agli idoli, noi sappiamo che l’idolo non è nulla nel mondo, e che non vi è alcun altro Dio, se non uno solo, E infatti, anche se vi sono i cosiddetti dèi sia in cielo che in terra (come vi sono molti dèi e molti signori), per noi c’è un solo Dio, il Padre dal quale sono tutte le cose e noi in lui; e un solo Signore, Gesú Cristo, per mezzo del quale sono tutte le cose, e noi esistiamo per mezzo di lui. Ma la conoscenza non è in tutti; anzi alcuni, avendo finora consapevolezza dell’idolo, mangiano come di una cosa sacrificata all’idolo; e la loro coscienza, essendo debole, ne è contaminata. Ora un cibo non ci rende graditi a Dio; se mangiamo, non abbiamo nulla di piú, e se non mangiamo, non abbiamo nulla di meno. Badate però che questa vostra libertà non divenga un intoppo per i deboli. Perché se qualcuno vede te, che hai conoscenza, seduto a tavola in un tempio di idoli, la coscienza di lui, che è debole, non sarà forse incoraggiata a mangiare le cose sacrificate agli idoli? E cosí, a causa della tua conoscenza perirà il fratello debole, per il quale Cristo è morto. Ora, peccando cosí contro i fratelli e ferendo la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Perciò, se un cibo scandalizza il mio fratello, non mangerò mai piú carne, per non scandalizzare il mio fratello, Non sono io apostolo? Non sono io libero? Non ho io veduto Gesú Cristo, il nostro Signore? Non siete voi la mia opera nel Signore? Se non sono apostolo per gli altri, lo sono almeno per voi, poiché voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore. Questa è la mia difesa nei confronti di coloro che fanno inchieste a mio riguardo. Non abbiamo noi il diritto di mangiare e di bere? Non abbiamo noi il diritto di condurre attorno una moglie, che sia una sorella in fede, come fanno anche gli altri apostoli, i fratelli del Signore e Cefa? O soltanto io e Barnaba non abbiamo il diritto di non lavorare? Chi mai va alla guerra a proprie spese? Chi pianta una vigna e non ne mangia il frutto? O chi si prende cura di un gregge e non mangia del latte del gregge? Dico queste cose secondo l’uomo? Non dice queste cose anche la legge? Nella legge di Mosé infatti sta scritto: »Non mettere la museruola al bue che trebbia«. Si dà forse Dio pensiero dei buoi? Ovvero, dice tutto questo per noi? Certo queste cose sono scritte per noi, perché chi ara deve arare con speranza, e chi trebbia deve trebbiare con la speranza di avere ciò che spera. Se abbiamo seminato fra voi le cose spirituali, è forse gran cosa se mietiamo i vostri beni materiali? Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l’avremmo noi molto di piú? Noi però non ci serviamo di questo diritto, ma sopportiamo ogni cosa per non porre alcun ostacolo all’evangelo di Cristo. Non sapete voi che quelli che fanno il servizio sacro mangiano delle cose del tempio, e quelli che servono all’altare hanno parte dei beni dell’altare? Cosí pure il Signore ha ordinato che coloro che annunziano l’evangelo, vivano dell’evangelo. Ma io non ho fatto alcun uso di queste cose né ve ne scrivo, affinché si faccia cosí con me, perché è meglio per me morire, piuttosto che qualcuno renda vano il mio vanto. Infatti, se io predico l’evangelo, non ho nulla da gloriarmi, poiché è una necessità che mi è imposta; e guai a me se non predico l’evangelo! Se perciò lo faccio volontariamente, ne ho ricompensa; ma se lo faccio contro voglia, rimane sempre un incarico che mi è stato affidato. Qual è dunque il mio premio? Questo: che predicando l’evangelo, io posso offrire l’evangelo di Cristo gratuitamente, per non abusare del mio diritto nell’evangelo. Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero. Mi sono cosí fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; mi sono fatto come uno che è sotto la legge con coloro che sono sotto la legge, per guadagnare quelli che sono sotto la legge; tra quanti sono senza legge, mi sono fatto come se fossi senza la legge (benché non sia senza la legge di Dio, anzi sotto la legge di Cristo), per guadagnare quanti sono senza la legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per poterne salvare in qualche modo alcuni. Or io faccio questo per l’evangelo, affinché ne sia partecipe anch’io. Non sapete voi che quelli che corrono nello stadio, corrono bensí tutti, ma uno solo ne conquista il premio? Correte in modo da conquistarlo. Ora, chiunque compete nelle gare si auto-controlla in ogni cosa; e quei tali fanno ciò per ricevere una corona corruttibile, ma noi dobbiamo farlo per riceverne una incorruttibile. Io dunque corro, ma non in modo incerto; cosí combatto, ma non come battendo l’aria; anzi disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché, dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato. Ora, fratelli, non voglio che ignoriate che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola e tutti passarono attraverso il mare, tutti furono battezzati per Mosé nella nuvola e nel mare, tutti mangiarono il medesimo cibo spirituale, e tutti bevvero la medesima bevanda spirituale, perché bevevano dalla roccia spirituale che li seguiva; or quella roccia era Cristo. Ma Dio non gradí la maggior parte di loro; infatti furono abbattuti nel deserto, Or queste cose avvennero come esempi per noi, affinché non desideriamo cose malvagie come essi fecero, e affinché non diventiate idolatri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: »Il popolo si sedette per mangiare e per bere, e poi si alzò per divertirsi«. E non fornichiamo, come alcuni di loro fornicarono, per cui ne caddero in un giorno ventitremila. E non tentiamo Cristo, come alcuni di loro lo tentarono, per cui perirono per mezzo dei serpenti, E non mormorate, come alcuni di loro mormorarono, per cui perirono per mezzo del distruttore. Or tutte queste cose avvennero loro come esempio, e sono scritte per nostro avvertimento, per noi, che ci troviamo alla fine delle età. Perciò, chi pensa di stare in piedi, guardi di non cadere. Nessuna tentazione vi ha finora colti se non umana, or Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita, affinché la possiate sostenere. Perciò, miei cari, fuggite dall’idolatria. Io parlo come a persone intelligenti; giudicate voi ciò che dico: il calice della benedizione, che noi benediciamo, non è forse partecipazione con il sangue di Cristo? Il pane, che noi rompiamo, non è forse partecipazione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane e noi, sebbene in molti, siamo un solo corpo, poiché tutti partecipiamo dell’unico pane. Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano i sacrifici non hanno essi parte dell’altare? Che dico dunque? Che l’idolo sia qualche cosa? O che ciò che è sacrificato agli idoli sia qualche cosa? No, ma dico che le cose che i gentili sacrificano, le sacrificano ai démoni e non a Dio; or io non voglio che voi abbiate parte con i démoni. Voi non potete bere il calice del Signore e il calice dei démoni, voi non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei démoni. Vogliamo noi provocare il Signore a gelosia? Siamo noi piú forti di lui? Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è vantaggiosa, ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa edifica. Nessuno cerchi il proprio interesse, ma ciascuno cerchi quello altrui. Mangiate di tutto ciò che si vende al macello senza fare alcuna domanda per motivo di coscienza, perché »la terra e tutto ciò che essa contiene è del Signore«, Se qualche non credente vi invita e volete andarvi, mangiate di tutto ciò che vi è posto davanti senza fare alcuna domanda per motivo di coscienza. Ma se qualcuno vi dice: »Questo fa parte delle cose sacrificate agli idoli«, non ne mangiate, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza, perché »la terra e tutto ciò che essa contiene è del Signore«. Or mi riferisco non alla tua coscienza, ma a quella dell’altro. Per qual motivo infatti sarebbe la mia libertà giudicata dalla coscienza di un altro? Ma se prendo parte alle vivande con gratitudine, perché sarei biasimato per ciò di cui rendo grazie? Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutte le cose alla gloria di Dio. Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla chiesa di Dio; come io stesso mi sforzo di essere gradito a tutti in ogni cosa, non cercando il mio proprio vantaggio ma quello di molti, affinché siano salvati. Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo. Or vi lodo, fratelli, perché vi ricordate di tutte le cose che provengono da me, e perché ritenete gli ordinamenti, come ve li ho trasmessi. Voglio però che sappiate che il capo di ogni uomo è Cristo, il capo della donna è l’uomo e il capo di Cristo è Dio. Ogni uomo, che prega o profetizza col capo coperto, fa vergogna al suo capo. Ma ogni donna, che prega o profetizza col capo scoperto, fa vergogna al suo capo perché è la stessa cosa che se fosse rasa. Ora se la donna non si copre, si faccia pure tagliare i capelli; ma se è una cosa vergognosa per la donna farsi tagliare i capelli o rasare, si copra il capo. L’uomo invece non deve coprirsi il capo, perché è l’immagine e la gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell’uomo, perché l’uomo non è dalla donna, ma la donna dall’uomo, anche perché l’uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l’uomo. Perciò la donna deve avere sul capo un segno di autorità, a motivo degli angeli. Nondimeno, né l’uomo è senza la donna, né la donna senza l’uomo, nel Signore, perché come la donna proviene dall’uomo, cosí anche l’uomo nasce per mezzo della donna, e ogni cosa è da Dio. Giudicate fra voi stessi. E’ conveniente che la donna preghi Dio senza essere coperta? La natura stessa non vi insegna che è un disonore per l’uomo portare la chioma? Se invece la donna porta la chioma, ciò è per lei un onore, poiché la chioma le è stata data per copertura. Ora se alcuno vuol essere contenzioso, noi non abbiamo una tale usanza e neppure le chiese di Dio. Ora in quello che vi ordino, io non vi lodo, perché vi riunite non per il meglio, ma per il peggio, prima di tutto, perché sento dire che quando vi riunite in assemblea vi sono fra voi delle divisioni; e in parte lo credo. E’ necessario infatti che vi siano anche delle fazioni tra voi, affinché siano manifestati tra voi quelli che sono approvati. Quando dunque vi riunite insieme, quello che fate non è mangiare la cena del Signore, perché nel mangiare ciascuno prende prima la propria cena; e uno ha fame e l’altro è ubriaco. Ora non avete delle case per mangiare e bere? O disprezzate la chiesa di Dio e fate vergognare quelli che non hanno nulla? Che vi dirò? Vi loderò? In questo non vi lodo. Poiché io ho ricevuto dal Signore ciò che vi ho anche trasmesso: che il Signore Gesú, nella notte in cui fu tradito, prese del pane, e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: »Prendete, mangiate; questo è il mio corpo che è spezzato per voi; fate questo in memoria di me«. Parimenti, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: »Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me«. Poiché ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia di questo pane o beve del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole del corpo e del sangue del Signore. Ora ognuno esamini se stesso, e cosí mangi del pane e beva del calice, poiché chi ne mangia e beve indegnamente, mangia e beve un giudizio contro se stesso, non discernendo il corpo del Signore. Per questa ragione fra voi vi sono molti infermi e malati, e molti muoiono. Perché se esaminassimo noi stessi, non saremmo giudicati. Ma quando siamo giudicati, siamo corretti dal Signore, affinché non siamo condannati col mondo. Pertanto, fratelli miei, riunendovi per mangiare, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, affinché non vi riuniate per attirarvi un giudizio. Or quanto alle altre cose le Sistemerò quando verrò. Ora, fratelli, non voglio che siate nell’ignoranza riguardo ai doni spirituali. Voi sapete che quando eravate gentili, eravate trascinati dietro gli idoli muti, dietro l’impulso del momento. Perciò vi faccio sapere che nessuno parlando per lo Spirito di Dio, dice »Gesú è anatema«, e che altresí nessuno può dire: »Gesú è il Signore«, se non per lo Spirito Santo. Or vi sono diversità di doni, ma non vi è che un medesimo Spirito, Vi sono anche diversità di ministeri ma non vi è che un medesimo Signore. Vi sono parimenti diversità di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio, il quale opera tutte le cose in tutti. Or a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per l’utilità comune. A uno infatti è data, per mezzo dello Spirito, parola di sapienza; a un altro, secondo il medesimo Spirito, parola di conoscenza; a un altro fede, dal medesimo Spirito a un altro doni di guarigioni, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro potere di compiere potenti operazioni; a un altro profezia; a un altro discernimento degli spiriti; a un altro diversità di lingue, a un altro l’interpretazione delle lingue. Or tutte queste cose le opera quell’unico e medesimo Spirito, che distribuisce i suoi doni a ciascuno in particolare come vuole. Come infatti il corpo è uno, ma ha molte membra, e tutte le membra di quell’unico corpo, pur essendo molte, formano un solo corpo, cosí è anche Cristo. Ora noi tutti siamo stati battezzati in uno Spirito nel medesimo corpo, sia Giudei che Greci, sia schiavi che liberi, e siamo stati tutti abbeverati in un medesimo Spirito. Infatti anche il corpo non è un sol membro, ma molte. Se il piede dicesse: »Perché non sono mano io non sono parte del corpo«, non per questo non sarebbe parte del corpo. E se l’orecchio dicesse: »Perché non sono occhio, io non sono parte del corpo«, non per questo non sarebbe parte del corpo. Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? Ma ora Dio ha posto ciascun membro nel corpo, come ha voluto. Ma se tutte le membra fossero un solo membro, dove sarebbe il corpo? Ci sono invece molte membra, ma vi è un solo corpo. E l’occhio non può dire alla mano: »Io non ho bisogno di te«; né parimenti il capo può dire ai piedi: »Io non ho bisogno di voi«. Anzi, le membra del corpo che sembrano essere le piú deboli, sono molto piú necessarie delle altre; e quelle che stimiamo essere le meno onorevoli del corpo, le circondiamo di maggior onore; e le nostre parti indecorose sono circondate di maggior decoro; ma le nostre parti decorose non ne hanno bisogno. Perciò Dio ha composto il corpo, dando maggiore onore alla parte che ne mancava, affinché non vi fosse divisione nel corpo, ma le membra avessero tutte una medesima cura le une per le altre. E se un membro soffre, tutte le membra soffrono; mentre se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono insieme. Or voi siete il corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per parte sua. E Dio ne ha costituiti alcuni nella chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come dottori; poi ha ordinato le potenti operazioni; quindi i doni di guarigione i doni di assistenza e di governo e la diversità di lingue. Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti dottori? Hanno tutti il dono di potenti operazioni? Hanno tutti i doni di guarigioni? Parlano tutti diverse lingue? Interpretano tutti? Ora voi cercate ardentemente i doni maggiori; e vi mostrerò una via ancora piú alta. Quand’anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non ho amore, divento un bronzo risonante o uno squillante cembalo. E se anche avessi il dono di profezia, intendessi tutti i misteri e tutta la scienza e avessi tutta la fede da trasportare i monti, ma non ho amore, non sono nulla. E se spendessi tutte le mie facoltà per nutrire i poveri e dessi il mio corpo per essere arso, ma non ho amore, tutto questo niente mi giova. L’amore è paziente, è benigno; l’amore non invidia, non si mette in mostra, non si gonfia, non si comporta in modo indecoroso, non cerca le cose proprie, non si irrita, non sospetta il male; non si rallegra dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità, tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non viene mai meno, ma le profezie saranno abolite, le lingue cesseranno e la conoscenza sarà abolita perché conosciamo in parte e profetizziamo in parte. Ma quando sarà venuta la perfezione, allora quello che è solo parziale sarà abolito. Quand’ero bambino, parlavo come un bambino, avevo il senno di un bambino, ragionavo come un bambino; quando sono diventato uomo, ho smesso le cose da bambino. Ora infatti vediamo come per mezzo di uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò proprio come sono stato conosciuto. Ora dunque queste tre cose rimangono: fede, speranza e amore; ma la piú grande di esse è l’amore. Desiderate l’amore e cercate ardentemente i doni spirituali, ma soprattutto che possiate profetizzare, perché chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo comprende, ma egli in spirito proferisce misteri. Chi profetizza, invece, parla agli uomini per edificazione, esortazione e consolazione. Chi parla in altra lingua edifica se stesso, ma chi profetizza edifica la chiesa. Io vorrei che tutti parlaste in lingue, ma molto piú che profetizzaste, perché chi profetizza è superiore a chi parla in lingue a meno che egli interpreti, affinché la chiesa ne riceva edificazione. Ma ora, fratelli, se venissi a voi parlando in lingue, che vi gioverei se non vi parlassi per mezzo di rivelazione, o di conoscenza, o di profezia, o di insegnamento? Le cose inanimate stesse che emettono un suono, come il flauto e la cetra, se non danno suoni distinti, come si riconoscerà ciò che si suona con il flauto o con la cetra? Se infatti la tromba dà un suono sconosciuto, chi si preparerà alla battaglia? Cosí anche voi, se con la lingua non proferite un parlare intelligibile, come si comprenderà ciò che è detto? Sarebbe infatti come se voi parlaste all’aria. Vi sono, ad esempio, tante varietà di suoni di lingua nel mondo, e nessuno di essi è senza significato. Se dunque io non comprendo il significato del suono, sarò come uno straniero per chi parla, e chi parla sarà uno straniero per me. Cosí anche voi, poiché siete desiderosi di avere doni spirituali, cercate di abbondarne per l’edificazione della chiesa. Perciò chi parla in altra lingua preghi di poter interpretare, perché, se io prego in altra lingua, il mio spirito ben prega, ma la mia mente rimane infruttuosa. Che si deve dunque fare? Pregherò con lo spirito, ma lo farò anche con la mente; canterò con lo spirito, ma canterò anche con la mente. Tuttavia, se tu lodi Dio con lo spirito, colui che occupa il posto del profano, come dirà amen, al tuo ringraziamento, poiché egli non comprende ciò che tu dici? Infatti tu puoi anche rendere un bel ringraziamento, ma l’altro non è edificato. Io ringrazio il mio Dio, perché parlo in lingue piú di voi tutti. Ma nell’assemblea preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza per istruire anche gli altri, piuttosto che diecimila parole in altra lingua. Fratelli, non siate bambini di senno, ma siate bambini in malizia e uomini compiuti in senno. Sta scritto nella legge: »Io parlerò a questo popolo in lingue straniere e con labbra straniere, ma neppure cosí mi ascolteranno«, dice il Signore. Pertanto le lingue sono un segno non per i credenti, ma per i non credenti mentre la profezia non è per i non credenti, ma per i credenti. Se dunque, quando tutta la chiesa è riunita insieme, tutti parlano in lingue ed entrano dei profani o dei non credenti, non diranno che voi siete fuori di senno? Ma se tutti profetizzano ed entra un non credente, egli è convinto da tutti, è giudicato da tutti. In questo modo i segreti del suo cuore vengono palesati e cosí, gettandosi con la faccia a terra, adorerà Dio, dichiarando che Dio è veramente fra voi. Che conviene dunque fare, fratelli? Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi, chi un salmo, chi un insegnamento, chi parole in altra lingua, chi una rivelazione, chi un’interpretazione, si faccia ogni cosa per l’edificazione. Se uno parla in altra lingua, si faccia questo da due o tre al piú, e l’un dopo l’altro, e uno interpreti. Ma se non vi è chi interpreti, si taccia nella chiesa chi parla in altra lingua, ma parli a se stesso e a Dio. Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino. Ma se è rivelata qualcosa ad uno che è seduto, si taccia il precedente. Tutti infatti, ad uno ad uno, potete profetizzare affinché tutti imparino e tutti siano incoraggiati. Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti perché Dio non è un Dio di confusione, ma di pace; e cosí si fà in tutte le chiese dei santi. Tacciano le vostre donne nelle chiese, perché non è loro permesso di parlare, ma devono essere sottomesse, come dice anche la legge. E se vogliono imparare qualche cosa interroghino i propri mariti a casa, perché è vergognoso per le donne parlare in chiesa. E la parola di Dio proceduta da voi o è essa pervenuta a voi soli? Se uno si stima essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che vi scrivo sono comandamenti del Signore. E se uno lo vuole ignorare, lo ignori. Perciò, fratelli miei cercate ardentemente il profetizzare e non impedite di parlare in lingue. Ma ogni cosa sia fatta con decoro e con ordine. Ora, fratelli, vi dichiaro l’evangelo che vi ho annunziato, e che voi avete ricevuto e nel quale state saldi, e mediante il quale siete salvati, se ritenete fermamente quella parola che vi ho annunziato, a meno che non abbiate creduto invano. Infatti vi ho prima di tutto trasmesso ciò che ho anch’io ricevuto, e cioè che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, che fu sepolto e risuscitò a il terzo giorno secondo le Scritture, e che apparve a Cefa e poi ai dodici. In seguito apparve in una sola volta a piú di cinquecento fratelli, la maggior parte dei quali è ancora in vita, mentre alcuni dormono già. Successivamente apparve a Giacomo e poi a tutti gli apostoli insieme. Infine, ultimo di tutti, apparve anche a me come all’aborto. Io infatti sono il minimo degli apostoli e non sono neppure degno di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la chiesa di Dio. Ma per la grazia di Dio sono quello che sono; e la sua grazia verso di me non è stata vana, anzi ho faticato piú di tutti loro non io però, ma la grazia di Dio che è con me. Or dunque, sia io che loro, cosí predichiamo, e cosí voi avete creduto. Ora, se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come mai alcuni di voi dicono che non c’è la risurrezione dei morti? Se dunque non c’è la risurrezione dei morti, neppure Cristo è risuscitato. Ma se Cristo non è risuscitato, è dunque vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede. Inoltre noi ci troveremo ad essere falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato Cristo, mentre non l’avrebbe risuscitato, se veramente i morti non risuscitano. Se infatti i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; ma se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede, voi siete ancora nei vostri peccati, e anche quelli che dormono in Cristo sono perduti. Se noi speriamo in Cristo solo in questa vita, noi siamo i piú miserabili di tutti gli uomini. Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, ed è la primizia di coloro che dormono. Infatti, siccome per mezzo di un uomo è venuta la morte, cosí anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Perché, come tutti muoiono in Adamo, cosí tutti saranno vivificati in Cristo. ma ciascuno nel proprio ordine: Cristo la primizia, poi coloro che sono di Cristo alla sua venuta. Poi verrà la fine, quando rimetterà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo aver annientato ogni dominio, ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni, finché non abbia messo tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico che sarà distrutto è la morte. Dio infatti ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi. Quando però dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che ne è eccettuato colui che gli ha sottoposto ogni cosa. E quando ogni cosa gli sarà sottoposta, allora il Figlio sarà anch’egli sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti. Altrimenti che faranno quelli che sono battezzati per i morti? Se i morti non risuscitano affatto, perché dunque sono essi battezzati per i morti? Perché siamo anche noi in pericolo ad ogni ora? Io muoio ogni giorno per il vanto di voi, che ho in Cristo Gesú nostro Signore. Se ho combattuto in Efeso con le fiere per motivi umani, che utile ne ho io? Se i morti non risuscitano, mangiamo e beviamo, perché domani morremo. Non vi ingannate; le cattive compagnie corrompono i buoni costumi. Ritornate ad essere sobri e retti e non peccate, perché alcuni non hanno conoscenza di Dio; lo dico a vostra vergogna. Ma dirà qualcuno: »Come risuscitano i morti, e con quale corpo verranno?«. Stolto! Quello che tu semini non è vivificato, se prima non muore. E quanto a quello che semini, tu non semini il corpo che ha da nascere, ma un granello ignudo, che può essere di frumento o di qualche altro seme. E Dio gli dà un corpo come ha stabilito, e a ciascun seme dà il suo proprio corpo. Non ogni carne è la stessa carne; ma altra è la carne degli uomini, altra la carne delle bestie, altra la carne dei pesci, altra la carne degli uccelli. Vi sono anche dei corpi celesti, e dei corpi terrestri, ma altra è la gloria dei celesti, altra quella dei terrestri. Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna ed altro lo splendore delle stelle, perché una stella differisce da un’altra stella in splendore. Cosí sarà pure la risurrezione dei morti; il corpo è seminato corruttibile e risuscita incorruttibile. E’ seminato ignobile e risuscita glorioso; è seminato debole e risuscita pieno di forza. E’ seminato corpo naturale, e risuscita corpo spirituale. Vi è corpo naturale, e vi è corpo spirituale. Cosí sta anche scritto: »Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente« ma l’ultimo Adamo è Spirito che dà la vita. Ma lo spirituale non è prima bensí prima è il naturale, poi lo spirituale. Il primo uomo, tratto dalla terra, è terrestre; il secondo uomo, che è il Signore, è dal cielo. Qual è il terrestre tali sono anche i terrestri; e qual è il celeste, tali saranno anche i celesti. E come abbiamo portato l’immagine del terrestre, porteremo anche l’immagine del celeste. Or questo dico, fratelli, che la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio; similmente la corruzione non eredita l’incorruttibilità. Ecco, io vi dico un mistero: non tutti morremo, ma tutti saremo mutati in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba; la tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati, poiché bisogna che questo corruttibile rivesta l’incorruttibilità e questo mortale rivesta l’immortalità. Cosí quando questo corruttibile avrà rivestito l’incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che fu scritta: »La morte è stata inghiottita nella vittoria«. O morte, dov’è il tuo dardo? O inferno, dov’è la tua vittoria? Ora il dardo della morte è il peccato, e la forza del peccato è la legge. Ma ringraziato sia Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signor nostro Gesú Cristo. Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, irremovibili, abbondando del continuo nell’opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore. Ora, quanto alla colletta che si fa per i santi, fate anche voi come ho ordinato alle chiese della Galazia. Ogni primo giorno della settimana, ciascuno metta da parte per conto suo ciò che può in base alle sue entrate, affinché non si facciano piú collette quando verrò. Quando poi sarò giunto, io manderò con delle lettere coloro che voi avrete approvato per portare il vostro generoso dono a Gerusalemme. E se converrà che ci vada io stesso, essi verranno con me. Or verrò da voi, dopo che sarò passato per la Macedonia, perché attraverserò la Macedonia. E forse mi tratterrò presso di voi, o vi passerò addirittura l’inverno, affinché mi facciate proseguire per ogni dove possa andare. Questa volta infatti non voglio vedervi solo di passaggio, ma spero di rimanere un po’ di tempo presso di voi, se il Signore lo permette. Or io resterò in Efeso fino a Pentecoste perché mi si è aperta una porta grande ed efficace e vi sono molti avversari. Ora, se viene Timoteo, fate in modo che rimanga con voi senza timore, perché si adopera nell’opera del Signore, come faccio io stesso. Nessuno dunque lo disprezzi, ma fatelo proseguire in pace per venire da me, perché lo aspetto con i fratelli. Ora quanto al fratello Apollo, l’ho molto pregato di venire da voi con i fratelli, ma egli non ha voluto assolutamente venire ora; però verrà quando ne avrà l’opportunità. Vegliate, state fermi nella fede, comportatevi virilmente, siate forti. Tutte le cose che fate, fatele con amore. Ora, fratelli (voi conoscete la famiglia di Stefana e sapete che è primizia dell’Acaia, e che si sono dedicati al servizio dei santi), vi esorto a sottomettervi anche voi a tali persone e a chiunque si adopera e si affatica nell’opera comune. Or io mi rallegro della venuta di Stefana, di Fortunato e di Acaico, poiché essi hanno supplito alla vostra assenza. perché hanno ricreato il mio spirito e il vostro; riconoscete dunque tali persone. Le chiese dell’Asia vi salutano Aquila e Priscilla, insieme alla chiesa che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore. Tutti i fratelli vi salutano; salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio. Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo, Se qualcuno non ama il Signor Gesú Cristo, sia anatema! Maran-atha. cioè: Il Signore viene. La grazia del Signore Gesú Cristo sia con voi. Il mio amore sia con tutti voi in Cristo Gesú. Amen.
Paolo, apostolo di Gesú Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, alla chiesa di Dio che è in Corinto, insieme a tutti i santi che sono in tutta l’Acaia: grazia e pace a voi da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Benedetto sia Dio e Padre del nostro Signore Gesú Cristo, il Padre delle misericordie e il Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra afflizione affinché, per mezzo della consolazione con cui noi stessi siamo da Dio consolati, possiamo consolare coloro che si trovano in qualsiasi afflizione. Poiché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, cosí per mezzo di Cristo abbonda pure la nostra consolazione. Ora se siamo afflitti, ciò è per la vostra consolazione e salvezza, se siamo consolati, ciò è per la vostra consolazione e salvezza, che operano efficacemente nel sostenere le medesime sofferenze che patiamo anche noi. La nostra speranza a vostro riguardo è salda, sapendo che, come siete partecipi delle sofferenze, cosí sarete anche partecipi della consolazione. Perché non vogliamo, fratelli, che ignoriate la nostra afflizione che ci capitò in Asia, come siamo stati eccessivamente gravati al di là delle nostre forze, tanto da giungere a disperare della vita stessa. Anzi avevamo già in noi stessi la sentenza di morte, affinché non ci confidassimo in noi stessi, ma in Dio che risuscita i morti, il quale ci ha liberati e ci libera da un sí grande pericolo di morte, e nel quale speriamo che ci libererà ancora nell’avvenire, mentre voi stessi vi unite a noi per aiutarci in preghiera, affinché siano rese grazie per noi da parte di molti, per il beneficio che ci sarà accordato tramite la preghiera di molte persone. Il nostro vanto infatti è questo: la testimonianza della nostra coscienza, che nel mondo e specialmente davanti a voi, ci siamo comportati con la semplicità e sincerità di Dio, non con sapienza carnale, ma con la grazia di Dio. Perché non vi scriviamo altre cose se non quelle che potete leggere o comprendere; e io spero che le comprenderete fino in fondo; come in parte ci avete già compreso, che noi siamo il vostro vanto, cosí anche voi sarete il nostro nel giorno del Signore nostro Gesú Cristo, E con questa fiducia io volevo venire prima da voi affinché poteste avere un secondo beneficio, e, passando da voi, andare in Macedonia, e poi di nuovo dalla Macedonia venire da voi e da voi essere accompagnato in Giudea. Facendo dunque questa decisione, ho io agito con leggerezza? O le cose che io decido, le decido io secondo la carne, di modo che vi sia in me allo stesso tempo il sí, sí, e il no, no? Ora, come è vero che Dio è fedele, la nostra parola verso di voi non è stata sí e no. Perché il Figlio di Dio, Gesú Cristo, che è stato fra voi predicato da noi cioè da me, da Silvano e da Timoteo non è stato »sí« e »no«, ma è stato »sí« in lui. Poiché tutte le promesse di Dio hanno in lui il »sí« e »l’amen«, alla gloria di Dio per mezzo di noi. Or colui che ci conferma assieme a voi in Cristo e ci ha unti è Dio, il quale ci ha anche sigillati e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori. Or io chiamo Dio come testimone sulla mia stessa vita che, per risparmiarvi, non sono ancora venuto a Corinto. Non già che dominiamo sulla vostra fede, ma siamo collaboratori della vostra gioia, perché voi state saldi per fede. Or io avevo determinato in me stesso di non venire di nuovo da voi con tristezza. Perché se io vi rattristo, chi mi rallegrerà, se non colui stesso che sarà stato da me rattristato? E vi ho scritto in quel modo affinche, alla mia venuta, non avessi tristezza da coloro che dovrebbero rallegrarmi, avendo fiducia in voi tutti che la mia gioia è quella di voi tutti. Vi ho scritto infatti con molte lacrime e con grande afflizione e angoscia di cuore, non perché foste rattristati, ma perché conosciate il grandissimo amore che ho per voi. E se qualcuno ha causato tristezza, non ha rattristato me, ma in parte, per non esagerare, voi tutti. Basta a quel tale la punizione inflittagli dalla maggioranza ma ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e consolarlo, perché talora quell’uomo non sia sommerso dalla troppa tristezza. Vi prego perciò di confermargli il vostro amore perché vi ho anche scritto per questo, per sapere alla prova se siete ubbidienti in ogni cosa. Or a chi voi perdonate qualche cosa perdono anch’io, perché anch’io se ho perdonato qualcosa a chi ho perdonato. fatto per amor vostro davanti a Cristo, affinché non siamo sopraffatti da Satana, perché noi non ignoriamo le sue macchinazioni. Ora, quando giunsi a Troas per l’evangelo di Cristo e mi fu aperta una porta nel Signore, non ebbi alcuna requie nel mio spirito, per non avervi trovato Tito, mio fratello: perciò congedandomi da loro, me ne andai in Macedonia. Or sia ringraziato Dio il quale ci fa sempre trionfare in Cristo e attraverso noi manifesta in ogni luogo il profumo della sua conoscenza. Perché noi siamo per Dio il buon odore di Cristo fra quelli che sono salvati, e fra quelli che periscono; per questi un odore di morte a morte, ma per quelli un odore di vita a vita. E chi è sufficiente a queste cose? Noi non falsifichiamo infatti la parola di Dio come molti altri, ma parliamo in sincerità come da parte di Dio davanti a Dio in Cristo. Cominciamo di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo noi bisogno come alcuni, di lettere di raccomandazione per voi o di raccomandazione da parte vostra? Voi siete la nostra lettera, scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini, essendo manifesto che voi siete una lettera di Cristo, che è il risultato del nostro ministero scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, e non su tavole di pietra, ma sulle tavole di un cuore di carne. Or questa fiducia noi l’abbiamo per mezzo di Cristo presso Dio; non già che da noi stessi siamo capaci di pensare alcuna cosa come proveniente da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio, il quale ci ha anche resi ministri idonei del nuovo patto, non della lettera, ma dello Spirito, poiché la lettera uccide, ma lo Spirito dà vita. Or se il ministero della morte, che era scolpito in lettere su pietre, fu glorioso tanto che i figli d’Israele non potevano fissare lo sguardo sul volto di Mosé, per la gloria del suo volto che però doveva essere annullata, quanto piú glorioso sarà il ministero dello Spirito? Se infatti il ministero della condanna fu circondato di gloria, molto piú abbonderà in gloria il ministero della giustizia. Per cui, sotto questo aspetto anche ciò che fu reso glorioso non fu veramente glorioso, se messo a confronto con la piú eccellente gloria. Perché, se ciò che doveva essere annullato fu circondato di gloria, sarà molto piú glorioso ciò che è duraturo. Avendo dunque questa speranza, usiamo una grande franchezza nel parlare, e non facciamo come Mosé, che si metteva un velo sul proprio volto, affinché i figli d’Israele non fissassero il loro sguardo sulla fine di ciò che doveva essere annullato. Ma le loro menti sono diventate ottuse; infatti, nella lettura dell’antico patto lo stesso velo rimane senza essere rimosso, perché il velo viene annullato in Cristo. Anzi fino ad oggi, quando si legge Mosé un velo rimane sul loro cuore. Ma quando Israele si sarà convertito al Signore, il velo sarà rimosso. Or il Signore è lo Spirito, e dov’è lo Spirito del Signore, vi è libertà. E noi tutti, contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore. Perciò, avendo questo ministero per Ia misericordia che ci è stata fatta, non ci perdiamo d’animo. Anzi abbiamo rinunziato ai sotterfugi della vergogna, non camminando con astuzia, né falsificando la parola di Dio, ma mediante la manifestazione della verità, raccomandando noi stessi alla coscienza di ogni uomo davanti a Dio. Ma se il nostro evangelo è ancora velato, esso lo è per quelli che periscono, nei quali il dio di questo secolo ha accecato le menti di quelli che non credono, affinché non risplenda loro la luce dell’evangelo della gloria di Cristo, che è l’immagine di Dio. Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesú, il Signore, e siamo vostri servi per amore di Gesú perché il Dio che disse: »Splenda la luce fra le tenebre«, è lo stesso che ha fatto brillare il suo splendore nei nostri cuori per illuminarci nella conoscenza della gloria di Dio, che rifulge sul volto di Gesú Cristo. Or noi abbiamo questo tesoro in vasi di terra, affinché l’eccellenza di questa potenza sia di Dio e non da noi. Noi siamo afflitti in ogni maniera, ma non ridotti agli estremi; perplessi, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; abbattuti, ma non distrutti, portando del continuo nel nostro corpo il morire del Signore Gesú, affinché anche la vita di Gesú si manifesti nel nostro corpo. Noi che viviamo, infatti siamo del continuo esposti alla morte per Gesú, affinché anche la vita di Gesú si manifesti nella nostra carne mortale. Cosicché in noi opera la morte, ma in voi la vita. Ma pure, avendo noi lo stesso spirito di fede, come sta scritto: »Io ho creduto, perció ho parlato«, anche noi crediamo e perciò parliamo, sapendo che colui che ha risuscitato il Signore Gesú, risusciterà anche noi per mezzo di Gesú e ci farà comparire con voi. Tutte queste cose infatti sono per voi, affinché la grazia, raggiungendo un numero sempre maggiore di persone, produca ringraziamento per abbondare alla gloria di Dio. Perciò noi non ci perdiamo d’animo; ma, anche se il nostro uomo esteriore va in rovina, pure quello interiore si rinnova di giorno in giorno. Infatti la nostra leggera afflizione, che è solo per un momento, produce per noi uno smisurato, eccellente peso eterno di gloria; mentre abbiamo lo sguardo fisso non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono, poiché le cose che si vedono sono solo per un tempo, ma quelle che non si vedono sono eterne. Sappiamo infatti che se questa tenda, che è la nostra abitazione terrena, viene disfatta, noi abbiamo da parte di Dio un edificio, un’abitazione non fatta da mano d’uomo eterna nei cieli. Poiché in questa tenda noi gemiamo, desiderando di essere rivestiti della nostra abitazione celeste se pure saremo trovati vestiti e non nudi. Noi infatti che siamo in questa tenda gemiamo, essendo aggravati, e perciò non desideriamo già di essere spogliati ma rivestiti, affinché ciò che è mortale sia assorbito dalla vita. Or colui che ci ha formati proprio per questo è Dio, il quale ci ha anche dato la caparra dello Spirito. Noi dunque abbiamo sempre fiducia e sappiamo che mentre dimoriamo nel corpo, siamo lontani dal Signore. Camminiamo infatti per fede, e non per visione. Ma siamo fiduciosi e abbiamo molto piú caro di partire dal corpo e andare ad abitare con il Signore. Perciò ci studiamo di essergli graditi, sia che abitiamo nel corpo, sia che partiamo da esso. Noi tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte nel corpo in base a ciò che ha fatto, sia in bene che in male. Conoscendo dunque il timore del Signore, persuadiamo gli uomini, e siamo conosciuti da Dio, or io spero di essere conosciuto anche dalle vostre coscienze. Perché non ci raccomandiamo di nuovo a voi, ma vi diamo l’opportunità di essere orgogliosi di noi, affinché possiate rispondere a coloro che si gloriano nell’apparenza e non nel cuore. Infatti se siamo fuori di senno, lo siamo per Dio, e se siamo di buon senno lo siamo per voi. Poiché l’amore di Cristo ci costringe, essendo giunti alla conclusione che, se uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti; e che egli è morto per tutti, affinché quelli che vivono, non vivano piú d’ora in avanti per sé stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro. Perciò d’ora in avanti noi non conosciamo nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora però non lo conosciamo piú cosí. Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove. Ora tutte le cose sono da Dio, che ci ha riconciliati a sé per mezzo di Gesú Cristo e ha dato a noi il ministero della riconciliazione, poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione. Noi dunque facciamo da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro, e noi vi esortiamo per amore di Cristo: Siate riconciliati con Dio. Poiché egli ha fatto essere peccato per noi colui che non ha conosciuto peccato, affinché noi potessimo diventare giustizia di Dio in lui. Ora, essendo suoi collaboratori, vi esortiamo a non ricevere invano la grazia di Dio, perché egli dice: »Io ti ho esaudito nel tempo accettevole e ti ho soccorso nel giorno della salvezza«. Ecco ora il tempo accettevole, ecco ora il giorno della salvezza. Noi non diamo alcun motivo di scandalo in nessuna cosa, affinché non sia vituperato il ministero; ma in ogni cosa raccomandiamo noi stessi come ministri di Dio nelle molte sofferenze, nelle afflizioni, nelle necessità, nelle distrette, nelle battiture, nelle prigionie, nelle sedizioni, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni, con purità, con conoscenza, con pazienza, con benignità, con lo Spirito Santo, con amore non finto, con la parola di verità, con la potenza di Dio, con le armi della giustizia a destra ed a sinistra, nella gloria e nel disonore, nella buona e nella cattiva fama; come seduttori, eppure veraci, come sconosciuti, eppure riconosciuti, come morenti, eppure ecco viviamo; come castigati, ma pure non messi a morte; come contristati, eppure sempre allegri; come poveri eppure arricchendo molti; come non avendo nulla, eppure possedendo tutto. La nostra bocca vi ha parlato apertamente, o Corinzi, il nostro cuore si è allargato. Voi non state allo stretto in noi, ma è nei vostri cuori che siete allo stretto. Ora in contraccambio, parlo come a figli, allargate il cuore. Non vi mettete con gli infedeli sotto un giogo diverso, perché quale relazione c’è tra la giustizia e l’iniquità? E quale comunione c’è tra la luce e le tenebre? E quale armonia c’è fra Cristo e Belial? O che parte ha il fedele con l’infedele? E quale accordo c’è tra il tempio di Dio e gli idoli? Poiché voi siete il tempio del Dio vivente, come Dio disse: »Io abiterò in mezzo a loro, e camminerò fra loro; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo«. Perciò »uscite di mezzo a loro e separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d’immondo, ed io vi accoglierò, e sarò come un padre per voi, e voi sarete per me come figli e figlie, dice il Signore Onnipotente«. Avendo dunque queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni contaminazione di carne e di spirito. compiendo la nostra santificazione nel timore di Dio. Accoglieteci; noi non abbiamo fatto torto ad alcuno, non abbiamo corrotto alcuno, non abbiamo frodato alcuno. Io non lo dico a vostra condanna, perché vi ho già detto prima che voi siete nei nostri cuori, per morire insieme e vivere insieme. Io uso una grande franchezza con voi e ho molto di che gloriarmi di voi; sono ripieno di consolazione e sovrabbondo di gioia in mezzo a tutta la nostra afflizione. Da quando infatti siamo arrivati in Macedonia, la nostra carne non ha avuto requie alcuna, ma siamo stati afflitti in ogni maniera: combattimenti di fuori, paure di dentro. Ma Dio, che consola gli afflitti, ci ha consolati con la venuta di Tito, e non solo con la sua venuta, ma anche con la consolazione da lui ricevuta tra di voi; egli ci ha riferito della vostra grande affezione, del vostro pianto e del vostro zelo per me, per cui mi sono ancor piú rallegrato, perché, anche se vi ho contristato con quell’epistola, ora non me ne dispiace anche se mi è dispiaciuto, poiché vedo che quell’epistola, quantunque per breve tempo, vi ha rattristati. Ora mi rallegro, non perché siete stati rattristati, ma perché siete stati rattristati a ravvedimento, poiché siete stati rattristati secondo Dio, affinché in nessuna cosa aveste a ricevere alcun danno da parte nostra. La tristezza secondo Dio infatti produce ravvedimento a salvezza, che non ha rimpianto; ma la tristezza del mondo produce la morte. Infatti, ecco quanta premura ha prodotto in voi l’essere stati rattristati secondo Dio, anzi quale scuse, quale sdegno, quale timore, quale grande affezione quale zelo, quale soddisfazione! In ogni maniera voi avete dimostrato che siete puri in quest’affare. Anche se vi ho scritto, non l’ho fatto né per colui che ha fatto l’offesa né per colui che l’ha ricevuta, ma affinché la nostra premura per voi fosse manifestata in mezzo a voi davanti a Dio. Perciò noi siamo stati consolati a motivo della vostra consolazione e ci siamo tanto piú rallegrati per la gioia di Tito, perché il suo spirito è stato ricreato da voi tutti. Per questo se in qualche cosa mi sono gloriato di voi con lui, non sono stato confuso ma, come vi abbiamo detto tutte le cose in verità, cosí anche ciò di cui ci eravamo gloriati con Tito è risultato verità. Ed egli ha un grande affetto per voi, ricordandosi dell’ubbidienza di voi tutti e del come l’avete ricevuto con timore e tremore. Io mi rallegro dunque che in ogni cosa mi posso confidare in voi. Ora, fratelli, vi facciamo conoscere la grazia di Dio, che è stata data alle chiese della Macedonia, e cioè, che in mezzo a molte prove di afflizione, l’abbondanza della loro gioia e la loro estrema povertà hanno abbondato nelle ricchezze della loro liberalità. Poiché io rendo testimonianza che essi hanno dato volentieri, secondo le loro possibilità e anche al di là dei loro mezzi, pregandoci con molta insistenza di accettare il dono e di partecipare a questa sovvenzione per i santi. E non solo hanno fatto come speravamo, ma si sono dati prima al Signore e poi a noi per la volontà di Dio. Cosí abbiamo esortato Tito che, come ha iniziato quest’opera di grazia fra di voi, cosí la porti a compimento. Ma come abbondate in ogni cosa, nella fede, nella parola e nella conoscenza, in ogni premura e nel vostro amore verso di noi, cercate di abbondare anche in quest’opera di grazia. Non lo dico per darvi un comando, ma per la sollecitudine degli altri e per mettere alla prova la schiettezza del vostro amore. Voi conoscete infatti la grazia del Signor nostro Gesú Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà. A questo riguardo vi do un consiglio, perché questo è utile a voi, che fin dall’anno scorso non solo cominciaste a fare, ma anche a volere. Ora compite anche il fare affinché, come vi è stata la prontezza del volere, cosí vi sia pure il compimento secondo le vostre possibilità. Se infatti c’è la prontezza d’animo, uno è accettevole secondo quello che ha e non secondo ciò che non ha. Però non si vuole mettere sotto pressione voi per dar sollievo agli altri, ma solo seguire un criterio di uguaglianza; che al presente la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, affinché anche la loro abbondanza sia impiegata a supplire alla vostra indigenza, perché vi sia uguaglianza, secondo quel che sta scritto,: »Chi ne aveva raccolto molto, non ne ebbe di piú, e chi poco, non ne ebbe di meno«. Ora ringraziato sia Dio, che ha messo nel cuore di Tito la stessa sollecitudine per voi, poiché non solo egli accettò l’esortazione, ma si mise in cammino per venire da voi, spontaneamente e con grande diligenza. Con lui abbiamo mandato il fratello la cui lode nella predicazione dell’evangelo si è sparsa in tutte le chiese, e non solo questo, ma è anche stato scelto dalle chiese per essere nostro compagno di viaggio con questo dono che noi amministriamo alla gloria del Signore stesso, come dimostrazione della prontezza del vostro animo, evitando questo: che nessuno ci biasimi in questo generoso dono che è da noi amministrato, avendo cura di agire bene non solo davanti al Signore, ma anche davanti agli uomini. Or noi abbiamo mandato con loro il nostro fratello, che abbiamo provato spesse volte in molte cose e trovato essere zelante, ma ora è ancora piú zelante per la grande fiducia che ha in voi. Quanto a Tito, egli è mio collaboratore e compagno d’opera in mezzo a voi quanto ai fratelli, essi sono apostoli delle chiese, gloria di Cristo. Date dunque loro la prova del vostro amore e della ragione per cui ci gloriamo di voi anche davanti alla chiese. Riguardo poi alla sovvenzione a favore dei santi, mi è superfluo scrivervi, poiché conosco la prontezza dell’animo vostro, per la quale mi glorio di voi presso i Macedoni, dicendo che l’Acaia è pronta fin dall’anno scorso; e lo zelo da parte vostra ne ha stimolati molti. Or ho mandato questi fratelli, perché il nostro vanto per voi non risulti vano a questo riguardo affinché, come dicevo, siate pronti, perché, se dovessero venire con me dei Macedoni e vi trovassero impreparati, noi (per non dire voi) saremmo svergognati in questa nostra ferma fiducia e vanto. Perciò ho ritenuto necessario esortare i fratelli di venire da voi prima del tempo, per far preparare in anticipo la vostra offerta precedentemente promessa perché essa sia pronta come dono di generosità e non di avarizia. Or questo dico: Chi semina scarsamente mieterà altresí scarsamente; e chi semina generosamente mieterà altresí abbondantemente. Ciascuno faccia come ha deliberato nel suo cuore, non di malavoglia né per forza, perché Dio ama un donatore allegro. Ora Dio è potente di fare abbondare in voi ogni grazia affinché, avendo sempre il sufficiente in ogni cosa, voi abbondiate per ogni buona opera, come sta scritto: »Egli ha sparso, egli ha dato ai poveri, la sua giustizia dura in eterno«. Or colui che fornisce la semente al seminatore e il pane da mangiare, ve ne provveda e moltiplichi pure la vostra semente, ed accresca i frutti della vostra giustizia; allora sarete arricchiti per ogni liberalità, che per nostro mezzo produrrà rendimento di grazie a Dio. Poiché l’adempimento di questo servizio sacro non solo supplisce alle necessità dei santi, ma produce anche abbondanza di ringraziamenti verso Dio, perché, a causa della prova di questa sovvenzione, essi glorificano Dio per l’ubbidienza all’evangelo di Cristo, che voi confessate, e per la liberalità con cui ne fate parte a loro e a tutti. E con le loro preghiere per voi vi dimostrano singolare affezione per l’eccellente grazia di Dio sopra di voi. Or sia ringraziato Dio per il suo dono ineffabile. Or io, Paolo, vi esorto per la mansuetudine e benignità di Cristo; io che quando sono presente di persona fra voi ben sono umile, mentre se sono assente mi mostro ardito verso di voi. Vi prego che, quando sarò presente non sia obbligato a procedere arditamente con quella sicurezza di cui sono reputato audace contro certuni, che ci reputano come se camminassimo secondo la carne. Infatti anche se camminiamo nella carne, non guerreggiamo secondo la carne, perché le armi della nostra guerra non sono carnali, ma potenti in Dio a distruggere le fortezze, affinché distruggiamo le argomentazioni ed ogni altezza che si eleva contro la conoscenza di Dio e rendiamo sottomesso ogni pensiero all’ubbidienza di Cristo, e siamo pronti a punire qualsiasi disubbidienza, quando la vostra ubbidienza sarà perfetta. Guardate voi all’apparenza delle cose? Se qualcuno è convinto in se stesso di essere di Cristo, consideri anche questo in se stesso: come egli è di Cristo, cosí anche noi siamo di Cristo. E anche se mi vantassi un po’ di piú della nostra autorità, che il Signore ci ha dato per la vostra edificazione e non per la vostra distruzione, non ne sarei svergognato. E non vorrei sembrare che io cerchi di spaventarvi con le mie lettere. Perché, dice qualcuno: »ben le sue lettere sono dure e forti, ma la sua presenza fisica è debole, e la sua parola di poco conto«. Quel tale consideri che come siamo a parole, per mezzo di lettere quando siamo assenti, cosí saremo anche con i fatti quando saremo presenti. Non osiamo infatti collocarci o paragonarci con alcuni di quelli che si raccomandano da se stessi, ma essi, misurandosi da se stessi e paragonandosi con se stessi, non hanno alcun intendimento. Ma, quanto a noi, non ci vanteremo oltre misura, ma secondo la sfera d’azione, di cui Dio ha stabilito i limiti, permettendoci di giungere fino a voi, perché non ci estendiamo oltre i limiti, come se non fossimo giunti fino a voi, poiché siamo veramente giunti fino a voi con la predicazione dell’evangelo di Cristo. E non ci vantiamo oltre misura delle fatiche altrui, ma nutriamo la speranza che, crescendo la vostra fede, noi saremo maggiormente considerati tra di voi secondo i nostri limiti, cosí da evangelizzare anche in luoghi al di là del vostro, senza vantarci di cose già fatte nel campo d’altri. Ora chi si gloria si glori nel Signore, poiché non colui che raccomanda se stesso è approvato, ma colui che il Signore raccomanda. Oh, quanto desidererei pure che voi sopportaste con me un po’ di follia! Ma infatti voi mi sopportate. Io sono infatti geloso di voi della gelosia di Dio, perché vi ho fidanzati a uno sposo, per presentarvi a Cristo come una casta vergine. Ma io temo che, come il serpente sedusse Eva con la sua astuzia, cosí talora le vostre menti non siano corrotte e sviate dalla semplicità che si deve avere riguardo a Cristo. Se uno infatti venisse a voi predicando un altro Gesú, che noi non abbiamo predicato, o se voi riceveste un altro spirito che non avete ricevuto, o un altro evangelo che non avete accettato, ben lo sopportereste. Ora io ritengo di non essere stato in nulla inferiore ai sommi apostoli. E se anche sono rozzo nel parlare, non lo sono però nella conoscenza; anzi lo abbiamo dimostrato a voi in ogni modo e in tutte le cose. Ho forse io commesso peccato abbassando me stesso affinché voi foste innalzati, per il fatto che vi ho annunziato l’evangelo di Dio gratuitamente? Io ho spogliato altre chiese, ricevendo uno stipendio da loro per servire voi. Inoltre, quando ero tra di voi e mi trovavo nel bisogno, non sono stato di aggravio ad alcuno, perché supplirono al mio bisogno i fratelli che vennero dalla Macedonia, e in ogni cosa mi sono guardato dall’esservi di aggravio, e anche per l’avvenire me ne guarderò. Come la verità di Cristo è in me, questo vanto nei miei confronti non sarà messo a tacere nelle contrade dell’Acaia. Perché? Forse perché non vi amo? Dio lo sa. Anzi ciò che io faccio lo farò ancora, per troncare ogni pretesto a quelli che desiderano un pretesto, per essere trovati simili a noi in ciò di cui si gloriano. Tali falsi apostoli infatti sono degli operai fraudolenti, che si trasformano in apostoli di Cristo. E non c’è da meravigliarsi, perché Satana stesso si trasforma in angelo di luce. Non è dunque gran cosa se anche i suoi ministri si trasformano in ministri di giustizia la cui fine sarà secondo le loro opere. Lo dico di nuovo: Nessuno mi consideri un insensato; se no ricevetemi pure come un insensato, affinché mi possa anch’io vantare un po’. Ciò che dico in questo mio audace vanto, non lo dico secondo il Signore, ma nella follia. Poiché molti si vantano secondo la carne, anch’io mi vanterò. Voi infatti, che siete savi, sopportate volentieri gli insensati. Ora, se qualcuno vi riduce in servitú, se qualcuno vi divora, se qualcuno vi deruba, se qualcuno s’innalza, se qualcuno vi percuote in faccia, voi lo sopportate. Lo dico a mia vergogna, come se noi fossimo stati deboli; eppure, in qualunque cosa uno è ardito, lo dico nella follia, sono ardito anch’io. Sono essi Ebrei? Lo sono anch’io. Sono essi Israeliti? Lo sono anch’io. Sono essi progenie di Abrahamo? Lo sono anch’io. Sono essi ministri di Cristo? Parlo da stolto, io lo sono più di loro; nelle fatiche molto di piú, nelle battiture grandemente di piú, molto piú nelle prigionie e spesso in pericolo di morte. Dai Giudei ho ricevuto cinque volte quaranta sferzate meno una. Tre volte sono stato battuto con le verghe, una volta sono stato lapidato tre volte ho fatto naufragio, ho trascorso un giorno e una notte sull’abisso. Sono stato spesse volte in viaggio fra pericoli di fiumi, pericoli di ladroni, pericoli da parte dei miei connazionali, pericoli da parte dei gentili, pericoli in città, pericoli nel deserto, pericoli in mare, pericoli fra falsi fratelli, nella fatica e nel travaglio, sovente nelle veglie, nella fame e nella sete, spesse volte in digiuni, nel freddo e nella nudità. Oltre a queste cose esterne, ciò che mi assilla quotidianamente, è la sollecitudine per tutte le chiese. Chi è debole, che non lo sia anch’io? Chi è scandalizzato, che io non arda? Se è necessario vantarsi, io mi vanterò delle cose che riguardano la mia debolezza. Il Dio e Padre del nostro Signor Gesú Cristo, che è benedetto in eterno, sa che io non mento. A Damasco, il governatore del re Areta aveva posto delle guardie nella città dei Damasceni per catturarmi, ma da una finestra fui calato lungo il muro in una cesta, e cosí scampai dalle sue mani. Certo il vantarsi non mi è di alcun giovamento; verrò quindi alle visioni e rivelazioni del Signore. Io conosco un uomo in Cristo che, quattordici anni fa (se con il corpo o fuori del corpo non lo so, Dio lo sa), fu rapito fino al terzo cielo. E so che quell’uomo (se con il corpo o senza il corpo, non lo so, Dio lo sa), fu rapito in paradiso e udí parole ineffabili, che non è lecito ad alcun uomo di proferire. Io mi glorierò di quel tale, ma non mi glorierò di me stesso, se non delle mie debolezze. Anche se volessi gloriarmi, non sarei un insensato perché direi la verità, ma me ne astengo, affinché nessuno mi giudichi di piú di quello che vede o sente da me. Inoltre, affinché non m’insuperbisca per l’eccellenza delle rivelazioni, mi è stata data una spina nella carne, un angelo di Satana per schiaffeggiarmi affinché non m’insuperbisca. A questo riguardo ho pregato tre volte il Signore che lo allontanasse da me. Ma egli mi ha detto: »La mia grazia ti basta, perché la mia potenza è portata a compimento nella debolezza«. Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Perciò io mi diletto nelle debolezze, nelle ingiurie, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle avversità per amore di Cristo, perché quando io sono debole, allora sono forte. Sono diventato insensato vantandomi, voi mi ci avete costretto, poiché avrei dovuto essere raccomandato da voi, perché non sono stato per nulla inferiore ai sommi apostoli, benché io non sia niente. Ora i segni dell’apostolo sono stati messi in opera fra voi con grande pazienza, con segni e prodigi e con potenti operazioni. In che cosa infatti siete stati da meno delle altre chiese, se non in questo, che io non vi sono stato d’aggravio? Perdonatemi questo torto. Ecco, questa è la terza volta che sono pronto a venire da voi, e non vi sarò d’aggravio, perché non cerco i vostri beni, ma voi; perché non sono i figli che devono accumulare per i genitori ma i genitori per i figli. In quanto a me molto volentieri spenderò, anzi sarò speso per le anime vostre, anche se amandovi piú intensamente sono amato di meno. Ma sia pure che io non vi sono stato d’aggravio; tuttavia, essendo astuto, vi ho presi con frode. Mi sono forse approfittato di voi per mezzo di qualcuno che vi ho mandato? Ho pregato Tito di venire da voi e con lui ho mandato questo fratello. Tito si è approfittato di voi? Non abbiamo camminato col medesimo spirito e sulle medesime orme? Pensate di nuovo che cerchiamo di giustificarci davanti a voi? Noi parliamo davanti a Dio, in Cristo, e tutto ciò, carissimi, per la vostra edificazione. Temo infatti che talora, quando verrò, non vi trovi come vorrei, e di essere anch’io trovato da voi quale non mi vorreste, che talora non ci siano fra voi contese, gelosie, ire, risse, diffamazioni, insinuazioni, superbie, tumulti; e che, venendo di nuovo fra voi, il mio Dio non mi umilii davanti a voi, e io non pianga su molti di quelli che in precedenza hanno peccato, e non si sono ravveduti dell’impurità, della fornicazione e della dissolutezza che hanno commesso. Ecco, questa è la terza volta che vengo da voi. »Ogni parola sarà confermata per la bocca di due o tre testimoni«, L’ho detto prima, quando ero presente tra di voi per la seconda volta, e lo dichiaro ora che sono assente. Scrivo a quelli che hanno in precedenza peccato e a tutti gli altri che, se vengo di nuovo, non risparmierò nessuno. Poiché voi cercate la prova del Cristo che parla in me, ed egli non è debole verso di voi, ma è potente in voi. Se egli infatti è stato crocifisso per la sua debolezza, ora però vive per la potenza di Dio, perché anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio verso di voi. Esaminate voi stessi per vedere se siete nella fede; provate voi stessi. Non riconoscete voi stessi che Gesú Cristo è in voi? A meno che non siate riprovati. Ma io spero che voi riconoscerete che noi non siamo riprovati. Or prego Dio che non facciate alcun male, non perché noi appariamo approvati, ma perché voi facciate quel che è bene anche se noi dovessimo essere riprovati. Noi infatti non abbiamo alcuna forza contro la verità, ma solo per la verità. Ora noi ci rallegriamo quando siamo deboli, e voi siete forti; e noi preghiamo anche per questo: per il vostro perfezionamento. Perciò scrivo queste cose, essendo assente, affinché, quando sarò presente, non proceda rigidamente, secondo l’autorità che il Signore mi ha dato per l’edificazione e non per la distruzione. Del resto, fratelli, rallegratevi, perfezionatevi, incoraggiatevi, abbiate la stessa mente, state in pace; e il Dio dell’amore e della pace sarà con voi. Salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio; tutti i santi vi salutano. La grazia del Signore Gesú Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Amen.
Paolo, apostolo (non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma tramite Gesú Cristo e Dio Padre, che lo ha risuscitato dai morti), e tutti i fratelli che sono con me, alle chiese della Galazia: grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore nostro Gesú Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci dalla presente malvagia età secondo la volontà di Dio, nostro Padre, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Mi meraviglio che da colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, passiate cosí presto ad un altro evangelo, il quale non è un altro evangelo; ma vi sono alcuni che vi turbano e vogliono pervertire l’evangelo di Cristo. Ma anche se noi o un angelo dal cielo vi predicasse un evangelo diverso da quello che vi abbiamo annunziato, sia maledetto. Come abbiamo già detto, ora lo dico di nuovo: Se qualcuno vi predica un evangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia maledetto. Infatti, cerco io ora di cattivarmi l’approvazione degli uomini o quella di Dio? Oppure cerco di piacere agli uomini? Infatti, se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo. Ora, fratelli, vi faccio sapere che l’evangelo, che è stato da me annunziato, non è secondo l’uomo, poiché io non l’ho ricevuto né imparato da nessun uomo, ma l’ho ricevuto per una rivelazione di Gesú Cristo. Avete infatti udito quale fu un tempo la mia condotta nel giudaismo, come perseguitavo con grande ferocia la chiesa di Dio e la devastavo, E progredivo nel giudaismo piú di molti coetanei tra i miei connazionali, essendo estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri. Ma quando piacque a Dio, che mi aveva appartato fin dal grembo di mia madre e mi ha chiamato per la sua grazia, di rivelare in me suo Figlio, affinché l’annunziassi fra i gentili, io non mi consultai subito con carne e sangue, né salii a Gerusalemme da quelli che erano stati apostoli prima di me, ma me ne andai in Arabia e ritornai di nuovo a Damasco. Poi, dopo tre anni, salii a Gerusalemme per andare a vedere Pietro e rimasi con lui quindici giorni. E non vidi alcun altro degli apostoli, se non Giacomo, il fratello del Signore. Ora, quanto alle cose che vi scrivo, ecco, davanti a Dio non mento. Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilicia. Or io ero sconosciuto personalmente alle chiese della Giudea, che sono in Cristo, ma esse udivano soltanto dire: »Colui che prima ci perseguitava, ora annunzia quella fede che egli devastava«, e glorificavano Dio per causa mia. Poi, dopo quattordici anni, salii di nuovo a Gerusalemme con Barnaba, prendendo con me anche Tito. Or vi salii per rivelazione ed esposi loro l’evangelo che io predico fra i gentili, ma lo esposi privatamente a coloro che godevano maggior credito, perché non corressi, o non avessi corso invano. Ma neppure Tito che era con me benché fosse Greco, fu costretto a farsi circoncidere; e ciò a causa dei falsi fratelli introdottisi abusivamente, i quali si erano insinuati per spiare la nostra libertà che abbiamo in Cristo Gesú, allo scopo di metterci in servitú. A costoro non cedemmo in sottomissione neppure per un momento, affinché la verità dell’evangelo dimorasse salda fra di voi. Ma da parte di quelli che godevano maggior credito (quali fossero stati, non m’importa nulla; Dio non ha riguardo a persona), ebbene, quelli che godono maggior credito non m’imposero nulla di piú. Anzi al contrario, avendo visto che mi era stato affidato l’evangelo per gli incirconcisi, come a Pietro quello per i circoncisi (poiché colui che aveva potentemente operato in Pietro per l’apostolato dei circoncisi, aveva potentemente operato anche in me per i gentili), avendo conosciuto la grazia che mi era stata data, Giacomo, Cefa e Giovanni, che sono reputati colonne, diedero a me e a Barnaba la mano di associazione, affinché noi andassimo fra i gentili, ed essi fra i circoncisi. Soltanto ci raccomandarono che ci ricordassimo dei poveri, proprio quello che anch’io mi ero proposto di fare. Ma quando Pietro venne in Antiochia, io gli resistei in faccia, perché era da riprendere. Infatti prima che venissero alcuni da parte di Giacomo, egli mangiava con i gentili; ma quando giunsero quelli, egli si ritirò e si separò, temendo quelli della circoncisione. E anche gli altri Giudei fingevano assieme a lui, tanto che anche Barnaba fu trascinato dalla loro ipocrisia. Ma quando io vidi che non camminavano rettamente secondo la verità dell’evangelo, dissi a Pietro in presenza di tutti: »Se tu, che sei Giudeo, vivi alla gentile e non alla giudaica perché costringi i gentili a giudaizzare?«. Noi, di nascita Giudei e non peccatori fra i gentili, sapendo che l’uomo non è giustificato per le opere della legge ma per mezzo della fede in Gesú Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesú, affinché fossimo giustificati mediante la fede di Cristo e non mediante le opere della legge, poiché nessuna carne sarà giustificata per mezzo della legge. Or se, cercando di essere giustificati in Cristo, siamo trovati anche noi peccatori, è forse Cristo ministro del peccato? Cosí non sia. Se infatti edifico di nuovo le cose che ho distrutto, io mi costituisco trasgressore, perché per mezzo della legge io sono morto alla legge, affinché io viva a Dio. Io sono stato crocifisso con Cristo e non sono piú io che vivo, ma è Cristo che vive in me; e quella vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. Io non annullo la grazia di Dio perché, se la giustizia si ha per mezzo della legge, allora Cristo è morto invano. O Galati insensati! Chi vi ha ammaliati per non ubbidire alla verità, voi, davanti ai cui occhi Gesú Cristo è stato ritratto crocifisso fra voi? Questo solo desidero sapere da voi: avete ricevuto lo Spirito mediante le opere della legge o attraverso la predicazione della fede? Siete cosí insensati che, avendo cominciato nello Spirito, vorreste finire nella carne? Avete sofferto tante cose invano, se pur è stato veramente invano? Colui dunque che vi dispensa lo Spirito e opera tra voi potenti operazioni, lo fa mediante le opere della legge o mediante la predicazione della fede? Cosí Abrahamo »credette a Dio, e ciò gli fu messo in conto di giustizia«; sappiate pure che coloro che sono dalla fede sono figli di Abrahamo. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato le nazioni mediante la fede, diede prima ad Abrahamo una buona notizia: »Tutte le nazioni saranno benedette in te«, Perciò coloro che si fondano sulla fede sono benedetti col fedele Abrahamo. Ora tutti coloro che si fondano sulle opere della legge sono sotto la maledizione, perché sta scritto: »Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose scritte nel libro della legge per praticarle«. Poiché è manifesto che nessuno è giustificato mediante la legge davanti a Dio, perché: »Il giusto vivrà per la fede«. Ora la legge non proviene dalla fede, ma »l’uomo che farà queste cose vivrà per mezzo di esse«. Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione per noi (poiché sta scritto: »Maledetto chiunque è appeso al legno«), affinché la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesú, perché noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede. Fratelli, io parlo alla maniera degli uomini: se un patto è ratificato, benché sia patto d’uomo, nessuno l’annulla o vi aggiunge qualche cosa. Ora le promesse furono fatte ad Abrahamo e alla sua discendenza. La Scrittura non dice: »E alle discendenze« come se si trattasse di molte, ma come di una sola: »E alla tua discendenza«, cioè Cristo. Or io dico questo: la legge, venuta dopo quattrocentotrent’anni, non annulla il patto ratificato prima da Dio in Cristo, in modo da annullare la promessa. Infatti, se l’eredità derivasse dalla legge, non verrebbe piú dalla promessa. Or Dio la donò ad Abrahamo mediante la promessa. Perché dunque fu data la legge? Essa fu aggiunta a causa delle trasgressioni, finché fosse venuta la discendenza a cui era stata fatta la promessa; essa fu promulgata dagli angeli per mano di un mediatore. Or il mediatore non è mediatore di una sola parte, ma Dio è uno. La legge è dunque contraria alle promesse di Dio? Cosí non sia; perché se fosse stata data una legge capace di dare la vita, allora veramente la giustizia sarebbe venuta dalla legge. Ma la Scrittura ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché fosse data ai credenti la promessa mediante la fede di Gesú Cristo. Ora, prima che venisse la fede noi eravamo custoditi sotto la legge, come rinchiusi, in attesa della fede che doveva essere rivelata. Cosí la legge è stata nostro precettore per portarci a Cristo, affinché fossimo giustificati per mezzo della fede. Ma, venuta la fede, non siamo piú sotto un precettore, perché voi tutti siete figli di Dio per mezzo della fede in Cristo Gesú. Poiché voi tutti che siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesú. Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa. Ora io dico che per tutto il tempo che l’erede è minorenne non è affatto differente dal servo, benché sia signore di tutto, ma egli è sotto tutori e amministratori fino al tempo prestabilito dal padre. Cosí anche noi, mentre eravamo minorenni, eravamo tenuti in servitú sotto gli elementi del mondo, ma, quando è venuto il compimento del tempo, Dio ha mandato suo Figlio, nato da donna, sottoposto alla legge, perché riscattasse quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione. Ora perché voi siete figli, Dio ha mandato lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori che grida: »Abba, Padre«, Perciò tu non sei piú servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede di Dio per mezzo di Cristo. Ma allora, non conoscendo Dio, servivate a coloro che per natura non sono dèi; ora invece, avendo conosciuto Dio, anzi essendo piuttosto stati conosciuti da Dio, come mai vi rivolgete di nuovo ai deboli e poveri elementi, ai quali desiderate di essere di nuovo asserviti? Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni. Io temo di essermi affaticato invano per voi. Siate come me, perché anch’io sono come voi; fratelli, ve ne prego, voi non mi avete fatto alcun torto. Ora voi sapete come nel passato io vi evangelizzai a causa di una infermità della carne; e voi non disprezzaste né aveste a schifo la prova che era nella mia carne ma mi accoglieste come un angelo di Dio, come Cristo Gesú stesso. Cos’è dunque avvenuto della vostra allegrezza? Poiché vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati gli occhi e me li avreste dati. Sono dunque diventato vostro nemico, dicendovi la verità? Quelli sono zelanti per voi, ma non per fini onesti; anzi essi vi vogliono separare affinché siate zelanti per loro. Or è buona cosa essere sempre zelanti nel bene, e non solo quando sono presente fra voi. Figli miei, che io partorisco di nuovo, finché Cristo sia formato in voi! Desidererei ora essere presente fra voi e cambiare il tono della mia voce perché sono perplesso di voi. Ditemi, voi che volete essere sotto la legge, non date ascolto alla legge? Infatti sta scritto che Abrahamo ebbe due figli: uno dalla serva e uno dalla libera. Or quello che nacque dalla serva fu generato secondo la carne, ma quello che nacque dalla libera fu generato in virtú della promessa. Tali cose hanno un senso allegorico, perché queste due donne sono due patti: uno dal monte Sinai che genera a schiavitú, ed è Agar. Or Agar è il monte Sinai in Arabia e corrisponde alla Gerusalemme del tempo presente; ed essa è schiava con i suoi figli. Invece la Gerusalemme di sopra è libera ed è la madre di noi tutti. Infatti sta scritto: »Rallegrati, o sterile che non partorisci! Prorompi e grida, tu che non senti doglie di parto, perché i figli dell’abbandonata saranno piú numerosi di quelli di colei che aveva marito«. Ora noi, fratelli, alla maniera di Isacco, siamo figli della promessa. Ma, come allora colui che era generato secondo la carne perseguitava colui che era generato secondo lo Spirito, cosí avviene al presente. Ma che dice la Scrittura? »Caccia via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non sarà erede col figlio della libera«. Cosí dunque, fratelli, noi non siamo figli della schiava ma della libera. State dunque saldi nella libertà con la quale Cristo ci ha liberati, e non siate di nuovo ridotti sotto il giogo della schiavitú. Ecco, io, Paolo, vi dico che se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla. E daccapo attesto ad ogni uomo che si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta la legge. Voi, che cercate di essere giustificati mediante la legge, vi siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia. Noi infatti in Spirito, mediante la fede, aspettiamo la speranza della giustizia, poiché in Cristo Gesú né la circoncisione, né l’incirconcisione hanno alcun valore, ma la fede che opera mediante l’amore. Voi correvate bene; chi vi ha ostacolato a impedendovi di ubbidire alla verità? Questa persuasione non viene da colui che vi chiama. Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma colui che vi turba ne subirà la punizione chiunque egli sia. Ora quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono perseguitato? Allora lo scandalo della croce sarebbe abolito. Oh, si facessero pur anche mutilare coloro che vi turbano! Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non usate questa libertà per dare un’occasione alla carne ma servite gli uni gli altri per mezzo dell’amore. Tutta la legge infatti si adempie in questa unica parola: »Ama il tuo prossimo come te stesso«. Che se vi mordete e vi divorate a vicenda, guardate che non siate consumati gli uni dagli altri. Or io dico: Camminate secondo lo Spirito e non adempirete i desideri della carne, la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; e queste cose sono opposte l’una all’altra, cosicché voi non fate quel che vorreste. Ma se siete condotti dallo Spirito, voi non siete sotto la legge. Ora le opere della carne sono manifeste e sono: adulterio, fornicazione impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizie, contese, gelosie, ire, risse, divisioni, sette, invidie, omicidi, ubriachezze, ghiottonerie e cose simili a queste, circa le quali vi prevengo, come vi ho già detto prima, che coloro che fanno tali cose non erediteranno il regno di Dio, Ma il frutto dello Spirito è: amore gioia, pace, pazienza, gentilezza, bontà, fede, mansuetudine, autocontrollo. Contro tali cose non vi è legge. Ora quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e le sue concupiscenze. Se viviamo per lo Spirito, camminiamo altresí per lo Spirito, Non siamo vanagloriosi, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri. Fratelli, se uno è sorpreso in qualche fallo, voi che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Ma bada bene a te stesso, affinché non sii tentato anche tu. Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo. Se infatti qualcuno pensa di essere qualche cosa, non essendo nulla, inganna se stesso. Ora esamini ciascuno l’opera sua, e allora avrà ragione di vantarsi solamente di se stesso e non nei confronti degli altri. Ciascuno infatti porterà il proprio fardello. Ora colui che è istruito nella parola faccia parte di tutti i suoi beni a colui che lo istruisce. Non v’ingannate, Dio non si può beffare, perché ciò che l’uomo semina quello pure raccoglierà. Perché colui che semina per la sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione, ma chi semina per lo Spirito. dallo Spirito raccoglierà vita eterna. Or non veniamo meno nell’animo facendo il bene; se infatti non ci stanchiamo, raccoglieremo a suo tempo. Mentre dunque abbiamo l’opportunità, facciamo del bene a tutti, ma principalmente a coloro della famiglia della fede. Guardate con quali lettere grandi vi ho scritto di mia propria mano. Tutti quelli che vogliono far bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere unicamente per non essere perseguitati per la croce di Cristo. Infatti, neppure quelli stessi che sono circoncisi osservano la legge, ma vogliono che siate circoncisi per potersi vantare nella vostra carne. Ma quanto a me, non avvenga mai che io mi vanti all’infuori della croce del Signor nostro Gesú Cristo, per la quale il mondo è crocifisso a me e io al mondo. In Cristo Gesú, infatti, né la circoncisione, né l’incirconcisione hanno alcun valore, ma l’essere una nuova creatura. E su tutti quelli che cammineranno secondo questa regola sia pace e misericordia, e cosí pure sull’Israele di Dio. Del resto nessuno mi dia molestia, perché io porto nel mio corpo il contrassegno del Signore Gesú. Fratelli, la grazia del Signore nostro Gesú Cristo sia con il vostro spirito. Amen.
Paolo, apostolo di Gesú Cristo per la volontà di Dio, ai santi che sono in Efeso e fedeli in Cristo Gesú: grazia a voi e pace da Dio, nostro Padre, e dal Signore Gesú Cristo. Benedetto sia Dio, Padre del Signor nostro Gesú Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo, allorché in lui ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui nell’amore, avendoci predestinati ad essere adottati come suoi figli per mezzo di Gesú Cristo secondo il beneplacito della sua volontà, a lode della gloria della sua grazia mediante la quale egli ci ha grandemente favoriti nell’amato suo Figlio, in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue, il perdono dei peccati secondo le ricchezze della sua grazia, che egli ha fatto abbondare verso di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà secondo il suo beneplacito che egli aveva determinato in se stesso, per raccogliere nella dispensazione del compimento dei tempi sotto un sol capo, in Cristo, tutte le cose, tanto quelle che sono nei cieli come quelle che sono sulla terra. In lui siamo anche stati scelti per un’eredità, essendo predestinati secondo il proponimento di colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della sua volontà, affinché fossimo a lode della sua gloria, noi che prima abbiamo sperato in Cristo. In lui anche voi, dopo aver udita la parola della verità, l’evangelo della vostra salvezza, e aver creduto, siete stati sigillati con lo Spirito Santo della promessa; il quale è la garanzia della nostra eredità, in vista della piena redenzione dell’acquistata proprietà a lode della sua gloria. Perciò anch’io, avendo udito della vostra fede nel Signore Gesú e del vostro amore verso tutti i santi, non cesso mai di rendere grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del Signor nostro Gesú Cristo, il Padre della gloria, vi dia lo Spirito di sapienza e di rivelazione, nella conoscenza di lui, e illumini gli occhi della vostra mente, affinché sappiate qual è la speranza della sua vocazione e quali sono le ricchezze della gloria della sua eredità tra i santi, e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi che crediamo secondo l’efficacia della forza della sua potenza, che egli ha messo in atto in Cristo risuscitandolo dai morti e facendolo sedere alla sua destra nei luoghi celesti. al di sopra di ogni principato, potestà, potenza, signoria e di ogni nome che si nomina non solo in questa età, ma anche in quella futura, ponendo ogni cosa sotto i suoi piedi, e lo ha dato per capo sopra ogni cosa alla chiesa, che è il suo corpo, il compimento di colui che compie ogni cosa in tutti. Egli ha vivificato anche voi, che eravate morti nei falli e nei peccati, nei quali già camminaste, seguendo il corso di questo mondo, secondo il principe della potestà dell’aria, dello spirito che al presente opera nei figli della disubbidienza, fra i quali anche noi tutti un tempo vivemmo nelle concupiscenze della nostra carne, adempiendo i desideri della carne e della mente, ed eravamo per natura figli d’ira, come anche gli altri. Ma Dio, che è ricco in misericordia per il suo grande amore con il quale ci ha amati, anche quando eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo (voi siete salvati per grazia), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nei luoghi celesti in Cristo Gesú, per mostrare nelle età che verranno le eccellenti ricchezze della sua grazia con benignità verso di noi in Cristo Gesú. Voi infatti siete stati salvati per grazia, mediante la fede, e ciò non viene da voi, è il dono di Dio, non per opere, perché nessuno si glori. Noi infatti siamo opera sua, creati in Cristo Gesú per le buone opere che Dio ha precedentemente preparato, perché le compiamo. Perciò ricordatevi che un tempo voi gentili di nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi, perché tali sono stati fatti nella carne per mano d’uomo, eravate in quel tempo senza Cristo, estranei dalla cittadinanza d’Israele e estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo. Ma ora, in Cristo Gesú, voi che un tempo eravate lontani, siete stati avvicinati per mezzo del sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due popoli uno e ha demolito il muro di separazione, avendo abolito nella sua carne l’inimicizia, la legge dei comandamenti fatta di prescrizioni, per creare in se stesso dei due un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare a ambedue con Dio in un sol corpo per mezzo della croce, avendo ucciso l’inimicizia in se stesso. Ed egli venne per annunziare la pace a voi che eravate lontani e a quelli che erano vicini, poiché per mezzo di lui abbiamo entrambi accesso al Padre in uno stesso Spirito. Voi dunque non siete piú forestieri né ospiti, ma concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti, essendo Gesú Cristo stesso la pietra angolare, su cui tutto l’edificio ben collegato cresce per essere un tempio santo nel Signore, nel quale anche voi siete insieme edificati per essere una dimora di Dio nello Spirito. Per questa ragione io, Paolo, sono il prigioniero di Cristo Gesú per voi gentili, se pure avete sentito della dispensazione della grazia di Dio, che mi è stata affidata per voi; come per rivelazione egli mi ha fatto conoscere il mistero, di cui prima ne scrissi in breve. Nel leggere questo, voi potete capire quale sia la mia intelligenza del mistero di Cristo, che non fu fatto conoscere nelle altre età ai figli degli uomini, come ora è stato rivelato ai santi apostoli e ai suoi profeti per mezzo dello Spirito, affinche i gentili siano coeredi dello stesso corpo e partecipi della sua promessa in Cristo mediante l’evangelo, di cui sono stato fatto ministro, secondo il dono della grazia di Dio che mi è stata data in virtú della sua potenza. A me, il minimo di tutti i santi, è stata data questa grazia di annunziare fra i gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo, e di manifestare a tutti la partecipazione del mistero che dalle piú antiche età è stato nascosto in Dio, il quale ha creato tutte le cose per mezzo di Gesù Cristo; affinché, per mezzo della chiesa, nel tempo presente sia manifestata ai principati e alle potestà, nei luoghi celesti, la multiforme sapienza di Dio, secondo il proponimento eterno che egli attuò in Cristo Gesú, nostro Signore, in cui abbiamo la libertà e l’accesso a Dio nella fiducia mediante la fede in lui. Per la qual cosa vi chiedo che non vi scoraggiate a causa delle mie tribolazioni che soffro per voi, il che è la vostra gloria. Per questa ragione, io piego le mie ginocchia davanti al Padre del Signor nostro Gesú Cristo, dal quale prende nome ogni famiglia nei cieli e sulla terra, perché vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere fortificati con potenza per mezzo del suo Spirito nell’uomo interiore, perché Cristo abiti nei vostri cuori per mezzo della fede, affinché, radicati e fondati nell’amore, possiate comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, la profondità e l’altezza, e conoscere l’amore di Cristo che sopravanza ogni conoscenza, affinché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio. Or a colui che può, secondo la potenza che opera in noi, fare smisuratamente al di là di quanto chiediamo o pensiamo, a lui sia la gloria nella chiesa in Cristo Gesú per tutte le generazioni, nei secoli dei secoli. Amen. Io dunque, il prigioniero per il Signore, vi esorto a camminare nel modo degno della vocazione a cui siete stati chiamati, con ogni umiltà e mansuetudine, con pazienza, sopportandovi gli uni gli altri nell’amore, studiandovi di conservare l’unità dello Spirito nel vincolo della pace. Vi è un unico corpo e un unico Spirito, come pure siete stati chiamati nell’unica speranza della vostra vocazione. Vi è un unico Signore, un’unica fede, un unico battesimo, un Dio unico e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in voi tutti. Ma a ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. Per la qual cosa la Scrittura dice: »Essendo salito in alto, egli ha condotto prigioniera la prigionia e ha dato dei doni agli uomini«. Or questo: »E’ salito« che cosa vuol dire se non che prima era pure disceso nelle parti piú basse della terra? Colui che è disceso è lo stesso che è anche salito al di sopra di tutti i cieli per riempire tutte le cose. Ed egli stesso ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti e altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi, per l’opera del ministero e per l’edificazione del corpo di Cristo, finché giungiamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio a un uomo perfetto, alla misura della statura della pienezza di Cristo affinché non siamo piú bambini sballottati e trasportati da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per la loro astuzia, mediante gli inganni dell’errore, ma dicendo la verità con amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Dal quale tutto il corpo ben connesso e unito insieme, mediante il contributo fornito da ogni giuntura e secondo il vigore di ogni singola parte, produce la crescita del corpo per l’edificazione di se stesso nell’amore. Questo dunque attesto nel Signore, che non camminiate piú come camminano ancora gli altri gentili, nella vanità della loro mente, ottenebrati nell’intelletto, estranei alla vita di Dio, per l’ignoranza che è in loro e per l’indurimento del loro cuore. Essi, essendo diventati insensibili, si sono abbandonati alla dissolutezza, commettendo ogni impurità con insaziabile bramosia. Voi però non è cosí che avete conosciuto Cristo, se pure gli avete dato ascolto e siete stati ammaestrati in lui secondo la verità che è in Gesú per spogliarvi, per quanto riguarda la condotta di prima, dell’uomo vecchio che si corrompe per mezzo delle concupiscenze della seduzione, per essere rinnovati nello spirito della vostra mente, e per essere rivestiti dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità. Perciò, messa da parte la menzogna ciascuno dica la verità al suo prossimo perché siamo membra gli uni degli altri. Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sul vostro cruccio; e non date luogo al diavolo. Chi rubava non rubi piú, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno. Nessuna parola malvagia esca dalla vostra bocca, ma se ne avete una buona per l’edificazione, secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a quelli che ascoltano. E non contristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati sigillati per il giorno della redenzione. Sia rimossa da voi ogni amarezza, ira, cruccio, tumulto e maldicenza con ogni malizia. Siate invece benigni e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonato in Cristo. Siate dunque imitatori di Dio, come figli carissimi, e camminate nell’Amore, come anche Cristo ci ha amati e ha dato se stesso per noi, in offerta e sacrificio a Dio come un profumo di odore soave. Ma come si conviene ai santi, né fornicazione, né impurità alcuna, né avarizia siano neppure nominate fra di voi; lo stesso si dica della disonestà, del parlare sciocco e della buffoneria, le quali cose sono sconvenienti, ma piuttosto abbondi il rendimento di grazie. Sappiate infatti questo: nessun fornicatore o immondo o avaro, il quale è un idolatra, ha alcuna eredità nel regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi seduca con vani ragionamenti, perché per queste cose viene l’ira di Dio sui figli della disubbidienza. Non siate dunque loro compagni. Un tempo infatti eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore; camminate dunque come figli di luce. poiché il frutto dello Spirito consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità, esaminando ciò che è accettevole al Signore. E non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto riprovatele, perché è persino vergognoso dire le cose che si fanno da costoro in segreto. Ma tutte le cose, quando sono esposte alla luce, divengono manifeste, poiché tutto ciò che è manifestato è luce. Perciò la Scrittura dice: »Risvegliati, o tu che dormi, risorgi dai morti, e Cristo risplenderà su di te«. Badate dunque di camminare con diligenza non da stolti, ma come saggi, riscattando il tempo, perché i giorni sono malvagi. Non siate perciò disavveduti, ma intendete quale sia la volontà del Signore. E non vi inebriate di vino, nel quale vi è dissolutezza, ma siate ripieni di Spirito, parlandovi gli uni gli altri con salmi inni e cantici spirituali, cantando e lodando col vostro cuore il Signore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio e Padre nel nome del Signor nostro Gesú Cristo; sottomettetevi gli uni agli altri nel timore di Cristo. Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti come al Signore, poiché il marito è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, ed egli stesso è Salvatore del corpo. Parimenti come la chiesa è sottomessa a Cristo, cosí le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa. Mariti, amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla, avendola purificata col lavacro dell’acqua per mezzo della parola, per far comparire la chiesa davanti a sé gloriosa, senza macchia o ruga o alcunché di simile, ma perché sia santa ed irreprensibile. Cosí i mariti devono amare le loro mogli, come i loro propri corpi; chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno infatti ebbe mai in odio la sua carne, ma la nutre e la cura teneramente, come anche il Signore fa con la chiesa, poiché noi siamo membra del suo corpo, della sua carne e delle sue ossa. »Perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due diverranno una sola carne«. Questo mistero è grande; or lo dico in riferimento a Cristo e alla chiesa. Ma ciascuno di voi cosí ami la propria moglie come ama se stesso; e similmente la moglie rispetti il marito. Figli, ubbidite nel Signore ai vostri genitori, perché ciò è giusto. »Onora tuo padre e tua madre«, questo è il primo comandamento con promessa, »affinché tu stia bene e abbia lunga vita sopra la terra«. E voi, padri, non provocate ad ira i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’ammonizione del Signore. Servi, ubbidite ai vostri padroni secondo la carne con timore e tremore, nella semplicità del vostro cuore, come a Cristo, non servendo per essere visti, come per piacere agli uomini, ma come servi di Cristo, facendo la volontà di Dio di buon animo, servendo con amore, come a Cristo e non come agli uomini, sapendo che ciascuno, schiavo o libero che sia, se avrà fatto del bene, ne riceverà la ricompensa dal Signore. E voi, padroni, fate lo stesso verso di loro, mettendo da parte le minacce, sapendo che il loro e vostro Signore è in cielo e che presso di lui non c’è alcuna parzialità, Del resto, fratelli miei, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza. Rivestitevi dell’intera armatura di Dio per poter rimanere ritti e saldi contro le insidie del diavolo poiché il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potestà, contro i dominatori del mondo di tenebre di questa età, contro gli spiriti malvagi nei luoghi celesti. Perciò prendete l’intera armatura di Dio, affinché possiate resistere nel giorno malvagio e restare ritti in piedi dopo aver compiuto ogni cosa. State dunque saldi, avendo ai lombi la cintura della verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo i piedi calzati con la prontezza dell’evangelo della pace, soprattutto prendendo lo scudo della fede, con il quale potete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno. Prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio, pregando in ogni tempo con ogni sorta di preghiera e di supplica nello Spirito, vegliando a questo scopo con ogni perseveranza e preghiera per tutti i santi, e anche per me affinché, quando apro la mia bocca, mi sia dato di esprimermi con franchezza per far conoscere il mistero dell’evangelo per il quale sono ambasciatore in catene, affinché lo possa annunziare con franchezza, come è mio dovere fare. Ora, affinché anche voi sappiate come sto e ciò che faccio, Tichico, il caro fratello e fedele ministro nel Signore, vi informerà di tutto; ve l’ho mandato proprio a questo scopo, affinché veniate a conoscenza del nostro stato e consoli i vostri cuori. Pace ai fratelli e amore con fede da Dio Padre e dal Signore Gesú Cristo. La grazia sia con tutti quelli che amano il Signor nostro Gesú Cristo con sincerità.
Paolo e Timoteo, servi di Gesú Cristo, a tutti i santi in Cristo Gesú che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi: grazia a voi e pace a da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Rendo grazie al mio Dio ogni volta che mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi tutti in ogni mia orazione, per la vostra collaborazione nell’evangelo dal primo giorno fino ad ora, essendo convinto di questo, che colui che ha cominciato un’opera buona in voi, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesú. Ed è giusto che io senta questo di voi tutti, perché vi ho nel cuore, voi che tanto nelle mie catene come nella difesa e conferma dell’evangelo, siete tutti partecipi con me della grazia. Dio infatti mi è testimone, come io vi ami tutti con affetto sviscerato in Gesú Cristo. E per questo prego che il vostro amore abbondi sempre di piú in conoscenza e in ogni discernimento, affinché discerniate le cose eccellenti e possiate essere puri e senza macchia per il giorno di Cristo ripieni di frutti di giustizia che si hanno per mezzo di Gesú Cristo, alla gloria e lode di Dio. Ora, fratelli, voglio che sappiate che le cose che mi sono accadute sono risultate ad un piú grande avanzamento dell’evangelo, tanto che è noto a tutto il pretorio e a tutti gli altri che io sono in catene per Cristo; e la maggior parte dei fratelli nel Signore, incoraggiati dalle mie catene, hanno preso maggiore ardire nel proclamare la parola di Dio senza paura. Alcuni invero predicano Cristo anche per invidia e contesa, ma vi sono anche altri che lo predicano di buon animo. Quelli certo annunziano Cristo per contesa, non puramente, pensando di aggiungere afflizione alle mie catene, ma questi lo fanno per amore, sapendo che sono stabilito alla difesa dell’evangelo. Che importa? Comunque sia, o per pretesto o sinceramente, Cristo è annunziato; e di questo mi rallegro, anzi me ne rallegrerò anche per l’avvenire. So infatti che questo riuscirà a mia salvezza, mediante la vostra preghiera e l’aiuto dello Spirito di Gesú Cristo, secondo la mia fervida attesa e speranza, che non sarò svergognato in cosa alcuna, ma che con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà magnificato nel mio corpo, o per vita o per morte. Per me infatti il vivere è Cristo, e il morire guadagno. Ma non so se il vivere nella carne sia per me un lavoro fruttuoso, né posso dire che cosa dovrei scegliere, perché sono stretto da due lati: avendo il desiderio di partire a da questa tenda e di essere con Cristo, il che mi sarebbe di gran lunga migliore, ma il rimanere nella carne è piú necessario per voi. Questo so sicuramente, che rimarrò e dimorerò presso di voi tutti per il vostro avanzamento e per la gioia della vostra fede, affinché il vostro vanto per me abbondi in Cristo Gesú, per la mia presenza di nuovo tra voi. Soltanto, comportatevi in modo degno dell’evangelo di Cristo, affinché, sia che venga e vi veda, o che sia assente, oda nei vostri riguardi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede dell’evangelo, senza lasciarvi spaventare in alcuna cosa dagli avversari; questo è per loro una prova di perdizione, ma di salvezza per voi, e ciò da parte di Dio. Poiché a voi è stata data la grazia per amore di Cristo, non solo di credere in lui, ma anche di soffrire per lui, avendo lo stesso combattimento che avete visto in me, e ora udite essere in me. Se dunque vi è qualche consolazione in Cristo, qualche conforto d’amore, qualche comunione di Spirito, qualche tenerezza e compassione, rendete perfetta la mia gioia, avendo uno stesso modo di pensare, uno stesso amore, un solo accordo e una sola mente non facendo nulla per rivalità o vanagloria, ma con umiltà, ciascuno di voi stimando gli altri piú di se stesso. Non cerchi ciascuno unicamente il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi lo stesso sentimento che già è stato in Cristo Gesú, il quale, essendo in forma di Dio, non considerò qualcosa a cui aggrapparsi tenacemente l’essere uguale a Dio, ma svuotò se stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini; e, trovato nell’esteriore simile ad un uomo, abbassò se stesso, divenendo ubbidiente fino alla morte e alla morte di croce. Perciò anche Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesú si pieghi ogni ginocchio delle creature (o cose) celesti, terrestri e sotterranee, e ogni lingua confessi che Gesú Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre. Perciò, miei cari, come mi avete sempre ubbidito non solo quando ero presente, ma molto piú ora che sono assente, compite la vostra salvezza con timore e tremore, poiché Dio è colui che opera in voi il volere e l’operare, per il suo beneplacito. Fate ogni cosa senza mormorare e senza dispute, affinché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo ad una generazione ingiusta e perversa, fra la quale risplendete come luminari nel mondo, tenendo alta la parola della vita, affinché nel giorno di Cristo abbia di che gloriarmi, per non aver corso invano né invano faticato. Ma anche se sono versato in sacrificio e servizio della vostra fede, ne gioisco e ne godo con tutti voi. Similmente gioitene anche voi e rallegratevi con me. Ora spero nel Signore Gesú di mandarvi presto Timoteo, affinché anch’io sia incoraggiato nel conoscere le vostre condizioni, perché non ho alcuno d’animo uguale al suo e che abbia sinceramente cura delle vostre cose. Tutti infatti cercano i loro propri interessi e non le cose di Cristo Gesú. Ma voi conoscete la sua prova come ha servito con me nell’evangelo, come un figlio serve al padre. Spero dunque di mandarvelo non appena avrò sistemato completamente le mie cose. Ora ho fiducia nel Signore che io pure verrò presto. Tuttavia ho ritenuto necessario di mandarvi Epafrodito, mio fratello, compagno d’opera e di lotta, vostro apostolo e ministro dei miei bisogni poiché egli desiderava molto vedervi tutti, ed era angosciato perché avevate udito che era stato ammalato. Difatti egli è stato malato e molto vicino alla morte, ma Dio ha avuto pietà di lui, e non solo di lui ma anche di me, perché non avessi tristezza su tristezza. Ve l’ho mandato perciò con tanta premura perché, vedendolo, di nuovo vi possiate rallegrare ed io stesso sia meno contristato. Accoglietelo dunque nel Signore con grande gioia e abbiate stima di persone come lui, perché per l’opera di Cristo egli è stato molto vicino alla morte, avendo esposto a rischio la propria vita, per supplire ai servizi che voi non potevate prestarmi. Per il resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore; per me certo non è gravoso scrivervi le stesse cose, e per voi è una salvaguardia. Guardatevi dai cani, guardatevi dai cattivi operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare. I veri circoncisi infatti siamo noi che serviamo Dio nello Spirito e ci gloriamo in Cristo Gesú senza confidarci nella carne, benché io avessi di che confidare anche nella carne; se qualcuno pensa di avere di che confidare, io ne ho molto di piu: sono stato circonciso l’ottavo giorno, sono della nazione d’Israele, della tribú di Beniamino, Ebreo di Ebrei quanto alla legge, fariseo, quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile, Ma le cose che mi erano guadagno, le ho ritenute una perdita per Cristo. Anzi, ritengo anche tutte queste cose essere una perdita di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesú mio Signore, per il quale ho perso tutte queste cose e le ritengo come tanta spazzatura per guadagnare Cristo, e per essere trovato in lui, avendo non già la mia giustizia che deriva dalla legge, ma quella che deriva dalla fede di Cristo: giustizia che proviene da Dio mediante la fede, per conoscere lui, Cristo la potenza della sua risurrezione e la comunione delle sue sofferenze, essendo reso conforme alla sua morte, se in qualche modo possa giungere alla risurrezione dai morti. Non che io abbia già ottenuto il premio, o sia già arrivato al compimento, ma proseguo per poter afferrare il premio, poiché anch’io sono stato afferrato da Gesú Cristo. Fratelli, non ritengo di avere già ottenuto il premio, ma faccio una cosa: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso le cose che stanno davanti, proseguo il corso verso la méta verso il premio della suprema vocazione di Dio in Cristo Gesú. Quanti siamo perfetti, abbiamo dunque questi pensieri; e se voi pensate altrimenti in qualche cosa, Dio vi rivelerà anche questo. Ma al punto in cui siamo arrivati, camminiamo secondo la stessa regola di condotta in pieno accordo. Siate miei imitatori, fratelli, e considerate coloro che camminano cosí, secondo l’esempio che avete in noi. Poiché molti, dei quali vi ho spesse volte parlato, e anche al presente ve lo dico piangendo, camminano da nemici della croce di Cristo, la cui fine è la perdizione, il cui dio è il ventre e la cui gloria è a loro vergogna; essi hanno la mente rivolta alle cose della terra. La nostra cittadinanza infatti è nei cieli, da dove aspettiamo pure il Salvatore, il Signor Gesú Cristo, il quale trasformerà il nostro umile corpo, affinché sia reso conforme al suo corpo glorioso, secondo la sua potenza che lo mette in grado di sottoporre a sé tutte le cose. Perciò, fratelli miei cari e desideratissimi, gioia e corona mia, state fermi in questa maniera nel Signore, o carissimi. Esorto Evodia ed esorto ugualmente Sintiche ad avere una sola mente nel Signore. Prego anche te, vero compagno, sovvieni a queste donne, le quali hanno combattuto con me nell’evangelo, insieme con Clemente e gli altri miei compagni d’opera, i cui nomi sono nel libro della vita. Rallegratevi del continuo nel Signore lo ripeto ancora: Rallegratevi. La vostra mansuetudine sia nota a tutti gli uomini; il Signore è vicino. Non siate in ansietà per cosa alcuna, ma in ogni cosa le vostre richieste siano rese note a Dio mediante preghiera e supplica, con ringraziamento. E la pace di Dio, che sopravanza ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesú. Quanto al rimanente, fratelli, tutte le cose che sono veraci, tutte le cose che sono oneste, tutte le cose che sono giuste, tutte le cose che sono pure, tutte le cose che sono amabili, tutte le cose che sono di buona fama, se vi è qualche virtú e se vi è qualche lode, pensate a queste cose. Quelle cose che avete imparato, ricevuto e udito da me e veduto in me, fatele, e il Dio della pace sarà con voi. Or mi sono grandemente rallegrato nel Signore, perché finalmente le vostre cure per me si sono ravvivate; in realtà già ci pensavate, ma ve ne mancava l’opportunità. Non lo dico perché sia nel bisogno, poiché ho imparato ad essere contento nello stato in cui mi trovo. So essere abbassato, come anche vivere nell’abbondanza; in tutto e per tutto ho imparato ad essere sazio e ad aver fame, ad abbondare e a soffrire penuria. Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica. Tuttavia avete fatto bene a prendere parte alla mia afflizione. Or sapete anche voi, Filippesi, che all’inizio della predicazione dell’evangelo, quando partii dalla Macedonia, nessuna chiesa mi fece parte di alcuna cosa, per quanto al dare e al ricevere, se non voi soli poiché anche a Tessalonica mi avete mandato, non solo una volta ma due, di che provvedere al mio bisogno. Non già che io ricerchi i doni, ricerco invece il frutto che abbondi a vostro favore. Adesso ho ricevuto tutto ed abbondo, sono ricolmo, avendo ricevuto da Epafrodito ciò che mi è stato mandato da voi, che è un profumo di odor soave, un sacrificio accettevole, piacevole a Dio. Ora il mio Dio supplirà ad ogni vostro bisogno secondo le sue ricchezze in gloria, in Cristo Gesú. Ora al mio Dio e Padre nostro sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Salutate tutti i santi in Cristo Gesú. I fratelli che sono con me vi salutano, tutti i santi vi salutano, e soprattutto quelli della casa di Cesare. La grazia del Signor nostro Gesú Cristo sia con tutti voi. Amen.
Paolo, apostolo di Gesú Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, ai santi e fedeli fratelli in Cristo che sono in Colosse: grazia e pace a voi da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Noi rendiamo grazie a Dio e Padre del Signor nostro Gesú Cristo, pregando continuamente per voi, perché abbiamo sentito parlare della vostra fede in Cristo Gesú e del vostro amore verso tutti i santi, a motivo della speranza che è riposta per voi nei cieli, di cui avete già sentito nella parola della verità dell’evangelo, che è giunto a voi, come pure in tutto il mondo e porta frutto e cresce, come avviene anche tra di voi, dal giorno in cui udiste e conosceste la grazia di Dio in verità, come avete imparato da Epafra, nostro caro compagno, il quale è un fedele ministro di Cristo per voi, e che ci ha anche dichiarato il vostro amore nello Spirito. Perciò anche noi, dal giorno in cui abbiamo sentito questo, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che siate ripieni della conoscenza della sua volontà, in ogni sapienza ed intelligenza spirituale, perché camminiate in modo degno del Signore, per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio, fortificati con ogni forza, secondo la sua gloriosa potenza, per ogni perseveranza e pazienza, con gioia, rendendo grazie a Dio e Padre, che ci ha fatti degni di partecipare alla sorte dei santi nella luce. Poiché egli ci ha riscossi dalla potestà delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio in cui abbiamo la redenzione per mezzo del suo sangue e il perdono dei peccati. Egli è l’immagine dell’invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura, poiché in lui sono state create tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili: troni, signorie, principati e potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui, Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli stesso è il capo del corpo, cioè della chiesa; egli è il principio, il primogenito dai morti, affinché abbia il primato in ogni cosa, perchè è piaciuto al Padre di far abitare in lui tutta la pienezza, e, avendo fatta la pace per mezzo del sangue della sua croce, di riconciliare a sè, per mezzo di lui, tutte le cose, tanto quelle che sono sulla terra come quelle che sono nei cieli. E voi stessi, che un tempo eravate estranei e nemici nella mente con le vostre opere malvagie, ora vi ha riconciliati nel corpo della sua carne, mediante la morte, per farvi comparire davanti a sé santi, irreprensibili e senza colpa, se pure perseverate nella fede, essendo fondati e fermi senza essere smossi dalla speranza dell’evangelo che voi avete udito e che è stato predicato ad ogni creatura che è sotto il cielo e di cui io Paolo, sono divenuto ministro. Ora mi rallegro nelle mie sofferenze per voi, e a mia volta compio nella mia carne ciò che manca ancora alle afflizioni di Cristo per il suo corpo, che è la chiesa, di cui sono stato fatto ministro, secondo l’incarico che Dio mi ha affidato per voi, per presentare compiutamente la parola di Dio, il mistero che fu tenuto nascosto per le passate età e generazioni, ma che ora è stato manifestato ai suoi santi, ai quali Dio ha voluto far conoscere quali siano le ricchezze della gloria di questo mistero fra i gentili, che è Cristo in voi, speranza di gloria, che noi annunziamo, ammonendo e ammaestrando ogni uomo in ogni sapienza, per presentare ogni uomo perfetto in Cristo Gesú; e per questo mi affatico combattendo con la sua forza che opera in me con potenza. Voglio infatti che sappiate quanto grande sia il combattimento che sostengo per voi, per quelli che sono a Laodicea e per tutti quelli che non hanno visto la mia faccia di persona, affinché i loro cuori siano consolati, essendo essi uniti insieme nell’amore, ed ottengano tutte le ricchezze della piena certezza d’intelligenza per la conoscenza del mistero di Dio e Padre e di Cristo, in cui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza. Or questo dico, affinché nessuno vi inganni con parole convincenti, perché, quantunque sia assente da voi col corpo, pure sono con voi con lo spirito e mi rallegro vedendo il vostro ordine e la fermezza della vostra fede in Cristo. Come dunque avete ricevuto Cristo Gesú, il Signore, cosí camminate in lui essendo radicati ed edificati in lui, e confermati nella fede come vi è stato insegnato, abbondando in essa con ringraziamento. Guardate che nessuno vi faccia sua preda con la filosofia e con vano inganno, secondo la tradizione degli uomini, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo, poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità. E voi avete ricevuto la pienezza in lui, essendo egli il capo di ogni principato e potestà, nel quale siete anche stati circoncisi di una circoncisione, fatta senza mano d’uomo, ma della circoncisione di Cristo, mediante lo spogliamento del corpo dei peccati della carne: essendo stati sepolti con lui nel battesimo, in lui siete anche stati insieme risuscitati, mediante la fede nella potenza di Dio che lo ha risuscitato dai morti. E con lui Dio ha vivificato voi, che eravate morti nei peccati e nell’incirconcisione della carne, perdonandovi tutti i peccati. Egli ha annientato il documento fatto di ordinamenti, che era contro di noi e che ci era nemico, e l’ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce; avendo quindi spogliato le potestà e i principati, ne ha fatto un pubblico spettacolo, trionfando su di loro in lui. Nessuno dunque vi giudichi per cibi o bevande, o rispetto a feste, a noviluni o ai sabati; queste cose sono ombra di quelle che devono venire; ma il corpo è di Cristo. Nessuno vi derubi del premio con un pretesto di umiltà e di culto degli angeli, fondandosi su cose che non ha visto, essendo temerariamente gonfio a motivo della sua mente carnale e non attenendosi al capo, da cui tutto il corpo, ben nutrito e tenuto insieme mediante le giunture e le articolazioni cresce con l’accrescimento che viene da Dio. Se dunque siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché vi sottoponete a dei precetti come se viveste nel mondo, quali: »Non toccare, non assaggiare, non maneggiare«, tutte cose che periscono con l’uso, secondo i comandamenti e le dottrine degli uomini? Queste cose hanno sí qualche apparenza di sapienza nella religiosità volontariamente scelta, nella falsa umiltà e nel trattamento duro del corpo, ma non hanno alcun valore contro le intemperanze carnali. Se dunque siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassú, dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Abbiate in mente le cose di lassú, non quelle che sono sulla terra, perché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo che è la nostra vita apparirà, allora anche voi apparirete con lui in gloria. Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e avidità, che è idolatria; per queste cose l’ira di Dio viene sui figli della disubbidienza, fra cui un tempo camminaste anche voi, quando vivevate in esse. Ma ora deponete anche voi tutte queste cose: ira, collera, cattiveria; e non esca dalla vostra bocca maldicenza e alcun parlare disonesto. Non mentite gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con i suoi atti, e vi siete rivestiti dell’uomo nuovo, che si va rinnovando nella conoscenza ad immagine di colui che l’ha creato. Qui non c’è piú Greco e Giudeo circonciso, e incirconciso, barbaro e Scita, servo e libero, ma Cristo è tutto e in tutti. Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro un altro, e come Cristo vi ha perdonato, cosí fate pure voi. E sopra tutte queste cose, rivestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Dio, alla quale siete stati chiamati in un sol corpo, regni nei vostri cuori; e siate riconoscenti. La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con grazia nei vostri cuori al Signore. E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesú, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui. Mogli, siate sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore. Mariti, amate le mogli e non v’inasprite contro di loro. Figli, ubbidite ai genitori in ogni cosa, poiché questo è accettevole al Signore. Padri, non provocate ad ira i vostri figli, affinché non si scoraggino. Servi, ubbidite in ogni cosa ai vostri padroni secondo la carne, non servendo solo quando vi vedono, come per piacere agli uomini, ma con semplicità di cuore, temendo Dio. E qualunque cosa facciate, fatelo di buon animo, come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che dal Signore riceverete la ricompensa a dell’eredità, poiché voi servite a Cristo, il Signore. Ma chi opera ingiustamente riceverà la retribuzione delle cose ingiuste che ha fatte, e non c’è parzialità con alcuno. Padroni, fate ciò che è giusto e ragionevole verso i servi, sapendo che anche voi avete un Padrone nei cieli. Perseverate nella preghiera, vegliando in essa con ringraziamento. Pregando nel medesimo tempo anche per noi, affinché Dio apra anche a noi la porta della parola, per annunziare il mistero di Cristo, a motivo del quale sono anche prigioniero, in modo che lo faccia conoscere, parlandone come devo. Procedete con sapienza verso quelli di fuori riscattando il tempo. Il vostro parlare sia sempre con grazia, condito con sale, per sapere come vi conviene rispondere a ciascuno. Tichico, il caro fratello e fedele ministro e mio compagno di servizio nel Signore, vi farà sapere tutto sul mio stato; io ve lo mandato proprio per questa ragione, perché conosca la vostra situazione e consoli i vostri cuori, assieme al fedele e caro fratello Onesimo, che è dei vostri; essi vi faranno sapere tutte le cose di qui. Aristarco, prigioniero con me, vi saluta, assieme a Marco, il cugino di Barnaba (riguardo al quale avete ricevuto istruzioni; se viene da voi, accoglietelo) e Gesú, chiamato Giusto, i quali provengono dalla circoncisione; questi sono i soli operai nell’opera del regno di Dio, che mi sono stati di conforto. Epafra, che è dei vostri ed è servo di Cristo, vi saluta; egli combatte sempre per voi nelle preghiere, affinché stiate fermi, perfetti e compiuti in tutta la volontà di Dio. Infatti gli rendo testimonianza che egli ha un grande zelo per voi, per quelli che sono a Laodicea e per quelli che sono a Gerapoli. Il caro Luca, il medico, e Dema vi salutano. Salutate i fratelli che sono a Laodicea, Ninfa e la chiesa che è in casa a sua. E quando questa epistola sarà stata letta fra voi, fate che sia letta anche nella chiesa dei Laodicesi; e anche voi leggete quella che vi sarà mandata da Laodicea. E dite ad Archippo: »Bada al ministero che hai ricevuto nel Signore, per adempierlo«. Il saluto è stato scritto di mia propria mano, di me, Paolo. Ricordatevi delle mie catene. La grazia sia con voi. Amen.
Paolo, Silvano e Timoteo, alla chiesa dei Tessalonicesi in Dio Padre e nel Signore Gesú Cristo: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Noi rendiamo del continuo grazie a Dio per tutti voi, facendo di voi menzione nelle nostre preghiere, ricordando continuamente la vostra opera di fede, la fatica del vostro amore e la costanza della speranza che voi avete nel Signore nostro Gesú Cristo davanti a Dio, nostro Padre, conoscendo, fratelli amati da Dio, la vostra elezione, perché il nostro evangelo non è giunto fino a voi soltanto a parole, ma anche con potenza e con lo Spirito Santo, e con molta convinzione; voi sapete come ci siamo comportati fra voi per amor vostro. E voi siete divenuti nostri imitatori e del Signore, avendo ricevuta la parola in mezzo a tanta afflizione con la gioia dello Spirito Santo, cosí da divenire un esempio a tutti i credenti della Macedonia e dell’Acaia. Infatti non solo la parola del Signore è tramite voi risuonata nella Macedonia e nell’Acaia, ma anche la vostra fede che avete verso Dio si è divulgata in ogni luogo, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne, poiché essi stessi raccontano di noi, quale sia stata la nostra venuta tra voi e come vi siete convertiti dagli idoli a Dio, per servire al Dio vivente e vero, e per aspettare dai cieli il suo Figlio, che egli ha risuscitato dai morti, cioè Gesú, che ci libera dall’ira a venire. Voi stessi infatti, fratelli, sapete che la nostra venuta fra voi non è stata vana. Ma, dopo aver prima sofferto e aver ricevuto oltraggi a Filippi, come sapete, noi abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi l’evangelo di Dio in mezzo a tante lotte. La nostra esortazione infatti non procede da inganno, né da motivi non retti, né da frode ma, come siamo stati approvati da Dio da esserci affidato l’evangelo, cosí parliamo non in modo da piacere agli uomini, ma a Dio che prova i nostri cuori. Noi infatti non abbiamo mai fatto uso di parole di adulazione, come ben sapete, né siamo stati mossi da pretesti di avidità, Dio ne è testimone. E non abbiamo cercato gloria dagli uomini, né da voi, né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità come apostoli di Cristo. Ma siamo stati mansueti fra voi come una nutrice che alleva teneramente i suoi bambini. Cosí, nel grande affetto che nutrivamo per voi, eravamo contenti di comunicarvi non solo l’evangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci eravate divenuti cari. Voi, fratelli, vi ricordate infatti della nostra fatica e travaglio, come lavorando giorno e notte per non essere di peso a nessuno di voi, abbiamo predicato tra voi l’evangelo di Dio. Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, come ci siamo comportati santamente giustamente, senza biasimo verso di voi che credete. E sapete anche che, come fa un padre verso i suoi figli, noi abbiamo esortato, consolato e scongiurato ciascuno di voi, a camminare in modo degno di Dio, che vi chiama al suo regno e gloria. Anche per questo non cessiamo di render grazie a Dio perché, avendo ricevuto da noi la parola di Dio, l’avete accolta non come parola di uomini, ma come è veramente, quale parola di Dio, che opera efficacemente in voi che credete. Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle chiese di Dio che sono nella Giudea in Cristo Gesú, perché anche voi avete sofferto da parte dei vostri connazionali le medesime cose che essi hanno sofferto da parte dei Giudei, i quali hanno ucciso il Signore Gesù e i loro profeti, e hanno perseguitato anche noi. Essi non piacciono a Dio e sono nemici a tutti gli uomini, impedendoci di parlare ai gentili perché siano salvati, per colmare continuamente la misura dei loro peccati; or l’ira su di loro è arrivata al culmine. Or noi, fratelli, privati di voi per un breve tempo, di persona ma non col cuore, ci siamo maggiormente preoccupati, spinti da un grande desiderio di rivedere il vostro volto. Perciò abbiamo voluto, almeno io Paolo, non solo una ma ben due volte, venire da voi, ma Satana ce lo ha impedito. Qual è infatti la nostra speranza, o gioia, o corona di gloria? Non siete proprio voi, davanti al Signor nostro Gesú Cristo alla sua venuta? Voi siete infatti la nostra gloria e gioia. Perciò, non potendo piú resistere fummo contenti di essere lasciati soli in Atene, e mandammo Timoteo, nostro fratello e ministro di Dio, e nostro compagno d’opera nell’evangelo di Cristo, per confermarvi e confortarvi nella vostra fede, affinché nessuno fosse scosso in queste afflizioni, poiché voi stessi sapete che a questo noi siamo stati designati. Infatti anche quando eravamo tra voi vi predicevamo che avremmo sofferto tribolazioni, proprio come è avvenuto, e voi lo sapete. Per questa ragione, non potendo piú resistere, io pure mandai ad informarmi sulla vostra fede, che talora il tentatore non vi avesse tentati, e la nostra fatica non fosse riuscita vana. Ma ora che Timoteo da voi è ritornato a noi e ci ha riferito buone notizie della vostra fede e amore, e che voi conservate sempre un buon ricordo di noi e desiderate grandemente vederci, come anche noi desideriamo vedere voi, per questo, fratelli, noi siamo stati consolati a vostro riguardo, in tutta la nostra afflizione e sofferenza, a motivo della vostra fede, perché ora veramente viviamo, se voi state fermi nel Signore. Quale ringraziamento possiamo infatti rendere a Dio per voi, per tutta la gioia che proviamo a causa vostra davanti al nostro Dio, pregando intensamente, notte e giorno, per poter vedere la vostra faccia e compiere le cose che mancano ancora alla vostra fede? Ora Dio stesso, nostro Padre, e il Signor nostro Gesú Cristo appianino il nostro cammino per venire da voi. E il Signore vi faccia crescere e abbondare nell’amore gli uni verso gli altri e verso tutti, come anche noi abbondiamo verso di voi, per rendere fermi i vostri cuori, affinché siano irreprensibili nella santità davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signor nostro Gesú Cristo con tutti i suoi santi. Amen. Per il resto dunque, fratelli, vi preghiamo ed esortiamo nel Signore Gesú che, come avete ricevuto da noi in quale modo vi conviene camminare per piacere a Dio, abbondiate molto piú in questo. Voi conoscete infatti quali comandamenti vi abbiamo dato da parte del Signore Gesú. Poiché questa è la volontà di Dio: la vostra santificazione; che vi asteniate dalla fornicazione. che ciascuno di voi sappia possedere il suo vaso in santità ed onore, non con passioni disordinate, come i gentili che non conoscono Dio, e che nessuno inganni e frodi negli affari il proprio fratello, perché il Signore è il vendicatore di tutte queste cose, come vi abbiamo già detto e attestato prima. Dio infatti non ci ha chiamati all’impurità, ma alla santificazione, Perciò chi disprezza queste cose non disprezza un uomo, ma Dio che vi ha anche dato il suo Spirito Santo. Ora, quanto all’amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva, perché voi stessi siete stati ammaestrati da Dio ad amarvi gli uni gli altri, Voi infatti fate questo verso tutti i fratelli che sono in tutta la Macedonia ma noi vi esortiamo, fratelli, a sovrabbondare in questo ancora di piú, e a cercare diligentemente di vivere in pace, di occuparvi delle vostre cose e di lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, affinché vi comportiate onestamente verso quelli di fuori e non abbiate bisogno di nulla. Ora, fratelli, non vogliamo che siate nell’ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate contristati come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesú è morto ed è risuscitato, crediamo pure che Dio condurrà con lui, per mezzo di Gesú, quelli che si sono addormentati. Ora vi diciamo questo per parola del Signore: noi viventi, che saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi viventi, che saremo rimasti saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria; cosí saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole. Ora, quanto ai tempi e alle stagioni, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva, poiché voi stessi sapete molto bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. Quando infatti diranno: »Pace e sicurezza«, allora una subitanea rovina cadrà loro addosso, come le doglie di parto alla donna incinta e non scamperanno affatto. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosí che quel giorno vi sorprenda come un ladro. Voi tutti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte né delle tenebre. Perciò non dormiamo come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri. Infatti coloro che dormono, dormono di notte, e coloro che s’inebriano, s’inebriano di notte. Ma noi, poiché siamo del giorno, siamo sobri, avendo rivestito la corazza della fede e dell’amore, e preso per elmo la speranza della salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati all’ira, ma ad ottenere salvezza per mezzo del Signore nostro Gesú Cristo, il quale è morto per noi perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò consolatevi gli uni gli altri ed edificatevi l’un l’altro, come già fate. Ora, fratelli, vi preghiamo di aver rispetto per quelli che si affaticano fra di voi, che vi sono preposti nel Signore e che vi ammoniscono, e di averli in somma stima nell’amore per la loro opera. Vivete in pace fra voi. Ora, fratelli, vi esortiamo ad ammonire i disordinati, a confortare gli scoraggiati, a sostenere i deboli e ad essere pazienti verso tutti. Guardate che nessuno renda male per male ad alcuno; anzi procacciate sempre il bene gli uni verso gli altri e verso tutti. Siate sempre allegri. Non cessate mai di pregare In ogni cosa rendete grazie, perché tale è la volontà di Dio in Cristo Gesú verso di voi. Non spegnete lo Spirito. Non disprezzate le profezie. Provate ogni cosa, ritenete il bene. Astenetevi da ogni apparenza di male. Ora il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l’intero vostro spirito, anima e corpo siano conservati irreprensibili per la venuta del Signor nostro Gesú Cristo. Fedele è colui che vi chiama, e farà anche questo. Fratelli, pregate per noi. Salutate tutti i fratelli con un santo bacio. Vi scongiuro per il Signore che questa epistola sia letta a tutti i santi fratelli. La grazia del Signor nostro Gesú Cristo sia con voi. Amen.
Paolo, Silvano e Timoteo, alla chiesa dei Tessalonicesi, che è in Dio nostro Padre e nel Signore Gesú Cristo: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesú Cristo. Noi siamo obbligati a rendere sempre grazie a Dio per voi, fratelli, come è ben giusto, perché la vostra fede cresce grandemente e l’amore di voi tutti individualmente abbonda l’un per l’altro, tanto che noi stessi ci gloriamo di voi nelle chiese di Dio, per la vostra perseveranza e fede in tutte le vostre persecuzioni ed afflizioni che sostenete. Questa è una dimostrazione del giusto giudizio di Dio, affinché siate ritenuti degni del regno di Dio per il quale anche soffrite, poiché è cosa giusta, da parte di Dio rendere afflizione a coloro che vi affliggono, e a voi, che siete afflitti, riposo con noi, quando il Signore Gesú Cristo apparirà dal cielo con gli angeli della sua potenza, in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono all’evangelo del Signor nostro Gesú Cristo. Questi saranno puniti con la distruzione eterna, lontani dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando egli verrà, in quel giorno, per essere glorificato nei suoi santi, per essere ammirato in mezzo a quelli che hanno creduto, poiché la nostra testimonianza presso di voi è stata creduta. Anche per questo noi preghiamo del continuo per voi, perché il nostro Dio vi ritenga degni di questa vocazione e compia con potenza ogni vostro buon proposito e l’opera della fede, affinché sia glorificato il nome del Signor nostro Gesú Cristo in voi e voi in lui, secondo la grazia del nostro Dio e del Signore Gesú Cristo. Or vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signor nostro Gesú Cristo e al nostro adunamento con lui, di non lasciarvi subito sconvolgere nella mente nè turbare o da spirito, o da parola, o da qualche epistola come se venisse da parte nostra, quasi che il giorno di Cristo sia già venuto. Nessuno v’inganni in alcuna maniera, perché quel giorno non verrà se prima non sia venuta l’apostasia e prima che sia manifestato l’uomo del peccato, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato dio o oggetto di adorazione, tanto da porsi a sedere nel tempio di Dio come Dio, mettendo in mostra se stesso e proclamando di essere Dio. Non vi ricordate che, quando ero ancora tra voi, vi dicevo queste cose? E ora sapete ciò che lo ritiene, affinché sia manifestato a suo tempo. Il mistero dell’empietà infatti è già all’opera, aspettando soltanto che chi lo ritiene al presente sia tolto di mezzo. Allora sarà manifestato quell’empio che il Signore distruggerà col soffio della sua bocca e annienterà all’apparire della sua venuta. La venuta di quell’empio avverrà per l’azione di Satana, accompagnata da ogni sorta di portenti, di segni e di prodigi bugiardi, e da ogni inganno di malvagità per quelli che periscono, perché hanno rifiutato di amare la verità per essere salvati. E per questo Dio manderà loro efficacia di errore, perché credano alla menzogna, affinché siano giudicati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma si sono compiaciuti nella malvagità! Ma noi siamo obbligati a rendere del continuo grazie per voi a Dio, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha eletti fin dal principio per salvarvi, mediante la santificazione dello Spirito e la fede nella verità; a questo egli vi ha chiamati per mezzo del nostro evangelo, affinché giungiate ad ottenere la gloria del Signor nostro Gesú Cristo. Perciò, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che avete imparato tramite la parola o la nostra epistola. Ora, il Signor nostro Gesú Cristo stesso e Dio nostro Padre, che ci ha amati e ci ha dato per grazia una consolazione eterna e una buona speranza, consoli i vostri cuori e vi confermi in ogni buona parola ed opera. Del resto, fratelli, pregate per noi, affinché la parola del Signore possa spandersi rapidamente e sia glorificata, come lo è fra voi, e affinché siamo liberati dagli uomini perversi e malvagi, perché non tutti hanno la fede. Ma il Signore è fedele, ed egli vi fortificherà e vi custodirà dal maligno. A vostro riguardo noi confidiamo ne Signore, che già fate e continuerete fare le cose che vi ordiniamo. E il Signore diriga i vostri cuori all’amore di Dio e alla perseveranza di Cristo. Ora, fratelli, vi ordiniamo nel nome del Signor nostro Gesú Cristo, che vi ritiriate da ogni fratello che cammini disordinatamente e non secondo l’insegnamento che avete ricevuto da noi. Voi stessi infatti sapete in qual modo dovete imitarci, perché non ci siamo comportati disordinatamente fra di voi, e non abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e travaglio giorno e notte, per non essere di peso ad alcuno di voi. Non già che non ne avessimo il diritto, ma per darvi noi stessi un esempio affinché ci imitaste. Infatti, anche quando eravamo tra di voi, vi ordinavamo questo: se qualcuno non vuol lavorare neppure mangi. Sentiamo infatti che vi sono alcuni fra di voi che camminano disordinatamente, non facendo nulla, ma occupandosi di cose vane. Or a tali ordiniamo, e li esortiamo nel Signor nostro Gesú Cristo, che mangino il loro pane lavorando quietamente. Ma quanto a voi, fratelli, non vi stancate nel fare il bene. E se qualcuno non ubbidisce a quanto diciamo in questa epistola, notate quel tale e non vi associate a lui, affinché si vergogni. Non tenetelo però come un nemico, ma ammonitelo come fratello. Or il Signore stesso della pace vi dia del continuo la pace in ogni maniera. Il Signore sia con tutti voi. Il saluto è di mia propria mano, di me, Paolo e questo è un segno in ogni mia epistola; io scrivo cosí. La grazia del Signor nostro Gesú Cristo sia con tutti voi. Amen.
Paolo, apostolo di Gesú Cristo, per comando di Dio, nostro Salvatore e del Signore Gesú Cristo, nostra speranza. a Timoteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio nostro Padre e da Cristo Gesú, nostro Signore. Come ti esortai quando andai in Macedonia, rimani in Efeso per ordinare ad alcuni di non insegnare dottrine diverse, e di non occuparsi di favole e di genealogie senza fine, le quali producono controversie piuttosto che l’opera di Dio, che è fondata sulla fede. Ora il fine del comandamento è l’amore, che viene da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede non finta. Alcuni, essendosi sviati da queste cose, si sono rivolti a discorsi vani e, volendo essere dottori della legge, non comprendono né le cose che dicono né quelle che affermano. Or noi sappiamo che la legge è buona, se uno la usa legittimamente; sapendo questo, che la legge non è stata istituita per il giusto, ma per gli empi e i ribelli, per i malvagi e i peccatori, per gli scellerati e i profani, per coloro che uccidono padre e madre, per gli omicidi, per i fornicatori, per gli omosessuali per i rapitori, per i falsi, per gli spergiuri, e per qualsiasi altra cosa contraria alla sana dottrina, secondo l’evangelo della gloria del beato Dio, che mi è stato affidato. E rendo grazie a Cristo nostro Signore, che mi fortifica, perché mi ha ritenuto degno di fiducia ponendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore ed un violento; ma mi è stata fatta misericordia, perché lo feci ignorantemente nella mia incredulità; cosí la grazia del Signor nostro ha sovrabbondato con la fede e con l’amore che è in Cristo Gesú. Questa parola è sicura e degna di essere pienamente accettata, che Cristo Gesú è venuto nel mondo per salvare i peccatori, dei quali io sono il primo. Ma per questo mi è stata fatta misericordia, affinché Gesú Cristo facesse conoscere in me, per primo tutta la sua clemenza, per essere di esempio a coloro che per l’avvenire avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. Or al Re eterno, immortale invisibile, all’unico Dio sapiente, sia onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen Ti affido questo incarico, o figlio Timoteo, in accordo con le profezie fatte in precedenza a tuo riguardo, perché tu conduca in virtú di esse un buon combattimento, avendo fede e buona coscienza, poiché alcuni, avendola rigettata hanno fatto naufragio nella fede. Tra questi vi sono Imeneo e Alessandro, che io ho dato in mano di Satana, perché imparino a non bestemmiare. Ti esorto dunque prima di ogni cosa, che si facciano suppliche, preghiere intercessioni e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che sono in autorità, affinché possiamo condurre una vita tranquilla e quieta in ogni pietà e decoro. Questo infatti è buono ed accettevole davanti a Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità. Vi è infatti un solo Dio, ed anche un solo mediatore tra Dio e gli uomini: Cristo Gesú uomo, il quale ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti, secondo la testimonianza resa nei tempi stabiliti, di cui io sono stato costituito banditore e apostolo (dico la verità in Cristo e non mento), dottore dei gentili nella fede e nella verità. Voglio dunque che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando le mani pure, senza ira e dispute. Similmente le donne si vestano in modo decoroso, con verecondia e modestia e non di trecce o d’oro, o di perle o di abiti costosi ma di buone opere, come conviene a donne che fanno professione di pietà. La donna impari in silenzio, con ogni sottomissione. Non permetto alla donna d’insegnare, né di usare autorità sull’uomo, ma ordino che stia in silenzio. Infatti è stato formato per primo Adamo e poi Eva. E non fu Adamo ad essere sedotto ma fu la donna che, essendo stata sedotta, cadde in trasgressione. Tuttavia essa sarà salvata partorendo figli, se persevererà nella fede, nell’amore e nella santificazione con modestia. Questa parola è sicura: Se uno desidera l’ufficio di vescovo, desidera un buon lavoro. Bisogna dunque che il vescovo, sia irreprensibile, marito di una sola moglie, sobrio, assennato, prudente, ospitale, atto ad insegnare, non dedito al vino, non violento, non avaro, ma sia mite, non litigioso, non amante del denaro; uno che governi bene la propria famiglia e tenga i figli in sottomissione con ogni decoro; (ma se uno non sa governare la propria famiglia, come potrà aver cura della chiesa di Dio?). Inoltre egli non sia un neoconvertito, perché non gli avvenga di essere accecato dall’orgoglio e non cada nella condanna del diavolo. Or bisogna pure che egli abbia una buona testimonianza da quelli di fuori, affinché non cada nell’ingiuria e nel laccio del diavolo. Similmente i diaconi, siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti a molto vino, non avidi di illeciti guadagni, e ritengano il mistero della fede in una coscienza pura. Or anche essi siano prima provati, poi svolgano il loro servizio se sono irreprensibili. Anche le loro mogli siano dignitose non calunniatrici, ma sobrie e fedeli in ogni cosa. I diaconi siano mariti di una sola moglie e governino bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che hanno svolto bene il servizio si acquistano una buona reputazione e grande franchezza nella fede in Cristo Gesú. Ti scrivo queste cose nella speranza di venire presto da te, affinché, se dovessi tardare, tu sappia come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. E, senza alcun dubbio, grande è il mistero della pietà: Dio è stato manifestato in carne, è stato giustificato nello Spirito, è apparso agli angeli, è stato predicato tra i gentili, è stato creduto nel mondo, è stato elevato in gloria. Or lo Spirito dice espressamente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede, dando ascolto a spiriti seduttori e a dottrine di demoni, per l’ipocrisia di uomini bugiardi, marchiati nella propria coscienza, i quali vieteranno di maritarsi e imporranno di astenersi da cibi che Dio ha creato, affinché siano presi con rendimento di grazie da coloro che credono e che hanno conosciuto la verità. Infatti tutto ciò che Dio ha creato è buono e nulla è da rigettare, quando è usato con rendimento di grazie, perché è santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera. Proponendo queste cose ai fratelli, tu sarai un buon ministro di Gesú Cristo, nutrito nelle parole della fede e della buona dottrina, che hai seguito da vicino. Schiva però le favole profane e da vecchie, ma esercitati nella pietà, perché l’esercizio corporale è utile a poca cosa, ma la pietà è utile ad ogni cosa, avendo la promessa della vita presente e di quella futura. Questa parola è sicura e degna di essere accettata in ogni maniera. Per questo infatti ci affatichiamo e siamo vituperati, poiché abbiamo sperato nel Dio vivente, il quale è il Salvatore di tutti gli uomini e principalmente dei credenti. Comanda queste cose ed insegnale. Nessuno disprezzi la tua giovinezza, ma divieni esempio ai fedeli nella parola, nella condotta, nell’amore, nello Spirito, nella fede e nella castità. Applicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento, finché io venga. Non trascurare il dono che è in te che ti è stato dato per profezia, con l’imposizione delle mani da parte del collegio degli anziani. Adoperati per queste cose e dedicati ad esse interamente, affinché il tuo progresso sia manifesto a tutti. Abbi cura di te stesso e dell’insegnamento, persevera in queste cose perché facendo cosí, salverai te stesso e coloro che ti ascoltano. Non riprendere aspramente un anziano, ma esortalo come un padre e i piú giovani come fratelli, le donne anziane come madri, e le giovani come sorelle, in tutta castità. Onora le vedove che sono veramente vedove. Ma se una vedova ha dei figli o dei nipoti, questi imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria casa e a rendere il contraccambio ai loro genitori, perché questo è buono ed accettevole davanti a Dio. Or quella che è veramente vedova, ed è rimasta sola, pone la sua fiducia in Dio e persevera nelle preghiere e nelle suppliche notte e giorno. Ma quella che vive sregolatamente, anche se vive, è morta. Raccomanda anche queste cose, affinché siano irreprensibili. Ma se uno non provvede ai suoi e principalmente a quelli di casa sua, egli ha rinnegato la fede ed è peggiore di un non credente. Una vedova sia iscritta nella lista delle vedove, quando abbia non meno di sessant’anni, sia stata moglie di un solo marito, e abbia testimonianza di opere buone: se ha nutrito i suoi figli, se ha ospitato i forestieri, se ha lavato i piedi ai santi, se ha soccorso gli afflitti, se si è data continuamente ad ogni opera buona. Ma rifiuta le vedove piú giovani perché, dopo aver alimentato desideri indegni di Cristo, vogliono maritarsi attirando su di sé una condanna, perché hanno violato la prima fede. Inoltre esse imparano anche ad essere oziose e ad andare in giro per le case, ed ancor peggio, non solo ad essere oziose, ma anche pettegole e indiscrete e a parlare di cose inutili. Voglio dunque che le giovani vedove si maritino, abbiano figli, si prendano cura della famiglia e non diano all’avversario alcuna occasione di maldicenza, alcune infatti si sono già sviate per seguire Satana. Se un credente, uomo o donna, ha delle vedove, provveda loro, e non ne sia gravata la chiesa, affinché possa soccorrere quelle che sono veramente vedove. Gli anziani che esercitano bene la presidenza siano reputati degni di un doppio onore, principalmente quelli che si affaticano nella parola e nell’insegnamento. La Scrittura infatti dice: »Non mettere la museruola al bue che trebbia«, ed ancora: »L’operaio è degno del suo salario«. Non ricevere alcuna accusa contro un anziano, se non è confermata da due o tre testimoni. Quelli che peccano, riprendili alla presenza di tutti, affinché anche gli altri abbiano timore. lo ti scongiuro davanti a Dio, al Signore Gesú Cristo e agli angeli eletti, che tu osservi queste cose senza pregiudizio, non facendo nulla con parzialità. Non imporre con precipitazione le mani ad alcuno e non partecipare ai peccati altrui; conserva te stesso puro. Non bere piú soltanto acqua, ma fa’ uso di un po’ di vino a causa del tuo stomaco e per le tue frequenti infermità. In alcuni uomini i peccati sono manifesti e li precedono al giudizio, mentre in altri li seguono. Cosí pure le buone opere di alcuni sono manifeste; ed anche quando non lo sono, non possono rimanere nascoste. Tutti coloro che sono sotto il giogo della schiavitù reputino i loro padroni degni di ogni onore, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina. Quelli poi che hanno padroni credenti non li disprezzino perché sono fratelli, ma li servano ancora meglio, perché coloro che ricevono il beneficio del loro servizio sono credenti e carissimi. Insegna queste cose ed esorta a praticarle. Se uno insegna una dottrina diversa e non si attiene alle sane parole, quelle del Signor nostro Gesú Cristo e alla dottrina che è secondo pietà, è gonfio e non conosce nulla, ma ha un interesse morboso in questioni e dispute di parole, da cui nascono invidia litigi, maldicenze, cattivi sospetti, vane dispute di uomini corrotti nella mente e privi della verità che stimano la pietà essere fonte di guadagno, da costoro separati. Ora la pietà è un mezzo di grande guadagno, quando uno è contento del proprio stato. Non abbiamo infatti portato nulla nel mondo, ed è chiaro che non possiamo portarne via nulla, ma quando abbiamo di che mangiare e di che coprirci, saremo di questo contenti. Ma coloro che vogliono arricchirsi cadono nella tentazione, nel laccio e in molte passioni insensate e nocive, che fanno sprofondare gli uomini nella rovina e nella distruzione. L’avidità del denaro infatti è la radice di tutti i mali e, per averlo grandemente desiderato, alcuni hanno deviato dalla fede e si sono procurati molti dolori. Ma tu, o uomo di Dio, fuggi queste cose e procaccia la giustizia, la pietà, la fede, l’amore, la pazienza e la mansuetudine. Combatti il buon combattimento della fede, afferra la vita eterna, alla quale sei stato chiamato e per cui hai fatto la buona confessione di fede davanti a molti testimoni. Ti supplico alla presenza di Dio che dà vita a tutte le cose e di Cristo Gesú che, testimoniando davanti a Ponzio Pilato, rese una buona testimonianza di fede, di conservare questo comandamento senza macchia ed irreprensibile, fino all’apparizione del Signor nostro Gesú Cristo, che a suo tempo manifesterà il beato e unico sovrano, il Re dei re e il Signore dei signori, il solo che ha l’immortalità e abita una luce inaccessibile che nessun uomo ha mai visto né può vedere, al quale sia l’onore e il dominio eterno. Amen. Ordina ai ricchi di questo mondo di non essere orgogliosi, di non riporre la loro speranza nell’incertezza delle ricchezze, ma nel Dio vivente, il quale ci offre abbondantemente ogni cosa per goderne di fare del bene, di essere ricchi in buone opere, di essere generosi e di essere pronti a dare, mettendo in serbo per se stessi un buon fondamento per l’avvenire, per afferrare la vita eterna. O Timoteo, custodisci il deposito che ti è stato affidato, evitando i discorsi vani e profani e le argomentazioni contrastanti di quella che è falsamente chiamata scienza, professando la quale, alcuni si sono sviati dalla fede. La grazia sia con te! Amen.
Paolo, apostolo di Gesú Cristo per volontà di Dio, secondo la promessa della vita che è in Cristo Gesú, a Timoteo, mio caro figlio: grazia, misericordia e pace da Dio il Padre e da Cristo Gesú, il nostro Signore. Rendo grazie a Dio, che servo come già fecero i miei antenati con pura coscienza, poiché non cesso mai di ricordarmi di te nelle mie preghiere giorno e notte; ripensando alle tue lacrime, desidero vivamente di vederti per essere ripieno di gioia, mentre ricordo la fede non finta che è in te, e che abitò prima in Loide tua nonna ed in Eunice tua madre, e sono persuaso che abita anche in te. Per questa ragione ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te per l’imposizione delle mie mani. Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di forza, di amore e di disciplina. Non vergognarti dunque della testimonianza del Signor nostro, né di me suo prigioniero, ma soffri anche tu con me per l’evangelo, sostenuto dalla potenza di Dio, che ci ha salvati e ci ha chiamati con una santa vocazione, non in base alle nostre opere, ma secondo il suo scopo e grazia, che ci è stata data in Cristo Gesú prima dell’inizio dei tempi, ed ora è stata manifestata con l’apparizione del Salvator nostro Gesú Cristo, che ha distrutto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’immortalità per mezzo dell’evangelo, di cui io sono stato costituito araldo, apostolo e dottore dei gentili. Per questo motivo io soffro anche queste cose, ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e sono persuaso che egli è capace di custodire il mio deposito fino a quel giorno. Ritieni il modello delle sane parole che hai udito da me nella fede e nell’amore, che sono in Cristo Gesú. Custodisci il buon deposito che ti è stato affidato mediante lo Spirito Santo che abita in noi. Tu sai che tutti quelli che sono nell’Asia, fra i quali Figello ed Ermogene, mi hanno abbandonato. Conceda il Signore misericordia alla famiglia di Onesiforo, perché spesse volte egli mi ha confortato e non si è vergognato delle mie catene; anzi, venendo a Roma, mi ha cercato con molta sollecitudine e mi ha trovato. Gli conceda il Signore di trovare misericordia presso di lui in quel giorno. Tu sai molto bene quanti servizi egli mi abbia reso in Efeso. Tu dunque, figlio mio, fortificati nella grazia che è in Cristo Gesú; e le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni, affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad altri. Tu dunque sopporta sofferenze, come un buon soldato di Gesú Cristo. Nessuno che presta servizio come soldato s’immischia nelle faccende della vita, se vuol piacere a colui che lo ha arruolato. Similmente, se uno compete nelle gare atletiche, riceve la corona unicamente se ha lottato secondo le regole. L’agricoltore, che lavora duramente, deve essere il primo a goderne i frutti. Considera le cose che dico, poiché il Signore ti darà intendimento in ogni cosa. Ricordati che Gesú Cristo, della stirpe di Davide, è risorto dai morti secondo il mio evangelo, per il quale io soffro fino a portare le catene come un malfattore, ma la parola di Dio non è incatenata. Perciò io soffro ogni cosa per gli eletti, affinché anch’essi ottengano la salvezza che è in Cristo Gesú insieme alla gloria eterna. Questa parola è fedele, perché se siamo morti con lui, con lui pure vivremo; se perseveriamo, regneremo pure con lui; se lo rinneghiamo, egli pure ci rinnegherà. Se siamo infedeli, egli rimane fedele, perché egli non può rinnegare se stesso. Ricorda loro queste cose, scongiurandoli davanti al Signore a non fare vane dispute di parole che non giovano a nulla, ma sono deleterie per coloro che ascoltano Studiati di presentare te stesso approvato davanti a Dio, operaio che non ha da vergognarsi, che esponga rettamente la parola della verità. Ma evita i discorsi vani e profani, perché fanno progredire nell’empietà; e la parola di questi andrà rodendo come la cancrena; fra costoro sono Imeneo e Fileto, i quali si sono sviati dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni. Tuttavia il saldo fondamento di Dio rimane fermo, avendo questo sigillo: »Il Signore conosce quelli che sono suoi«, e: »Si ritragga dall’iniquità chiunque nomina il nome di Cristo«. Or in una grande casa non vi sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di terra; gli uni sono ad onore, gli altri a disonore. Se dunque uno si purifica da queste cose, sarà un vaso ad onore, santificato e utile al servizio del padrone, preparato per ogni buona opera. Or fuggi le passioni giovanili, ma persegui la giustizia, la fede, l’amore e la pace con quelli che con cuore puro invocano il Signore. Evita inoltre le discussioni stolte e insensate, sapendo che generano contese. Ora un servo del Signore non deve contendere, ma deve essere mite verso tutti, atto ad insegnare e paziente, ammaestrando con mansuetudine gli oppositori, nella speranza che Dio conceda loro di ravvedersi perché giungano a riconoscere la verità, e ritornino in sé, sottraendosi dal laccio del diavolo, che li aveva fatti prigionieri, perché facessero la sua volontà. Or sappi questo: che negli ultimi giorni verranno tempi difficili, perché gli uomini saranno amanti di se stessi, avidi di denaro, vanagloriosi superbi, bestemmiatori, disubbidienti ai genitori, ingrati, scellerati, senza affetto, implacabili, calunniatori, intemperanti, crudeli, senza amore per il bene, traditori, temerari, orgogliosi, amanti dei piaceri invece che amanti di Dio, aventi l’apparenza della pietà, ma avendone rinnegato la potenza; da costoro allontanati. Nel numero di questi infatti vi sono quelli che s’introducono nelle case e seducono donnicciole cariche di peccati, dominate da varie passioni, le quali imparano sempre, ma senza mai pervenire ad una piena conoscenza della verità. Ora come Ianne e Iambre, si opposero a Mosé, cosí anche costoro si oppongono alla verità; uomini corrotti di mente e riprovati quanto alla fede. Costoro però non andranno molto avanti, perché la loro stoltezza sarà manifestata a tutti, come avvenne anche per quella di quei tali. Ma tu hai seguito da vicino il mio ammaestramento, la mia condotta, i miei consigli, la mia fede, la mia pazienza, il mio amore, la mia perseveranza, le mie persecuzioni, le mie sofferenze, che mi sono accadute ad Antiochia, a Iconio e a Listra, tu sai quali persecuzioni ho sostenuto, ma il Signore mi ha liberato da tutte. Infatti tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesú saranno perseguitati, ma i malvagi e gli imbroglioni andranno di male in peggio, seducendo ed essendo sedotti. Tu però persevera nelle cose che hai imparato e nelle quali sei stato confermato, sapendo da chi le hai imparate, e che sin da bambino hai conosciuto le sacre Scritture, le quali ti possono rendere savio a salvezza, per mezzo della fede che è in Cristo Gesú. Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia, affinché l’uomo di Dio sia completo, pienamente fornito per ogni buona opera. Ti scongiuro dunque davanti a Dio e al Signore Gesú Cristo, che ha da giudicare i vivi e i morti, nella sua apparizione e nel suo regno: predica la parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, rimprovera, esorta con ogni pazienza e dottrina. Verrà il tempo, infatti, in cui non sopporteranno la sana dottrina ma, per prurito di udire, si accumuleranno maestri secondo le loro proprie voglie e distoglieranno le orecchie dalla verità per rivolgersi alle favole. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, fa’ l’opera di evangelista e adempi interamente il tuo ministero. Quanto a me, sto per essere offerto in libagione, e il tempo della mia dipartita è vicino. Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho serbato la fede. Per il resto, mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno, e non solo a me, ma anche a tutti quelli che hanno amato la sua apparizione. Cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha lasciato, avendo amato il mondo presente, e se n’è andato a Tessalonica; Crescente è andato in Galazia e Tito in Dalmazia. Soltanto Luca è con me, prendi Marco e conducilo con te, perché mi è molto utile nel ministero. Tichico invece l’ho mandato a Efeso. Quando verrai porta il mantello che ho lasciato a Troade presso Carpo e i libri, soprattutto le pergamene. Alessandro, il ramaio, mi ha fatto molto male; gli renda il Signore secondo le sue opere. Guardatene anche tu, perché si è opposto grandemente alle nostre parole. Nella mia prima difesa nessuno è stato al mio fianco, ma mi hanno tutti abbandonato; questo non venga loro imputato. Il Signore però mi è stato vicino e mi ha fortificato, affinché per mio mezzo la predicazione fosse portata a compimento e tutti i gentili l’udissero; ed io sono stato liberato dalle fauci del leone. Il Signore mi libererà ancora da ogni opera malvagia e mi salverà fino a portarmi nel suo regno celeste. A lui sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Saluta Priscilla e Aquila e la famiglia di Onesiforo. Erasto è rimasto a Corinto, ma ho lasciato Trofimo infermo a Mileto. Cerca di venire prima dell’inverno. Eubulo, Pudente, Lino, Claudia e tutti i fratelli ti salutano. Il Signore Gesú Cristo sia con il tuo spirito. La grazia sia con voi. Amen.
Paolo, servo di Dio e apostolo di Gesú Cristo, secondo la fede degli eletti di Dio e la conoscenza della verità che è secondo pietà, nella speranza della vita eterna, promessa prima di tutte le età da Dio, che non può mentire, e che nei tempi stabiliti ha manifestato la sua parola mediante la predicazione che mi è stata affidata per comando di Dio, nostro Salvatore, a Tito, mio vero figlio nella comune fede: grazia, misericordia e pace da Dio il Padre e dal Signor Gesú Cristo, nostro Salvatore. Per questa ragione ti ho lasciato a Creta, affinché tu metta ordine alle cose che restano da fare e costituisca degli anziani in ogni città, come ti ho ordinato; ciascuno di loro sia irreprensibile, marito di una sola moglie, e abbia figli fedeli che non siano accusati di dissolutezza né insubordinati. Il vescovo infatti, come amministratore della casa di Dio, deve essere irreprensibile, non arrogante, non iracondo, non dedito al vino, non violento, non avido di disonesto guadagno, ma ospitale, amante del bene, assennato, giusto, santo, padrone di sé, che ritenga fermamente l’insegnamento secondo la fedele parola, per essere in grado di esortare nella sana dottrina e di convincere quelli che contraddicono. Vi sono infatti, specialmente fra coloro che provengono dalla circoncisione, molti insubordinati, ciarloni e seduttori, ai quali bisogna turare la bocca; questi sovvertono famiglie intere, insegnando cose che non dovrebbero, per amore di disonesto guadagno. Uno di loro, proprio un loro profeta, ha detto: »I Cretesi sono sempre bugiardi, male bestie, ventri pigri«. Questa testimonianza è vera, per questo motivo riprendili severamente, affinché siano sani nella fede, senza attenersi a favole giudaiche né a comandamenti di uomini che rifiutano la verità. Certo, tutto è puro per i puri, ma niente è puro per i contaminati e gli increduli; anzi, sia la loro mente che la loro coscienza sono contaminate. Essi fanno professione di conoscere Dio, ma lo rinnegano con le opere, essendo abominevoli, disubbidienti, e incapaci di ogni opera buona. Ma tu parla di cose che siano conformi alla sana dottrina: gli uomini anziani siano sobri, dignitosi, padroni di sé, sani nella fede, nell’amore, nella pazienza. Parimenti le donne anziane abbiano un comportamento conveniente a persone sante, non siano calunniatrici, non schiave di molto vino, ma maestre nel bene per insegnare alle giovani ad amare i loro mariti, ad amare i loro figli, a essere assennate, caste, dedite ai lavori di casa, buone, sottomesse ai propri mariti, affinché la parola di Dio non sia bestemmiata. Esorta similmente i giovani ad essere moderati, presentando in ogni cosa te stesso come esempio di buone opere, mostrando nell’insegnamento integrità, dignità, incorruttibilità, un parlare sano ed irreprensibile, affinché l’oppositore sia svergognato, non avendo nulla di male da dire a vostro riguardo. I servi siano sottomessi ai propri padroni, cercando di compiacerli in ogni cosa, di non contraddirli, di non frodarli, ma di mostrare una totale fedeltà, affinché in ogni cosa onorino l’insegnamento di Dio, nostro Salvatore. Infatti la grazia salvifica di Dio è apparsa a tutti gli uomini, e ci insegna a rinunziare all’empietà e alle mondane concupiscenze, perché viviamo nella presente età saggiamente, giustamente e piamente, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del grande Dio e Salvatore nostro, Gesú Cristo, il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e purificare per sé un popolo speciale, zelante nelle buone opere. Insegna queste cose, esorta e riprendi con ogni autorità. Nessuno ti disprezzi, Ricorda loro di essere sottomessi ai magistrati e alle autorità, di essere ubbidienti, pronti ad ogni opera buona, di non dire male di alcuno, di essere pacifici e miti, mostrando grande gentilezza verso tutti gli uomini, Anche noi infatti un tempo eravamo insensati, ribelli, erranti, schiavi di varie concupiscenze e voluttà, vivendo nella cattiveria e nell’invidia, odiosi e odiandoci gli uni gli altri. Ma quando apparvero la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore verso gli uomini egli ci ha salvati non per mezzo di opere giuste che noi avessimo fatto, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo, che egli ha copiosamente sparso su di noi, per mezzo di Gesú Cristo, nostro Salvatore, affinché, giustificati per la sua grazia, fossimo fatti eredi della vita eterna, secondo la speranza che abbiamo. Sicura è questa parola, e voglio che tu affermi con forza queste cose, affinché quelli che hanno creduto in Dio abbiano cura di applicarsi a opere buone. Queste sono le cose buone e utili agli uomini. Ma evita le discussioni stolte, le genealogie, le contese e le dispute intorno alla legge, perché sono inutili e vane. Evita l’uomo settario, dopo una prima e una seconda ammonizione, sapendo che un tale è pervertito e pecca, condannandosi da se stesso. Quando ti avrò mandato Artema o Tichico, fa’ di tutto per venire da me a Nicopoli, perché ho deciso di passare l’inverno lì. Provvedi con cura al viaggio di Zena, il giurista della legge, e di Apollo, affinché non manchi loro nulla. Or imparino anche i nostri a dedicarsi a buone opere per i bisogni urgenti, affinché non siano senza frutto. Tutti quelli che sono con me ti salutano. Saluta quelli che ci amano in fede. La grazia sia con tutti voi. Amen.
Paolo, prigioniero di Gesú Cristo e il fratello Timoteo, a Filemone, il nostro amato fratello e compagno d’opera, alla cara Apfia, ad Archippo, nostro compagno d’armi, e alla chiesa che è in casa tua: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesú Cristo. lo rendo grazie al mio a Dio, ricordandomi sempre di te nelle mie preghiere, sentendo parlare del tuo amore e della fede che hai verso il Signore Gesú e verso tutti i santi, affinché la comunione della tua fede sia efficace, nel riconoscimento di tutto il bene che è in voi, a motivo di Cristo Gesú. Noi infatti abbiamo provato una grande gioia e consolazione a motivo del tuo amore, poiché per mezzo tuo, fratello, i cuori dei santi sono stati ricreati. Perciò, benché io abbia molta libertà in Cristo di comandarti ciò che è opportuno fare, preferisco pregarti per amore, cosí come io sono, Paolo, vecchio ed ora anche prigioniero di Gesú Cristo; ti prego per il mio figlio Onesimo che ho generato nelle mie catene, il quale un tempo ti è stato inutile ma che ora è utile a te e a me. Te l’ho rimandato; or tu accoglilo, come se ricevessi il mio stesso cuore. Avrei voluto trattenerlo presso di me, perché mi servisse al tuo posto nelle catene che porto a motivo dell’evangelo; ma non ho voluto far nulla senza il tuo parere, affinché il bene che farai non venga da costrizione, ma da spontanea volontà. Infatti, forse per questo motivo egli è stato separato da te per breve tempo, perché tu lo riavessi per sempre, non piú però come schiavo, ma molto piú che schiavo, come un fratello a me carissimo, ma ora molto piú a te, tanto nella carne che nel Signore. Se dunque mi ritieni come socio, accoglilo come me stesso. E se ti ha fatto qualche torto, o ti deve qualcosa, addebitalo a me. Io, Paolo, ho scritto questo di mia propria mano. Pagherò io stesso; per non dirti che mi sei debitore perfino di te stesso. Sí, fratello, possa io avere questo favore nel Signore; ricrea il mio cuore nel Signore. Ti ho scritto fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che tu farai anche piú di ciò che dico. Nel medesimo tempo preparami anche un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi ridato. Epafra, prigioniero con me in Cristo Gesú, Marco, Aristarco, Dema e Luca miei compagni d’opera, ti salutano. La grazia del Signor nostro Gesú Cristo sia con il vostro spirito. Amen.
Dio, dopo aver anticamente parlato molte volte e in svariati modi ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo di suo Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, per mezzo del quale ha anche fatto l’universo. Egli, che è lo splendore della sua gloria e l’impronta della sua essenza e che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza, dopo aver egli stesso compiuto l’espiazione dei nostri peccati, si è posto a sedere alla destra della Maestà nell’alto dei cieli, ed è diventato tanto superiore agli angeli, quanto piú eccellente del loro è il nome che egli ha ereditato. Infatti, a quale degli angeli disse mai: »Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato«? E di nuovo: »Io gli sarò Padre, ed egli mi sarà Figlio«? E ancora, quando introduce il Primogenito nel mondo, dice: »E lo adorino tutti gli angeli di Dio«. Ma degli angeli dice: »Dei suoi angeli, fa dei venti, e dei suoi ministri una fiamma di fuoco«; del Figlio invece dice: »O Dio, il tuo trono è per i secoli dei secoli, lo scettro del tuo regno è scettro di giustizia. Hai amato la giustizia e odiato l’iniquità; perciò Dio, il tuo Dio, ti ha unto con olio di letizia al di sopra dei tuoi compagni«. E ancora: »Tu, o Signore, nel principio fondasti la terra e i cieli sono opera delle tue mani, Essi periranno, ma tu rimani; invecchieranno tutti come un vestito, e li avvolgerai come un mantello e saranno cambiati; ma tu sei lo stesso, e i tuoi anni non verranno mai meno«. E a quale degli angeli disse egli mai, »Siedi alla mia destra, finché io abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi«? Non sono essi tutti spiriti servitori, mandati a servire per il bene di coloro che hanno da ereditare la salvezza? Perciò bisogna che ci atteniamo maggiormente alle cose udite, che talora non finiamo fuori strada. Se infatti la parola pronunziata per mezzo degli angeli fu ferma e ogni trasgressione e disubbidienza ricevette una giusta retribuzione, come scamperemo noi, se trascuriamo una cosí grande salvezza? Questa, dopo essere stata inizialmente annunziata dal Signore, è stata confermata a noi da coloro che l’avevano udita, mentre Dio ne rendeva testimonianza con segni e prodigi, con diverse potenti operazioni e con doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà. Infatti non è agli angeli che egli ha sottoposto il mondo a venire, del quale parliamo, ma qualcuno ha testimoniato in un certo luogo, dicendo: »Che cosa è l’uomo, perché tu ti ricordi di lui, o il figlio dell’uomo perché lo consideri? Tu lo hai fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, tu lo hai coronato di gloria e di onore e lo hai costituito sopra le opere delle tue mani; tu gli hai posto tutte le cose sotto i piedi«. Infatti, nel sottoporgli tutte le cose non ha lasciato nulla che non gli fosse sottoposto. Tuttavia al presente non vediamo ancora che tutte le cose gli sono sottoposte, ma vediamo coronato di gloria e d’onore per la morte che sofferse, Gesú, che è stato fatto per un po’ di tempo inferiore agli angeli, affinché per la grazia di Dio gustasse la morte per tutti. Conveniva infatti a colui, per il quale e per mezzo del quale sono tutte le cose, nel portare molti figli alla gloria, di rendere perfetto per mezzo di sofferenze l’autore della salvezza. Infatti colui che santifica e quelli che sono santificati provengono tutti da uno per questo motivo egli non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo »Farò conoscere il tuo nome ai miei fratelli, io ti celebrerò in mezzo all’assemblea«. E di nuovo: »Io confiderò in lui«. E ancora: »Ecco me e i figli che Dio mi ha dato«. Poiché dunque i figli hanno in comune la carne e il sangue, similmente anch’egli ebbe in comune le stesse cose, per distruggere, mediante la sua morte colui che ha l’impero della morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che per timore della morte erano tenuti in schiavitú per tutta la loro vita. Infatti egli non si prende cura degli angeli, ma si prende cura della progenie di Abrahamo. Egli doveva perciò essere in ogni cosa reso simile ai fratelli, perché potesse essere un misericordioso e fedele sommo sacerdote nelle cose che riguardano Dio, per fare l’espiazione dei peccati del popolo. Infatti, poiché egli stesso ha sofferto quando è stato tentato, può venire in aiuto di coloro che sono tentati. Perciò, fratelli santi, che siete partecipi della celeste vocazione, considerate l’apostolo e il sommo sacerdote della nostra confessione di fede, Gesú Cristo, che è fedele a colui che lo ha costituito, come lo fu anche Mosé in tutta la sua casa. Infatti Gesú è stato ritenuto degno di una gloria tanto piú grande di quella di Mosé, quanto maggior gloria ha colui che ha fabbricato una casa della casa stessa. Ora ogni casa è costruita da qualcuno, ma colui che ha fatto tutte le cose è Dio E Mosé fu veramente fedele nella casa di Dio come servo, per testimoniare delle cose che dovevano essere dette, ma Cristo, come Figlio, lo è sopra la propria casa e la sua casa siamo noi, se riteniamo ferma fino alla fine la franchezza e il vanto della speranza. Perciò, come dice lo Spirito Santo: »Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nella provocazione, nel giorno della tentazione nel deserto, dove i vostri padri mi tentarono mettendomi alla prova, pur avendo visto per quarant’anni le mie opere. Perciò mi sdegnai con quella generazione e dissi: Errano sempre col cuore e non hanno conosciuto le mie vie; cosí giurai nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo«. State attenti, fratelli, che talora non vi sia in alcuno di voi un malvagio cuore incredulo, che si allontani dal Dio vivente, ma esortatevi a vicenda ogni giorno, finché si dice: Oggi perché nessuno di voi sia indurito per l’inganno del peccato. Noi infatti siamo divenuti partecipi di Cristo, a condizione che riteniamo ferma fino alla fine la fiducia che avevamo al principio, mentre ci è detto: »Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori come nella provocazione«. Chi furono infatti quelli che, avendola udita, lo provocarono? Non furono tutti quelli che erano usciti dall’Egitto per mezzo di Mosé? Ora chi furono coloro coi quali si sdegnò per quarant’anni? Non furono coloro che peccarono, i cui cadaveri caddero nel deserto? E a chi giurò che non sarebbero entrati nel suo riposo, se non a quelli che furono disubbidienti? Or noi vediamo che non vi poterono entrare per l’incredulità. Perciò, poiché rimane ancora una promessa di entrare nel suo riposo, abbiamo timore perché qualcuno di voi non ne resti escluso. Infatti a noi come pure a loro è stata annunziata la buona novella, ma la parola della predicazione non giovò loro nulla, non essendo stata congiunta alla fede in coloro che l’avevano udita. Noi infatti, che abbiamo creduto, entriamo nel riposo come egli disse: »Cosí giurai nella mia ira: Non entreranno nel mio riposo«. E cosí disse, sebbene le sue opere fossero terminate fin dalla fondazione del mondo. In qualche luogo infatti, a proposito del settimo giorno, egli disse cosí: »E Dio si riposò nel settimo giorno da tutte le sue opere«; e ancora in questo passo: »Non entreranno nel mio riposo«. Poiché dunque rimane per alcuni di entrarvi, mentre quelli a cui prima fu annunziata la buona novella non vi entrarono a motivo della loro incredulità, egli determina di nuovo un giorno: Oggi dicendo dopo tanto tempo, come è stato detto prima per mezzo di Davide: »Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori«. Perché, se Giosué avesse dato loro riposo, Dio non avrebbe in seguito parlato di un altro giorno. Resta dunque un riposo di sabato per il popolo di Dio. Chi infatti è entrato nel suo riposo, si è riposato anch’egli dalle proprie opere, come Dio dalle sue. Diamoci da fare dunque per entrare in quel riposo, affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza, La parola di Dio infatti è vivente ed efficace, piú affilata di qualunque spada a due tagli e penetra fino alla divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, ed è in grado di giudicare i pensieri e le intenzioni del cuore. E non vi è alcuna creatura nascosta davanti a lui, ma tutte le cose sono nude e scoperte agli occhi di colui al quale dobbiamo rendere conto. Avendo dunque un gran sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesú, il Figlio di Dio, riteniamo fermamente la nostra confessione di fede. Infatti, noi non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con le nostre infermità, ma uno che è stato tentato in ogni cosa come noi, senza però commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per ricevere aiuto al tempo opportuno. Infatti ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, è costituito per gli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati; cosí egli può usare compassione verso gli ignoranti e gli erranti, poiché è circondato anch’egli di debolezza, e a motivo di questa è obbligato ad offrire sacrifici per i peccati, tanto per se stesso che per il popolo. E nessuno si prende da se stesso questo onore, ma lo riceve colui che è chiamato da Dio, come Aaronne. Cosí anche Cristo non si prese da sé la gloria di diventare sommo sacerdote, ma la ricevette da colui che gli disse: »Tu sei mio Figlio, oggi io ti ho generato«, e altrove dice: »Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek« Nei giorni della sua carne, con grandi grida e lacrime, egli offrí preghiere e supplicazioni a colui che lo poteva salvare dalla morte, e fu esaudito a motivo del suo timore di Dio. Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrí, e, reso perfetto, divenne autore di salvezza eterna per tutti coloro che gli ubbidiscono, essendo da Dio proclamato sommo sacerdote, secondo l’ordine di Melchisedek, nei riguardi del quale avremmo molte cose da dire, ma difficili da spiegare, perché voi siete diventati lenti a capire. Infatti, mentre a quest’ora dovreste essere maestri, avete di nuovo bisogno che vi s’insegnino i primi elementi degli oracoli di Dio, e siete giunti al punto di aver bisogno di latte e non di cibo solido. Chiunque infatti usa il latte non ha esperienza della parola di giustizia, perché è ancora un bambino; il cibo solido invece è per gli adulti, che per l’esperienza hanno le facoltà esercitate a discernere il bene dal male. Perciò, lasciando l’insegnamento elementare su Cristo, tendiamo alla perfezione, senza porre di nuovo il fondamento del ravvedimento dalle opere morte e della fede in Dio, della dottrina dei battesimi, dell’imposizione delle mani, della risurrezione dei morti e del giudizio eterno; e ciò faremo, se Dio lo permette. Quelli infatti che sono stati una volta illuminati, hanno gustato il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire se cadono, è impossibile riportarli un’altra volta al ravvedimento, poiché per conto loro crocifiggono nuovamente il Figlio di Dio e lo espongono a infamia. Infatti la terra, che beve la pioggia che spesso cade su di essa e produce erbe utili per quelli che la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce spine e triboli, è riprovata e vicina ad essere maledetta, e finirà per essere arsa. Ora, carissimi, anche se parliamo cosí, riguardo a voi siamo convinti di cose migliori e che riguardano la salvezza; Dio infatti non è ingiusto da dimenticare l’opera vostra e la fatica d’amore che avete mostrato per il suo nome, con i servizi che avete reso e rendete tuttora ai santi. E desideriamo che ciascuno di voi mostri fino alla fine il medesimo zelo per giungere alla piena certezza della speranza, affinché non diventiate pigri, ma siate imitatori di coloro che mediante fede e pazienza ereditano le promesse. Quando Dio infatti fece la promessa ad Abrahamo, siccome non poteva giurare per nessuno maggiore, giurò per se stesso, dicendo »Certo, ti benedirò e ti moltiplicherò grandemente«. E cosí, Abrahamo, avendo aspettato con pazienza, ottenne la promessa. Gli uomini infatti ben giurano per uno maggiore, e cosí per loro il giuramento è la garanzia che pone termine ad ogni contestazione. Cosí Dio, volendo dimostrare agli eredi della promessa piú chiaramente l’immutabilità del suo consiglio, intervenne con un giuramento affinché per mezzo di due cose immutabili, nelle quali è impossibile che Dio abbia mentito, avessimo un grande incoraggiamento noi, che abbiamo cercato rifugio nell’afferrare saldamente la speranza che ci è stata messa davanti. Questa speranza che noi abbiamo è come un’ancora sicura e ferma della nostra vita, e che penetra fin nell’interno del velo. dove Gesú è entrato come precursore per noi essendo divenuto sommo sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedek. Infatti questo Melchisedek, re di Salem e sacerdote del Dio Altissimo andò incontro ad Abrahamo, mentre ritornava dalla sconfitta dei re e lo benedisse; a lui Abrahamo diede anche la decima di ogni cosa. Il suo nome significa innanzitutto »re di giustizia« e poi anche »re di Salem« cioè »re di pace«. Senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, ma fatto simile al Figlio di Dio egli rimane sacerdote in eterno. Considerate pertanto quanto fosse grande costui, al quale il patriarca Abrahamo diede la decima del bottino. Ora quelli dei figli di Levi, che conseguono il sacerdozio, hanno per legge il mandato di riscuotere la decima dal popolo cioè dai loro fratelli, benché essi pure siano usciti dai lombi di Abrahamo; costui invece, Melchisedek, pur non derivando la sua discendenza da loro, ricevette la decima da Abrahamo e benedisse colui che aveva le promesse. Ora, senza alcuna contraddizione l’inferiore è benedetto dal superiore. Inoltre quelli che qui ricevono le decime sono uomini mortali, là invece le riceve colui di cui è testimoniato che vive. E per cosí dire, lo stesso Levi, che riceve le decime, fu sottoposto alla decima in Abrahamo; egli infatti si trovava ancora nei lombi del padre, quando Melchisedek gli andò incontro. Se dunque ci fosse stata la perfezione mediante il sacerdozio levitico (perché sotto quello fu data la legge al popolo), che bisogno c’era che sorgesse un altro sacerdote secondo l’ordine di Melchisedek, e non designato invece secondo l’ordine di Aaronne? Infatti, se viene cambiato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un cambiamento di legge. Ora colui del quale si dicono queste cose appartiene ad un’altra tribú, di cui nessuno ha mai servito all’altare; è noto infatti che il nostro Signore è uscito da Giuda, in riferimento a cui Mosé non disse nulla riguardo al sacerdozio. E la cosa è ancora piú evidente, se sorge un altro sacerdote a somiglianza di Melchisedek che non è diventato tale per una legge di prescrizioni carnali, ma per la potenza di una vita indissolubile. Infatti la Scrittura afferma: »Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek«. Si ha cosí l’annullamento del comandamento precedente, a motivo della sua debolezza e inutilità, la legge infatti non ha portato nulla a compimento, è l’introduzione di una migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Dio. Inoltre ciò non è avvenuto senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento, (ma costui con giuramento da parte di colui che gli ha detto: »Il Signore ha giurato e non si pentirà: Tu sei sacerdote in eterno, secondo l’ordine di Melchisedek«). Per questo Gesú è diventato garante di un patto molto migliore. Inoltre quelli erano fatti sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare, ma costui, perché dimora in eterno, ha un sacerdozio che non passa ad alcun altro, per cui egli può anche salvare appieno coloro che per mezzo suo si accostano a Dio, vivendo egli sempre per intercedere per loro. A noi infatti occorreva un tale sommo sacerdote, che fosse santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli, che non ha bisogno ogni giorno, come quei sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, quando offerse se stesso. La legge infatti costituisce come sommi sacerdoti uomini soggetti a debolezza, ma la parola del giuramento, che viene dopo la legge, costituisce il Figlio reso perfetto in eterno. Ora il punto essenziale delle cose che stiamo dicendo è questo: noi abbiamo un sommo sacerdote cosí grande, che si è posto a sedere alla destra del trono della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del vero tabernacolo, che ha eretto il Signore e non un uomo. Infatti ogni sommo sacerdote è costituito per offrire doni e sacrifici; per cui è necessario che anche costui abbia qualche cosa da offrire. Ora, se egli fosse sulla terra, non sarebbe neppure sacerdote, perché vi sono già i sacerdoti che offrono i doni secondo la legge i quali servono di esempio ed ombra delle cose celesti, come fu detto da Dio a Mosé, quando stava per costruire il tabernacolo: »Guarda«, egli disse, »di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte«. Ma ora Cristo ha ottenuto un ministero tanto piú eccellente in quanto egli è mediatore di un patto migliore, fondato su migliori promesse, perché, se quel primo patto fosse stato senza difetto, non sarebbe stato necessario stabilirne un altro. Dio infatti, rimproverandoli, dice: »Ecco, vengono i giorni che io concluderò con la casa d’Israele e con la casa di Giuda un nuovo patto, non come il patto che feci con i loro padri, nel giorno che li presi per mano per condurli fuori dal paese di Egitto, perché essi non sono rimasti fedeli al mio patto, ed io li ho rigettati, dice il Signore. Questo dunque sarà il patto che farò con la casa d’Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io porrò le mie leggi nella loro mente e le scriverò nei loro cuori; e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. E nessuno istruirà piú il suo prossimo e nessuno il proprio fratello, dicendo: Conosci il Signore! Poiché tutti mi conosceranno, dal piú piccolo al piú grande di loro, perché io avrò misericordia delle loro iniquità e non mi ricorderò piú dei loro peccati e dei loro misfatti«. Dicendo »un nuovo patto« egli ha reso antico il primo, or quello che diventa antico ed invecchia, è vicino ad essere annullato. Certamente anche il primo patto ebbe degli ordinamenti per il servizio divino e per il santuario terreno. Infatti fu costruito un primo tabernacolo in cui vi erano il candelabro la tavola e i pani della presentazione; esso è chiamato: »Il luogo santo«. Dietro il secondo velo c’era il tabernacolo, detto: »Il luogo santissimo«, che conteneva un turibolo d’oro e l’arca del patto tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovava un vaso d’oro contenente la manna, la verga di Aaronne che era germogliata e le tavole del patto. E sopra l’arca vi erano i cherubini della gloria che adombravano il propiziatorio; di queste cose non possiamo parlarne ora dettagliatamente. Or essendo queste cose disposte cosí, i sacerdoti entravano continuamente nel primo tabernacolo, per compiere il servizio divino; ma nel secondo entrava soltanto il sommo sacerdote una volta all’anno, non senza sangue, che egli offriva per se stesso, e per i peccati d’ignoranza del popolo. Lo Spirito Santo voleva cosí dimostrare che la via del santuario non era ancora resa manifesta, mentre sussisteva ancora il primo tabernacolo, il quale è una figura per il tempo presente, e voleva indicare che i doni e i sacrifici offerti non potevano rendere perfetto nella coscienza colui che faceva il servizio divino, trattandosi solo di cibi, di bevande, di varie abluzioni e di ordinamenti carnali, imposti fino al tempo del cambiamento. Ma Cristo, essendo venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso un tabernacolo piú grande e piú perfetto non fatto da mano d’uomo, cioè non di questa creazione, entrò una volta per sempre nel santuario, non con sangue di capri e di vitelli, ma col proprio sangue, avendo acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei tori e dei capri e la cenere di una giovenca aspersi sopra i contaminati li santifica, purificandoli nella carne, quanto piú il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offerse se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente! E perciò egli è il mediatore del nuovo patto affinché, essendo intervenuta la morte per il riscatto dalle trasgressioni commesse sotto il primo patto, i chiamati ricevano la promessa dell’eterna eredità. Poiché dove c’è un testamento, ci deve essere necessariamente anche la morte del testatore. Il testamento infatti è valido solo dopo la morte di qualcuno, perché non ha alcuna forza mentre vive ancora il testatore. Per questo neppure il primo fu inaugurato senza sangue. Infatti, quando tutti i comandamenti secondo la legge furono proclamati da Mosè a tutto il popolo, egli, preso il sangue dei vitelli e dei capri, con acqua, lana scarlatta e issopo, asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo »Questo è il sangue del patto che Dio ha ordinato per voi«. Parimenti con quel sangue egli asperse pure il tabernacolo e tutti gli arredi del servizio divino. E, secondo la legge, quasi tutte le cose sono purificate col sangue; e senza spargimento di sangue non c’è perdono dei peccati. Era dunque necessario che i modelli delle cose celesti fossero purificati con queste cose; ma le cose celesti stesse lo dovevano essere con sacrifici piú eccellenti di questi. Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura delle cose vere, ma nel cielo stesso per comparire ora davanti alla presenza di Dio per noi, e non per offrire se stesso piú volte, come il sommo sacerdote che entra ogni anno nel santuario con sangue, non suo. altrimenti egli avrebbe dovuto soffrire piú volte dalla fondazione del mondo; ma ora, una sola volta, alla fine delle età, Cristo è stato manifestato per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come è stabilito che gli uomini muoiano una sola volta, e dopo ciò viene il giudizio, cosí anche Cristo, dopo essere stato offerto una sola volta per prendere su di sé i peccati di molti, apparirà una seconda volta senza peccato a coloro che lo aspettano per la salvezza. La legge infatti, avendo solo l’ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non può mai rendere perfetti quelli che si accostano a Dio con gli stessi sacrifici che vengono offerti continuamente, anno dopo anno. Altrimenti si sarebbe cessato di offrirli, perché gli adoratori, una volta purificati, non avrebbero avuto piú alcuna coscienza dei peccati. In quei sacrifici invece si rinnova ogni anno il ricordo dei peccati, poiché è impossibile che il sangue di tori e di capri tolga i peccati. Perciò, entrando nel mondo, egli dice: »Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, ma mi hai preparato un corpo; tu non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora io ho detto: Ecco, io vengo nel rotolo del libro è scritto di me; io vengo per fare, o Dio, la tua volontà. Dopo aver detto: »Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrificio né offerta né olocausti né sacrifici per il peccato, che sono offerti secondo la legge«, egli aggiunge: »Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà«. Egli toglie il primo, per stabilire il secondo. Per mezzo di questa volontà, noi siamo santificati mediante l’offerta del corpo di Gesú Cristo, fatta una volta per sempre. E, mentre ogni sacerdote è in piedi ogni giorno ministrando e offrendo spesse volte i medesimi sacrifici, che non possono mai togliere i peccati, egli invece, dopo aver offerto per sempre un unico sacrificio per i peccati, si è posto a sedere alla destra di Dio, aspettando ormai soltanto che i suoi nemici siano posti come sgabello dei suoi piedi, Con un’unica offerta, infatti, egli ha reso perfetti per sempre coloro che sono santificati. E ce ne rende testimonianza anche lo Spirito Santo; infatti dopo aver detto: »Questo è il patto, che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore, io metterò le mie leggi nei loro cuori e le scriverò nelle loro menti«, aggiunge: »E non mi ricorderò piú dei loro peccati e delle loro iniquità«. Ora, dove c’è il perdono di queste cose, non c’è piú offerta per il peccato. Avendo dunque, fratelli, libertà di entrare nel santuario, in virtú del sangue di Gesú, che è la via recente e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne, e avendo un sommo sacerdote sopra la casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero, in piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi per purificarli da una cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Riteniamo ferma la confessione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha fatto le promesse. E consideriamo gli uni gli altri, per incitarci ad amore e a buone opere, non abbandonando il radunarsi assieme di noi come alcuni hanno l’abitudine di fare, ma esortandoci a vicenda, tanto piú che vedete approssimarsi il giorno. Infatti, se noi pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane piú alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una spaventosa attesa di giudizio e un ardore di fuoco che divorerà gli avversari. Chiunque trasgredisce la legge di Mosé muore senza misericordia sulla parola di due o tre testimoni. Quale peggiore castigo pensate voi merita colui che ha calpestato il Figlio di Dio e ha considerato profano il sangue del patto col quale è stato santificato, e ha oltraggiato lo Spirito della grazia? Noi infatti conosciamo colui che ha detto: »A me appartiene la vendetta, io darò la retribuzione«, dice il Signore. E altrove: »Il Signore giudicherà il suo popolo«. E’ cosa spaventevole cadere nelle mani del Dio vivente. Ora ricordatevi dei giorni passati nei quali, dopo essere stati illuminati, avete sostenuto una grande lotta di sofferenza, talvolta esposti a oltraggi e tribolazioni, altre volte facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo. Infatti avete anche sofferto con me nelle mie catene e avete accettato con gioia di essere spogliati dei vostri beni, sapendo di avere per voi dei beni migliori e permanenti nei cieli. Non gettate via dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa. Avete infatti bisogno di perseveranza affinché, fatta la volontà di Dio otteniate ciò che vi è stato promesso. »Ancora un brevissimo tempo, e colui che deve venire verrà e non tarderà. E il giusto vivrà per fede, ma se si tira indietro l’anima mia non lo gradisce«. Ma noi non siamo di quelli che si tirano indietro a loro perdizione, ma di quelli che credono per la salvezza dell’anima. Or la fede è certezza di cose che si sperano, dimostrazione di cose che non si vedono; infatti per mezzo di essa gli antichi ricevettero testimonianza. Per fede intendiamo che l’universo è stato formato per mezzo della parola di Dio, sí che le cose che si vedono non vennero all’esistenza da cose apparenti. Per fede Abele offrí a Dio un sacrificio piú eccellente di quello di Caino; per essa egli ricevette la testimonianza che era giusto, quando Dio attestò di gradire le sue offerte; e per mezzo di essa benché morto, egli parla ancora. Per fede Enok fu trasferito in cielo perché non vedesse la morte, e non fu piú trovato perché Dio lo aveva trasferito; prima infatti di essere portato via, egli ricevette la testimonianza che era piaciuto a Dio. Ora senza fede è impossibile piacergli, perché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che egli è il rimuneratore di quelli che lo cercano. Per fede Noè, avvertito divinamente di cose che ancora non si vedevano e mosso da santo timore, preparò per la salvezza della sua famiglia l’arca, mediante la quale condannò il mondo e divenne erede della giustizia che si ottiene mediante la fede. Per fede Abrahamo, quando fu chiamato, ubbidí per andarsene verso il luogo che doveva ricevere in eredità; e partí non sapendo dove andava. Per fede Abrahamo dimorò nella terra promessa, come in paese straniero, abitando in tende con Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha i fondamenti, il cui architetto e costruttore è Dio. Per fede anche Sara stessa, benché avesse oltrepassato l’età, ricevette forza per concepire il seme e partorì perché ritenne fedele colui che aveva fatto la promessa. Perciò da un sol uomo, e questi come fosse morto, sono nati discendenti numerosi come le stelle del cielo e come la sabbia lungo la riva del mare, che non si può contare. Tutti costoro sono morti nella fede, senza aver ricevuto le cose promesse ma, vedutele da lontano, essi ne furono persuasi e le accolsero con gioia, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla terra. Coloro infatti che dicono tali cose dimostrano che cercano una patria. E se avessero veramente avuto in mente quella da cui erano usciti, avrebbero avuto il tempo per ritornarvi. Ma ora ne desiderano una migliore, cioè quella celeste; perciò Dio non si vergogna di essere chiamato il loro Dio, perché ha preparato loro una città. Per fede Abrahamo, messo alla prova, offrí Isacco e colui che aveva ricevuto le promesse offrí il suo unigenito anche se Dio gli aveva detto »In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome«, perché Abrahamo riteneva che Dio era potente da risuscitarlo anche dai morti; per cui lo riebbe come per una specie di risurrezione. Per fede Isacco benedisse Giacobbe ed Esaù, riguardo a cose future. Per fede Giacobbe, morente, benedisse ciascuno dei figli di Giuseppe e adorò, appoggiato alla sommità del suo bastone. Per fede Giuseppe, quando stava per morire, fece menzione dell’esodo dei figli d’Israele e diede ordini riguardo alle sue ossa. Per fede Mosé, quando nacque, fu nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché essi videro che il bambino era bello e non temettero l’ordine del re. Per fede Mosé, divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone scegliendo piuttosto di essere maltrattato col popolo di Dio che di godere per breve tempo i piaceri del peccato, stimando il vituperio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori di Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa. Per fede lasciò l’Egitto senza temere l’ira del re, perché rimase fermo come se vedesse colui che è invisibile. Per fede celebrò la Pasqua e fece l’aspersione del sangue, affinché colui che distruggeva i primogeniti non toccasse quelli d’Israele. Per fede passarono il Mar Rosso come se attraversassero una terra asciutta, quando invece gli Egiziani tentarono di fare ciò, furono inghiottiti. Per fede caddero le mura di Gerico, dopo che vi avevano girato attorno per sette giorni. Per fede Rahab, la prostituta, non perí con gli increduli, perché aveva accolto in pace le spie. E che dirò di piú? Infatti mi mancherebbe il tempo se volessi raccontare di Gedeone, di Barak, di Sansone, di Iefte, di Davide, di Samuele e dei profeti, i quali per fede vinsero regni, praticarono la giustizia, conseguirono le promesse, turarono le gole dei leoni, spensero la forza del fuoco, scamparono al taglio della spada, trassero forza dalla debolezza, divennero forti in guerra, misero in fuga gli eserciti stranieri. Le donne riebbero per risurrezione i loro morti altri invece furono distesi sulla ruota e martoriati, non accettando la liberazione, per ottenere una migliore risurrezione. Altri ancora subirono scherni e flagelli, e anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, tentati, morirono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, afflitti, maltrattati (il mondo non era degno di loro), erranti per deserti e monti, in spelonche e grotte della terra. Eppure tutti costoro, pur avendo avuto buona testimonianza mediante la fede, non ottennero la promessa, perché Dio aveva provveduto per noi qualcosa di meglio, affinché essi non giungessero alla perfezione senza di noi. Anche noi dunque, essendo circondati da un cosí gran numero di testimoni, deposto ogni peso e il peccato che ci sta sempre attorno allettandoci, corriamo con perseveranza la gara che ci è posta davanti, tenendo gli occhi su Gesú, autore e compitore della nostra fede, il quale, per la gioia che gli era posta davanti, soffrí la croce disprezzando il vituperio e si è posto a sedere alla destra del trono di Dio. Ora considerate colui che sopportò una tale opposizione contro di sé da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate e veniate meno. Voi non avete ancora resistito fino al sangue, combattendo contro il peccato, e avete dimenticato l’esortazione che si rivolge a voi come a figli: »Figlio mio, non disprezzare la correzione del Signore e non perderti d’animo quando sei da lui ripreso, perché il Signore corregge chi ama e flagella ogni figlio che gradisce«. Se voi sostenete la correzione, Dio vi tratta come figli; qual è infatti il figlio che il padre non corregga? Ma se rimanete senza correzione, di cui tutti hanno avuta la parte loro, allora siete dei bastardi e non dei figli. Inoltre ben abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo molto di piú ora al Padre degli spiriti, per vivere? Costoro infatti ci corressero per pochi giorni, come sembrava loro bene, ma egli ci corregge per il nostro bene affinché siamo partecipi della sua santità. Ogni correzione infatti, sul momento, non sembra essere motivo di gioia ma di tristezza; dopo però rende un pacifico frutto di giustizia a quelli che sono stati esercitati per mezzo suo. Perciò rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia vacillanti, e fate dei sentieri diritti per i vostri piedi, affinché l’arto zoppo non divenga slogato, ma sia piuttosto risanato. Procacciate la pace con tutti e la santificazione, senza la quale nessuno vedrà il Signore, badando bene che nessuno rimanga privo della grazia di Dio e che non spunti alcuna radice di amarezza, che vi dia molestia e attraverso la quale molti vengano contaminati; e non vi sia alcun fornicatore o profano, come Esaù, che per una vivanda vendette il suo diritto di primogenitura. Voi infatti sapete che in seguito, quando egli volle ereditare la benedizione, fu respinto, benché la richiedesse con lacrime, perché non trovò luogo a pentimento. Voi infatti non vi siete accostati al monte che si poteva toccare con la mano e che ardeva col fuoco, né alla caligine, né alle tenebre, né alla tempesta, né allo squillo di tromba, né al suono di parole, che quelli che l’udirono richiesero che non fosse piú rivolta loro alcuna parola, perché non potevano sopportare il comando dato: »Quand’anche una bestia tocca il monte, sia lapidata o uccisa con frecce«; e tanto spaventevole era ciò che si vedeva che Mosè disse: »Io sono tutto spaventato e tremante«. Ma voi vi siete accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, che è la Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’assemblea universale e alla chiesa dei primogeniti che sono scritti nei cieli, a Dio, il giudice di tutti, agli spiriti dei giusti resi perfetti, e a Gesú, il mediatore del nuovo patto, e al sangue dell’aspersione, che dice cose migliori di quello di Abele. Guardate di non rifiutare colui che parla, perché se non scamparono quelli che rifiutarono di ascoltare colui che promulgava gli oracoli sulla terra, quanto meno scamperemo noi, se rifiutiamo di ascoltare colui che parla dal cielo, la cui voce scosse allora la terra, ma che ora ha fatto questa promessa, dicendo: »Ancora una volta io scuoterò non solo la terra, ma anche il cielo«. Or questo »ancora una volta« sta ad indicare la rimozione delle cose scosse come di cose che sono fatte, affinché rimangano quelle che non sono scosse. Perciò, ricevendo il regno che non può essere scosso, mostriamo gratitudine, mediante la quale serviamo Dio in modo accettevole, con riverenza e timore, perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante. Continuate nell’amore fraterno. Non dimenticate l’ospitalità, perché alcuni, praticandola, hanno ospitato senza saperlo degli angeli. Ricordatevi dei carcerati come se foste loro compagni e di quelli che sono maltrattati, sapendo che anche voi siete nel corpo. Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti e il letto coniugale sia incontaminato, poiché Dio giudicherà i fornicatori e gli adulteri. Nel vostro comportamento non siate amanti del denaro e accontentatevi di quello che avete, perché Dio stesso ha detto: »Io non ti lascerò e non ti abbandonerò«. Cosí possiamo dire con fiducia: »Il Signore è il mio aiuto, e io non temerò. Che cosa mi potrà fare l’uomo?«. Ricordatevi dei vostri conduttori, che vi hanno annunziato la parola di Dio e, considerando il risultato della loro condotta, imitate la loro fede. Gesú Cristo è lo stesso ieri, oggi e in eterno. Non lasciatevi trasportare qua e là da varie e strane dottrine, perché è bene che il cuore sia reso saldo dalla grazia e non da cibi, da cui non ebbero alcun giovamento quelli che ne fecero uso. Noi abbiamo un altare del quale non hanno diritto di mangiare quelli che servono al tabernacolo. Infatti i corpi degli animali, il cui sangue è portato dal sommo sacerdote nel santuario per il peccato, sono bruciati fuori del campo, Perciò anche Gesú, per santificare il popolo con il proprio sangue, ha sofferto fuori della porta. Usciamo dunque fuori del campo e andiamo a lui portando il suo vituperio. Infatti non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura. Per mezzo di lui dunque, offriamo del continuo a Dio un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. E non dimenticate la beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri, perché Dio si compiace di tali sacrifici. Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano sulle anime vostre, come chi ha da renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando, perché ciò non vi sarebbe di alcun vantaggio. Pregate per noi, perché crediamo di avere una buona coscienza, desiderando di comportarci rettamente in ogni cosa. Ma vi esorto ancor di piú a fare questo, affinché io vi sia restituito al piú presto. Ora il Dio della pace, che in virtú del sangue del patto eterno ha fatto risalire dai morti il Signor nostro Gesú Cristo, il grande Pastore delle pecore, vi perfezioni in ogni buona opera, per fare la sua volontà, operando in voi ciò che è gradito davanti a lui per mezzo di Gesú Cristo, al quale sia la gloria nei secoli dei secoli. Amen. Ora vi prego, fratelli, ritenete questa parola di esortazione, perché vi ho scritto brevemente. Sappiate che il fratello Timoteo è stato liberato; se viene presto, vi vedrò con lui. Salutate tutti i vostri conduttori e tutti i santi. Quelli d’Italia vi salutano. La grazia sia con tutti voi. Amen.
Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesú Cristo, alle dodici tribú che sono disperse nel mondo: salute. Considerate una grande gioia, fratelli miei, quando vi trovate di fronte a prove di vario genere, sapendo che la prova della vostra fede produce costanza. E la costanza compia in voi un’opera perfetta, affinché siate perfetti e completi, in nulla mancanti. Ma se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio che dona a tutti liberamente senza rimproverare, e gli sarà data. Ma la chieda con fede senza dubitare, perché chi dubita è simile all’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Non pensi infatti un tal uomo di ricevere qualcosa dal Signore, perché è un uomo dal cuore doppio instabile in tutte le sue vie. Or il fratello di umili condizioni si glori della sua elevazione, e il ricco del suo abbassamento, perché passerà come un fiore di erba. Infatti, come si leva il sole col suo calore ardente e fa seccare l’erba, e il suo fiore cade e la bellezza del suo aspetto perisce, cosí anche il ricco appassirà nelle sue imprese. Beato l’uomo che persevera nella prova, perché, uscendone approvato, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a coloro che l’amano. Nessuno, quando è tentato dica: »Io sono tentato da Dio«, perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno. Ciascuno invece è tentato quando è trascinato e adescato dalla propria concupiscenza. Poi quando la concupiscenza ha concepito, partorisce il peccato e il peccato, quando è consumato, genera la morte. Non lasciatevi ingannare, fratelli miei carissimi; ogni buona donazione e ogni dono perfetto vengono dall’alto e discendono dal Padre dei lumi, presso il quale non vi è mutamento né ombra di rivolgimento. Egli ci ha generati di sua volontà mediante la parola di verità, affinché siamo in certo modo le primizie delle sue creature. Perciò, fratelli miei carissimi, sia ogni uomo pronto ad ascoltare, lento a parlare e lento all’ira, perché l’ira dell’uomo non promuove la giustizia di Dio. Perciò, deposta a ogni lordura e residuo di malizia, ricevete con mansuetudine la parola piantata in voi, la quale può salvare le anime vostre. E siate facitori della parola e non uditori soltanto, ingannando voi stessi. Poiché, se uno è uditore della parola e non facitore, è simile a un uomo che osserva la sua faccia naturale in uno specchio; egli osserva se stesso e poi se ne va, dimenticando subito com’era. Ma chi esamina attentamente la legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera in essa, non essendo un uditore dimentichevole ma un facitore dell’opera, costui sarà beato nel suo operare. Se qualcuno fra voi pensa di essere religioso, ma non tiene a freno la sua lingua, certamente egli inganna il suo cuore, la religione di quel tale è vana. La religione pura e senza macchia davanti a Dio e Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puro dal mondo. Fratelli miei, non associate favoritismi personali alla fede del nostro Signore Gesú Cristo, il Signore della gloria. Se nella vostra assemblea, infatti, entra un uomo con un anello d’oro, vestito splendidamente, ed entra anche un povero con un vestito sporco, e voi avete un particolare riguardo a colui che porta la veste splendida e gli dite: »Tu siediti qui in un bel posto«, e al povero dite: »Tu stattene là in piedi«, oppure: »Siediti qui vicino al mio sgabello«, non avete fatto una discriminazione fra voi stessi, divenendo cosí giudici dai ragionamenti malvagi? Ascoltate, fratelli miei carissimi, non ha Dio scelto i poveri del mondo, perché siano ricchi in fede ed eredi del regno che egli ha promesso a coloro che lo amano? Ma voi avete disonorato il povero! Non sono forse i ricchi quelli che vi tiranneggiano? Non sono essi quelli che vi trascinano davanti ai tribunali? Non sono essi quelli che bestemmiano il glorioso nome che è stato invocato su di voi? Se veramente adempite la legge regale secondo la Scrittura: »Ama il tuo prossimo come te stesso«, fate bene; ma se usate favoritismi personali, commettete peccato e siete condannati dalla legge come trasgressori. Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma viene meno in un sol punto, è colpevole su tutti i punti. Difatti, colui che ha detto: »Non commettere adulterio«, ha anche detto: »Non uccidere«. Per cui se tu non commetti adulterio ma uccidi, sei trasgressore della legge. Parlate quindi e agite come se doveste essere giudicati dalla legge della libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non ha usato misericordia; e la misericordia trionfa sul giudizio. A che giova, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? Or, se un fratello o una sorella sono nudi e mancano del cibo quotidiano, e qualcuno di voi dice loro: »Andatevene in pace, scaldatevi e saziatevi«, ma non date loro le cose di cui hanno bisogno per il corpo, a che giova? Cosí è pure della fede; se non ha le opere, per se stessa è morta. Ma qualcuno dirà: »Tu hai la fede, e io ho le opere«; mostrami la tua fede senza le tue opere e io ti mostrerò la mia fede con le mie opere. Tu credi che c’è un solo Dio. Fai bene; anche i demoni credono e tremano. Ma vuoi renderti conto, o insensato, che la fede senza le opere è morta? Abrahamo, nostro padre, non fu forse giustificato per mezzo delle opere quando offrí il proprio figlio Isacco sull’altare? Tu vedi che la fede operava insieme alle opere di lui, e che per mezzo delle opere la fede fu resa perfetta. Cosí si adempí la Scrittura, che dice: »Or Abrahamo credette a Dio, e ciò gli fu imputato a giustizia«; e fu chiamato amico di Dio. Perciò vedete che l’uomo è giustificato per le opere e non per fede soltanto. Similmente anche Rahab, la prostituta, non fu essa giustificata per le opere quando accolse i messi e li rimandò per un’altra strada? Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, cosí anche la fede senza le opere è morta. Fratelli miei, non siate in molti a far da maestri, sapendo che ne riceveremo un piú severo giudizio, poiché tutti manchiamo in molte cose. Se uno non sbaglia nel parlare, è un uomo perfetto, ed è pure capace di tenere a freno tutto il corpo. Ecco noi mettiamo il freno nella bocca dei cavalli, perché ci ubbidiscano, e cosí possiamo guidare tutto il loro corpo. Ecco, anche le navi, benché siano tanto grandi e siano spinte da forti venti, sono guidate da un piccolissimo timone dovunque vuole il timoniere. Cosí anche la lingua è un piccolo membro, ma si vanta di grandi cose. Considerate come un piccolo fuoco incendi una grande foresta! Anche la lingua è un fuoco, è il mondo dell’iniquità. Posta com’è fra le nostre membra, la lingua contamina tutto il corpo, infiamma il corso della vita ed è infiammata dalla Geenna. Infatti ogni sorta di bestie, di uccelli, di rettili e di animali marini può essere domata, ed è stata domata dalla razza umana, ma la lingua nessun uomo la può domare; è un male che non si può frenare, è piena di veleno mortifero. Con essa benediciamo Dio e Padre, e con essa malediciamo gli uomini che sono fatti a somiglianza di Dio. Dalla stessa bocca esce benedizione e maledizione. Fratelli miei, le cose non devono andare cosí. La fonte emette forse dalla stessa apertura il dolce e l’amaro? Può fratelli miei un fico produrre olive, o una vite fichi? Cosí nessuna fonte può dare acqua salata e acqua dolce. Chi è savio e intelligente fra voi? Mostri con la buona condotta le sue opere fatte con mansuetudine di sapienza. Ma se nel vostro cuore avete amara gelosia e spirito di contesa, non vantatevi e non mentite contro la verità. Questa non è la sapienza che discende dall’alto, ma è terrena, animale e diabolica. Dove infatti c’è invidia e contesa, lí c’è turbamento ed ogni sorta di opere malvagie. Ma la sapienza che viene dall’alto prima di tutto è pura, poi pacifica, mite, docile, piena di misericordia e di frutti buoni, senza parzialità e senza ipocrisia. Or il frutto della giustizia si semina nella pace per quelli che si adoperano alla pace. Da dove vengono le guerre e le contese fra voi? Non provengono forse dalle passioni che guerreggiano nelle vostre membra? Voi desiderate e non avete, voi uccidete e portate invidia, e non riuscite ad ottenere; voi litigate e combattete, e non avete, perché non domandate. Voi domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. Adulteri e adultere, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia contro Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. Pensate che la Scrittura dica invano: »Lo Spirito che abita in noi ci brama fino alla gelosia«? Ma egli dà una grazia ancor piú grande; perciò dice: »Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili« Sottomettetevi dunque a Dio, resistete al diavolo ed egli fuggirà da voi. Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi; nettate le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o voi dal cuore doppio! Affliggetevi, fate cordoglio e piangete; il vostro riso si cambi in duolo e la vostra gioia in tristezza. Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà. Non parlate gli uni contro gli altri, fratelli; chi parla contro il fratello e giudica il proprio fratello, parla contro la legge e giudica la legge; ora se giudichi la legge, tu non sei un esecutore della legge, ma un giudice. C’è un solo Legislatore, che può salvare e mandare in perdizione, ma tu chi sei, che giudichi un altro? E ora a voi che dite: »Oggi o domani andremo nella tale città, e vi dimoreremo un anno, commerceremo e guadagneremo«, mentre non sapete ciò che accadrà l’indomani. Cos’è infatti la vostra vita? In verità essa è un vapore che appare per un po’ di tempo, e poi svanisce. Dovreste invece dire: »Se piace al Signore e se saremo in vita, noi faremo questo o quello«. Voi invece vi vantate nella vostra arroganza; ogni vanto di questo genere è cattivo. Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato. E ora a voi ricchi: piangete e urlate per le sciagure che stanno per cadervi addosso. Le vostre ricchezze sono marcite e i vostri vestiti sono rosi dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono arrugginiti, e la loro ruggine sarà una testimonianza contro di voi e divorerà le vostre carni come un fuoco; avete accumulato tesori negli ultimi giorni. Ecco, il salario da voi defraudato agli operai che hanno mietuto i vostri campi grida, e le grida di coloro che hanno mietuto sono giunte agli orecchi del Signore degli eserciti. Sulla terra siete vissuti nelle delizie e morbidezze, avete pasciuto i vostri cuori come per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto, che non vi oppone resistenza. Or dunque, fratelli, siate pazienti fino alla venuta del Signore; guardate come l’agricoltore aspetta il prezioso frutto della terra con pazienza, finché abbia ricevuto la pioggia della prima e dell’ultima stagione, Siate pazienti anche voi; rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina. Non lamentatevi gli uni degli altri, fratelli, affinché non siate giudicati; ecco, il giudice è alle porte. Fratelli miei, prendete come modello di sofferenza e di pazienza i profeti, che hanno parlato nel nome del Signore. Ecco, noi proclamiamo beati coloro che hanno perseverato; avete udito parlare della pazienza di Giobbe, e avete visto la sorte finale che il Signore gli riserbò, poiché il Signore è pieno di misericordia e di compassione. Ora prima di tutto, fratelli miei, non giurate né per il cielo né per la terra né fate alcun altro giuramento; ma sia il vostro »sí«, »sí« e il »no«, »no«, per non cadere sotto il giudizio. C’è qualcuno di voi sofferente? Preghi. C’è qualcuno d’animo lieto? Canti inni di lode. Qualcuno di voi è infermo? Chiami gli anziani, della chiesa, ed essi preghino su di lui, ungendolo di olio nel nome del Signore, e la preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo risanerà, e se ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati. Confessate i vostri falli gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri, affinché siate guariti; molto può la preghiera del giusto, fatta con efficacia. Elia era un uomo sottoposto alle stesse nostre passioni, eppure pregò intensamente che non piovesse, e non piovve sulla terra per tre anni e sei mesi. Poi pregò di nuovo, e il cielo diede la pioggia e la terra produsse il suo frutto. Fratelli, se uno di voi si svia dalla verità e qualcuno lo converte sappia costui che chi allontana un peccatore dall’errore della sua via, salverà un’anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati.
Pietro, apostolo di Gesú Cristo, agli eletti che risiedono come stranieri, dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell’Asia e nella Bitinia, eletti secondo la preordinazione di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per ubbidire e per essere aspersi col sangue di Gesú Cristo: grazia e pace vi siano moltiplicate. Benedetto sia il Dio e Padre del Signor nostro Gesú Cristo, il quale nella sua grande misericordia ci ha rigenerati, a una viva speranza per mezzo della risurrezione di Gesú Cristo dai morti, per un’eredità incorruttibile, incontaminata e immarcescibile, conservata nei cieli per voi che dalla potenza di Dio mediante la fede siete custoditi, per la salvezza che sarà prontamente rivelata negli ultimi tempi. A motivo di questo voi gioite anche se al presente, per un podi tempo, dovete essere afflitti da varie prove, affinché la prova della vostra fede, che è molto piú preziosa dell’oro che perisce anche se vien provato col fuoco, risulti a lode, onore e gloria nella rivelazione di Gesú Cristo, che, pur non avendolo visto, voi amate e, credendo in lui anche se ora non lo vedete, voi esultate di una gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il compimento della vostra fede, la salvezza delle anime. Intorno a questa salvezza ricercarono e investigarono i profeti che profetizzarono della grazia destinata a voi, cercando di conoscere il tempo e le circostanze che erano indicate dallo Spirito di Cristo che era in loro, e che attestava anticipatamente delle sofferenze che sarebbero toccate a Cristo e delle glorie che le avrebbero seguite. A loro fu rivelato che, non per se stessi ma per noi, amministravano quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato l’evangelo, mediante lo Spirito Santo mandato dal cielo; cose nelle quali gli angeli desiderano riguardare addentro. Perciò, avendo cinti i lombi della vostra mente, siate vigilanti, e riponete piena speranza nella grazia che vi sarà conferita nella rivelazione di Gesú Cristo. Come figli ubbidienti, non conformatevi alle concupiscenze del tempo passato, quando eravate nell’ignoranza, ma come colui che vi ha chiamati è santo, voi pure siate santi in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto: »Siate santi, perché io sono santo«. E se invocate come Padre colui che senza favoritismi di persona giudica secondo l’opera di ciascuno, conducetevi con timore per tutto il tempo del vostro pellegrinaggio, sapendo che non con cose corruttibili, come argento od oro, siete stati riscattati dal vostro vano modo di vivere tramandatovi dai padri, ma col prezioso sangue di Cristo, come di Agnello senza difetto e senza macchia, preconosciuto prima della fondazione del mondo, ma manifestato negli ultimi tempi per voi, che per mezzo di lui credete in Dio che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, affinché la vostra fede e speranza fossero in Dio. Avendo purificato le anime vostre con l’ubbidienza alla verità mediante lo Spirito, per avere un amore fraterno senza alcuna simulazione, amatevi intensamente gli uni gli altri di puro cuore, perché siete stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma incorruttibile, per mezzo della parola di Dio vivente e che dura in eterno. Poiché ogni carne è come l’erba ed ogni gloria d’uomo è come il fiore dell’erba; l’erba si secca e il fiore cade, ma la parola del Signore rimane in eterno; e questa è la parola che vi è stata annunziata. Deposta dunque ogni malizia ed ogni inganno, le ipocrisie, le invidie ed ogni maldicenza, come bambini appena nati, desiderate ardentemente il puro latte della parola, affinché per suo mezzo cresciate, se pure avete gustato che il Signore è buono. Accostandovi a lui, come a pietra vivente, rigettata dagli uomini ma eletta e preziosa davanti a Dio, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per essere una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesú Cristo. Nella Scrittura si legge infatti: »Ecco io pongo in Sion una pietra angolare, eletta, preziosa, e chi crede in essa non sarà affatto svergognato«. Per voi dunque che credete essa è preziosa, ma per coloro che disubbidiscono: »La pietra, che gli edificatori hanno rigettato, è divenuta la testata d’angolo, pietra d’inciampo e roccia d’intoppo che li fa cadere«. Essendo disubbidienti, essi inciampano nella parola, e a questo sono altresí stati destinati. Ma voi siete una stirpe eletta, un regale sacerdozio, una gente santa, un popolo acquistato per Dio, affinché proclamiate le meraviglie di colui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua mirabile luce; voi, che un tempo non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia. Carissimi, io vi esorto, come stranieri e pellegrini, ad astenervi dai desideri della carne che guerreggiano contro l’anima. Comportatevi bene fra i gentili affinché, là dove vi accusano di essere dei malfattori, a motivo delle buone opere che osservano in voi, possano glorificare Dio nel giorno della visitazione. Sottomettetevi dunque per amore del Signore ad ogni autorità costituita: sia al re come al sovrano, sia ai governatori, come mandati da lui per punire i malfattori e per lodare quelli che fanno il bene, perché questa è la volontà di Dio, che, facendo il bene, turiate la bocca all’ignoranza degli uomini stolti. Comportatevi come uomini liberi, non facendo uso della libertà come di un pretesto per coprire la malvagità, ma come servi di Dio. Onorate tutti, amate la fratellanza, temete Dio, rendete onore al re. Servi, siate con ogni timore sottomessi ai vostri padroni, non solo ai buoni e giusti, ma anche agli ingiusti, perché è cosa lodevole se uno, per motivo di coscienza davanti a Dio, sopporta afflizioni soffrendo ingiustamente. Che gloria sarebbe infatti se sopportate pazientemente delle battiture, quando siete colpevoli? Ma se sopportate pazientemente delle battiture quando agite bene, questa è cosa gradita a Dio. A questo infatti siete stati chiamati, perché Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio, affinché seguitate le sue orme. »Egli non commise alcun peccato e non fu trovato alcun inganno nella sua bocca«, Oltraggiato, non rispondeva con oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva nelle mani di colui che giudica giustamente. Egli stesso portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia; e per le sue lividure siete stati guariti. Eravate infatti come pecore erranti, ma ora siete tornati al pastore e custode delle anime vostre. Similmente voi, mogli, siate sottomesse ai vostri mariti affinché, anche se ve ne sono alcuni che non ubbidiscono alla parola, siano guadagnati senza parola dalla condotta delle loro mogli, quando vedranno la vostra casta condotta accompagnata da timore. Il vostro ornamento non sia quello esteriore: intrecciare i capelli, portare i gioielli d’oro o indossare belle vesti ma l’essere nascosto nel cuore con un’incorrotta purezza di uno spirito dolce e pacifico, che è di grande valore davanti a Dio. Cosí infatti si adornavano una volta le sante donne che speravano in Dio, stando sottomesse ai loro mariti come Sara che ubbidiva ad Abrahamo, chiamandolo signore, di essa voi siete divenute figlie, se fate il bene e non vi lasciate prendere da alcun spavento. Similmente voi, mariti, vivete con le vostre mogli con la comprensione dovuta alla donna, come al vaso piú debole, e onoratele perché sono coeredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite. Infine siate tutti di una sola mente, compassionevoli, pieni di amor fraterno, misericordiosi e benevoli, non rendendo male per male od oltraggio per oltraggio ma, al contrario, benedite, sapendo che a questo siete stati chiamati, affinché ereditiate la benedizione. Infatti »chi vuole amare la vita e vedere dei buoni giorni, trattenga la sua bocca dal male e le sue labbra dal parlare con inganno; si ritragga dal male e faccia il bene, cerchi la pace e la persegua, perché gli occhi del Signore sono sui giusti e i suoi orecchi sono attenti alla loro preghiera, ma la faccia del Signore è contro quelli che fanno il male«. E chi vi farà del male, se voi seguite il bene? Ma, anche se doveste soffrire per la giustizia, beati voi! »Or non abbiate di loro alcun timore e non vi turbate«, anzi santificate il Signore Dio nei vostri cuori e siate sempre pronti a rispondere a vostra difesa a chiunque vi domandi spiegazione della speranza che è in voi con mansuetudine e timore, avendo una buona coscienza affinché, quando vi accusano di essere dei malfattori, vengano svergognati coloro che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. E’ meglio infatti, se tale è la volontà di Dio, soffrire facendo il bene piuttosto che facendo il male perché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, il giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte nella carne, ma vivificato dallo Spirito, nel quale egli andò anche a predicare agli spiriti che erano in carcere, che un tempo furono ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava ai giorni di Noé mentre si fabbricava l’arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate attraverso l’acqua, la quale è figura del battesimo (non la rimozione di sporcizia della carne, ma la richiesta di buona coscienza presso Dio), che ora salva anche noi mediante la risurrezione di Gesú Cristo, il quale è andato in cielo ed è alla destra di Dio, dove gli sono sottoposti angeli, potestà e potenze. Poiché dunque Cristo ha sofferto per noi nella carne, armatevi anche voi del medesimo pensiero, perché chi ha sofferto nella carne ha smesso di peccare, per vivere il tempo che resta nella carne non piú nelle passioni degli uomini, ma secondo la volontà di Dio. Basta a noi infatti il tempo della vita che abbiamo trascorso a soddisfare le cose desiderate dai gentili, quando camminavamo nelle dissolutezze, nelle passioni, nelle ubriachezze, nelle gozzoviglie, nelle baldorie e nelle abominevoli idolatrie. Per questo trovano strano che voi non corriate con loro agli stessi eccessi di dissolutezza e parlano male di voi. Essi renderanno conto a colui che è pronto a giudicare i vivi e i morti. Per questo infatti è stato predicato l’evangelo anche ai morti, affinché fossero giudicati nella carne secondo gli uomini, ma vivessero nello spirito secondo Dio. Or la fine di tutte le cose è vicina; siate dunque sobri e vigilanti per dedicarvi alle preghiere, avendo prima di tutto un intenso amore gli uni per gli altri, perché »l’amore coprirà una moltitudine di peccati«. Siate ospitali gli uni verso gli altri senza mormorare. Ciascuno metta al servizio degli altri il dono che ha ricevuto, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. Chi parla, lo faccia come se annunciasse gli oracoli di Dio; chi fa un servizio, lo faccia nella forza che gli è fornita da Dio, affinché in ogni cosa sia glorificato Dio per mezzo di Gesú Cristo, a cui appartiene la gloria e il dominio per i secoli dei secoli. Amen. Carissimi, non lasciatevi disorientare per la prova di fuoco che è in atto in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella manifestazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Se siete vituperati per il nome di Cristo, beati voi, poiché lo Spirito di gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi; da parte loro egli è bestemmiato, ma da parte vostra egli è glorificato. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore, o perché si impiccia negli affari degli altri; ma, se uno soffre come cristiano, non si vergogni, anzi glorifichi Dio a questo riguardo. Poiché è giunto il tempo che il giudizio cominci dalla casa di Dio, e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di coloro che non ubbidiscono all’evangelo di Dio? E »se il giusto è appena salvato, cosa avverrà dell’empio e del peccatore?«. Perciò anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio, raccomandino a lui le proprie anime, come al fedele Creatore, facendo il bene. Esorto gli anziani che sono fra voi io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sono anche partecipe della gloria che dev’essere rivelata: pascete il gregge di Dio che è fra voi, sorvegliandolo non per forza, ma volentieri, non per avidità di guadagno ma di buona volontà, e non come signoreggiando su coloro che vi sono affidati, ma essendo i modelli del gregge. E quando apparirà il sommo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce. Similmente voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Sí, sottomettetevi tutti gli uni agli altri e rivestitevi di umiltà, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché egli v’innalzi al tempo opportuno, gettando su di lui ogni vostra sollecitudine, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli, stando fermi nella fede, sapendo che le stesse sofferenze si compiono nella vostra fratellanza sparsa per il mondo. E il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua eterna gloria in Cristo Gesú, dopo che avrete sofferto per un po’ di tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà e vi stabilirà saldamente. A lui sia la gloria e il dominio per i secoli dei secoli. Amen. Vi ho scritto brevemente per mezzo di Silvano, che io ritengo un fratello fedele, esortandovi e attestandovi che la vera grazia di Dio è quella in cui vi trovate. La chiesa che è in Babilonia eletta come voi, vi saluta. Anche Marco, mio figlio, vi saluta. Salutatevi gli uni gli altri con un bacio d’amore. Pace sia a voi tutti che siete in Cristo Gesú. Amen.
Simon Pietro, servo e apostolo di Gesú Cristo, a coloro che hanno ricevuto in sorte una fede preziosa quanto la nostra nella giustizia del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo: grazia e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesú, nostro Signore. Poiché la sua divina potenza ci ha donato tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà, per mezzo della conoscenza di colui che ci ha chiamati mediante la sua gloria e virtú, attraverso le quali ci sono donate le preziose e grandissime promesse, affinché per mezzo di esse diventiate partecipi della natura divina, dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo a motivo della concupiscenza. Anche voi per questa stessa ragione usando ogni diligenza, aggiungete alla vostra fede la virtú, alla virtú la conoscenza, alla conoscenza l’auto-controllo, all’auto-controllo la perseveranza, alla perseveranza la pietà alla pietà l’affetto fraterno e all’affetto fraterno l’amore. Perché, se queste cose si trovano in voi abbondantemente, non vi renderanno pigri né sterili nella conoscenza del Signore nostro Gesú Cristo. Chi invece non ha queste cose è cieco e miope, perché ha dimenticato di essere stato purificato dai suoi vecchi peccati. Perciò, fratelli, sforzatevi sempre maggiormente di rendere sicura la vostra vocazione ed elezione perché, facendo queste cose, non inciamperete mai. Cosí infatti vi sarà ampiamente concesso l’ingresso nel regno eterno del nostro Signore e Salvatore Gesú Cristo. Perciò non tralascerò di ricordarvi del continuo queste cose, benché le conosciate già e siate saldi nella verità che ora avete. Ma ritengo giusto, finché sono in questa tenda, di tenervi desti ricordandovi queste cose, sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come me l’ha dichiarato il Signor nostro Gesú Cristo. Ma farò in modo che, anche dopo la mia dipartita, voi possiate sempre ricordarvi di queste cose. Infatti non vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signor nostro Gesú Cristo, andando dietro a favole abilmente escogitate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli ricevette infatti da Dio Padre onore e gloria, quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: »Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto«. E noi udimmo questa voce recata dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo. Noi abbiamo anche la parola profetica piú certa a cui fate bene a porgere attenzione, come a una lampada che splende in un luogo oscuro, finché spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori, sapendo prima questo: che nessuna profezia della Scrittura è soggetta a particolare interpretazione. Nessuna profezia infatti è mai proceduta da volontà d’uomo, ma i santi uomini di Dio hanno parlato, perché spinti dallo Spirito Santo. Or vi furono anche dei falsi profeti fra il popolo, come pure vi saranno fra voi dei falsi dottori che introdurranno di nascosto eresie di perdizione e, rinnegando il Padrone che li ha comprati, si attireranno addosso una fulminea distruzione. E molti seguiranno le loro deleterie dottrine e per causa loro la via della verità sarà diffamata. E nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole bugiarde; ma la loro condanna è da molto tempo all’opera e la loro rovina non si farà attendere. Se Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li cacciò nel tartaro tenendoli in catene di tenebre infernali, per esservi custoditi per il giudizio; e non risparmiò il mondo antico ma salvò con altre sette persone Noé, predicatore di giustizia, quando fece venire il diluvio sul mondo degli empi, e condannò alla distruzione le città di Sodoma e di Gomorra, riducendole in cenere, e le fece un esempio per coloro che in avvenire sarebbero vissuti empiamente, e scampò invece il giusto Lot, oppresso dalla condotta immorale di quegli scellerati (quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, tormentava ogni giorno la sua anima giusta a motivo delle loro opere malvagie), il Signore sa liberare i pii dalla prova e riservare gli ingiusti per essere puniti nel giorno del giudizio, specialmente coloro che seguono la carne nei suoi desideri corrotti e disprezzano l’autorità. Essi sono audaci, arroganti e non hanno timore di dir male delle dignità; mentre gli angeli stessi, benché siano superiori per forza e per potenza, non portano contro di esse alcun giudizio oltraggioso davanti al Signore. Ma costoro, come bestie irragionevoli, per natura generate ad essere prese e distrutte, parlano male delle cose che non conoscono e nella loro corruzione saranno annientati, ricevendo cosí il salario della loro malvagità. Essi stimano un piacere fare baldoria in pieno giorno; sono macchie ed infamia e, mentre prendono parte ai vostri conviti, gioiscono nei loro inganni. Hanno occhi pieni di adulterio e che non cessano mai di peccare, adescano le anime instabili, hanno il cuore esercitato alla cupidigia e sono figli di maledizione. Essi, abbandonata la retta via, si sono sviati seguendo la via di Balaam, figlio di Beor, che amò il salario d’iniquità, ma fu ripreso per la sua prevaricazione: un’asina muta parlando con voce umana, represse la follia del profeta. Costoro sono fonti senz’acqua nuvole sospinte dalla tempesta, ai quali è riservata la caligine delle tenebre infernali per sempre. Infatti con discorsi oltremodo gonfi e vani adescano, mediante le passioni della carne e la scostumatezza coloro che erano veramente sfuggiti da quelli che vivono nell’errore; mentre promettono loro libertà, essi stessi sono schiavi della corruzione, perché uno diventa schiavo di ciò che lo ha vinto. Quelli infatti che sono fuggiti dalle contaminazioni del mondo per mezzo della conoscenza del Signore e Salvatore Gesú Cristo, se sono da queste di nuovo avviluppati e vinti, la loro ultima condizione è peggiore della prima. Poiché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, anziché, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento che era stato loro dato. Ma è avvenuto loro ciò che dice un vero proverbio: »Il cane è tornato al suo vomito«, e »la scrofa lavata è tornata a voltolarsi nel fango«. Carissimi, questa è già la seconda epistola che vi scrivo; in entrambe cerco di tener desto il vostro genuino modo di pensare facendo appello alla vostra memoria affinché vi ricordiate delle parole già dette dai santi profeti e del comandamento dello stesso Signore e Salvatore trasmessovi da noi apostoli, Prima di tutto dovete sapere questo, che negli ultimi giorni verranno degli schernitori, che cammineranno secondo le loro proprie voglie e diranno: »Dov’è la promessa della sua venuta? Da quando infatti i padri si sono addormentati, tutte le cose continuano come dal principio della creazione«. Ma essi dimenticano volontariamente che per mezzo della parola di Dio i cieli vennero all’esistenza molto tempo fa, e che la terra fu tratta dall’acqua e fu formata mediante l’acqua, a motivo di cui il mondo di allora, sommerso dall’acqua, perì, mentre i cieli e la terra attuali sono riservati dalla stessa parola per il fuoco, conservati per il giorno del giudizio e della perdizione degli uomini empi. Ora, carissimi, non dimenticate quest’unica cosa: che per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni come un giorno. Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che egli faccia, ma è paziente verso di noi non volendo che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento. Ora il giorno del Signore verrà come un ladro di notte; in quel giorno i cieli passeranno stridendo, gli elementi si dissolveranno consumati dal calore e la terra e le opere che sono in essa saranno arse. Poiché dunque tutte queste cose devono essere distrutte, come non dovreste voi avere una condotta santa e pia, mentre aspettate e affrettate la venuta del giorno di Dio, a motivo del quale i cieli infuocati si dissolveranno e gli elementi consumati dal calore si fonderanno? Ma noi, secondo la sua promessa, aspettiamo nuovi cieli e nuova terra nei quali abita la giustizia. Perciò, carissimi, aspettando queste cose, fate in modo di essere trovati da lui immacolati e irreprensibili, in pace. E ricordate che la pazienza del nostro Signore è in funzione della salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue epistole, in cui parla di queste cose. In esse vi sono alcune cose difficili da comprendere, che gli uomini ignoranti ed instabili torcono, come fanno con le altre Scritture, a loro propria perdizione. Voi dunque, carissimi, conoscendo già queste cose, state in guardia per non venir meno nella vostra fermezza portati via dall’errore degli empi. Crescete invece nella grazia e nella conoscenza del Signore e Salvatore nostro Gesú Cristo. A lui sia la gloria, ora e in eterno. Amen.
Quel che era dal principio, quel che abbiamo udito, quel che abbiamo visto con i nostri occhi, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita (e la vita è stata manifestata e noi l’abbiamo vista e ne rendiamo testimonianza, e vi annunziamo la vita eterna che era presso il Padre e che è stata manifestata a noi), quello che abbiamo visto e udito, noi ve lo annunziamo, affinché anche voi abbiate comunione con noi, e la nostra comunione è col Padre e col suo Figlio, Gesú Cristo, E vi scriviamo queste cose affinché la vostra gioia sia completa. Or questo è il messaggio che abbiamo udito da lui, e che vi annunziamo: Dio è luce e in lui non vi è tenebra alcuna. Se diciamo di avere comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, noi mentiamo e non mettiamo in pratica la verità; ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, abbiamo comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesú Cristo, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto, da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo e la sua parola non è in noi. Figlioletti miei, vi scrivo queste cose affinché non pecchiate; e se pure qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesú Cristo il giusto. Egli è l’espiazione per i nostri peccati; e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. E da questo sappiamo che l’abbiamo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti. Chi dice: »Io l’ho conosciuto«, e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui. Ma chi osserva la sua parola, l’amore di Dio in lui è perfetto. Da questo conosciamo che siamo in lui. Chi dice di dimorare in lui, deve camminare anch’egli come camminò lui. Fratelli, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento vecchio, che avevate dal principio: il comandamento vecchio è la parola che avete udito dal principio. E tuttavia vi scrivo un comandamento nuovo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno passando e già risplende la vera luce. Chi dice di essere nella luce e odia il proprio fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama il proprio fratello dimora nella luce e non vi è niente in lui che lo faccia cadere. Ma chi odia il proprio fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre gli hanno accecato gli occhi. Figlioletti, vi scrivo perché i vostri peccati vi sono perdonati per mezzo del suo nome. Padri vi scrivo perché avete conosciuto colui che è dal principio. Giovani, vi scrivo perche avete vinto il maligno. Figlioletti, vi scrivo perché avete conosciuto il Padre. Padri, vi ho scritto perché avete conosciuto colui che è dal principio. Giovani, vi ho scritto perché siete forti e la parola di Dio dimora in voi, e perché avete vinto il maligno. Non amate il mondo, né le cose che sono nel mondo. Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui. perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e l’orgoglio della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno. Fanciulli, è l’ultima ora. E, come avete udito, l’anticristo deve venire, e fin da ora sono sorti molti anticristi; da questo conosciamo che è l’ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri perché, se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi, ma ciò è accaduto perché fosse palesato che non tutti sono dei nostri. Ma voi avete l’unzione dal Santo e conoscete ogni cosa. Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna proviene dalla verità. Chi è il mendace, se non colui che nega che Gesú è il Cristo? Costui è l’anticristo, che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non ha neanche il Padre; chi riconosce il Figlio, ha anche il Padre. Quanto a voi dunque, dimori in voi ciò che avete udito dal principio; se ciò che avete udito dal principio dimora in voi, anche voi dimorerete nel Figlio e nel Padre. E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna. Vi ho scritto queste cose riguardo a coloro che cercano di sedurvi. Ma quanto a voi, l’unzione che avete ricevuto da lui dimora in voi e non avete bisogno che alcuno v’insegni; ma, come la sua unzione v’insegna ogni cosa ed è verace e non è menzogna, dimorate in lui come essa vi ha insegnato. Ora dunque, figlioletti, dimorate in lui affinché, quando egli apparirà, noi possiamo avere fiducia e alla sua venuta non veniamo svergognati davanti a Lui. Se voi sapete che egli è giusto, sappiate che chiunque pratica la giustizia, è nato da lui. Vedete quale amore il Padre ha profuso su di noi, facendoci chiamare figli di Dio. La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui, Carissimi, ora siamo figli di Dio, ma non è ancora stato manifestato ciò che saremo; sappiamo però che quando egli sarà manifestato, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è. E chiunque ha questa speranza in lui, purifichi se stesso, come egli è puro. Chiunque commette il peccato, commette pure una violazione della legge; e il peccato è violazione della legge. E voi sapete che egli è stato manifestato per togliere via i nostri peccati; e in lui non vi è peccato. Chiunque dimora in lui non pecca chiunque pecca non l’ha visto né l’ha conosciuto. Figlioletti, nessuno vi seduca: chi pratica la giustizia è giusto, come egli è giusto, Chiunque commette il peccato è dal diavolo, perché il diavolo pecca dal principio; per questo è stato manifestato il Figlio di Dio: per distruggere le opere del diavolo. Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché il seme di Dio dimora in lui e non può peccare perché è nato da Dio. Da questo si riconoscono i figli di Dio e i figli del diavolo: chiunque non pratica la giustizia non è da Dio, e neppure lo è chi non ama il proprio fratello. Poiché questo è l’annunzio che avete udito dal principio: che ci amiamo gli uni gli altri, non come Caino, che era dal maligno e uccise il proprio fratello. E per quale motivo lo uccise? Perché le sue opere erano malvagie e quelle di suo fratello giuste. Non vi meravigliate, fratelli miei, se il mondo vi odia. Noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli; chi non ama il proprio fratello rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida ha la vita eterna dimorante in sé. Da questo abbiamo conosciuto l’amore: egli ha dato la sua vita per noi anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Ora, se uno ha dei beni di questo mondo e vede il proprio fratello che è nel bisogno e gli chiude le sue viscere, come dimora in lui l’amore di Dio? Figlioletti miei, non amiamo a parole né con la lingua, ma a fatti e in verità. E da questo noi sappiamo di essere nella verità e tranquillizzeremo i nostri cuori davanti a lui; poiché, se il nostro cuore ci condanna, Dio è piú grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci condanna, abbiamo fiducia davanti a Dio e qualunque cosa chiediamo, la riceviamo da lui, perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo le cose che gli sono gradite. E questo è il suo comandamento, che crediamo nel nome del suo Figlio Gesú Cristo e ci amiamo gli uni gli altri come egli ci ha comandato. Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio, ed egli in lui; e da questo sappiamo che egli dimora in noi: dallo Spirito che egli ci ha dato. Carissimi, non credete ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono usciti fuori nel mondo. Da questo potete conoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesú Cristo è venuto nella carne, è da Dio. E ogni spirito che non riconosce che Gesú Cristo è venuto nella carne, non è da Dio; e questo è lo spirito dell’Anticristo che, come avete udito, deve venire; e ora è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioletti, e li avete vinti, perché colui che è in voi è piú grande di colui che è nel mondo. Essi sono dal mondo; per questo parlano di cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio; chi conosce Dio ci ascolta; chi non è da Dio non ci ascolta; da questo riconosciamo lo Spirito della verità e lo spirito dell’errore. Carissimi, amiamoci gli uni gli altri poiché l’amore è da Dio e chiunque ama è nato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio verso di noi, che Dio ha mandato il suo Figlio unigenito nel mondo, affinché noi vivessimo per mezzo di lui. In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che lui ha amato noi e ha mandato il suo Figlio per essere l’espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato in questo modo, anche noi ci dobbiamo amare gli uni gli altri. Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio dimora in noi e il suo amore è perfetto in noi. Da questo conosciamo che dimoriamo in lui ed egli in noi, perché egli ci ha dato del suo Spirito. E noi stessi abbiamo visto e testimoniato che il Padre ha mandato il Figlio per essere il Salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesú è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore, e chi dimora nell’amore dimora in Dio e Dio in lui. In questo l’amore è stato reso perfetto in noi (perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio): che quale egli è, tali siamo anche noi in questo mondo. Nell’amore non c’è paura, anzi l’amore perfetto caccia via la paura, perché la paura ha a che fare con la punizione, e chi ha paura non è perfetto nell’amore. Noi lo amiamo, perché egli ci ha amati per primo. Se uno dice: »Io amo Dio«, e odia il proprio fratello, è bugiardo; chi non ama infatti il proprio fratello che vede, come può amare Dio che non vede? E questo è il comandamento che abbiamo ricevuto da lui: chi ama Dio, ami anche il proprio fratello. Chiunque crede che Gesú è il Cristo, è nato da Dio; e chiunque ama colui che lo ha generato, ama anche chi è stato generato da lui. Da questo sappiamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Poiché tutto quello che è nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede. Chi è che vince il mondo, se non colui che crede che Gesú è il Figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, cioè, Gesú Cristo; non con acqua soltanto, ma con acqua e con sangue. E lo Spirito è colui che ne rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che rendono testimonianza nel cielo: il Padre, la Parola e lo Spirito Santo; e questi tre sono uno. Tre ancora sono quelli che rendono testimonianza sulla terra: lo Spirito, l’acqua e il sangue; e questi tre sono d’accordo come uno. Se noi accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è ancora piú grande, poiché questa è la testimonianza di Dio che egli ha dato circa il suo Figlio. Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé; chi non crede a Dio, lo ha fatto bugiardo, perché non ha creduto alla testimonianza che Dio ha reso circa suo Figlio. E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna, e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita. Ho scritto queste cose a voi che credete nel nome del Figlio di Dio, affinché sappiate che avete la vita eterna e affinché continuiate a credere nel nome del Figlio di Dio. Questa è la sicurezza che abbiamo davanti a lui: se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. E se sappiamo che egli ci esaudisce in qualunque cosa gli chiediamo, noi sappiamo di avere le cose che gli abbiamo chiesto. Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non sia a morte, preghi Dio, ed egli gli darà la vita, a quelli cioè che commettono peccato che non è a morte. Vi è un peccato che è a morte; non dico egli debba pregare per questo. Ogni iniquità è peccato, ma c’è un peccato che non è a morte. Noi sappiamo che chiunque è nato da Dio non pecca; chi è nato da Dio preserva se stesso, e il maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo da Dio e che tutto il mondo giace nel maligno. Ma noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intendimento, affinché conosciamo colui che è il Vero; e noi siamo nel Vero. nel suo Figlio Gesú Cristo; questo è il vero Dio e la vita eterna. Figlioletti, guardatevi dagli idoli.
L’anziano alla signora eletta e ai suoi figli che amo in verità, e non io solo, ma anche tutti quelli che hanno conosciuto la verità, a motivo della verità che dimora in noi e sarà con noi in eterno: grazia, misericordia e pace siano con voi da Dio Padre e dal Signor Gesú Cristo, il Figlio del Padre, in verità e amore. Mi sono grandemente rallegrato di aver trovato alcuni dei tuoi figli che camminano nella verità, secondo il comandamento che abbiamo ricevuto dal Padre. E ora ti prego, signora, non come scrivendoti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto dal principio, che ci amiamo gli uni gli altri, E questo è l’amore, che camminiamo secondo i suoi comandamenti. Come avete udito dal principio, questo è il comandamento che abbiamo ricevuto, perché camminiate in esso. Poiché sono apparsi nel mondo molti seduttori, i quali non confessano che Gesú Cristo sia venuto in carne; questi è il seduttore e l’anticristo. Fate attenzione a non perdere il frutto delle cose compiute, ma fate in modo di riceverne una piena ricompensa. Chi va oltre e non dimora nella dottrina di Cristo, non ha Dio; chi dimora nella dottrina di Cristo, ha il Padre e il Figlio. Se qualcuno viene a voi e non reca questa dottrina, non ricevetelo in casa e non salutatelo, perché chi lo saluta partecipa alle sue opere malvagie. Anche se avevo molte cose da scrivervi, non ho voluto farlo per mezzo di carta e di inchiostro, ma spero di venire da voi e di parlarvi a voce, affinché la vostra gioia sia completa. I figli della tua sorella eletta ti salutano. Amen.
L’anziano al carissimo Gaio, che io amo in verità. Carissimo, io desidero che tu prosperi in ogni cosa e goda buona salute, come prospera la tua anima. Mi sono infatti grandemente rallegrato quando sono venuti alcuni fratelli e hanno reso testimonianza della tua fedeltà alla verità, in quanto tu cammini in verità, Non ho gioia piú grande di questa: di sentire che i miei figli camminano nella verità. Carissimo, tu agisci fedelmente in tutto ciò che fai per i fratelli e per i forestieri. Essi hanno reso testimonianza del tuo amore davanti alla chiesa; tu farai bene a provvedere loro per il viaggio in modo degno di Dio, perché sono partiti per amore del suo nome, senza prendere nulla dai gentili. Noi dobbiamo dunque accogliere tali persone, per essere collaboratori nella causa della verità. Ho scritto alla chiesa, ma Diotrefe, che ama avere il primato fra di loro non ci riceve. Per questo se verrò ricorderò le opere che egli fa, cianciando contro di noi con malvagie parole, e non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma impedisce pure di farlo a coloro che li vorrebbero ricevere e li caccia fuori dalla chiesa. Carissimo, non imitare il male ma il bene. Chi fa il bene è da Dio, ma chi fa il male non ha visto Dio. Demetrio ha ricevuto testimonianza da tutti e dalla verità stessa; e anche noi gli rendiamo testimonianza, e tu sai che la nostra testimonianza è verace. Avevo molte cose da scriverti, ma non intendo scrivertene con inchiostro e penna. Spero però di vederti presto, allora ci parleremo a voce. La pace sia con te. Gli amici ti salutano. Saluta gli amici ad uno ad uno.
Giuda, servo di Gesú Cristo e fratello di Giacomo, ai chiamati che sono santificati in Dio Padre e custoditi in Cristo Gesú: misericordia, pace e amore vi siano moltiplicati. Carissimi, anche se avevo una grande premura di scrivervi circa la nostra comune salvezza, sono stato obbligato a farlo per esortarvi a combattere strenuamente per la fede, che è stata trasmessa una volta per sempre ai santi. Si sono infatti infiltrati tra di voi certi uomini, che sono stati da tempo designati per questa condanna, empi che mutano la grazia del nostro Dio in immoralità e negano l’unico Padrone Dio e il Signor nostro Gesú Cristo. Or voglio ricordare a voi, che già conoscevate tutto questo, che il Signore, dopo aver salvato il suo popolo dal paese di Egitto, in seguito fece perire quelli che non credettero. Egli ha pure rinchiuso nelle tenebre dell’inferno con catene eterne, per il giudizio del gran giorno, gli angeli che non conservarono il loro primiero stato ma che lasciarono la loro propria dimora. Proprio come Sodoma e Gomorra e le città vicine, che come loro si erano abbandonate alla fornicazione e si erano date a perversioni sessuali contro natura, sono state poste davanti come esempio, subendo la pena di un fuoco eterno; allo stesso modo questi sognatori contaminano anch’essi la carne, respingono l’autorità e parlano male delle dignità. Invece l’arcangelo Michele, quando in contesa col diavolo disputava intorno al corpo di Mosé, non osò lanciargli contro un giudizio oltraggioso, ma disse: »Ti sgridi il Signore!«. Ma costoro parlano male di tutte le cose che non comprendono; tutte le cose invece, che come animali irragionevoli conoscono naturalmente, diventano per essi motivo di rovina. Guai a loro, perché si sono incamminati per la via di Caino e per lucro si sono buttati nella perversione di Balaamb e sono periti nella ribellione di Kore. Costoro sono macchie nelle vostre agapi, mentre banchettano assieme a voi senza timore, pascendo se stessi; essi sono nuvole senz’acqua, sospinte qua e là dai venti, alberi d’autunno senza frutti, doppiamente morti, sradicati, onde furiose del mare che vomitano la schiuma delle loro brutture, stelle erranti a cui è riservata la caligine delle tenebre infernali per sempre. Ebbene, per loro profetizzò anche Enok, il settimo da Adamo, dicendo: »Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi, per far giudizio contro tutti e per convincere tutti gli empi di tutte le opere d’empietà che hanno commesso empiamente e di tutte le parole offensive che gli empi peccatori hanno proferito contro di lui«. Costoro sono mormoratori, scontenti, che camminano secondo le loro passioni; per di piú la loro bocca proferisce cose oltremodo gonfie e adulano le persone per l’utilità propria. Ma voi, carissimi, ricordatevi delle parole che gli apostoli del Signore nostro Gesú Cristo hanno predetto. Essi vi dicevano che nell’ultimo tempo vi saranno degli schernitori che seguiranno le loro empie passioni. Costoro sono quelli che causano le divisioni, gente carnale, che non ha lo Spirito. Ma voi, carissimi, edificando voi stessi sulla vostra santissima fede, pregando nello Spirito Santo, conservatevi nell’amore di Dio, aspettando la misericordia del Signore nostro Gesú Cristo, in vista della vita eterna. E abbiate compassione degli uni usando discernimento. ma salvate gli altri con timore, strappandoli dal fuoco, odiando perfino la veste contaminata dalla carne. Or a colui che può salvaguardarvi da ogni caduta e farvi comparire davanti alla sua gloria irreprensibili e con grande gioia, all’unico Dio sapiente, il nostro Salvatore, sia gloria, grandezza dominio e potestà, da ora e per tutte le età. Amen.
Rivelazione di Gesú Cristo, che Dio gli diede per mostrare ai suoi servi le cose che devono accadere rapidamente e che egli fece conoscere, mandandola per mezzo del suo angelo al suo servo Giovanni, il quale ha testimoniato la parola di Dio e la testimonianza di Gesú Cristo, e tutte le cose che ha visto, Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e serbano le cose che vi sono scritte, perché il tempo è vicino. Giovanni, alle sette chiese che sono nell’Asia: grazia a voi e pace da colui che è, che era e che ha da venire, e dai sette spiriti che sono davanti al suo trono, e da Gesú Cristo, il testimone fedele, il primogenito dai morti e il Principe dei re della terra. A lui, che ci ha amati, ci ha lavati dai nostri peccati nel suo sangue, e ci ha fatti re e sacerdoti per Dio e Padre suo, a lui sia la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen. Ecco egli viene con le nuvole e ogni occhio lo vedrà, anche quelli che lo hanno trafitto; e tutte le tribú della terra faranno cordoglio per lui. Sí, amen. »Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio, e la fine«, dice il Signore »che è, che era e che ha da venire, l’Onnipotente«. Io Giovanni, vostro fratello e compagno nell’afflizione, nel regno e nella costanza di Cristo Gesú, ero nell’isola chiamata Patmos, a motivo della Parola di Dio e della testimonianza di Gesú Cristo. Mi trovai nello Spirito nel giorno del Signore e udii dietro a me una forte voce, come di una tromba, che diceva: »Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, e ciò che tu vedi scrivilo in un libro e mandalo alle sette chiese che sono in Asia: ad Efeso a Smirne, a Pergamo, a Tiatira, a Sardi, a Filadelfia e a Laodicea«. Io mi voltai per vedere la voce che aveva parlato con me. E, come mi fui voltato, vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai sette candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, vestito d’una veste lunga fino ai piedi e cinto d’una cintura d’oro al petto, Il suo capo e i suoi capelli erano bianchi come bianca lana, come neve, e i suoi occhi somigliavano ad una fiamma di fuoco, I suoi piedi erano simili a bronzo lucente, come se fossero stati arroventati in una fornace e la sua voce era come il fragore di molte acque, Egli aveva nella sua mano destra sette stelle e dalla sua bocca usciva una spada a due tagli, acuta, e il suo aspetto era come il sole che risplende nella sua forza. Quando lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli mise la sua mano destra su di me, dicendomi: »Non temere! Io sono il primo e l’ultimo, e il vivente; io fui morto, ma ecco sono vivente per i secoli dei secoli amen; e ho le chiavi della morte e dell’Ades. Scrivi dunque le cose che hai visto quelle che sono e quelle che stanno per accadere dopo queste, il mistero delle sette stelle che hai visto nella mia destra e quello dei sette candelabri d’oro. Le sette stelle sono gli angeli delle sette chiese, e i sette candelabri che hai visto sono le sette chiese«. »All’angelo della chiesa in Efeso scrivi: queste cose dice colui che tiene le sette stelle nella sua destra e che cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro. Io conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza e che non puoi sopportare i malvagi, e hai messo alla prova coloro che si dicono apostoli e non lo sono, e li hai trovati bugiardi. Tu hai sopportato, hai costanza e per amore del mio nome ti sei affaticato senza stancarti. Ma io ho questo contro di te: che hai lasciato il tuo primo amore. Ricordati dunque da dove sei caduto, ravvediti e fa’ le opere di prima; se no verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi. Tuttavia hai questo, che odi le opere dei Nicolaiti, che odio anch’io. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: a chi vince io darò da mangiare dell’albero della vita, che è in mezzo al paradiso di Dio«. »E all’angelo della chiesa in Smirne scrivi: queste cose dice il primo e l’ultimo, che morí e tornò in vita. Io conosco le tue opere, la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia tu sei ricco) e la calunnia di coloro che si dicono Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. Non temere ciò che dovrai soffrire ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in prigione per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: chi vince non sarà certamente colpito dalla seconda morte«. »E all’angelo della chiesa in Pergamo scrivi: queste cose dice colui che ha la spada affilata a due tagli. Io conosco le tue opere e dove tu abiti, là dove Satana ha il suo trono; tuttavia tu rimani fedele al mio nome e non hai rinnegato la fede in me neppure nei giorni in cui il mio fedele testimone Antipa fu ucciso tra di voi, là dove abita Satana. Ma ho alcune cose contro di te: tu hai colà alcuni che ritengono la dottrina di Balaam, il quale insegnò a Balak a porre un’insidia davanti ai figli d’Israele per farli cadere, inducendoli a mangiare cose sacrificate agli idoli e a fornicare. Cosí hai pure alcuni che ritengono la dottrina dei Nicolaiti, la qual cosa io odio. Ravvediti dunque, altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese: a chi vince io darò da mangiare della manna nascosta, e gli darò una pietruzza bianca, e sulla pietruzza sta scritto un nuovo nome che nessuno conosce, se non colui che lo riceve«. »E all’angelo della chiesa in Tiatira scrivi: queste cose dice il Figlio di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco e i cui piedi sono simili a bronzo lucente. Io conosco le tue opere, il tuo amore, la tua fede, il tuo servizio e la tua costanza, e so che le tue ultime opere sono piú numerose delle prime. Ma ho alcune cose contro di te: tu permetti a quella donna Iezabel, che si dice profetessa, di insegnare e di sedurre i miei servi inducendoli a fornicare e a mangiare cose sacrificate agli idoli. Le ho dato tempo per ravvedersi dalla sua fornicazione, ma lei non si è ravveduta. Ecco, io la getto in un letto di sofferenze e quelli che commettono adulterio con lei, in una grande tribolazione, se non si ravvedono dalle loro opere. E farò perire con la morte i suoi figli; e tutte le chiese conosceranno che io sono colui che investiga le menti e i cuori, e renderò a ciascuno di voi secondo le sue opere. Ma a voi e agli altri che sono in Tiatira, a quanti non hanno questa dottrina e non hanno conosciuto le profondità di Satana, come essi le chiamano, io dico: non vi impongo alcun altro peso; ma tenete fermamente a ciò che avete finché io venga. A chi vince e ritiene fino alla fine le opere mie, darò potestà sulle nazioni; ed egli le governerà con uno scettro di ferro ed esse saranno frantumate come vasi d’argilla, come anch’io ho ricevuto autorità dal Padre mio; e darò a lui la stella del mattino. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese«. »E all’angelo, della chiesa in Sardi scrivi: queste cose dice colui che ha i sette Spiriti di Dio e le sette stelle. Io conosco le tue opere; tu hai la reputazione di vivere, ma sei morto. Sii vigilante e rafferma il resto delle cose che stanno per morire, perché non ho trovato le tue opere compiute davanti al mio Dio. Ricordati dunque quanto hai ricevuto e udito; serbalo e ravvediti. Se tu non vegli, io verrò su di te come un ladro, e non saprai a quale ora verrò su di te. Tuttavia hai alcune persone in Sardi che non hanno contaminato le loro vesti; esse cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degne. Chi vince sarà dunque vestito di vesti bianche e io non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma confesserò il suo nome davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese«. »E all’angelo della chiesa in Filadelfia scrivi: queste cose dice il Santo, il Verace, colui che ha la chiave di Davide, che apre e nessuno chiude, che chiude e nessuno apre. Io conosco le tue opere; ecco, ti ho posto davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché, nonostante tu abbia poca forza, hai custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio nome. Ecco, io ti consegno alcuni della sinagoga di Satana, che si dicono Giudei e non lo sono, ma mentono; ecco, li farò venire a prostrarsi ai tuoi piedi e conosceranno che io ti ho amato. Poiché hai custodito la parola della mia costanza, anch’io ti custodirò dall’ora della prova che verrà su tutto il mondo, per mettere alla prova coloro che abitano sulla terra. Ecco, io vengo presto; tieni fermamente ciò che hai, affinché nessuno ti tolga la tua corona. Chi vince io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non uscirà mai piú fuori; e scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende dal cielo da presso il mio Dio, e il mio nuovo nome. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese«. »E all’angelo della chiesa in Laodicea scrivi: queste cose dice l’Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio. lo conosco le tue opere, che tu non sei né freddo né caldo. Oh, fossi tu freddo o caldo! Cosí, perché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca. Poiché tu dici: Io sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla e non sai invece di essere disgraziato, miserabile, povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me dell’oro affinato col fuoco per arricchirti, e delle vesti bianche per coprirti e non far apparire cosí la vergogna della tua nudità, e di ungerti gli occhi con del collirio, affinché tu veda. lo riprendo e castigo tutti quelli che amo; abbi dunque zelo e ravvediti. Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui, e cenerò con lui ed egli con me. A chi vince concederò di sedere con me sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi sono posto a sedere col Padre mio sul suo trono. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese«. Dopo queste cose, io vidi, ed ecco, una porta aperta nel cielo, e la prima voce che avevo udito parlare con me come una tromba disse: »Sali quassú e ti mostrerò le cose che devono avvenire dopo queste«. E subito fui rapito in spirito; ed ecco, un trono era posto nel cielo e sul trono stava uno seduto. E colui che sedeva era nell’aspetto simile a una pietra di diaspro e di sardio; e intorno al trono c’era un arcobaleno che rassomigliava a uno smeraldo. E intorno al trono c’erano ventiquattro troni, e sui troni vidi seduti ventiquattro anziani vestiti di bianche vesti; e sul loro capo avevano delle corone d’oro. E dal trono procedevano lampi tuoni e voci; e davanti al trono c’erano sette lampade ardenti, che sono i sette Spiriti di Dio. E davanti al trono c’era come un mare di vetro simile a cristallo, ed in mezzo al trono e attorno al trono c’erano quattro esseri viventi, pieni di occhi davanti e di dietro. Il primo essere vivente era simile a un leone, il secondo essere vivente simile a un vitello, il terzo essere vivente aveva la faccia come un uomo e il quarto era simile a un’aquila. I quattro esseri viventi avevano ognuno sei ali e intorno e dentro erano pieni di occhi; e non cessano mai né giorno né notte, di dire: »Santo, santo, santo e il Signore Dio, l’Onnipotente, che era, che è e che ha da venire!«. E ogni volta che gli esseri viventi rendono gloria, onore e grazie a colui che siede sul trono, a colui che vive nei secoli dei secoli, i ventiquattro anziani si prostrano davanti a colui che siede sul trono e adorano colui che vive nei secoli dei secoli, e gettano le loro corone davanti al trono, dicendo: »Degno sei, o Signore, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per tua volontà esistono e sono state create«. Poi vidi nella mano destra di colui che sedeva sul trono un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli. E vidi un angelo potente, che proclamava a gran voce: »Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i suoi sigilli?«. Ma nessuno, né in cielo né sulla terra né sotto terra, poteva aprire il libro e guardarlo. Io piangevo forte, perché non era stato trovato nessuno degno di aprire e di leggere il libro, e neppure di guardarlo. Allora uno degli anziani mi disse: »Non piangere, ecco, il Leone della tribú di Giuda, la Radice di Davide, ha vinto per aprire il libro e sciogliere i suoi sette sigilli«. Poi vidi ritto, in mezzo al trono e ai quattro esseri viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello come ucciso, il quale aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette Spiriti di Dio mandati per tutta la terra. Egli venne e prese il libro dalla mano destra di colui che sedeva sul trono. E, quando ebbe preso il libro, i quattro esseri viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, avendo ciascuno una cetra e delle coppe d’oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi, E cantavano un nuovo cantico dicendo: »Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato ucciso, e col tuo sangue ci hai comprati a Dio da ogni tribú, lingua, popolo e nazione, e ci hai fatti re e sacerdoti per il nostro Dio, e regneremo sulla terra«. Quindi vidi e udii la voce di molti angeli intorno al trono, agli esseri viventi e agli anziani; il loro numero era di miriadi di miriadi e di migliaia di migliaia, che dicevano a gran voce: »Degno è l’Agnello, che è stato ucciso, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la benedizione«. Udii ancora ogni creatura che è nel cielo, sulla terra, sotto la terra e quelle che sono nel mare e tutte le cose contenute in essi, che diceva: »A colui che siede sul trono e all’Agnello siano la benedizione, l’onore, la gloria e la forza nei secoli dei secoli«. E i quattro esseri viventi dicevano: »Amen!«. E i ventiquattro anziani si prostrarono ed adorarono colui che vive nei secoli dei secoli. Poi vidi quando l’Agnello aperse il primo dei sette sigilli, e udii uno dei quattro esseri viventi, che diceva come con voce di tuono: »Vieni e vedi«. E io vidi, ed ecco un cavallo bianco. E colui che lo cavalcava aveva un arco e gli fu data una corona, ed egli uscí fuori come vincitore e per vincere. Quando egli aperse il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che diceva: »Vieni e vedi«., Allora uscí fuori un altro cavallo rosso, e a colui che lo cavalcava fu dato di togliere la pace dalla terra, affinché gli uomini si uccidessero gli uni gli altri, e gli fu data una grande spada. Quando egli aperse il terzo sigillo udii il terzo essere vivente che diceva: »Vieni e vedi«. E io vidi, ed ecco un cavallo nero; e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii una voce in mezzo ai quattro esseri viventi che diceva: »Un chenice di frumento per un denaro, e tre chenici d’orzo per un denaro, e non danneggiare né l’olio né il vino«. Quando egli aperse il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: »Vieni e vedi«. E io vidi, ed ecco un cavallo giallastro; e colui che lo cavalcava aveva nome la Morte, e dietro ad essa veniva l’Ades. E fu loro data potestà sulla quarta parte della terra, per uccidere con la spada, con la fame, con la morte e mediante le fiere della terra. Quando egli aperse il quinto sigillo, io vidi sotto l’altare le anime di coloro che erano stati uccisi a motivo della parola di Dio e a motivo della testimonianza che avevano resa e gridarono a gran voce dicendo: »Fino a quando aspetti, o Signore, che sei il Santo e il Verace, a fare giustizia del nostro sangue sopra coloro che abitano sulla terra?«. E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po’ di tempo, finché fosse completato il numero dei loro conservi e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro. Poi vidi quando egli aperse il sesto sigillo; ed ecco, si fece un grande terremoto, e il sole divenne nero come un sacco di crine, e la luna divenne come sangue; e le stelle del cielo caddero sulla terra, come quando il fico scosso da un gran vento lascia cadere i suoi fichi acerbi. Quindi il cielo si ritirò come una pergamena che si arrotola, ed ogni montagna ed isola fu smossa dal suo luogo. E i re della terra, i grandi, i ricchi, i capitani, i potenti, ogni schiavo ed ogni uomo libero si nascosero nelle spelonche e fra le rocce dei monti, e dicevano ai monti e alle rocce: »Cadeteci addosso e nascondeteci dalla faccia di colui che siede sul trono e dall’ira dell’Agnello, perché è venuto il gran giorno della sua ira; e chi può resistere?«. Dopo queste cose, vidi quattro angeli che stavano in piedi ai quattro angoli della terra e trattenevano i quattro venti della terra, perché non soffiasse vento sulla terra né sul mare né su alcun albero. Poi vidi un altro angelo che saliva dal sol levante, il quale aveva il sigillo del Dio vivente, e gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di danneggiare la terra e il mare, dicendo: »Non danneggiate la terra né il mare né gli alberi, finché non abbiamo segnato sulla fronte i servi del nostro Dio«. Quindi udii il numero di quelli che erano stati segnati: centoquarantaquattromila segnati di tutte le tribú dei figli d’Israele. Della tribú di Giuda, dodicimila segnati; della tribú di Ruben, dodicimila segnati; della tribú di Gad, dodicimila segnati; della tribú di Aser, dodicimila segnati, della tribú di Neftali, dodicimila segnati; della tribú di Manasse, dodicimila segnati; della tribú di Simeone, dodicimila segnati; della tribú di Levi, dodicimila segnati; della tribú di Issacar, dodicimila segnati della tribú di Zabulon, dodicimila segnati; della tribú di Giuseppe, dodicimila segnati; della tribú di Beniamino, dodicimila segnati. Dopo queste cose vidi una grande folla che nessuno poteva contare, di tutte le nazioni, tribú, popoli e lingue; questi stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, coperti di vesti bianche e avevano delle palme nelle mani. E gridavano a gran voce, dicendo: »La salvezza appartiene al nostro Dio che siede sul trono e all’Agnello«. E tutti gli angeli stavano in piedi intorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si prostrarono sulle loro facce davanti al trono e adorarono Dio, dicendo: »Amen! La benedizione, la gloria, la sapienza, il ringraziamento, l’onore, la potenza e la forza appartengono al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen!«. Poi uno degli anziani si rivolse a me, dicendo: »Chi sono costoro che sono coperti di bianche vesti, e da dove sono venuti?«. Ed io gli dissi: »Signore mio, tu lo sai«. Egli allora mi disse: »Costoro sono quelli che sono venuti dalla grande tribolazione, e hanno lavato le loro vesti e le hanno imbiancate nel sangue dell’Agnello. Per questo essi sono davanti al trono di Dio e lo servono giorno e notte nel suo tempio; e colui che siede sul trono dimorerà tra di loro. Essi non avranno piú fame né sete non li colpirà piú né il sole né arsura alcuna, perché l’Agnello, che è in mezzo al trono, li pascolerà e li guiderà alle vive fonti delle acque; e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi«. E quando egli aperse il settimo sigillo, si fece silenzio nel cielo per circa mezz’ora. Ed io vidi i sette angeli che stanno davanti a Dio, e furono date loro sette trombe. Poi venne un altro angelo, che aveva un turibolo d’oro e si fermò presso l’altare; e gli furono dati molti profumi, affinché li aggiungesse alle preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che era davanti al trono. E il fumo dei profumi, offerti con le preghiere dei santi, salí dalla mano dell’angelo davanti a Dio. Poi l’angelo prese il turibolo, lo riempí del fuoco dell’altare e lo gettò sulla terra; e si fecero voci, tuoni, lampi e un terremoto. E i sette angeli che avevano le sette trombe si prepararono a suonare la tromba. Il primo angelo suonò la tromba, e si fecero grandine e fuoco, mescolati con sangue e furono gettati sulla terra; e la terza parte degli alberi fu interamente bruciata, ed ogni erba verde fu interamente bruciata. Poi suonò la tromba il secondo angelo, e qualcosa simile a una grande montagna di fuoco ardente fu gettata nel mare, e la terza parte del mare divenne sangue; e la terza parte delle creature che vivono nel mare morí, e la terza parte delle navi andò distrutta. Poi suonò la tromba il terzo angelo, e cadde dal cielo una grande stella che bruciava come una fiaccola, e cadde sulla terza parte dei fiumi e sulle sorgenti delle acque. Il nome della stella è Assenzio e la terza parte delle acque divenne assenzio; e molti uomini morirono a causa di quelle acque, perché erano diventate amare. Poi suonò la tromba il quarto angelo, e fu colpita la terza parte del sole, la terza parte della luna e la terza parte delle stelle, sicché la terza parte di essi si oscurò; e la terza parte del giorno perse il suo splendore come pure la notte. Poi vidi e udii un angelo che volava in mezzo al cielo e diceva a gran voce: »Guai, guai, guai a coloro che abitano sulla terra, a causa degli altri suoni di tromba che i tre angeli stanno per suonare«. Poi suonò la tromba il quinto angelo, ed io vidi una stella caduta dal cielo sulla terra; e a lui fu data la chiave del pozzo dell’abisso Ed egli aprí il pozzo dell’abisso e dal pozzo salí un fumo, simile al fumo di una grande fornace; e il sole e l’aria si oscurarono per il fumo del pozzo. E da quel fumo uscirono sulla terra delle locuste, a cui fu dato un potere simile a quello degli scorpioni della terra. E fu detto loro di non danneggiare l’erba della terra né verdura alcuna né albero alcuno, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte. E fu loro dato il potere, non di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi; e il loro tormento era come il tormento dello scorpione quando punge un uomo. In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; desidereranno di morire, ma la morte fuggirà da loro. Or l’aspetto delle locuste era simile a cavalli pronti alla battaglia; e sulle loro teste avevano come delle corone d’oro, e le loro facce erano come facce d’uomini. E avevano capelli come capelli di donna e i loro denti erano come denti di leone. Avevano delle corazze come corazze di ferro, e lo strepito delle loro ali era come lo strepito di molti carri e cavalli lanciati all’assalto. Avevano delle code simili a quelle degli scorpioni, e nelle loro code avevano dei pungiglioni nei quali risiedeva il potere di danneggiare gli uomini per cinque mesi. E avevano per re sopra di loro l’angelo dell’abisso, il cui nome in ebraico è Abaddon e in greco Apollion. Il primo guaio è passato; ecco, vengono ancora due guai dopo queste cose. Poi il sesto angelo suonò la tromba, e io udii una voce dai quattro corni dell’altare d’oro che è davanti a Dio, che diceva al sesto angelo che aveva la tromba: »Sciogli i quattro angeli che sono legati sul grande fiume Eufrate«. Allora i quattro angeli, che erano stati preparati per quell’ora, giorno, mese e anno, furono sciolti per uccidere la terza parte degli uomini. E il numero delle truppe di cavalleria era di duecento milioni, e io udii il loro numero. E cosí vidi nella visione i cavalli e quelli che li cavalcavano; essi avevano delle corazze color di fuoco, di giacinto e di zolfo; e le teste dei cavalli erano come teste di leoni e dalle loro bocche usciva fuoco, fumo e zolfo. Da queste tre piaghe, cioè dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che usciva dalle loro bocche, fu uccisa la terza parte degli uomini. Il loro potere infatti era nella loro bocca e nelle loro code, poiché le loro code erano simili a serpenti, che avessero teste e con esse causavano danno. E il resto degli uomini, che non furono uccisi da queste piaghe, non si ravvide ancora dalle opere delle loro mani e non cessarono di adorare i demoni e gli idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare; essi non si ravvidero dei loro omicidi né dalle loro magie né dalla loro fornicazione né dai loro furti. Poi vidi un altro angelo possente che scendeva dal cielo, avvolto in una nuvola e con l’arcobaleno sul capo; il suo volto era come il sole e i suoi piedi come colonne di fuoco. Egli aveva in mano un libretto aperto e posò il suo piede destro sul mare e il sinistro sulla terra, e gridò a gran voce come un leone ruggente, e quando ebbe gridato, i sette tuoni fecero udire le loro voci. Quando i sette tuoni ebbero fatto udire le loro voci, io stavo per scrivere, ma udii una voce dal cielo che mi disse: »Sigilla le cose che i sette tuoni hanno detto e non scriverle«. Allora l’angelo che avevo visto stare in piedi sul mare e sulla terra alzò la mano destra verso il cielo, e giurò per colui che vive nei secoli dei secoli, il quale ha creato il cielo e le cose che sono in esso, la terra e le cose che sono in essa, il mare e le cose che sono in esso, che non vi sarebbe piú alcun ritardo. Ma nei giorni in cui il settimo angelo farà udire la sua voce, quando egli suonerà la tromba, si compirà il mistero di Dio, secondo quanto egli ha annunziato ai suoi servi, i profeti. Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo e disse: »Va prendi il libretto aperto, che si trova nella mano dell’angelo che sta sul mare e sulla terra«. Io allora andai dall’angelo, dicendogli: »Dammi il libretto«. Ed egli mi disse: »Prendi e divoralo ed esso renderà amare le tue viscere, ma nella tua bocca sarà dolce come miele«. Cosí presi il libretto dalla mano dell’angelo e lo divorai, e mi fu dolce in bocca come miele; ma dopo che l’ebbi divorato, le mie viscere divennero amare. Quindi egli mi disse: »Tu devi profetizzare ancora intorno a molti popoli, nazioni, lingue e re«. Poi mi fu data una canna, simile ad una verga. E l’angelo, stando ritto disse: »Alzati e misura il tempio di Dio, l’altare e quelli che vi adorano, ma tralascia il cortile che è fuori del tempio e non misurarlo, perché è stato dato ai gentili, ed essi calpesteranno la santa città per quarantadue mesi. Ma io darò ai miei due testimoni di profetizzare, ed essi profetizzeranno milleduecentosessanta giorni, vestiti di sacco. Questi sono i due ulivi e i due candelabri che stanno davanti al Dio della terra. E se qualcuno vuole far loro del male esce fuoco dalla loro bocca e divora i loro nemici; e chiunque vuole far loro del male deve essere ucciso in questa maniera. Costoro hanno potestà di chiudere il cielo, perché non cada alcuna pioggia nei giorni della loro profezia; essi hanno pure potestà sulle acque, per convertirle in sangue e per percuotere la terra con qualunque piaga, ogni volta che vorranno. E quando avranno compiuto la loro testimonianza, la bestia che sale dall’abisso farà guerra contro di loro, li vincerà e li ucciderà. E i loro cadaveri giaceranno sulla piazza della grande città, che spiritualmente si chiama Sodoma ed Egitto, dove anche il nostro Signore è stato crocifisso. E uomini dei vari popoli, tribù, lingue e nazioni vedranno i loro cadaveri per tre giorni e mezzo, e non permetteranno che i loro cadaveri siano deposti nei sepolcri. E gli abitanti della terra si rallegreranno su di loro faranno festa e si manderanno doni gli uni agli altri, perché questi due profeti avevano tormentato gli abitanti della terra«. Ma dopo tre giorni e mezzo lo spirito di vita, che procede da Dio, entrò in loro; essi si alzarono in piedi e un grande spavento cadde su coloro che li videro. Essi udirono quindi una gran voce dal cielo che disse loro: »Salite quassù«. Cosí essi salirono al cielo in una nuvola e i loro nemici li videro. E in quel momento si fece un gran terremoto, la decima parte della città cadde e settemila persone furono uccise nel terremoto, il resto fu spaventato e diede gloria al Dio del cielo. Il secondo guaio è passato, ma ecco, presto viene il terzo guaio. Poi il settimo angelo suonò la tromba e si fecero grandi voci nel cielo che dicevano: »I regni del mondo sono divenuti il regno del Signor nostro e del suo Cristo, ed egli regnerà nei secoli dei secoli«. Allora i ventiquattro anziani, che sedevano davanti a Dio sui loro troni, si prostrarono sulle loro facce e adorarono Dio, dicendo: »Noi ti ringraziamo, o Signore, Dio onnipotente, che sei, che eri e che hai da venire, perché hai preso in mano il tuo grande potere e ti sei messo a regnare. Le nazioni si erano adirate, ma è giunta la tua ira ed è arrivato il tempo di giudicare i morti e di dare il premio ai tuoi servi, ai profeti, ai santi e a coloro che temono il tuo nome, piccoli e grandi, e di distruggere quelli che distruggono la terra«. Allora si aperse nel cielo il tempio di Dio e in esso apparve l’arca del suo patto, e ci furono lampi, voci, tuoni, un terremoto e una forte tempesta di grandine. Poi apparve nel cielo un gran segno: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e i dolori del parto. Nel cielo apparve anche un altro segno: un gran dragone rosso che aveva sette teste e dieci corna, e sulle sue teste vi erano sette diademi. La sua coda trascinava dietro a sé la terza parte delle stelle del cielo e le gettò sulla terra; poi il dragone si fermò davanti alla donna che stava per partorire, per divorare suo figlio quando lo avesse partorito. Ed ella partorí un figlio maschio, che deve governare tutte le nazioni con uno scettro di ferro e il figlio di lei fu rapito presso Dio e il suo trono. E la donna fuggí nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio, perché vi sia nutrita durante milleduecentosessanta giorni. E vi fu guerra in cielo: Michele e i suoi angeli combatterono contro il dragone; anche il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero e per loro non fu piú trovato posto nel cielo. Cosí il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, che seduce tutto il mondo, fu gettato sulla terra; con lui furono gettati anche i suoi angeli. Allora udii una grande voce nel cielo che diceva: »Ora è giunta la salvezza, la potenza e il regno del nostro Dio e la potestà del suo Cristo, poiché è stato gettato giú l’accusatore dei nostri fratelli colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi l’hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello e per mezzo della parola della loro testimonianza; e non hanno amato la loro vita, tanto da esporla alla morte. Perciò rallegratevi, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, abitanti della terra e del mare, perché il diavolo è sceso a voi con grande ira, sapendo di aver poco tempo«. E quando il dragone si vide gettato sulla terra, perseguitò la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto nel suo luogo, dove essa è nutrita per un tempo, dei tempi e la metà di un tempo, lontano dalla presenza del serpente. Allora il serpente gettò dalla sua bocca, dietro alla donna, dell’acqua come un fiume, per farla portare via dal fiume, ma la terra soccorse la donna, e la terra aprí la sua bocca ed inghiottí il fiume che il dragone aveva riversato dalla sua bocca. Il dragone allora si adirò contro la donna e se ne andò a far guerra col resto della progenie di lei, che custodisce i comandamenti di Dio ed ha la testimonianza di Gesú Cristo. / Poi mi fermai sulla sabbia del mare. E vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e sette teste, e sulle corna dieci diademi e sulle teste nomi di bestemmia. E la bestia che io vidi era simile a un leopardo, i suoi piedi erano come quelli dell’orso e la sua bocca come quella del leone; e il dragone le diede la sua potenza, il suo trono e grande autorità. E vidi una delle sue teste come ferita a morte; ma la sua piaga mortale fu sanata, e tutta la terra si meravigliò dietro alla bestia. E adorarono il dragone che aveva dato l’autorità alla bestia e adorarono la bestia dicendo: »Chi è simile alla bestia, e chi può combattere con lei?«. E le fu data una bocca che proferiva cose grandi e bestemmie; e le fu data potestà di operare per quarantadue mesi. Essa aperse la sua bocca per bestemmiare contro Dio, per bestemmiare il suo nome, il suo tabernacolo e quelli che abitano nel cielo. E le fu dato di far guerra ai santi e di vincerli; e le fu dato autorità sopra ogni tribú, lingua e nazione. E l’adoreranno tutti gli abitanti della terra, i cui nomi non sono scritti nel libro della vita dell’Agnello, che è stato ucciso fin dalla fondazione del mondo. Se uno ha orecchi, ascolti, Se uno conduce in cattività, andrà in cattività; se uno uccide con la spada, deve essere ucciso con la spada. Qui è la costanza e la fede dei santi. Poi vidi un’altra bestia, che saliva dalla terra, ed aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone. Essa esercitava tutta l’autorità della prima bestia davanti a lei, e faceva sí che la terra e i suoi abitanti adorassero la prima bestia, la cui piaga mortale era stata guarita. E faceva grandi prodigi, facendo persino scendere fuoco dal cielo sulla terra in presenza degli uomini, e seduceva gli abitanti della terra per mezzo dei prodigi che le era dato di fare davanti alla bestia, dicendo agli abitanti della terra di fare un’immagine alla bestia, che aveva ricevuto la ferita della spada ed era tornata in vita. E le fu concesso di dare uno spirito all’immagine della bestia, affinché l’immagine della bestia parlasse, e di far sí che tutti coloro che non adoravano l’immagine della bestia fossero uccisi. Inoltre faceva sí che a tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e servi, fosse posto un marchio sulla loro mano destra o sulla loro fronte, e che nessuno potesse comperare o vendere, se non chi aveva il marchio o il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intendimento conti il numero della bestia, perché è un numero d’uomo; e il suo numero è seicentosessantasei. Poi vidi l’Agnello che stava in piedi sul monte di Sion, e con lui erano centoquarantaquattromila persone che avevano il suo nome e il nome di suo Padre scritto sulle loro fronti. Udii quindi una voce dal cielo come il fragore di molte acque e come il rumore di un forte tuono; e la voce che udii era come di citaredi che suonavano le loro cetre. Essi cantavano un cantico nuovo davanti al trono, davanti ai quattro esseri viventi e davanti agli anziani; e nessuno poteva imparare il cantico se non i centoquarantaquattromila, i quali sono stati riscattati dalla terra. Essi sono quelli che non si sono contaminati con donne; sono infatti vergini. Essi sono quelli che seguono l’Agnello, dovunque egli va; essi sono stati riscattati fra gli uomini, per essere primizie a Dio e all’Agnello. Sulla loro bocca non è stata trovata menzogna, perché sono irreprensibili davanti al trono di Dio. Poi vidi un altro angelo che volava in mezzo al cielo e che aveva l’evangelo eterno da annunziare agli abitanti della terra e ad ogni, nazione tribú, lingua e popolo, e diceva a gran voce: »Temete Dio e dategli gloria, perché l’ora del suo giudizio è venuta; adorate colui che ha fatto il cielo, la terra, il mare e le fonti delle acque«. Poi seguí un altro angelo, dicendo: »E’ caduta, è caduta Babilonia, la grande città che ha dato da bere a tutte le nazioni il vino dell’ira della sua fornicazione«. Un terzo angelo li seguí dicendo a gran voce: »Se uno adora la bestia e la sua immagine e ne prende il marchio sulla sua fronte o sulla sua mano, berrà anch’egli il vino dell’ira di Dio, versato puro nel calice della sua ira e sarà tormentato con fuoco e zolfo davanti ai santi angeli e davanti all’Agnello. E il fumo del loro tormento salirà nei secoli dei secoli, e non avranno requie né giorno né notte coloro che adorano la bestia e la sua immagine e chiunque prende il marchio del suo nome«. Qui è la costanza dei santi; qui sono coloro che osservano i comandamenti di Dio e la fede di Gesú. Poi udii dal cielo una voce che mi diceva: »Scrivi: Beati i morti che d’ora in avanti muoiono nel Signore; sí, dice lo Spirito, affinché si riposino dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono«. Poi vidi una nuvola bianca, ed ecco sulla nuvola stava seduto uno simile a un Figlio d’uomo, il quale aveva sul capo una corona d’oro e in mano una falce tagliente. Un altro angelo uscí dal tempio gridando a gran voce a colui che sedeva sulla nuvola: »Metti mano alla tua falce e mieti, poiché l’ora di mietere è venuta e perché la messe della terra è matura«. Allora colui che sedeva sulla nuvola lanciò la sua falce sulla terra, e la terra fu mietuta. Poi un altro angelo uscí dal tempio, che è nel cielo, avendo anch’egli una falce tagliente. E un altro angelo, che aveva potestà sul fuoco, uscí dall’altare e gridò a gran voce a quello che aveva la falce tagliente, dicendo: »Metti in azione la tua falce tagliente e vendemmia i grappoli della vigna della terra, poiché le sue uve sono mature«. Allora l’angelo lanciò la sua falce sulla terra e vendemmiò la vigna della terra e gettò l’uva nel gran tino dell’ira di Dio. Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscí tanto sangue, che giungeva sino alle briglie dei cavalli, per una distanza di milleseicento stadi. Poi vidi nel cielo un altro segno grande e meraviglioso: sette angeli che avevano le ultime sette piaghe, perché con esse si compie l’ira di Dio. E vidi come un mare di vetro, misto a fuoco e, in piedi sul mare di vetro, quelli che avevano ottenuto vittoria sulla bestia, sulla sua immagine, sul suo marchio e sul numero del suo nome. Essi avevano le cetre di Dio, e cantavano il cantico di Mosè, servo di Dio, e il cantico dell’Agnello, dicendo: »Grandi e meravigliose sono le tue opere, o Signore, Dio onnipotente; giuste e veraci sono le tue vie, o Re delle nazioni. Chi non ti temerà, o Signore e non glorificherà il tuo nome? Poiché tu solo sei Santo; certo tutte le nazioni verranno e adoreranno davanti a te, perché tuoi giudizi sono stati manifestati«. E dopo queste cose, io vidi, ed ecco aprirsi nel cielo il tempio del tabernacolo, della testimonianza. E i sette angeli, che avevano le sette piaghe, uscirono dal tempio, vestiti di lino puro e risplendente e cinti intorno al petto di cinture d’oro. Uno dei quattro esseri viventi diede ai sette angeli sette coppe d’oro, piene dell’ira di Dio, che vive nei secoli dei secoli. E il tempio fu ripieno di fumo, procedente dalla gloria di Dio e dalla sua potenza, e nessuno poteva entrare nel tempio, finché non fossero terminate le sette piaghe dei sette angeli. Poi udii una gran voce dal tempio che diceva ai sette angeli: »Andate e versate sulla terra le coppe dell’ira di Dio«. Il primo andò e versò la sua coppa sulla terra, e un’ulcera maligna e dolorosa colpí gli uomini che avevano il marchio della bestia e quelli che adoravano la sua immagine. Poi il secondo angelo versò la sua coppa sul mare, ed esso divenne sangue simile a quello di un morto e ogni essere vivente nel mare morí. Poi il terzo angelo versò la sua coppa sui fiumi e sulle sorgenti delle acque, ed esse diventarono sangue. E udii l’angelo delle acque, che diceva: »Tu sei giusto, o Signore, che sei e che eri e che hai da venire, il Santo, per aver giudicato queste cose. Essi hanno sparso il sangue dei santi e dei profeti, e tu hai dato loro da bere del sangue, perché è la ricompensa che essi meritano«. E udii un altro dall’altare che diceva: »Sí, o Signore, Dio onnipotente, i tuoi giudizi sono veraci e giusti«, Poi il quarto angelo versò la sua coppa sul sole; e gli fu dato di bruciare gli uomini col fuoco. E gli uomini furono bruciati dal grande calore e bestemmiarono il nome di Dio che ha potestà su queste piaghe, e non si ravvidero per dargli gloria. Poi il quinto angelo versò la sua coppa sul trono della bestia e il suo regno fu coperto di tenebre, e gli uomini si mordevano la lingua per il dolore, e bestemmiarono il Dio del cielo, a causa delle loro sofferenze e delle loro ulcere, ma non si ravvidero dalle loro opere. Poi il sesto angelo versò la sua coppa sul grande fiume Eufrate e la sua acqua si prosciugò per preparare la via dei re che vengono dal sol levante. E vidi uscire dalla bocca del dragone dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta tre spiriti immondi, simili a rane. Essi infatti sono spiriti di demoni che fanno prodigi e vanno dai re della terra e del mondo intero, per radunarli per la guerra del gran giorno di Dio Onnipotente. »Ecco, io vengo come un ladro; beato chi veglia e custodisce le sue vesti per non andare nudo e non lasciar cosí vedere la sua vergogna«. E li radunarono in un luogo in ebraico detto: »Armagheddon«. Poi il settimo angelo versò la sua coppa nell’aria, e dal tempio del cielo, dal trono, uscí una voce che diceva: »E’ fatto« Allora ci furono voci, tuoni e lampi, e ci fu un gran terremoto di tale forza ed estensione, di cui non ci fu mai l’eguale da quando gli uomini vivono sulla terra. La grande città fu divisa in tre parti e le città delle nazioni caddero, e Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle il calice del vino della sua furente ira. E ogni isola fuggí e i monti non furono piú trovati. E cadde dal cielo sugli uomini una grossa grandine dal peso di un talento, e gli uomini bestemmiarono Dio per la piaga della grandine, perché era una piaga veramente grande. Poi uno dei sette angeli che avevano le sette coppe venne e mi disse: »Vieni, io ti mostrerò il giudizio della grande meretrice, che siede sopra molte acque, con la quale hanno fornicato i re della terra, e gli abitanti della terra sono stati inebriati col vino della sua fornicazione«. Quindi egli mi trasportò in spirito in un deserto, e vidi una donna che sedeva sopra una bestia di colore scarlatto, piena di nomi di bestemmia e che aveva sette teste e dieci corna. La donna era vestita di porpora e di scarlatto, era tutta adorna d’oro, di pietre preziose e di perle, e aveva in mano una coppa d’oro piena di abominazioni e delle immondezze della sua fornicazione. Sulla sua fronte era scritto un nome: »Mistero, Babilonia la grande, la madre delle meretrici e delle abominazioni della terra«. E vidi la donna ebbra del sangue dei santi e del sangue dei martiri di Gesú. E, quando la vidi, mi meravigliai di grande meraviglia. Ma l’angelo mi disse: »Perché ti meravigli? Io ti dirò il mistero della donna e della bestia che la porta, che ha sette teste e dieci corna. La bestia che tu hai visto era e non è piú e salirà dall’abisso e andrà in perdizione; e gli abitanti della terra, i cui nomi non sono scritti nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, si meraviglieranno vedendo la bestia che era, e non è, quantunque essa sia. Qui sta la mente che ha sapienza: le sette teste sono sette monti, sui quali la donna siede, e sono anche sette re; cinque sono caduti, uno è, l’altro non è ancora venuto; e, quando verrà, dovrà durare poco. E la bestia che era e non è piú, è anch’essa un ottavo re, viene dai sette e se ne va in perdizione. Le dieci corna, che hai visto, sono dieci re i quali non hanno ancora ricevuto il regno, ma riceveranno potestà come re, per un’ora, insieme alla bestia. Essi hanno un unico scopo e daranno la loro potenza ed autorità alla bestia. Essi combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e coloro che sono con lui sono chiamati, eletti e fedeli«. Poi mi disse: »Le acque che hai visto, dove siede la meretrice, sono popoli, moltitudini, nazioni e lingue. E le dieci corna che hai visto sulla bestia odieranno la meretrice, la renderanno desolata e la lasceranno nuda, mangeranno le sue carni e la bruceranno col fuoco. Dio infatti ha messo nei loro cuori di eseguire il suo disegno, di avere un unico pensiero e di dare il loro regno alla bestia finché siano adempiute le parole di Dio. E la donna che hai visto è la grande città che regna sui re della terra«. Dopo queste cose, vidi scendere dal cielo un altro angelo che aveva una grande potestà; e la terra fu illuminata dalla sua gloria. Egli gridò con forza e a gran voce, dicendo: »E’ caduta, è caduta Babilonia la grande, ed è diventata una dimora di demoni, un covo di ogni spirito immondo, un covo di ogni uccello immondo ed abominevole. Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino dell’ardore della sua fornicazione, i re della terra hanno fornicato con lei e i mercanti della terra si sono arricchiti a motivo del suo sfrenato lusso«. Poi udii un’altra voce dal cielo che diceva: »Uscite da essa, o popolo mio, affinché non abbiate parte ai suoi peccati e non vi venga addosso alcuna delle sue piaghe, perché i suoi peccati si sono accumulati e sono giunti fino al cielo, e Dio si è ricordato delle sue iniquità. Rendete ciò che essa ha fatto a voi, anzi rendetele il doppio secondo le sue opere; nella coppa in cui ha versato, versatele il doppio. Nella misura che essa ha glorificato se stessa e ha vissuto nelle delizie, nella stessa misura datele tormento e cordoglio, poiché essa dice in cuor suo: »Io seggo come regina, non sono vedova e non vedrò mai cordoglio«. Per questo, in uno stesso giorno, verranno le sue piaghe: morte, cordoglio e fame, e sarà interamente consumata col fuoco, poiché potente è il Signore Dio che la giudicherà«. E i re della terra, che hanno fornicato e sono vissuti nelle delizie con lei, la piangeranno e faranno lamento per lei, quando vedranno il fumo del suo incendio; essi se ne staranno lontani per timore del suo tormento e diranno: »Ahi! Ahi! Babilonia, la grande città, la potente città, perché il tuo giudizio è venuto in un momento!«. Anche i mercanti della terra piangeranno e si lamenteranno per lei, perché nessuno compera piú le loro merci: merci d’oro e d’argento, di pietre preziose e di perle, di bisso e di porpora, di seta e di scarlatto, e ogni sorta di legno profumato, ogni specie di oggetti d’avorio e di legno preziosissimo, di bronzo, di ferro e di marmo, e cinnamomo, profumi, olii odorosi, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, pecore, cavalli, carri, corpi e anime umane. I frutti che la tua anima tanto desiderava si sono allontanati da te, e tutte le cose ricche e splendide si sono allontanate da te e tu non le troverai mai piú. I mercanti di queste cose, che erano stati arricchiti da lei, se ne staranno lontani per timore del suo tormento, e piangeranno e si lamenteranno dicendo: »Ahi! Ahi! La grande città che era vestita di bisso, di porpora e di scarlatto, e adorna d’oro e di pietre preziose e di perle. Una cosí grande ricchezza è stata distrutta in un momento!«. Tutti i capitani, tutti i passeggeri e i naviganti e tutti quanti commerciano per mare se ne staranno da lontano e, vedendo il fumo del suo incendio grideranno: »Quale città era simile alla grande città?«. E si getteranno della polvere sul capo e grideranno, piangendo e lamentandosi, dicendo: »Ahi! Ahi! La grande città in cui tutti coloro che avevano navi sul mare si erano arricchiti della sua magnificenza, perché è stata devastata in un momento! Rallegrati su di essa, o cielo, e voi santi apostoli e profeti perché Dio, giudicandola, vi ha fatto giustizia«. Poi un angelo potente sollevò una pietra dalle dimensioni di una grossa macina e la gettò nel mare, dicendo: »Con lo stesso impeto sarà scagliata Babilonia la grande città, e non sarà piú ritrovata; e non si udrà piú in te il suono degli arpisti, dei musicisti e dei suonatori di flauto e di tromba, non si troverà piú in te alcun esperto di qualsiasi arte, e non si udrà piú in te rumore di macina. In te non brillerà piú luce di lampada e non si udrà piú in te voce di sposo e di sposa, perché i tuoi mercanti erano i magnati della terra e perché tutte le genti sono state sedotte dalle tue malìe. E in essa è stato trovato il sangue dei profeti e dei santi e di tutti coloro che sono stati uccisi sulla terra«. Dopo queste cose udii nel cielo una gran voce di una grande moltitudine, che diceva: »Alleluia! La salvezza, la gloria, l’onore e la potenza appartengono al Signore nostro Dio, poiché veraci e giusti sono i suoi giudizi. Egli ha infatti giudicato la grande meretrice che ha corrotto la terra con la sua fornicazione, e ha vendicato il sangue dei suoi servi sparso dalla sua mano«. E dissero per la seconda volta: »Alleluia! E il suo fumo sale nei secoli dei secoli«. Allora i ventiquattro anziani e i quattro esseri viventi si prostrarono ed adorarono Dio che sedeva sul trono dicendo: »Amen, Alleluia!«. E dal trono venne una voce che diceva: »Lodate il nostro Dio, voi tutti suoi servi e voi che lo temete, piccoli e grandi«. Poi udii come la voce di una grande moltitudine, simile al fragore di molte acque e come il rumore di forti tuoni che diceva: »Alleluia, perché il Signore nostro Dio, l’Onnipotente, ha iniziato a regnare. Rallegriamoci, giubiliamo e diamo a lui la gloria, perché sono giunte le nozze dell’Agnello e la sua sposa si è preparata. E le è stato dato di essere vestita di lino finissimo, puro e risplendente, poiché il lino finissimo sono le opere giuste dei santi«. Quindi mi disse: »Scrivi: Beati coloro che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello«. Mi disse ancora: »Queste sono le veraci parole di Dio«. Allora io caddi ai suoi piedi per adorarlo. Ma egli mi disse: »Guardati dal farlo, io sono un conservo tuo e dei tuoi fratelli che hanno la testimonianza di Gesú. Adora Dio! Perché la testimonianza di Gesú è lo spirito della profezia« Poi vidi il cielo aperto, ed ecco un cavallo bianco, e colui che lo cavalcava si chiama il Fedele e il Verace; ed egli giudica e guerreggia con giustizia I suoi occhi erano come fiamma di fuoco e sul suo capo vi erano molti diademi, e aveva un nome scritto che nessuno conosce se non lui; era vestito di una veste intrisa nel sangue, e il suo nome si chiama: »La Parola di Dio«. E gli eserciti che sono nel cielo lo seguivano su cavalli bianchi, vestiti di lino finissimo, bianco e puro. Dalla sua bocca usciva una spada acuta per colpire con essa le nazioni; egli governerà con uno scettro di ferro ed egli stesso pigerà il tino del vino della furente ira di Dio onnipotente. E sulla sua veste e sulla coscia portava scritto un nome: IL RE DEI RE e IL SIGNORE DEI SIGNORI. Poi vidi un angelo in piedi nel sole, che gridò a gran voce dicendo a tutti gli uccelli che volano in mezzo al cielo: »Venite, radunatevi per il gran convito di Dio, per mangiare le carni di re, le carni di capitani, le carni di uomini prodi, le carni di cavalli e di cavalieri, le carni di tutti gli uomini, liberi e schiavi, piccoli e grandi«. E vidi la bestia e i re della terra coi loro eserciti radunati per far guerra contro colui che cavalcava il cavallo e contro il suo esercito. Ma la bestia fu presa e con lei il falso profeta che aveva fatto prodigi davanti ad essa, con i quali aveva sedotto quelli che avevano ricevuto il marchio della bestia e quelli che avevano adorato la sua immagine, questi due furono gettati vivi nello stagno di fuoco che arde con zolfo. E il resto fu ucciso con la spada che usciva dalla bocca di colui che cavalcava il cavallo, e tutti gli uccelli si saziarono delle loro carni. Poi vidi un angelo che scendeva dal cielo e che aveva la chiave dell’Abisso e una gran catena in mano. Egli prese il dragone, il serpente antico, che è il diavolo e Satana, e lo legò per mille anni, poi lo gettò nell’abisso che chiuse e sigillò sopra di lui, perché non seducesse piú le nazioni finché fossero compiuti i mille anni, dopo i quali dovrà essere sciolto per poco tempo. Poi vidi dei troni, e a quelli che vi sedettero fu dato la potestà di giudicare, e vidi le anime di coloro che erano stati decapitati per la testimonianza di Gesú e per la parola di Dio, e che non avevano adorato la bestia né la sua immagine e non avevano preso il suo marchio sulla loro fronte e sulla loro mano. Costoro tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni. Ma il resto dei morti non tornò in vita finché furono compiuti i mille anni. Questa è la prima risurrezione. Beato e santo è colui che ha parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potestà la seconda morte, ma essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui mille anni. E quando quei mille anni saranno compiuti, Satana sarà sciolto dalla sua prigione e uscirà per sedurre le nazioni che sono ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, per radunarle per la guerra; il loro numero sarà come la sabbia del mare. Esse si muoveranno su tutta la superficie della terra e circonderanno il campo dei santi e la diletta città. Ma dal cielo scenderà fuoco, mandato da Dio, e le divorerà. Allora il diavolo, che le ha sedotte sarà gettato nello stagno di fuoco e di zolfo, dove sono la bestia e il falso profeta; e saranno tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli. Poi vidi un gran trono bianco e colui che vi sedeva sopra, dalla cui presenza fuggirono il cielo e la terra, e non fu piú trovato posto per loro. E vidi i morti, grandi e piccoli, che stavano ritti davanti a Dio, e i libri furono aperti; e fu aperto un altro libro, che è il libro della vita; e i morti furono giudicati in base alle cose scritte nei libri secondo le loro opere. E il mare restituí i morti che erano in esso, la morte e l’Ades restituirono i morti che erano in loro, ed essi furono giudicati, ciascuno secondo le sue opere. Poi la morte e l’Ades furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la morte seconda. E se qualcuno non fu trovato scritto nel libro della vita, fu gettato nello stagno di fuoco. Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il primo cielo e la prima terra erano passati, e il mare non c’era piú. E io, Giovanni, vidi la santa città, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo da presso Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. E udii una gran voce dal cielo, che diceva: »Ecco il tabernacolo di Dio con gli uomini! Ed egli abiterà con loro; e essi saranno suo popolo e Dio stesso sarà con loro e sarà il loro Dio. E Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà piú la morte né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima son passate«. Allora colui che sedeva sul trono disse: »Ecco, io faccio tutte le cose nuove«. Poi mi disse: »Scrivi, perché queste parole sono veraci e fedeli«. E mi disse ancora: »E’ fatto! Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine; a chi ha sete io darò in dono della fonte dell’acqua della vita. Chi vince erediterà tutte le cose, e io sarò per lui Dio ed egli sarà per me figlio. Ma per i codardi, gl’increduli, gl’immondi, gli omicidi, i fornicatori, i maghi, gli idolatri e tutti i bugiardi, la loro parte sarà nello stagno che arde con fuoco e zolfo, che è la morte seconda«. Poi venne uno dei sette angeli che avevano le sette coppe piene delle ultime sette piaghe, e parlò con me, dicendo: »Vieni, ti mostrerò la sposa, la moglie dell’Agnello«. E mi trasportò in spirito su di un grande ed alto monte, e mi mostrò la grande città, la santa Gerusalemme che scendeva dal cielo da presso Dio, avendo la gloria di Dio. E il suo splendore era simile a quello di una pietra preziosissima, come una pietra di diaspro cristallino. Essa aveva un grande ed alto muro con dodici porte, e alle porte dodici angeli, e su di esse dei nomi scritti che sono i nomi delle dodici tribú dei figli d’Israele. A oriente vi erano tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Il muro della città aveva dodici fondamenti, e su quelli erano i dodici nomi dei dodici apostoli dell’Agnello. E colui che parlava con me aveva una canna d’oro, per misurare la città, le sue porte e il suo muro. La città era a forma quadrangolare, e la sua lunghezza era uguale alla larghezza; egli misurò la città con la canna, ed era di dodicimila stadi; la sua lunghezza, larghezza e altezza erano uguali. Misurò anche il muro ed era di centoquarantaquattro cubiti, a misura di uomo, cioè d’angelo. Il muro era fatto di diaspro; e la città era di oro puro, simile a cristallo trasparente. Le fondamenta del muro della città erano adorne d’ogni pietra preziosa; il primo fondamento era di diaspro, il secondo di zaffiro, il terzo di calcedonio, il quarto di smeraldo, il quinto di sardonico, il sesto di sardio, il settimo di crisolito l’ottavo di berillo, il nono di topazio, il decimo di crisopazio, l’undicesimo di giacinto, il dodicesimo di ametista. E le dodici porte erano dodici perle; ciascuna delle porte era fatta di una sola perla; e la piazza della città era di oro puro, come di cristallo trasparente. Non vidi in essa alcun tempio, perché il Signore Dio onnipotente e l’Agnello sono il suo tempio. E la città non ha bisogno del sole né della luna, che risplendano in lei, perché la gloria di Dio la illumina e l’Agnello è il suo luminare. E le nazioni di quelli che sono salvati cammineranno alla sua luce, e i re della terra porteranno la loro gloria ed onore in lei. Le sue porte non saranno mai chiuse durante il giorno, perché lí non vi sarà notte alcuna. In lei si porterà la gloria e l’onore delle nazioni. E nulla d’immondo e nessuno che commetta abominazione o falsità vi entrerà mai, ma soltanto quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello. Poi mi mostrò il fiume puro dell’acqua della vita, limpido come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello. E in mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trovava l’albero della vita, che fa dodici frutti e che porta il suo frutto ogni mese; e le foglie dell’albero sono per la guarigione delle nazioni. E qui non ci sarà alcuna maledizione; in essa sarà il trono di Dio e dell’Agnello e i suoi servi lo serviranno; essi vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla loro fronte. E qui non ci sarà piú notte alcuna e non avranno bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà, ed essi regneranno nei secoli dei secoli. Poi mi disse: »Queste parole sono fedeli e veraci; e il Signore, Dio dei santi profeti, ha mandato il suo angelo, per mostrare ai suoi servi le cose che devono avvenire tra breve. Ecco, io vengo presto; beato chi custodisce le parole della profezia di questo libro«. E io, Giovanni, sono colui che ho visto e udito queste cose. E dopo averle udite e viste, caddi per adorare davanti ai piedi dell’angelo che mi aveva mostrato queste cose. Ma egli mi disse: »Guardati dal farlo! Io sono conservo tuo e dei tuoi fratelli, i profeti, e di coloro che custodiscono le parole di questo libro. Adora Dio!«. Poi mi disse: »Non sigillare le parole della profezia di questo libro, perché il tempo è vicino. Chi è ingiusto continui ad essere ingiusto, chi è immondo continui ad essere immondo, chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo continui a santificarsi. Ecco, io vengo presto e il mio premio è con me, per rendere ad ognuno secondo le opere, che egli ha fatto. Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, il primo e l’ultimo«. Beati coloro che adempiono i suoi comandamenti per avere diritto all’albero della vita, e per entrare per le porte nella città. Fuori i cani, i maghi, i fornicatori, gli omicidi, gli idolatri e chiunque ama e pratica la menzogna. »Io, Gesú, ho mandato il mio angelo per testimoniarvi queste cose nelle chiese. Io sono la Radice e la progenie di Davide, la lucente stella del mattino«. E lo Spirito e la sposa dicono: »Vieni!«. E chi ode dica: »Vieni«. E chi ha sete, venga; e chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita. Io dichiaro ad ognuno che ode le parole della profezia di questo libro che, se qualcuno aggiunge a queste cose, Dio manderà su di lui le piaghe descritte in questo libro. E se alcuno toglie dalle parole del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte dal libro della vita dalla santa città e dalle cose descritte in questo libro. Colui che testimonia queste cose, dice: »Sí, vengo presto. Amen«. Sí, vieni, Signore Gesú. La grazia del Signore Gesú Cristo sia con tutti voi. Amen.